#sedili
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Is this a safe place to say che ho un brufolo sul culo che mi fa un male cane
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Ripassiamo le regole di buona educazione: se il treno è pieno, zaini, borse, valige vanno tolti dai pochi sedili liberi. Non ve lo devono neanche chiedere.
I piedi, santo cielo non siete a casa vostra, giù dai sedili e, soprattutto, le scarpe ve le dovete tenere, a maggior ragione se avete i piedi neri come se aveste giocato a mosca cieca in autostrada.
#c'è una famiglia di quattro persone che sta occupando sei (SEI) sedili#uno extra con gli zaini uno perché il figlioletto (15enne) sta dormendo con i piedi sul sedile#givemeanorigami
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3 febbraio, open studio @ fondazione venturoli, bologna
cliccare per ingrandire open studio @ Fondazione Venturoli, Bologna, 3 febbraio 2024, h. 16 Sabato 3 febbraio 2024, dalle ore 16 alle 23, la Fondazione Collegio Artistico Venturoli di Bologna apre al pubblico OPEN STUDIO, progetto espositivo e formativo che metterà in mostra per la prima volta e in esclusiva la ricerca artistica dei cinque giovani talenti che si sono aggiudicati la prestigiosa…

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#Art City Bologna#Artefiera#Aurora Vinci#Chiara Innocenti Sedili#Elena Vignoli#Federico Falanga#Fondazione Collegio Artistico Venturoli#Fondazione del Monte#Fondazione Venturoli#inaugurazione#Nicola Bizzarri#open studio#vernice#vernissage
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Ho proprio voglia di finire l'anno sui sedili posteriori della tua macchina e poi dare la colpa all'alcol
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INCIPIT della buonanotte
I bambini sui sedili dell'auto possono creare incidenti.
Gli incidenti sui sedili dell'auto possono creare bambini.
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io e la mia amica nude sui sedili posteriori della macchina mentre tu guidi.
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Obbligo o verità (Arcane one shot)
Il bancone del bar era sporco di gusci di pistacchi vuoti e appiccicoso per il liquore che a volte scivolava via dai bicchieri. A Jayce non importò, mentre appoggiava un braccio sul legno viscido: era già brillo e non ci faceva nemmeno caso, la sua attenzione era attirata completamente dal ragazzo che gli stava seduto accanto.
"Allora, hai scelto?" biascicò. "Obbligo o verità?"
"Mmh" mugugnò Viktor, scuotendo il suo drink con aria distratta. Non aveva nemmeno finito il primo, a differenza di Jayce, che era al terzo. Era chiaro che non avesse la minima voglia di giocare, ma assecondò Jayce con un sorriso. "Verità."
"Sei mai" si fermò per soffocare un rigurgito "sei mai stato innamorato?"
Viktor lo fissò in tralice per un momento, indeciso se rispondere o no, ma al suo amico poteva dire almeno una mezza verità. "Credevo di sì. Ma è stato tanto tempo fa e in ogni caso non ero ricambiato."
"Di chi?"
"Non sono queste le regole del gioco" lo corresse Viktor. "Ora tocca a te scegliere."
"Obbligo" mormorò Jayce, curioso di sapere cosa l'avrebbe obbligato a fare il suo amico.
"Paga il conto, voglio andare a casa."
"Ma non hai nemmeno finito di bere..."
"Lo vuoi tu?"
Jayce ci pensò su, poi allungò la mano e trangugiò tutto d'un fiato il whiskey rimasto. "Va bene, andiamocene."
Traballante, si alzò in piedi e pagò tutto quello che avevano preso. Fece per tastarsi le tasche per cercare le chiavi della macchina ma si ricordò che Viktor gli aveva suggerito di lasciarle a casa: saggia scelta, era troppo ubriaco per guidare.
Chiamarono un taxi e gli diedero l'indirizzo del laboratorio. Jayce avrebbe dormito sul pavimento, non aveva voglia di passare la serata da solo.
"Obbligo o verità?" chiese Jayce quando si furono accomodati sui sedili posteriori.
"Hai ancora tutta questa voglia di giocare?" ridacchiò Viktor.
"Oh non hai idea... ho ancora un sacco di domande da farti."
