#terzo e forse ultimo o penultimo
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In questi quattro giorni mi sarei potuto fermare ad ammirare quello che c'era davanti ai miei occhi e in qualsiasi momento restare incantato. Tranne davanti al gelato perché altrimenti ne sarebbe rimasto ben poco.
#ma poi un cielo incredibile in ogni momento della giornata e con qualsiasi condizione atmosferica#terzo post di foto tutte uguali che postano tutti#terzo e forse ultimo o penultimo#visual
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! Que viva Camilo ! Camilo Cienfuegos, la imagen del pueblo Camilo Cienfuegos è forse l'unico eroe più popolare di Ernesto "Che" Guevara a Cuba. Non c'è casa, negozio, ufficio, scuola, laboratorio a Cuba senza il ritratto del héroe sonriente. Camilo Cienfuegos Gorriaràn, meglio conosciuto popolarmente come "Camilo" appare nelle tante fotografie e ritratti sempre sorridente e gioviale con una folta e lunga barba, quasi che sprizzasse simpatia da ogni pelo. L' espatrio negli Usa Camilo era un uomo del popolo, un habanero doc, di umili origini, nato nel quartiere popolare di l'Avana vecchia e lì tra quella gente rimane per antonomasia il più grande ed indimenticato eroe cubano di tutti i tempi (più del Che e dello stesso Josè Martì). Mentre Che Guevara ha avuto un'indiscutibile "internazionalizzazione" della sua figura, del suo pensiero, delle sue idee, Camilo Cienfuegos ha attecchito popolarmente, è rimasto un eroe su scala nazionale: la imagen del pueblo. Ogni guerrigliero latino americano potrebbe facilmente riconoscersi nella sua figura. Alto, bruno, magro perennemente mostratoci con una barba bruna ed un cappello a metà strada tra il cow-boy statunitense ed il guajiro caraibico e con gli occhi protesi ad una genuina risata. La firma di K100 Camilo nella sua prima gioventù fu un serio ed umile lavoratore, si impegnò in mille attività e mestieri. Si distinse soprattutto negli Stati Uniti dove fu costretto ad espatriare per problemi economici e politici nei primi anni 50. Le foto del giovane Camilo nel periodo nordamericano sono diametralmente opposte a quelle stereotipate del Comàndante guerrigliero; infatti appare molto più conformista e curato con la sua faccia smilza, sbarbata con dei piccoli baffetti a rigo, sempre elegante, incravattato ed impegnato a fianco della dissidenza cubana antibatistiana. Fu proprio in quel periodo che Camilo sviluppò un grande senso dell'ironia e dell'autoironia, iniziò a firmare le sue missive ai familiari ed agli amici con un sarcastico "K100", che in spagnolo si pronuncia "Ca Cien". Sorsero negli Usa altri problemi al giovane Camilo, che fu costretto ad espatriare in Messico, dove fu poi scelto come ultimo (o forse penultimo) membro della spedizione del"Granma" da Fidel Castro. Camilo sarà poi tra i pochissimi sopravvissuti all'imboscata batistiana di Alegria del Pio e si distinguerà per le sue notevoli doti di coraggio e abnegazione alla causa della guerriglia sulla Sierra Maestra così da essere nominato Comandante di una delle più importanti colonne della guerriglia che libereranno la regione centrale dell'isola caraibica. Il bimotore scompaso L' eroe sorridente esprimerà il suo più alto capolavoro a Yaguacay, nel versante nord della parte centrale di Cuba, dove al comando di un manipolo di uomini costringerà alla resa lo stratega batistiano Jabon Lee ed i suoi soldati asserragliati nel famoso "cuartel". Questa superlativa azione congiuntamente con la straordinaria impresa di Che Guevara a Santa Clara costringerà Batista alla capitolazione definitiva e determinerà quindi l'ingresso vittorioso dei barbudos ad ovest sino a l'Avana. Dopo una serie di incarichi temporanei politici e militari all'interno della giovane giunta rivoluzionaria, il comandante Cienfuegos scomparirà misteriosamente il 28 ottobre 1959. Infatti dopo aver sedato una rivolta organizzata dal comandante Hubert Matos, lasciò l'aeroporto di Camaguey su di un piccolo bimotore diretto a L'Avana e scomparve per sempre. Probabilmente l'aereo precipitò a causa di un improvviso maltempo. Sono state avanzate varie ipotesi ed illazioni sulla sua scomparsa. C'è chi attribuisce alla Cia l' organizzazione di un