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Sederon
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A 40 all'ombra (40 gradi all'ombra del lenzuolo) - Guido & Maurizio De A...
TONINO GUERRA ENRICO MONTESANO THOMAS MILIAN (COME MILANO)
PRESUMO CHE I PARENTI SAPESSERO CHE IL CUGINO PEDOFILO EMILIO TENDEVA A GUARDARE DONNE CON IL SEDERONE, IO AVEVO 2 ANNI NEL TEMPO DEL FILM, LUI ERA GRANDE, MA IO A 6 ANNI IL SEDERE GROSSO CE L AVEVO
LA CAVALLONA EMILIA CHIAPPONI, AMATA DA TUTTI PER IL SUO SEDERE CHE ROVINA I SOGNI DI UN FAN TURBOLENTO
L ATTIMO FUGGENTE LA MOGLIE DI UN UOMO DA DEL '' CULATTONE ' AL MARITO PERCHE' PER UNA DISFUNZIONE NON RIESCE AD AVERE RAPPORTI COMPLETI, DOPO IL RIMPROVERO LUI SI SBLOCCA E COMPLETANO IL RAPPORTO IN MEZZO ALLA STRADA SENZA CHE NESSUNO LI POSSA FERMARE
LA GUARDIA DEL CORPO . PER PROTEGGERE LA DONNA, IL TIZIO LA SEGUE PURE IN BAGNO DISTRUGGENDO LA SUA PRIVACY E SI INTROMETTE PURE CON L AMANTE DI LEI (PS. IO ODIO LE GUARDIE DEL CORPO, LA PRIVACY E' IMPORTANTE, MEGLIO SOLI CHE CON DISONESTI CHE TI CONTROLLANO)
I SOLDI IN BOCCA UN IMBROGLIONE OFFRE SOLDI AD UNA DONNA IN CAMBIO DI SESSO, LEI ACCETTA, MA SCOPRE CHE ERA UN IMBROGLIO TRAMATO DAL MARITO
UN POSTO TRANQUILLO UN NAPOLETANO SALVA UNA DONNA DAL SUICIDIO PER FAR SESSO, MA IL CANE BELLO E POSSENTE LO FA SPAVENTARE E FUGGIRE
La cavallona Tomas Milian: cav. Marelli Edwige Fenech: Emilia Chiapponi Renzo Rinaldi: marito di Emilia Salvatore Baccaro: uomo baffuto Dorit Henke: vittima di Dracula L'attimo fuggente
Alberto Lionello: Filippo Giovanna Ralli: Esmeralda Nello Pazzafini: proprietario dell'autonoleggio Nestore Cavaricci: vigile che guida il carro attrezzi La guardia del corpo
Marty Feldman: Alex Dayle Haddon: Marina Mimmo Crao: François, artista di Palermo I soldi in bocca
Enrico Montesano: Salvatore Barbara Bouchet: Barbara, moglie di Ignazio Franco Diogene: comm. Ignazio Fiammetta Baralla: donna nel bagno dell'aeroporto Un posto tranquillo
Aldo Maccione: rag. Adriano Serpetti Angelo Pellegrino: prete esagitato Sydne Rome: Marcella Fosne
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IL MIO LATO “B” (poesia ironica ) 12 maggio 2012
Chiamatemi pure “Callipigia”!
Il mio deretano è una vera valigia,
un generoso e pesante zaino,
una bandiera che non ammaino.
Ogni donna me lo invidia,
mentre l’uomo lo ammira ed , a volte , lo insidia.
Benché io volutamente non lo esibisca ,
spesso qualcuno lo vede e mi fischia.
In ogni modo cerco di mimetizzarlo,
ma con le sue ondulazioni , parlo
a chi si sente talor coinvolto
dal mio passo e dal grosso “involto”
il quale , con il suo moto ondulatorio,
non è certo da esibire in oratorio!
Ho provato ogni tipo di ginnastica e dieta,
ma il mio sederone di volume non arretra,
perciò lo accetto così come si mostra:
poderoso, alto, allettante e …. alla faccia vostra!
