#siamo una generazione di adulti di merda
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Caos sul volo Londra-Cagliari: passeggero urla contro una madre che cercava di tranquillizzare il figlio. Portato via dalla polizia
TESTA DI CAZZO.
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Aggiungo: ogni generazione, da giovane, ha commesso le sue spregevole tue.
Anni '90 ( io ero adolescente ): un gruppo di ragazzotti veneti, non sapendo come trascorrere il sabato sera, sale su un cavalcavia e comincia a lanciare pietre sulle automobili che passano, esultando quando riescono a colpirle.
Una di queste pietre sfonda il parabrezza e la faccia di Maria Letizia Berdini che muore sul colpo. Il marito al volante, sotto shock ( un istante prima sua moglie è al suo fianco, un momento dopo la sua faccia esplode ) continua a guidare per diversi metri.
Da quel momento, per qualche anno, nel centro-nord Italia partì la moda del lancio dei sassi dai cavalcavia. Sì perché adesso diamo la colpa alla "spasmodica ricerca di Like sui social" ma a quei tempi, in cui internet non esisteva, c'era la spasmodica ricerca di apparire 15 minuti in televisione.
Giovincelli annoiati cominciarono così a giocare al tiro al bersaglio con le automobili per poi vantarsene al bar con gli amici ("Oh, abbiamo fatto come quelli che si vedono al tiggì!").
"Quelli che si vedono al tiggì " ( traduco per i giovani: tiggì = telegiornale) cioè i fratelli Furlan, trascorsero 11 anni in carcere per l'omicidio di Maria Letizia.
Adesso mi domando se fra i vecchi tromboni che si lamentano dei giovani d'oggi non ci siano anche gli amici, i cugini e la fidanzata che a quei tempi facevano compagnia ai Furlan sul cavalcavia, che non finirono in prigione perché non avevano materialmente lanciato il sasso omicida ma che non fecero nemmeno nulla per fermarli.
La massa di vecchi tromboni che da giorni vomitano giudizi da quattro soldi sui giovani d’oggi, accusandoli di vivere per i like, hanno insegnato loro a vivere per i soldi.
Fatevi un esame di coscienza prima di gettare fango su una intera generazione.
Ipocriti.
Dalla pagina fb del prof Guido Saraceni
#siamo una generazione di adulti di merda#che è stata una generazione di giovani di merda#e che ha la faccia tosta di lamentarsi dei giovani d'oggi
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Quando avevo 7 anni, mio padre mi ha detto una cosa che sarà il motivo per cui morirò da solo. E anche felicemente.
A 7 anni non sapevo cosa fosse la vita. Come cazzo facevo a sapere cosa fosse l’esistenza? Decido di chiederlo a papà. Sa aggiustare il computer, lui lo saprà.
“Papà, qual è il significato della vita? Perché siamo qui? Che cazzo è?”
Papà ama i suoi figli, quindi vuole spiegarlo in un modo comprensibile. Purtroppo suo figlio è un testa di cazzo. Quindi deve spiegarlo in un modo comprensibile a un testa di cazzo, e, accidentalmente, lo fa alla perfezione. E mi è rimasto fino ad ora.
Fa: “Ok, amico. Immagina che la mia vita, la tua vita, quella di ognuno di noi, che ogni vita sia un puzzle individuale. Noi viviamo e aggiungiamo un pezzo alla volta al puzzle, con ogni esperienza e lezione che affrontiamo, fino a creare l’immagine perfetta. Ma il fatto è che ognuno ha perso la scatola del puzzle. Quindi non sappiamo come sarà l’immagine finale, stiamo tirando a indovinare, cazzo.
Quindi, in questo caso, il modo migliore per fare il puzzle è cominciare dall’esterno, i lati e i quattro angoli:
La famiglia.
Gli amici.
Gli hobby e gli interessi.
Il lavoro.
Ovviamente, nel corso della nostra vita cambieranno. Ti farai dei nuovi amici e ne perderai altri. Devi spostarlo un po’. A volte hai un lavoro e un hobby, e devi decidere se vuoi più tempo libero o più lavoro. A volte un membro della famiglia muore e lascia un vuoto. Dovrai riempire quel vuoto altrimenti resterai incompleto.”
Questo aveva perfettamente senso per me, perché avevo 7 anni, e adoravo i puzzle.
