#tetto scuola giapponese
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dilebe06 · 2 years ago
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Bokura No Yuuki + Special
Governo Ladro! In tutti i sensi
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Perché vedere questo drama?
Beh... prima di tutto perché è del 1997.
Ripeto: millenoventonovantasette. Un'era fa. Quale occasione migliore per rivedere capelli lunghi, bandane, televisori grossi come frigoriferi, pantaloni a zampa e cellulari dalle dimensioni di mattonelle?!
Il secondo motivo è perché c'è Matsumoto Jun. Il Domyoji di Hana Yori Dango ma in versione minorenne. Ma minorenne nel senso che è un bambino! Un cucciolo di Domyoji Posso dire che è cresciuto bene si?!
Questa serie infatti vanta il titolo di primo drama girato dal nostro Matsumoto Jun... e devo ammettere che è stato bravo. Uno degli attori migliori del gruppo.
guarda che cucciolino:
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poi crescendo tutti i traumi di ciò che ha vissuto in Bokura sono cicciati fuori e ciao:
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Il terzo motivo per vedere questa serie potrebbe essere la trama quanto meno innovativa:
Nel 1997 il Giappone si sveglia con una notizia sconvolgente: un terremoto ha colpito la città di Makuhara portando morte e distruzione. Yamato, un liceale dal capello lungo e da una ancor più lunga sindrome dell'eroe, parte - in bici - per raggiungere il luogo del disastro. Uno dei sue amici vive proprio lì e lui, preoccupato per l'amico, vuole avere sue notizie e vedere se sta bene.
Qui per ricordare che Internet a quell'epoca era un utopia.
Lungo la strada incrocia un altro liceale, Takeru - anche lui in bici - che si dirige anche lui verso la zona terremotata come volontario. I due quindi decidono di fare il viaggio insieme ( e meno male perché Yamato pensava di farsi 500 Km in bici senza NULLA appresso: niente tenda, acqua, viveri, generi di prima necessità...nulla).
E qui c'è il mio primo commento: stronza io che pensavo che, poiché Yamato si fa il viaggio in bici, Makuhara distanziasse due/tre ore. E invece no! Tutta la prima puntata è uno spot alla campagna giapponese, con questi due che pedalano per più di metà puntata. Ed infatti sul finale si viene a scoprire la vera distanza e quanto hanno pedalato questi due: 500 km. Pazzi! Ma un treno? farsi accompagnare in macchina?
Ma che ne potevo sapere?! vedo Yamato che esce da scuola, prende la bici e senza salutare manco i suoi genitori, dice all'amica che va a Makuhara. Cioè pareva che dovesse andare a due isolati di distanza non a fare tutti quei chilometri!
Comunque sia, i due arrivano finalmente alla meta che però è sorvegliata a vista dall'esercito: un muro di metallo nasconde la vista della città e torrette con soldati in assetto da guerra sono posizionate lungo tutto il perimetro.
Strano.
Moltro strano.
I due eroi riescono ad entrare di straforo (perché l'esercito in questa serie fa numero ma non cervello) e scoprono una verità sconcertante. Anzi più di una: prima di tutto vedono che non c'è stato nessun terremoto. I palazzi sono in piedi, le strade sono integre e nemmeno un sassolino è crollato per terra.
La seconda cosa che genera ancor più sconcerto è che ci sono esseri umani nella città... ma sono SOLO BAMBINI. Dagli 0 ai 19 anni. Orde di bambini laceri e sporchi, con lo sguardo vuoto e che fanno capannello ai falò nei bidoni per scaldarsi.
E gli adulti?
E' la terza cosa sconvolgente che si scopre: tutti gli adulti sono morti.
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Come ci viene detto dall'amico di Yamato - che ha preso possesso della palestra della scuola e che vive lì accampato come i barboni, ma che almeno ha un tetto sopra la testa visto che gli altri bambini dormono all'agghiaccio per terra - un meteorite si è schiantato sulla città, rilasciando un virus che ha portato alla morte immediata di tutti i maggiorenni.
I minorenni ne sono immuni ma se non si trova una soluzione, una volta raggiunti i vent'anni - più o meno - anche loro moriranno come i loro genitori.
Questo spiega l'esercito in assetto di guerra: la città è stata messa in quarantena e nessuno più entrare o uscire e la notizia falsa del terremoto è stata data dal Governo per evitare il panico.
Con questa bella notizia, Yamato e Takeru si rendono conto di quanto sia disperata la situazione e cosa ancor più grave è che anche loro sono intrappolati lì. RIP
Qui inizia la serie.
Bokura è un drama dal taglio quasi sociologico: immaginate 300 e passa bambini dagli 0 ai 18 anni intrappolati in città senza nulla da fare e senza la supervisione di un adulto. e su quest'ultima cosa ci torneremo Oltre alle implicazioni psicologiche di bambini che hanno perso i genitori e si trovano a tu per tu con la morte, la serie esplora la lotta per la sopravvivenza ed il combattimento per le risorse ed il territorio mentre i ragazzi più grandi tentano di stabilire un certo ordine e allo stesso tempo contrattano con un Governo che li ha sostanzialmente abbandonati.