"Verità, allora."
"A chi hai dato il primo bacio?"
"Giusto per sapere, tutte le tue domande sono a sfondo sessuale?"
"Non tutte."
"Non tutte?" Viktor si accigliò.
"La maggior parte" ammise Jayce ridacchiando.
"Ho provato a darlo a una mia collega di laboratorio, all'università. Non ho mai avuto il coraggio di concludere niente."
"Non ti facevo così codardo."
"Non era questione di codardia. Non era la persona giusta, credo. Scegli."
"Verità."
"Come vanno le cose tra te e Mel?"
"Ci siamo presi una pausa... sono successe troppe cose ultimamente, facevamo fatica a vederci e quando ci vedevamo, spesso litigavamo. Credo che fosse gelosa di te."
Viktor sgranò gli occhi, si sentì il cuore stretto. Sperò che Jayce fosse troppo sbronzo per notarlo.
"Obbligo" mormorò, per spostare l'attenzione su un altro argomento.
"Apri la porta, siamo arrivati e io mi sto gelando qua fuori."
Viktor pagò il tassista e aprì il portone del laboratorio, facendo strada fino alla sala che aveva adibito a camera da letto.
Vedere un luogo così familiare a un'ora così tarda stranì Jayce, che si ritrovò a fissare il laboratorio col naso per aria come se lo vedesse per la prima volta. Lo stanzino era stipato di fogli appesi a ogni muro e impilati per terra, e improvvisamente le occhiaie di Viktor ebbero senso.
"Purtroppo ho un letto solo, ma c'è abbastanza spazio per tutti e due."
Jayce strabuzzò gli occhi a quella proposta. "Cosa?"
"Non ti lascio dormire per terra con questo freddo, Jayce. Vieni a letto."
"Ehm..." temporeggiò.
"Obbligo o verità?" lo interruppe.
"Obbligo" disse Jayce senza pensare.
"Vieni a letto."
Jayce si ritrovò a ridacchiare. Quando si fu sdraiato sgranò gli occhi.
"Ehi, hai barato! Era il tuo turno di scegliere obbligo o verità!"
"Speravo non te ne accorgessi" sospirò Vik, ma la sua voce suonava divertita. "Ti concedo di farmi due domande, e scelgo sempre verità."
"Allora ti chiedo se andresti mai a letto con un uomo."
Viktor sbuffò, così Jayce aggiunse: "Non sei obbligato a rispondermi, ovviamente. Ma se non lo fai dovrò farmi venire in mente una penitenza, e al momento sono troppo ubriaco per farmene venire in mente una."
"No, non sono mai stato a letto con un uomo. Nemmeno con una donna, per quello che può valere."
"Okay. Posso baciarti?"
La domanda scivolò fuori dalle labbra di Jayce con naturalezza, prima che lui potesse trattenersi. Non si rese conto della domanda che aveva fatto finché il silenzio tra loro due si fece pesante.
"N-non sei obbligato a..."
"Va bene."
Jayce si voltò, stupito.
"S-sei sicuro?" chiese.
"To ho detto che va bene."
Alla fioca luce che filtrava dalla finestra, Jayce intravide i contorni del volto di VIktor. I suoi occhi erano semichiusi, i muscoli rilassati, mentre si tirava a sedere. Jayce lo imitò, e quando furono seduti uno davanti all'altro, tirò il suo amico verso di sé. Al primo contatto delle loro labbra, Viktor si irrigidì. Fu poco più di uno sfioramento e quando Jayce si staccò, guardandolo interrogativo come a chiedergli il permesso di continuare, lui capì che non gli sarebbe dispiaciuto averne ancora. Annuì, quindi Jayce prese il suo volto tra le mani e lo tirò a sé, tracciando con una serie di piccoli baci delicati il contorno delle sue labbra: quando fu arrivato al centro, gli coprì la bocca con la sua, e in quel momento furono consapevoli solo di quello, delle loro lingue che si sfioravano dapprima con timidezza, poi con più audacia. Viktor si sentì rabbrividire quando Jayce gli passò una mano tra i capelli, tirandoglieli leggermente; un gemito basso gli sfuggì nel momento in cui Jayce baciò l'angolo in cui il collo e la mascella si incrociano.