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Due cose, ce la posso fare
Oggi m'è venuta poi una mezza crisi isterica perché ritengo di appendere qualsiasi cosa e di non finirle mai. Che nei fatti, in effetti, si traduce in realtà. Non sono una persona inconcludente (cosa che invece stamattina mi sono detta per finire di ammazzarmi emotivamente) ad ogni modo. Sono una persona piuttosto semplice con i suoi due, tre o quattro interessi. Probabile che anche un leggero spifferello di depressione ogni tanto bussi alla porta, ma è la pigrizia che mi deprime. Infatti non dovrei forse stare sempre a casa a studiare. Per esempio, domani potrei scendere e andare in biblioteca. Così, tanto per. Per rassodare questo sederone a forma di sedia/letto. Ad ogni modo sono in gamba, in somma, quando mi metto in testa di fare una cosa non solo faccio una cosa bene, ma sbanco. Solo che le cose che mi metto in testa sono decisamente poche in questo periodo. E' un problema? Eh, non lo so... Potrei cercarmi nei meandri di me stessa e venirmi a dire "Oli, va tutto bene se non riesci a fare proprio proprio tutto. Non riesci perché alla fine scopri che bene o male è tutto una sega, stai cercando di capire cosa vorresti nella vita e forse ti ci vorrà un bel po' prima di capirlo." a 24 anni tutto questo è normale, no? Io ero sicura invece che sarei stata sicurissima, decisissima, un treno. Così è stato alla triennale. E vabbuò, così non è stato. Però c'amma fa? Forse c'è veramente uno spazio per me nella sostenibilità sociale, devo solo capire dove e come infilarmi. Scrivere pure qualche letterina di presentazione per quel posto molto fico che ho visto l'altro giorno. Oppure, che ne so, imparare bene l'inglese e il francese dato che tutto sommato qualche soddisfazione me la danno. queste due cose, ce la posso fare: studio e lingue.
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GELATI VARI
MIMì E GEGE’ - gelato alla liquirizia.
Il desiderio è un laccio sottile che piano piano ti avvolge e che d’improvviso ti stringe tanto forte che se non lo soddisfi ti soffoca e ti impedisce di provare altre emozioni. Gegè ad esempio amava il gelato e appena lo desiderava andava a prendersi un cono nella gelateria di Mimì, prima che si mettessero assieme e aspettava che proprio Mimì lo servisse e non gli altri inservienti, perché così gli riempiva il cono di una montagna di gelato. Quel gesto di Mimì era per Gegè una prova di amicizia e non capiva che lei lo faceva solo perché lui gli piaceva. Lui però non ci pensava avendola sempre avuta come grande amica e vivendo il rapporto con lei in quel bagnasciuga esistenziale dove non sei né solo spiaggia e quindi amicizia, né solo mare e quindi amore. Lui passava i pomeriggi nella gelateria con Mimì e si giustificava di fronte agli amici e a sé stesso, con il suo amore per i gelati. Un giorno non la trovò. Era partita con le cugine per una gita offerta da un fornitore. Sul momento Gegè non ci pensò e si prese il suo gelato, ma scoprì che non era più buono come prima. Gli mancava qualcosa che lui non capiva o ipocritamente non sapeva o voleva definire ed accettare, perché per capire d’amare ci vuole coraggio o incoscienza. Il desiderio di Mimì incominciò a stringergli l’anima e crebbe in lui sempre più prepotente. Per prima cosa gli fece perdere l’interesse per quanto lo circondava. Le vaschette di gelato persero ogni colore e attrattiva, la gente intorno a lui si trasformò in ombre ed anche se vi era il sole, gli sembrava di essere già a novembre. Sentiva che qualcosa era cambiato, che qualcosa gli mancava, ma non voleva ammettere che questo qualcosa fosse Mimì. Durante tutta la giornata il desiderio gli faceva apparire nella memoria improvvise immagini di lei come i suoi occhi perfettamente a mandorla, la sua bocca da bambina sempre