C'è il tema della fiducia e dell'ingenuità infantile, il tema del sacrificio per gli altri e della collaborazione in nome della sopravvivenza di tutti. Si presenta poi la tematica della crescita, dei sogni infranti, dell'amicizia vera nata quasi per caso, dalle circostanze, ma che proprio per questo, diventa solida come una roccia.
Punto focale della serie - e che verrà ripresa poi nello special - è il tema del diventare adulti. Bokura mette su due piani i bambini, disposti a lottare per ciò che è giusto a prescindere dalla convenienza e gli adulti che mettono i loro interessi sopra ad ogni cosa, giustizia compresa.
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Bakura ha poi un taglio cinematografico intenso: sguardi, parole, inquadrature, musiche... tutto è atto a sottolineare più che la trama, le emozioni dei personaggi, le loro reazioni ed i pensieri introspettivi.
Adorabile poi la bromance e l'affiatamento che i ragazzi realizzano lungo la storia: amicizia e quasi fratellanza di fronte ad uno scenario post- apocalittico. Il gruppetto partito in due - Yamato e Takeru - diventa a sei con Mori, Yuuki e Kiichi fino a raggiungere gli otto. Un cameratismo così grande che alla fine, mentre ognuno va per la sua strada, si promettono di rivedersi dopo 20 anni.
In particolar modo ho amato i personaggi di Takeru e Kiichi. Il primo è stato il mio animale guida: alla notizia di essere bloccato in città ha alzato le spalle, piantato la tenda ed iniziato una vita accampato lungo in fiume, senza farsi troppi problemi. La sua pace interiore di fronte a questa calamità l' ho trovata invidiabile.
Come ho trovato esilarante la sua relazione con Yamato. Mado' sembrano moglie e marito! Battibeccano di continuo, discutono di tutto. Takeru andava a comprare oggettistica ( comprare è una parola grossa, diciamo barattare ) e acquistava roba anche per Yamato mentre quest'ultimo se ne fregava e tornava alla loro "casa/tenda" solo per fare il bagno. Adorabili.
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Ho amato Kiichi invece per una sua abilità particolare: costruire roba. Era un piccolo ingegnere che fabbricava navi, zattere, boe a cui piazza sotto un motore... era un fenomeno! Siccome era fissato nel costruire roba che navigava, l'avevo soprannominato il Cristoforo Colombo asiatico. E certe volte mi faceva morire dalle risate: le sue reazioni ai due lead, le sue battute ed opere ingegneristiche me l'hanno fatto collocare nella mia lista dei personaggi preferiti di questa serie.
Ed ora, dopo aver sviscerato le cose positive della serie andiamo alla parte negativa. Oddio, c'è più di una in realtà ma vorrei concentrarmi solo su quella che mi ha infastidito di più.
La gestione dell'emergenza da parte del Governo e la spiegazione finale a tutto quello che è successo.
Durante tutta la serie io e @veronica-nardi ci siamo scandalizzate dalla totale inefficienza del Governo: esso infatti s'impegnava nella questione portando con l'elicottero un pasto al giorno ai bambini. E stop.
STOP.
Questo è tutto quello che il Governo ha fatto per i 300 e passa ragazzi intrappolati a Makuhara.
Un pasto al giorno - che poi vogliono pure diminuire - a bambini dagli 0 ai 18 anni.
Niente medicine, riserve d'acqua, dottori, sostegno psicologico, acqua calda, riscaldamento, posti per dormire, saponi o materiale igenico... niente di niente.
Solo cibo una volta al giorno e manco a tutti. Ma a chi arrivava primo.
Questa roba mi ha fatto impazzire. Non riuscivo a capire perché il Governo trattasse così questi bambini che in fin dei conti, erano innocenti e che avevano pure perso i genitori e tutte le loro persone di riferimento.
Ad una certa ho pure pensato che in realtà il Governo odiasse sti bambini e che magari sapesse che sarebbero diventati tutti dei serial Killer... insomma che ci fosse sotto qualcosa per trattarli in questo modo.
Alla fine la verità viene fuori ma sarà come è stata detta a me non ha convinto. Si scopre infatti che tutto sto macello è colpa del Governo e che il virus che ha ammazzato tutti non è nel meteorite ma nel satellite che si è schiantato contro il meteorite. Satellite che il Governo aveva mandato in orbita e che conteneva il virus letale che poi ha infettato tutti. Per coprire la sua colpa il Governo ha poi inscenato il finto terremoto e... il resto lo sappiamo.
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Ora, tutta questa verità purtroppo, ci viene detta tramite spiegone. E credo che sia questa modalità di messa in scena, raccontata piuttosto che fatta vedere e detta in due righe da un personaggio, ad avermi fatto storcere il naso.
Perché in fin dei conti questa risposta non corrisponde alla domanda del perché i bambini sono stati trattati così. Il Governo li lasciava alla fame perché aspettava che crepassero per i fatti loro una volta raggiunti i vent'anni? e perché non gli ha direttamente sparato ammazzandoli tutti e pace? Se tanto stava aspettando la loro morte a sto punto gli conveniva ucciderli tutti.
