#sono io la mia priorità
Explore tagged Tumblr posts
Text


Un nuovo inizio... cerca di amarti Angela senza soffocare nei tuoi pensieri, il passato è passato perché doveva essere tale sennò sarebbe presente e futuro lascialo andare anche dalla tua testa, so che puoi farcela, e quando vedi tutto buio attorno a te ti prego cerca sempre una luce, una speranza, un raggio di gioia per respirare ancora, non avere paura di chiudere gli occhi e riposarti perché c'è sempre una nuova alba che ti aspetta, un nuovo giorno in cui prendere le redini della tua vita, un passetto alla volta raggiungerai i tuoi obiettivi e sogni e troverai la strada giusta per te, non disperare se ora non ancora sai quale sia.
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#propositi per il nuovo anno#benvenuto 2024#presente#futuro#vita#nuovo inizio#buon anno nuovo#happy new year#lasciare andare il passato#vivere il presente#il qui e ora#foto#fotografia#scatto fotografico#sono io la mia priorità#questa è la mia vita#sogni#obiettivi#desideri#respira#luna#moon#moonset#cielo notturno#cara me#Capodanno
15 notes
·
View notes
Note
Mi chiedevo... A un certo punto della tua vita ha deciso di diventare genitore, hai preso la macchina, hai fatto la burocrazia, hai parlato con la SignoraMariaDellUfficioAffidi e ti hanno affidato Lilly, con tutto quello che ci sta in mezzo.
Ma prima? Cioè... Non è che uno si alza e comincia la trafila. Quando e perché, per la prima volta, hai pensato che forse avresti potuto farlo? Eri al mare? Stavi facendo la doccia? Ti è apparsa in sogno?
Beh, come si dice, in queste cose si è sempre in due, e quando uno non si muove, l'altro lo spinge :)
Chiariamo, io non ero contrario all'idea di diventare genitore, ma non l'avevo mai messa come priorità della mia vita. Penso di essere una persona che si lega tanto agli altri, ed ero strasicuro che una figlia l'avrei amata come non ho mai amato nessuno nella vita, però ho sempre considerato l'amore una condizione necessaria ma non sufficiente, e siccome in vita mia ho fatto morire anche le piante grasse, un misto di paura, ignoranza, mettici quello che vuoi nella zuppa, hanno fatto il resto. Non mi sono mai nascosto dietro quegli alibi del tipo "eh ma il mondo sta per finire, non ci sarà lavoro, moriremo tutti, l'inquinamento, etc.", perché le trovo robe da gente che chiagne e fott, se fossero sinceramente preoccupati per tutto questo dovrebbero chiudersi in casa e sigillare la porta con l'acetilene.
Tutta la storia l'ha spinta mia moglie e, per i motivi che ti dicevo prima, non mi sono mai opposto e mi son lasciato accompagnare nella cosa. Poi, quando ho stretto Lilly per la prima volta, ho smesso di pensare e ho imparato giorno per giorno a trasformare paura ed ignoranza in un qualcosa che avesse un valore.
Ma questa è la mia esperienza e non appartiene a nessuno. Se dovessi chiedermi se ne vale la pena, ti rispondo come nel precedente post: lo sai solo tu.
26 notes
·
View notes
Text
Ma come hai fatto? (La mia prima volta)

Sono una donna che nella vita non ha mai avuto troppe incertezze. Cresciuta ed educata secondo sani princìpi. La serietà, la coerenza, il non lasciarsi andare, l'impegno e l'evitare frivolezze sono sempre stati gli elementi base del mio carattere. Distacco, sobrietà e contegno. L'amore io lo immaginavo in fondo come un rapido passatempo, probabilmente addirittura quasi una seccatura, uno spreco di tempo ed energie che potrebbero essere utilizzati meglio, un ostacolo alla produzione lavorativa e alla realizzazione di sé. E invece sei arrivato tu. All'improvviso. Ti ho conosciuto durante uno stage settimanale in Francia per motivi di lavoro. Lavoriamo in aziende italiane concorrenti dello stesso settore.

Hai sconvolto tutte le mie priorità. Dopo un evidente tuo corteggiamento iniziale in albergo la sera stessa del primo giorno, mi sono detta: “in fondo è un bell'uomo. Ma sì, proviamo anche questa. Non è che di sera ci sia molto da fare, qui. Rapidamente, però.” Invece siamo saliti in camera, hai iniziato subito a spogliarmi. Io lo volevo e quindi già sentivo dentro un rimescolamento incontrollabile. Poi hai preso a baciarmi il collo, la bocca, i seni e pian piano sei sceso a valle: con la lingua hai aperto le mie grandi labbra e hai iniziato a mordicchiarmi, a leccarmi a lungo. Ma come si permette? E quanto mi piace! Non ce l'ho fatta più e sono venuta una prima volta!

Per me, ventiquattrenne di provincia tutta casa, studio e lavoro, era la prima volta! Hai puntato il tuo cazzo e inesorabile hai iniziato a entrare in me. Ero terrorizzata ma eccitatissima. Era un'esperienza che volevo fare, pensando di sbrigarla come una qualsiasi pratica standard. Stupida! Ho raggiunto di nuovo e in breve l'orgasmo. Tu, incurante delle mie richieste di rallentamento, sapendo di stare sverginandomi, continuavi come una bestia a possedermi. Ed era una sensazione meravigliosa: finalmente desiderata, presa con forza e resa un semplice oggetto di piacere. Ero diventata una donna, ero finalmente soltanto la femmina usata per far sfogare il maschio.

E infine mi sei venuto dentro: dentro questa femmina oggetto di piacere che era stata ormai sverginata, sfondata e resa dolorante. Ma appagata e felice. Non ho voluto farti uscire io! Ti ho messo le gambe incrociate sulla schiena mentre venivi. Speravo solo di non essere rimasta incinta. Tutti gli anni di studio, la posizione sociale, il prestigio, la rispettabilità: ogni cosa a puttane! O meglio, tutto nella figa della puttana che stavo diventando rapidamente per te. E poi tutto in una notte! Ero curiosissima: ormai volevo sperimentare qualsiasi cosa sapesse di sesso, con te. Dopo un po’ di pausa, ho voluto prendere il tuo benedetto e adorato cazzo in bocca: oddio che senso di totale sottomissione e nello stesso tempo di appagamento!

