#semplicemente mamme
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Essere mamme mica è facile. Non ti danno le istruzioni, non ti dicono cosa è giusto o cosa no, non ti fanno dei corsi. Al massimo ti spiegano come partorire, e anche quello mica ci serve troppo. O come allattare, e poi tanto va come deve andare. 
Perché è proprio così, puoi anche pensare di saperle, le cose, di aver letto dei manuali, di aver ricevuto i migliori consigli, di aver studiato nelle migliori università, ma quando poi sei tu, con quell’essere tutto nuovo, si azzera tutto, i libri non servono, i dogmi trovano il tempo che trovano e i consigli ti sembrano sempre sbagliati, e sempre troppo vicini alle critiche. 
Non è facile capire quando un neonato ha fame, ha sete, ha sonno, è stanco o ha bisogno di coccole. )
Ci possono dire quello che vogliono, che basta osservarli, ma la verità è che in preda agli ormoni, e con la fatica, il sonno, i kg di troppo,
come si fa ad osservare, semplicemente? 
Non è facile quando crescono e ci mettono di fronte a nuove sfide, a nuove paure, a nuove domande. Quando ci dobbiamo staccare da loro e non vorremmo, quando ci dobbiamo staccare da loro e non vorrebbero. 
Non è facile essere mamme quando la notte è dolce e amara, è riparo e voglia di fuggire, è bisogno di dormire e bisogno di contemplare.
Non è facile nemmeno quando ti dicono che in fondo l’hai voluto, questo figlio, ed ora di cosa ti lamenti? Non è facile trovare sempre le parole giuste, mantenere il sorriso, non perdere la pazienza, non chiudersi in camera infilando la testa sotto al cuscino. 
Quando ti dicono che non dovresti sgridarlo, che dovrebbe mangiare diversamente, che non ci passi troppo tempo, che ci passi troppo tempo, che è viziato, che non lo stimoli abbastanza, che comunque fai qualcosa che non va c’è sempre, in quei momenti ti rendi conto che
fare la mamma sì, è difficile.
Perché fare la mamma comprende un milione di cose, tra cui nutrire, lavare, coccolare, aiutare, sostenere, capire, divertire, disinfettare, ricucire, colorare, studiare, comprende tutte queste cose insieme e nemmeno i premi Nobel sono capaci di fare tutte queste cose, a meno che non siano mamme. 
Essere mamme non è facile per niente e potranno dirci quello che vogliono, che il nostro non è un lavoro, che in fondo lo fanno tutte le donne del mondo, che abbiamo aiuti… Ma solo una mamma sa quanto è difficile svegliarsi ogni giorno con la consapevolezza di dover crescere un essere umano, di pensare ad ogni singola cosa lo riguardi, dalla bottiglietta dell’acqua alle scarpe, dal disegno per le maestre al regalo per l’amico, dall’appuntamento con la pediatra al corso di nuoto. 
Essere mamme non è per niente facile, ma è il mestiere (non pagato) più bello che si possa immaginare ,ed io non lo cambierei con niente al mondo.
Pensieri a riguardo ?
Ditemi la vostra opinione ❤️
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apeir0nn · 1 year ago
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Alla fine il messaggio l'ho ascoltato in velocità 2x e saltando diversi pezzi. In totale ci avrò messo 20 secondi perché tanto il succo l'ho ben capito ed è sempre lo stesso. L'ultima volta l'ho sentita il giorno del mio compleanno e abbiamo litigato. Quella telefonata mi ha condizionato tutta la settimana successiva perché, come al solito, ha buttato merda su mio padre, sulla mia famiglia paterna e un po' su di me. Davanti a discorsi del genere io non riesco a stare calma, mi partono i 5 minuti e inizio a urlare, infatti quella sera così è stato. Nel messaggio di oggi, che novità, ha latentemente espresso la sua gelosia verso la mia famiglia paterna, è convinta che io consideri "mamme" le mie zie e mi confido con loro. Cosa non vera perché mi confido con altre persone.
Lei ha sempre voluto essere "una mamma per amica" ma nei due anni che ho vissuto con lei, i peggiori, quando avevo 13/14 anni, ho capito che le madri devono essere madri, le figlie non possono essere le loro madri. Da lì ho sempre pensato che, se dovessi avere figli, non vorrei mai comportarmi come lei: non vorrei farmi vedere piangere davanti a loro, non vorrei parlare male degli altri membri della famiglia davanti a loro, non vorrei mai lasciarli soli, non vorrei mai fargli sentire la mancanza di una madre, non vorrei mai farli crescere troppo in fretta né tantomeno con traumi causati da me. Non vorrei mai perderli e non vorrei mai pretendere con insistenza e infantilità cose che non vogliono darmi. Si dice che fare il genitore sia il mestiere più difficile del mondo, ma per certi aspetti non vorrei mai essere come lei. Non ho riascoltato il messaggio di oggi perché non voglio sentirla, non posso fare passere troppo tempo perché devo risponderle anche se non so cosa dirle.
Mi sono abituata a stare senza di lei, sono una persona orribile, ma sono diventata questo, non sento il bisogno di parlarle o raccontarle della mia vita, delle mie delusioni, delle mie ansie o dei miei successi. Non riesco. Mio padre mi dice di assecondarla per tenerla tranquilla, ma perché devo sempre fare io qualcosa? Perché lei deve stare calma e io, invece, perennemente agitata quando la sento? Perché devo sopportare tutto questo fardello mentre lei butta semplicemente merda addosso a tutti e manda messaggi passivo aggressivi e io devo stare calma?
Non so cosa rispondere e cosa fare. La mia domenica è rovinata, come come è stato rovinato il mio compleanno un mese fa. Grazie mamma.
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susieporta · 11 months ago
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POSSO ROMPERE?
Quanto abbiamo potuto “disturbare” i nostri genitori col nostro essere bambini?
Bambini che frignano, che richiedono attenzioni, energia per crescere, bambini che rompono cose, bambini che fanno capricci, che ridono e che chiedono, bambini che rompono un bicchiere, un piatto di marca, che mandano a monte un week end ...
quanto abbiamo potuto rompere ai nostri genitori ?
In questo si misura la possibilità che ci diamo di vivere, di cadere, di sbagliare, di rialzarsi senza vergogna perché siamo caduti.