E qualcuno può giustamente ribattere che il Governo non l'ha fatto perché sperava di trovare la soluzione e salvare tutti prendendosi il merito ( cosa che poi è successo).
Ma è una soluzione rischiosa perché gli stessi bambini possono parlare una volta usciti dalla città di come siano stati trattati. Abbiamo visto come i giornalisti attendono come falchi di intervistare qualche sopravvissuto.
E come reagiresti se sapessi che tuo figlio/nipote/fratello ha vissuto per mesi mangiando zero, senza lavarsi, al freddo, senza medicine o dottori e non perché sperso in un isola deserta ma perché il tuo Governo si è rifiutato di aiutarlo? Lui è rimasto lì a guardare mentre il tuo parente rovistava nei bidoni dell'immondizia in cerca di cibo o rubava vestiti per coprirsi.
Insomma a me sto finale, queste ultime due puntate non hanno convinto. Ed è un peccato perché la serie per gran parte degli episodi è stata interessante da guardare: intrigante, misteriosa, intensa, emotiva e con molti spunti di riflessione.
Ma per fortuna è arrivato lo SPECIAL.
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Ambientato esattamente 20 anni dopo la prima serie e con gli stessi attori ormai adulti, questo film riesce a chiudere tutta la storia. E già l'ho amato per questo.
I nostri Takeru e Yamato ormai grandi sono diventati come gli adulti che vent'anni prima tanto odiavano. Sarà proprio il ritorno del temibile virus della prima stagione a costringere i due a fare i conti con il loro passato, con quello che volevano diventare e cosa invece sono finiti per rappresentare.
Ovviamente ritorna la bromance sia duplice tra i due lead ( io a sto punto prego in un BL con questi protagonisti ) sia di gruppo, con i protagonisti della serie che si ritrovano dopo vent'anni come avevano promesso.
E saranno proprio loro a dover decidere se diventare come gli adulti, fregandosene del virus e vivendo le loro vite o se tornare ad essere i bambini che per 10 episodi si sono opposti al Governo con tutte le loro forze.
Nota a margine per Matsumoto Jun che bello come il sole si ripresenta dopo vent'anni con una tutina che gli da dieci anni di meno: questa l'ha ripescata dalla valigia che aveva fatto nella prima stagione
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Andando alla trama e al finale, esso, esattamente come il finale della serie, è realistico e obbiettivo: sarebbe stato impossibile accusare il tuo Governo di tutti i crimini che ha effettivamente commesso. Roba da denuncia. Ma da adulti, i ragazzi riescono ad ottenere almeno qualcosa.
Ultima nota a margine è l'inserimento dei bambini anche in questo special. Se da una parte comprendo il perché della loro presenza sia ai fini della trama sia per accentuare il messaggio, d'altra parte credo che siano stati inseriti un po' alla cazzum. Frettolosamente e all'improvviso:
Takeru e Yamato si sono fatti mille piani e appostamenti per entrare nel luogo dove c'è il virus ed un branco di ragazzini li raggiunge dal nulla palesandosi come niente fosse.
Uno, come sapevano che erano lì.
Due, come li hanno raggiunti a Makahara.
E potrei continuare.... però dai, sono stati carini.
Detto questo,
voto al drama 7.5 che però grazie al suo special arriva al 7.9.
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coccaonthinks · 4 years ago
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#見守る o del proteggere guardando [...] Amo da sempre il verbo 見守る MIMAMORU. Il dizionario lo traduce come “guardare con attenzione”, ma è molto di più. Basta scomporlo, perchè in esso MIRU 見る è “guardare/ vedere” e MAMORU 守 è “proteggere”. Mi riassume insieme la resa e l’amore, perché capitano innumerevoli occasioni nella vita in cui non si può far altro che guardare una schiena che sparisce all’orizzonte. Lo trovo usato sia in circostanze piccine, in cui si augura magari una partenza sicura vero la stazione, un pezzo di strada fino all’ingresso di scuola, sia in congiunture di enorme portata, il viaggio in barella dalla stanza d’ospedale alla sala operatoria, momenti più in generale in cui è necessario prendere in mano la vita e rischiare di farsi anche molto male. Quando non si può fare nulla, è allora come un vegliare. Guardare (MIRU 見る) del resto è in giapponese un occhio con le zampe, proteggere (MAMORU 守る) ha un tetto sulle spalle. Lo ripeto: amo profondamente questo verbo attaccato a un discorsare comune, che elargisce quello stesso affetto, quella stessa attenzione per il prossimo che avverto costante nella vita quotidiana giapponese. Le donne alla cassa del mercato in cui vado a fare la spesa che mi regalano fiori, quella signora che tira fuori dalla tasca una caramella quando mi vede stanca, al caffè la commessa che mi domanda del prossimo libro che esce. O, in terza persona, le madri che salutano dalla soglia i figli armati di cartellai, altre che ne scortano i passi fino allo scuolabus. MIMAMORU evoca in me il fazzoletto sventolato dai treni e dalle banchine alla stazione nel secolo precedente, quello sguardo che cala dalla montagna per chi si appresa alla discesa o alla scalata, l’augurio sentito d’un oltre, di un dopo che scavalca la nostra giurisdizione. (Laura Imai Messina)
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tizianacerralovetrainer · 4 years ago
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#見守る o del proteggere guardando
[...] Amo da sempre il verbo 見守る #mimamoru. Il dizionario lo traduce come “guardare con attenzione”, ma è molto di più. Basta scomporlo, perchè in esso miru 見る è “guardare/ vedere” e mamoru 守 è “proteggere”.