"Ti piace?" si informò Jayce, riprendendo da dove si era interrotto nel momento in cui ebbe ottenuto una risposta affermativa. Un altro gemito si strappò alle labbra di Victor nel momento in cui Jayce osò di più, pizzicandogli la pelle sensibile del collo in un lieve morso. Quello gli diede il coraggio per andare oltre, sollevando la sua maglia e sfiorandogli la pelle nuda con le dita. Viktor rispose reclinando la testa indietro, non disse niente, quindi Jayce si sentì legittimato a proseguire. Gli sollevò ulteriormente la maglia, tracciandogli una serie di baci sull'addome.
"Posso?" chiese conferma, osservando Viktor negli occhi, e quando quello annuì gli sfilò i pantaloni e gli baciò l'interno coscia. Viktor allungò una mano, sfiorando i capelli di Jayce, che lo fissò incredulo, poi riprese da dove aveva interrotto. Nel momento in cui si avvicinò all'inguine, Viktor inarcò la schiena, inspirando bruscamente.
Jayce si sentì vibrare dentro a quella reazione: non avrebbe mai creduto di trovarsi in una situazione del genere, almeno non con Viktor.
Risalì fino all'intersezione delle gambe, dove l'erezione di Viktor lo fece gemere nel momento in cui Jayce la sfiorò con la punta della lingua. Viktor inarcò la schiena ancora, stringendo le coperte sotto di sé con uno spasmo. Jayce ripeté il gesto ancora e ancora, poi prese il membro eretto in bocca. Viktor gemette piano, mordendosi il labbro inferiore, poi venne tra le labbra di Jayce, in un orgasmo che lo fece tremare. Jayce si sdraiò accanto a lui, che si accoccolò contro al suo fianco.
"Ti è piaciuto?" chiese Jayce.
"Molto" Viktor deglutì. Iniziò a tracciare dei disegni sul petto di Jayce, poi gli sollevò la maglia, sfiorandogli gli addominali. Quando arrivò all'elastico dei pantaloni, Jayce inspirò bruscamente. "Devo fermarmi?" chiese Viktor, tirandosi indietro.
"No, vai avanti."
Viktor eseguì, stringendo l'erezione di Jayce in mano. Spero solo che non se ne pentirà quando sarà sobrio, pensò, continuando a dargli piacere con movimenti lenti e misurati. Jayce si lasciò cullare dal tocco lieve di Viktor, respirando sempre più profondamente man mano che si avvicinava al limite.
Quando venne invocò il nome di Viktor, una dolce supplica che fece torcere le budella del giovane.
"Dovremmo giocare a obbligo o verità più spesso" ridacchiò, tornando ad accoccolarsi contro Jayce, che si unì alla risata.
"Domani possiamo rifarlo" propose.
"Domani lo rifaremo, allora."
#attack on titan#shingeki no kyojin#arcane#jayvik#jayce talis#arcane jayce#jayce x viktor#jayce league of legends
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Non un oggetto ma una circostanza. Primo appuntamento, una conoscenza che da virtuale si trasformava in reale. Era una collega della sede di Roma in trasferta, con la quale avevo avuto contatti solo in video call. Rientravamo in macchina verso casa mia “per bere qualcosa” (ma si sapeva già cosa sarebbe accaduto) dopo una cena. Non amo le cose scontate e quindi ho l’impulso di scoparla subito, prima ancora di arrivare a casa. Mi fermo in una zona isolata, ci baciamo ed avviene subito tutto in modo travolgente: scopiamo in macchina praticamente a cinque minuti dal comodo letto di casa mia. Questo nella mia mente mi ha regalato l’illusione di aver fatto l’amore in modo quasi animale, con il sudore, il caldo e le zanzare (era luglio nella bassa padana). Molto meglio del mio appartamento con l’aria condizionata. A cose fatte lei mi dice: “Certo che con quelle mani mi hai fatto il culo viola!” “Avevi delle zanzare sul culo”. Questa battuta la ricordiamo spesso quando capita di risentirci.
