#stanislav kolibal
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Stanislav Kolíbal
represents the Czech Republic at the next International Biennale in Venice 2019
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stanislav kolibal, untitled
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Light and Dark (Three Parts), Stanislav Kolibal, 1986, Brooklyn Museum: Contemporary Art
© Stanislav Kolibal Medium: Oil on wood with iron, wax and other mixed media
https://www.brooklynmuseum.org/opencollection/objects/115211
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Neuer Post auf ART@Berlin https://www.artatberlin.com/ausstellung-von-einer-imaginaeren-sammlerin-galerie-akonzept-contemporary-art-kunst-in-berlin-ausstellungen-berlin-galerien-art-at-berlin/
Von einer imaginären Sammlerin | Gruppenausstellung | Galerie aKonzept | 10.01.-21.02.2019
bis 21.02. | #2663ARTatBerlin | Galerie aKonzept und Raphael Lévy zeigen ab 10. Januar 2020 die Ausstellung VON EINER IMAGINÄREN SAMMLERIN mit zwölf verschiedenen Künstlerinnen und Künstlern. Die Ausstellung zeigt Werke von: Alberto Burri, Julije Knifer, Stanislav Kolibal, Frantisek Kyncl, Piero Manzoni, Franz Mon, Natalia Ll, Arnulf Rainer, Kajetan Sosnowski, Jiri Valoch, Wolf Vostell, und […]
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PAST / CARAVAGGIO KOLIBAL / EXHIBITION VIDEO / NOW ONLINE
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Documented exhibition for Jiri Svestka Gallery in Prague
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2019年12月12日
【新入荷・新本・雑誌】
MATTO Magazine Issue 3, MATTO STUDIO, 2019
価格:2,500円(+税)
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Some of the content of the third issue : an interview with SUZANNE TARASIEVE, a renowned Parisian gallerist who recently celebrated forty years of her activity; a literary feature on Jonas Mekas and translation by CHIARA ZOCCHI, an award-winning Italian novelist; photo series by Berlin-based THOMAS HAUSER; a conversation with fashion designer KOSTAS MURKUDIS; a studio visit with FORMAFANTASMA, a design duo in Amsterdam presenting at the Serpentine Galleries; a personal photo series by Swedish JH ENGSTROM, a conversation with Korean haute-patissier YOHAN KIM; photography by JUERGEN TELLER; conversation with ANOUK BECKERS, a researcher and designer of modular clothing system, fashion critique essay on designers and ornament written by FEMKE DE VRIES; interview with 90 year old Czech avant garde artist STANISLAV KOLIBAL; a conversation on the invisible with artist and breathwork teacher LAUREN SPECER KING; studio visit with artist DRIANT ZENELI in Tirana, Albania; series of paintings by OSCAR MURILLO and fiction by ROOKSANA HOSSENALLY; interview with ANTHONY CAIRNS on forgotten photography techniques, and more...
https://www.mattoproject.com/
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Previous Sale
Full Contents Sale
1020 Head of Pond rd., Watermill
Friday 6/21 - Saturday 6/229:30 - 4pm
Diverse collection of antiques handpicked over a lifetime of travel. From rustic/primitive pine pieces to French and English antiques …
Drop Side Wake table, Ladder Back chairs, Marquetry Settee, Antique primitive pine work tables, Belgian cast iron art nouveau tile wood coal burning stove , Pine Armoire, Chesterfield leather chairs, Pine Amish Canopy bed , 1950’s vintage bamboo/rattan desk, East Lake Cottage Style dresser, French N. Drapeax Grandfather Clock from mid 19th century, Mission Style furniture, Irish Pine Pew and more…
Mid-century original art with provenance … James Beardsall , Rudolf Baranik, Stanislav Kolibal, Ronaldo de Juan, George Nelson Cass and more…
An amazing collection of antique accessories including antique cast iron door stops, ceramics and more!
Teak outdoor furniture ,Weber Grill, TV’s , linens, kitchenwares and more ! Photos are posted below….