Mi riassume insieme la resa e l’amore, perché capitano innumerevoli occasioni nella vita in cui non si può far altro che guardare una schiena che sparisce all’orizzonte. Lo trovo usato sia in circostanze piccine, in cui si augura magari una partenza sicura vero la stazione, un pezzo di strada fino all’ingresso di scuola, sia in congiunture di enorme portata, il viaggio in barella dalla stanza d’ospedale alla sala operatoria, momenti più in generale in cui è necessario prendere in mano la vita e rischiare di farsi anche molto male.
Quando non si può fare nulla, è allora come un vegliare. Guardare (miru 見る) del resto è in giapponese un occhio con le zampe, proteggere (mamoru 守る) ha un tetto sulle spalle.
Lo ripeto: amo profondamente questo verbo attaccato a un discorsare comune, che elargisce quello stesso affetto, quella stessa attenzione per il prossimo che avverto costante nella vita quotidiana giapponese.
Le donne alla cassa del mercato in cui vado a fare la spesa che mi regalano fiori, quella signora che tira fuori dalla tasca una caramella quando mi vede stanca, al caffè la commessa che mi domanda del prossimo libro che esce. O, in terza persona, le madri che salutano dalla soglia i figli armati di cartellai, altre che ne scortano i passi fino allo scuolabus.
Mimamoru evoca in me il fazzoletto sventolato dai treni e dalle banchine alla stazione nel secolo precedente, quello sguardo che cala dalla montagna per chi si appresa alla discesa o alla scalata, l’augurio sentito d’un oltre, di un dopo che scavalca la nostra giurisdizione.
Dal blog: https://www.lauraimaimessina.com/giapponemonamour/%E8%A6%8B%E5%AE%88%E3%82%8B-o-del-proteggere-guardando/
*Bellissimo scatto di shigatsu0926
Giappone mom amour ❤️
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ele-nam · 7 years ago
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18. Sulla Lentezza 🥑
L’alba di Domenica mattina, esattamente un mese fa, mi ritrovo sveglia, a contare le pecore in cielo, immersa nel cloro acquoso della una piscina sul tetto di casa. Emergono lentamente come bolle i ricordi della notte appena passata, una notte qualsiasi, con tanti cocktails e alcun senso della prossemica.
L’energia di Gabriella fa ondeggiare l’acqua, riportandomi al presente. Inizia a raccontarmi cose, generali cose: insegna yoga qui vicino; ah, sei in hangover? Ho smesso con l’alcool da un anno ormai. Non c’è male, non manca neanche. 
Guardo la sua aura di energia andarsene via mentre scende le scale, e continuo a crogiolarmi nel brodo, pensando alla mia forma fisica arrotondata, ai ban mi mangiati nel cuore della notte, e a come una metropoli quale HCMC può far perdere il senso, il valore, del tempo e delle cose.
Da bambina volevo mangiare un sacco di gelati. Da adolescente, cominciando a muovermi indipendentemente, c’è stato un periodo in cui ne prendevo uno al giorno, senza alcun limite imposto dall’alto.
Raggiunto questo breaking point, sperimentare diventa la chiave. Il focus è posto sul valore che do a me stessa: la Qualità del tempo, la Qualità delle relazioni, e come vivereil mio corpo al meglio.
è incredibile come sia cambiato tutto, nel giro di un solo mese. Il livello di concentrazione, la percezione del lavoro, e quella delle relazioni, del tempo libero, della creatività, e anche il fisico stesso, avendo perso peso con una facilità mai immaginata precedentemente.
Mi hanno chiesto se sono innamorata.
Ho risposto di sì. Ma non posso dire di chi! Sono innamorata, in un vortice di Zen: dello sguardo luminoso di una mamma giapponese, che accompagna da lontano il bambino entrare a scuola; del vento caldo tra i capelli in bicicletta, come un phon di prima mattina, e del sole cocente che asciuga la pelle e le da l’odore dell’Estate. Mi innamoro di un bambino piccolissimo, con un libro piccolissimo, che legge in un angolo. Mi innamoro della mia famiglia adottiva, le mie nuove sorelle e fratelli temporanei; le ginocchia sbucciate di chi Vive; le sopracciglia arruffate; le cicatrici con storie da raccontare; il sudore di un abbraccio, che non importa; le risate e i denti tutti un po’ imperfetti di chi Amo, oggi.