[Nota tecnica: io in piedi fuori dalla macchina e lei a quattro zampe di traverso sui sedili anteriori]
Abbiamo ripetuto la cosa la sera seguente: saremmo dovuti andare a Milano a vedere il centro, ma giunti in zona Lodi, altro stop e altra strage di zanzare. Dopodiché inversione di rotta e rientro in provincia.
È tutto nella testa.
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Blue (Brown) Monday 2025
Oggi è il blue monday 2025, il terzo lunedì del mese di gennaio, ritenuto essere il giorno dell'anno più triste per gli abitanti dell'emisfero boreale. Oggi è il giorno in cui Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1, corona un suo sogno: diventare un pilota Ferrari. Oggi 20 gennaio 2025 è il giorno dell'inauguration day, negli Stati Uniti, in cui il 47° presidente neo eletto si "riprende" la Casa Bianca.
Una giornata ricca di eventi quindi. Il mio 20 gennaio comincia presto, ore 6:30 del mattino il momento in cui mi sono seduto davanti al computer con un mega caffè. Ho tanto lavoro e mi devo muovere in anticipo.
La mia performance da nerd al "cervello elettronico" è performante. Che cacchio ho messo nel caffè? Sicuro che fosse zucchero? Finisco la serie di documenti in anticipo, a tal punto che riesco a muovermi per una commissione che rinviavo da un po' di tempo.
Sono cotto e ho fame, è quasi mezzogiorno, rientro a casa e sulla strada di ritorno posso fermarmi al supermercato per acquistare un paio di cose che mancano nella dispensa.
Oramai conosco le corsie come le mie tasche, potrei superare anche la prova della confezione di assorbenti "quelli che uso sempre, ma si quelli nella scatola viola", saprei dove trovarla quella maledetta scatola viola.
La cassiera mi conosce, sa come pago, sa che il sacchetto biodegradabile che le chiedo me lo dovrà aprire lei, se non vuole un cliente impacciato che le ferma la cassa per un'ora e tre quarti intento ad aprire il sacchetto biodegradabile.
Pago, tac! Saluto, tac! Esco, tac! Punto la mia auto, tac! Premo il pulsante di apertura sulla chiave, tac! Non si apre, tac...ci sua!
Niente non si apre. Provo a inserire la chiave direttamente nella serratura delle portiere gira, male ma gira, ma male anzi malissimo non si apre l'auto. Appoggio la testa sull'auto sconsolato.
A quel punto, si proprio a quel punto noto lei. Una donna che mi guarda, con sguardo stranito. Faccio finta di nulla, non so chi sia e in questo momento ho altro a cui pensare.
Ok, i pomeriggi passati davanti la TV a guardare MacGyver procrastinando i piani bellici per conquistare la gnagna, negli anni '80, forse mi tornano utili. Il portellone del bagagliaio. Se riesco ad aprirlo, è una serratura che ho sempre usato spesso, mi darà la possibilità di spianare i sedili posteriori e raggiungere il comando di apertura delle portiere.
Lei è sempre lì, elegante nel suo cappotto color cammello indossando un delizioso cappello intonato, che mi guarda con uno sguardo spaesato. Ma non ora, devo aprire il bagagliaio e fare una sorta di percorso di guerra per raggiungere l'obiettivo.
La chiave non apre il portellone.
- Calma Rino - mi ripeto a bassa voce - stai calmo.
- Non ci riuscirà mai - sento dire con tono glaciale dalla donna.
- Mi scusi? - le chiedo rivolgendomi con lo sguardo verso di lei.
- Le stavo dicendo che lei non ci riuscirà mai - mi ribadisce, quasi infastidita - Vuole provare con queste? - mi chiede facendomi vedere delle chiavi.
- No grazie, ho le mie vede? - faccio tintinnare le chiavi e il portachiavi - queste sono le mie chiavi.
- Vero, ma quella è la mia auto e non la sua.
Un dubbio, come un lampo. Un brivido lungo la schiena che diventa subito una goccia di sudore che scende sempre sulla schiena. Guardo la targa... qualcosa non torna. Guardo l'auto di fianco alla destra dell'auto oggetto di contenzioso e... sì le lettere e i numeri mi tornano giusti.
