#ti avrei voluto dire
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La vita è troppo breve per non riscoprirsi
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Ciao papà, è da tanto che non ti scrivo e ti chiedo scusa, nell'ultimo periodo ho dovuto affrontare moltissime cose, ma sappi che dai miei pensieri non esci mai. Ho provato ad indossare i tuoi vestiti ma mi stanno ancora troppo larghi, forse sarà sempre così, forse semplicemente non sono i tuoi vestiti che dovrei indossare ma i miei; qualcuno ha provato a farmelo capire, ma sono testarda, sai come sono fatta. Ebbene, ho continuato a fare le cose come penso le avresti fatte tu, ho continuato a mettere un piede davanti all'altro cercando di farlo nel migliore dei modi e ad ogni passo pensavo "mi vedi papà? Sei fiero di me?", non ricevo mai risposta ma in cuor mio spero sia così. Mi sono persa per un periodo, so che di questo non ne saresti stato contento. Mi ricordo il primo anno di superiori, avevo visto il mio "ex fidanzatino" da pochi giorni baciare una mia amica e rimasi a letto per giorni senza andare a scuola. Una sera ti sedesti sul mio letto e mi dicesti "non so cosa è successo, ma non è questo il modo di affrontare le cose; se tu non hai fatto nulla di sbagliato cammina a testa alta, se hai sbagliato, affronta la cosa di petto e chiedi scusa. Ma restare qui, non è una soluzione." Mi ricordo che piansi, però il giorno dopo tornai a scuola a testa alta. Ecco, io ogni giorno negli ultimi mesi ho sperato di sentire una parola di conforto da parte tua, ma il silenzio mi avvolgeva il cuore e quindi mi sono persa. Non sono guarita, però il mio cuore ha ripreso a battere ad un ritmo più lento, in pace. Ho commesso l'errore di mettere le mie fragilità in mani sbagliate; di nuovo? si, di nuovo. Cammino a testa alta, come hai detto tu, perché non sono stata io a sbagliare. Mi manchi tanto, mi chiedo come sarebbe se tu fossi ancora qui, se le cose fossero diverse oppure sempre così però con te presente. Ogni volta che mi siedo alla scrivania per studiare guardo la tua foto appesa al muro. "Lui vorrebbe davvero questo per te? Vorrebbe che tu avessi questa rabbia e questa voglia di giustizia? O vorrebbe che tu inseguissi solo i tuoi sogni?", me lo ha detto un amico quando ha capito che ero totalmente persa. Cosa voglio io? Volevo davvero tutto questo? Me lo chiedo da giorni, cercando di distinguere il tuo sogno dal mio; ma si sono fusi così tanto che non c'è più una linea di confine. Piango. Piango perché ho confidato questo dolore a persone che mi hanno lacerata, senza rimorsi. Piango perché nessuno ha mai compreso quanto sia profonda e intima questa ferita. Piango perché ho perso di vista chi sono e chi voglio diventare. Piango perché manca qualcosa, manchi tu. E mi mancano i piatti buoni che mi cucinavi, mi manca la tua risata per cose che io non trovavo divertenti, mi manca la tua colazione addobbata la mattina di Natale perché sapevi quanto mi rendesse felice, mi manca quando mi vedevi dormire e mi arrotolavi nelle coperte per non farmi sentire freddo, mi manca sentirmi al sicuro. Sembra una vita passata ed irrecuperabile. Sembra (perché ho paura di dire che lo è) una vita fa. Ti chiedo scusa se ti ho deluso, ti chiedo scusa se hai dovuto fare guerre per farmi capire le cose, ti chiedo scusa se non sono stata proprio quel tipo di figlia calma e silenziosa, ma se ho sempre sempre indossato armature e urlato. Le stesse armature che ora devo indossare per affrontare questo mondo. Ma grazie, per avermi insegnato che il perdono è fondamentale per allontanarsi da persone e situazioni che ci portano via ciò che siamo. Avrei voluto togliermi i polmoni e donarli a te per farti restare un po' di più, tu invece ti sei tolto il cuore per darlo a me ed io imparerò ad averne più cura. Grazie papà, perché sei stato e sei il mio papà.
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oggi vado a lavoro più tardi e ho approfittato per fare quello che avrei dovuto fare un anno fa subito dopo essermi laureato, ossia buttare via tutto il materiale didattico, forse non me la sentivo perché toccare quelle cose avrebbe voluto dire accettare che non sono più un ragazzino, che sono passati, oggi, 6 anni da quando entrai per la prima volta in facoltà, ma quest’anno sto imparando ad accettare che il tempo passa e più che focalizzarmi sui ricordi o sul futuro devo stare coi piedi per terra e godermi il presente, per quanto non sempre possa piacermi, però la cosa che mi fa sorridere è che, mentre mettevo via tutto sto schifo di roba in 3 bustone enormi, è caduto da uno dei fascicoletti un biglietto della metro di roma di quando l’ho presa con te e ti dirò, a primo impatto mi ha fatto riaffiorare determinati ricordi, però poi l’ho preso da terra e buttato insieme a tutto il resto perché, come quelle cose, tu appartieni al passato di una vita che non mi appartiene più
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Cara Audrey,
Di tanto in tanto avrei voluto scriverti una lettera ma sapevo che per te capire le mie parole era una cosa impossibile. Tu eri piu' interessata ai gesti, ti lasciavi guidare dall'istinto, sapevi regalare compagnia e affetto, questo sapevi fare e lo facevi meravigliosamente bene. Era bello tenerti tra le braccia, stringere il tuo corpo morbido e profumato. Era bello uscire insieme, camminarti accanto e vedere tanta gente che ti guardava e faceva mille apprezzamenti. Per me sei stata come un'aliena venuta da un altro mondo per regalare attimi continui di grande felicita'. Ricordo come adesso quella prima volta che ti ho vista sulla porta di casa. Mi hai guardato con quei due occhioni neri meta' spaesati e meta' sorridenti, con quel musetto piccolo, tutta scodinzolante come solo chi e' riconoscente sa fare. Sei entrata, hai girato tutte le stanze e poi ti sei sdraiata su un tappeto, un modo originale per dire: "questa sara' casa mia, qui staro' bene". Spero che in tutti questi anni per te sia stato proprio cosi. Da parte mia posso solo dirti grazie per tutto cio' che hai saputo regalarmi. Grazie per tutte le volte che sei stata la mia ombra, per tutto l'amore che m'hai regalato stando in silenzio. Le parole tra noi non sono mai state necessarie, importanti, i gesti invece si, quelli erano importanti. Quel musetto posato sulla mia coscia, quella lingua sempre fuori a leccarmi la mano, quelle continue giravolte per dirmi che avevi bisogno di coccole o di qualche ghiottoneria che ti rendesse felice. Siamo stati amici, complici, sei stata una che m'ha fatto capire tante cose, mi hai regalato la consapevolezza di amare chi sa dare tanto senza chiedere niente in cambio. Adesso te ne sei andata sul ponte dell'arcobaleno, forse perche' avevi capito che quello che hai regalato non verra' dimenticato. Ecco, oggi quella lettera te la posso scrivere. Posso scriverla per dirti grazie di tutto, cagnolina mia.