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piersacalo · 5 years ago
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Anime 004: 5 CM al secondo
5 cm al secondo (Makoto Shinkai, 2007)
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Takaki (lui) e Akari (lei) sono compagni di classe durante la scuola elementare. Inseparabili, si perderanno di vista per i trasferimenti delle rispettive famiglie, e la lontananza sarà solo il primo stadio di un percorso lungo e segnato da felicità, tristezza, e infine dolcezza. Arriva sul grande schermo, per solo tre giorni, il secondo lungometraggio di Makoto Shinkai, personaggio in ascesa dell’animazione giapponese, che ha riscosso ovunque un buon successo di pubblico con "Your Name.". In effetti, si tratta di un mediometraggio, di una durata appena superiore ai sessanta minuti, e articolato in tre episodi che si susseguono coerenti nel tempo, dall’infanzia alla maturità, che è la nostalgia del passato e la quieta accettazione delle cose così come si svolgono nel lungo del papiro della vita. I due ragazzi vivono una sola stagione felice, quella dell’infanzia con cui si apre il primo episodio, "I fiori di ciliegio", in cui il ciclo vitale di questa lussureggiante angiosperma è anche l’infanzia della Terra, spensierata, rutilante, innocentemente egoista, e che mette in ombra il grigio contesto urbano entro cui saremo presto costretti. A causa di una salute cagionevole, i due ragazzi si incontrano, legano, si promettono l’eterno stare insieme. Il naturale corso delle cose porterà poi l’inverno, la neve, la spoliazione degli alberi, e una testardaggine, un bene infantile da conservare per la maturità, che li riunirà ancora una volta, affinché alla tristezza possa infine essere associato quello stato mentale ambiguo, di difficile definizione, che è la dolcezza, la sintesi del buio e la luce. È certamente il più strutturato degli episodi, e infatti è anche il più lungo. Potremmo definirlo il "capitolo bianco", dominato dai fondali esplosivi dei ciliegi in fiore e dalla luce che abbaglia, la neve, che è anche l’ostacolo formale alla riunione dei due giovani. Il secondo capitolo, "Cosmonaut", più evocativo che risolto, segue il processo di maturazione di Takaki, che intuiamo essere diventato un bel giovane, fortemente desiderato da Kanae. Sottolineamo l’intuizione perché il "character design" di Shinkai è (nel film e in generale nelle sue opere) abbastanza statico, quasi disinteressato all’appeal delle figure in movimento, abbastanza povere di dettagli anatomici, ricche invece di monologhi interiori e pagine di diario. Introdotto da una palette cromatica più sbarazzina e da alcune accorate note di J-Pop, esso è il "capitolo rosso", col riverbero del sole che colora di aragosta il cielo, i corpi dei ragazzi, alcuni mirati oggetti fino alla comparsa di quegli ammiccanti nastri porpora che una grande funzione simbolica avrebbero poi esplicitato in "Your Name.". Questa fase di maturazione non si risolve, si patteggia: Kanae domerà col suo surf la cresta dell’onda, che riuscirà infine a cavalcare, ma imparerà a sue spese che questa, spesso, non è altro che la punta dell’iceberg, la dura testardaggine ormai irrazionale che tiene Takaki ancora legato ad Akari, come la navicella spaziale che squarcia il cielo rosso verso il buio, verso l’ignoto, il Nero. Il Nero è l’ultimo episodio del film, da cui prende anche il titolo: "5 cm al secondo", ossia la velocità di caduta delle foglie di ciliegio al suolo. Takaki è un giovane programmatore, è un uomo ormai, che immerso nella sintassi del linguaggio artificiale si accorge casualmente di alcuni petali entrati in casa dalla finestra aperta. Il necessario ritorno delle cose si annuncia con gli stormi di uccelli, neri, che migrano, alternati nel montaggio alla cenere delle sigarette, nera, e ai capelli, agli arredamenti che pian piano inghiottono il quadro finché tutto si oscura per poter ricominciare. La fugace apparizione di Akari, che compare e scompare al di là di un passaggio a livello su cui sferragliano nervosi due treni ad alta percorrenza, fissa nel giovane quel che intuiamo la ragazza ha compreso da tempo: tutto scorre, solo il ricordo resta. Un ricordo utile e necessario solo a chi lo serba. La diffusione extra-diegetica della hit "One More Time, One More Chance" acquieta infine l’animo tribolato del giovane, e il ciclo della natura potrà così riprendere il suo corso. Makoto Shinkai ha una ottima reputazione tra gli appassionati di anime, e anche presso un pubblico meno specializzato. Le sue storie sono caratterizzate da una sostanziale assenza dell’Opponente, un cattivo che crei spessore e spesso anche simpatie inconfessabili (e che il genio di Myiazaki, cui spesso viene accostato Makoto, utilizza per un processo di redenzione, o di equivoco che chiarisce). Nella poetica di Shinkai, l’Opponente è il Tempo, molto più dello spazio, e nemmeno insidiato dall’azione umana che poco può. Tutto ciò, è stato mostrato in quel piccolo capolavoro che è "La voce delle stelle" (2002), e che rimane di una spanna superiore al film in questione. Più legato a una cosiddetta "fiaba barocca", che attraversa gli stadi di morte e rinascita, come il ciclo vitale delle angiosperme, Shinkai sembra più propenso a credere che siamo noi il nostro peggior Opponente, ma che i buoni esempi esistono, muti. Così, la magnificenza della Natura che deflagra come una bomba ha la possibilità di essere imitata da una testa ipertrofica di pensieri contrastanti tra loro, all’interno di ambienti razionali e squadrati che ci fanno da tetto, e che si svelano come scatole a sorpresa, sorprendenti e risolutive grazie alle geometrie modulari e all’illuminazione (e qui il genio assoluto resta Satoshi Kon). Resterebbe ancora una lezione da imparare, suggerisce Shinkai nel nostro film: il momento del crepuscolo, quando l’aria e l’acqua si rinfrescano e tutto si tinge di ocra e si indora, quello stato di grazia inafferrabile in cui il tempo pare finalmente sospendersi.