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La collezione Agrati
E’ Ferragosto, che pacchia! Nella settimana di metà mese Milano torna ad assomigliare a certe pitture del grande Sironi, le cupe strade deserte, le periferie con le ciminiere senza fumo, un ciclista solitario (il sottoscritto) che se ne va da qualche parte. ”Tutti al mare”, diceva Alberto Sordi intendendo casa, e io me la godo: “Via dalla pazza folla!” Quindi mi infilo in un portone dei grandi palazzi ottocenteschi di Piazza della Scala, soffitti altissimi, marmi pregiati, un’esibizione di lusso edilizio degno di una grande città e di un paese che fa sempre finta di essere povero: non a caso la sede centrale di una banca che espone la collezione di due milanesi, meglio brianzoli, due che ne hanno amplificato la fama di città industriosa e civile: gli Agrati
A parte i soliti luoghi comuni, tipo che per farsene una, a differenza per esempio di una collezione di farfalle, occorrono molti soldi e quindi un’attività o un reddito che lo consenta (e non è vero, perché c’è gente che è riuscita semplicemente comprando e vendendo opere d’arte, evidentemente con molto occhio per il mercato), dopo la visita alle Gallerie d’Italia (Intesa S. Paolo) voglio esprimere il mio senso di sollievo, devo essere sincero, inaspettato. Adesso le mie osservazioni:
1. Otto anni fa, quando mi sono messo in testa di occupare uno spazio critico che mi pareva negletto dagli artisti (cui in linea di massima si presume non competere, da quando sono diventati legione e c’è bisogno della frusta di un cocchiere, alias il critico), riferendomi al mondo dell’arte, lo figuravo a piramide: al suo vertice stanno i collezionisti e alla base gli artisti, la classe dei paria; a salire ponevo nell’ordine i critici e i curatori e più su i galleristi. Le grandi latitanti, almeno in Italia, sono le istituzioni pubbliche, che dovrebbero avere il peso maggiore nel determinare le scelte dell’eccellenza. La ragione del mio sollievo è che almeno esistono le private e le Gallerie d’Italia sono fra queste.
2. Le presenze. Il collezionista ha saputo scegliere dalla produzione il meglio degli artisti selezionati, se non sempre, spesso, comunque ciò che non fa disonore all’artista medesimo. E’ noto infatti che la produzione di quasi tutti ha momenti di defaillance, non per sempre è di altissimo livello: un’opera d’arte richiede molta energia e consuma: il successo, la stanchezza, la vecchiaia e soprattutto il mercato inducono a volte anche i grandi alla marchetta. A questo proposito sono particolarmente significativi i lavori di Castellani: un artista così rigido (non si prenda questo aggettivo in senso detrattivo) nelle tre opere della collezione dimostra l’ampiezza della sua ricerca sulla tensione della luce. Altrettanto significativa della cultura visiva, credo di Peppino, la scelta di un’opera del primo periodo di Claudio Olivieri, già altamente rappresentativa del suo senso dello spazio, prima ancora di averlo dimostrato in quello successivo, in cui ha abbandonato ogni riferimento al segno, per dedicarsi solo alla spazialità del colore. Tancredi, Tano Festa, Schifano, Boetti e perfino un minore come De Maria o un casinista di genio come Rauschemberg sono rappresentati, sia pur con una sola opera, al meglio della loro produzione (dico in generale perché non è vero per es. per Fabro e Kounellis). Comunque le opere scelte, detto con molta discrezione e alla distanza che mi consente il mio tempo, rivelano un gusto preciso, un occhio molto esercitato: c’è un’unità evidente in tutta la collezione. Si prendano per es. le tre opere di Agnetti: illustrano in maniera inequivocabile il valore retinico dei suoi “concetti”. Stona la presenza di Basquiat e malignamente questo parrebbe confermare una caratteristica comune a tutti i collezionisti: la sensibilità per le sirene del mercato. Comunque, con questa riserva, anche il paio di tele di lui scelte da Peppino emergono dal mucchio della sua paccottiglia egocentrica.