attentato al bimotore, c'è chi parla solo di tragica fatalità, mentre sembrano solo baggianate le voci fatte circolare dai circoli controrivoluzionari secondo le quali Camilo si troverebbe sbarbato ed in incognita negli Usa o addirittura l' aereo in questione sarebbe stato sabotato dagli stessi vertici rivoluzionari. Questa serie di illazioni sono forse sorte dal fatto che il corpo di Cienfuegos e del pilota non furono mai rinvenuti, come i resti dello stesso apparecchio. Nel momento in cui Camilo scompare nasce il suo mito, la sua leggenda il suo eterno ricordo; addirittura Che Guevara chiamerà uno dei suoi figli Camilo. Fiori dal malecon A Yaguacay oggi vi è uno stupendo monumento dedicato all'eroe sorridente, proprio di fronte al mitico "cuartel" e sotto la statua bronzea di Camilo è situato un museo dedicato all'eroe habanero. In questo museo sono contenuti molti reperti e documenti, sicuramente quelli più interessanti sono costituiti dalla corrispondenza tra Che Guevara e Camilo, dove emerge un grande rispetto reciproco e soprattutto l'aspetto ironico ed ottimista di Camilo che unico tra i baburdos poteva permettersi di sfottere il severissimo comandante Guevara firmandosi con degli tu eterno chicharron (chicharron è un termine confidenziale per carinerie intime tra due persone). L'eroe di Yaguacay, scomparso a soli 27 anni viene celebrato ogni 28 ottobre da tutti i cubani, che si recano lungo i "malecon" (i lungo-mare) con stupendi mazzi di fiori e vassoi colmi di petali, che all'unisono vengono lanciati in mare. Quello stesso mare che è oggi beffarda illusione per molti caraibici e che tiene distanti... molto distanti i latino americani dagli statunitensi. Eugenio Lorenzano (Liberazione) William Galvez parla di Camilo Cienfuegos (intervista di Marco Papacci dell'Ass-Italia-Cuba) VEDI tutto il lungo TESTO INTEGRALE DELL'INTERVISTA SUL SITO SEGUENTE: http://web.tiscali.it/ItaliaCuba/galvez.htm D: I giovani italiani conoscono il Che per la sua storia politico-militare, di dirigente e di combattente internazionalista, però non conoscono Camilo Cienfuegos. Puoi raccontarci brevemente chi era EL SENOR DE LA VANGUARDIA? R: Per prima cosa voglio dirti che lui proveniva da una famiglia umile, operaia, di genitori spagnoli. Camilo era il terzo di tre fratelli. Don Ramon e sua moglie Emilia educarono i figli in maniera esemplare. Ossia rispettosi del prossimo, amore per lo studio, per la famiglia e propensi alla solidarietà. Nella casa della famiglia Cienfuegos Gorrarian si respirava un’aria di gente onesta, seria sotto tutti i punti di vista. Gli altri fratelli si chiamavano Humberto, che è scomparso recentemente e Osmany, entrambi hanno lottato per la rivoluzione. La difficile situazione economica della famiglia li portò spesso a cambiare casa. Possiamo dire che il giovane Camilo crebbe con delle difficoltà, ma non arrivò mai all’eccesso di fare l’elemosina né il lustrascarpe, cosa molto corrente tra i giovani cubani dell’epoca pre-rivoluzionaria. Era un giovane con molti interessi, gli piaceva molto praticare lo sport e divertirsi con i suoi amici. Un giovane sano ma con una inquietudine di carattere sociale e politico. Prima del golpe del 1952 partecipa ad una manifestazione contro l’aumento del biglietto per i mezzi di trasporto. Partecipa alla manifestazione dove vengono inumati i resti del leader sindacale assassinato a Santiago de Cuba, Jesus Menendez. Voglio ancora tornare sul periodo giovanile. Quando era studente della scuola primaria, veniva sempre scelto per le attività di carattere patriottico. Quando passò all’ottavo grado, aveva una certa inclinazione per le arti plastiche, voleva essere uno scultore. Si iscrisse ad una scuola vicina alla San Alejandro. Con l’aggravarsi della situazione economica della famiglia inizia a lavorare come commesso in un negozio d’abbigliamento maschile e di conseguenza abbandona gli studi. Questa cosa lo segnerà per tutta la vita. Camilo si conquista subito il posto fisso, per i suoi modi di fare, simpatici e coinvolgenti. Quando si producono gli scontri del 10 di marzo, gli studenti universitari diffondono un appello per difendere l’università, Camilo si schiera immediatamente al lato degli studenti. D: