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“La morale riformata, la salute preservata, l’industria rinvigorita, l’istruzione diffusa, le cariche pubbliche alleggerite, l’economia stabile come su una roccia, il nodo gordiano delle leggi d’assistenza pubblica non tagliato, ma sciolto –tutto questo con una semplice idea architettonica.
[…]Un nuovo modo d’ottenere il dominio della mente sopra un’altra mente, in una maniera fino ad oggi senza esempio: e a un grado ugualmente senza precedenti, garantito da chiunque lo scelga contro l’abuso.”
Jeremy Bentham, Panopticon ovvero la casa d’ispezione.
L’idea di Bentham era semplice e ambiziosa, ma soprattutto era genuina, chiunque abbia letto il suo libro avrà di certo notato quanto il filosofo fosse profondamente convinto dell’idea che la consapevolezza di essere costantemente osservati, avrebbe portato ogni individuo ad agire moralmente e questo avrebbe garantito la fine delle guerre, la stabilità economica, la salute, il migliore dei mondi possibili insomma. Per farlo bastava dividere gli spazi di prigioni, ospedali, fabbriche, scuole e ogni altro luogo che prevedesse la presenza di molte persone, in modo che dal centro, dove era collocata una torre, fosse possibile osservare sempre ogni singolo individuo, ogni cella, ogni stanza, ogni officina, ogni classe e dalla quale si avesse anche una visione di tutto l’insieme, ottenendo quindi una sorveglianza capillare e globalizzata.
Ispirato, come tanti in quel periodo, dagli ideali della Rivoluzione francese, Bentham, forse interpretando in maniera un po’ troppo ottimistica il principio di fratellanza, immaginava che lo sguardo di un nostro simile fosse un deterrente sufficiente a non commettere abusi, illeciti e qualsiasi azione immorale. Questa sua idea prima di ispirare le opere di fantascienza letterarie e cinematografiche che tutti conosciamo, ha ispirato la scienza, infatti il Panopticon è stato, secondo M. Foucault, il pricipio conduttore delle architetture degli ospedali, dei sanatori e dei manicomi francesi della fine dell’Ottocento, periodo in cui la medicina clinica si istituzionalizza, s’inseririsce nel tessuto sociale occupando uno spazio anche visivo e concepisce le architetture degli edifici ospedalieri in modo da garantire questo sguardo individuale e centralizzato, con ampi stanzoni asettici atti ad evitare contagi, contatti, prossimità e assembramenti, pensati appositamente per separare i malati gli uni dagli altri, isolandoli, ma allo stesso tempo, mantenendo spazi aperti per un accurato controllo generale. La sensazione che ne ricava Foucault è quella di uno sguardo perenne su individui ridotti a corpi, corpi infetti, folli, malati, sporchi.
Alla fine dell’Ottocento, il principio di fratellanza sembra subire una corruzione di senso, da promotore e ispiratore di solidarietà tra i cittadini, diventa credito e giustificazione del potere di controllo di pochi, su quegli aspetti della società che riguardano la giustizia e la cura della salute. Assistiamo anche ad un’altra corruzione di senso, quella per cui il principio di cura non riguarda l’essere umano nella sua interezza, quale destinatario di un intervento, sociale o sanitario, che punti alla rimozione di stati temporanei di malattia o al contenimento di quelli acuti, sempre promuovendo la salute della persona in primis, ma diviene principio regolatore dei corpi, concepiti quali meri portatori di batteri, virus, demoni e impurità.
Ma per fortuna accadeva alla fine dell’Ottocento, quindi poco più di un secolo fa.
Quando venerdì scorso la Corte Suprema ha dichiarato l’aborto illegale, mi trovavo al Teatro Quirino, a Roma, stavo assistendo a un workshop sul trauma psichico con Bessel van der Kolk, il maggior esperto di trauma presente nel mondo. Fu proprio lui, di ritorno dalla pausa pranzo, a dare la notizia alla platea. Dopo aver condiviso con noi la sua tristezza per questo colpo di spugna che cancellava cinquant’anni di lotte per i diritti, ci ha confidato che la sua prima reazione è stata quella di chiamare sua moglie, per parlare con lei, esprimerle la sorpresa, la rabbia e la delusione che sentiva in quel momento.