Cerco di sfoggiare un sorriso di circostanza, ma credo di aver assunto un'espressione alla Igor quando vede il Dott. Frankenstein (si dice Franchenstiin). Alzo le mani in segno di resa. Mi muovo come se fossi un cavallo sulla scacchiera. Due passi avanti e poi uno di lato.
Apro l'auto, gemella per modello e colore di quella al suo fianco, deposito il sacchetto della spesa al suo interno. Senza proferire parola apro una scatola appena acquistata e poi ritorno dalla donna.
- Mi permette? - le chiedo con aria dismessa - mi scuso del mio macroscopico errore, la prego di accettare questo.
- Un Bacio Perugina? - mi chiede quasi incredula.
Ritorno su i miei passi, mi ripiego nell'auto e mi ripresento a lei.
- Si, ha ragione "solo" un Bacio? Mi permetta di donarle anche questo - nelle mani le porgo un altro Bacio Perugina.
- Perché due - mi chiede incredula.
- Perché la cazzata che ho fatto ha generato degli interessi da usuraio, pari al 100%, quindi le ripago anche gli interessi.
Alza gli occhi al cielo e prende anche il secondo cioccolatino - Le auguro una buona giornata - mi dice frettolosamente mentre sale sulla SUA auto.
Mi siedo in auto, la MIA auto, aspettando che lei se ne vada, uscendo dal parcheggio. Anzi aspetto qualche minuto per avere la certezza che tra noi due si crei uno spazio temporale così grande da evitare possibilità matematiche di rincontrarci, anche se per una sola volta, nel corso delle nostre esistenze.
Sono sicuro, vedendola contrarre le labbra in auto mentre si allontanava, che si sarà messa a ridere di me. Avrebbe potuto farlo davanti a me, un sorriso o una risata rincuora se ben fatta, se nasce da un sentimento di ilarità.
Un sorriso può illuminare una situazione iniziata male. In alternativa fermarsi alla prima gastronomia di fiducia, comprando dei supplì da mangiare in auto, mentre si scuote la testa per la figura di merd4 appena fatta, non sarà la stessa cosa ma un pochino aiuta. Credo.
Blue Monday, ci rivediamo l'anno prossimo. Non mi troverai impreparato, comincia a preoccuparti.
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Una visita al Papa
Il pèndolo segnava le ùndici e mezza. E per le dieci dovèa èsser la udienza! Io aveva già esaurito ogni possìbile passatempo; aveva presa, come si dice, la consegna del luogo; fatto cioè conoscenza, non amicizia, con quattro arrazzoni che tenèan ciascuno una parete; addolìtomi il collo a mirare il dorato soffitto in cui campeggiava l’arme di Sua Santità, con due immensi chiavoni più atti a sfondare che non ad aprire le porte; gustato un pò di tutti i sedili intorno la sala, graditi assài quanto agli occhi, ma quanto a quell’altro, che, in fatto di sedie, è il migliore dei giùdici, assài poco… E poi, aveva passato in rivista i mièi compagni d’udienza: poche persone, del resto; sei o sette in nera marsina, cravatta bianca e mani sguantate, al pari di mè e dei servitori da caffè; due militari dimessi, abbigliati sul gusto dei generali delle marionette; nel rimanente, mònaci e preti dai visi o birbi o intontiti, i quali però, usi al mestiere dell’ozio, se la passàvano placidamente susurrando fra loro e stabaccando e sputacchiando in certe cassettine leggiadre poste tutt’intorno la sala. Nè a ròmpere la monotonìa, vi era che l’apparizione intrigata di qualche nuovo invitato o il frettoloso passaggio di qualche pretocchio dal mantellino di seta color violetto. Quand’ecco, la cannonata annunziatrice del mezzodì. Ciascuno si leva di tasca l’oriolo; dal cronòmetro mio allo scaldaletto del chierichino; e chi si mette a montarlo o ad aggiustarne la freccia e chi se l’appone all’orecchio e chi lo confronta con quel del vicino. E un servitore, pomposamente vestito di un damasco scarlatto, si appressa in grande sussiego al baroccofaragginoso orologio, ne apre il cristallo e con un dito guida la pigra lancia