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Spondiloartrite assiale: perchè si arriva sempre in ritardo alla diagnosi corretta?
La spondiloartrite assiale (axSpA) è una malattia reumatoide-infiammatoria sistemica cronica associata a infiammazione della colonna vertebrale. I pazienti colpiti hanno spesso sofferto di dolore alla colonna vertebrale sin dalla prima età adulta. Nel tempo, la struttura del i cambiamenti dello scheletro assiale e la sua capacità di muoversi diventa sempre più limitata. I pazienti hanno difficoltà a vestirsi, a fare il bagno, a farsi la doccia, a indossare scarpe e a salire le scale, tra le altre cose. L'inizio di axSpA colpisce i pazienti più giovani, con i primi sintomi già manifestati da pazienti di età compresa tra 20 e 30 anni. I sintomi possono variare ampiamente e i medici inizialmente non riescono ad associarli alla malattia. La natura insidiosa della malattia può essere fuorviante, poiché i periodi di apparente inattività della malattia possono infatti essere periodi di grande dolore, rigidità e affaticamento per i pazienti. Tale discrepanza, in molti casi, porta i pazienti a sentirsi fraintesi o ignorati, e quindi meno propensi a condividere le proprie esperienze con altri, compreso il proprio medico. Di conseguenza, il disimpegno del paziente si traduce in pazienti meno coinvolti nelle decisioni mediche, nonché scarsa aderenza al trattamento, scarsi risultati di salute, peggioramento del decorso della malattia e qualità della vita. Per questi motivi, e come indicato nell'aggiornamento delle raccomandazioni ASAS/EULAR per la gestione di axSpA, considerare la prospettiva del paziente nella gestione della propria malattia e garantire che i pazienti siano sufficientemente preparati a partecipare alle discussioni sono fondamentali per il successo del trattamento e una buona aderenza. Ma una diagnosi introduce un trattamento specifico e appropriato e porta speranza per il futuro. Lo studio sulla Mappa Europea della Spondiloartrite Assiale (EMAS) ha studiato quali fattori possono influire sul tempo necessario per la diagnosi. Allo studio hanno partecipato 2.846 pazienti di 13 paesi europei con un'età media di 48 anni, che in media avevano sofferto di spondiloartrite assiale per 17 anni. Il professor Dr Marco Garrido-Cumbrera dell'Università di Siviglia, consulente scientifico dell'International Axial Spondyloarthritis International Federation (ASIF), insieme al Comitato Direttivo EMAS ha supervisionato la ricerca. I pazienti avevano la malattia 26+/-11 anni in media all'insorgenza dei sintomi, l'età media alla diagnosi era di 33 +/- 11,5 anni e il tempo medio di diagnosi era di 7 +/- 8 anni. Diverse variabili sono state associate a tempi di diagnosi più lunghi, tra cui l'età più giovane all'insorgenza dei sintomi e il genere femminile. Il parametro più fortemente associato, tuttavia, era il numero di professionisti medici coinvolti prima della diagnosi. Poiché questi professionisti hanno proposto diagnosi errate, ciò ha ritardato il tempo impiegato per arrivare alla diagnosi corretta da un reumatologo. In questo ampio campione, il ritardo diagnostico medio è stato di quasi 7 anni e mezzo, ma può arrivare anche a 15 anni. L'onere della malattia per il paziente è enorme, specialmente perché soffrono di dolore terribile e invalidante per così tanti anni, senza nemmeno conoscere la fonte del dolore. Il professor Dr John Isaacs, direttore di Therapeutics, Università di Newcastle, Inghilterra e presidente del comitato scientifico EULAR, cita il dolore come un sintomo che colpisce tipicamente la parte bassa della schiena e la parte superiore della schiena, compreso il collo. Possono passare molti anni fino a quando non viene fatta la diagnosi corretta. È importante, tuttavia, rilevare e di conseguenza trattare la malattia il più presto possibile. Un trattamento tempestivo può aiutare a prevenire danni permanenti a ossa e articolazioni. Lo studio EMAS è stato già in grado di