3. Una collezione parla sempre anche del collezionista: nel caso degli Agrati oltre che della loro cultura visiva, del loro gusto per il coraggio in sé. Nasce addirittura il sospetto che abbiano influenzato l’arte Italiana del periodo. Infatti quasi tutte le opere della collezione esibiscono il coraggio formale degli artisti selezionati, la decisione delle loro scelte, ed è noto che uno dei difetti dei minori anche bravi, anche attenti, è quello di non sostenere con decisione la propria originalità, l’unicità della propria ricerca. Comunque si può essere critici su certe scelte, ma la loro ampiezza, dal concettualismo di Agnetti, Paolini, Isgrò, o Kossuth, al poverismo di Kounellis o Merz, alla ricerca sulla luce di Castellani o Yves Klein, al Minimalismo di Serra o Andre, al pop di Schifano, Festa o Warhol ecc (e uso i termini concettualismo, poverismo ecc solo per comodità, perché ogni artista serio non può esser incasellato in un movimento), è un pregio indiscutibile della collezione, perché rende evidente che gli artisti che vi sono rappresentati hanno veramente allargato il concetto di visibilità.
4. Ed ora passiamo ai miei distinguo. Succede spesso, e questo è vero almeno dal Rinascimento in poi, che la dimensione fisica dell’opera aspiri a dimostrarne la grandezza. Per certe idee visive la grande dimensione può essere fondamentale: provate a immaginare Le Nozze di Cana in piccolo senza la scenografia del refettorio di S. Giorgio 1 o l’Elvis Presley di Andy Warhol ridotto alla dimensione di un quarto o il tessuto di Boetti non ripetuto sei volte. Questa tendenza è evidente nella maggior parte degli artisti della collezione e direi che è molto significativa non tanto di essa, quanto degli artisti del periodo che copre (emblematiche a questo proposito le due opere di Kounellis e quella di Fabro: enormi). Esaminiamola più da vicino guardando i lavori di un artista molto rappresentato nella collezione, Fausto Melotti: a parte che l’appartenenza al “Novecento” in lui si rivela soprattutto in vecchiaia, si ha il sospetto che la tendenza generale lo abbia influenzato all’ingigantimento dei suoi lavori, al punto che possono sembrare dei falsi. Le sue invenzioni, non solo quelle più originali, le musicali, sposano preferibilmente la piccola dimensione. Naturalmente parlo in generale. Non si riscontra per es. in uno come Agnetti e nemmeno in Paolini e ciò conferma la supremazia dell’idea sulla dimensione: questa è solo uno dei fattori di quella: bisogna sempre saper fare un’opera originale anche sotto la sedia sulla quale state seduti. La tendenza al gigantismo per la verità continua anche ai nostri giorni e dipende dal fatto che tutti sono costretti a lavorare nel mondo del grande capitale e ne subiscono i condizionamenti, ma nel caso della seconda metà del secolo scorso si ha il sospetto che si tratti di una scelta tendenzialmente solo formale e ciò significa ingenuità, rapporto acritico col denaro, col grande denaro, adesione senza esitazioni ai modi d’essere dell’Occidente, del primo mondo, anzi di quella parte del primo mondo di cui gli Agrati stessi facevano certamente parte.
5. Fra i pregi di una collezione vanno considerati la chiarezza e l’omogeneità delle scelte e fra i difetti le esclusioni. In sé una collezione, di qualsiasi tipo si tratti, tende sempre a imitare la completezza e varietà delle opere di Dio e più estesa è, più ci si avvicina, ma solo il Grande Demiurgo è onnivoro e se lo può permettere. Visto che ho già parlato di collezioni di farfalle, perfino uno scienziato come Vladimir Nabokov lo aveva capito benissimo, forse perché era soprattutto un grande artista. Per quanto riguarda la Agrati, circa la chiarezza e l’omogeneità non c’è nulla da eccepire; quanto ai difetti, ho notato l’assenza di Josef Beuys, Roman Opalka, Christian Boltanski, Piero Fogliati, Giovanni Anselmo, Fabio Mauri, Gordon Matta Clark, Robert Smithson, James Turrell, Stanislav Kolibal (quello almeno della prima produzione) e di alcuni altri meno noti o più giovani, dei quali non faccio i nomi perché amici. E’ evidente che quest’elenco è soggettivo, ma ne rivendico il diritto. Comunque gli assenti, tutti coevi ai presenti, non sono pochi e ciò non mi sembra senza significato.