Perché la possibilità di accettare di esserci con tutti noi stessi, è direttamente proporzionale a quanto abbiamo sentito che potevamo scarabocchiare la vita col rossetto senza rimetterci la dignità…
Accettare la possibilità dello scacco equivale è accettare la partita nella grande scacchiera.
Dietro il perfezionismo c'è un NO alla vita.
o tutto o nulla, non posso uscire dai bordi, non posso rischiare di perdermi, di perdere, perché se esco da qui, nessuno mi verrà a riprendere perché ho osato superare il recinto.
A volte il Sì alla vita è un NO al sistema familiare o sociale e questa è la misura del fatto che non siamo stati visti e accettati come portatori di un mondo interiore, di uno spazio e di un tempo nostri.
Siamo stati cullati e avvolti dentro un manto argentato come bambolotti di porcellana che dovevano riempire i vuoti cosmici delle nostre mamme sole e, apparentemente, non ci è mancato niente.
Ma questa paura di vivere, che fa tremare i polsi anche quando il mare è calmo, rivela qualcosa, e cioè che il patto con l'esistenza non è stato senza se e senza ma come avrebbe dovuto.
Ma è stato a patto che..
A PATTO CHE TU SIA BUONO BRAVO ZITTO NON ROMPI LE PALLE, NON DISTURBI, NON DEVI SOFFRIRE, NON DEVI CREARE SCOMPIGLIO...
E nel quotidiano questi bambini, da adulti hanno il terrore di vivere e di morire, il terrore di amare e di non amare, semplicemente perchè qualsiasi atto vitale porta con sè la possibilità della sconfitta, della perdita, dell'errore.
E allora oggi prova a rompere qualcosa.
E vedi che effetto ti fa.
ClaudiaCrispolti
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ambrenoir · 9 months ago
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Le dipendenti affettive:
Sono spesso donne di successo in altre aree della vita. Di loro si dice che erano brave a scuola, all’università e sul lavoro risultano sempre essere molto competenti.
Hanno uno spiccato istinto materno (attenzione! l’istinto materno non ha nulla a che vedere con l’essere madre: esistono madri affatto materne e donne che mai diventeranno madri che invece posseggono una riserva di istinto materno inesauribile).
Funzionano bene nelle professioni d’aiuto: è come se il ruolo di salvatrici fosse loro cucito addosso.
In amore sono poco selettive: si aggrappano spesso al primo venuto non concedendosi un tempo iniziale di valutazione dell’altro.
Non ascoltano la loro voce interiore: nonostante all’inizio della relazione una vocina suggerisca loro che qualcosa nel partner non va, scelgono di ignorarla in nome dell’illusione dell’amore romantico che lui promette.
Confondono il possesso con l’amore: un compagno possessivo viene spesso preferito a uno più equilibrato in quanto la costante presenza e l’eccessivo controllo sulla propria vita viene erroneamente considerata una dimostrazione d’amore.
Credono che se si comporteranno bene l’altro le amerà, pertanto metteranno in secondo piano i loro bisogni e ridurranno gradualmente le loro richieste in modo che la stabilità della relazione non venga mai messa in discussione.
Non rispettano i confini del partner né hanno rispetto dei propri e credono di avere il diritto di straripare nella vita dell’amato in virtù del fatto che, appunto, l’amano più della loro stessa vita.
Maturano un pensiero di tipo egocentrico: poco alla volta tenderanno a riferire a sé i comportamenti della persona che amano. Tale patologica modalità di pensiero trasformerà evidenti segnali d’abbandono in confuse prove d’amore o, più semplicemente, porterà a sottostimare i segnali di disconferma e a sovrastimare, indorandoli, quelli di conferma.
Nonostante si dicano innamorate talvolta hanno l’impressione che la loro relazione non sia guidata dall’amore ma piuttosto dalla paura: paura di restare sole, paura di non essere degne di amore e di considerazione, paura di essere ignorate, o abbandonate o annichilite.
Provengono spesso da famiglie in cui i loro bisogni emotivi di bambine, per motivi che possono essere anche molto vari, sono stati ignorati e pertanto sono cresciute con la sensazione di essere “invisibili” o non meritevoli d’amore.
Molte di loro hanno sperimentato un attaccamento ambivalente alla loro madre: ripercorrendo la loro storia troviamo mamme sintonizzate con i bisogni delle figlie in maniera intermittente, in modo da provocare nelle bambine un perenne stato d’attesa del momento (del tutto imprevedibile) in cui sarà somministrata una “dose” d’amore.
Tendono a riprodurre nella propria vita di coppia un ruolo simile a quello vissuto con i genitori, nel tentativo paradossale di scrivere un copione diverso (il tentativo di salvare lui spesso non è altro che il tentativo di salvare se stesse dalla propria storia familiare).
Da bambine sono state spesso triangolate nelle dinamiche di coppia, talvolta usate in maniera strumentale per tenere vicino il partner o captate in coalizioni perverse da uno dei genitori con la finalità di attaccare e indebolire l’altro.
Raccontano spesso d’aver avuto un padre distante, non necessariamente negligente o maltrattante. Il padre della dipendente affettiva è più spesso un padre freddo, emotivamente distaccato, talvolta narcisista, sempre e comunque un padre che si è percepito come irraggiungibile e con il quale si è sentito ci fosse una sorta di “muro” di incomunicabilità. In alcuni casi, al contrario, sono state talmente adorate dal genitore di sesso opposto da non potersi permettere di “tradirlo” trovando un uomo migliore o con cui, semplicemente, essere felici (“come papà nessuno mai”).
La loro mente non si sente attrezzata per affrontare la rottura della relazione, che pertanto risulta impensabile e viene procrastinata all’infinito. Immaginarne la fine apre a scenari drammatici nei quali ci si immagina cadere in un baratro di dolore senza fine.
Hanno una quota di narcisismo detto “nevrotico” per cui credono che il loro amore basterà a curare le ferite altrui, insegnare ad amare a chi proprio non ci riesce, convertire ai buoni sentimenti chi non ne ha. Anche questo è un delirio di onnipotenza.
