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#studio all'estero
raffaeleitlodeo · 10 months
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Visto che molti giornali stanno riprendendo la campagna contro l'istruzione pubblica e per una scuola "meritocratica", bombardandoci quotidianamente con improbabili storie di fantomatici geni laureatisi a 15 anni solo grazie alla forza di volontà, vorrei riportare un breve aneddoto personale. Alcuni mesi fa sono stato accettato per un dottorato (PhD) in Relazioni Internazionali dall'Università di Cambridge. Il processo di selezione, più che meritocratico, mostra come le università più conosciute ("d'eccellenza", direbbero quei giornali) siano sempre più luoghi inaccessibili per chi non ha un privilegio di classe. Per potersi candidare sono necessari una serie di pre-requisiti ufficiali, come le certificazione linguistiche, e ufficiosi, (per esempio, è quasi impossibile essere presi senza aver fatto esperienze di studio all'estero). Tutte cose estremamente dispendiose a cui solo una minoranza può avere accesso. Uno studente che va in Erasmus, per esempio, riceve circa 300€ mensili come borsa di studio, una cifra con la quale in una grande città europea si può a malapena coprire il vitto. Tutto il resto è a spese proprie. Per non parlare di esperienze lavorative utili al curriculum ma sottopagate o non pagate affatto (l'ONU, per nominarne uno, offre tirocinii di 6 mesi a New York senza prevedere alcuna remunerazione). Chi viene da una condizione abbastanza agiata e si può permettere alcune di queste cose, con un po' di fortuna e un po' di bravura, può riuscire a venire accettato in un'università conosciuta e rinomata. Le disuguaglianze più rilevanti e i maggiori privilegi, però, non si mostrano durante il processo di selezione dei candidati, ma dentro l'università stessa. Molte delle "università d'eccellenza", infatti, non forniscono stipendio ai loro dottorandi/ricercatori e anzi chiedono loro un'ingentissima retta. Di fatto, i dottorandi (che nella pratica sono lavoratori dell'università) devono pagare per poter lavorare gratis in cambio della nomea dell'università. È vero che esistono alcune borse di studio, ma queste sono generalmente poche, spesso esterne all'università, e non di rado portano a una commisitione moralmente discutibile coi più variegati gruppi privati. Il loro criterio di assegnazione è infine generalmente opaco e spesso finiscono paradossalmente per essere vinte dagli studenti più benestanti e altolocati che meno ne necessiterebbero. Per ritornare alla mia esperienza personale, io non ho vinto borse di studio. L'Università di Cambridge ha stimato che per affrontare il dottorato, tra retta e costi di vita, avrei dovuto pagare di tasca mia 52 000€ l'anno, ossia più di 200 000€ per i quattro anni di studio/lavoro. Poiché non dispongo di tale cifra (e anche avendola, non la regalerei a un'università con un patrimonio di 20 miliardi di € che semplicemente non vuole pagare i suoi dottorandi) ho rifiutato l'offerta di dottorato. In futuro forse farò altre domande di dottorato, anche se in università con una maggiore attenzione alle condizioni dei suoi studenti/lavoratori. Tuttavia, questa esperienza pratica mi ha confermato alcune cose: che l'unico modello universitario veramente di eccellenza è quello pubblico, gratuito e accessibile a tutti, anche e soprattutto ai più svantaggiati. Che nel modello della fantomatica "università del merito", sempre più privatizzata e a pagamento, la norma non sarebbero gli scintillanti adolescenti geniali rallentati dalla burocrazia dell'istruzione pubblica (una minoranza statisticamente inesistente), bensì i ricchi ereditieri ed emiri che si possono permettere un diploma dal costo di una Maserati per fare bella figura in alta società. E che, in quel modello, cultura e istruzione non sarebbero degli straordinari fattori di emancipazione sociale e collettiva, quali dovrebbero essere, bensì puri e semplici strumenti di disuguaglianza, esclusione e oppressione. Alessandro Maffei, Facebook
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Sono in un tavolino a Meidling a Vienna e penso. Penso all'assurdità della vita. Porca puttana e avanti a bestemmie quanto cazzo è difficile la vita. Quanto cazzo è difficile questa società che l'uomo si è creato. Fatta di continuo stress e aspettative. A me sembra che il mondo si aspetti continuamente qualcosa da te. Ma io non gli voglio dare niente, a questo mondo. Non voglio dimostrare nulla. Mi rifiuto. Come mi sono sempre dimostrata di obbedire agli obblighi sociali sin da piccola.
Sono qui seduta e boh. Che confusione. Che cazzo ci faccio qua. Assurdo. Non capisco cosa io ci faccia qua. Mi descriverei come una persona tendenzialmente debole, cattivissima gestione dell'ansia e stress. Poi mi guarda attorno e vedo chee ne sono andata di casa a 19 anni, all'estero. I miei mi hanno sempre versato 350 euro mensili. Non di più non si meno. Nonostante potessero. Ma non è questo il punto. Ho dovuto quindi sempre lavorare. Ho fatto due Bachelor. Non so come. Mia madre, ignorantemente ma con buon cuore pensando di aiutarmi, mi aveva obbligata a fare traduzione. Mi sono imposta. Ho lasciato lo studio. Ho studiato politica. Poi ho pensato che due lauree fossero meglio di una e ho ripreso a studiare. Effettivamente non è stata una brutta sessione. Mi descrivo come debole di nervi (ed è così) ma in un mese ho stravolta la mia vita lasciando tutto quello che avevo e soprattutto conoscevo per andare in un posto in culo al mondo, senza sicurezze. Negli anni non ho fatto altro che vedere centinaia di persone insoddisfatte della propria vita, che vivevano la quotidianità odiando la propria vita. Una vita infelice. E io cazzo guarda cosa sono riuscita a fare in trenta giorni. Ne pago le conseguenze? Madonna. Ansia, a giorni non ai dorme, ansia, malessere e quant'altro. Ma era meglio restare a casa o a Innsbruck? Mmmh sto iniziando a credere di aver preso la scelta giusta. Tutto questo perché in un barlume di lucidità sto pensando che io sia una stra cazzo di gran figa. Ma come sempre contrasta tantissimo quella persona (sempre me) che ancora due notti fa alle due di notte era in bagno a prendere ansiolitici per poter dormire e andare al lavoro il giorno dopo.
Non sono mai riuscita a capire e ciò mi dispiace molto perché come sempre è come se io fossi 6 persone diverse allo stesso tempo.
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Sognavo Broadway, ma nel frattempo..
Ha cominciato facendo la comparsa tra studio teatro e lavoro, arriva al cinema con i primi ruoli da "ingenuotto", dopo la dolce vita le strade si aprono, riscoprendosi istrionico, drammatico, comico, ballerino, cantante. All'estero desideratissimo. Gli occhi gli si illuminavano quando raccontava che sognava Broadway. Voleva fare anche il musical. E lo ha fatto, ma la sua Broadway era al Sistina, a Roma. In "ciao Rudy" era giusto, perfetto, attinente all'etichetta di latin lover, che sbeffeggiava senza pudore. Era bravo.
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gcorvetti · 1 year
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Tassello dopo tassello.
Costruire un puzzle con le tessere che non si incastrano e quindi doverle smussare in qualche modo non è proprio semplice, se poi i tasselli sono nascosti e bisogna trovarli è ancora più complesso. Ognuno di noi cerca quei tasselli giusti per fare combaciare la sua vita con quello che vuole fare, si cambia lavoro, si cambia casa, si cambia città, si va all'estero, ma quello che cerchiamo è far combaciare tutti i pezzi e in fine ci collochiamo noi stessi, spesso pensando di aver terminato il puzzle, ma poi qualcosa accade e si riparte da capo o da un punto qualsiasi, ma siamo sempre alla ricerca. Questo discorso non si applica a tutti quelli che si inquadrano, studio, lavoro, matrimonio, casa, pensione e morte, non è questo che fà per me, la vita è avventura e scoperta, anche se non per tutti.