Erano le stesse emozioni che stavo provando io e alle quali si aggiungevano timore e preoccupazione. Il timore è per le ricadute e le ripercussioni che questa decisione avrà inevitabilmente sugli altri Paesi del mondo, ma sono anche preoccupata perché essendo una persona che ama immaginarsi il futuro più che rimpiangere il passato, mi sembra che questa decisione stia togliendo a milioni di bambini e bambine, il diritto di nascere da una madre che li desidera e che desidera metterli al mondo; penso che la conseguenza più grave di questa sentenza sarà un aumento inarrestabile di traumi e di sofferenza delle donne di oggi e di domani, e di tutti i costretti a nascere. Mi fa sentire triste costatare che ancora una volta, con un sol colpo di martello siamo diventat* soltanto corpi che devono essere costantemente vigilati e sentire che siamo molto lontani da quel principio di solidarietà che spontaneamente guida gli esseri umani a farsi vicini nei momenti difficili. Che l’Altro possa fungere da regolatore dei nostri comportamenti e del nostro benessere, è perfettamente visibile nelle chiamata di van der Kolk a sua moglie, e anche se non abbiamo assistito alla loro telefonata, abbiamo tutti riconosciuto quel bisogno di raggiungere la persona a noi più intima, quella alla quale siamo più legati, quando un evento ci confonde o ci ferisce. Lo sguardo comprensivo di chi ci aiuta a crescere, la sua presenza affidabile e la sua cura affettiva sono ciò che garantisce il nostro benessere fisico e la nostra salute mentale, e che rappresenta la più consistente prevenzione ai traumi psichici. Così come uno sguardo intrusivo e controllante può compromettere la nostra salute e traumatizzarci.
La pratica di stalking online è resa possibile dall’esistenza di un’architettura informatica capace di permettere una sorveglianza capillare e globalizzata a livello mondiale, che può essere tranquillamente usata da chi abbia le compentenze necessarie per farlo. Questo strumento creato cavalcando la retorica dei buoni contro i cattivi e del paternalistico “è per il bene della nostra società”, permette a un uomo, che si trova in una qualsiasi parte del mondo, di cancellare il suo corpo, la sua visibilità e la sua responsabilità, di diventare sguardo disincarnato, silenzioso, abusivo e predatorio della mia vita privata, del mio corpo. La sua impunità è garantita da un sistema che promuove la sorveglianza di massa, deumanizza i corpi e manipola la realtà che ci circonda, di modo che la violenza venga spacciata per amore.
Durante questi anni, mi sono sentita spesso annientata da un senso di impotenza nel contrastare questo stalker, perché non avevo le informazioni giuste, le competenze sufficienti o le risorse economiche adeguate, i momenti più duri li ho attraversati da sola, ma ho potuto farlo grazie al conforto che ricevevo dalle persone care che mi sono state vicino aiutandomi a non arrendermi. Portavo questo senso di impotenza con me e lo trasmettevo anche a loro, che nonostante mi stessero dando ciò di cui avevo più bisogno, mi chiedevano di dirgli cosa potessero fare ancora per me. Rispondevo sempre che non c’era niente che potessero fare, perché io stessa non vedevo una via d’uscita. Oggi penso che l’unica via di uscita sia proprio nella solidarietà, nell’esprimere il proprio dissenso per ogni abuso di potere, nel partecipare alle lotte di chi difende il proprio diritto ad una vita felice, non soltanto degna di essere vissuta, nel sostenere la solitudine di chi resiste in queste battaglie con parole, musica e azioni, nel farsi sguardo comprensivo e regolatore della morale sociale.
Oggi chiederei questo di fare per me, ai miei amici e alle mie amiche, alle persone care, a quelle che lo sono diventate in questi anni e a quelle che spero lo diventeranno.
Roma 27/06/2022 h 09:00pm
Capitolo 5 La casa d'ispezione
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