Somatizzano: ansia, attacchi di panico, insonnia, condotte di abbuffate, umore tendenzialmente depresso che si alterna a picchi di eccitazione nei momenti in cui il partner è maggiormente presente o mostra segni d’innamoramento, sono solo alcuni degli esiti sul versante psicologico che possono manifestarsi nel corso di una dipendenza affettiva. Se il partner, però, è francamente patologico (narcisista, psicopatico o sociopatico) è frequente che si sviluppi un vero e proprio Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) o che si configuri la cosiddetta Sindrome di Stoccolma.
Mi scuso con tutti gli uomini che soffrono di dipendenza affettiva per aver usato il femminile. Le donne con questa difficoltà relazionale che giungono all’osservazione clinica sono di gran lunga più degli uomini ma questo non esclude che anche gli uomini possano avere una spiccata sofferenza a causa della dipendenza affettiva.
Tratto dalla pagina FB
“Dipendenze Affettive Maldamore”
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ross-nekochan · 2 years ago
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Oggi ho ricevuto il mio primo iPhone aziendale via posta.
Sono andata a fare la spesa e ho speso 100€ senza comprare niente di che. Se vi spaventa la spesa in Europa, beh, qui è peggio (specie per quelli come me che mangiano tanto e non da giapponese).
Ora ci sono le casse automatiche pure qui in tutti i supermercati. Peccato che per non licenziare la gente, la cassiera ti fa lo scan dei prodotti, tu aspetti diligentemente per anni (perché ti mettono a posto loro la roba nel cestino e poi in uno spazio a parte te li metti nelle buste) e poi paghi da sola alla macchina. Come perdere tempo. Complimenti alla genialità.
Quando ho incontrato la mia amica taiwanese e le ho detto che in Italia gli affitti aumentano ma gli stipendi no, mi ha fatto ridendo:"Ma perché qua non è la stessa cosa?".
Ma infatti. Questo paese è il più vecchio del mondo (seguito da, indovinate un po'? Noi), con una richiesta di manodopera assurda per lavori che nessuno vuole fare, con lo yen che si svaluta di continuo e gli stipendi uguali da decine di anni, con diritti civili ancora inesistenti e parità dei sessi lontana anni luce. Nei parchi ci sono solo le mamme con i bambini. Sulle biciclette ci sono solo le mamme con i bambini.
E chissà perché lo vediamo sempre come il paese all'avanguardia - semplicemente perché è lontano e non ne sappiamo un cazzo (e loro fanno lo stesso con noi).
Che ci sto a fare io in un paese così? Chissà...
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Salve, popolo di Tumblr! Ho deciso di fare il riassunto dettagliato di uno dei miei film d'animazione preferiti di sempre: SOUTH PARK: IL FILM PIÙ, PIÙ LUNGO E TUTTO INTERO.
Lo vidi per la prima volta che era il 24 luglio di quest'anno. Me ne innamorai subito. Considero questa data il mio ingresso nel fandom di South Park. Dopo qualche settimana, ad agosto iniziai a vedere la serie e la concludetti a settembre. Ne ho amato ogni istante! Non vedo l'ora che escano i nuovi special e le nuove stagioni.
So che questa roba verrà letta da una persona sola però mi ha aiutato nella scrittura e ci tenevo a farla.
Prima di iniziare però, ecco alcune precisazioni:
Il doppiaggio italiano è il primo, usato quando South Park andava in onda sulla Mediaset. L'adattamento italiano non era molto fedele ma quello del film è spiccicato alla versione originale. Esultiamo!
Purtroppo nel doppiaggio italiano, le canzoni non sono state doppiate, cosa che invece è stata fatta nelle versioni estere. Solo "The Mole's Reprise" è stata doppiata. Forse per la sua brevità o perché sembrava più un dialogo.
Le canzoni saranno tra parentesi, in grassetto, di diversi colori e vi sarà collegato un link che vi porterà ad ognuna di esse
Bando alla ciance, INIZIAMO!
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Il film inizia con una canzone cantata inizialmente da Stan, che ci introduce in un apparentemente ordinaria domenica mattina nella cittadina di South Park. Stan raduna i suoi amici Kenny, Kyle (seguito dal suo fratellino Ike) e Cartman per andare a vedere il film canadese "Culi di fuoco", in cui sono protagonisti Trombino e Pompadour, il duo comico canadese tanto amato dai protagonisti (Mountain Town).
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Non appena arrivati al cinema, il cassiere nega loro l'acquisto dei biglietti perché il film è vietato ai minori non accompagnati. I cinque non si arrendono e offrono 10$ ad un barbone per farsi accompagnare da lui in sala. Il film inizia e si rivela essere un film in puro stile comico Trombino e Pompadour, con una grande presenza di sorregge, di parolacce e oscenità (Uncle Fucker).
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Presto la sala si svuota perché il pubblico trova che il film sia osceno ma i cinque bambini rimangono e continuano a vedere il film estasiati da ciò che vedono e sentono.
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Una volta finito il film, i ragazzi escono dal cinema e iniziano a pronunciare le oscenità sentite nel film. Subito dopo si recano allo stagno dove i loro coetanei stanno pattinando e si vantano con loro di aver visto il film e delle parolacce che hanno imparato. Nel mentre Stan viene raggiunto da Wendy che stava pattinando e non appena lei gli si avvicina lui vomita (come faceva sempre durante le prime stagioni). Wendy viene raggiunta da Gregory, un nuovo ragazzo trasferitosi da Yardale e per cui Wendy sembra provare attrazione. I due tornano a pattinare lasciando Stan turbato (Wendy’s Song, Part 1).