E’ in questo periodo che emigra verso gli Stati Uniti? R: Si. Per aiutare economicamente ancora di più la sua famiglia, decide di emigrare insieme ad un suo amico d’infanzia negli States. Gli concedono un visto turistico per soli 29 giorni. Passati questi, risiede illegalmente come clandestino. Il fatto di essere negli USA non gli fa dimenticare quanto sta succedendo a Cuba. Inizia così a scrivere degli articoli su un giornale sostenuto da un gruppo patriottico. Viene intervistato da una radio locale, partecipa a picchetti di protesta contro le visite dei tiranni sudamericani negli Stati Uniti e manifesta in favore della richiesta di amnistia per i prigionieri politici a Cuba. Il fatto di essere illegale, lo preoccupava. Fortunatamente parlava un discreto inglese e per questo motivo spesso lo scambiavano per un portoricano. Dal 1953 fino al 1955, quando viene arrestato, risiede negli States, successivamente viene espulso. Camilo prende coscienza che bisognava lottare contro la dittatura di Batista, però non ha chiaro il metodo e non conosce bene i fatti del Moncada. Quando torna a Cuba, si rende conto che i fratelli e gli amici più stretti stavano lottando contro la dittatura. Durante la sua permanenza sull’isola, legge LA STORIA MI ASSOLVERA’ e ascolta la denuncia che Fidel fa all’uscita dal carcere. Già in questo momento ha capito quale sarà la sua forma di lotta. Il 7 dicembre del 1955 viene ferito durante una manifestazione studentesca. Il 22 gennaio 1956 partecipa ad un'altra manifestazione per ricordare Josè Martì, viene malmenato e arrestato dalla polizia. A questo punto non gli interessa più risolvere i suoi problemi economici, vuole unirsi alla causa di Fidel Castro. Ritorna negli Stati Uniti per guadagnare un po’ di soldi, per poi trasferirsi in Messico. Il suo dovere adesso è quello di lottare per la liberazione di Cuba, compiere con la lotta, quel cammino educativo che la sua famiglia gli ha dato. D: Cosa succede dopo questa presa di coscienza? R: Dagli Stati Uniti si dirige in Messico e qui prende contatto con un suo amico che aveva preso parte al Moncada, si chiamava Reynaldo Benitez. Non fu facile farsi accettare nel gruppo dei partenti perché lui non militava in nessuna organizzazione antibatistiana. Reynaldo Benitez e altri due amici riescono a farlo accettare. Nel mese di novembre del 1956 si imbarca insieme ad altri 82 uomini nel Granma, come semplice soldato. Dopo lo sbarco è tra quelli che si salvano dopo la battaglia di Alegria de Pio. Nel suo gruppo erano presenti Juan Almeyda, Ramiro Valdez, Pancho Gonzales, il Che e Reynaldo Benitez ed altri che ora non ricordo. Successivamente si riorganizzano e il 24 dicembre insieme ad altri venti combattenti salgono sulla Sierra Maestra. Nel frattempo Mongo Perez e Faustino sono incaricati da Fidel di prendere contatto con Frank Pais per riattivare il M26/7. Quando si produce il primo scontro armato de La Plata, Camilo si distingue come un gran combattente. Mano a mano che l’Esercito Ribelle si organizza, Camilo va sempre all’avanguardia del suo gruppo, in esplorazione. Nonostante non avesse un gran fisico, riesce ad adattarsi bene alla vita di montagna, come fece lo stesso Che nonostante la malattia di cui soffriva. Con l’arrivo dei rinforzi inviati da Frank Pais l’Esercito Ribelle va ingrandendosi e diversi sono gli scontri e le battaglie vinte. Camilo è già il SENOR DE LA VANGUARDIA. Il CHE ricorda CAMILO: VAMOS BIEN " Y la seguridad, expresarles la seguridad de que aquel ¿"voy bien"? de Fidel cuando le preguntara a Camilo, en la Ciudad Militar a los primeros días o el primer día de su llegada a La Habana, no significa la casualidad de una pregunta hecha, a un hombre que de casualidad estuviera a su lado, era la pregunta hecha a un hombre que merecía la total confianza de Fidel, en el cual sentía, como quizás en ninguno de nosotros, una confianza y una fe absoluta". CHE Fonte sito cubano: http://www.tribuna.islagrande.cu/Camilo/camilo1.htm Camilo, un capo alla testa degli invasori Generale di Brigata ritirato William Gálvez Il 10 agosto del 1958 Camilo venne chiamato dal Comandante in Capo che si trovava a Las Mercedes. Eravamo in tre lungo il percorso della bella