6. Mi sento comunque di raccomandare la visita ai giovani artisti che passano oggi un periodo di ignoranza condivisa con la massa: la collezione può almeno indurli a rivedere la loro presunzione: il valore didattico della Agrati è indubbio, la chiarezza più che la completezza è la sua qualità indiscussa (e a proposito di quest’ultima penso alla collezione Gulbenkian di Lisbona, per me un caso limite che tutti coloro che sono interessati alla’arte dovrebbero conoscere). In definitiva però è mia opinione che non li possa incoraggiare più di tanto ad affrontare il presente.
7. La visita a una collezione è comunque l’occasione per dire qualcosa sul collezionismo d’arte in genere e in questo caso la Agrati, malgrado le assenze, può costituire un punto di riferimento. L’arte purtroppo vive di collezionismo e non è un caso che io abbia collocato ai vertici della sua piramide proprio coloro che lo esercitano: in mancanza di un investimento pubblico, senza quel vertice la piramide crollerebbe, lasciando a terra la rovina dei blocchi che la sostengono dal basso. Voglio dire che l’arte continuerebbe a vivere lo stesso e forse sarebbe anche un bene, perché dal fuggi fuggi generale rimarrebbero quei pochi che ci credono comunque, mentre oggi la facilità di trovare ascolto e la grande quantità di denaro circolante aprono il campo a una moltitudine di spetasciatori (uso un termine lericino, ma comprensibilissimo) che ne hanno addirittura decretato la morte.
Naturalmente anche il campo del collezionismo è notevolmente inquinato e sono pochi coloro che lo coltivano per passione e per crescita spirituale e senza condizionamenti del mercato. Spesso questi ultimi beneficiano della generosità degli artisti veri, cui interessa principalmente la diffusione del proprio messaggio a prescindere dal proprio interesse economico (anche se dovendo vivere e produrre, anche loro pagano il verduraio e il panettiere). Il gioco si fa allora possibile, e direi addirittura appassionante, da ambo i lati ed è con questa considerazione di speranza che abbandono l’argomento.
FDL
Nota 1 L’originale è a Parigi (rubato da Napoleone), ma una copia, sostengo perfetta (fatta in due anni di lavoro e con ingenti spese da un’equipe inglese servendosi di tecniche computerizzate che riproducevano perfino il rilievo della tela originale), è stata ricollocata nel refettorio: site specific!
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Happy Friday! enjoy this beautiful day with smile and gratefulness. Wearing our Andela knit reversible dress inspired by Czech artist Stanislav Kolibal. 🌥💗 (at Jia Collection)
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Stanislav Kolibal
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"KLIMPEREI" Mixtape
<<- - - hear ! - - ->>
One of the first mixes I was proud of making. I made this after watching Valerie and Her Week of Wonders, but this does not mean anything.
The real deal, physical CD was given to my friend Sean.
Tracklisting:
(one) And The Last . Lubos Fiser
(two) Jeas Cyclo . Yol Aularong
(three) Only Seventeen . The BeatleEttes
(four) J'ai Peur Parfois . Adele
(five) I Am Pentagon . The Make-Up
(six) Falling And Laughing . Orange Juice
(seven) Come on Let's Go . Broadcast
(eight) Les Poules d'Eau . Klimperei
The cover art is Untitled by Stanislav Kolibal (1981)
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Light and Dark (Three Parts), Stanislav Kolibal, 1986, Brooklyn Museum: Contemporary Art
© Stanislav Kolibal Medium: Oil on wood with iron, wax and other mixed media
https://www.brooklynmuseum.org/opencollection/objects/115211
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Stanislav Kolibal, Untitled, (1981)
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