Ieri infatti mentre cercavo mi sono imbattuto in un video con pochissime visualizzazioni di un canale con pochissimi followers, cosa che il sistema tubo, ma anche gli altri social, spesso non propone, il tizio snocciola 6 brani di musica contemporanea per principianti, cioè per approcciarsi a questo mondo complicato della musica non diatonica, i brani li conosco tranne l'ultimo, che è di un compositore italiano purtroppo morto giovane, Fausto Romitelli, il brano che metto in fondo si intitola 'Trash TV Trance' è del 2002 ed è stato scritto in nome di quell'apparecchio che fino a quel momento era stato per gli umani la rivoluzione dell'intrattenimento, appunto la TV. Folgorato, alle 3 di notte (si ho fatto tardissimo ieri), ho visto la luce, come Belushi quando sentì James Brown cantare l'omelia, ma non perché mi metto a eseguirla o a copiarla, no no, semplicemente perché in qualche modo sono arrivato anche io a quel punto, anche se il brano è un pò estremo e quello che faccio io è più legato alle note e non agli effetti e a roba varia, che vedrete nel video, che fa il chitarrista seguendo la composizione, ma le parole sono quasi inutili quando si può guardare e ascoltare, a voi
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pocodormire · 1 year
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c'ho un ansia e un mal di vivere che dopo la sessione penso dovrei stare un mese a casa in campagna senza vedere nessuno per curarmi e riposare (tipo che non mi viene il ciclo da 2 mesi perché sono impazzita)
invece? ah no appena ho un momento libero devo FARE SOLDI devo LAVORARE perché già mi odiano tutto in famiglia che per questo anno di studio non mi sono spaccata la schiena come ho fatto in triennale. E direte be ti odiano perché chiedi loro i soldi? HA HA HA no! That's the fun thing! Non ho ancora chiesto un centesimo ai miei, mi sono privata di tutto pur di non pesare a nessuno. Ma se non sto facendo soldi non va bene. Quindi se tutto funziona dovrei partire appena dopo la sessione per un mese lavorando all'estero. Ma non mi rispondono alle mail ed io ho l'ansia
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estiqatsi · 9 months
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Fuardo e la benzina solida
L'uomo che inventò la benzina solida.
Se non fosse perchè tutto vero la storia sembrerebbe una fantasia neanche particolarmente riuscita.
La benzina solida nasce dalla mente di Gaetano Fuardo nato a Piazza Armerina nel 1878, brillante studente resta orfano in giovane età, continuò gli studi grazie a un lascito di uno zio e a borse di studio acquisite per meriti.
Si laureò a Milano in ingegneria chimica. Sposò Gerli Clelia Anna che morì a causa di un tumore pochi anni dopo, la morte improvvisa della moglie che aveva sposato nonostante gli ostacoli che aveva frapposto la di lei famiglia che lo riteneva un cacciatore di dote, lo destabilizzarono definitivamente.
Si gettò forsennatamente negli studi, aveva avuto da sempre l'idea di realizzare benzina solida e questo divenne il suo unico scopo nella vita.
Durante la prima guerra mondiale fu ufficiale di fanteria.
Vedere aerei esplodere a causa del carburante liquido lo spinse ancora di più nella strada di trovare un metodo per la solidificazione della benzina.
Fuardo cerca la formula per portare la benzina dallo stato liquido a quello solido, trasformandola in una sostanza gelatinosa es pugnosa.
Con un semplice apparecchio, sempre inventato da Fuardo, la si può facilmente riportare allo stato liquido e usarla come carburante.
Non diventa solubile e, anzi,può galleggiare come sughero senza inquinare le acque. Non ha bisogno di petroliere per essere trasportata.
Non prende fuoco, può essere stoccata in casse come pacchetti di zucchero.
In Italia non trovava grande credito ma all'estero si cominciò a valutare l'importanza di una tale invenzione.
Nel 1920 emigrò in Francia dove un'industria si era offerta di permettergli di continuare gli studi sulla sua trovata.
Alla fine degli anni trenta è in Inghilterra, gli venne offerto un contratto per la cessione esclusiva del suo brevetto non accettò e preferì ritornare in Italia.
Fece quindi domanda per lasciare l'Inghilterra ma il permesso non gli fu accordato per motivi di sicurezza nazionale .
Pertanto il Servizio Informazioni Militare italiano organizzò il rapimento dello scienziato. Fuardo fu prelevato di sera e portato nei Paesi Bassi.
Mussolini praticamente lo consegnò come regalo a Hitler che gli costruì uno stabilimento apposito nella regione della Vestfalia per la produzione della benzina solida.
Nel 1944 escono le prime tonnellate del prodotto, Hitler lo chiamava almeno due volte al giorno per sollecitare i progressi, pochi giorni l'effettiva messa in funzione della fabbrica, i servizi segreti inglesi (forse su segnalazione dello stesso Fuardo) individuarono la struttura e la fecero saltare in aria, le carte e i progetti finirono invece negli Stati Uniti che iniziarono a costruire 2 strutture copie della fabbrica nazista, chiuse poi nel 1952 a causa delle pressioni della lobby del petrolio.
Ma era chiaro che l'invenzione del siciliano funzionasse, furono allora nel 52 i servizi segreti francesi a contattare il piazzese che stipula un contratto per la fornitura di un grosso quantitativo di benzina solida col governo transalpino.
La Francia, era impegnata nella Guerra d'Indocina necessitava di rifornire le proprie truppe assediate di benzina .
I primi duecento metri cubi vennero trasportati per via aerea in Indocina, dal dicembre '53 al marzo '54, per rifornire dal cielo il presidio francese di Dien Bien Phu nel Tonchino. è un successo strabiliante. La benzina funziona e regge benissimo alla prova del fuoco.
Il governo francese però pretestuosamente disdice il contratto con Fuardo accusandolo di ritardi nelle forniture (gli eredi riceveranno un lauto rimborso a sanare le false accuse).
Nel 53 subisce un attentato che lo porta in fin di vita, gli vengono rubati borsa con i documenti segreti della benzina solida, viene lasciato a terra con un femore rotto.
La situazione psicologica di Fuardo diviene grave, teme attentati in ogni angolo, le sue carte sono sparite e inoltre non ha più di che sostenersi.
Finirà di vivere povero e paranoico nel 1962 a 84 anni in un ospizio della Ciociaria (ma verrà tumulato a Piazza Armerina), quando raccontava di Hitler, di Churchill e di Mussolini che se lo contendevano lo prendevano per folle.
La benzina solida invece finisce nel dimenticatoio vuoi per la forte opposizione delle lobby petrolifere che come già citato imposero la fine delle produzioni americane, vuoi pure per le modifiche di produzione che avrebbe imposto, a cui il sistema petrolifero è refrattario, pare che comunque in formula 1 qualcuno della Ferrari alla fine degli anni 80 abbia ripescato l'idea del Fuardo utilizzandola proficuamente, ma di questo non abbiamo certezza.
Probabilmente se avesse presentato la sua invenzione in un luogo diverso dall'ottusa Italia fascista e se avesse avuto una mentalità più “imprenditoriale” la storia degli ultimi 100 anni sarebbe stata diversa.