Ti ho fatto venire la seconda volta, malgrado la mia totale inesperienza: mi ero limitata infatti a prenderlo e tenerlo fermo nella mia bocca, succhiando e tirando sino a sentirti gemere e sborrare in me. Ti ho assaporato e ingoiato senza fare un fiato. L'uomo è un meraviglioso prodigio della natura. Quando ti sei calmato, sei tornato gentile e mi hai spiegato come deve essere sbocchinato per bene un uomo. Ridendo, ti ho promesso che avrei studiato e la sera seguente avresti potuto darmi quante ripetizioni volessi. Passata la giornata lavorativa, cena rapida insieme e poi di corsa su in camera. Ero pronta a mettermi in ginocchio, invece mi hai spogliata, gettata sul letto e girata. Ero un po’ spaventata, ma curiosa.

E comunque mi fidavo di te. Mi hai leccata a lungo tra le natiche e insalivato per bene l'ano. Poi vi hai spalmato un ulteriore lubrificante e hai puntato il tuo grosso glande sul mio buchino: piccolissimo al confronto! Ero terrorizzata. Ma resistetti: sei entrato piano in me. Ho serrato i denti, cercando di rilassare l'ano. Come hai sentito il mio corpo ammorbidirsi tutto, hai iniziato a incularmi e io ad accoglierti sempre più. Ti ho sentito mentre mi sussurravi: “ora sborro” e sono venuta con te. Se possibile, è stato ancora più bello della prima volta. Inutile dire che abbiamo scopato tutta la settimana. Ora ci teniamo comunque in contatto , anche se siamo entrambi sposati.

Ma essendo nello stesso giro professionale, quando ci ritroviamo insieme a un corso in comune, regolarmente godiamo di noi. E per nostra intima, dolcissima “tradizione”, oramai inizio sempre prendendotelo a lungo in bocca, facendoti sborrare copiosamente nella mia gola, gustando il tuo nettare e chiedendoti il voto alla fine. Ma tu vuoi sempre farmi un… supplemento di interrogazione! Per me tu sarai sempre la prima, bellissima volta. Ma come hai fatto a conquistarmi così?

RDA
52 notes
·
View notes
Text

“Ti amavo in un modo che forse non saprai mai. Ogni mia attenzione, ogni pensiero, ogni piccola cosa che facevo… era per te. Per vederti sorridere, per farti sentire importante, per ricordarti ogni giorno che eri la mia priorità.
Ma tu non lo vedevi. O forse lo davi per scontato. E io? Io continuavo, sperando che un giorno ti accorgessi che non era normale, che non tutti amano così. Sperando che ti fermassi, anche solo un momento, a dirmi: “Grazie.”
E invece, il tempo passava, e io diventavo invisibile. Le mie attenzioni erano routine, i miei gesti erano obblighi, e il mio amore… un peso che non volevi portare. Non ti biasimo, sai? Forse pensavi che sarei rimasto lì per sempre, che il mio amore fosse infinito, indistruttibile.
Ma poi, un giorno, tutto si è spento. Non per rabbia, non per mancanza di sentimenti. Sono cambiato perché non potevo più sopportare di non essere visto.
Ed è lì che ti sei accorta, vero? Quando sono diventato assente, quando quell’abbraccio non c’era, quando il silenzio ha riempito lo spazio che prima colmavo io.
L’amore vero non grida, non pretende. Ma non può vivere nell’ombra.
Hai aspettato di perdere chi ti amava per renderti conto del suo valore.
Una volta spenta la fiamma, quell'amore potrebbe non accendersi mai più.”
Liberamente tratto dal web
15 notes
·
View notes
Text
IO E L'ANTIDOLORIFICO
Sto prendendo un antidolorifico oppioide. Il mio rapporto con lui è un legame di fratellanza: nel momento del bisogno, il farmaco mi tende la mano senza chiedere nulla in cambio.
Non l'ho nemmeno pagato, perché esistono ancora le esenzioni per malati oncologici. Fino a quando dureranno? Temo che non sia una domanda oziosa o irragionevole. La sedazione del dolore è un diritto. Ma i diritti sono quella cosa che ci stanno togliendo con lenta e inerosabile crudeltà, giorno dopo giorno, per spingerci verso assicurazioni e altre schifezze onerose.
Ora per fortuna non ho questo problema. Posso contare sul caldo abbraccio del farmaco. L'antidolorifico mi ha mostrato amicizia disinteressata. E sappiamo bene che non potrò mai ricambiare il favore: non ho mai sentito parlare di oppioidi che si sentono abbandonati e bisognosi d'aiuto.
Il farmaco è racchiuso in una pastiglia che rilascia gradualmente il principio attivo nell'arco di dodici ore. La pastiglia va ingoiata integra.
Il foglietto illustrativo è scritto in caratteri quasi microscopici, ma sono riuscito eroicamente a leggerlo, malgrado cheratocono e presbiopia, grazie alla portentosa combinazione di occhiali e pittoresca lente di ingrandimento alla Sherlock Holmes.
Ho scoperto che la modalità di assunzione non è un dettaglio insignificante. Non bisogna masticare la pastiglia per nessun motivo. Il lento rilascio della sostanza è garantito dalla sua integrità. Masticare significa esporsi a un dosaggio eccessivo. Ti piomba addosso in un colpo solo.
E infatti c'è il rovescio della medaglia: gli oppioidi sedano il dolore, ma possono causare una pericolosa assuefazione, soprattutto quando li sottovaluti e ti viene voglia di cercare la botta, il flash, l'uso ricreativo.
Sembra che questa voglia, negli Stati Uniti, sia venuta a un sacco di gente negli ultimi decenni, anche per colpa di strategie pubblicitarie aggressive, prive di riferimenti ai rischi. Sembra che molte persone, un bel giorno, abbiano depennato l'integrità della pastiglia e il rispetto delle prescrizioni mediche dall'elenco delle priorità. Sembra che abbiano cominciato a masticare, tritare e sniffare quella pastiglia, per poi ritrovarsi tossicodipendenti ed esposte al consumo di eroina.
Insomma, non è una roba da prendere sottogamba.
E io un giorno ho commesso una leggerezza. Mi sono addormentato proprio a ridosso dell'orario stabilito per l'assunzione della sostanza.
Le mie dormite ultimamente funzionano così: "Mi sdraio un attimo sul divano. Appoggio la testa sul cuscino. Cosa potrà mai andare storto?". È un grande classico intramontabile.