zona di montagna e si notavano le tracce della guerra. Nel batey c’erano Fidel, Celia, il Che e altri compagni. Stavano discutendo con un colonnello del regime sulla consegna dei prigionieri, anche se l’obiettivo reale di quell’incontro era sondare le disposizioni del capo dei ribelli sull’accettazione di un golpe militare per sostituire Batista. Il Comandante in Capo - che si opponeva in maniera categorica a questa possibilità ideata nelle più alte sfere dell’esercito - esigeva categoricamente che il governo passasse alla guida dei dirigenti rivoluzionari. Una diCamilo Nel luogo delle riunione ci sono una cassa di bibite e una scatola di sigari che hanno sull’anello la propaganda di Rivero Agüero, un candidato alla tirannia della Repubblica. Con il suo forte senso dell’umorismo Camilo prende alcuni sigari e dopo averli ripartiti esclama sorridendo: “ Bene adesso mandiamo in fumo Riverito...” Fidel lo informa sul piano di invasione dell’occidente e Camilo chiede che la colonna porti il nome di Osvaldo Herrera, per ricordare un eroico rivoluzionario morto in combattimento. Fidel gli spiega però che è già stato scelto il nome di Antonio Maceo e Camilo comprende che ricordare le pagine più gloriose della guerra del ‘95 è più adeguato, poichè Maceo era il più geniale tattico e stratega mambi. Il comandante Guevara aveva la missione di condurre una seconda colonna di invasori sino a Las Villa. L’offensiva ribelle Una volta sconfitta l’offensiva nemica, il Comandante in Capo, convinto dalla necessità di intensificare la guerra al di là dell’oriente, come nella guerra di indipendenza, sino a raggiungere le province occidentali considera che è giunto il momento. Il recente successo militare offre l’opportunità unica per realizzare l’offensiva dei ribelli. Le colonne ribelli avanzeranno in tutte le direzioni nel resto del territorio senza che nulla o nessuno le possa fermare, annuncia Fidel nella sua relazione sull’offensiva. In oriente le basi delle operazioni delle forze ribelli sono ferme e invulnerabili. Oltre alla Sierra Maestra, centro e avanguardia eroica del Primo Fronte José Martí, c’erano anche il Secondo e il Terzo Fronte. Non sono pochi coloro che conoscendo l’importanza del nuovo impegno pensano che le truppe selezionate possono condurre la guerra sino all’estremo occidentale dell’Isola, ma perseguitate dalle forze superiori del nemico, verranno distrutte e annichilite. Il grande ottimismo di Fidel davanti alle situazioni cosi difficili gli ha permesso di vincere e anche stavolta non ci saranno eccezioni. La guerra nel suo impetuoso sviluppo offre la possibilità a molti compagni di rendere manifeste le loro capacità eccezionali per il comando e per la guerra. Camilo è uno dei primi ed è a lui che Fidel assegna la missione storica di dirigere l’invasione sino a Pinar del Río. L’ordine del massimo leader della Rivoluzione non è impossibile da compiere, ma è molto rigoroso e difficile per il ungo percorso da compiere da parte delle truppe degli invasori, in un terreno praticamente sconosciuto e piano nella sua maggior parte della sua estensione. Non si devono ignorare le potenti risorse che il nemico concentrerà contro le colonne in marcia verso occidente, quando scoprirà la loro presenza. È a El Salto che inizia la selezione di coloro che faranno parte della colonna degli invasori. Il 17 Camilo, il nostro capo marcia va a ricevere le ultime istruzioni per l’invasione e il 18 ritorna all’accampamento e ci fa vedere la storica credenziale: “ Si affida al Comandante Camilo Cienfuegos la missione di condurre una colonna ribelle dalla Sierra Maestra sino alla provincia di Pinar del Río per compiere il piano strategico dell’esercito ribelle. La colonna Antonio Maceo, poichè si chiamerà così la forza degli invasori in omaggio al glorioso guerriero dell’indipendenza partirà da El Salto il prossimo mercoledì 20 agosto del 1958. Al Comandante della colonna degli invasori si concedono tutte le facoltà di organizzazione di unità di combattimento ribelle nel territorio nazionale sino a che i comandanti di ogni provincia arriveranno con le loro colonne alle loro rispettive giurisdizioni, egli potrà applicare il codice penale e le leggi agrarie