sulladodicèsima ora; poi, dà un buffetto al pèndolo, che rappresenta il gaudente faccione del sole. Ma, con esso, si riavvia anche la noja. I militari fuori di corso riprèndono a passeggiare su e giù e ad incrociarsi lisciàndosi i baffi; i mònaci e i preti a sbadigliare tacitamente, a stabaccare, a grattarsi; i signori in marsina, che non sedèttero a tempo, a non sapere più su quale gamba appoggiarsi. Ed io, cercato inutilmente di entrare in uno stanzone tutto marmi e colonne, in mezzo al quale, intorno a un braciere, stà un gruppo di Svìzzeri, in elmo e giallo-rossa divisa, cui non màncano che i dadi e il tamburo per èsser veri giudèi da sepolcro, ritorno nel vano del fìnestrone da cui mi sono staccato, e mi rimetto a guardare la sottostante amplìssima Roma. In quella, ecco risuona distintamente da Castel S. Angelo, una fanfara da bersagliere! Stranìssimo effetto! I preti sorrìsero ironicamente, i due militari arricciàronsi i baffi e si fècero d’occhio; io, dalla gioja, arrossìi. Per la prima volta in mia vita, amài, un istante, i soldati. Quell’allegra fanfara, udita in quella morta atmosfera di quattro sècoli fà, parèa dicesse, che il mondo vivèa tuttora nè mai avèa cessato dal proceder di corsa; che l’Italia s’andava compiendo a dispetto di tutti i Santi del taccuino nè così tosto si sarebbe disfatta. E lì mi coglièa la smania di vedere una schiera di que’ giòvani arditi, dalle piume al cappello, venire correndo al riscatto dei formosìssimi Iddìi vaticani, prigioni delle negre sottane, finèndola una buona volta con quella minùscola China, con quel pìccol rifugio dell’ignoranza e della immobilità, ammorbatore d’Europa. Ma quì, un gran movimento per tutta la sala. Da una lontanìssima porta, in fondo all’anticamerone de’ Svìzzeri, appariva un barbaglio di vesti d’ogni colore, e tra esso, un coso bianco, una specie di sacco. Il chierichetto, vicino mio, divenne rosso di fuoco. I due generali da burattini, si accomodàrono le pistagne e si fècer panciuti ancor più; fratume e pretame si mise a sbottirsi di tasca un nùvolo di agnusdèi, corone, crocifissi, santini, e pezze e pezzuole; trè o quattro giù, si buttàron per terra come majali. Capìi, che quel bianco che si avanzava, dovèa èsser qualcosa peggiore di un sacco. Era, difatti, Sua Santità il servo dei servi, primo fra gli inciampi al progresso, màssimo fra i nemici d’Italia.
C. Dossi, Una visita al papa da Goccie d'inchiostro [1880] in Opere scelte, Torino, UTET, 2004
Nota: l'evidenziazione nel testo è mia
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Stamattina salgo sull’ennesimo treno, trovo un posto libero e mi siedo.
Poco dopo arriva il controllore per vedere i biglietti. Il ragazzo nella foto, sui sedili alla mia sinistra, non ce l’ha. Dice di esser salito all’ultimo, sta andando a lavorare, non è riuscito a farlo. Non ha contanti ma solo un bancomat. Prova a pagare con quello ma non funziona. Il controllore è comprensivo ma deve fargli la multa. 50 euro, che il ragazzo può pagare entro una settimana. È affranto ma non ha alternative e mentre il controllore inizia a stilare la multa penso che l’importo corrisponde ad almeno un giorno di lavoro del ragazzo (bene che vada).
Chiedo: “Scusi, quanto costa il biglietto”. 15 euro. Andata e ritorno. “Ok lo pago io”.
Il ragazzo mi guarda e dice “Grazie”. Rispondo “Prego”.
“Praticate gentilezza a casaccio” diceva qualcuno.
Non mi frega di venirvi a raccontare del mio gesto. Il punto è un altro: a me 15 euro non cambiano la vita, non cambiano niente. E non perché 15 euro per me siano pochi, hanno un valore che conosco bene e che per me non cambierà mai. In questo momento però servono molto di più a quel ragazzo che a me. E non mi interessa che lavoro fa, la sua vita, la sua storia. Non devo per forza conoscerlo per aiutarlo. Ho sentito che era giusto e così ho fatto.