Qualcosa va sempre storto. È la regola del 2025. Mi addormento in un nanosecondo ogni volta che l'idea di riposare per un attimo attraversa la mia mente per poi dissolversi senza lasciare traccia.
Risultato: domenica ho dormito per due ore nel momento sbagliato.
Al risveglio sapevo di non aver preso la pastiglia. Ma questa consapevolezza non era abbastanza forte per soddisfare il rigore e la severità del mio lato ossessivo compulsivo. Raggiungeva un onesto 99,9 per cento. E tutta la mia attenzione era puntata sul rimanente 0,1. Quello sgraziato numerino con la virgola era un piccolo e fastidioso insetto psichico che mi sussurrava: "Vuoi vedere che l'hai presa nel dormiveglia, durante un attacco di sonnambulismo?".
Ero dunque davanti a un bivio: la prendo lo stesso o se ne riparla fra dodici ore? La prudenza ha avuto la meglio. Ho pensato: "Salto il turno. Non posso assumere doppia razione. Non è un gioco".
Non volevo correre il rischio di un'overdose solitaria, tra l'altro senza aver sperimentato l'ebbrezza di essere una rockstar maledetta.
Mi sono preparato a dodici ore senza pastiglia.
Un gioco da ragazzi? All'inizio sì. Per cinque o sei ore non è successo nulla. Ho guardato due puntate di una serie TV. Ho sentito piccoli fastidi a cui non ho dato peso: una leggera sensazione a livello lombare, nell'addome e sulla coscia destra. Poi i fastidi sono cresciuti. Dopo nove ore ho smesso di chiamarli fastidi, perché la parola più corretta era "dolori". Dopo dieci ore quei dolori erano vere e proprie fitte.
Mancavano due ore. La sofferenza non era trascurabile, ma c'erano pensieri confortanti che mi davano forza. Il dolore sperimentato in passato aveva raggiunto il parossismo, aveva superato la soglia della tollerabilità, mi aveva gettato nella disperazione. Questa volta non ne avrebbe avuto il tempo.
Ho trascorso le ultime due ore passeggiando nervosamente avanti e indietro, mentre mi crogiolavo nell'autoflagellazione: "Danilo, ma perché devi essere così svampito? Perché? Sei una testa di c@zz0, ecco cosa sei. Lo sei sempre stato. Non cambierai mai".
Ho pensato a un episodio accaduto in seconda elementare. Dopo aver mangiato una merendina, durante l'intervallo, mi era venuto un dubbio: "Ho gettato la carta che la avvolgeva nel cestino o l'ho ingoiata?". Poi mi ero rivolto alla maestra in lacrime: "Aiuto! Aiuto! Ho mangiato la carta. Moriro!". Ancora oggi gli ex compagni delle elementari ricordano quella faccenda per prendermi in giro.
Non avevo mangiato la carta. Non ho preso la pastiglia nel dormiveglia. Ma sono così distratto e ossessivo che dubito sempre delle mie percezioni.
Le ultime due ore sono trascorse senza fare troppi danni. E ho appreso una lezione di vita. Metterò sempre la sveglia per non saltare altri turni. Odio il dolore in tutte le sue forme.
[L'Ideota]
15 notes
·
View notes
Text
La relazione tra l'Empatico e il Manipolatore è storia antica.
E' una "macabra danza" tra crudeltà e mancato riconoscimento, tra sottomissione e controllo.
Un confronto tra sofferenze diverse, ma in un certo senso molto simili.
Ipersensibilità e anaffettività sono entrambe lo specchio di enormi vuoti di salute emotiva e di traumi ripetuti e dolorosi.
Sono lo "specchio riflesso" di una stessa malattia: la mancanza di Amore sano.
Il bisogno di "salvare se stessi dall'oblio" è vitale nelle persone che tendono ad agganciarsi a relazioni squilibrate o addirittura tossiche.
Io non valgo. Oppure valgo troppo. E tu devi riconoscerlo.
Io ho bisogno della tua approvazione per sopravvivere alla mia "invisibilità" e tu hai bisogno della mia presenza per "esistere".
Controllo, possesso, potere, dipendenza.
Le Relazioni oggi si basano sul "consumo". E sul "bisogno".
E quando, per la prima volta, l'Empatico riconosce il suo modello di disfunzione, sceglie di affrancarsi con coraggio dalla dipendenza affettiva, radica il suo innato "diritto all'Esistenza", allora accade qualcosa di imprevedibile, di molto molto strano: non sa più chi è.
Abituato ad "insegnare" l'Amore a chi non lo "sente", a stabilire le proprie priorità sempre "fuori" e mai dentro, a perorare cause esterne di sofferenza e mancanza, a sostituirsi al dolore degli Altri, a credersi destinato a "servire" le vite altrui, improvvisamente, nella rinuncia al ruolo, si ritrova immensamente solo e spaesato. E profondamente "deluso".
In fondo lui non è mai esistito senza "la salvezza dell'Altro".
Non è degno di essere al centro del proprio progetto di Vita, di provvedere a se stesso nella Relazione, di coltivare e curare il proprio "giardino fiorito".
Non può vivere senza controllare l'Altro, senza possederlo, senza convivere con i Demoni dell'Altro, senza il Sacrificio, senza la Perdita, senza la sottomissione ai bisogni e alle necessità di chi gli sta accanto, sempre prioritarie rispetto alle sue.
Ed allora, all'improvviso, "si accorge".
Si accorge di non aver "salvato" nessuno. Di non avere il potere magico di cambiare l'Altro. Di non potersi sostituire alle responsabilità di chi non vuole o non può crescere.
E si guarda dentro. Scoprendo di "non valere nulla" senza il suo ruolo di "salvatore". Di aver speso anni e anni tentando di "scavalcare Dio", di assumersi l'onnipotenza di sostituirsi al Destino altrui.
E cade in confusione.
Il "chi sono io?" diventa martellante e prioritario.
Se non "aiuto" gli Altri, se non sono una guida per il prossimo, se non posso alleviare il Dolore di chi mi circonda, se non è in mio potere insegnare ad amare, se non mi metto a divulgare conoscenze e a impartire lezioni di Vita, "chi sono davvero io"?
Crollano i veli sull'Empatia.