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Nel frattempo, gli altri ragazzi decidono di andare a vedere il film. Il mattino seguente a scuola, tutti fanno uso del linguaggio scurrile del film. I quattro protagonisti si mettono nei guai pronunciando volgarità davanti e contro il signor Garrison (ovviamente è Cartman ad insultarlo direttamente). I bambini vengono quindi mandati dal signor Mackey, che cerca di capire da dove provenga il loro linguaggio scurrile. Arrivano le madri dei protagonisti e Cartman, che non sa stare zitto, racconta che hanno sentito le volgarità nel film di Trombino e Pompadour. Le mamme sono sconvolte ma più di tutte lo è Sheila, la madre di Kyle. Il signor Mackey è intenzionato a scrivere una lettera a tutti i genitori per avvisarli sui pericoli del film ma Cartman afferma che ormai l'hanno visto tutti. Poco dopo in mensa (Wendy’s Song, Part 2) i ragazzi salutano Chef e gli raccontano di essere nei guai a causa del film e che non potranno più vederlo. Stan ne approfitta per chiedergli come si fa a piacere ad una ragazza più di chiunque altro. Chef distrattamente e senza pensarci su gli dice che deve semplicemente trovare il clitoride. Stan non capisce cosa intenda e Chef cambia discorso, capendo di aver detto una sciocchezza. Stan chiede agli altri se sanno dove trovare il clitoride ma neanche loro capiscono di che si tratti (Kenny che non sa una cosa sul sesso, WOW!). In quel momento il signor Mackey annuncia che il regolamento scolastico ora impedisce di indossare le magliette di Trombino e Pompadour e che chiunque le indossi verrà mandato a casa. Tutti gli studenti vanno via con gioia, tranne Wendy e Gregory, ai quali non è mai fregato nulla di vedere il film.
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Al telegiornale si parla di come il film pare traviare la gioventù americana (la scena dalla gara di spelling è una delle mie preferite in assoluto). Sheila ha uno scontro televisivo con il ministro dello spettacolo canadese e la donna lo insulta ferocemente. In seguito, i ragazzi si recano dal signor Mackey per un corso di riabilitazione voluto dalle mamme per fare in modo che i figli smettano di usare un linguaggio volgare. Il corso sembra funzionare (It’s Easy, M’Kay) e il signor Mackey annuncia ai bambini che ormai sono guariti. Dice loro di sfruttare il pomeriggio per migliorarsi.
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E cosa faranno mai i nostri ragazzetti preferiti? Vanno a vedere nuovamente il film! Fuori dal cinema Cartman afferma che non è possibile dare fuoco ad una scorreggia come fanno i due canadesi nel film ma Kenny afferma che secondo lui è possibile. I due quindi scommettono 100$. Kenny inizialmente ci riesce ma finisce per prendere fuoco. Vani sono i tentativi dei ragazzi per estinguere le fiamme.
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Le fiamme vengono estinte da del sale che viene rovesciato su Kenny (che poi, poteva rotolarsi sulla neve, no?). Kenny viene urgentemente portato in ospedale dove viene operato da dei medici incapaci e con i suoi amici che assistono all’operazione, ma più preoccupati che le madri scoprano che hanno rivisto il film, che per il loro amico. Alla fine, i medici sostituiscono il cuore di Kenny con una patata lessa e il poveretto (povero in tutti i sensi) muore dopo tre secondi. Stan, Kyle e Cartman non sono poi turbatissimi della cosa. Cartman fa ovviamente il cazzone affermandosi felice di non dover dare i soldi della scommessa a Kenny. Le madri dei tre arrivano e mettono in punizione i figli per aver rivisto il film: Stan e Kyle si beccano due settimane di punizione e Cartman tre.
Nel mentre che i ragazzi lasciano l’ospedale, l’anima di Kenny nell’aldilà pare raggiungere il Paradiso, dove tante donne nude lo aspettano (e ce lo fanno credere tantissimo che stia andando in Paradiso) ma l’ingresso gli viene negato (Could It Be You Are Free At Last. NO!) e finisce all’Inferno (Hell Isn’t Good).
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Fine prima parte
Continuerò in un altro post perché Tumblr non consente più di 10 immagini a post.
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comeilsessodelleciliegie · 2 years ago
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Me li ricordo ancora quei giorni…
Schiena a pezzi per la puntura spinale, medicazione del taglio e Tu che mi guardavi con quei tuoi occhi grandissimi e neri.
Me li ricordo ancora quei giorni…
Il rumore delle lenzuola di cotone, così fresche.
E tu…così indifesa e piccola, stesa accanto a me, attaccata al mio seno.
Ore indefinite a dormire insieme, a respirarci.
Semplicemente Felici…io e te.
Senza timore.
Senza paure.
In quella stanza d’ospedale regnava sovrana soltanto la pace dei nostri respiri e la nostra pelle per la prima volta così vicina si scambiava un sacco di informazioni preziose ed importanti.
Le tue mani affusolate e ripiegate in un pugnetto che pareva un bocciolo di rosa e quella tua bocca minuscola.
Ero consapevole di quanto fossi fragile…ma non ho mai avuto paura di farti male.
Ci insegnano sin da giovani donne che esiste l’istinto materno.
Ed è vero…verissimo, ma oggi però…nessuno sembra vuole accettare è che se una Madre chiede di poter dormire dopo 2 o 10 ore di travaglio…sicuramente non lo fa per “liberarsi” del figlio, ma perché ha semplicemente bisogno di riposare.
Per fare le mamme a tempo pieno avremo ANNI a disposizione, ma ci sono momenti in cui occorre solo
AIUTO.
E…perché no…che qualcuno ci lasci con la pancia svuotata e senza nessuno tra le braccia solo per qualche ora.
Il solo Tempo di riposare un pó.
Perché anche noi Mamme siamo esseri fragili…proprio come tutti gli altri esseri umani.
Siamo Donne…siamo semplicemente Donne che hanno appena messo al mondo una piccola meravigliosa creatura.
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idettaglihere · 2 years ago
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Le mamme purtroppo a volte sono pensanti
Non pensare al suo giudizio ma vai avanti guardando solo il tuo obiettivo
Sicuramente non mi fermerò a causa sua, semplicemente a volte mi chiedo cosa ho fatto di male per meritarmi una madre così
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la-pilli · 2 years ago
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Auguri mamma.
Auguri a me, che da 7 anni ho la fortuna di avere la tua voce che mi chiama mamma... Auguri a me che non mi sento mai troppo pronta, mai troppo brava, sempre inadatta perché vorrei essere il meglio per te. Ci provo e mi sforzo, ma a volte ho paura di essere una mamma part-time, a volte assente o stanca per via del lavoro, inadeguata perché ho perso tante cose sempre per il lavoro che nessuno mai mi restituirà. Ma questo augurio spero che sia speciale: mi auguro di essere migliore come mamma, mi auguro di essere il meglio per te. Mi auguro di essere sempre la tua roccia, la tua forza, di essere la persona a cui ti rivolgi quando avrai bisogno di supporto, un consiglio o semplicemente di un bacio o un abbraccio.