@ilpianistasultetto
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mi fa:
quando sono andato in libreria mica mi aspettavo di trovare una come te. stavi accucciata a fare non so cosa (sistemavo i libri nei cassetti) e ti ho trovato ad altezza cazzo. avevi questi occhi enormi con le pupille dilatate. ti faccio "avete questo libro?" e tu fai "ah sì Huxley, cerchiamo subito" e io mi dico "cazzo Huxley, questa legge". avrei voluto chiederti subito il numero, ma mica pensavo me lo potessi dare. quando sono tornato la terza volta te l'ho chiesto tu mi hai risposto "sì volentieri". poi sono andato a prendere un caffè e mi continuavo a dire "sta qua mi ha detto sì volentieri". mica pensavo andasse a così
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Ieri sono andata di nuovo dalla mia amica giapponese.
Sono arrivata da lei nel pomeriggio di sabato e siamo andate insieme al 銭湯 (sentō), ossia i bagni pubblici giapponesi. Questa volta mi ha fatto meno effetto ma è sempre in qualche modo liberatorio essere letteralmente nuda assieme a tanta altra gente nella tua condizione. Ci si guarda però non c'è troppo giudizio, perché ci sono così tanti corpi diversi che il giudizio sembra perdere di senso.
Dopo essere stata a rilassarmi nella vasca super calda con le turbe idromassaggio (che relax madonna), la mia amica mi ha proposto di immergermi nella vasca fredda:"Vedrai che bella sensazione!". Io inizialmente le dicevo che avrei voluto evitare perché non mi sembrava troppo sensato far fare uno sbalzo di temperatura così forte al corpo; in più conosco la mia polla (ossia me stessa). Alla fine però mi sono lasciata convincere e l'ho fatto: Mix perfetto per un cazzo di capogiro che così forte penso di non averlo mai avuto nella mia vita. Fortuna che è passato dopo qualche minuto e quindi vabbè tutto a posto.
Poi mi chiede del lavoro e del perché ho cambiato: le spiego che ho il doppio delle ferie di prima e mi fa:"Vabbe ma 20 giorni di ferie sono normali no?". È la seconda volta che me lo ha detto e io ogni volta le dico, no, la normalità in Giappone è 10 e mi stupisce sempre che lei, giapponese, anche se anziana, viva così fuori dal mondo e mi rendo conto che chi lavora nella scuola pubblica è privilegiato non solo in Italia, ma pure qui.
A cena abbiamo mangiato 冷やし中華 (hiyashi chūka - foto 1) ovvero noodles freddi cinesi con verdure e carne e una salsa fatta di salsa di soia, aceto, zenzero e sesamo. Poi aveva preso anche dei salamini francesi: buoni, ma peccato fossero letteralmente dolci - poco sale e pochissimo pepe rispetto ai nostri. Da bere una lattina di birra e del vino bianco (scarso).
La notte un inferno: mi sono svegliata forse alle 4/5 con una nausea e un mal di testa fortissimo. Ho temporeggiato girandomi da un lato all'altro per ore e ore, svegliandomi e riaddormentandomi di continuo, finché non ho sentito la mia amica sveglia. Mi sono alzata e le ho detto:"Yuki che guaio, mi viene da vomitare...", mentre lei mi suggeriva di tornare a dormire, ho preso un sorso di acqua... tempo 2 sec e sono corsa al bagno a vomitare. La causa penso sia stata il fatto che sono stata troppo indulgente col vino, che secondo me era pure di scarsa qualità.
Sono tornata a dormire finché non era ora di pranzo, intorno alle 12.
Questa volta però non siamo andate a pranzo dai suoi genitori, ma la mia amica ha organizzato un pranzo a casa sua in cui ha invitato: la sua insegnante di italiano (che è di Salerno e io, quando l'ho saputo, le ho chiesto di presentarmela), suo marito giapponese, un suo compagno di classe (che frequenta la stessa insegnante), la moglie e una sua collega molto giovane che insegna inglese nella stessa scuola media dove insegna anche lei.
L'insegnante di italiano è simpatica, però è la tipica signora italiana con un carattere forte che sta sempre in mezzo a fare le cose al posto degli altri, un po' ignorante e banale (che cazzo mi vieni a dire a fare: che palle D'Annunzio, che palle Manzoni, che palle tutti - dì che non ti piace la letteratura senza fare sceneggiate, no?), insomma, tipica signora italiana. Però ha preparato la parmigiana di melanzane quindi un po' la perdono ahahah.
Il marito invece super tranquillo e straeuridito: prima della pensione era un professore di storia romana e ha vissuto in Italia per svariati anni. Conosce un sacco di aneddoti italiani che manco io sapevo (tipo sul palio di Siena, su Matera etc) ed è il tipo che una volta che parte non lo fermi più. Non ricordo come se n'è uscito con questo argomento, ma dopo aver detto che c'era stato un momento in cui era senza lavoro e senza soldi e che non poteva nemmeno tornare in Giappone, ha detto anche che mentre stava facendo un lavoro prendeva uno stipendio sia in Italia che dal Giappone, nello stesso momento. Io sempre più convinta che chi ha vissuto in quegli anni ha avuto un culo della Madonna perché i soldi si buttavano come non è mai più successo (esempio plateale: mio nonno baby pensionato che ha vissuto metà della sua vita in pensione... METÀ).
Detto questo, fortunatamente sono riuscita a godermi il pranzo nonostante la vomitata.
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Ratti auguri di buon Rattale!
A Vienna si calcola esistano una cosa come tre milioni di ratti che vivono nel sottosuolo della città. C'è un tour che ti fa esplorare le complesse linee fognarie dove ti raccontano di tutti questi ratti che girano. Tre milioni di ratti sono quasi due ratti a testa per ogni abitante della città. Quindi, in un mondo perfetto, questo Natale in casa saremmo in quattro: io, Ernesto e due ratti. I due ratti durerebbero poco. Uno Ernesto se lo mangerebbe in un secondo. L'altro lo difenderei a spada tratta e diventerebbe il mio alleato eterno e lo chiamerei Ratteo, così, per avere un essere vivente a cui tramandare quello che ho imparato durante la mia esistenza.