“Una volta creati i bordi, qual è la parte centrale? L’immagine che ne verrà fuori?”
“Quello è il pezzo del partner.
Tu e questa persona che non hai mai visto prima, che spunta fuori dal nulla, riempie la tua vita, ti completa. E ti fa sentire realizzato per la prima volta in vita tua, come tua madre fece per me.”
Nel mio cervello di 7 anni si registrò così:
Se non sei con qualcuno, sei difettoso.
Se non sei con qualcuno, sei incompleto.
Se non sei con qualcuno, non sei integro.
E non è qualcosa che mi ha fatto provare mio padre, ma è ciò che la nostra società proietta ai bambini nati negli ultimi 40 anni.
C’entra sempre l’amore.
Il divorzio, cosa ordinaria, niente di male in quello. Quando cresci e i genitori dei tuoi amici divorziano, ti dicono di non parlarne con loro, perché è un tabù, e il motivo è che ogni relazione sembra perfetta, perché nessuno vuole ammettere che non sappiamo cosa stiamo facendo. E, se cresci i figli in quel modo, dove tutto porta all’amore e sembra perfetto, quando i fottuti 18 anni e diventano adulti per la prima volta, cercano ancora di essere adulti. Alcuni prenderanno il pezzo sbagliato, e cercheranno di incastrarcelo comunque, negando che non ci stia. “Sposto questo. Questo non mi serve. La sua opinione no, fuori la mamma. Perché no?”
Mettiamo a forza questa persona nella nostra vita, perché preferiamo avere qualcosa piuttosto che niente.
Cinque anni dopo, guardate il puzzle che non riconoscete: “Come cazzo c’è finita qui questa stronza?”
Forse incontrate la persona perfetta. Magari ci uscite. Vi fa ridere. La fate ridere. Ha una risata stupida, ma quanto cazzo vi piace.
Vi piacciono le stesse cose. Accettate le vostre stravaganze. È perfetto. Oddio, vi ha completati.
... Per tre mesi.
Ogni relazione è perfetta per tre mesi.
Perché, dopo tre mesi, capite che nessuno è il pezzo di un puzzle. Ognuno al mondo è tanto complesso, intricato e singolare quanto voi, e anche loro hanno passato 20 anni della loro vita a fare il proprio puzzle. Come voi avete fatto con il vostro. Non potete aspettarvi che lascino tutto ciò che hanno ottenuto per venire nel vostro. Anche voi vi incazzereste se vi chiedessero di sacrificare tutto per entrare nel loro. Ma ora, siccome vi piacete, e siete interessati l’uno all’altro dovete fare un puzzle insieme. E sappiamo tutti quanto cazzo è irritante.
Ma lo fate, perché vi amate e siete interessati, e forse per due anni andrà bene. Ma il tempo non è amico del successo. Puoi passare 5 anni o più con qualcuno e solo allora, dopo tutto il divertimento, guardare il puzzle e notare che state lavorando su immagini diverse, e capire che volete cose diverse. E, in quel momento, dovrete porvi delle domande molto difficili.
1. Ammetto che questi 5 anni della mia vita sono stati sprecati?
2. Ho intenzione di sprecare il resto della mia vita?
Il 55% dei matrimoni finisce con un divorzio.
Il 99% delle relazioni che iniziano prima dei 30 anni finiscono.
Se queste fossero le statistiche per un intervento, nessuno rischierebbe.
Ma siccome è l’amore ed è stupido, ci sdraiamo sul tavolo operatorio: “Forse stavolta non morirò dentro”.
La mia generazione è così ossessionata con l’iniziare il resto della loro vita che sono pronti a rinunciare a quella che stanno vivendo.
Abbiamo una visione romanzata del romanticismo e questo è cancerogeno.
La gente è innamorata dell’idea dell’amore e non della persona con cui sta.
Non dico che è impossibile trovare l’amore. Dico solo che, statisticamente... voi non l’avete trovato.
Nel profondo del mio cuore, io credo che l’80% delle relazioni nel mondo siano cazzate.
Un mucchio di persone che non hanno imparato a stare da soli e, di conseguenza, ad amare se stessi, quindi hanno assunto qualcun altro che lo faccia.
Dimostratemi che mi sbaglio.
Volete delle prove?
Guardate come la gente cerca consiglio.
“Qual è il segreto di una relazione felice? Per una lunga e fruttuosa relazione?”
Eccolo, venite tutti qui.