Uno strumento perfetto per salvaguardare lo status quo di "vittima e carnefice", per tenere in piedi sistemi di potere disequilibrati, infantilizzati, deresponsabilizzati.
E' subdola l'Empatia. Ti mette sul piedistallo della saccenza e della bontà. Ti rende potente nel sollevare l'Altro. Ti rende Madre e Padre di figli persi e abbandonati. Per poi frantumarsi dentro e divenire lo specchio dell'innato bisogno d'Amore e di Attaccamento inespresso, mai esaudito.
Un Empatico che rompe con questo "ruolo e strumento deformato e deformante", si spezza dentro. Ed entra in un vortice di vissuti di "vuoto emotivo" e di "invisibilità", di tristezza e insensatezza, che riesumano la condizione originale, da dove si è originato il trauma.
Perché non essere stati visti ed amati, aver vissuto il rifiuto, non aver potuto percepire a livello fisico ed emotivo la sensazione di fusione materna e di riconoscimento paterno, è una eredità più comune e diffusa di quanto si creda. E' una vera e propria "catastrofe universale", una pandemia terrestre.
Oggi il Mondo non manca di risorse, di potenziale benessere, di tecnologia e progresso. Non necessiterebbe di tanta Materia, né di Distrazioni di massa.
Oggi il Mondo agonizza per "mancanza d'Amore sano".
E cerca nell'Altro una risposta che, però, non arriva mai.
Perché l'Altro è malato quanto noi. E perché l'Altro non è un genitore e non è nemmeno tenuto a compensare la nostra totale immaturità di crescita, il nostro infantilismo sentimentale o il nostro analfabetismo emotivo.
L'Empatico è vittima di se stesso. Non dell'Altro.
E dovremmo tutti porci nella condizione di riflettere sul senso delle Relazioni vissute come "salvezza" o "punizione".
E' molto comune e comodo credere che bontà, empatia e adultizzazione siano elementi positivi di una persona.
Connessione, autenticità, responsabilità e radicamento emotivo lo sono.
Il resto è "schema antico", funzionale a mantenere equilibri insani e malati.
Sarà "strano" abbandonare l'Empatia.
Non attirerà più persone bisognose di essere viste, pronte a sottrarre energie e risorse. Non esisteranno più i "guru". Cesseranno le religioni. Si esauriranno le caste. Si placherà la violenza.
Vedremo sbocciare le nuove Relazioni. Si creeranno tra Uomini e Donne autonomi, realizzati, connessi e centrati.
Rinunciare alla "Salvezza dell'Altro", ci farà inizialmente sentire inutili, senza ruolo, svuotati, insensati, poveri di dialogo e di doni da condividere.
Abbiamo creduto per così tanto tempo di "essere" quell'Identità emotiva, che essa fosse l'unica manifestazione possibile dell'essere umano evoluto, da non riuscire oggi ad assumerci altre competenze e possibilità espressive.
Ma non è così.
Il Nuovo avanza.
E questo è solo un "passaggio". Uno dei tanti. Forse più stretto di altri, con più incognite, con meno certezze. Ma anche quello più sincero, più vero, più autentico.
Siamo qui.
Proviamoci. Proviamoci a smontare gli ultimi baluardi del Passato.
Se fosse troppo disfarci delle ultime zavorre, potremmo sempre farlo a piccoli step, con pazienza e comprensione.
Non siamo dei robot ammaestrati.
Siamo Esseri umani vissuti per millenni nell'oblio.
Diamoci una possibilità. Offriamoci il giusto tempo, la giusta andatura, il giusto passo.
E poi affidiamoci al Battito del nostro Cuore, che, insieme alla guida dello Spirito e alla Volontà Umana, tutto sa e tutto "aggiusta".
Con Affetto Immenso.
Mirtilla Esmeralda.
8 notes
·
View notes
Text
Mi ricorderò per sempre l'esatto momento in cui il mio cuore ha smesso di battere per qualche secondo. Ero a casa,sorridevo,mi sorridevano gli occhi,stavo guardando fuori dalla finestra il mio lago e stavo ascoltando un vocale. Non so come mi sono ritrovata in ginocchio,le gambe mi avevano ceduto e sono rimasta lì a fissare il telefono con lo stomaco attorcigliato. Ho scritto un paio di messaggi e poi mi sono messa raggomitolata a letto e le lacrime hanno iniziato a scendere,piangevo e mi mancava il respiro, tutto aveva perso colore,sapore,non c'era più la me di sempre,ero tornata a tanti anni prima a chiedermi cosa avevo sbagliato e perché meritavo di nuovo di stare così male. Ho perso tutte le persone della mia famiglia per cose brutte,per tragedie, questa volta ho perso la persona più importante della mia vita per una cosa stupenda e che merita. L'ho persa perché cambierà tutto, avrà altre priorità, avrà tutto l'amore di cui ha bisogno lì accanto a sé e non gli servirà più il mio. Non potrò più amarlo e fargli sentire quanto è importante,unico,raro e magico. Adesso ha gli occhi che brillano, è tanto felice come mi ha detto e quasi mi ci sento in colpa a soffrire come un cane ma non posso farci nulla. La sua felicità è più importante di qualsiasi cosa e forse un giorno,non ora, troverò la forza di alzarmi da questo letto,sciacquarmi la faccia,e riprovare a respirare. Adesso voglio solo rimanere qui, raggomitolata,a scrivere per sfogarmi,a piangere,a farmi attraversare da questo dolore, finiranno le lacrime lo so,ma sono finita anche io. Non sarò mai più la stessa,il mio cuore non sarà più lo stesso,i miei occhi non saranno più gli stessi. Questa è la vita e io volevo solo passarla ad amarlo..