Fonti : Il giallo della benzina solida di Salvatore Cosentino ; repubblica. It :- un libro ricostruisce la storia dell' inventore di piazza armerina che brevettò il carburante solido di Tano Gullo; rainews. It; wikipedia. com
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deathshallbenomore · 1 year
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Riguardo al tuo ultimo post, mi sono trasferita all'estero da qualche mese per motivi di studio, che succede con Rai 1?
niente fai conto che solo nel minuto di annunciazione annunciazione dei temi che avrebbe affrontato il telegiornale ho sentito menzionare il concetto di identità nazionale in senso avtarchicamente non ironico almeno tre volte. un tantino filogovernativi ma non si scandalizza nessuno🥲
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rideretremando · 2 years
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"Iran
Alcuni anni fa ho tenuto un seminario di una settimana presso l'Università Sharif di Tehran. Il tema era la filosofia della meccanica quantistica, ma nella prima lezione cominciai a parlare delle origini della filosofia della fisica in Europa. C'erano un paio di slide su Spinoza e Locke, in cui si accennava alla critica della religione rivelata. Il prof, dopo la lezione, mi disse: "quelle cose sono interessanti. Potresti dirne di più nelle prossime lezioni?"
Gli studenti erano attenti e eccezionalmente preparati. Ricordo uno scambio con un ragazzo che si era letto Cassirer e lo conosceva alla perfezione (erano studenti di fisica). L'unica cosa che mi lasciò un po' di amarezza era la timidezza delle studentesse, che certamente erano scoraggiate dal contesto e non posero domande in aula. Dopo il seminario, però, mi trattenni un po' con tutti loro e mi trovai in un ambiente straordinario, una comunità di giovani con cui avrei desiderato avere un rapporto costante. In effetti, tutto l'Iran – che girai per una decina di giorni – mi si svelò come un paese di gente straordinaria, e avendone visitati davvero molti in tutto il mondo non ho più trovato una tale incredibile ospitalità (la gente si ferma letteralmente per strada per aiutarti e offrire passaggi e inviti a casa) insieme a un senso di profonda affinità.
Ma era un paese lacerato, con un consenso della vecchia guardia religiosa piuttosto solido in molte aree rurali, e gli studenti mi raccontavano storie tristi di progetti di studi successivi e perfezionamenti, che inevitabilmente dovevano fare i conti con la prospettiva di un'emigrazione senza ritorno, poiché rientrare con qualche esperienza di studio all'estero alle spalle comportava il rischio altissimo di essere trattenuti nel paese vita natural durante. Tempo dopo uno di loro mi ha scritto dal Canada, mi ha detto che era andato via, era felice di vivere là, ma gli mancavano amici e famiglia. Il prof che mi aveva invitato ha una figlia negli Stati Uniti e da quando è partita l'ha vista una sola volta, all'estero. In aeroporto ci si dice addio.
Per strada le guardie del popolo, e alcune donne anziane che collaboravano, tenevano alta la pressione. Tutte le donne che ho incontrato e con cui ho fatto amicizia si mettevano il chador al momento di uscire di casa e lo gettavano via (letteralmente) al rientro.
Una ricercatrice, che aveva passato un periodo in Italia e che mi accompagnò fino a Isfahan a trovare la famiglia, mi parlò dei piani vaghi di emigrare, ma era molto legata ai suoi, in particolare al padre, un artista tessitore di tappeti. Anni dopo fece un intervento al naso per ragioni estetiche e mi spiegò che molte donne in Iran si rifanno il naso, perché è la sola parte esposta (anche lei si era fissata sull'idea – del tutto infondata – che il suo naso fosse difettoso). Quando ci incontravamo in università mi portava nel suo studio, dove finalmente poteva liberarsi il capo per parlare. Mi spiegò che anche in università una donna poco attenta al costume rischia di non fare carriera (rischio comunque già alto).
Ieri gli studenti dell'università Sharif sono stati assediati. Ho scritto al mio amico, mi ha detto che sta bene. Oggi mi ha inviato questa foto scattata dagli studenti, mi ha detto che "come storico e filosofo" potrei trovarla interessante, e condividerla. Sulla lavagna al centro c'è scritto "Repubblica islamica".
(L'università è una piazza globale e un laboratorio di idee, anche politiche. Se ci saranno cambiamenti in Iran, molto dipenderà dagli studenti universitari. Tra le tante cose che non ho sentito nei commenti alle recenti elezioni è un ripensamento sui tagli che da noi la colpiscono con regolarità da decenni.)"
Paolo Pecere
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ross-nekochan · 2 years
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Ho taggato 857 dei miei post nel 2022
Solo 41% dei miei post non aveva tag
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#che poi ogni argomento di questi la gente ci fa una tesi di dottorato e io penso di parlare di tutto in una tesi magistrale di merda?!?!
I miei post migliori nel 2022:
#5
Una volta l'università era una cosa d'elite: ci potevi andare se avevi i soldi; i soldi ce li avevano in pochi per cui si erano quattro gatti e si conversava, macinando idee. Oggi l'università è di massa. E se sembra democraticamente corretta una cosa del genere in verità non lo è.
L'università non deve essere di massa, non deve essere nemmeno d'elite, ma deve essere di chi vuole fare l'università. Invece no. Ormai l'università è fatta di quelli che hanno bisogno dell'università per imparare il mestiere (poveri stolti). Si pensa che l'università sia necessaria come pezzo di carta per accedere nel mondo del lavoro e poi ci si lamenta che l'università ti dà solo la teoria e non la pratica e ci si lamenta di quelli che prima studiano filosofia e poi con i corsi a parte diventano colleghi degli ingegneri. HELLO???
L'università è e deve essere PURA TEORIA (inserire bias da sistema accademico italiano perché all'estero non sempre è così). Deve essere per quelli che studiano, fanno ricerca e alimentano il sapere. Se non vuoi fare questo nella vita VAI A LAVORARE SUBITO perché tutti i migliori recruiter non fanno che rompere il cazzo con i loro fantastici "minimo 2 anni di esperienza" quindi tanto vale che ti fai il mazzo già dai 18 anni cercando di portarti verso il lavoro che ti piacerebbe fare.
Tutti a lamentarsi del bassissimo numero di laureati in Italia rispetto al resto d'Europa, ma è davvero un problema? Che cavolo ce ne facciamo di un numero di laureati di merda più alto, se, appunto, sono ciucci come la merda perché tanto hanno preso il loro pezzo di carta da 110 e lode rotti in culo perché dopo vogliono solo guadagnarsi la pagnotta? Secondo voi a questo gregge di laureati sarà entrato qualcosa di buono nel cervello? Vero è che, alcuni provenienti da contesti culturalmente poveri, grazie all'università hanno l'opportunità di affacciarsi a delle idee nuove che permettono loro di allargare un po' gli orizzonti. Ma un po'. Raro che esca il nuovo rivoluzionario o il nuovo pensatore del millennio. Possibile, ovviamente, ma se e solo se, questi avrà una vera e propria vocazione per lo studio. Non studio 'finalizzato a', ma studio puro e semplice 'study for study's sake'.
La vera democratizzazione del sapere avverrebbe in questa maniera: dando borse in denaro a chi, proveniente da qualsiasi classe sociale, vuole studiare, studiare e basta. Il resto vada a lavorare, che il cv vale di più dei titoli di studio (PA a parte).
Questa sì che sarebbe una rivoluzione di proporzioni epiche che renderebbe finalmente al mondo una vera giustizia - poi però in Africa muoiono ancora i bambini delle elementari e, di grazia, di quale giustizia stiamo parlando? Dell'ingiustizia dei privilegi, forse.
62 note - Postate 22 gennaio 2022
#4
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69 note - Postate 23 agosto 2022
#3
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12 luglio 2022
Ciao a tutti raga, ho partorito. Da oggi sono diventata ufficialmente madre.