 E poi è subito notte.
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weirdesplinder · 8 years ago
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Anna dai capelli rossi
Dato che ho i capelli rossi e la pelle bianchissima quasi da fantasmino, non potevo non amare il cartone animato Anna dai capelli rossi.
Lo guardavo sempre e sono sempre rimasta delusa che terminasse così, lasciando la storia in sospeso, con Anna che, ormai cresciuta, finalmente perdonava Gilbert e iniziava ad insegnare a scuola. Voglio dire me lo interrompono proprio sul più bello….cosa succede tra Anna e Gilbert?
Così mi sono informata e ho scoperto che il cartone è tratto da un libro per ragazzi, Anna dal tetto verde, della scrittrice Lucy Maud Montgomery. Famosa quasi come la sua contemporanea Luoise M. Alcott, in America, ma meno qui da noi in Italia.
Questa scrittrice scrisse un'intera serie di libri su Anna, seguendone, l'infanzia, l'adolescenza, l'età adulta, la maternità (primi 6 libri) e poi rendendo una della sue figlie la nuova protagonista dei suoi scritti (ultimi due libri):
1. Anne of Green Gables (1908) 2. Anne of Avonlea (1909) 3. Anne of the Island (1915) 4. Anne of Windy Poplars (1936) 5. Anne’s House of Dreams (1917) 6. Anne of Ingleside (1939) 7. Rainbow Valley (1919) 8. Rilla of Ingleside (1921)
I primi sei libri della serie sono stati pubblicati con successo anche qui in Italia col titolo:
1- Anna dai capelli rossi (anche intitolato Anna dai verdi abbaini) 2- Anna dai capelli rossi il baule dei sogni  3- Anna dai capelli rossi l'età meravigliosa 4- Anna dai capelli rossi la casa dei salici al vento 5- Anna dai capelli rossi la baia della felicità 6- Anna dai capelli rossi la grande casa
Finalmente (reperiti questi libri) ho potuto scoprire cosa accadde poi ad Anna, non voglio anticiparvi troppo nel caso anche voi siate interessati a procurarvi questi romanzi, basti dire che Anna, dopo varie peripezie e avventure si rende finalmente conto di aver sempre amato Gilbert e se lo sposa.
Alcuni mi hanno scritto lamentandosi della difficile reperibilità di questi libri. Che io sappia, il primo della serie è facilmente reperibile in libreria, e anche i titoli seguenti sono recentemente stati ripubblicati da MURSIA editore e li ho trovati in vendita tutti su IBS.it 
Ecco un breve elenco delle edizioni disponibili:
Primo libro della serie:
La vera storia di Anna dai capelli rossi, Editore Mursia (Collana Corticelli)
Anna dai capelli rossi, Editore Fabbri
Anna dai capelli rossi, Editore Mursia (collana Beccogiallo)
il libro più conosciuto di Lucy Maud Montgomery: “Anna dai capelli rossi”. Al centro della vicenda c'è l'orfanella dai capelli speciali, affidata a una famiglia di contadini burberi dal cuore d'oro. La scrittrice racconta la storia di Anna, da bambina difficile a ragazzina che si apre al mondo e alla vita.
Secondo libro della serie:
Anna dai capelli rossi. Il baule dei sogni
Editore Mursia
Continuano le avventure di Anna dai capelli rossi Anna, l'orfanella dai capelli rossi, si è trasformata in una bella ragazza dai grandi occhi grigi, il naso perfetto e la lunga chioma color rame. Nel Baule dei sogni Anna lascia l'amata Avonlea per frequentare l'università di Redmond e porta con sé un baule colmo di ricordi, che rappresentano i suoi sogni e le sue speranze di ragazza. Ed è tenendosi stretta a questo baule che Anna troverà la sua strada… e l'amore.Questo libro, finisce dove finiva la serie televisiva animata.
