#stronzata carina comunque
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demonecelestiale · 7 days ago
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hanno fatto le grafiche per sta stronzata sto volando
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supergaietta · 3 years ago
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Il messaggio
Ieri ho fatto un colloquio conoscitivo con una psicologa perché avevo trovato un sito a caso su una story a caso di un influencer a caso e mi sono sentita ispirata. Il colloquio era gratis, il resto delle sedute ovviamente no, quindi scriverò alla dottoressa che il nostro primo incontro è stato già così illuminante che non ho bisogno di altro o qualche altra stronzata per nascondere il fatto che non ho i soldi e non ho nessuna intenzione di dirlo ai miei. Però che sia stato un colloquio illuminante è vero perché alla fine sempre nello stesso modo è andata a finire. La psicologa mi ha chiesto “Ti piaci?”. Questo tipo di terapia lo sto già facendo con i miei amici. L’amicizia non mi curerà, ma è un passo avanti, e soprattutto è gratis.
Tra i tanti problemi che ho, ho parlato solo di quello che al momento mi sembra più invalidante: la paura delle persone che se ne vanno. Ma porca troia, alla morte preferisco mille volte il ghosting. Fabio lo odio, ma almeno so che sta bene. Serena invece non c’è più e che sarebbe andata a finire così lo avevo già capito due giorni fa quando, durante una delle mie tante notti insonni. sono andata a stalkerare tutte le sue amiche perché la vedevo poco attiva sui social e mi sono preoccupata. Avevo ragione.
Oggi mi ha scritto Kiara. Data la mia mentalità catastrofista, avevo già immaginato tante volte questo momento. Immaginavo di essere in compagnia, non so perché, magari a casa di qualcuno pronto a sostenermi alla ricezione della notizia. Invece ero da sola, come sempre, in uno stanco venerdì che sembrava normale. Mezza vestita, seduta sul letto. Ho preso il telefono e ho visto la notifica. Pensavo che avrei avuto paura. Quando Marco ha risposto alla mia dichiarazione ci ho messo due ore per aprire l’email perché mi era venuta l’ansia (ragionevolmente, visto che avevo fatto una stronzata). Invece ho aperto il messaggio di Kiara subito, con una sicurezza quasi disarmante forse proprio perché sapevo già cosa avrei letto.
Ne avevo la certezza perché io non conosco Kiara quindi l’unico motivo che aveva per scrivermi era questo. L’avevo vista tante volte nelle foto di Serena quindi ho contattato lei quando l’anno scorso ho pensato di farle una piccola sorpresa. Le ho inviato un messaggio per chiederle il suo indirizzo di casa per spedirle una cartolina con un’illustrazione personalizzata che le avevo fatto fare da Federica. Non so se Kiara si è ricordata di me per questo piccolo favore che le ho chiesto quasi un anno fa o se mi ha visto nelle visualizzazioni delle sue stories due giorni fa, in ogni caso è stata molto carina. E io sono stata rapida nel risponderle, non ho avuto paura, sono stata lucida, perché avevo immaginato questo momento un casino di volte. Sapevo anche già che fare. Ho contattato le ragazze con cui gestisco il fanclub di Noemi e mi hanno aiutato nel compito che mi era stato affidato: spargere la voce. Perché Sere parlava con un sacco di gente e Kiara non conosceva tutti. Io mai più nella vita voglio essere la persona che scrive alla gente per annunciare una morte. Mi serve un segretario. Comunque l’ho fatto, e mentre Alessandra mandava vocal in lacrime, io sono rimasta professionale, mi tremavano solo un po’ le mani.
Mi tremavano le mani anche quando nel 2013 Serena passò davanti a me e a mio padre seduti a un bar di Giffoni. Lui mi chiese come si chiamava questa mia amica perché voleva chiamarla e chiederle come aveva iniziato la sua carriera da giornalista perché io dovevo seguire le sue orme. Mi vergognavo. Lei per fortuna non sentì il richiamo di mio padre e passò oltre velocemente. Ma il 24 luglio di quell’anno io decisi che volevo essere come Serena, che volevo fare quello che faceva lei. Dodici mesi più tardi lo facevo davvero. Il giorno in cui ho capito qualcosa in più sul mio futuro grazie a lei era lo stesso giorno in cui Naya Rivera è stata ospite al Giffoni. Se tanto mi dà tanto, la prossima a morire sono io… Anche se con i Cereali Sottomarca oggi abbiamo parlato di testamenti biologici e di ceneri ma con loro anche certi discorsi di merda diventano divertenti. Comunque lasciando da parte considerazioni macabre che non dovrei fare (ma che, data la situazione ridicola, mi escono spontanee), quello è stato anche il giorno in cui ho incontrato Levante per la prima volta. E lei, per fortuna, sta per dare alla luce una bambina. Mi piacerebbe pensare che tutto si compensa così, sono le leggi dell’Universo e così via, ma al momento mi sembra lo stesso che il mondo faccia schifo.
Ho passato due giornate di merda perché ho fatto crashare il mio sito (nb: ho fatto il backup e conosco almeno 5 informatici che possono farmi il lavoro gratis, ma mi sono comunque preoccupata in modo allucinante) ed ero pronta a pensare che adesso le cose dovevano migliorare per forza. Che non mi sarei più svegliata nel cuore della notte pensando al fatto di aver buttato nel cesso gli ultimi 5 anni della mia vita regalati a quella piattaforma. Che le cose si sarebbero sistemate. Perché non può piovere per sempre e stronzate varie. E invece ecco come ho vissuto una giornata ancora più di merda. Il sito me lo aggiusta Attilio, quando trover�� un’ora di tempo per fare un favore a me nonostante debba lavorare. Tutto il resto, però, non si può sistemare.
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yoursweetberry · 4 years ago
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Non ero nervosa quando sono scesa di casa per venire a fare la lezione, era dalla mattina che come la sorella della fessa contavo le ore perchè non vedevo l’ora di arrivare lì.
Forse eri tu quella che stava esaurita da qualcosa e doveva sfogare le frustrazioni su qualcuno. E ovviamente si sa, che il soggetto calamita per certe cose sono io in prima linea.