Ho deciso di passare il Natale lontano dall'Italia perché negli ultimi mesi sono stato troppo in giro e mi stavo dimenticando di uno dei valori principali su cui è fondata la mia stabilità: la solitudine. Ho fatto in modo di andare a cena da mio fratello molto molto presto, per essere in grado di finire prestissimo e tornare a casa quando il resto delle famiglie si stanno sedendo a tavola. È stupenda Vienna quando in giro non c'è anima viva. O per meglio dire, quando in giro ci siamo solo noi immigrati, senza famiglia, senza nessuno. No ok io ho un gatto e un ratto a cui sto insegnando tutto di me e che spero un giorno prenda il mio posto nella società. Lo vestirei con i miei stessi abiti. Forse gli farei pure gli stessi tatuaggi.
Vienna di per sé non è mai troppo affollata, c'è da dire. Ma vederla ancora più deserta del solito è rinvigorente. La solitudine che tanto mi manca è ovunque. Il bus si muoveva sinuoso tra le strade senza l'ombra di una macchina in movimento. I semafori lampeggiavano sincronizzati con le luci degli alberi negli appartamenti di chi non vedeva l'ora di festeggiare. Tante lingue diverse. Del tedesco neanche una lontana eco. Prima di rientrare sono passato dal supermercato turco, loro sono sempre aperti. Ecco un altro pilastro della mia stabilità. Due ragazzini prima di me stavano comprando quella che penso fosse la loro cena natalizia. Una confezione di pane da toast, del formaggio già tagliato a fette, del prosciutto, qualche sacco di patatine e una marea di coca zero. Quanto li ho invidiati. Non dovevano essere di qua, intendo abitanti della zona. Avevano l'aspetto dei turisti. Erano giovani, vestiti male, capelli orrendi, con pochissimi soldi ma stavano avendo la serata che vorrei tanto aver avuto io con te. In una città di cui non sappiamo niente, in un momento in cui tutti si ricongiungono con i familiari, noi, andare via da tutto e avere tutto quello che ci serve tra i filamenti del formaggio sciolto del toast. Unica differenza, lo si farebbe senza prosciutto, che lo diamo a Ernesto e Ratteo.
Quando ottieni quello che hai sempre voluto è il momento in cui ti rendi conto di quanto era bello semplicemente desiderare, senza le responsabilità che derivano dall'ottenere. La felicità è un atto di responsabilità e va difesa. Devi lavorare ancora più di prima per mantenerla. Consuma un sacco. Ha sempre fame. Ci mette un attimo ad ammalarsi e deperire e mutare e non appena diventa anche solo di un gradiente meno luminosa ecco che pensi di averla persa. Sono successe tante cose in questo anno terribile che mi hanno reso felice e solo dire la parola "felice" mi fa sentire sporco perché quella voce che costantemente urla in testa "tu non meriti di essere felice!!!" non è che ha smesso di urlare eh, continua a farlo, ma vedendo che un pochino io sono sereno ha fatto il broncio, incrociato le braccia, sbattuto forte i piedi per terra e si è andata a mettere in un angolo del cranio a escogitare un piano per farmela pagare.
Ho lavorato tanto in questi anni e neanche me ne sono reso conto. Tutte le volte che venivo qua a scrivere mi stavo preparando per fare qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Non ho la forza ahimè, per raccontare la mia storia a tutti, ancora, cosa che dovrei fare dato che devo andare in giro e promuovere la mia carriera di autore e spiegare pure tutte le altre attività che svolgo e cercare di sembrare interessante e intelligente e sagace e invece sono solo a pezzi e la socialità mi esaurisce.
Questo Natale lo sto passando come John McClane. Decisamente lurido e unto, senza scarpe, con un gran mal di testa, chiuso nel condotto di areazione mentre scappo da tutti. Mi farei portare di tanto in tanto qualche biscottino da Ratteo ma poi come cacchio riesco a strisciare fuori da qua dentro. La mia pancia ha raggiunto livelli che mai avrei pensato potesse raggiungere e il bello è che non mi interessa minimamente. Solo quando mi allaccio le scarpe dai, lì un po' intralcia. Non mi interessa perché sono entrato nei quaranta e finalmente "ho dato". Posso dirlo con fierezza. Ho dato. Ora tocca a qualcun altro darsi da fare ed essere bello e atletico e magro e muscoloso e pieno di talento io, ho dato. C'ho provato. Ha funzionato per un frangente e poi ha smesso e ho passato anni a cercare di rimanere come nei miei ricordi finché non mi sono reso conto che ero rimasto fermo. Bloccato. E non nel sistema di areazione come questa notte.
Ernesto non è più abituato a guardarmi scrivere, in effetti sono passati parecchi mesi. Non riuscivo più ad avvicinarmi a una tastiera se non per piccoli frangenti di tempo. Per rispondere a delle mail o per digitare nel motore di ricerca la categoria con la quale mi piacerebbe masturbarmi. Ernesto mi ha attaccato un piede, segnale che non accetta io sia distratto e che non lo stia degnando delle attenzioni che ritiene di meritare e meno male che non mi stavo adoperando per masturbarmi altrimenti sai che dolore se mi avesse addentato altro. Tipo il piccolo Ratteo che ho tra le gambe e che, nonostante la pancia sia cresciuta, resta sempre delle stesse dimensioni contenute.
Lo psicologo l'altro giorno mi ha chiesto cosa vorrei fare se scoprissi che in sei mesi tutto sarebbe finito. Gli ho chiesto cosa intendesse con tutto. Ha risposto tutto. Tu, il mondo. L'umanità: tutto. Anche la mia famiglia? Sì, anche la tua famiglia. No aspetta ma quindi anche mio nipote? Sì, anche tuo nipote. Cercherei di salvare la mia famiglia. Ha detto che non potrei farci nulla. Allora ho detto che andrei per strada e urlerei a tutti che il mondo sta per finire e che mancano solamente sei mesi anche se poi sembrerei uno di quei pazzi che urlano che siamo fottuti con un cartello scritto male e un cappello di stagnola e che quando li becchi mica gli dai retta, pensi che siano pazzi e torni a casa e te ne dimentichi mentre cerchi qualcosa di nuovo con qui masturbarti. Mi ha detto che non posso dirlo a nessuno, che sono l'unico ad essere informato e devo tenermelo per me. Allora ho pensato davvero a cosa avrei voluto fare, ma c'era un'altra domanda da porgli. Dovrei continuare a prendere farmaci oppure sarei senza la mia malattia? Ci ha riflettuto un attimo e poi mi ha fatto un grande dono. Saresti senza. Allora ho elencato tutti i posti che vorrei vedere e le cose che vorrei fare e il Giappone e nuotare con le balene e i cibi che vorrei mangiare e le droghe che vorrei provare per poi finire dicendo che un mese lo vorrei passare abbracciato a mio nipote, che non capirebbe e anzi, probabilmente mi caccerebbe via dicendo "zio Pattejo coza fuoiii" però a me andrebbe bene lo stesso. Voi cosa fareste, se rimanessero solo sei mesi?