Auguri alle mie amiche che stanno per diventare mamme, perchè inizierà la più meravigliosa e difficile avventura della vostra vita.
Auguri a tutte le mamme del mondo. Soprattutto alle mamme che, come me, hanno sempre paura di non essere mai abbastanza.
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vintagebiker43 · 2 years ago
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Caro Enea, bel cicciottino di 2 kg e mezzo, cucciolo di specie umana, super-millenial, classe 2023. Piccolo avannotto che dai le tue prime bracciate nel mare tempestoso della vita.
Perché la tua mamma dopo averti tenuto nella sua pancia per nove mesi ha pensato che saresti stato meglio lontano da lei. Credo che questa decisione le sia costata molto cara, sai Enea. Così ti lasciato in una culla per la vita a Milano.
Le culle per la vita non ci sono solo a Milano sai. Ci sono in tante città d’Italia. Ci sono a Napoli, Varese, Parma, Padova, Firenze e Roma. Più di una in ogni regione. E funzionano così: Appena la mamma appoggia il bambino in quella piccola cuccia calda scatta un sensore collegato con l’ospedale più vicino che allerta i medici che intervengono subito.
Per questo non credere mai a quelli che dicono che la tua mamma ti ha abbandonato. Non ti ha abbandonato, ti ha affidato. Son due verbi molto diversi sai…quando crescerai lo capirai.
Abbandonare significa mettere in pericolo, fregarsene di cosa succederà dopo, vuol dire che non te ne importa niente.
Affidare invece è diverso. È avere così tanta fiducia nell’altro da chiedergli di custodire la cosa che più ti sta a cuore.
Semplicemente le mani di mamma hanno incontrato altre mani. È stata una catena d’amore Enea caro.
Non succede solo a te sai. Pensa che in Italia capita a 400 bambini all’anno. E la maggior parte trova una nuova famiglia già dall’ospedale.
Sai, per noi adulti la vita è un casino e a volte siamo costretti a fare cose che non vorremmo. Sembra strano dirlo a te che di settimane su questa terra ne hai così poche ma ti assicuro che più invecchi più le cose si complicano.
Non so come mai la tua mamma l’abbia fatto e se vogliamo davvero rispettarla non dobbiamo neanche chiedercelo. Al contrario. Dobbiamo custodire il suo segreto con rispetto, silenzio e soprattutto compassione.
Sappi comunque che mamma, con il suo gesto pieno di amore e di dolore, ha messo in moto una catena di protezione che nei decenni in Italia abbiamo reso sempre più forte…
E che parte dagli ospedali, fino ad arrivare ai tribunali dei minori, agli assistenti sociali, ai genitori affidatari, a quelli adottivi.…
E questa catena sta dentro una cosa che si chiama Stato e serve apposta per tutelare i diritti di tutti, neonati, bambini, mamme e papà perduti e fragili. Famiglie tradizionali e famiglie non tradizionali.
Perché non è vero che la società non esiste. Esiste eccome. E dobbiamo fidarci di lei.
Porti un nome importante, Enea, il nome di un signore fuggito da una città in fiamme per cercare una nuova vita e una nuova casa… la stessa cosa è capitata a te… quell’altro Enea ce l’ha fatta, sono sicura che ce la farai anche tu.
Ti auguro di diventare tutto ciò che si sogna da bambini: astronauta, calciatore, Harry Potter, pilota di Ferrari, dentista di Leoni in Africa, rockstar come i Maneskin…sosia di Chiattillo o mimo ai semafori.
Sono certa che avrai al tuo fianco una mamma e un papà al 100% che ti ameranno moltissimo. Ti ameranno un botto. Non dubitarne mai neanche un secondo.
Purtroppo la vita a volte somiglia alla scuola guida: le partenze in salita sono difficili, certo, ma se impari a farle, poi non ti spaventa più nulla.
Benvenuto pulcino di Pasqua. Ti riempiamo di baci. Luciana.
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pettirosso1959 · 2 years ago
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Nella foto: Cinzia Angiolini di Zum Zeri, essa possiede e alleva ben quattrocento capi, tutti destinati al consumo di carne: a lei il rimprovero di allontanare gli agnelli dalle mamme per “rubare” il latte non glielo si può fare! NON MANGIARE AGNELLO A PASQUA È DAVVERO LA SOLUZIONE CONTRO LA MATTANZA? Per mantenere in vita un gregge, dunque una comunità organizzata di ovini, è necessario eliminare alcuni soggetti di sesso maschile al fine di garantire la continuità della specie stessa. Il mantenimento dei maschietti è insostenibile in quanto non sono produttivi e, soprattutto, creano problemi nella gestione del gregge. Dicono i pastori: “Se la nostra attività smette di essere sostenibile economicamente, va a finire che scompare la figura del pastore. E voi lo sapete che la pecora, essendo stata tra i primi animali ad essere addomesticati, non è più in grado di vivere in maniera autonoma?”. “La pratica della pastorizia ha creato un ambiente specifico, fatto di tante altre specie. Le deiezioni, per esempio, attraggono alcuni insetti, e le pecore stesse attraggono rapaci, orsi o lupi. Insomma se dovessero scomparire le pecore, sarebbe un disastro anche a livello ambientale”. La loro presenza, dunque, stabilizza l'ambiente naturale circostante. “Vorrei invitare tutti coloro che in questi giorni stanno postando su Facebook immagini degli agnellini di venire, anche solo per un giorno, a darmi una mano”. Dice senza troppi giri di parole Cinzia di Zum Zeri (Massa e Carrara). “Provate ad allevare trenta agnelli maschi, voglio vedere quanto riuscite a tenere in vita il gregge. Voi lo sapete che questi si ammazzano tra loro? Io sinceramente vederli ammazzarsi tra di loro lo reputo ancora più cruento”. Di norma il rapporto maschi-femmine, per mantenere un gregge pacifico, è all'incirca di 1 a 30. Poi c'è la questione genetica: “Non posso tenere un ariete che fa parte di quella famiglia perché altrimenti non ho il cambiamento del sangue e la conseguenza è l'indebolimento della specie”. “In molti, poi, mi dicono con nonchalance: liberali nel bosco! Senza sapere che gli ovini sono animali domestici, che hanno bisogno di cure: li devi sverminare, li devi tosare almeno due volte l'anno”. Insomma, un agnello abbandonato nella ‘natura’ semplicemente muore. Mentre parliamo con lei, un agnellino ce l'ha proprio in casa, “la mamma l'ha rifiuto e le altre pecore l'hanno picchiato, così me lo sono portato a casa. Gli do da mangiare ogni tot ore, anche di notte, e probabilmente tutte queste persone - che oggi giudicano il nostro lavoro - non sarebbero disposte a farlo. Dubito fortemente che si siano mai tenuti un agnello in casa o che lo abbiano visto crescere. Ma voi vi alzate alle cinque della mattina per dargli il latte o alle tre per vedere la pecora partorire?”. Noi no. “Senza contare che nei boschi ci sono i lupi, che rappresentano una minaccia anche se le pecore stanno in gregge, figuriamoci se stanno allo stato brado in un bosco”.