やっと卒業できましたー
74 note - Postate 12 luglio 2022
#2
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76 note - Postate 25 agosto 2022
Il mio post numero 1 del 2022
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120 note - Postate 9 agosto 2022
Guarda ora l'Analisi del tuo anno 2022 di Tumblr →
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londranotizie24 · 18 hours
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raffaeleitlodeo · 2 years
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Un po' di aria fresca che condivido volentieri. Per chi ha qualche minuto, sotto c'è il video con l'intervento completo: 
"Ma quand'è che studiare è diventata una gara? [...] il mancato raggiungimento di un risultato è da attribuirsi esclusivamente alla colpa del singolo, di non essersi impegnato abbastanza. Ricordiamoci però che molti degli ostacoli che incontriamo nel nostro percorso accademico sono strutturali e sono, per esempio, non potersi permettere una casa da fuori sede, non poter frequentare le lezioni, non avere una borsa di studio, ed è codardo che si deleghi al singolo studente la responsabilità di trovare un modo per arrivare alla fine del percorso indenne, superando degli ostacoli che è compito delle istituzioni rimuovere.
Quest'anno a Padova 2426 studentesse e studenti avevano il diritto a ricevere una borsa di studio che non è mai stata erogata. Mi chiedo [...] come possano avere fiducia nel loro Ateneo, nella loro Regione, nel loro Stato, se vedono non rispettato un loro diritto costituzionale, quello di poter studiare?
Sono domande che esigono risposta e mi piacerebbe porle indirettamente all'assessora Donazzan, alla luce della mancata copertura delle borse di studio che la nostra Regione reitera da anni, così come da anni non si impegna in una reale azione di residenzialità pubblica studentesca. Queste politiche di trascuratezza colpiscono solo chi è già in condizioni precarie".
Chi parla è Emma Ruzzon, Presidente Consiglio Studentesco dell'Università di Padova, durante l'inaugurazione dell'anno accademico di uno degli atenei più antichi e prestigiosi d'Italia. 
C'è poi una riflessione sul benessere psicologico e una chiusura piena di fiondate rivolte alla generazione degli adulti e al governo in carica: ricercatori in fuga all'estero per colpa della precarietà italiana, legge di bilancio che aumenta il finanziamento all'istruzione privata invece di puntare su quella pubblica, catastrofe climatica trattata come problema di ordine pubblico, disuguaglianze ormai accettate come inevitabili, nessuna tutela per chi è ai margini, ostacoli al diritto all'aborto per le donne, silenzio istituzionale sui suicidi in carcere, legittimazione parlamentare per l'omissione di soccorso nei confronti di chi cerca una vita decente in Europa attraverso il Mediterraneo...
Una Lectio Magistralis pronunciata da una ragazza ventenne o poco più, di fronte a una sala con signori incravattati, signore ingioiellate, rappresentanti istituzionali un po' irrigiditi, cardinali col brillocco, e accademici co le toghe sulle spalle. I quali, alla fine, battono le mani un po' controvoglia, tanto per far vedere che loro sono d'accordo; che loro no, non hanno contribuito a questo disastro (fanno rabbia e tenerezza al contempo).
Una lezione degna di questo nome, spero solo che qualche appartenente alla generazione adulta sappia ascoltarla davvero...
Urbano Grandier, Facebook
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my---diary · 12 days
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15/09/2024 • Da studente a lavoratore Pt.1
Inizio a scrivere quello che volevo raccontare da tempo. Ritorniamo all'estate del 2023: dopo aver terminato con sacrificio la sessione estiva, mi sono concesso un periodo di totale relax. Studio zero e due vacanze, non avevo sbatti di organizzare qualcosa di complicato all'estero anche se il pensiero mi ha sfiorato. Ne ho fatta una in Cilento e una in Abruzzo, mi sono piaciute molto entrambe. La fine della pacchia giunge con l'inizio di settembre. Grazie ai miei sacrifici precedenti non mi sono portato nessun esame nella sessione autunnale: era arrivato il momento di scrivere la tesi. Eh sì, un tempo erano gli altri più grandi di me che dovevano fare questa cosa complicata, ma era arrivato anche il mio momento. Affronto questo periodo con flashback di tutti i miei percorsi di studio, e dei bei momenti passati con i miei compagni di università, consapevole che con quasi tutti si sarebbero persi i rapporti perché abitiamo lontani. Che nostalgia l'ultima lezione insieme! Ci siamo fatti una foto, la custodirò con amore. Ritornando alla tesi, il problema principale era: e mo come si fa?! Mai letta una tesi, non sapevo come si scriveva, non conoscevo le regole di battitura e stesura, non sapevo usare tutte le funzioni del Word tipo l'indice interattivo, e la parte peggiore era tutto ciò che aveva a che fare con le ricerche da fonti certificate, la bibliografia e il rischio di plagio. Rotture di palle immense. L'argomento e la relatrice mi sono state consigliate da una persona presente dove studiavo, e sinceramente era un po' noioso come argomento ma mi ero ripromesso di renderlo più piacevole. Un passo alla volta ricercavo, parafrasavo, scrivevo io con mie conoscenze, allegavo immagini con fonti, modificavo il formato, la calligrafia, gli spazi tra i righi, quelli a bordo pagina, aggiungevo le note a piè di pagina, aggiornavo l'indice interattivo, continuavo a trovare altri argomenti, segnavo ogni volta le fonti e creavo note bibliografiche e una bibliografia finale. I problemi non mancavano di certo, ovviamente, come mi avevano già anticipato orde di meme sui social, la relatrice non rispondeva spesso, quando lo faceva non le andava bene quello che avevo scritto, mi inviava libri o mi mandava da qualcuno a prendere altro materiale, giustamente quasi alle scadenze. Ricordo ancora una notte passata in bianco per questi motivi. Altra noia Er ail frontespizio, non si capiva quale fosse quello giusto e alla fine abbiamo superato anche questo ostacolo. Senza altri dettagli, ho finalmente finito di scrivere il contenuto della tesi, la metto sui CD non so nemmeno io come (altra palla) e consegno CD e altra documentazione in segreteria. Non è finita con la tesi, mancavano i ringraziamenti finali, la scelta del colore della copertina, lo stile, il colore delle scritte...faccio tutto e compro online alcune copie, prevedendo che dovevano arrivare in tempo per il grande giorno. Fin'ora ho parlato della tesi, ma c'è parecchio altro da raccontare. Passiamo alla questione Laurea Magistrale. Ho scelto di continuare il percorso di studi, e per farlo dovevo superare il test di accesso che si sarebbe tenuto prima della laurea triennale. Con anche l'aiuto della mia famiglia ci siamo informati su tutto e con tanta burocrazia ho potuto fare l'iscrizione al test "con riserva" perché non ero laureato ma laureando. La mia famiglia mi ha comprato il libro di preparazione ai test, e spesso studiavo da lì o da esercitazioni sul PC, purtroppo contemporaneamente alla stesura della tesi e ad altro che dirò dopo.
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simofoto · 3 months
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Dalla e Battisti, i due Lucio uguali solo nella nascita....
Difficile trovare due così grandi e così distanti: tanto il Lucio bolognese era estroverso, teatrale, dentro le cose, così il Lucio reatino era spinoso, diffidente, chiuso. Ma che artisti! E che canzoni...