17 notes
·
View notes
Text


ciao, non uso più questo spazio per parlare di me o di come mi sento. non è che ci sia una motivazione, credo semplicemente che il ritmo della mia vita sia cambiato e spesso e volentieri quando si cresce la routine diventa così frenetica che al massimo quando torno a casa ho voglia di scrollare soltanto i social piuttosto che mettermi lì ad analizzarmi. una cosa ci tengo a dirla: la foto a destra mi è scappata, non l'ho volutamente scattata ma l'ho voluta postare perché ultimamente la mia pelle è tornata a fare qualche capriccio e ci sono giorni in cui fatico tanto a sopportarla. solo chi, in adolescenza o non, ha vissuto con l'acne può comprendere davvero cosa significa portarsi dietro gli strascichi di un viso che non riconosci. però per fortuna non sono più una bambina. adesso accetto che possano esserci dei momenti in cui il mio viso può darmi contro. per fortuna mi amo (solo un pochino) di più di quando avevo sedici o diciassette anni. la vita è troppo impegnativa per soffermarsi su due brufoletti e sabato nonostante la pioggia ho fotografato il lungomare e credo sia bellissima questa foto. tutto questo sproloquio per dire che è assolutamente vero che come reagisci fa la differenza. a chi vive questo momento di non sopportazione del proprio io fisico vorrei soltanto dire che prima o poi imparerete, crescendo, a capire quali sono le vostre priorità. e poi, credetemi, passerà come ogni fottutissima cosa della vita!!! vi voglio bene un bacio🤎
30 notes
·
View notes
Text
Se teniamo per fermo che nessuno vuole lavorare per il necessario ma per potersi permettere i lussi - e cioè quelle cose che nella sua condizione sarebbe più saggio rinunciare dando la priorità alle necessità primarie - si spiegano molte cose: si spiega perché gente che arranca a fine mese si mantiene piattaforme di streaming ad esempio o va ogni sabato e domenica a mangiare in un posto piuttosto che in un altro; o si spiegano questi che si comprano il cellulare a rate o qualsiasi altro elettrodomestico molto costoso ma a rate invece che ad esempio accontentarsi di qualcosa più alla sua portata. Il punto è che nessuno vuole campare per necessità ma per boria. Se devo campare per assicurarmi la campata diventa tutto noioso, frustrante, vedi che il lavoro che fai non ti basta, vedi che i sacrifici che fai sono insufficienti, rinunci a questo e a quest'altro ma comunque la necessità tua risulta minacciata ugualmente. Sarebbe un meccanismo di pensiero articolato, possedere capacità analitica ed introspettiva. Se l'economia fosse basata esclusivamente sul necessario il capitalismo sarebbe collassato già da parecchio e noi appresso a lui dato che non riusciamo a pensare un'alternativa valida allo spendere, all'avere di più. Quando dico allora che il capitalismo non appartiene solo all'economia, ma anche e soprattutto alla cultura mi riferisco proprio a questo: lo stato animale dell'essere umano è stato superato nel momento in cui ha iniziato a vivere oltre il necessario diventando prima sapiente e successivamente un acquirente. La sapienza e dunque la cultura e la conoscenza, sono state superate dal potere di acquisto nel momento in cui la scienza - la sapienza stessa - ha incrementato gli agi. Adesso la scienza è arrivata al punto massimo in cui non può superare se stessa, ma al massimo migliorare quello che è già, così come la cultura ha perso la medaglia di ricchezza. L'economia si regge dunque sul lusso e questo lo sapevamo già, ma il capitalismo è subdolo perché attraverso la povertà ti fa sentire comunque ricco. In questo sta dunque quella che chiamano la perdita di coscienza di classe. Dato che vivere non significa più sopravvivere ma possedere - i lussi - dunque le persone non si accorgono di non potersi non solo permettere i lussi, ma nemmeno il necessario, proprio perché il capitalismo sfrutta la condizione di povertà che egli stesso comporta per darti l'illusione di ricchezza. E' proprio questa illusione che tiene in piedi il meccanismo stesso del capitalismo. In parole povere non esistono più poveri, almeno nell'occidente avanzato, e non perché di fatto non c'è gente che non sia povera, ma perché la povertà è stata culturalmente rinnegata dalla nostra esistenza. Nel momento in cui, nonostante tutto, mantengo un equilibrio e cioè nel momento in cui nella mia vita comunque figurano beni di lusso io non sono fattualmente povero, anche se poi si vive arrancando. Nel momento in cui è stata eliminata dunque la povertà si elimina anche il vivere per necessità. Dunque sì, il paradosso in cui siamo inseriti è che non lavoro 60h a settimana per mantenermi il necessario, ma per mantenermi il lusso. Lo stato di "acquistatore" è più rilevante e più vitalistico dello stato di povertà proprio perché il primo mi conferisce uno status, mi permette di rientrare in una di quelle immagini che prevalgono sui social; mentre lo stato di povertà - comunque una minaccia presente e vicina - non riesco a figurarmelo addosso perché l'unica immagine che ho in mente quando sento "povero" è quella del bambino africano scalzo e mezzo nudo, col ventre gonfio e le mosche nelle narici ed io non rientro per definizione in quella categoria.
18 notes
·
View notes
Text
Madre, ora che sei fragile, sarò io a proteggerti, come tu hai fatto con me. Ti aiuterò quando ne avrai bisogno, come quando mi domandi di guarirti da un dolore o mi chiedi consigli. Ci fu un tempo che anche io ti chiedevo sicurezza e risposte, anche se non sempre ci riuscivi.
Perché non ero al centro delle tue attenzioni, la tua priorità era il tuo amor proprio. Sai ho imparato a mettermi da parte, a dare la precedenza ad altre priorità nella vita. Cosa che tu non sempre hai saputo fare.
Mi hai sempre detto "vedremo quando sarai un genitore", oggi lo sono e sai una cosa? Ci sto riuscendo in un modo che non mi sarei immaginato, che tu non hai mai compreso. E oggi mi sento anche tuo genitore che non tuo figlio.
Io, quello con la testa fra le nuvole che "si dimenticava sempre", oggi ti aiuto a ricordare i nomi, le date e le cose che hai fatto ieri; il mio compleanno e la mia età, i tuoi appuntamenti e le tue scadenze.
Cammineremo insieme, senza fretta, e ti stringerò forte per farti sentire al sicuro. Per non farti cadere. Come io mi attaccavo a te, con tutte le mie forze, e nessuno poteva staccarmi, piuttosto mi disperavo. Poi venne il tempo in cui volevo allontanarmi e non farmi più riprendere.
In questo scambio di ruoli, sto imparando tanto su chi sono davvero, perché prendermi cura di te così fragile sarà il modo più grande per donarti tutto l’amore che, probabilmente, non hai mai avuto.
Mi stai facendo scoprire i miei limiti, che dovrò superare per migliorarmi. In fondo mi stai aiutando nella consapevolezza e nel comprendere la mia vita futura.