“La gente è affezionata alla foto dell'agnellino indifeso, ma il più delle volte giudica senza sapere”. Ripete Cinzia, che spiega: “Sicuramente nelle foto che vedo girare nei social, gli agnelli hanno pochi giorni (quindi smuovono maggiormente le coscienze), noi invece macelliamo solo dopo i sessanta giorni”. E il tema della macellazione è un discorso a parte, Cinzia si sta infatti muovendo per un macello mobile grazie al quale gli agnelli non devono spostarsi dal loro territorio. Anche questo si traduce in “benessere degli animali”. “Poi queste persone non capiscono che io amo quanto loro, se non di più, i miei animali e che mangiarli, per me, significa salvarli: l'unico modo per salvare questa specie a rischio estinzione è farla conoscere attraverso la cucina. Ditemi di cosa mi devo sentire in colpa?”.  Quindi, cari animalisti del cazzo, andate a cagare.
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matteoartizzu · 3 months ago
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Sa festa, (semplicemente la “festa”, così viene chiamata dai suoi abitanti, la festa della patrona di Donigala*, in Sardegna, che si svolge ogni anno all’inizio di settembre), è scandita dal lancio di razzi (o botti), che scoppiando in cielo, avvisano dell'imminente inizio del programma civile e religioso delle celebrazioni della nascita di Maria. Per gli abitanti, gli emigrati di ritorno o in vacanza e per chi, come il sottoscritto, ha vissuto la festa nel corso degli anni in quanto “su fillu de” o “su nepodi de”, questi “promemoria” rappresentano l’inizio di un rito collettivo, che scandisce le giornate, concedendo una pausa dai lavori in campagna e con le bestie, nelle botteghe e nelle officine, e che, in un certo senso, decreta la fine dell’estate.
Vivere la festa significa immergersi in una tradizione, a cui ogni generazione cerca, con fatica, di dare seguito, convivendo con il contemporaneo slancio verso la modernità, l’altrove che attrae e respinge. Un po’ come in Canne al vento, quando Grazia Deledda scrive, "La festa durava nove giorni, di cui gli ultimi tre diventavano un ballo tondo continuo accompagnato da suoni e canti: Noemi stava sempre sul belvedere, tra gli avanzi del banchetto; intorno a lei scintillavano le bottiglie vuote, i piatti rotti, qualche mela d'un verde ghiacciato, un vassoio e un cucchiaino dimenticati; anche le stelle oscillavano sopra il cortile come scosse dal ritmo della danza. No, ella non ballava, non rideva, ma le bastava veder la gente divertirsi perché sperava di poter anche lei prender parte alla festa della vita”.
La storia di chi fugge e di chi resta in paese, immortalata in questi scatti, è un po’ questa. Tornando per la festa, si osservano facce conosciute, cresciute e invecchiate, immaginando e rivivendo i riti di passaggio vissuti da ciascuna persona. Lungo la processione del 7 settembre, i visi di una carnagione più chiara o più scura, frutto di incontri del Mediterraneo vecchi di almeno 4.000 anni, sono quelli di bambini diventati adulti in maniera precoce rispetto ai coetanei di molti luoghi del “continente”. Sulle strade del paese, approfittando dello struscio della festa, hanno incontrato gli sguardi, occhi neri, marroni, verdi e azzurri, che poi sono diventati compagne e compagni.
Abiti del folklore, che tralasciando l’artificio, saldano una tradizione, le figlie come le mamme, genitori e figli, a piedi e a cavallo. Il gruppo folk locale e quelli dei paesi vicini, insieme alle donne e agli uomini di paese che, intonando il rosario, sfilano per onorare la vergine. Un inchino metaforico che unisce i territori della Trexenta e oltre, sino alla Barbagia.
I gesti ripetuti e i ricordi familiari, che ne evocano altri, come quello di un animale squartato e dissanguato in cortile, in una terra che non fa sconti perché le persone non li chiedano dopo, gli sconti. Sullo sfondo, il sole che scalda al tramonto e che anticipa la brezza della sera, i castelli di carte quando fuori piove, la ruvidezza dei muri a secco, le panchine e i gradini che una volta erano i tuoi e ora solo i loro, un paesaggio che è solo collina, sotto cui scorre un’acqua dei centenari, e sopra una notte che è piena di stelle, perfetta per giocare a nascondino prima che tua nonna ti chiami per rincasare: sono queste e altre le immagini che questi scatti evocano nella mente. 
*Nota: Donigala fa parte del Comune di Siurgus Donigala, Provincia del Sud Sardegna, a 40 minuti da Cagliari.
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susieporta · 1 year ago
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Mi dispiace molto che Giorgia, questa ragazza di 27 anni, che ha parlato della propria eco-ansia, pensi seriamente di non volere dei figli per paura di chi sa quali cataclismi, e cioè per paura che le creature che metterebbe al mondo non avrebbero alcun futuro.
Mi dispiace perché mi pare che Giorgia, e tanti ragazzi come lei, non individuino bene le cause reali del loro profondissimo disagio, e quindi sbaglino mira anche nell’individuare i possibili rimedi.