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Si sono celebrati gli ottant'anni potenziali dei due Lucio, Battisti e Dalla, potenziali perché se ne sono andati entrambi da gran tempo. Troppo tempo, come per quelli che ti invadono la vita, te la incidono. Coetanei nel giro di una manciata di ore, il che dimostra come l'oroscopo sia un bel gioco e niente più: due persone, due artisti più diversi sarebbe impossibile trovarli. Battisti, il burino reatino, spinoso, orgoglioso, allergico alla gente, “Lei dice che sono Battisti, eh già, me lo dicono tutti, mi spiace”, retrattile al sistema, allo stesso successo, “Tu credi che se volessi tornare a fare un disco da un milione di copie non saprei come si fa?”, ed è già nella fase finale, dei dischi bianchi, criptici---
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Dalla, il bolognese, “e i bolognesi sono dei bonari figli di puttana” osservava Giorgio Bocca in una memorabile intervista per l'Espresso, Dalla che della gente ha bisogno, per giocare, per perdersi nel centro di Bologna, lui eterno bambino e non è un modo di dire, lui era di quelli depressi dentro che combattono l'ombra del vivere con continui scherzi e bugie mentre l'altro non aveva tempo per sofismi esistenziali, tutt'altro che superficiale, anzi, semplicemente bastava a se stesso. Dritto aperto logico, ma di una logica che puntava all'emozione, capace di melodie insuperabili: tra gli ammiratori, David Bowie e Paul Mc Cartney, tanto per dirne due. Ma è troppo pigro per provare davvero a sfondare all'estero.
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Accomunati dal destino dello stesso nome – “Lucio” – e dalla nascita a un solo giorno di distanza – 4 marzo 1943 Lucio Dalla, 5 marzo 1943 Lucio Battisti – i due cantautori sembrano in realtà avere carriere e vite piuttosto distinte. Non hanno mai collaborato tra loro, intanto. Per lunghi anni hanno inciso per etichette rivali (RCA Dalla, Ricordi Battisti) e non ci è dato sapere se si conoscessero o stimassero (di Dalla, generoso nel rilasciare interviste, sappiamo che apprezzava i dischi del Battisti più sperimentale.
Due musicisti che hanno rinnovato profondamente la canzone italiana, influenzando inevitabilmente tutti coloro che sono venuti dopo. Battisti lo ha fatto in modo più personale, scegliendo di non apparire sulle scene per diversi anni, evitando i concerti e formando con Mogol (autore dei testi di gran parte delle sue canzoni) un sodalizio che resterà nella storia della musica italiana; Dalla, autore estroso capace di scrivere testi eccezionali, è stato meno solitario duettando con i più grandi artisti di fama nazionale e internazionale e addentrandosi con curiosità ed eclettismo nei più diversi generi musicali.
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Separati da una notte di 80 anni fa, quella che intercorre fra il 4 marzo 1943, data di nascita di Lucio Dalla, e il 5 marzo dello stesso anno, giorno in cui nacque Lucio Battisti: a unirli, oltre al nome di battesimo che richiama la luce, l'identico destino artistico di cantautori, assegnati di diritto all'Olimpo della musica leggera italiana di qualità. Uniti ma mai vicini, mai una esibizione insieme sul palco e neanche in uno studio discografico di registrazione.
Del resto, le melodie e i testi delle loro canzoni - nel caso di Battisti da riferire in gran parte a Mogol, nel caso di Dalla prima al duo Bardotti-Baldazzi, poi al rapporto con il poeta Roberto Roversi - non erano assimilabili: uno, il sabino, più 'intimista' e romantico; l'altro, il bolognese, più proiettato nella società che ci circonda. Il mare valga da esempio generale.
Nella 'Canzone del Sole', Battisti canta: "Ma ti ricordi l'acqua verde e noi? Le rocce, bianco il fondo... Di che colore sono gli occhi tuoi? Se me lo chiedi non rispondo. O mare nero, o mare nero, tu eri chiaro e trasparente come me". Mentre in 'Com'è profondo il mare', Dalla intona: "E' chiaro che il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce e come pesce è difficile da bloccare perché lo protegge il mare. Com'è profondo il mare! Il pensiero è come l'oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare. Così, stanno bruciando il mare, stanno uccidendo il mare, stanno umiliando il mare, stanno piegando il mare".
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Gli interrogativi di Battisti - "Come può uno scoglio arginare il mare?" - sono invece più 'filosofici' di quelli più 'prosaici' di Dalla (testo condiviso in questo caso con Francesco De Gregori) - "Ma come fanno i marinai a fare a meno della gente e a rimanere veri uomini, però?" - e mentre per la fine di un amore in 'Fiori rosa, fiori di pesco' Battisti confessa: "Credevo di volare e non volo, credevo che l'azzurro di due occhi per me fosse sempre cielo: non è!", Dalla al contrario canta "Così come una farfalla ti sei alzata per scappare, ma ricorda che a quel muro ti avrei potuta inchiodare, se non fossi uscito fuori per provare anch'io a volare".
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Grandi numeri per entrambi: Lucio Battisti ha inciso 17 album tra il 1969 e il 1994; Lucio Dalla in studio ne ha registrati 22 tra il 1966 e il 2009. Impossibile abbozzare un censimento completo dei loro brani di successo, c'è sempre il rischio di perdersi per strada qualche pietra miliare.
E se poi il primo vanta storici duetti televisivi con Mina, il secondo altrettanto storici concerti con De Gregori e con Morandi. Foulard al collo per Battisti, baschetto di lana per Dalla come note iconografiche, da associare alle note musicali di brani che per tantissimi italiani, dall'adolescenza con le chitarre e i falò in spiaggia alla maturità e oltre, hanno fatto da colonna sonora alla propria vita.
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In comune qualcosa ce l'avevano però. Quel fondersi nella musica, quel vivere di musica che hanno pochi, rari artisti. Dalla nasce dalle cantine, dal jazz e dalla Bologna militante, i primi tentativi puntualmente fraintesi, snobbati e lui ci mette del suo, non sa adeguarsi, può passare delle mezze giornate nell'ascensore della Rai con un'arancia in testa, uno gnomo bonario, figlio di puttana e preoccupante, finché trova la chiave ed esce, ha bisogno di chi mette le parole sulle sue composizioni e lo trova in due poeti impegnati, prima Paola Pallottino, poi Roberto Roversi che è di quelli impegnati a tempo pieno e vuole stare in mezzo alle cose che succedono, è un narciso. Anche Lucio è un narciso, ma di grana diversa: vede, capisce che nel '77 tutto si rimescola, i compagni che si mettono a fare i borghesi, i borghesi che tirano su il pugno, e in mezzo il gran casino della sovversione giovanile e allora sparisce, si chiude in casa e si sfilaccia anche il rapporto con Roversi: pare la fine, è invece la sua fortuna perché decide di fare tutto da solo, anche le liriche e nascono gli album epocali, eponimi: “Lucio Dalla”, poi “Dalla”, e quelle canzoni che non vanno più via. Anche se di episodi fondamentali ne aveva già avuti, “E non andar più via”, “Quale allegria”, perfino, qui il folletto malizioso si scatena, il Disperato erotico stomp dove si racconta alle prese con l'autoerotismo, “e gliela fanno cantare anche alla Festa dell'Unità” annota Bocca, non si sa se più esterrefatto o ammirato.