Mi mancava la solitudine e sentirmi solo e parlare da solo e scrivere in questa condizione di silenzio totale. Nel palazzo di fronte non c'è nessuna luce accesa. Forse sono tutti usciti per cena o forse sono tutti rientrati nei loro paesi di appartenenza. Se ancora sono a Vienna è per questo motivo, da nessuna altra parte del pianeta riesci a sentirti così solo come qua. Per questo poi ti affidano due ratti.
Ernesto si è appallottolato sul divano. Ratteo si è addormentato sulla mia spalla. Spengo le luci, apro i regali che mi sono fatto e aspetto sia domani. È un Natale bellissimo ma sarà ancora più bello quando potremo farci dei toast insieme e raccontarci cosa ci ha insegnato il silenzio.
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L’imprevedibilità dell’ignoto ci mette tutti a rischio. [Parte II]
Come si può sviluppare il nostro sentire? Cosa può comportare? Quanto può restare ancorato all’autenticità della solidità, alla fermezza della razionalità, a un amore esclusivo che riesce a non essere intaccato da niente e nessuno? Io e lei ci saremmo potuti abbandonare alla follia di un’ora di sfrenata passione? E cosa avrebbe comportato? Io voglio ragionare su quanto tutto, in quest’epoca storica specialmente, possa essere instabile, friabile, a rischio. Su quanto si viva sempre sul filo, camminando in modo accorto per non cadere nel burrone. È evidente: se in quel periodo accanto a me avessi avuto la mia donna, probabilmente non mi sarei fatto risucchiare da quel vortice di attrazione fisica, erotica (e anche mentale), che mi ha condizionato un bel po’. Ne sono piuttosto sicuro. Ma è davvero così? Posso metterci la mano sul fuoco? È questo che mi spaventa. Per molteplici ragioni, oggigiorno viviamo troppo a stretto contatto con “altro”: distrazioni di ogni tipo (anche virtuale), legami professionali e relazionali esterni alla nostra sfera familiare, gruppi e cerchie di conoscenze utili a qualche scopo specifico che dev’essere necessariamente perseguito, e così via. Difendere l’amore, nella sua purezza, completezza, necessità, è diventato sempre più difficile. Quando ti si presenta una così, mora con i capelli lunghi, con quei jeans che delineano un fisico di tutto rispetto, sai che devi essere forte. Specialmente se ci s’intende, se c’è simpatia, se ci si stima vicendevolmente. Le mie elucubrazioni sono inevitabilmente incomplete perché mi manca l’altra faccia della medaglia: mi mancava (e mi manca) la scoperta dell’amore vero, quindi di quella persona che per definizione non può ammettere repliche o imitazioni. Ero e sono solo, pertanto posso solo basarmi su congetture e fantasie. Quella voglia rimane, è inutile negarlo. Avrei tanto voluto vederla nuda, non posso dire di no. E mi sarei abbandonato a momenti di perdizione, peccaminosi, passionali. Non l’ho fatto perché sono un signore, un brav’uomo. Ma avrei voluto avere, a mia disposizione, una dimensione parallela in cui poterle dire la verità. In cui poterla baciare, toccare, farle qualsiasi cosa. Ché è ovvio, in quell’abbraccio erettivo avrei voluto tirarlo fuori, il pisellone. Avrei proprio voluto ficcarglielo in bocca, e godere della sua lingua, e dei suoi sguardi mentre me lo leccava tutto. Dannazione, quanto avrei voluto. Ma sono stato più forte, sì. Sono stato più forte di quella parte del mio corpo che mi possiede, che mi rende schiavo, che mi sottomette. E non mi rimane che il sogno notturno, con la splendida eiaculazione che ne è derivata, e che mi ha fatto svegliare. Con la mente inebriata di lei, di quel ricordo un po’ sfocato che però è lì, da qualche parte, dentro di me. E che vale ancor più del mio bazooka duro come il marmo.
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Sono appena uscito dall'hotel per fumare una sigaretta.
Una ragazza mi ha guardato da lontano, ha abbassato lo sguardo, e ha attraversato la strada, allungando il passo.
Avrei voluto gridarle: "Sta' tranquilla, va tutto bene, non ti farei mai del male!", ma in cuor mio so che ha ragione lei.
So che incrociare la strada di un uomo, quando sei sola, nella semi oscurità di una piazza deserta, in tacchi alti e abiti eleganti, alle due del mattino di un sabato qualunque, deve essere la cosa peggiore che possa accadere.
E questa cosa mi dispiace da morire.
E avrei voluto gridarle quanto mi dispiacesse.
Invece sono stato sollevato che l'abbia fatto.
Perché la verità è che spero mantenga quest'abitudine.
E mi dispiace anche di più per aver pensato che sia giusto così.
Questo mondo comincia a starmi stretto.
Il ruolo di maschio comincia a diventare un fardello insopportabile davanti a una donna che si volta dalla parte opposta, pregando di non essere notata guardandoti di soppiatto, come fosse gazzella davanti al suo leone.
Mi dispiace.
Mi dispiace davvero più di quanto potrò mai dire.
Siete voi le leonesse.
Perché nessun altro saprebbe sopravvivere come voi in questa folle savana.”
- Anonimo
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Vi racconto una cosa di Twitter.