Le vorrei dire: Cara Giorgia, le donne in ogni tempo hanno messo al mondo i loro figli quasi sempre in situazioni di grande incertezza. Credi che le mamme svedesi che partorirono che so nel 1351, durante la peste nera, che in quegli anni fece fuori 20 milioni di Europei su 60, e cioè 1 persona su 3, avessero maggiori sicurezze delle tue? o le madri che concepirono e partorirono i loro figli durante gli incessanti massacri della storia: da Troia al Vietnam, o magari su qualche barcone alla deriva tra la Libia e Lampedusa?
Ciò che dovremmo capire, prima di parlare di eco-ansie, o di altre amenità neolinguistiche del genere, è che la condizione umana su questa terra è strutturalmente precaria, e che solo la nostra società, così tanto vanesia, infantile, superficiale, alimentata quotidianamente da un pensiero a livello degli inserti di Repubblica o del Corriere, e dei programmi d’intrattenimento della RAI o di Mediaset, e cioè solo una società così tanto volgare, presuntuosa, moralistica e oscena al contempo, cieca perciò, e paurosamente egocentrica, e quindi spaventosamente ego (più che eco) -ansiosa, può credere che sia possibile partorire, e quindi vivere, solo se siamo al sicuro.
No, cara Giorgia, ti prego, trova un uomo decente, abbastanza solido, e cioè sufficientemente felice pur dentro tutte le prove del mondo, e fa con lui tutti i figli che vuoi, e che Dio ti manderà, balla con tutti i lupi, e con tutte le tempeste della storia, in questi quattro minuti di vita terrena che ci sono donati. Non avere paura di vivere, di espanderti, anche nelle più estreme difficoltà, non ti limitare inutilmente, fidati della vita, e non farti corrompere da ideologie malsane, miopi e micragnose, tendenziose e false, spesso artificialmente costruite proprio per sedurti, per convincerti a non vivere, e a non fare nascere e crescere altre persone, e cioè semplicemente a morire schiava.
Niente e nessuno può costringere in recinti spinati la nostra potenza spirituale, la nostra essenza creativa incondizionata! Non te lo dimenticare mai, e anzi prova a ricordartelo sempre, ogni volta che sei presa da qualche smarrimento.
Non credere d’altronde, cara Giorgia, che io sottovaluti i pericoli dell'inquinamento e della devastazione ambientale, di cui scrivo e parlo da circa 40 anni; ma non credo proprio che questi rischi finali possano essere affrontati e risolti da quelle stesse menti, da quegli stessi Signori dell’universo, da quelle stesse centrali di potere, finanziario e politico, e da quella stessa razionalità materialistica e calcolante che questa devastazione la producono da sempre, e ogni giorno.
No, belli miei! Noi non vi crediamo! I vostri attuali sermoni ambientalistici sono molto sospetti, puzzano di altri intenti occulti, di interessi ancora una volta predatori, volete arricchirvi ancora una volta, magari costringendoci a comprare altre cose, che poi domani ci direte che vanno sostituite, perché inquinanti….
Io non vi credo, qualunque cosa diciate, perché, come il diavolo, mentite sempre, e proprio quando parlate in tutta sincerità! Prima perciò dobbiamo sostituirvi, togliervi di mano almeno alcuni degli strumenti del vostro dominio quasi assoluto e della vostra propaganda a senso unico, e poi potremo con mente rinnovata affrontare i problemi terminali di questo tempo.
Perché è proprio la nostra mente ego-centrata, e tutti i suoi rappresentanti mondani, ormai palesemente votati al suicidio cosmico, che vanno rovesciati nell’Aperto Cielo di una nuova possibilità, davvero più armoniosa, di abitare su questa terra. Ed è solo questo inesauribile rovesciamento interiore, congiunto ad una inedita azione rivoluzionaria, che ci può veramente liberare da ogni ansia, eco o ego-ansia che sia.
Perciò, cara Giorgia, lavoriamo tutti insieme ad una autentica e radicale rivoluzione culturale che limiti per davvero, e a volte rovesci i disegni criminali delle oligarchie predatorie, che sembrano sempre più attive, frenetiche, e operose, come le serpi sul capo di Medusa, e intanto viviamo, cara Giorgia, espandiamoci, creiamo e procreiamo, facciamo figli e figlie, opere e libri, azioni politiche ed eventi artistici, feste e giochi nuovi, allegramente, faticosamente, ma liberamente, e avviamo insieme e già da ora una nuova epoca del mondo.
Noi ci proviamo. Ti aspettiamo.
Con affetto."
Marco Guzzi
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pollicinor · 9 months ago
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Partecipi ad una gara di canzoni e se per caso ti senti di dire che è inaccettabile, umanamente ingiustificabile bombardare un ospedale uccidendo innocenti, bambini, mamme, il personale medico, massacrare giornalisti, potrebbe arrivare qualcuno e dire ‘eh no, eh no, tu stai facendo politica; sei un cantante, pensa a fare il cantante’. O canti, o multa. Se ti scappa di dire ‘cessate il fuoco’, multa di 500 euro. E la multa si fa più salata se il Paese che critichi perché lancia le bombe sull’ospedale ha degli accordi commerciali con lo Stato e con le aziende italiane. Perché non si disturba chi fa il nostro interesse economico. Che poi sarebbe da capire quali sono le migliorie che il nostro silenzio complice porta all’economia reale di questo Paese. Più il Paese che critichi è nostro alleato e più salata sarà la multa, perché molto semplicemente la cosa che proprio non si può dire è che non è sempre vero che noi siamo quelli buoni, non è sempre vero che puoi dividere il mondo in due, con da una parte noi, la parte giusta, quelli civili
Dargen D'Amico a Splendida Cornice
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cinquecolonnemagazine · 9 months ago
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Ciambellone glassato: una prelibatezza da gustare a colazione