Terzo libro della serie: 
Anna dai capelli rossi. L'età meravigliosa
Editore Mursia
Anna è cresciuta e insegna nella scuola di Avonlea che un tempo l'aveva ospitata come piccola alunna sognatrice. Oltre all'insegnamento la seguiamo nelle avventure spassose e ridicole che caratterizzano la sua adolescenza: mucche del vicino vendute per sbaglio, case dipinte di colori assurdi, arrivi di ospiti inaspettati e tanto romanticismo. Se si ama visceralmente come me il personaggio di Anna ci si scopre a ridere e commuoversi insieme a lei, e si segue con trepidante aspettativa la sua amicizia con l'amico di sempre Gilbert nella speranza che diventi qualcosa di più…
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Quarto libro della serie:
La casa dei salici al vento
Editore Mursia
Composto dalle lettere che Anna scrive all'ex amico e ora fidanzato Gilbert nei tre anni che la giovane trascorre a Summerside come insegnante di liceo. Il tono però è quello lieve e spensierato dei primi tre libri. Anna è qui una sorta di fatina della felicità che si propone di portare la gioia a chi non ce l'ha: ritrova il padre della piccola Elisabeth, dona un giorno di allegria ad una ragazza vessata dalla madre invalida, riesce a ridare fiducia nella vita ad una collega insegnante e guadagna le simpatie dell'intera cittadina. Forse è perfino troppo perfetta nella sua missione di salvataggio ma questo rientra nello stile di scrittura classico e politically correct della Montgomery. Indimenticabili sono le zie Kate e Chatty presso le quali Anna vive, la loro magione, Windy Poplars, e soprattutto la loro governante Rebecca Dew, sanguigna zitella e comic relief dell'intero romanzo che con il suo amore-odio per il gatto di casa crea siparietti davvero divertenti!
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Quinto libro della serie:
Anna dai capelli rossi la baia della felicità
Editore Mursia 
Anna e Glbert finalmente si sposano e iniziano la loro vita insieme in una casa sulla baia, molto romantica. Il lavoro da medico di Gilbert e la maternità di Anna complicheranno un pò le loro vite.
 Sesto libro della serie:
Anna dai capelli rossi la grande casa
Editore Mursia 
La grande casa rappresenta la felice conclusione delle avventure della ragazzina dei capelli rossi ora madre di ben sei figli. Anna, Gilbert e i loro figli ora vivono in una casa più grande e sono molto felici.
Da questi libri negli anni ottanta era stata tratta una serie televisiva (comprensiva di due film) canadese molto famosa.
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 E ora anche Netflix ha prodotto una nuova serie tv tratta dalla storia di Anna dai capelli rossi, che ha intitolato CHIAMATEMI ANNA.
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La sto guardando e per ora questa serie mi sta piacendo molto, anche se credo che il cartone animato giapponese della mia infanzia rimarrà per sempre irraggiungibile..
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cento40battute · 7 years ago
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Losanna: connubio perfetto tra scienza e cultura
Scopriamo insieme questo mix tra la scienza e la cultura che si trova solo a Losanna
Losanna è la Capitale del Canton Vaud in Svizzera, e dal 1915, culla del movimento Olimpico. Le parole d’ordine di questa estate sono: bagno di cultura. L’acqua è quella di Aquatis, l’acquario di acqua dolce più grande d’Europa che sarà inaugurato in autunno. La cultura è, invece, una passione che si respira in tutta la città. Partendo dalla danza, fino ad arrivare a quella per l’arte e l’architettura. Inoltre, questi due aspetti legano profondamente Losanna a Firenze, dove il losannese Charles Henry Favrod nel 2006 creò lo MNAF, gioiello della Fondazione Alinari, e anche a Genova, dove quest’anno ricorre il centenario della nascita di Lele Luzzati, scenografo diplomatosi alla Scuola di Belle Arti di Losanna.
Aquatis: quando la scienza è puro divertimento
Dopo sei anni di lavori, questo autunno a Losanna aprirà il più grande acquario d’acqua dolce d’Europa. Aquatis (acronimo di Aqua-Acqua T-erra I-Innovazione S-cienza) riunisce in un solo edificio 32 acquari, 14 terrari e acqua terrari, 20 ecosistemi, 100 rettili e 10’000 pesci provenienti da 5 continenti. L’acquario-vivario si propone come spazio divertimenti, polo educativo per l’ambiente e piattaforma di scambi tra il grande pubblico e gli scienziati. Inoltre, è sostenitore di un impegno eco cittadino, cercando di sensibilizzarli alla preservazione dell’acqua e dell’ambiente.
Per maggiori informazioni: www.aquatis.ch
Losanna: la sede di ArtLab Scienza e cultura
La “cittadella” dell’EPFL, si è da poco arricchita dell’ArtLab, padiglione disegnato dall’architetto giapponese Kengo Kuma. Il tetto d’ardesia di 250 metri dell’ArtLab si estende su tre spazi diversi: la prima sezione, quella principale, accoglie il Montreux Jazz Café, dove potrete accedere agli archivi del Montreux Jazz Festival comodamente seduti ai tavoli della caffetteria. Esso è stato inserito dall’UNESCO nel registro della Memoria del mondo. Invece, nella sezione centrale si trova uno Spazio sperimentale che durante l’anno ospita diverse esposizioni. La terza sezione è il DataSquare, ideato per condividere conoscenze e interagire con il pubblico sul tema dei big data, i grandi progetti di ricerca dati che sono il fiore all’occhiello dell’EPFL.