Stai anche aiutandomi a riconoscere alcune mie doti, che non sapevo di avere e di questo ti ringrazio. Il tempo ci cambierà, ma non potrà mai cancellare ciò che ci lega. E fino all’ultimo istante resterò al tuo fianco, come feci con mio padre.
7 notes
·
View notes
Text
non scrivo mai cose del genere, ma un post al 2024 devo dedicarlo. nel complesso non si può dire che sia stato un bell’anno, ma è stato decisamente migliore dei precedenti. a gennaio ho iniziato finalmente un percorso dalla nutrizionista, ho ripreso peso, sono tornata in forma. i primi mesi sono stati pieni di momenti di sconforto, ma al mio fianco c’era l’unica persona per la quale morirei, quindi riuscivo in qualche modo a cavarmela. quest’anno ho preso diego, è stata la decisione migliore che io abbia mai preso in ventidue anni di vita. diego mi da tutto quello di cui avevo disperatamente bisogno: affetto, attenzione, gioia, bacini, coccole, una buona ragione per vivere. ci sono stati mesi completamente bui, in cui solo diego riusciva a tirarmi su, in quei mesi, nonostante non avessi voglia di fare nulla, sono stata costretta ad alzarmi tutte le mattine per portarlo a fare la passeggiata e poi dargli la pappa, a pulirgli le zampette, ad alzarmi per giocare con lui, a mettergli l’acqua eccetera. l’anno scorso non era così, ero talmente immersa nel dolore che non riuscivo ad alzarmi, a mangiare, a parlare, non riuscivo a fare nulla. ora, anche quando sto male, devo trovare la forza di alzarmi, e la forza di alzarmi è diego. quest’anno ho avuto il mio primo lavoro e quindi per un bel periodo ho avuto i miei soldi e ho imparato a gestirli responsabilmente, senza privarmi di togliermi qualche sfizio una volta ogni tanto. sono cresciuta tanto, mi sono evoluta, ho raggiunto una maggiore consapevolezza delle mie abilità e di me stessa in generale. ho imparato a riconoscere la mia forza, a lasciar andare persone che non meritano le mie premure, a dare la priorità a ciò che davvero conta per me, a farmi scivolare addosso le critiche degli altri. ho iniziato a portare diego ad addestramento tutte le domeniche, durante la settimana aspetto solo una cosa: la lezione della domenica. mi diverto da morire durante ogni lezione, e in più il mio rapporto col cane continua a migliorare di settimana in settimana e io sto acquisendo molta sicurezza in me stessa. sto iniziando a capire cosa mi piacerebbe fare in futuro, chi mi piacerebbe diventare, quali posti mi piacerebbe visitare. insomma, non si può dire che sia stato un anno totalmente di merda dai, nonostante stia finendo molto male. la morte di ettore proprio negli ultimi giorni del 2024 mi ha fatto rivalutare il tutto per un attimo, ma è stato solo un evento estremamente spiacevole alla fine di un anno non poi così di merda.
auguro a me stessa e a tutti voi un buon anno nuovo, sperando non sia una merda totale
19 notes
·
View notes
Text
Di cose da sbloccare
La giornata è stata abbastanza densa. La mattina mi ha visto impegnato in alcune formalità. Ormai sono le ultime. Ci sono varie cose da sbloccare. E io mi sto attrezzando affinché ciò accada. Mi sono dato una priorità. Far sì che mia mamma possa stare tranquilla almeno dal punto di vista economico. E dovrei riuscirci. Perché quando mi metto davvero in testa qualcosa, io ci arrivo fino in fondo. Sempre. Buonanotte a tutti.
9 notes
·
View notes
Text


È molto strano perché mi piace tanto inserire foto e ovviamente l'editing è tremendo, ma non riesco più a farne tante con disinvoltura e non so perché.
Comunque: oggi ho sentito la psicologa e lei è molto contenta di rivederci e anche io e mi ha detto di fare un diario e direi che su quello ci siamo, poi sicuramente dovremmo stabilire un'ordine di priorità sulle cose da affrontare perché c'è tanto di cui parlare
In queste settimane ho fatto tanti dolci e i miei rotolini alla cannella non hanno lievitato perché il lievito fresco ha fatto i capricci e ci ho sofferto un po'
È molto molto molto difficile studiare e avere una routine, ma vorrei dormire più presto e riuscire ad aggiustare qualcosa in questa routine. La prossima settimana verrà la mia famiglia e verranno tutti che è un grande stress e mi chiedo come facciano a non capirlo. Ho anche un progetto di laboratorio da fare in quei giorni e sarà un casino
Una mia amica storica ha trovato casa e sono così contenta per lei anche perché è in un quartiere a cui vogliamo bene e iniziare in nuovo capitolo della nostra vita insieme riempie il cuore. Ho visto la sua famiglia e abbiamo parlato e forse un po' mi sono sentita socialmente accettabile.
Ho imparato da lei a indossare i turbanti ed è benissimooo ora i miei capelli sono salvi dall'essere toccati dalle mie mani ossessive stressate
Sto leggendo e ho riorganizzato la libreria e il comodino perché con la mia famiglia arriveranno delle nuove cose di casa, soprattutto libri. Sto finendo gita al faro ed è proprio bellissimo e ne avrò nostalgia quando sarà finito, qui una citazione essenziale

12 notes
·
View notes
Text
La cultura del nulla.
Partirei col dire che oggi che è il giorno della memoria 'corta' ci si è dimenticati di una lezione dura, come detto altre volte non impariamo dai nostri errori, sapendo che l'olocausto non fu solo per gli ebrei ma anche per tutte quelle minoranze che non andavano bene al regime nazista come i nomadi, gli omosessuali e quelli dalla pelle non bianca, ma di norma questo giorno viene considerato solo per gli ebrei. Quei poveri cristi gassati o uccisi male non hanno niente a che fare con quello che sta succedendo adesso tra israele e la palestina, netanyahu e compagnia bella non sono gli stessi, decisamente, e su questo e quello che c'è attorno ci sarebbe molto da dire, ma mi fermo qua perché il post non è dedicato a loro o al massacro che stanno facendo da mesi sotto gli occhi di tutti senza che nessuno che abbia un minimo di voce in capitolo faccia qualcosa.