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Battisti è il contrario. Costruisce la sua ascesa con metodica spietata determinazione, il paroliere Mogol, che è già un padrone del business musicale, lo incontra, lo ascolta e gli dice: non mi sembri granché. Sono d'accordo, risponde Lucio e raddoppia gli sforzi. Quando parte con “Dolce di giorno”, “Per una lira”, ha già le idee chiare, quando porta a Sanremo “Un'avventura”, prima ed unica concessione al Festival; la svolta psicologica è arrivata al Cantagiro del '68 con “Balla Linda”: scende da palco e a Maurizio Vandelli dell'Equipe 84 dice: “A Maurì, ho capito che so' er mejo, nun me ferma più nessuno”. Ha ragione. Arriva “29 settembre”, affidata proprio alla Equipe, arrivano le “Acqua Azzurra, Acqua Chiara”, le “Dieci Ragazze”, “Mi ritorni in mente” ma il meglio è da venire ed è un meglio imparagonabile, che non patisce confronti. “Emozioni”, incisa in una volta sola, “Il tempo di morire”, mettici tutte quelle che vuoi, fino a quell'accoppiata pazzesca nel 1972, “Umanamente uno: il sogno” e “Il mio canto libero”, e poi l'Anima Latina che due anni dopo ridefinisce il concetto di progressive, uno degli album più belli e più sofisticati di sempre e per sempre. Anche lui non si adegua, ma per scelta, non per genetica. Nati all'inizio di marzo, corrono strade parallele e le disseminano di piccoli enormi capolavori popolari: non è esagerato dire che senza questi due l'Italia sarebbe stata diversa e meno Italia.
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Dalla sta in mezzo al suo tempo, è un cantautore, è di sinistra ma coglie il senso del grottesco della politica e del tragico della vita, da correggere con l'ironia: siete dèi, fate il cazzo che volete, ma io resto divino anche in un bacio, anche in un amico “che c'ha una mira che con un sasso ti stacca la coda di un cane se lo tira”; Battisti è talmente fuori dalla politica che gli danno del fascista, a lui che al massimo scrive tenerissime lettere a Marco Pannella: ma un giorno, dice la leggenda, scoperchiano un covo delle Brigate Rosse e dentro ci sono tutti i suoi dischi, anche quei terroristi, quei guerriglieri sempre rintanati, sempre con la pistola per ammazzare ogni tanto tirano il fiato, si ricordano di essere umani, si affidano alla quotidianità ammiccante di Battisti e di Mogol, a quelle canzoni che sono più che canzoni, sono documenti di coscienza collettiva e sono colonne sonore delle giornate di ciascuno.
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Ma finisce lì. Dalla si lascia fruire, e ne gode, Battisti non si cura di chi lo fruisce: a un certo punto molla anche Milano che è una fucina inesauribile di suggestioni, via da Largo Rio de Janeiro che sta sul limitare di Città Studi e si rintana al Dosso, nella Brianza Velenosa da cui non uscirà più. Dalla piglia la patente nautica e gira il mare a bordo del suo catamarano chiamato “Catarro”, dove ha messo su un piccolo attrezzato studio di registrazione. Roba impensabile per Battisti che d'altra parte a 40 anni scopre la vela, scopre il Windsurf e ci fa una canzone. Lucio di Bologna a un certo punto patisce anche, un po', il tempo che cambia tutto, cambia i gusti, gli eroi, scarica in Italia la pletora dei nuovi romantici inglesi, e allora prima escogita quel pezzo di romanza popolare che è “Caruso”, ruffiana sontuosa, poi si dà allo sperimentalismo come per tirarsi fuori dai giochi; Lucio di Poggio Bustone se ne frega anche della temperie, finito il lungo periodo con Mogol prima fa un disco per conto suo, poi aspetta 4 anni e nel 1986 se ne torna con “Don Giovanni che è una sorta di classicismo sintetizzato. Da lì, più che assorbire le nuove tendenze, il synth pop, la new wave, immagina un mondo tutto suo, elettronico e ricamato dalle sciarade di Pasquale Panella: un altro modo per uscire dall'intronata routine del cantar leggero.
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Potevano incontrarsi quei due, coetanei paralleli diversi? Dalla, che per queste cose ha una fissazione, ci prova, anche se i due non si prendono, gli propone un tour, “I Due Lucio”: l'altro neppure si scompone e recita la frase lapidaria che, tutti lo sanno, chiude ogni discorso: “Non si può fare”. Forse è meglio così: Dalla è un egolatrico aperto, invasivo, Battisti nel suo sottrarsi a livelli patologici tradisce un'altra sorta di egocentrismo e si sa che due narcisi che si considerano i migliori, gli inarrivabili, insieme non ci possono stare. Tanto hanno fatto abbastanza per restarci dentro a vita e oltre la vita. Battisti se ne va 25 anni fa dopo lunga e segreta malattia, Dalla giusto dieci in modo proditorio, un colpo secco. Quando succede io mi trovo a casa di uno dei suoi amici più grandi, il compositore, arrangiatore e direttore d'orchestra Piero Pintucci, quello che ha scritto cose come “Il carrozzone”, “La Tua Idea”, “Il Cielo” con Renato Zero. Non sappiamo ancora niente ma Piero è agitato, sente qualcosa; gli arrivano dei messaggi e si rifiuta di aprirli, teme la consapevolezza del dolore. Però quando siamo a tavola e parte il telegiornale, è impossibile sfuggire: Lucio Dalla è morto. Pintucci abbassa la testa sul piatto. Nessuno ha più voglia di mangiare. Più voglia di niente. Lui continua solo a mormorare: “No, Lucio, no...”. Poche volte io ho visto una sofferenza più viva, più disperata, poche volte ho capito come può mancare qualcuno che va via. Mandano un filmato d'epoca, c'è Dalla a Sanremo e lo sta accompagnando, con la chitarra, Pintucci. Lì io temo il crollo e invece l'angoscia si declina in dolcezza, si schiude nel sorriso e c'è dentro tutto, la vita nella morte. Quella io la ricordo come una delle giornate più difficili e più belle, senza mezzi termini, della mia vita. No, non sto parlando di “me e Lucio”, non c'è nessun me e Lucio, figuratevi, sto parlando dei due Lucio che ti restano dentro, anche morendo, che ti fanno bene anche ferendoti, che non smettono mai di starti nel sangue, nella fantasia, anche dopo la milionesima volta che li ascolti hai ancora un film da immaginare, un sogno da spremere, sei di nuovo ragazzo perso nella Milano caotica, pericolosa e stordente, e romantica, e suggestiva dove tutto sembra vivere solo per te.
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Ancora oggi i due Lucio sono amatissimi anche dai più giovani, che li scoprono nelle playlist di giorno in giorno: dal 2019 – per fortuna – c’è anche Battisti, che fino ad allora non era presente nei cataloghi della musica digitale per volere della vedova. Negli anni Ottanta ci fu la fugace possibilità di un incontro sul palco, di un progetto assieme. L’idea fu di Dalla, che provò a coinvolgere Battisti con una proposta: «Lui non si esibiva in pubblico dai giorni dei concerti con i Formula Tre, roba dei primi anni Settanta, così pensai fosse venuto il momento di sottrarlo all’isolamento» raccontò in seguito. «Fu molto gentile. Accettò l’invito al ristorante e dopo aver parlato del passato gli esposi cosa mi frullava per la testa. Un grande show itinerante che si sarebbe chiamato “I due Lucio”». Ma il miracolo non si concretizzò mai: «Mi ascoltò con attenzione, per un attimo sperai di averlo convinto. Ma alla fine, con grande garbo, mi rispose che non era il caso: “Sai, ormai faccio cose diverse, mi piace sperimentare…”».