Almeno di quando ci lavoravo, anche se non penso che le cose siano cambiate. Non potrei farlo per via di una questione contrattuale, non potrei neanche dire che ho lavorato su twitter per contratto, comunque. C'è, o c'era ma vi ripeto certe cose non cambiano, una policy che si chiama 'gloryfication of violence' dove chi inneggia ad una qualsiasi violenza facendola passare come una cosa buona va punito, di solito cancellando il tweet ma se è a livello profilo anche il profilo va eliminato, per esempio se io scrivo che il baffetto stava facendo una cosa buona con gli ebrei cado in questa policy. Però mi capitò un caso dove la polizia, americana, uccise un tizio perché gli aveva tirato una molotov nella macchina e il tweet recitava tipo "hanno fatto bene ad ucciderlo sto tizio", levando il fatto che mi sono beccato un errore (ma questo è un altro discorso) e che l'analista mi fece rileggere a voce alta alcuni punti della policy, fastidio, tale policy non è applicabile "alle violenze che la polizia perpreta sui civili", al che ho fatto notare all'analista che non è una cosa buona perché così facendo, cioè lasciando le malefatte dei poliziotti sulla piattaforma si istiga all'odio verso la pula, l'analista era d'accordo con me ma siccome il lavoro era quello di seguire le policy mi sono beccato sto errore e sono dovuto stare zitto nonostante sia una cosa assurda. Questo perché come vi ho già detto in passato la piattaforma, come anche le altre made in usa, sono soggette al volere del governo americano, se il governo ti dice che devi seguire una linea tu lo fai se no ti fanno chiudere. Perché vi racconto sta cosa? Perché oggi ho letto un articolo su Ansa che parla di un assalto da parte di ragazzi ad una macchina della polizia, nel giornalino c'è scritto bene e diverse volte 'antagonisti', ma anche anarchici dei centri sociali, che c'azzecca?, perché nell'articolo si dice che non è tollerabile, perché manganellare dei ragazzi inermi è tollerabile? Poi c'è anche scritto che la dirigente di Pisa la spostano a Pescara, un pò come fa la chiesa con i preti pedofili invece di punirli li sospende per un pò e li sposta in un'altra chiesa, così si allarga il danno. Questa è una deriva regalataci dagli amici yankee? Oppure è solo emulazione da parte del governo attuale verso un sistema che fa gola per via del nazi/fascio che hanno intriso dentro? Sempre gli americani ah! Stiamo andando in quella direzione, o come negli stati uniti, dove poliziotti razzisti picchiano i ragazzini di colore malamente? Visto un video sempre su twitter per lavoro e ho dovuto lasciarlo perché non potevo cancellarlo grazie alla policy sopracitata, quindi le forze dell'ordine saranno usati sempre più per punire comportamenti che non piacciono al governo? Portandoli così ad essere odiati e di conseguenza quando succede qualcosa non li chiami perché potrebbero prendersela con te che in realtà ne hai bisogno. Sempre perché il governo attuale ha bisogno di cani rabbiosi, proprio come gli americani hanno bisogno che i sudditi siano cattivi e seguano una linea che porta al disordine e al caos.
Tutto questo accade dopo le dichiarazioni di ursula sul riarmo europeo, sulla guerra, sulle questioni spinose che in questo momento il vecchio continente sta affrontando, sempre grazie ai nostri alleati tossici. Qualcuno dice che sono mosse politiche pre elezioni, può essere, secondo me Ursula sta cercando di prendersi il posto dello stoltonberg a capo della NATO, quindi deve dimostrare di essere in linea con quegli psicopatici paranoici, perché io che sono europeo, come tutti voi, non la volevo questa guerra, non avrei mai voluto una guerra se pur per procura, non è la nostra guerra, se gli stati uniti vogliono distruggere la russia che vadano loro dalla parte dell'Alaska e non vengano qua a rompere i coglioni a noi che abbiamo già da doverci difendere da politici inutili che minano la nostra società. Nessuno vuole che l'Europa sia libera e indipendente per il fatto che una superpotenza con un grande passato e un futuro roseo potrebbe creare problemi a livello mondiale, quindi gli amichetti yankee non potrebbero fare le loro merdate in giro per il mondo, ma direi che è anche ora di levarci di torno sti adolescenti bulli che sanno solo roteare le loro pistole.
Mi fermo qua, perché potrei anche andare all'infinito e ho tante cose da fare oggi.
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Fammi sentire ancora amata da te
Caro, sai che da qualche tempo ne devo mandare giù tante. Ogni giorno. Mi tiene in pugno: sa benissimo che questo lavoro ci serve per mangiare. Ma finirà, fidati. Forse. Magari no... Anzi decisamente no, come capirai fra un po'. Devo dirti tutto. So che dovrei probabilmente cercare comunque di respingerlo, di ritrovare un minimo della mia dignità di donna, di lavoratrice, di moglie e madre: sono quasi sicura che non mi licenzierebbe, se lo respingessi.
M’ha assunta diversi anni fa e sai che all'epoca mi disse che lui per me sarebbe stato sempre come un secondo padre. Ed è anche stato il padrino di battesimo di Luca. Però sento intimamente che ormai devo assolutamente dirti tutto. Me lo impone la mia coscienza. Non posso più fare finta di nulla; devo essere onesta con te e sputare finalmente il rospo. Un matrimonio è anche questo. Sai, non è proprio come ti ho sempre detto: non sono state solo battute e qualche palpatina... aspetta, non ti arrabbiare. Mantieni il controllo, per favore. Non è solo tutta colpa sua... si, si: adesso se ti calmi ti spiego, ok?
Dunque, da quando tu hai perso il lavoro, senza por tempo in mezzo lui mi ha immediatamente aumentato lo stipendio ma ha preso ad accelerare, con me. Dapprima ha iniziato a mettermi timidamente una mano nella scollatura, quasi per caso, appoggiandosi un po' quando mi si avvicinava alla scrivania, per chiedermi qualcosa o per controllare. Io, impaurita e rossissima in viso, lo lasciavo fare. A ogni modo, non succedeva tutti i giorni. Lui era comunque sempre un po’ esitante, imbarazzato. Però capivo anche che, vedovo da cinque anni, aveva una voglia enorme di passera, magari della moglie di qualcuno, quindi di una donna seria e in fin dei conti pulita.
Una mamma di famiglia, una donna matura: da amare molto discretamente e anche da aiutare concretamente, insomma. Non è certo tipo da andare a troie. Poi, dopo un paio di settimane di tensione erotica crescente ma palpabile tra noi, un giorno, con mio totale imbarazzo, a fine pomeriggio lavorativo tolse tutte le sue esitazioni di mezzo, prese confidenza e chiuse a chiave la porta dello studio. Mi guardò fissa e io capii. Sarei senz'altro potuta andare via: aveva lasciato la chiave nella toppa. Avrei voluto morire, quella prima volta. Da quel momento lo fece ogni giorno, a fine giornata e appuntamenti esauriti.
Però un po’ devo dire che questa cosa mi incuriosiva, mi eccitava. Mi lusingava anche, il fatto che lui volesse proprio me. Per non scappare e per non sentirmi piena di vergogna, pensavo alle bollette, alla spesa da fare. Ai libri e ai vestiti dei figli. Ma erano scuse: chi volevo fregare... in fondo al mio cuore, che già batteva forte per lui, lo volevo anche io! Forse, parlando chiaro tra noi, sarà stata anche la noia del nostro ménage, sai... Egli dopo la chiusura della porta immediatamente si infilava sempre seduto sulla mia stessa sedia dietro di me. Ogni pomeriggio. Iniziò dapprima col mettermi semplicemente una mano nella camicetta.