Non ero nervosa, ero tranquilla, sorridente e ho risposto a una cosa che avevo sentito ingenuamente senza alcuna cattiveria/malizia, perchè assolutamente non ce n’era, mi sa che devi farti due domande se l’hai pensato e ti sei fatta venire l’idea di crearne una discussione, perché mai avrei immaginato che in un normale discorso sulla preferenza di un gelato potesse creare così fastidio una mia risposta. Discussione che hai creato TU evidenziando il marcio in una risposta assolutamente normale e ingenua.
Quello che non capirai o che farai finta di non capire è che a me non me ne frega un emerito cazzo della discussione in se sul gelato, perché la pesante su questo discorso sei stata TU non io. Creando una discussione su una cosa così futile, portandola pure avanti nel tempo, ma mi ha ferito il modo che hai usato per trattarmi davanti anche ad altre persone, negli unici 10 min in cui potevi avere con me un dialogo. Le uniche cazzo di parole che mi hai rivolto in tutto il tempo di permanenza mia lì, sono state accusatorie di aver detto una cosa poco carina nei tuoi confronti, perché tu il gelato dovevi ancora provarlo (ma tutt appost?) ripetendolo pure più volte solo perchè io poi ho detto (ridendo tra l’altro perchè mi sembrava assurdo) “ ah non posso dare la mia recensione dicendo che non è buono? poi sono gusti..” e tu hai risposto “ah continui pure?” (ma tutt appost?parte 2 manco ti avessi preso la scatola e te l’avessi buttata per non fartelo mangiare!). Dopo ciò nessuna parola, ti giri verso di me nonostante stessi parlando di altre cose, solo per dire “comunque TU TI DROGHI perchè il gelato è buono!” e in più mi accusi che IOOOOO avevo inteso il mio giudizio come universale e insindacabile quando in italiano la mia risposta significava MIA OPINIONE PERSONALE perchè a differenza tua in cui hai detto a un’altra persona che SI DROGA (insinuando quindi che non fosse nelle facoltà di poter parlare) perchè il gelato è buono (quindi giudizio universale e insindacabile) mentre io avevo detto “IO (quindi intesa come cosa personale) l’ho provato, non MI (riferimento personale) è piaciuto non era niente di che” e quando ho provato a difendermi dicendo che ho specificato che SONO GUSTI e che mi faceva piacere che a te fosse piaciuto non per questo significa che io mi droghi ma semplicemente che abbiamo gusti differenti come avevo detto prima, hai pure cercato di fomentare la discussione chiedendo a Gabriele se io l’avessi detto o meno? (ma tutt appost? parte 3)
Dopodiché colpo di scenaaa io stavo parlando con Gabriele dei gelati magnum e tu cosa dici quando io li nomino? “ Noi abbiamo provato paradiso ma non era proprio niente di che” CIOOEEEEEEE LA FRASE CHE HO DETTO IO ALL’INIZIOOOO HAHAHAHAHAHAHHAA ma tu la potevi direeee e io ero quella da deridere e sfottere davanti a tutti per averla detta su un gelato che dovevi mangiare? HAHAHAHAHAHAHAHHAHA quando poi io ho risposto ingenuamente proprio come è venuto di rispondere a te in quel momento! Ma io A DIFFERENZA TUA non mi sono messa a fomentare la discussione dicendo aaahhh come mai tu puoi dirlo e io nooo? perchè mi ero già rotta il cazzo per sta stronzata!
Poi andiamo a fare lezione e la prima cosa che mi chiedi è “SEI NERVOSA?” AZZZ IOOOO?? hahahahahhahahahaha Tu te fatt chelli sparat su una CAZZATA fattelo dire!! Perchè se la mia è stata cattiveria dire che il gelato non mi era sembrato niente di che, non so come chiami invece quando ti mettono le mani addosso, ti riempiono di insulti verbali così dal nulla, rompono le tue cose, criticano e sfottono costantemente il tuo modo di essere anche davanti agli altri e cercano di uccidere te e anche qualche tua amica mentre sei alla guida.
Mi hai trattato male e sfottuto tutto il tempo facendomi passare come una deficiente davanti agli altri perchè dovevi alzare chissà per quale motivo il tuo ego in quel momento, e io sarei quella NERVOSA?
Tutta la lezione non hai detto mezza parola, e hai passato il tempo con il telefono in mano quando potevi dire qualcosa. Ahh devo parlare sempre solo io?? scusaa…
Non ti permetto di andarti a nascondere dietro al “stavo solo scherzando è il mio modo” perché vatti a informare, ma chi ha bisogno di fare e rispondere così, tanto sereno e voglioso di scherzare non sta. E in più te lo ripeto per l’ennesima volta hai usato gli unici cazzo di minuti che hai a disposizione con me per creare un’inutile discussione basata sullo screditarmi e deridermi davanti ad altre persone. Non mi frega un cazzo se fai così anche con gli altri perchè con gli altri hai tutto il cazzo del tempo per dimostrargli rispetto, amicizia, affetto, stima, empatia e quello che ti pare di positivo e compensare. QUINDI C’è UN ABISSALE DIFFERENZA. Io ho quei cazzo di minuti contati in cui se mi prendo il male di una cazzo di discussione (che per me è assurdo che sia pure esistita), è solo quello che alla fine mi porto a casa e dentro di me. E in più mi fa male perchè ti ho spiegato un cazzo di miliardo di volte che io queste cose poi le assorbo in un determinato modo e NO NON POSSO FARCI NIENTE, sei solo tu che puoi farci qualcosa e scegliere come comportarti con me quando ti sono davanti SAPENDO, e hai scelto di farmi stare male perchè le tue frustrazioni di quel momento che possa essere anche semplicemente che cazzo ne so il caldo, erano più importanti e io sono il soggetto favorevole su cui sfogarle.
E te lo ripeto anche se farai finta di non capire, non mi interessa della discussione del gelato in se, non QUELLE PAROLE in se, ma il modo, mi fa stare male che è stato l’unico modo che hai scelto per comunicare con me nell’UNICO tempo a disposizione che avevamo, e per tutto il resto del tempo in cui potevi dire qualche altra cosa, sei stata in completo silenzio preferendo in più anche il cellulare. Una considerazione del genere non se la merita nessuno al mondo e IO A MAGGIOR RAGIONE non lo merito per come sono e quella che sono!