Magari allo stesso modo lui domani aiuterà uno sconosciuto e uno sconosciuto domani spero aiuterà me se ne avrò bisogno. Perché alla fine, la vita è po’ come un viaggio in treno. Andata e ritorno.
(Matteo Gracis)
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oggi in autobus fra la calca ho posato lo sguardo su una coppia, avranno avuto trentasei anni a vicenda su per giù. due bambini, di cui uno era seduto in braccio alla mamma, aveva la mano adagiata teneramente sul vetro e con gli occhi esplorava un po’ le macchine ferme al semaforo, indicando qualche cane al loro interno. ho pensato a quanto splendore abbiano le cose se viste da una prospettiva diversa, una prospettiva temporale decisamente opposta alla nostra: quella di un bambino, o una bambina.
la voce del più piccolo esclama: ‘che bella città!!’ come se non ci fosse stato mai, come se non sapesse neanche lui dove si trovasse. l’ingenuità delle sue parole, miste a quelle del più grande che con disinvoltura, guardava il resto dei passeggeri. talvolta pensiamo che ingenuità equivalga a stupidità e che, una volta cresciuti, è un bene lasciar spazio a consapevolezze e astuzia. io la penso sempre in modo diverso, il candore e l’innocenza devono far parte di noi per mantenere quello sguardo mai perso che possedevano quei bambini/quelle bambine che non abbiamo mai smesso d’essere. (sono quasi sicura che io abbia espresso una teoria del fanciullino rivisitata da me, un po’ moderna e meno intellettuale)
i due bimbi, infine, decidono di tirare la catena della borsa che avevano fra i due sedili, ho dedotto fosse della madre. il più piccolo, sorride. e così fa anche il più grande, con tanto di: ‘continua, stiamo facendo musica’ e c’ho trovato poeticità.
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Ironia portami via #6
Acessori dell'automobile al cui pensiero ti corre un brivido di colpevole piacere lungo la schiena: a 25 anni, i sedili ribaltabili, a 50 anni, i sedili riscaldati.
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Saliremo nella tua macchina e ti chinerai per baciarmi
Parleremo per ore e ci sdraieremo sui sedili posteriori
E poi una notte a caso, quando cambierà tutto
Non risponderai e torneremo ad essere sconosciuti
@itsmyecho
#itsmyecho#citazione#amore#dolore#solitudine#frase#solo#lacrime#pianto#vuoto#coppia#viaggio#insieme#tempo#passato#brividi#apatia#perso
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mettere la minigonna è bello fino a quando non devi mettere il culo nudo sui sedili del treno regionale
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CHI SONO GLI OVER 50 ?
Ve lo spiego subito:
- Sono gli adolescenti e i ragazzi degli anni 70 e 80;
- Sono quelli che uscivano in motorino d'inverno senza casco e con i capelli bagnati e arrivavano con le stalattiti di ghiaccio in testa;
- Sono quelli che si incontravano al "solito posto" perché nessuno aveva soldi per entrare al bar;
- Sono quelli che andavano minimo in due in motorino dopo aver messo insieme le monete per fare miscela;
- Sono quelli che la cosa più importante era trovarsi per la voglia di stare in compagnia;
-Sono quelli che si scambiavano i dischi preferiti;
-Sono quelli che durante le vacanze estive si cercavano un lavoretto per non chiedere soldi ai genitori;
-Sono quelli dell'autostop per sentirsi liberi;
- Sono gli sciami di ragazzi allegri e spensierati come oggi non se ne vedono più in giro;
-Sono quelli che....o tutti o nessuno;
-Sono quelli che d'inverno facevano l'amore in macchine malandate con i sedili non reclinabili!
FATICA INUTILE TENTARE DI CAMBIARLI !
Siamo quelli cresciuti senza il telefono azzurro, le sberle le abbiamo già prese da piccoli adesso abbiamo una corazza fortissima e non ci fa paura nulla.
NON MOLLEREMO MAI.
(web)
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