Se ne sono andati entrambi troppo presto, ma le loro canzoni acquisiscono col tempo sempre più valore
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Vasco Rossi ricorda Lucio Battisti e Dalla: «Due giganti senza tempo. Mi sento discepolo ed erede» 23 FEBBRAIO 2023 
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Quella volta che Dalla e Morandi…
Poi Rossi ricorda quella volta che Lucio Dalla insieme a Gianni Morandi si presentò a casa sua per conoscerlo. «Aveva ascoltato “Vita spericolata” e aveva detto “come hanno fatto questi a scrivere una cosa così bella?”. Si riferiva a me e a Tullio Ferro». Di Dalla Vasco apprezza soprattutto «la sua voce. Anche lui è un genio assoluto. Mi fulminò al primo momento. Avevo 15 anni, ero in collegio, ci facevano vedere Sanremo. Apparve lui sul televisore con 4.3.1943. Fu quella volta lì. Al tempo Lucio faceva parte del giro dei cantanti, era stato quello il recinto degli anni Sessanta, fino a poco prima. La cosa incredibile è che sia riuscito a diventare un cantautore, dapprima facendosi aiutare dal poeta Roberto Roversi, in seguito azzardando da solo la scrittura di testi immensamente belli. Un caso unico, nella storia della musica italiana».
Cosa ci manca di Lucio+Lucio
Chiaro che le cose sono cambiate, e ormai San Siro o l’Olimpico lo riempiono anche i dilettanti, ma oggi ricordare Battisti e Dalla è un esercizio di maieutica, di memoria collettiva e di confessione religiosa. Da un lato perché occorre ogni tanto tirar fuori dai meandri nascosti della coscienza artistica del nostro Paese qualcosa che abbia un suo senso evidente e indiscutibile e non unicamente modaiolo. Dall’altro perché in questa “evidenza” scopriamo il non-detto: che abbiamo anche noi degli eroi e degli dei nel paradiso delle sette note. Dei da ricordare, da venerare, finanche da pregare. Cosa ci manca dunque di Lucio+Lucio?
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i Battisti si potrebbe dire che manca l’incredibile vastità e qualità della scrittura musicale, la capacità di fare dello sporchissimo blues come in “Insieme a te sto bene” (Insieme a te sto bene, Fra le braccia tue, così, Adesso non parlare, Anch’io, sai, non ho avuto più di quel che ora tu mi dai) e dare subito dopo vestito orchestrale a “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi” (quella di come può uno scoglio, arginare il mare…..). La magia della collaborazione con Mogol (fino a Una giornata uggiosa, 1980), paroliere perfetto, ad un certo punto (con il breve interludio dei testi della moglie con pseudonimo Velezia) lascia il campo agli equilibrismi letterali di Pasquale Panella: ed anche qui Battisti dimostra di poter  musicare qualsiasi cosa, come si ascolta stupiti nell’immenso arrangiamento trovato per A portata di mano (E tutto il tempo è vicino, A portata di mano, Sul tavolino, sul ripiano, Su quanto ti è più caro). Non c’è musica oggi, e invece c’è musica ovunque, in Battisti. Questo ci manca. Come l’aria. Come il sole dopo un inverno cupo. Come un amore vero dopo storie sfigate. C’è grande musica in ogni canzone di Lucio Battisti: questo ce lo rende così importante.
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A ricordare i due giganti della musica sono poi due persone che li conobbero bene: il teologo Vito Mancuso - intervistato da Emanuela Giampaoli - visse a casa di Dalla e parlarono di vita, morte, religione; Mogol racconta a Giandomenico Curi la sua lunga collaborazione con Battisti, interrotta bruscamente nel 1980: "L'ho voluto io".
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Uno squarcio necessario
E cosa invece ci manca di Dalla? Inutile parlare della qualità delle sue storie (“4 marzo”: Così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto, con l’unico vestito, ogni giorno più corto….) o della visionarietà dei suoi racconti (da “l’Ultima luna” a “Tutta la vita”, quella in cui Tutta la vita, Senza nemmeno un paragone, Fin dalla prima discoteca, Lasciando a casa il cuore o sulle scale, Siamo sicuri della musica? Sì, la musica, ma la musica). Anche con Dalla, come con Battisti, siamo di fronte ad una produzione artistica che fa impallidire per quantità, qualità, freschezza, originalità ed ampiezza. Il Lucio di “Caruso” (Potenza della lirica, Dove ogni dramma è un falso, Con un po’ di trucco e con la mimica, puoi diventare un altro) con i suoi brividi melodrammatici, è agli antipodi dello sberleffo onanistico di “Tragico Erotico Stomp” (Sono uscito dopo una settimana Non era tanto freddo, e normalmente, Ho incontrato una puttana,  A parte i capelli, il vestito, La pelliccia e lo stivale, Aveva dei problemi anche seri, E non ragionava male). E ancora: l’acquarello metropolitano di “Piazza Grande” (Dormo sull’erba e ho molti amici intorno a me Gli innamorati in Piazza Grande, Dei loro guai, dei loro amori tutto so, sbagliati e no, A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io, A modo mio avrei bisogno di sognare anch’io) naviga su coordinate lontanissime da “Il motore del 2000” (con il testo del poeta Roberto Roversi), sguardo mistico sul futuro degli umani e delle loro meravigliose ed inutili prospettive cibernetiche (Noi sappiamo tutto del motore, Questo lucente motore del futuro, Ma non riusciamo a disegnare il cuore, Di quel giovane uomo del futuro, Non sappiamo niente del ragazzo, Fermo sull’uscio ad aspettare, Dentro a quel vento del 2000).
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Ecco cosa ci manca di Dalla: della sua grandezza ci manca uno sguardo ed uno squarcio che erano solo suoi e che ci portavano le sue domande ed il suo senso del mistero. Ci manca il grande tutto che si apre immenso e sconosciuto in “Com’è profondo il mare”. Ci manca il cuore del ragazzo del Duemila appena citato, ignoto a noi che sappiamo tutto delle invenzioni futuribili. L’immensa risposta che c’è nella finestra che si apre sulla spiaggia e a cui si affaccia Maria, la donna sognata dall’ergastolano di “La casa in riva al mare”, un po’ Beatrice, un po’ Marilyn Monroe e un po’ Madonna. L’assurdità delle finte risposte di “Quale allegria” (Facendo finta che la gara sia arrivare in salute al gran finale). Ci manca il cocciuto e popolare coraggio di guardare avanti, che è la costante di tante canzoni perfette, da “Futura” ad “Anna e Marco”, da “L’anno che verrà” all’ “Ultima luna”. Quest’ultima, poi, è una storia che pare presa dai racconti horror di Ray Bradbury, e conclude nella speranza del bambino appena nato, l’unico che vide la luna finale, bimbo che Aveva occhi tondi e neri e fondi, E non piangeva, Con grandi ali prese la luna tra le mani, tra le mani, E volò via e volò via, Era l’uomo di domani l’uomo di domani.
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gcorvetti · 2 years
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Ed è arrivato il freddo.
Da un paio di giorni nevica e siamo sotto lo zero, normale in questo posto al confine del mondo, la rottura è che bisogna spalare la neve, che a differenza del taglio dell'erba che si effettua una volta a settimana, la neve si deve spalare continuamente e spesso giornalmente, una rottura di coglioni non indifferente. L'unica cosa bella e anche un pò poetica è fare la sauna quando nevica, per il resto è una rottura, andare al supermercato a piedi è fattibile ma è come camminare in spiaggia, anche andare al centro magari prendendo l'autobus è una cosa fattibile, sempre che la temperatura non cada rovinosamente sotto i -10, diciamo che entro i -10 andare per strada a piedi è fattibile, con parecchi strati di vestiario. Quindi è ufficialmente arrivato l'inverno, anche se il calendario dice altro. Oggi visto che mi sono svegliato presto andrò a dare una pulita e sistemata al micro studio in modo da poter riprendere da one man band con una vena garage rock psichedelica stavolta, senza tralasciare la parte gotica che mi piace tanto, quell'alone notturno e funereo che mi ha accompagnato per anni. Resta la parte dolorosa dei social perché oramai tutto passa da la, che vuol dire non solo postare i brani online ma anche fare dei video che sono un'ottima pubblicità, non so come farò forse mi metterò a fare dei montaggi video con sotto i miei brani, perché mettermi a fare anche i video non lo trovo produttivo, nel senso che perdo troppo tempo dietro a camera/luci/inquadrature/editing/postproduzione ecc ecc, tempo che mi viene sottratto alla pratica, l'idea è sempre quella di finire sul palco come è nella mia natura e nel cerchio creativo in cui credo che mi è sempre stato d'aiuto, che sarebbe creazione e scrittura, registrazione e divulgazione (oramai sui social) e concerto dal vivo che a me serve a capire se un brano funziona o meno, anche se ho forti dubbi sul pubblico locale per via della loro ignoranza in materia, ma questo a me importa poco perché sta volta sono pronto anche ad andare all'estero pur di suonare anche gratis, con le spese pagate naturalmente, in parole povere devo cercare di non andarci sotto, sarebbe brutto.