Su un seno, stimolandomi il capezzolo e l’altra in mezzo alle cosce, fino alle mutande. Mi frugava e mi stimolava. M'annusava baciandomi il collo, rapito dalla passione. Senza dire una parola. Poi sosteneva e massaggiava dolcemente e con delicatezza le mie tette con entrambe le mani. Da sotto la camicetta o la canotta mi accarezzava lascivamente i fianchi dei seni, eccitandomi da impazzire. Mugolavo e lui si ingrifava ancora di più. Mi sussurrava che col mio profumo lo stordivo, che mi desiderava da impazzire. Io ero apparentemente ancora una statua di gesso, fatto salvo il mugolare. Non partecipavo attivamente. Però dovevo sbottonare la camicetta e allargare le gambe per lasciarlo fare.
Inizialmente, mi palpava la fica da sopra gli slip, ancora non aveva il coraggio di scostarli. Sebbene fossi evidentemente bagnata e lui lo sentiva. Dargli il contatto con il mio intimo lo feci io dopo un po’: guidando la sua mano, gli consentii di infilarmi le dita dentro il solco tra le natiche e poi nell'ano. Tanto valeva farlo fare ormai, no? Nella fregna subito a seguire. Mi masturbava per alcuni secondi e poi si ritraeva, un po' si vergognava di quello che stava facendo a una mamma di famiglia. Iniziai quindi un po’ a rilassarmi, a fargli capire che gradivo. Mi eccitava, quella sensazione di potere su un uomo tanto influente, stimato e rispettato.
Toglieva le dita dalla mia fica di donna sposata, le annusava rapito e quindi se le leccava, gemendo a occhi chiusi. Poi mi ringraziava e mi lasciava tornare a casa. Io segretamente speravo ogni giorno che osasse di più. Lo desideravo da impazzire. Dopo qualche giorno dal contatto delle sue dita con il mio ano e la fica, egli si decise: mi ordinò perentoriamente di togliermi la camicetta e di mettermi a cavalcioni sulle sue gambe, in grembo a lui. A torso completamente nudo e seni liberi. Ero imbarazzatissima. Ma nonostante tutto eseguii docilmente, come ipnotizzata dalla sua voce. E... si, confesso: anche totalmente eccitata dall’oscenità e da quel senso di sporco, di proibito di quella situazione.
Ero ormai una donna dal comportamento disdicevole, una vera peccatrice: mi piaceva tutto quello che facevamo e quindi ti stavo tradendo, era ormai chiaro e conclamato. Quanto mi sentivo in colpa, quelle prime volte. Mi slacciava il reggiseno, mi faceva restare a torso nudo e giocava con le mie mammelle. Le leccava dappertutto, se le sbatteva in faccia più volte, si torturava dolcemente e succhiava dai miei capezzoli. Gli piaceva affondare il viso nel mio petto e restarci. Mi ciucciava le tette a lungo e tirava fortissimo. Quasi me le strappava, succhiandole come un ossesso, mettendosele tutte in bocca: con me diventava un bambino viziato e desideroso del seno della madre. Lo accarezzavo, mentre me lo faceva. Devo dirti che è in quel frangente che, sentendomi da tempo un po’ trascurata da te ma nuovamente una femmina molto desiderata e succhiata, leccata a lungo da un maschio, dopo un po’ di volte che lo lasciavo fare, ho iniziato a godere della sua bocca.
Non vedevo l'ora che arrivassero le sei. E iniziai a provare compiacimento, del mio essere diventata una troia. Quindi, dopo il mio rilassamento, fu naturale che quasi subito, sotto i sapienti maneggiamenti e le leccate di seno, ebbi con l’Avvocato il mio primo orgasmo spontaneo. Iniziai a gemere ad alta voce e a dirgli: "oh, caro, caro... fammi godere, fammi quello che vuoi... sono la tua puttana..." Si, ti giuro sui nostri figli che non volevo, non ho iniziato io questo gioco perverso. Ma venire, avere il primo orgasmo con lui, è stato più forte di me. Non riuscivo a soffocare i miei mugolii. A frenare le mie parole. Gli ho detto il mio primo “siii” con tutto il cuore e con la fica. Non ho potuto evitarlo: ho goduto. Molto e veramente.
Lui ha realizzato subito quello che stava accadendo ed è letteralmente impazzito. Non ha potuto resistere e dal giorno dopo quel mio primo orgasmo spontaneo senza penetrazione ha voluto tutto, da me. In quel primo frangente, magico per entrambi, egli infatti non ha voluto approfittare, forse spiazzato da ciò che gli si stava aprendo davanti. Una voragine di perversione e tradimento, di tutti i suoi e miei valori. Un ultimo, labile scrupolo di coscienza: dopotutto lui ti conosce bene e ti stima tantissimo.
Ma il cazzo non sente ragioni. Era un percorso di vera e segreta, fortissima passione per entrambi. Stava rubando la donna a un altro uomo: la faceva godere al posto suo. Così sappi quindi che è da un anno ormai che ogni giorno me lo spompino, glielo prendo in bocca, lo lavoro per bene e lo faccio sborrare. Tantissimo. Ingoio integralmente tutto quello che produce. Gli succhio tutto ciò che ha dentro i coglioni. E più ne ha, più ne ingoio. Glieli strizzo, mentre viene, per fargli un po’ male quando sta sborrando e fargli così capire che lo tengo per le palle.
Dopo circa due mesi, progressivamente e in modo molto discreto quindi, ho iniziato a dargli ordini anche io!!! Eccheccazzo!!! Poi, da lui mi faccio sfondare il culo, anche se a te l'ho dato raramente, lo sai, perché mi fa male. Lui ha il cazzo più grosso del tuo, ma anche se mi fa tanto male, lo voglio, lo desidero. Voglio soffrire per ciò che ti faccio. Devo dire però che quando lui mi sborra dentro le viscere, sento che sono intimamente sua e vengo anche io. Squirto... allago ovunque e poi mi tocca pure pulire!
Mi piace da morire, prenderlo in culo da lui. Allargo le natiche con le mani, per farlo entrare tutto. Come e quando succede: quando gli ultimi clienti del suo studio di affermato penalista sono andati via, io mi spoglio e mi metto sul tappeto. Nuda, a cosce spalancate e voglio che mi lecchi la fica fino alla mia soddisfazione completa. Lui ama inghiottire il mio miele di donna. Malgrado l’età è ancora molto potente e duro. Ah, a proposito: questo ti farà andare fuori dai gangheri non poco! Ho iniziato già dopo un paio di mesi a consentirgli di sborrarmi sul viso.
Aspetta... dai non ti incazzare... siamo pragmatici... si, si: va bene! La cosa del culo... Hai ragione: a te il mio culo non l’ho quasi mai concesso... ma questa situazione ci porta bei soldi, caro mio... e quindi fino a quando non troverai un lavoro stabile e redditizio, devo mantenere il suo interesse per me ben vivo e alto. Perché ti sto facendo questa confessione molto dettagliata... perché te lo devo. E perché ormai di lui e del suo cazzo grosso e insaziabile sappi che sono diventata schiava e mezzo innamorata. Mi piace tanto, prenderlo in culo e in bocca da lui. In fica poi non ne parliamo! Non so più farne a meno.