Un cazzo di niente.
Dovrebbe essere facile come respirare. Dovreste essere un tutt’uno con l’altro.
Se diventa difficile, uscitene, perché ci sono 7,5 miliardi di persone sul pianeta. Ne troverete un’altra.
I compromessi sono la cosa più scema mai sentita in vita mia, perché li ho fatti.
Quando sono in una relazione, faccio dei compromessi e cambio chi sono. E poi, per qualche motivo, odio me stesso. Perché? Perché non sono io. Sono una fottuta persona artificiale. Ma ora basta.
Ora sono del parere che, se non ami al 100% chi sono fanculo stronzo di merda.
Perché se non ami al 100% chi sono, allora non ami me. Ami l’idea di me che hai creato nella tua testa. E non è colpa mia se non sono all’altezza delle aspettative. Devi amare il buono e la merda, perché sono fatto al 90% di merda. Devi amare il 100% di me, perché è quello a rendermi chi sono. Se non mi ami al 100% ci sono altre 7,5 miliardi di persone al mondo. Vanne a cercare una e vedi se la ami al 100% e se riesce a sopportare la tua fottuta mamma.
Perché io amerò il 100% di te, davvero, anche le cose che mi irritano. Le amerò perché è ciò che ti rende chi sei, è ciò che sei per me e anche tu devi amare le mie peculiarità.
Papà dice che il centro del puzzle dovrebbe essere il partner. Perché sono felice quando non c’è? Papà si era sbagliato su una cosa, nel suo modo adorabile. Dice che il centro del puzzle è il partner, ma non ha proprio ragione. È la felicità, qualcosa che ti rende felice. Mettilo al centro della tua vita e tutto il resto si incastrerà perfettamente. È solo che per mio padre il suo pezzo della felicità e quello del partner sono lo stesso. Il pezzo è mia madre.
Ma questa è la verità per alcune persone, non per tutti.
Imparate ad amare voi stessi prima di permettere ad altri di amarvi.
Non c’è niente di male nell’essere single, nel prendere del tempo per voi stessi per scoprire chi siete prima di entrare nel mondo delle relazioni di coppia. Come potete offrire voi stessi se non sapete chi siete? Non c’è niente di male nell’essere un po’ egoisti, perché avrete il resto della vostra vita per essere altruisti. Se amate voi stessi solo al 20%, potrebbe arrivare qualcuno che vi ama al 30%. E voi: “Wow, è tantissimo!”. Non è nemmeno la metà. Se invece vi amate al 100%, allora chi si innamora di voi dovrà fare di tutto e di più per farvi sentire speciali. È qualcosa che ci meritiamo tutti e non significa che non siete felici. Potete trovare la felicità in 100 persone diverse e senza fare i porci. Io trovo la felicità in centinaia di persone, ogni giorno, in cento cose diverse. Così, invece di un pezzo grande nel centro del puzzle, sono tanti pezzettini. Se uno va via, è triste, ma posso sostituirlo. Ma ora ho paura, perché in questo momento posso dire di non essere mai stato tanto felice. Il mio puzzle è completo, e non è un bene, perché non sarà per sempre. Ho 26 anni, è troppo presto. Ma ho paura di avere il puzzle perfetto, perché mi renderà più egoista. E se la ragazza perfetta arriva, io: “Non toccare il mio cazzo di puzzle!”
Se non vi sentite a vostro agio a farvi le domande che vi ho fatto io è perché siete spaventati dalle risposte. La cosa peggiore che potete fare è trascorrere la vostra vita con l’essere umano sbagliato.
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Generazioni.
ma cosa ci trovano di divertente gli adulti di oggi nello giudicare? “ma è una generazione di merda la vostra” , “sempre sul cellulare” , e poi sembra che loro non vadano mai avanti con il tempo , perché ad una ragazza non può piacere il calcio, e ad un ragazzo la danza , perché una ragazza non può uscire con i suoi amici maschi perché poi la gente nel paese parla , però poi se quella ragazza non ha amiche e non esce mai si arrabbiano. Se mangiamo troppo iniziano a dire che siamo brutti e grassi , ma se mangiamo poco ci dicono che siamo brutti e magri . Se passiamo ore a studiare siamo troppo fissati , ma se non studiamo ci mettono in punizione . Se usiamo troppo il cellulare siamo malati , ma se non lo usiamo se ne escono con “perché non usi il cellulare?” Ma allora che cazzo dobbiamo fare? Sembra che siamo la peggiore generazione sulla terra , ma per loro quella che hanno vissuto è perfetta . Cari adulti invece di perdere tempo a giudicare noi , giudicate prima voi stessi grazie . Ma io un giorno andrò lontano anni luce da tutti questo , e non sarò mai come loro , mio figlio non avrà una madre così , ma fino ad allora siate impassibili , fate quel che cazzo volete , perché questi adulti ci hanno insegnato una solo cosa , che l’adolescenza passa e se ne va , perciò loro non me la rovineranno , non c’è la rovineranno.