determinare che esistono alcuni fattori che possono esacerbare la malattia, come per esempio l’obesità. E questo è logico data la produzione da parte del tessuto grasso di citochine/adipochine, che hanno attività infiammatoria. Ma qui si parla di competenza professionale e fattore burocratico ed organizzativo, se si vuole. Secondo il professor Denis Poddubnyy della Charité-Universitätsmedizin di Berlino, che ha anche partecipato allo studio, il fatto che visitare un numero più elevato di operatori sanitari ha ritardato la diagnosi mostra che è urgentemente necessario adottare misure per prevenire rinvii indiretti e portare pazienti con un'alta probabilità di axSpA direttamente a un reumatologo. Il miglioramento della formazione professionale potrebbe effettivamente prevenire inutili ritardi nella diagnosi. Anche perché questi pazienti nel tempo diventano a forte rischio di sviluppare sbilanciamenti della loro salute o igiene mentali. L’elevata invalidità, il dolore cronico e i sentimenti di frustrazione che attanagliano questa categoria di pazienti, li espone a forte rischio di problemi psichiatrici il più diffuso dei quali è sicuramente la depressione (media riportata 20-45%) seguita dai disturbi del sonno, soprattutto della sua qualità. E’ stato ipotizzato in precedenza che un forte determinante del ritardo diagnostico potesse risiedere nella incorrettezza del paziente nel descrivere accuratamente i suoi sintomi, il che può succedere. Ma è obbligo del medico indagare più selettivamente, una volta che la terapia antalgica di un dolore sospettato come “transitorio” o da comune attacco artritico non si risolve nell’arco di qualche settimana. Spesso si è propensi ad orientare la diagnosi verso una forma di artrite reumatoide, che spesso non riscontra le deformità delle estremità che compaiono in questa patologia. Ma dalla comparsa dei sintomi a quella delle deformità possono passare 10 anni, il che vuol dire trattare la malattia con farmaci che non sono indicati. Senza contare che la axSpA ha un interessamento della colonna che è tipico, e che invece è marginale per l’artrite reumatoide. Eppure ci sono eccezioni anche per questa situazione. Nella primavera di quest’anno è stato pubblicato uno studio clinico che ha riportato 22 casi di pazienti con spondilite anchilosante ed artrite reumatoide in comorbidità (AR/SA). L'età media al momento della diagnosi di AR/SA era di 51 anni, mentre la durata media del ritardo diagnostico era di 5,5 anni. Le manifestazioni cliniche comuni erano l'artrite sistemica, simmetrica, periferica e assiale. I tipici cambiamenti radiologici per le due condizioni coesistevano nei pazienti, inclusi i biomarkers infiammatori sierologici (PCR e VES). Le donne di mezza età erano il sottogruppo più comune nella coorte RA/AS, il che è concorde con la nota distribuzione di questo tipo di patologia fra i due sessi. Se è già problematico diagnosticare una AxSpA, dunque, si pensi alle difficoltà che possono insorgere quando eventualmente essa coesista con un'altra malattia reumatica. Ecco perché è necessario implementare l’invio di questi pazienti dal reumatologo il più velocemente possibile. Ogni anno passato con una diagnosi errata sono anni di qualità di vita perduta. a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica. Pubblicazioni scientifiche Zhang Y et al. Medicine (Baltimore) 2021 Apr; 100(13):e25051. Adshead R et al. Curr Rheumatol Rep. 2020 Aug; 22(10):59. Merino M, Braçe O et al. Clin Exp Rheumatol. 2020 Jun 30. Bindesbøll C et al. Curr Rheumatol Rep. 2020 Jun; 22(8):43. Garrido-Cumbrera M et al. Curr Rheumat Rep. 2019; 21(5):19. Redeker IM et al. Rheumatology (Oxford) 2019; 58(9):1634-38. 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Non è vero che solo le persone anziane hanno problemi alle ossa e alle articolazioni. I giovanissimi possono soffrire di spondilite anchilosante, fortunatamente può essere controllata
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