Non avrei dovuto nemmeno darti tutte queste spiegazioni probabilmente, non ti ho scritto perchè non avevo alcuna voglia nemmeno di dartele fino a mo sinceramente e so solo io quanto sono stata male, quanto sto male e quanto questo mio star male non ti interessi, ma alla fine io sono così, devo parlare, e non mi vergogno di esserlo, non mi vergogno di mostrarmi vulnerabile non mi vergogno delle mie emozioni, di quella che sono e non ho bisogno di fare giochetti manipolatori per ottenere o non ottenere cose come sei abituata nella tua vita a vedere e subire.
Io se parlo o se resto in silenzio è solo e soltanto per le emozioni che provo in quel momento e le rispetto sempre. Non ho vergogna di amare e dare senza misure e non ho vergogna quando alzo la testa o faccio sentire la mia voce o di mostrare le mie lacrime se qualcosa mi ferisce, non ho vergogna di chi sono perché non ho alcun motivo di avercene perchè cerco sempre di stare attenta agli altri, sempre, e pure troppo da sembrare “fessa” o poco furba ma a me non interessa essere furba, e non me ne vergogno e so per certo che quando sbaglio qualcosa so chiedere scusa, so cercare un modo per migliorarmi sempre. So che mi posso guardare nello specchio e vederci una persona vera, buona e rara.
Posso essere fiera di me anche se nessuno mi sa apprezzare o tenere. Nonostante questa cosa mi faccia un male che soltanto io so. Me lo sono chiesto troppe volte in che cosa cazzo sbagliassi, ma ho capito che posso tranquillamente avere la presunzione di dire che non sbaglio quasi mai, semplicemente nessuno sa apprezzare, pensando piuttosto che tutto quello che di buono si può prendere da me sia dovuto. Ma almeno io potrò andarmene da questa terra in pace con me stessa perchè mi sono sempre rispettata e ho rispettato gli altri cercando di agire sempre in nome del bene, più che potevo e di non aver fatto del male intenzionalmente nemmeno quando potevo a chi me ne ha fatto troppo.
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edenlyeden · 4 years ago
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.       📽️  𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐯𝐞           𝗅𝗒𝗌𝗂𝗌𝗍𝗋𝖺𝗍𝖾'𝗌 𝖽𝗈𝗋𝗆           𝖺𝗉𝗋𝗂𝗅 𝟤𝟦, 𝟤𝟢𝟤𝟥           #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀                     ⤸        Eden aveva appreso del compleanno di Lysistrate soltanto quella mattina, quando una notifica di Fairybook le aveva fatto notare senza mezzi termini - che rude! - che quando si erano sentite la notte precedente aveva fatto una bella figura di merda non facendole gli auguri. Ugh. Aveva così passato la lezione di Trasfigurazione a cercare un regalo che non fosse troppo banale, qualcosa di carino ma non melenso. Che fatica. Alla fine, comunque, ci era più o meno riuscita, e grazie al suo abbonamento ad Amawiz Prime alle quattro del pomeriggio poteva rigirarsi tra le mani un piccolo pacchetto consegnato da un simpatico gufo - Jonathan, diceva il cartellino portato con orgoglio sul petto piumato - con il quale perse anche un po' di tempo a giocare. Poi quello se ne andò, dopotutto non aveva finito il suo turno di lavoro!, e lei rimase a fare i fattacci suoi. Fino al momento in cui, ottenuta la risposta di Lys, si accinse a sfidare la "gigante" Aithusa per intrufolarsi in camera loro e fare la sua consegna, un po' come una qualsiasi postina di C'è posta per te. Superata la sfida iniziale, si avvicinò al letto dell'amica? amante? boh, non si faceva troppe domande a riguardo, e scostò la tenda del baldacchino, rivelando una grifondoro sdraiata, inerme e senza forze, stanca fisicamente a causa delle ferite che si era inferta la notte precedente e mentalmente per tutte le cure della sua migliore amica — quanto avrebbe voluto che si fosse fatta i fatti suoi per una buona volta! E invece no: 'Lysistrate mettiti il pigiama', 'Lysistrate mettiti a letto', 'Lysistrate fatti medicare i tagli'. Aveva quindi ceduto, ma soltanto per il braccio. Così, in quel momento, si trovava stesa a letto in un torpore simile al sonno e il braccio disteso sul cuscino affianco al suo viso con la fasciatura ben in evidenza.  « Buongiorno, principessa. Buon compleanno! »  « Aithusa, cazz— » non appena riconobbe la voce di Eden, portò la mano destra di scatto a tirarsi giù la manica del maglione sperando di aver coperto in tempo la fasciatura. « Oh — ed io che speravo te ne fossi dimenticata. »  Aveva avuto tutto il tempo per notare la fasciatura ben evidente ai lati del viso della minore, la serpeverde. Aggrottò la fronte - ancora di più quando poi abbassò la manica, ma si sedette sul letto, il busto rivolto in sua direzione.  « Ho un'ottima memoria. » sentenziò, mentendo e scherzando, allungando la mano per provare a rivelare nuovamente il bendaggio. « Dovresti smetterla di bullizzare la tua compagna di stanza. »  « Oh — beh, per quanto mi riguarda è un giorno come un altro. » si mise a sedere, la schiena appoggiata ai cuscini che loro volta poggiavano contro la testiera del letto. Guardò la finta bionda e roteò gli occhi verso il cielo. Ritrasse di scatto il braccio per non farsi toccare da lei. « Io non bullizzo Aithusa, è la mia migliore amica. »  « Che cosa hai fatto? » se ne fregò di tutto il resto, l'indice puntato insistentemente in direzione del suo braccio.  « Niente. » tagliò corto Lysistrate mentre riponeva il braccio sotto il copriletto rosso-oro.  « Devo davvero rimarcare i motivi per cui è palese che questa sia una stronzata? Perché sono evidenti, non mi sembra il caso di perdere tempo. »  La minore alzò nuovamente gli occhi al cielo e indicò il comodino, vuoto.  « Ieri ho rotto la lampada, mi sono fatta male. Tutto qui. »  Eden puntellò il gomito sul proprio ginocchio, riproducendo quindi una stramba posa tutta ingobbita. Non rispose, ma aprì e chiuse più volte le palpebre, come a farle intendere che non se la beveva per tutta una serie di motivi e che quindi stesse attendendo un continuo. Lysistrate era infastidita. Lo era da Aithusa e da Eden, ma principalmente lo era da se stessa, dal casino che aveva combinato.  « Ho preso un pezzo di vetro e mi sono tagliata. Volontariamente. Però ti prego, smettila di guardarmi così. » dopotutto, non aveva senso mentire. Non a Eden, non in quel momento.  Eden percepiva lo stato d'animo di Lysistrate, la sua confusione, il fastidio, l'odio, e tutto questo senza nemmeno toccarla. Non era pronta all'ammissione pura - contava di dover insistere almeno un altro po' - e fu anche per questo che rimase inizialmente in silenzio, sebbene soltanto per una breve manciata di secondi. « Come ti starei guardando? »  « Mi stavi guardando in modo strano, non lo so. » la grifondoro tenne lo sguardo basso e iniziò a torturarsi il labbro inferiore con i denti, poi si raccolse le ginocchia al petto. Non sapeva cosa l'aveva spinta a parlare, ma era stato più forte di lei.  « Oppure è la tua mente che proietta il modo in cui tu ti guardi in quello in cui io ti guardo? » contorta come domanda, non c'è che dire.  « Che cosa stracazzo hai detto? »  La maggiore rise, anche se cercò in tutti i modi di trattenersi. Poi ripeté la domanda esattamente come prima, semplicemente scandendola in modo più lento: Lysistrate alzò allora gli occhi al soffitto, per poi portarsi la coperta sulla faccia.  « Non voglio parlarti, mi spaventi. »  « Tanto resto comunque qui, non me ne vado. »  « Perché nooo? » borbottò da sotto la coperta, spuntando di poco con un occhio.  « Perché, punto primo: ho un regalo. Punto secondo: voglio capire. » si sdraiò, quindi, poggiando la schiena sulle sue gambe coperte.  Allungò una mano, la più piccola, fino a tirarle lievemente una ciocca di capelli.  « Non mi merito un regalo. » brontolò spostando improvvisamente le gambe e facendola cadere sul materasso. Poi, ridacchiando flebilmente, per la prima volta della giornata, la guardò dall'alto. « Però sei carina, puoi restare, ma poco. Ho voglia di stare da sola. »  « Anche le ragazze dispettose meritano un regalo. » lo borbottò, le braccia incrociate sotto il seno e una smorfia fintamente imbronciata post atterraggio sul materasso. « Non posso andarmene senza prima sapere se era già successo in precedenza e capirne il motivo, Lys. Mettiti nei miei panni. »  « Posso avere solo il regalo senza parlare? »  « Almeno con Aithusa ne hai parlato? » si girò allora sul fianco, una mano sulla guancia e il gomito a reggere il peso della propria testa.  La guardò, la giovane Tsopei, ed era bella, bellissima, e una parte di lei aveva voglia di sorriderle senza motivo.  « Non voglio si preoccupi per me, voglio che sia felice. »  « Se non parli, la preoccupazione diventa maggiore perché non sa - non sappiamo - quello che ti affligge. »  « Non è niente, okay? È solo stato un momento. »  « Sento che mi stai dicendo una cazzata. »  « Eden, ma che ti frega? Dai. »  Uno sbuffo di risata beffarda abbandonò le labbra carnose della bionda, che con la mano libera si tastò la tasca dalla quale ne estrasse la scatolina incartata totalmente d'oro. Le passò il pacchettino, mantenendo il silenzio.  « Che significa? » brontolò stizzita Lysistrate, mentre la sua mente si affollava di sensi di colpa.  « Ma che ti frega? » tono gemello della minore in una palese imitazione. « Apri. »  In religioso silenzio, Lysistrate scartò il pacchetto e guardò i due orecchini a forma di fragola, non riuscì a trattenere un sorriso mentre li sfiorava, ma non appena li toccò cambiarono colore. E poi ancora, quando allontanò la mano.  « Me lo spieghi? » chiese mentre li sfilava dalla scatola per indossarli. « Sono bellissimi. »  « Cambiano colore in base all'umore di chi li indossa. Mi sembrava un modo carino per farti ricordare di me. »  « Io mi ricordo sempre di te! »  « Ricordatelo pure quando hai voglia di tagliarti, però. » forse era stata troppo cruda e infatti, quando se ne rese conto, cercò la mano della minore con la propria, che non la ritrasse, anzi, strinse quella della maggiore muovendosi piano e sdraiandosi a pancia in su fissando la tenda del baldacchino.  « Avevo bisogno di qualcosa di reale. » cominciò, la voce rotta. « Qualcosa che rendesse il mio dolore tangibile. Non è questa la Lysistrate che voglio che tu, Thusa e tutti gli altri vediate. Voglio che possiate continuare a vedere quella di sempre, quella sicura, decisa, stabile. »  « Onestamente, credo che dovresti un po' fottertene della Lysistrate che vedono gli altri e concentrarti sulla Lysistrate che vuoi vedere tu. E, soprattutto, fare pace con l'idea che non si può essere costantemente tutti d'un pezzo — non ti vorremmo meno bene se dovessimo accorgerci del fatto che in un determinato momento hai bisogno di un po' più di cure. » si chinò per portarsi la sua mano alle labbra e posarne sul dorso un morbido bacio. « Posso sempre morderti, se vuoi del dolore tangibile. » scherzò.  «E se io non sapessi come voglio essere? Se ogni passo che faccio mi sembra che non si adatti a me? Se mi sembrasse sempre di non essere abbastanza?» rispose lei prima di guardare male la ragazza verde-argento. « Quella che morde sono io. »  « Sei un'adolescente, Lys. Alla nostra età quasi nessuno di noi sa chi vuole essere, e i pochi fortunati che lo sanno — al novantasette per cento finiranno per diventare tutt'altro. » rise brevemente, e ne approfittò per lasciare un morso sulla stessa mano che aveva appena baciato. « Chi definisce i limiti dell'"abbastanza"? »
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.             ╰ 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐯𝐞!