Se dici Pasqua dici pietanze e dolci tradizionali. Le festività sono, infatti, non solo un appuntamento importante con la fede ma anche con la famiglia o con gli amici insieme ai quali gustare i piatti tradizionali. Tortano, salumi, uova sode, pastiera non possono mancare sulla tavola della festa. Tra le specialità, però, ce n'è una che trova posto sulla tavola non a pranzo bensì a colazione: il ciambellone glassato. Il ciambellone glassato: re della colazione di Pasqua Alto, soffice, ricoperto di glassa e confettini colorati, il ciambellone è uno dei ricordi d'infanzia più dolci che si possano avere. Viene preparato nei giorni immediatamente precedenti le festività e il profumo che si spande in casa annuncia l'imminente festa. La tentazione di mangiarlo appena sfornato è forte ma le sagge mamme sono pronte a nasconderlo perché, si sa, bisogna aspettare. Bisogna aspettare la mattina di Pasqua, quando finalmente sarà messo in tavola per la prima colazione. Una gioia per tutta la famiglia che inizierà la giornata nel modo più dolce possibile. Come si prepara il ciambellone La ricetta del ciambellone, come tante ricette tradizionali, è tramandata di generazione in generazione. Ogni famiglia ha la sua che gelosamente conserva e ripropone. La base è costituita da ingredienti semplici come farina, uova, latte, zucchero e lievito. L'impasto liscio e semiliquido viene messo in forno per una ventina di minuti circa e quando è quasi pronto si procede con l'operazione finale: la preparazione della glassa. Anche qui possiamo individuare due scuole di pensiero. La prima prevede la preparazione di una miscela di albume d'uovo e zucchero montata a neve ferma. Una volta pronta si spalma sul dolce che va prontamente rimesso in forma per il fissaggio della glassa. Appena sfornato, quando è ancora caldo, si spolvera con i confettini colorati. La seconda prevede, invece, una sorta di ghiaccia reale realizzata solo con acqua e zucchero che vengono sistemati in un pentolino e messi sui fornelli con fiamma bassa. Si mescola il tutto fino a quando il composto non diventa liscio e lucido. Il composto va spalmato sul dolce che in questo caso non va infornato nuovamente ma semplicemente lasciato raffreddare. Non dimenticate i confettini colorati da mettere prima che la glassa si asciughi. Come accompagnare il ciambellone Il ciambellone diventa, così, il re della colazione pasquale. Per accompagnarlo abbiamo diverse possibilità. Possiamo intingerlo nel latte se siamo soliti consumarlo oppure nel te se vogliamo optare per una soluzione più leggera. Gli sportivi apprezzeranno anche una spremuta di arancia mentre gli irriducibili lo accompagneranno all'immancabile caffè. A voi la scelta. In copertina foto di Annie Spratt su Unsplash Read the full article
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prestaguru2 · 2 years ago
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Soluzioni di e-commerce: tendenze calde nel mercato
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esperto prestashop
Ogni anno aumentano gli acquirenti online. Questa tendenza alla rivolta dell'e-commerce serve come opportunità per generare il massimo profitto e dall'altro può essere un colpo finale per le imprese di mattoni e malta. Alcune tendenze sono discusse in questo articolo che fornirà uno spaccato ai rivenditori online che consentirà loro di portare avanti l'attività tra i percorsi incerti del web retailing.
esperto prestashop
Alcune di queste tendenze sono le seguenti: -
UN. Prodotti unici: - Le soluzioni di e-commerce includono tutte le migliori piattaforme di e-commerce come Magento. I prodotti unici si riferiscono a oggetti d'antiquariato, opere d'arte, dipinti e altro che sono difficili da trovare altrove. La vendita di tali prodotti dipende dalla creatività dell'individuo, nonché dal marchio e dalla sua reputazione. È la qualità che crea la domanda di tali prodotti.
B. Arbitri che forniscono siti di e-commerce: - I commercianti online possono legarsi direttamente con le aziende che forniscono la configurazione di un sito di e-commerce e la sua manutenzione per incrementare il business. Alcune di queste terze parti sono Shopify e Volusion.
C. Effetto Mom & Pop: - I negozi online mom & pop registrano una crescita minore a causa dell'aumento della forte concorrenza delle catene di negozi. Tuttavia, i commercianti online che si occupano di beni digitali hanno successo. Questo vantaggio mamma e pop aiuta a riconoscere il negozio più che la fedeltà del cliente. I negozi più piccoli non si preoccupano di strutture organizzative obsolete che dividono un'impresa in diverse modalità come negozio, catalogo o digitale.
Alcune aziende forniscono a queste mamme e pop di Internet gli strumenti per emulare quelli enormi. Le piccole e medie imprese ottengono un vantaggio da tali aziende di supporto.
D. Remarketing: - Per distinguersi dalla concorrenza, ogni azienda, piccola o grande che sia, deve essere creativa. L'e-commerce ha messo a punto una nuova tecnica chiamata Remarketing. Questa tecnica può essere utilizzata in qualsiasi piattaforma di e-commerce. Il remarketing si riferisce all'utilizzo di più tocchi per sviluppare un interesse prolungato per il prodotto.
Quando visiti un sito di e-commerce, se riflette gli annunci pubblicitari che corrispondono ai tuoi interessi, il sito ha utilizzato il remarketing.
Le aziende possono facilmente seguire quei clienti che visitano semplicemente il sito Web ed escono senza effettuare alcun acquisto. Ciò può essere possibile attraverso il remarketing in cui gli annunci e le offerte vengono visualizzati sulla pagina Web che il visitatore sta visualizzando.
Tuttavia, questi annunci raccapriccianti possono irritare i visitatori.
e. Mobile: un dispositivo molto popolare e preferito da quasi tutti che, se dotato di connessione a Internet, può aiutare gli utenti a fare acquisti online. I siti di e-commerce dovrebbero essere compatibili con i dispositivi mobili poiché questi dispositivi sono i preferiti dalle persone per accedere a Internet. I siti Web di e-commerce con app mobili semplificate ottengono più vendite. I fatti rivelano che il prezzo medio delle transazioni derivanti dalle vendite su dispositivi mobili è del 12% in più rispetto alle vendite generate dalle vendite basate su computer desktop.
I negozi fisici non possono ottenere questo vantaggio poiché i clienti visitano il negozio e rivedono i prezzi, quindi cercano lo stesso prodotto sul proprio dispositivo mobile per ottenere un'opzione migliore.
Queste tendenze possono cambiare nel tempo poiché l'e-commerce è un campo che continua a evolversi e ad avanzare a intervalli regolari. La cosa principale che rimane costante nel campo dell'e-commerce è sviluppare clienti fedeli con un servizio clienti di migliore qualità. Essere al top delle tendenze dell'e-commerce rappresenta un ulteriore vantaggio per l'azienda quando comunica con i clienti.
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