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Quando elessero Giorgia Meloni, intervistarono sua madre.
Quali furono le prime parole di questa donna, madre, nonna e cristiana?
"Finalmente la finiremo con questa vergogna dei 18enni che prendono il reddito di cittadinanza!".
Eh, già.
La vergogna è prendere il reddito di cittadinanza a 18 anni. Invece morire di lavoro o per uno stage gratuito a 14, 16, 18, 20 anni non è una vergogna nazionale ma un'esperienza altamente formativa per il defunto, la famiglia, gli amici e i coetanei tutti.
Tal quale morire per la patria. Da andarne veramente orgogliosi.
Lavoro, la strage dei giovani. In 5 anni morti 74 ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Veneto la regione con più vittime
Da brividi.....
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Noi “giovani di oggi” siamo strani, siamo incoerenti, siamo pazzi, siamo la parte più incompresa della società, la parte più messa da parte, perché prima ci sono i soldi, il lavoro, alla famiglia chi ci pensa più. Gli adulti ci definiscono come la generazione dei social-dipendenti, senza rendersi conto che sono loro ad averci ridotti così. Sono loro che non hanno saputo amarci abbastanza, stare abbastanza con noi, perché il lavoro li ha portati a stare fuori dalla mattina alle sei alla sera alle nove, lasciandoci alle babysitter, le quali non avevano poi così voglia di avere un marmocchio tra i piedi e poi risultava molto più facile appostarlo davanti ad un televisore o un computer piuttosto che mettersi con lui a giocare con i pupazzi o ai giochi di una volta. Sono loro che pensano che basta darci soldi e tutte le cose materiali che vogliamo, senza pensare che l'amore non si può comprare, per l'amore non serve denaro, solo tempo, il tempo che nella mia famiglia è sempre mancato. Senza contare poi che i vicini, perché ormai viviamo tutti come delle cazzo di formiche in dei palazzi, si lamentavano perché facevamo casino, così anche quando stavamo con i nostri genitori non potevamo divertirci perché nostra madre arrivava subito a dirci di tacere che se no i vicini si lamentavano. Però i cari vicini sono gli stessi che vent'anni dopo ci giudicano perché non parliamo mai e perché preferiamo stare da soli in casa nostra.
Si lamentano di un sacco di cose senza accorgersi che ci hanno ridotti proprio loro così, e loro sono quelli da cui dovremmo prendere esempio. Bella civiltà di merda
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Quattro bimbi ritrovati nella giungla dopo 40 giorni, D'Avenia: "Se ci fosse stato un ragazzino italiano si sarebbe affidato al cellulare..."
Perché un adulto italiano, invece, avrebbe trasformato il cellulare in un coltellino svizzero (memore delle lezioni apprese con "McGiver"), si sarebbe magicamente trasformato in Rambo, avrebbe fatto il culo alle bestie feroci e sarebbe tornato a casa in due giorni di cammino.
Ma la facciamo finita di dire cazzate?
Quei bambini si sono salvati perché conoscevano l'ambiente che li circondava, sapevano cosa era indispensabile fare e quali pericoli evitare e anche così è stato comunque un prodigio quanto avvenuto, tanto che gli adulti della comunità hanno ringraziato gli spiriti della foresta perché neanche loro se lo spiegano un miracolo del genere.
Chiunque altro fosse precipitato nella giungla, adolescente o adulto, italiano o di qualsiasi altra nazionalità, con cellulare o meno, sarebbe morto nel giro di poche ore perché non aveva la più pallida idea di come trovare acqua, cibo e proteggersi dagli animali.
Ma chi è questo D'Avenia? Chi l'ha sciolto? Collegare la lingua al cervello prima di parlare no?