Ieri si è aperta la stagione che vede Tartu (la città estone dove vivo) come capitale europea della cultura. Sono andato a prendere un caffè con la piccoletta che a fine mese si trasferisce in Svezia e abbiamo visto nel gelo della giornata parecchie persone vestite con i costumi tradizionali e in piazza c'era un palchetto con musica terribile, facevano le prove. Li per li pensavo che è legato a una delle loro celebrazioni, ho letto qualche post del compleanno del paese o qualcosa del genere, ma mi sbagliavo. Poi la sera arrivava da non molto lontano l'eco di musiche tecno e house a volumi esorbitanti e la mia compagna mi ha detto che è iniziato il periodo della cultura. Quale cultura? Questo paese al confine del mondo conosciuto, di fatto non viene mai calcolato nelle statistiche europee, nato da pochissimo, se si considera che si sono liberati dall'unione sovietica nel 91 e che gli anni 90 li hanno passati ad assestarsi, si può capire che in realtà il paese ha più o meno 25 anni, niente se si paragona a paesi europei come il nostro o altri che hanno contribuito alla storia e alla creazione di questa civiltà in declino. Ma in quegli anni i governi hanno puntato sulla tecnologia, avrete sentito che l'Estonia è una piccola silicon valley e fin qua niente da dire se si pensa che alcuni software di successo sono stati creati qua, skype e nod32 in testa, ma quello che hanno fatto è stato creare una società stile americano, degli stati uniti, ma assorbendo la parte peggiore quella del puritanesimo per avere una facciata bella ma con un interno vuoto e spesso orribile. Questo ha influenzato la cultura, ovviamente, che è stata messa da parte per dare al popolo l'idea che il lavoro sia una priorità assoluta e che tutto il resto è superfluo. C'è anche da non sottovalutare l'enorme gap che hanno questi paesi, quelli del ex blocco sovietico, in termini di tempo (furono inglobati nel 1940) e siccome i russi non volevano che niente di occidentale venisse venduto o riprodotto o consumato dai popoli sottomessi ecco che tutto quello che abbiamo avuto noi, a livello culturale artistico e letterario nel bene e nel male, loro non l'hanno visto. Recuperare 50 anni di storia e di cultura mondiale non è facile, anzi è quasi impossibile perché i periodi storici e i cambiamenti sociali e culturali si devono vivere e capire per poi progredire, loro no, una volta liberi hanno preso quello che pochi e avidi personaggi propinarono loro attraverso i media, quindi parecchio mainstream e qualcosa che recuperavano dagli anni precedenti, per farvi un esempio quelli della mia età e più grandi ricordano con amore i nostri cantanti come Toto Cutugno, Al bano e Romina i ricchi e poveri e tutti quelli di quei San Remo primi anni 80, io dico che i russi li torturavano con il festival come battuta ma in pochi la capiscono perché il nostro festival non lo conosce quasi nessuno, è una cosa prettamente nostra e soprattutto poco esportabile. Si può capire da questa piccola storiella come l'interesse per le arti in generale non sia una priorità per l'estone medio, per carità ho conosciuto persone che hanno una buona cultura musicale, visto che sono del ramo, molti conoscono l'arte e così via, ma perché sono anche loro nel campo ed è logico che prendendo una nicchia cercano di esplorarla il più possibile, anche grazie al mezzo internet. Ma mi è capitato anche di parlare con persone che non conoscono neanche i loro di cantanti, non dico nomi astrusi di nicchia stranieri, ma neanche quelli locali che ve li sbattono ovunque in tutte le salse? Questo la dice lunga quanto sia bassissimo l'interesse.
Quindi la domanda è : Quale cultura andate a celebrare in questo periodo visto che siete la città della cultura europea? Se poi considerate che schifate lo straniero e quindi non tollerate altre forme culturali, cosa andate a mostrare? La cultura dell'alcol? O quanto siete copia e incolla fatto male di un mondo che non ha niente a che vedere con l'Europa?
Questo è a grandi linee un paese che sulla carta è moderno e innovatore, ma che se sposti la carta vedi tanto di quel marcio che diresti 'Ok, statevi per fatti vostri per altri 150 anni poi ne riparliamo'. A me non frega molto fra 2 settimane torno in Trinacria per un periodo XY a rigenerarmi da tutto questo e non so neanche se tornerò più a vivere qua, ma questo dipende molto da come si mettono le cose con lei. Da noi si dice "comu finisci si cunta" (quando finisce si racconta). Penso che l'album giusto sia l'immortale capolavoro del Banco
youtube
33 notes
·
View notes
Text
Mi sono allontanata amandolo, e anche se volevo restare non potevo più farlo, le sue azioni mi dimostravano che non ero la sua priorità, e questo mi feriva sempre di più.
Ho provato in mille modi a fargli capire che mi stava perdendo. Ma forse è quello che voleva, perché mi diceva sempre che esageravo, di non disturbarlo con sciocchezze, che aveva bisogno di pace, che aveva così tanti problemi perché io gli dessi di più. Mi ha fatto capire che avevo bisogno di tranquillità, quelle parole sono state sufficienti per non insistere più. E anche se il processo è stato un po ostile, sono sicura che non ho bisogno nella mia vita di qualcuno che non sappia vedermi come la cosa più grande che gli sia mai successa nella sua vita. Me ne sono andata amandolo, ma è stato l'atto d'amore più puro che mi sia mai dato
Dove non hai priorità, lì non ti ameranno mai.
《Greace Lau》
👗💙💜🎩
7 notes
·
View notes
Text
È stata una settimana difficile.
Come avevo accennato, i giapponesi me lo hanno messo nel culo e dallo scorso Venerdì ho cominciato un training sui network, che durerà fino a Giovedi prossimo. Più che training, lo definirei "self-training", dato che l'insegnante è teoricamente a disposizione per eventuali domande, ma non insegna niente, per cui se non sai dove e come si inseriscono i cavi LAN, se non sai quali sono i comandi per creare una vlan ecc, arrivederci e buonanotte. Fortunatamente per me, in questo training c'era un mio coinquilino indiano e una cinese già avviata su queste cose con cui avevo già trascorso i due giorni in sede (anche se non abbiamo fatto un cazzo e non è che avessimo parlato tanto, però comunque ci salutavamo e questo è già tanto in questo paese, posso assicurare), per cui da qualche domanda su qualche dubbio random, siamo passati da essere quattro team da 2 persone a un solo team con tutti dentro e questo ha aiutato tutti a capire, a imparare e a riuscire a fare ciò che ci avevano assegnato di fare in relativamente poco tempo.