dell’esercito ribelle nei territori conquistati, ricevere i contributi stabiliti con le disposizioni militari, combinare operazioni con tutte le forze rivoluzionarie che incontrerà e in settori determinati, stabilire un fronte permanente nella provincia di Pinar del Río, che sarà la base delle operazioni definitive della colonna degli invasori e designare per tutti questi fini ufficiali dell’esercito ribelle, sino al grado di comandante di colonna. La colonna degli invasori ha l’obiettivo primordiale di combattere una guerra di liberazione sino all’occidente dell’Isola e a questo si dovrà posporre ogni questione tattica e ci si batterà contro il nemico in tutte le occasioni che si presenteranno durante il percorso. Le armi che si prenderanno al nemico verranno destinate alle organizzazioni delle unità locali. Per premiare, segnalate e stimolare gli atti di eroismo nei soldati e negli ufficiali della Colonna degli Invasori No.º 2 Antonio Maceo si crea la medaglia al valore Osvaldo Herrera, capitano di questa colonna, che perse la vita nelle prigioni di Bayamo dopo una coraggiosa ed eroica resistenza, subendo le torture degli sbirri della tirannia. Firmato Fidel Castro Ruz, Comandante in Capo. Le piogge torrenziali, che provocarono la crescita del fiume Yara impedendo il passaggio, permisero l’inizio della storica invasione solo il 21 agosto. A 26 anni il giovane guerrigliero Camilo Cienfuegos Gorriarán è uno dei più importanti capi dell’esercito ribelle ed ha la responabilità di una delle più importanti e rischiose missioni di tutta la guerra di liberazione cubana: L’INVASIONE
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Un nuovo post è stato pubblicato qui http://www.staipa.it/blog/io-sono-riuscito-a-camminare-sulla-luna-cose-che-non-puoi-fare-tu/
“Io sono riuscito a camminare sulla Luna. Cos'è che non puoi fare tu?”.
Ieri se ne è andato uno dei miei miti, Gene Cernan. In pochi lo ricordano di fronte ai più blasonati Neil Armstrong o Buzz Aldrin, ma lo ricordo con grande affetto. Ho sempre trovato affascinante l’epoca dei pionieri dello spazio, forse l’ultima grande conquista dopo Cristoforo Colombo: salire su una navicella poco più grande di te ed andare là dove nessun’uomo è mai stato prima, lontano centinaia di migliaia di km da terra senza possibilità di recupero. Lo si ricorda come “L’ultimo uomo a camminare sulla luna” ma ha fatto parte del piccolo gruppo di Astronauti che vi camminò fin dal primo giorno, fu il secondo americano ed il terzo uomo in assoluto a camminare liberamente nello spazio con la missione Gemini 9 per effettuare una serie di esercizi e di prove di macchinari all’esterno della nave, successero cose che abituati alla fantascienza non ci aspetteremmo come l’appannarsi della visiera e il non avere appigli sufficientemente ergonomici per portare a termine la missione. La sua seconda missione fu Apollo 10, e lo scopo fu portare il LEM (modulo di allunaggio) a 15 km dalla luna per poter fare i test che avrebbero permesso ad Apollo 11 di atterrare con Armstrong e Aldrin. Alla terza missione, Apollo 17 fu concesso anche a lui di sbarcare e mettere piede sul suono lunare assieme ad Harrison H. Schmitt, ultimo uomo a mettere il piede sulla luna ma penultimo a risalire subito prima di Cernan. Sulla luna si prese la libertà di scendere dal Lunar Rover e tracciare sulla sabbia tre lettere: TDC, Teresa Down Cerdan lasciando così per sempre le iniziali della propria bambina dove nessuno potrà mai cancellarle, ne vento, ne pioggia ne altra forma di intemperia.
Tracy e Eugene Cernan
Sulla sua storia ha scritto un libro ed è stato tratto un bellissimo documentario che si può vedere su Netflix: The Last Man On The Moon, purtroppo mai tradotto in italiano se non nei sottotitoli ma comunque emozionante e di enorme impatto.
Tutto quel mondo di viaggi durò solo tre anni da quando iniziarono quei viaggi fino all’ultimo ed ora di quei dodici uomini che sono stati lassù ne restano in vita solamente sei a memento di cosa l’uomo era in grado di fare con tecnologie che oggi appaiono obsolete ma con la passione di chi ci crede fino in fondo ed è disposto a perdere la vita per un sogno.
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