Al momento ci sono due mostre in corso: Brain Project che simula l’elaborazione del cervello umano in base all’acquisizione di dati neurologici e clinici e l’accattivante Venice Time Machine, una scenografica ricostruzione di 1000 anni di storia della storia veneziana. L’esposizione sarà visitabile per i prossimi due anni e continuamente aggiornata con nuovi elaborati.
Per maggiori informazioni: https://artlab.epfl.ch/
Lausanne à Table: appuntamento con la gastronomia
Nata nel 2012, è una rassegna annuale che si prefigge di unire valori e prodotti del territorio, le ultime tendenze in tema alimentare, la tradizione della fonduta all’esotismo degli street food. Una sequenza di appuntamenti irrinunciabili e novità svariate, attività artigianali e sperimentazioni culinarie. Dalla fonduta agli «apéro-tricot» – gli incontri per fare la maglia mentre si sorseggia un aperitivo – non manca nulla: sfilettatura e taglio del pesce, documentari sulle politiche alimentari, passeggiate bucoliche, crociere al cioccolato, laboratori di cucina tailandese per bambini, un picnic gigante, la challenge culinaria degli abitanti di Losanna, un mercato di strada come in Asia, la Grande Table des Lausannois e il mercato di Anne-Sophie Pic. L’associazione Lausanne à Table ha preparato un programma ricco e vario che fino a ottobre stuzzicherà la golosità degli abitanti di Losanna e dei turisti. Lausanne à Table invita gli abitanti di Losanna e i visitatori a fare passeggiate, cucinare, scoprire, interrogarsi, educare i bambini al gusto e gli adulti alla degustazione. Il tutto con equilibrio, golosità e soprattutto gran piacere.
Per maggiori informazioni: www.lausanneatable.ch
“Aquafobia”, caccia al tesoro con il GPS per scoprire tesori e meraviglie della città
Dal parco di Mon Repos ai Quai D’Ouchy, fino ad arrivare sulle rive del Lago Lemano, è possibile impegnarsi nella ricerca del tesoro nascosto, un nuovo modo adatto a tutti, incluse le famiglie, per scoprire la città in un paio d’ore lungo un percorso di 4 km. È un ottimo esercizio per il corpo e per la mente, capace di unire il piacere della cultura e il divertimento.
Per maggiori informazioni: www.lausanne-tourisme.ch/medias/communiques-de-presse/application-chasse-au-tresor.html
Mille tentazioni sulla nuova terrazza dell’Hotel Royal Savoy Losanna
La terrazza, appena inaugurata, oltre a regalare la visione unica, a 360° su Losanna, sulla regione di Lavaux, sul Lago Lemano e le Alpi, riserva la sorpresa di un affasciante viaggio fra i sapori del mondo, ricco dei sapori inaspettati dei suoi raffinati piatti. Che sia all’ora di pranzo, per l’aperitivo o a cena, potrete degustarli in un’atmosfera cosmopolita e sofisticata.
Per maggiori informazioni: www.royalsavoy.ch
Omaggio a Béjart e al Mondo della danza
Il 2017 è l’anno dedicato alla danza, e Losanna onora Maurice Béjart, francese di nascita, che scelse proprio Losanna come patria adottiva. Quest’anno infatti, ricorrono i 10 anni della sua scomparsa, i 30 anni dal trasferimento della Compagnia da Bruxelles a Losanna e il 25° anniversario della creazione dell’Ecole-Atelier Rudra-Béjart. A questo tema è dedicato un nuovo tour de ville per il pubblico. Il percorso, che dura circa tre ore, prevede un’introduzione sul rapporto storico fra Losanna e la danza, visita della collezione svizzera della danza, custode di archivi, oggetti e ricordi di Béjart e una breve animazione live al termine del tour. La prenotazione per i gruppi è possibile su richiesta durante tutto l’anno. A dicembre, il Béjart Ballet presenterà le nuove produzioni che nel 2018 porterà in tournée mondiale.
Monet, Cézanne e Van Gogh protagonisti di una grande mostra alla Fondation de l’Hermitage
Alla Fondation de l’Hermitage, fino al 29 ottobre, potrete ammirare i “Capolavori della Collezione Bührle”, una delle raccolte private più prestigiose al mondo, particolarmente nota per i tesori impressionisti e post-impressionisti del 19° e 20° secolo.
Per maggiori informazioni: www.fondation-hermitage.ch
“Italie” torna a scivolare sulle acque del lago Lemano
La storica flotta della Compagnia Generale di Navigazione, la più antica in attività al mondo, dopo ben undici anni di restauro ha finalmente recuperato il battello a vapore “Italie”. Farà molte crociere a tema, e potrete scegliere una navigazione con golosa prima colazione all’alba, oppure delle crociere gastronomiche.
Barbara Corsalini
Per maggiori informazioni: www.cgn.ch www.my-lausanne.com www.facebook.com/MyLausanne www.twitter.com/MyLausanne http://pinterest.com/MyLausanne www.linkedin.com/company/lausanne-tourism www.youtube.com/lausanne-tourisme www.tripadvisor.com/Lausanne
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