La mia routine in questi giorni comincia alle 6:00 del mattino. Prendo il treno pieno zeppo di salaryman e ragazzini che vanno a scuola lontanissimo da casa, sperando con tutto il cuore che qualcuno scenda a fanculo per prendere il suo posto a sedere così dormicchio un altro poco, perchè altrimenti sto 1h e passa in piedi e finisco per chiudere gli occhi così dalla stanchezza. Tutto ciò per arrivare in sede intorno alle 8:30 perché in questo paese se cominci alle 09:00 e arrivi puntuale allo stesso orario, sei in ritardo, dato che alle 09:00 devi solo timbrare ed essere già pronto a lavorare immediatamente. La giornata lavorativa finisce alle 18:00 sempre se non hai nessun meeting per eventuali colloqui (che hanno la priorità sui training) fissati alle 17:30 e che possono prolungarsi anche oltre l'orario stabilito. Prendi il treno, con la stessa speranza di riuscire a trovare un posto per dormicchiare e arrivi alla stazione di casa alle 19:00 circa. Poi vado in palestra per finire alle 21:00/21:30. Mentre torno a casa si fanno le 22:00 e passa e fortunatamente ho avuto l'accortezza di prepararmi tutti i pasti nel weekend così ho solo da scaldarli al microonde per mangiare la cena. Tra cena e chiacchiere generali si fanno quasi sempre le 23:00 o mezzanotte. Il giorno dopo di nuovo sveglia alle sei del mattino con solo 6h di sonno addosso, quando io per funzionare ho bisogno di almeno 8h. Tutto questo, se protratto per tutta la settimana, può far capire quanto poco ho dormito in questi giorni e quanto stanca io possa sentirmi (una notte ho dormito solo 5h).
Eppure questa è la normalità giapponese. Ultimamente mi fa molto ridere vedere su IG post italiani sul burnout, sulla settimana lavorativa corta, sulla tossicità del posto di lavoro e vedere i commenti di tutti che, giustamente, si lamentano. Ma vi dovete considerare privilegiati e fortunati per questo. Perché almeno in Italia esiste un dibattito su questi temi e certe cose hanno cominciato ad essere messe in discussione.
Qui no. Qui non si vede nemmeno l'ombra di un dibattito e di una messa in discussione. È così, funziona così, basta, non ci puoi fare niente. Non ci puoi fare niente se non hai una vita oltre il lavoro, se puoi dormire solo 5/6h a notte ed essere talmente stanco da dormire ogni minuto possibile in treno e se sei in bornout senza manco saperlo. Lo fanno tutti e lo fai anche tu: tutti già pronti alle 7 per aspettare il treno, tutti a dormire sia seduti che in piedi, tutti con la faccia da zombie per raggiungere il posto di lavoro lontano anche 40km da casa. E i treni sono piedi zeppi come l'uovo al mattino - per far capire quanto dire "tutti" significhi letteralmente "tutti" (oltre per far capire che culo possa essere trovare un posto a sedere).
E la mentalità del "è così, basta, non ci puoi fare niente" deriva da un concetto culturale e religioso semplicissimo. Tutto il mondo euro-americano non fa che elogiare il buddismo, specie quello zen. Perché mette al centro l'armonia, la calma dell'anima, l'accettazione stoica del momento presente per poter raggiungere la pace interiore. Ebbene, questa mentalità che sembra essere così affascinante, porta il popolo asiatico ad accogliere passivamente pure la merda di vita che fanno. Non si mette in dubbio più niente, devo solo seguire il flusso, subire passivamente quello che mi succede perché è normale così e perché "non ci posso fare niente".
In giapponese esiste l'espressione 仕方がない (letto: shōganai/shikata ga nai) proprio per dire:"non c'è altro modo" e quindi "non ci puoi fare niente", lo devi fare e basta. E lo dicono praticamente sempre, per tutto: durante il training nessuno ti spiega niente e devi fare tutto da solo? E vabbè, shōganai. La tua vita fa schifo perché è solo lavoro e treno? Shōganai. Il capo ti dà task impossibili che ti fanno rimanere in ufficio fino alle 21? Shōganai. Tante compagnie stanno togliendo lo smartworking perché si sono finalmente accorti che l'emergenza covid è finita? Shōganai.
Ma SHŌGANAI UN CAZZO. Vi dovreste incazzare, dovreste urlare dicendo: no, questa cosa non ha letteralmente senso quindi BASTA, non sono d'accordo, io non la faccio, vaffanculo. E invece loro no. Questi accettano passivamente tutto quello che accade nella loro vita ed è per questo motivo che sono una società arretrata di morti ambulanti che vedono la morte fisica come l'unica via di fuga. Perché non sanno vedere oltre. Perché nessuno glielo ha insegnato.
Quanti padri sto vedendo in questi giorni di mattina alle 7 nel treno e la sera alle 22 per strada e penso: questi quando li vedono la moglie e i figli se tornano alle 22 a casa (che in Giappone è come dire le 24 per gli italiani) dopo le cene aziendali dove spesso si ubriacano pure male? Che senso ha? E i ragazzini persino delle elementari e medie che alle 7 già stanno in strada o sui treni per raggiungere la scuola, i genitori che cazzo hanno nel cervello per preoccuparsi più che i figli vadano nella scuola rinomata piuttosto che pensare alla loro salute mentale?
Ma qua la salute mentale è un altro dibattito che semplicemente non esiste. Si fa così, si è sempre fatto così e non ci si fanno domande perché la loro testa è fatta in modo da non riuscire a vedere una via alternativa. E se da una parte ti verrebbe da dire "Madonna però poverini", dall'altra il suggerimento che mi viene da europea è pure "aò scetati perché se stai come na merda la colpa è pure tua che non fai letteralmente un cazzo per cambiare la situazione".
Per cui al merdoso shōganai giapponese, io ribatto con l'intelligenza italiana del "chi è causa del suo mal, pianga se stesso".
#Giappone#purtroppo sono un popolo di deficienti sottomessi#la loro situazione politica rispecchia perfettamente la loro situazione#poi uno dice voglio vivere in Giappone#voglia di ridere in faccia e di spaccare i denti a sta gente allo stato puro#shoganai#buddismo#vita di merda#spero che finito il training me ne sto a casa altri 3 mesi mannaggia la miseria#my life in tokyo#smettetela di amare questo paese alla follia perché non se lo merita
29 notes
·
View notes