              📍 lysistrate's dorm               📅 apr. 24, 2023               🔗 #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀
                      ・・・
     Eden aveva appreso del compleanno di Lysistrate soltanto quella mattina, quando una notifica di Fairybook le aveva fatto notare senza mezzi termini - che rude! - che quando si erano sentite la notte precedente aveva fatto una bella figura di merda non facendole gli auguri. Ugh. Aveva così passato la lezione di Trasfigurazione a cercare un regalo che non fosse troppo banale, qualcosa di carino ma non melenso. Che fatica. Alla fine, comunque, ci era più o meno riuscita, e grazie al suo abbonamento ad Amawiz Prime alle quattro del pomeriggio poteva rigirarsi tra le mani un piccolo pacchetto consegnato da un simpatico gufo - Jonathan, diceva il cartellino portato con orgoglio sul petto piumato - con il quale perse anche un po' di tempo a giocare. Poi quello se ne andò, dopotutto non aveva finito il suo turno di lavoro!, e lei rimase a fare i fattacci suoi. Fino al momento in cui, ottenuta la risposta di Lys, si accinse a sfidare la "gigante" Aithusa per intrufolarsi in camera loro e fare la sua consegna, un po' come una qualsiasi postina di C'è posta per te. Superata la sfida iniziale, si avvicinò al letto dell'amica? amante? boh, non si faceva troppe domande a riguardo, e scostò la tenda del baldacchino, rivelando una grifondoro sdraiata sul letto, inerme e senza forze, stanca fisicamente a causa delle ferite che si era inferta la notte precedente e mentalmente per tutte le cure della sua migliore amica — quanto avrebbe voluto che si fosse fatta i fatti suoi per una buona volta! E invece no: 'Lysistrate mettiti il pigiama', 'Lysistrate mettiti a letto', 'Lysistrate fatti medicare i tagli'. Aveva quindi ceduto, ma soltanto per il braccio. Così, in quel momento, si trovava stesa a letto in un torpore simile al sonno e il braccio disteso sul cuscino affianco al suo viso con la fasciatura ben in evidenza.  « Buongiorno, principessa. Buon compleanno! »  « Aithusa, cazz— » non appena riconobbe la voce di Eden, portò la mano destra di scatto a tirarsi giù la manica del maglione sperando di aver coperto in tempo la fasciatura. « Oh — ed io che speravo te ne fossi dimenticata. »  Aveva avuto tutto il tempo per notare la fasciatura ben evidente ai lati del viso della minore, la serpeverde. Aggrottò la fronte - ancora di più quando poi abbassò la manica, ma si sedette sul letto, il busto rivolto in sua direzione.  « Ho un'ottima memoria. » sentenziò, mentendo e scherzando, allungando la mano per provare a rivelare nuovamente il bendaggio. « Dovresti smetterla di bullizzare la tua compagna di stanza. »  « Oh — beh, per quanto mi riguarda è un giorno come un altro. » si mise a sedere, la schiena appoggiata ai cuscini che loro volta poggiavano contro la testiera del letto. Guardò la finta bionda e roteò gli occhi verso il cielo. Ritrasse di scatto il braccio per non farsi toccare da lei. « Io non bullizzo Aithusa, è la mia migliore amica. »  « Che cosa hai fatto? » se ne fregò di tutto il resto, l'indice puntato insistentemente in direzione del suo braccio.  « Niente. » tagliò corto Lysistrate mentre riponeva il braccio sotto il copriletto rosso-oro.  « Devo davvero rimarcare i motivi per cui è palese che questa sia una stronzata? Perché sono evidenti, non mi sembra il caso di perdere tempo. »  La minore alzò nuovamente gli occhi al cielo e indicò il comodino, vuoto.  « Ieri ho rotto la lampada, mi sono fatta male. Tutto qui. »  Eden puntellò il gomito sul proprio ginocchio, riproducendo quindi una stramba posa tutta ingobbita. Non rispose, ma aprì e chiuse più volte le palpebre, come a farle intendere che non se la beveva per tutta una serie di motivi e che quindi stesse attendendo un continuo. Lysistrate era infastidita. Lo era da Aithusa e da Eden, ma principalmente lo era da se stessa, dal casino che aveva combinato.  « Ho preso un pezzo di vetro e mi sono tagliata. Volontariamente. Però ti prego, smettila di guardarmi così. » dopotutto, non aveva senso mentire. Non a Eden, non in quel momento.  Eden percepiva lo stato d'animo di Lysistrate, la sua confusione, il fastidio, l'odio, e tutto questo senza nemmeno toccarla. Non era pronta all'ammissione pura - contava di dover insistere almeno un altro po' - e fu anche per questo che rimase inizialmente in silenzio, sebbene soltanto per una breve manciata di secondi. « Come ti starei guardando? »  « Mi stavi guardando in modo strano, non lo so. » la grifondoro tenne lo sguardo basso e iniziò a torturarsi il labbro inferiore con i denti, poi si raccolse le ginocchia al petto. Non sapeva cosa l'aveva spinta a parlare, ma era stato più forte di lei.  « Oppure è la tua mente che proietta il modo in cui tu ti guardi in quello in cui io ti guardo? » contorta come domanda, non c'è che dire.  « Che cosa stracazzo hai detto? »  La maggiore rise, anche se cercò in tutti i modi di trattenersi. Poi ripeté la domanda esattamente come prima, semplicemente scandendola in modo più lento: Lysistrate alzò allora gli occhi al soffitto, per poi portarsi la coperta sulla faccia.  « Non voglio parlarti, mi spaventi. »  « Tanto resto comunque qui, non me ne vado. »  « Perché nooo? » borbottò da sotto la coperta, spuntando di poco con un occhio.  « Perché, punto primo: ho un regalo. Punto secondo: voglio capire. » si sdraiò, quindi, poggiando la schiena sulle sue gambe coperte.  Allungò una mano, la più piccola, fino a tirarle lievemente una ciocca di capelli.  « Non mi merito un regalo. » brontolò spostando improvvisamente le gambe e facendola cadere sul materasso. Poi, ridacchiando flebilmente, per la prima volta della giornata, la guardò dall'alto. « Però sei carina, puoi restare, ma poco. Ho voglia di stare da sola. »  « Anche le ragazze dispettose meritano un regalo. » lo borbottò, le braccia incrociate sotto il seno e una smorfia fintamente imbronciata post atterraggio sul materasso. « Non posso andarmene senza prima sapere se era già successo in precedenza e capirne il motivo, Lys. Mettiti nei miei panni. »  « Posso avere solo il regalo senza parlare? »  « Almeno con Aithusa ne hai parlato? » si girò allora sul fianco, una mano sulla guancia e il gomito a reggere il peso della propria testa.  La guardò, la giovane Tsopei, ed era bella, bellissima, e una parte di lei aveva voglia di sorriderle senza motivo.  « Non voglio si preoccupi per me, voglio che sia felice. »  « Se non parli, la preoccupazione diventa maggiore perché non sa - non sappiamo - quello che ti affligge. »  « Non è niente, okay? È solo stato un momento. »  « Sento che mi stai dicendo una cazzata. »  « Eden, ma che ti frega? Dai. »  Uno sbuffo di risata beffarda abbandonò le labbra carnose della bionda, che con la mano libera si tastò la tasca dalla quale ne estrasse la scatolina incartata totalmente d'oro. Le passò il pacchettino, mantenendo il silenzio.  « Che significa? » brontolò stizzita Lysistrate, mentre la sua mente si affollava di sensi di colpa.  « Ma che ti frega? » tono gemello della minore in una palese imitazione. « Apri. »  In religioso silenzio, Lysistrate scartò il pacchetto e guardò i due orecchini a forma di fragola, non riuscì a trattenere un sorriso mentre li sfiorava, ma non appena li toccò cambiarono colore. E poi ancora, quando allontanò la mano.  « Me lo spieghi? » chiese mentre li sfilava dalla scatola per indossarli. « Sono bellissimi. »  « Cambiano colore in base all'umore di chi li indossa. Mi sembrava un modo carino per farti ricordare di me. »  « Io mi ricordo sempre di te! »  « Ricordatelo pure quando hai voglia di tagliarti, però. » forse era stata troppo cruda e infatti, quando se ne rese conto, cercò la mano della minore con la propria, che non la ritrasse, anzi, strinse quella della maggiore muovendosi piano e sdraiandosi a pancia in su fissando la tenda del baldacchino.  « Avevo bisogno di qualcosa di reale. » cominciò, la voce rotta. « Qualcosa che rendesse il mio dolore tangibile. Non è questa la Lysistrate che voglio che tu, Thusa e tutti gli altri vediate. Voglio che possiate continuare a vedere quella di sempre, quella sicura, decisa, stabile. »  « Onestamente, credo che dovresti un po' fottertene della Lysistrate che vedono gli altri e concentrarti sulla Lysistrate che vuoi vedere tu. E, soprattutto, fare pace con l'idea che non si può essere costantemente tutti d'un pezzo — non ti vorremmo meno bene se dovessimo accorgerci del fatto che in un determinato momento hai bisogno di un po' più di cure. » si chinò per portarsi la sua mano alle labbra e posarne sul dorso un morbido bacio. « Posso sempre morderti, se vuoi del dolore tangibile. » scherzò.  «E se io non sapessi come voglio essere? Se ogni passo che faccio mi sembra che non si adatti a me? Se mi sembrasse sempre di non essere abbastanza?» rispose lei prima di guardare male la ragazza verde-argento. « Quella che morde sono io. »  « Sei un'adolescente, Lys. Alla nostra età quasi nessuno di noi sa chi vuole essere, e i pochi fortunati che lo sanno — al novantasette per cento finiranno per diventare tutt'altro. » rise brevemente, e ne approfittò per lasciare un morso sulla stessa mano che aveva appena baciato. « Chi definisce i limiti dell'"abbastanza"? »
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gryffsophia · 6 years ago
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⁖  ♡  Sophia & Josh @ Hogsmeade / 14 Febbraio.
♡. L'abbiam già detto che s'affeziona facilmente alle persone, no? E si dia il caso che Josh sia una di queste, nonostante sia piuttosto raro che riesca a legarsi con qualcuno d'età inferiore, soprattutto se del sesso opposto, ma comunque––– ‹ Buon San Valentino, raggio di sole! › con un sorrisetto, mentre gli infila un fiorellino tra i ricci. ‹ Come stai trascorrendo la giornata? Dov'è il tuo appuntamento? › apprensiva, quasi.
Non è proprio un raggio di sole, oggi, per lo spavento che si è preso due giorni prima e per il fatto che San Valentino gli pare una stronzata. Però si sforza per apparire in modo diverso: può sempre dire che è un’occasione per rimorchiare ragazze sole e tristi, no? Dire. «Buon San Valentino!» Esclama, prima di togliersi quel fiore dai capelli perché... secondo lui... è una cosa... da gay (è un idiota, lasciatelo perdere). «Ma come?! Ti sei già scordata dei nostri piani per oggi, amore mio?»
Un po' sporge il labbro inferiore, quando l'altro si toglie il fiore dai capelli ( lei la trova semplicemente una cosa carina ) –– però non dice niente. Anzi, ben presto torna a sorridere. ‹ Caspita, hai ragione. Che fidanzata degenere che sono! › mentre lo prende sotto braccio, ovviamente, inclinando il capo d'un lato. Che vogliamo farci, nonostante sia... sola... San Valentino la mette di buon umore! ‹ Ti va una cioccolata? ›
Sophia, così facendo, gli strappa pure un sorriso. E non parlo di uno di quei suoi sorrisi che sono più sogghigni che altro e che sono accompagnati da battutine et similia; ma di un sorriso spontaneo e sincero. Infila il rametto del fiore nella tasca della giacca di pelle imbottita, lasciando che ne fuoriesca la corolla. «Solo se tu mi regali lo spettacolo di vederti mangiare le fragole ricoperte di cioccolato!» Il che, nel suo linguaggio, significa semplicemente: ma sì, mi va una cioccolata.
‹ Affare fatto, allora! › con un occhiolino, ovviamente, mentre se lo trascina dietro in direzione di Madama Piediburro. L'ha notata, la differenza di quel sorrisetto –– perciò adesso è forse anche un po' più pimpante. ‹ Cosa facevi prima che ti trovassi? › curiosa, che vogliamo farci.