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Incidente a Casal Palocco, Alex Britti: «Mi hanno chiesto un selfie davanti ai peluche per il piccolo Manuel. I social problema anche degli adulti»
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Dopo che sono tornato dalla Romagna mi hanno detto che potevo pure starmene a casa e non c’è stato verso di spiegare quello che speravo non avesse bisogno di tante parole”. E’ ancora un po’ scosso Marco Santacatterina, 24enne residente a Marano Vicentino, che dopo una prima esitazione ha voluto raccontare una vicenda che ha dell’incredibile e che racconta uno spaccato di vita e di società su cui varrebbe la pena fermarsi e riflettere.
Tutto ha inizio giovedì scorso quando Marco, che studia Informatica all’Università di Verona, vede su un canale Telegram che stanno cercando volontari in grado di dare una mano per l’emergenza dovuta alla tremenda alluvione che ha flagellato l’Emilia Romagna e decide che avrebbe dovuto fare anche lui la sua parte: “Quelle immagini di devastazione e di sofferenza non riuscivo proprio a togliermele dalla testa – racconta Marco – e pensavo se avessi potuto anch’io adoperarmi in qualche modo. Così quando ho visto quel messaggio non ci ho pensato un attimo: ho chiamato anche mia sorella Sara che ha subito accettato di buon grado e ci siamo così attivati per censirci come volontari ‘spalatori’ al polo fieristico di Cesena, punto di raccolta stabilito per tutti quei non residenti che vogliono dare il loro contributo”.
Un gesto nobile, di quell’empatia che dà speranza, fatto con l’entusiasmo e lo slancio giovanile di chi butta il cuore oltre ostacolo. Un ostacolo che in effetti si è presentato, insormontabile, visto l’epilogo: “Sabato, quando dovevamo partire per Cesena – spiega ancora Marco – avrei dovuto prestare servizio nella pizzeria d’asporto dove da qualche settimana avevo un contratto a chiamata come fattorino: così già giovedì sera stesso ho chiamato il titolare spiegandogli le mie intenzioni e chiedendogli di potermi assentare per quella sera, ma in cambio mi sono preso del coglione, che sarei ben potuto andare in un altro momento e che a quel punto in pizzeria potevo proprio non presentarmi più”.
Parole dette con una freddezza e un distacco disarmanti e alle quali Marco non ha voluto credere fino a quando, ripresentandosi la domenica nel locale che ha sede a Thiene, non ha visto con i suoi occhi il titolare indicargli l’uscita.
“Quello che più mi ha ferito – motiva ancora lo studente con la voce un po’ tremante – è che mi ha trattato come gli avessi detto che andavo a ballare incurante del mio impegno di lavoro. Tra l’altro avevamo pattuito che un giorno libero mi spettava, sono sempre stato di parola, spesso fermandomi oltre l’orario prestabilito senza chiedere nulla in cambio. Mi trovavo bene e volevo ricambiare: ma questa decisione mi ha letteralmente spiazzato”, conclude mentre la sorella Sara lo rincuora con una mano sulla spalla.
I fratelli Marco e Sara Santacatterina
L’umanità di due giovani che hanno regalato il loro tempo e la loro presenza, alzandosi all’alba e raggiungendo a loro spese chi si trovava in difficoltà contro il cinismo di chi ha pensato che forse per una sera non avrebbe proprio potuto fare anche altrimenti: “Non so se mi mi lascerò alle spalle tanto presto questa vicenda, confido con un po’ di buona volontà di trovarmi un altro lavoretto – si incoraggia Marco che già pensa di tornare – ma una cosa è certa: rifarei tutto. Quando siamo arrivati là sembrava di vivere dentro ad un incubo, intere vie ridotte a cataste di macerie ammucchiate, i sacrifici di una vita immersi in un fango che ancora mi sento addosso.
Abbiamo liberato la cantina di una coppia di anziani, i loro occhi pieni di gratitudine mi hanno dato più di quanto hanno potuto le mie braccia per loro. Mi sono sentito fortunato: io non so come avrei reagito se l’acqua mi avesse tolto tutto in pochi maledetti istanti. Là invece la gente ci sorrideva, ci hanno dato da mangiare e da bere come se ci conoscessimo da sempre: organizzatissimi e pieni di voglia di ricominciare a tornare a quella quotidianità perduta”.
Da "L'Eco Vicentino"
Siamo una generazione di adulti di merda.
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