Non vedi che durante il fine settimana sono sempre nervosa? Non vedo l'ora di rivederlo. Poi, appunto, non è solo colpa mia: perché tu mi devi scopare di più. Devo sentire che mi vuoi come un tempo. Perché a quarant'anni passati da tempo, quasi cinquanta, sento che ho bisogno di più cazzo, nella mia vita: voglio scopare. E ormai voglio farlo con i miei due uomini. Sappi che forse cercherò anche qualche altra avventura extra con uno più giovane, in giro. E tu dovrai lasciarmelo fare. Ne ho bisogno. E comunque dei bei soldi extra che ogni mese il mio datore di lavoro e di cazzo ci allunga, noi non possiamo più fare a meno.
Ecco, ora sai tutto: questa è la materia di cui sono fatte le mie ore di lavoro extra fino alle otto di sera. Non c’è assolutamente nessun impegno per la redazione di cartelle, lettere di diffida, di convocazione, ingiunzioni, ricorsi. Tutte balle che t'ho raccontato. Ma non voglio più mentire. Glielo prendo in corpo in tutti i modi. Rassegnati, se veramente mi ami e non vuoi perdermi. Amo te, certo: ma scopo con lui. E con gran gusto. Mi sono scoperta puttana e felice. Adesso andiamo a letto. Puoi sfondarmi il culo, strizzandomi le tette e chiamandomi a buon diritto troia. Aspetta... almeno arriviamo sul materasso... daiiii... leva quella cazzo di mano dalle mutande e dal mio ano... stupido... si, lo so: profumo di sesso e di paradiso... me lo dici sempre, quando sei arrapato.
RDA
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abito in un paesino in provincia di Napoli,
esattamente a metà strada tra Napoli e Caserta
poco meno di trentottomila abitanti.
sarebbe un'assurdità dire che tutti conoscono tutti,
ma la maggior parte conosce la maggior parte.
ho sempre voluto scappare da qui, non l'ho mai sentito mio questo piccolo angolo di mondo;
sempre stata estranea a questa realtà,
un po' come se in viaggio verso il mio posto qualcuno mi avesse persa per strada senza accorgersene e mi sono ritrovata per sbaglio a crescere qui.
negli anni ho cominciato a definire casa mia la mia piccola isoletta felice,
forse perché ho avuto l'immensa fortuna di essere capitata in un contesto in cui ho potuto crescere con i miei affetti più cari anch'essi catapultati entro i confini di quest'isoletta.
mi basta fare toc toc ad una porta per ritrovarmici dietro mio fratello,
cercarla con lo sguardo e trovare mamma,
allungare la mano fuori dal letto per essere bagnata dal nasino di luna,
svegliarmi la mattina con papà che si affaccia in camera prima di andare a lavoro;
mai dovuto fare un passo per aiutare nonna a cucinare per tutti o sentire la sua voce che ogni due per tre urla il nome del cagnolone che c'è in giardino credendo sia scappato, cagnolone che ormai in cinque anni ha imparato a conoscerla e si nasconde dietro ogni albero per spaventarla;
non ho mai dovuto varcare nessun confine per sedermi accanto a nonno mentre scrive, con quella grafia che avrei sempre voluto fosse un po' anche mia; per dirgli che l'uomo che vorrei al mio fianco dovrebbe essere esattamente come lui;
salgo solamente una semplice rampa di scala ed ecco che sono sul letto di mia cugina a parlare per ore.
sono sempre stati tutti qui,
salvi, tra queste mura, dalla guerra che c'è al di fuori.
se chiedete alla me bambina però, vi risponderà che la guerra è sia dentro che fuori queste mura,
si perché il padre non è sempre stato quello che si affacciava alla porta di camera sua e la madre non sempre quella che riusciva a trovare solo con lo sguardo;
vorrei ora dire a quella bambina che con gli anni siamo riuscite a perdonarli, che la madre e il padre sono adesso mamma e papà, che erano troppo piccoli forse all'epoca per saper crescere due figli, che sono cresciuti anche loro insieme a noi e non possiamo fargliene una colpa.
ora siamo tutti grandi,
lei e il fratellino, entrambi forse con qualche piccolo trauma irrosilto, ma che stanno cercando di costruirsi una vita serena;
e mamma e papà, forse non l'emblema di un matrimonio felice, ma capaci di essere ora genitori.
non vorrei spoilerarti troppo, bambina, ma continuerai a fantasticare ogni giorno di una vita completamente diversa da quella che hai,
per un periodo di tempo penetrerai così tanto in quei racconti che perderai la connessione con la realtà e farai credere ad altre persone di vivere vite che non hai mai vissuto.
incontrerai il primo amore, quello fatto di emozioni forti, quello che ti brucia dentro;
e quello stesso amore continuerai a cercarlo in altre mille volti e in altri mille cuori una volta perso,
la tua sarà una ricerca sfrenata, quasi interminabile,
qualcuno ci si avvicinerà, altri nemmeno lontanamente,
e poi finalmente un giorno ti arrenderai
ti arrenderai il giorno in cui incrocerai i suoi occhi per la prima volta e nascerà dentro di te la consapevolezza di non poter mai rivivere un qualcosa di così forte,
lo capirai, lo accetterai e te ne farai una ragione,
d'altronde certe cose sono fatte per essere vissute una volta soltanto, altrimenti diventerebbero ordinaria quotidianità.
continuerai a sognare quel mare quasi tutte le notti
e sarai grata per questo, perché i contorni di quel ricordo sembreranno non sbiadire mai.
viaggerai, bambina, non tanto quanto vorresti, ma qualche città diversa dalla tua la vedrai
e sentirai in quel luoghi sensazione di casa,
sensazione che giù in quel paesino non sei mai riuscita a sentire.
riuscirai addirittura ad andare via da lì, salvo poi rirornare,
come risvegliarsi di colpo da un sogno e accorgersi di essere sempre lì, nello stesso letto, il tuo.
avrai però, almeno l'illusione di aver vissuto per un periodo quella vita che avevi sempre voluto, circondata da persone che avevi sempre aspettato,
con una di esse ci passerai addirittura una notte su un tetto durante un turno in ospedale.
cambierai poi di nuovo vita, scenderai da quel tetto e ritornerai nella tua isoletta, circondata dalla guerra.
ti sembrerà di aver ritrovato la tua strada, ma ad un certo punto questa strada si interromperà nuovamente
e non saprai se costruirci sopra un ponte per raggiungere l'altro lato dell'interruzione
o tornare indietro e imboccare un altro vicoletto.
scapperai dalle persone, da chiunque, anche da chi sembra farti provare qualcosa di nuovo.
non so ancora dirti se ci sarà quella persona che ti prenderà per mano e ti fermerà,
spero di riscriverti tra qualche anno per dirti che ce l'abbiamo fatta, la nostra strada l'abbiamo trovata, la stiamo percorrendo con accanto qualcuno di speciale e siamo dirette verso la vita che hai sempre sognato.
chissà bambina.