Si sente a suo agio con Sophia, per quanto Josh possa sentirsi a suo agio, e cioè con mille riserve, con una maschera inchiodata, con la perenne, inconscia paura della verità. Però si sente a suo agio con Sophia, almeno abbastanza da ammettere un «Pensavo!» senza aggiungerci un “non lo faccio mai, ma...”.
‹ E a cosa pensavi? › invadente, forse, ma non ci fa neanche troppo caso: è fatta così. Si prende il tempo di scegliere un tavolo, e poi si sede, posando il pellicciotto bianco sul retro di una sedia. ‹ Cioè, se non vuoi dirmelo è okay! ›
Fa spallucce, Josh, come ad indicare che tanto, qualsiasi sia la cosa che dirà, il pensiero che rivelerà, esso non avrà grande importanza. «Che ho voglia di andare via. Di fare un bel viaggio lontano, tipo... a Los Angeles!»
Strano, no? Perché per Sophia / tutto / ha importanza. Soprattutto per quanto concerne le persone a cui tiene. Infatti posa il mento sul palmo aperto d’una mano, già pronta ad ascoltarlo, e a quelle parole... come potrebbe non sorridere? ‹ Beh, magari le prossime vacanze potresti passarle all’ombra di una palma a Santa Monica. ›
❪ ... ❫
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andrearaffaelli16 · 7 years ago
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Da quando sono tornato a vivere a Londra ho imposto e pretesto, sia nella mia relazione che nella relazione (nuova) con la mia famiglia in generale, che un giorno alla settimana mio fratello rimanesse a dormire da me.
La cosa è sempre andata più che bene sia a me, che alla mia ragazza ed anche a mio padre e mia nonna.
Ieri sera Caroline era ad un addio al nubilato di una sua cugina che viva a Bristol, ed anche se sono solo due ore di macchina da Londra, ho insistito affinché rimanesse anche a dormire.
Dato che ero solo, stanco e anche vecchio dentro, ho deciso di chiamare mio fratello e passare una serata come ai vecchi tempi.
In 30 minuti era fuori casa, con il suo zainetto in spalla e quegli occhi azzurri felici che ancora oggi mi tolgono il fiato.
“Ciao tatone.” Mi ha detto abbracciandomi come ogni volta.
Sono anni ormai che sa pronunciare perfettamente il mio nome, ma ancora si ostina a chiamarmi così ed io credo che sia una delle cose più belle che abbia mai provato.
Ci siamo messi a giocare a pallone, ai videogiochi, con i lego ed abbiamo pure fatto la pizza ed una torta insieme. Ed i compiti.
Il pomeriggio e passato in un secondo, ed alle 5 ci siamo messi a bere deh thè come fanno i vecchi inglesi.
Abbiamo parlato della scuola, delle vacanze, di cosa avremmo fatto a Natale e se anche nostro padre sarebbe stato con noi, confermandomi il fatto che anche mio fratello fosse più grande di quello che in realtà è.
Abbiamo fatto ora di cena pensando a dove poter riunire tutti, cosa mangiare e che regali fare a chi, quando, dopo aver infornato le nostre pizze e focacce, mi arriva una chiamata da mia sorella.
“C’è Caroline in casa? Puoi passarmela?” Mi ha detto freneticamente, con un tono di voce un po’ strano.
“È a Bristol da Brianne. Va tutto bene?”
“No. Posso chiamarla o le do fastidio?”
“Certo che puoi chiamarla, ma posso sapere cos’è successo?”
“Mi sono lasciata ed ho bisogno di Caroline.” Mi ha detto lei scoppiando poi a piangere.
Era da qualche anno che Erik e mia sorella stavano definitamente insieme, tanto che l’anno scorso hanno deciso di provare a vivere insieme.
E fino a giovedì tutto andava a meraviglia.
“Come vi siete lasciati? Non dire cazzate.”
“Non sto dicendo una cazzata, Andrea. Ci siamo lasciati.”
“E dove sei adesso?” Ho chiesto alludendo alla casa in comune.
“A casa. Lui è andato.. Non so dove sia andato.”
Mentre mi diceva questo, ho notato un avviso di chiamata in entrata da parte di “Eric”, perciò ho riferito il tutto a mia sorella e risposto a lui.
“Puoi parlare?” Mi ha chiesto senza neanche aspettare che rispondessi.
“Si, dimmi tutto.”
“Io e Noemi ci siamo lasciati. Lei è a casa. Io sto andando dai miei. Ho solo bisogno di calmarmi per un giorno, poi parleremo. Però per favore, almeno domani non lasciarla sola, non voglio che stia da sola a casa.”
Abbiamo parlato per altri cinque minuti, e neanche da lui ho avuto un risposta sul perché si fossero lasciati.
Appena ho attaccato ho impiegato circa 5 minuti per richiamare mia sorella.
Lei abita a Stratford, una cittadina appena fuori Londra, vicino al suo posto di lavoro.
“Noemi, poco più di mezz’ora e ti voglio fuori casa. Stai da me stasera.”
Ho attaccato senza neanche farla rispondere mentre mio fratello batteva le mani e mi diceva “Che bello che anche Memi dormire qui” ed io ridevo.
40 minuti dopo, limiti di velocità non rispettati e mio fratello euforico, sono arrivato difronte a quella piccola casetta carina, mentre fuori mi trovavo una visione di Noemi struccata e con gli occhi gonfi che non ricordavo quasi più.
“Posso sapere cos’è successo, adesso?” Ho chiesto quando ormai mio fratello era già nel mio letto a dormire.
“Abbiamo litigato per una stronzata. È uscita fuori una sua ex ed io me la sono presa. Ma una cosa banale, come faccio sempre, solo che lui è impazzito.”
Ho bestemmiato nella testa pensando che le donne fossero tutte uguali, non importa che carattere abbiano o cosa, quando di mezzo c’è una ex che per noi può anche essere morta, impazziscono.
“Domani ti chiama, comunque, me l’ha detto prima.”
“Fantastico, adesso il mio ragazzo parla prima a te che a me. Ottimo.”