Il fondo di disoccupazione mi ha accettato la richiesta al pagamento del corso di marketing anche se nella email che mi hanno mandato, in estone naturalmente perché a scriverla in inglese si stufano, mi invitano a cercarmi un lavoro, ho risposto ringraziando e basta anche se volevo scrivere che lavorare per 5,30€ lordi all'ora è schiavismo e che il mio tempo, visto che è quello che ti pagano, vale molto ma molto di più, ma per evitare casini ho preferito tagliare corto, se non lavoro saranno anche cazzacci miei, se poi loro vogliono che io mi trovi un lavoro perché pensano che uno straniero in terra loro non può fare come vuole allora hanno sbagliato persona.
Detto questo metto anche un brano, l'unico video che ho salvato dalla vecchia situazione da one-man band di un branetto venuto fuori dal cazzeggio, pensai ci faccio un video magari chissà viene bene, stranamente perché lo filmai col telefono, niente male per una mezz'ora di prova e una singola ripresa :D
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micro961 · 3 months
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Alchemy Of Life, pubblica il nuovo album "Journey To Nowhere"
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Nuovo ingresso in roster per Alchemy Of Life (Aka Matteo Bosi)
Il One Man Band pubblica l'album di debutto "Journey To Nowhere". L'album, Progressive Metal, è disponibile nei principali digital stores, nel nostro store e nello store della Crashsound Distribution.
Alchemy of Life è il progetto metal di Matteo Bosi, polistrumentista classe 1976. Appassionato di musica dal 1998, ha competenze avanzate nella registrazione in home studio. Ha esplorato molti generi musicali diversi, dall'ambient al rock, colonne sonore, sperimentale, world music, elettronica. La sua prima uscita è stata "Alchemy of Life - Soundtrack A.D. 1312", disponibile su Bandcamp, una colonna sonora strumentale metal per un racconto ghotic-fantasy pubblicata nel 2001.
Da allora ha pubblicato diversi album con diversi mood e generi, tra cui "Note di Viaggio" (rock strumentale), "Memories in Time" (con intime tracce di pianoforte), "Around the World in 80 Instruments" (con strumenti etnici e tradizionali collezionati durante i suoi viaggi all'estero).
Ha suonato in una band melodica hardcore/punk/rock/ska dal 2000 al 2007 ("No Direction"), di cui ha registrato l'album "Torno Subito". Nel 2023-2024 è tornato al metal con il progetto solista "A Journey to Nowhere".
Il lavoro vede la partecipazione del "maestro" Khaled Abbas (insegnante di chitarra MMI) in due assoli e ha ricevuto alcuni input dai suoi amici per i testi e la melodia di alcune canzoni. "A Journey to Nowhere" è stato masterizzato al Real Sound Studio di Parma, Italia.
Spotify https://open.spotify.com/intl-it/album/57SmRErAvTY1vt6W3FGXR5?si=QT8cc4POQNGlzDokj_E2dg
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lamilanomagazine · 5 months
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Il MAECI al Salone Internazionale del Libro di Torino
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Il MAECI al Salone Internazionale del Libro di Torino Dal 9 al 13 maggio 2024, su impulso del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani, la Farnesina sarà al Salone Internazionale del Libro di Torino con un proprio padiglione dal tema "La Farnesina incontra...", che prevede un articolato programma di eventi. "La cultura è un ponte di dialogo e fonte di crescita condivisa: per un Paese come l'Italia, che detiene il primato mondiale di siti UNESCO, il soft power rappresenta il vero valore aggiunto per veicolare i nostri interessi e valori nel mondo" ha commentato il Vice Presidente del Consiglio Tajani, che ha richiamato l'impulso dato dall'inizio del proprio mandato alle azioni di diplomazia culturale, come imprescindibile leva di politica estera. Nell'ultimo anno e mezzo, su indirizzo del Vicepremier Tajani, la Farnesina ha infatti lavorato a 360 gradi per rafforzare la diplomazia culturale: dal sostegno all'editoria - prima industria creativa del Paese - alla promozione del Made in Italy, dal supporto alle missioni archeologiche italiane all'estero al rafforzamento dell'insegnamento della lingua italiana nelle scuole e nella cooperazione universitaria all'estero, anche attraverso le borse di studio. Tutto questo sarà illustrato nel padiglione MAECI, grazie a decine di incontri e le testimonianze di chi, ogni giorno, porta e promuove l'Italia nel mondo. La Farnesina organizzerà inoltre una serie di eventi anche nelle sale conferenze della manifestazione. Giovedì 9 maggio alle 13.45, in Sala Bianca, il Capo dell'Unità di Crisi, Nicola Minasi, e il Generale Francesco Paolo Figliuolo, Capo del Comando Operativo di Vertice Interforze - moderati da Beppe Severgnini - racconteranno, attraverso la lente delle recenti esperienze sul campo, le modalità di assistenza agli italiani all'estero in situazioni di crisi. Alle 16.00 dello stesso giorno, in Sala Rosa, in un dibattito che abbraccia diplomazia, cultura, informazione e Intelligenza Artificiale, il Direttore Generale per la diplomazia pubblica e culturale, Alessandro De Pedys, l'Ambasciatore d'Italia a Kiev, Pier Francesco Zazo, il Presidente della Biennale di Venezia, Pietrangelo Buttafuoco, il coordinatore dell'Italian Digital Media Observatory, Gianni Riotta, e la Direttrice dell'Hub IA del Politecnico di Torino, Barbara Caputo - moderati dalla giornalista di Sky TG24, Chiara Piotto - si confronteranno sul ruolo e sulle prospettive del "soft power" in uno scenario internazionale sempre più competitivo e conflittuale. Venerdì 10 maggio alle 12.45, in Sala Lisbona, sarà il turno del Sistema Italia della promozione editoriale all'estero, che - attraverso rappresentanti di MAECI, ICE-Agenzia, Centro per il libro e la lettura, Associazione Italiana Editori e Istituto Treccani - presenterà le strategie di valorizzazione del libro italiano nel mondo. Infine, lunedì 13 maggio alle 11.30, in Sala Avorio, il Direttore Generale per gli italiani all'estero, Luigi Maria Vignali, e l'autrice Simona Binni presenteranno "Sotto lo stesso cielo", il fumetto ispirato al progetto MAECI del turismo delle radici. Particolare attenzione sarà infine dedicata anche al giovane pubblico, con la lettura animata per le scuole del volume "Pimpa viaggia in Italia" (Sala Rossa, 9 maggio, ore 10.30, in collaborazione con Franco Cosimo Panini) e con la presentazione, direttamente da parte di Geronimo Stilton, del libro "Mille meraviglie in blu" (padiglione MAECI, 10 maggio, ore 11.30): due progetti promossi dalla Farnesina per raccontare il nostro Paese ai più piccoli di tutto il mondo.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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