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Mamma, Sono passati due anni da quando te ne sei andata, eppure il tempo sembra ancora confuso, come se non sapessi davvero in quale direzione stia andando. A volte mi sembra che siano passati secoli, altre volte mi sembra che tu sia ancora qui, che possa sentire la tua voce, il tuo profumo. Il dolore non svanisce, cambia forma, si nasconde tra le pieghe dei giorni, ma torna, qualche volta, quando meno me lo aspetto. Due anni... Sono stati pieni di vuoti. Il tuo vuoto. Un'assenza che pesa ogni volta che cerco di parlarti e mi accorgo che non posso. Ci sono stati momenti in cui avrei voluto chiamarti solo per raccontarti qualcosa di banale, per sentire i tuoi consigli, per ridere insieme come facevamo. Ci sono domande che non posso fare a nessuno tranne a te, e la tua assenza le lascia senza risposta. Ma, mamma, voglio anche dirti che sto bene. Ho trovato qualcuno, una persona speciale che mi ha fatto ricominciare, che mi ama davvero, e che è stata una luce nei miei giorni più bui. È stato come rinascere, trovare una nuova speranza, una nuova ragione per andare avanti. Quanto vorrei che tu potessi conoscerlo... sono sicura che ti sarebbe piaciuto così tanto. Ha quella gentilezza e quella profondità che mi fanno pensare che, in qualche modo, tu ci abbia messo lo zampino, che tu mi abbia guidato verso di lui. Sai, quando lo guardo, a volte mi viene da pensare a quanto sarebbe stato bello vedervi insieme, vedere il modo in cui avreste riso e parlato. Mi mancano i tuoi abbracci mamma, ma oggi, sento che la vita mi sta restituendo un po' di quella felicità che credevo perduta per sempre. Se chiudo gli occhi, posso ancora immaginarti accanto a me. Cerco di ricordare ogni dettaglio: la tua voce, le tue mani, il modo in cui mi guardavi quando sapevi che qualcosa non andava, anche quando non dicevo nulla. Ecco, forse è proprio questo che mi manca di più: il modo in cui mi capivi, senza bisogno di parole. So che, in qualche modo, sei ancora qui con me. Lo sento in quei momenti in cui trovo la forza di affrontare le sfide, nei gesti che mi ricordano te, nei sorrisi che nonostante tutto riesco ancora a fare. Ma non posso fare a meno di desiderare di averti ancora qui, in carne ed ossa, solo per un momento, per poterti dire quanto mi manchi e quanto ti voglio bene. Ti porto sempre con me, in ogni pensiero, in ogni battito. La tua assenza è dolorosa, ma il tuo amore è la mia guida. Spero che tu possa sentire tutto ciò che non riesco a dire a parole, tutto quello che il mio cuore vorrebbe comunicarti, ma che resta sospeso tra il cielo e la terra. Ti amo, mamma. E mi manchi. Per Sempre Tua M
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Oggi il mio direttore mi ha scritto su Teams se il mio onboarding sta andando bene e se ho problemi. Avrei voluto sfilargli tutta la corona di lamentele: mi stanno insegnando tutto troppo lentamente, sembra che disturbo e rompo le palle alla mia tutor ogni volta che le chiedo qualcosa perché pare sembra indaffaratissima e io stessa ho paura di disturbare, etc etc... ma a che pro? Quindi via con il "va tutto bene grazie". Alla fine è solo una settimana che sono qua quindi pretendere che mi sia insegnato tutto forse è pure pretenzioso.
Poi oggi ho dovuto rispondere alla prima telefonata perché la mia tutor ha (giustamente) detto che se non le prendo mai, mai imparerò. Il povero cliente ogni volta che gli chiedevo di ripetere, mi parlava sempre più lento, scandendo bene le parole ma io gli volevo dire:"amo io il tuo giapponese lo capisco benissimo, è che proprio non so di cosa tu stia parlando e cosa ti devo rispondere"... però vabbè alla fine con qualche risata di troppo, è andata.
Qua sta facendo un caldo assolutamente inumano in questi giorni e un altro diritto che vedo tolto ai lavoratori è il diritto di non andare in ufficio quando devi uscire di casa alle 7 e fanno già 32°C. Sto sistema ci vuole proprio morti.
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Se due calciatori di paesi diversi fossero sposati e venissero entrambi convocati nelle rispettive nazionali, potrebbero giocare nella stessa partita o sarebbe conflitto d'interesse?
Guarda non ti saprei dire, ma sono abbastanza sicura che ci siano fanfic lovers to enemies del genere su Messi e Ronaldo
Aggiungo che avrei voluto vedere questo scenario qua con Leão e Kvaratskhelia, ma quel rimbambito di Rafael si è fatto diffidare e ha saltato la Georgia
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Premetto che le moto sono belle TUTTE e sono solo questioni di gusti personali o di tipologie di utilizzo, poi va da se che non lo fai motocross con una sportiva carenata. Personaggi: 50enne altro un metro e sessanta con un casco jet viola glitterato attaccato alla cintura con tre amici. "Questo ha un t-max" penso fra e me. Poi sento che parla con gli amici di una Harley comprata di recente. Mah, ci sta, ho girato un paio d'anni con gente con Harley e altre custom, ci sono moto e genti di ogni tipo, come in ogni altra categoria di motociclisti. Poi sento che dice che ho fatto la centralina 🤨🤨🤨 Vahbeh, i soldi sono tuoi e se ti pare li puoi anche bruciare. E poi… (ciliegina) Amico: "Ora andrà forte, ma sul misto come fai..?" Lui: "Eh no sul misto no, per quello ci vuole un'altra tipologia di moto, ma sai io mi conosco, sarei pericoloso per me stesso" e ridacchia Quando ho sentito "ma io mi conosco" ho avuto un fremito, gli avrei voluto dire "hai messo 25mila euro in una moto che gratta il cavalletto a parcheggiare perché non sei bono a fare le pieghe e non vuoi fare figuracce" ...ma io sono uno che si fa i cazzi propri e lo lascio alle sue menzogne e illusioni 😂😂😂😂 Qui sotto una moto, che benché due tempi, non è per nulla adatta a fare motocross.
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