“Non mi sembra che voi due facciate diversamente.” Ho detto guardandola male. “Tu e Caroline.” Ho aggiunto quando ha fatto finta di non capire.
“Ti ho mai detto che approvo?”
“Che cosa?”
“Caroline. Tu e Caroline. Hai fatto una bella scelta!”
“Beh grazie, dopo un anno non mi dovrebbe neanche più interessare ciò che dici.” Ho detto scherzando e prendendola in giro.
“Volevo solo darti la mia benedizione.”
“Che detto da te equivale ad una bestemmia, insomma.” Ho detto continuando a prenderla in giro.
“Sei uno stronzo. Per una volta che voglio essere gentile.”
“So che approvi, Des. E mi fa enormenmente piacere, questo lo sai.”
Abbiamo continuato a parlare per un’altra mezz’ora prima che lei andasse dritta nella camera degli ospiti.
Ho passato un’altra ora ad ultimare delle cose al pc, e poi sono salito al piano di sopra.
Passando davanti alla camera dove stava mia sorella l’ho sentita piangere.
Non sono mai stato molto compassionevole con lei. Sono sempre stato protettivo, soprattutto con i ragazzi ma se poi ci rimaneva male, era solo colpa sua.
Ma stavolta non era così. Lei, non era così.
Ho aperto la sua porta ed ha smesso subito di fiatare; ho poggiato la mia giacca che tenevo in mano sulla sedia in camera e mi sono avvicinato.
Quando mi sono abbassato fino al suo livello, al lato del letto dove stava “dormendo”, mi ha guardato dicendo “scusami, non ce la faccio.”
Ho visto mia sorella stare male per dei ragazzi in passato. L’ho vista stare male per delle amiche. Ma così, l’ho vista stare male solo quando era costretta a vedere me immobile per terra dopo essere picchiato.
E quella visione di Noemi, per me, ormai era lontana anni luce.
L’ho fatta scansare un po’, ho alzato le coperte ed ho abbracciato mia sorella come non facevo da anni.
Ho abbracciato mia sorella come quando, dalla camera di fianco alla mia, la sentivo piangere e correvo nel suo letto per calmarla.
“Mi sembra di essere tornata bambina.” Mi ha detto quando ha iniziato a calmarsi.
“Anche a me.” Ho detto sinceramente, sorridendo.
Abbiamo parlato per un altro po’, del più e del meno, del Natale anche con lei, finché non ho visto la porta aprirsi e mio fratello fare capolino con il suo pigiama dei super eroi.
“Posso anche io?” Ha chiesto con voce assonnata, ed io ho sentito il mio cuore battere talmente forte che credevo potesse uscirmi dal petto.
Cinque minuti dopo eravamo in tre in un lettone: io abbracciavo mia sorella, mia sorella abbracciava mio fratello e lui, con una mano teneva la mia e con l’altra quella di Noemi.
Io verso la porta, e così a scalare.
Prima mi mettevo verso la porta perché sarei stato il primo ad essere “preso”, adesso, l’ho fatto solo perché così doveva essere.
Per una serata, mi sono sentito di nuovo la loro famiglia, la persona su cui poter contare fino all’ultimo.
Ed io, non mi sono mai sentito più importante.
Vi amo con tutto me stesso, e quando dico che per voi darei la mia vita, lo dico per davvero.
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i-can-feel-the-flames · 7 years ago
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È un periodo abbastanza criptico. Gli esami sono vicini e io non mi sento sufficientemente pronto e il tempo scorre, nonostante io mi stia dando da fare. In più sto conoscendo Delle persone, ragazze in particolare, in particolare una, ragazza. Ecco questa cosa mi preoccupa, non perché io sia un asociale di merda, anzi. C'è fin troppo feeling, tanto botta e risposta, tanto stuzzicarsi, prendersi in giro e contatto fisico. Il punto è che io non cosa cazzo voglio da questa cosa, perché sì, la ragazza è carina, simpatica, ha le idee chiare e non è mica la prima scema di turno, ma è una situazione strana. Si tratta della sorella del ragazzo di mia sorella ed è anche più piccola di 3 anni. Ora, per quanto insieme scherziamo, parliamo, ci stuzzichiamo, non so quanto la cosa possa andare in porto né da parte mia, né da parte sua. La cosa più brutta di tutto ciò? È che sono venuto a conoscenza che non c'è modo che la cosa si concretizzi, perché lei ha giá fatto muro. Bene, "un problema in meno" ho pensato di primo acchito, ma pensandoci bene...no. Un po' ci sono effettivamente rimasto male, nonostante non volessi andare oltre l'amicizia è l'ennesima conferma che non riesco mai ad andare oltre, ad avere di più e a riuscire a concretizzare. Magari l'avrei impedito io, ma, cazzo, è possibile che non ci sia mai qualcosa che si incastri per bene con ciò che desideri? Il punto è che io non so se voglio davvero stare con lei, ma allo stesso tempo, sentirmi dire che è già un "No" secco (non direttamente da lei, ma da altri), non mi fa mica fare salti di gioia. Certo, penso che mi sono levato questo problema/peso del fatto che qualcosa potesse formarsi, ma allo stesso tempo è l'ennesimo rifiuto. Allora faccio bene io a stare in totale indifferenza nei confronti delle persone? Così non sto male io e loro non devono trovare scuse per dirmi qualcosa in faccia. La soluzione rimarrà questa, se non voglio che ogni minima stronzata mi tiri giù il morale. Nonostante il feeling, il parlare/scherzare e prendersi in giro, è il fatto che non si sia creato nulla che vada oltre l'amicizia, è comunque un rifiuto, non è per niente bello. Ma penso che continuerò a stare sulle mie, a buttare giù tutti e ad andare avanti, tanto per me non c'è nulla, per lei non c'é nulla, non si andrà mai oltre e quindi questo discorso sarà evitato per sempre, perché non ce ne sarà motivo. Spero di riuscire a rimanere indifferente e freddo davanti ad eventuali situazioni spiacevoli e ogni volta che mi tornerà in mente il fatto che ancora una volta, non riesco a concretizzare niente. Probabilmente la fortuna è una cosa a me sconosciuta. Pace.
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