sorridente ma con la forma di donna, gli apparvero anche, dolorosamente dettagliate, le sue minnone che quasi trasbordavano dalla sua camicetta nera aderente quando si piegava tra le vaschette di gelato per raccogliere con la paletta una dose abbondate di pistacchio o caffè. Il desiderio di lei era tanto forte che la sera, con grandissima preoccupazione dei genitori, si mangiò solo due arancini e un pitone fritto: quasi inappetenza assoluta, a sentir la madre. Poiché la voce profonda dell’anima sono i sogni, la notte fu il momento in cui il desiderio gli tese un terribile agguato facendogli fare un sogno terribile. Era nella gelateria e aveva appena ordinato il suo gelatone. Mimì aveva incominciato a riempire un cono e metteva e metteva a mai finire, tanto che il gelato era grande come la testa di lui. “Stai attenta che ti cade…” le disse Gegè preoccupato e infatti fu cosi: il gelatone che Mimì riempiva pescando dalle vaschette sottostanti cadde proprio sulla vaschetta che conteneva la stracciatella. Lei sorrise e senza problemi entrò dentro il bancone per prenderlo e improvvisamente affondò dentro le vaschette di gelato e scomparve dentro di loro. A Gegè saltò il cuore in gola: dove era finita Mimi ? Lei riapparve improvvisamente quasi nuotando nelle vaschette che andavano ad allargarsi ed appariva tutta fatta di gelato. I suoi capelli erano sottili fili di cioccolato, le sue minnone erano formate da gelato al cocco e fragola, i fianchi di zuppa inglese, le gambe di gelato al limone e il sederone di nocciola e crema. Lei si muoveva entrando in una vaschetta grande quanto una piscina e uscendo da un'altra ancora più grande, con un sensuale movimento e lui ebbe la percezione che fosse tutta, assolutamente nuda. Splendidamente nuda e tutte le sue forme risaltavano, ora come gelato alla papaya, ora come gelato alle amarene con due ciliegione a fare da capezzoli, ora con la zona del pube sotto forma di scuro gelato alla liquirizia e questo lo sconvolse perché era uno dei pochi che non aveva mai ordinato. Così il suo corpo cambiava continuamente, da fragola e panna a zabaione e nocciola, le natiche di tiramisù, il ventre di gianduia e cioccolato bianco, le braccia di Mont Blanc con pezzettini di maron glasse, i capelli di papaya e frutto della passione, la schiena di meringata, le gambe di limone e menta. Lui l’osservava e lei ora appariva ora spariva, con le minnone che traballavano con il loro profumo vaniglia, il sesso di liquirizia ed i peletti di filamenti di scuro cioccolato fondente. Come una sirena nel mare, incominciò a chiamarlo tra onde di torroncino, di gianduia e meringata. “Gegè, veni, veni… chi gustu voi.. , veni .. liccami … scialati” Lui guardava e l’acquolina gli impastava la bocca, mentre laggiù la sua ciolla si era gonfiata come il palloncino che usano i clown di strada per fare gli animaletti come cani e cigni. Imbarazzato da quel tubolare dotato di volontà propria lui lo stringeva più che poteva per nascondere l’effetto che lei aveva sul suo corpo. “ Gegè veni, assaggiami.. “ Faceva lei, lasciva e provocante, mostrando ora questa ora quella intimità dolciaria, dalla lingua gianduia, alle labbra di fragola, alla minna di cedro, al sesso di scura profumata liquirizia (ancora? Ma perché?). “Veni, Gegè, liccami tutta … no vidi chi mi staiu squagghiannu (mi sto sciogliendo) …?” Gegè stava morendo. Sentiva un gran caldo e l’essere tubolare la sotto che stava scoppiando avendo raggiunto il massimo della espansione permessa dalla pelle, ma vedeva Mimì sciogliersi e quindi perderla completamente e questo lo sconvolgeva perché adesso il desiderio era la sua vita e Mimì l’unica persona che potesse saziarlo e rinnovarlo nello stesso tempo rendendolo quella Araba Fenice che chiamano amore. Gegè ebbe un’illuminazione: lui amava Mimì e per vivere doveva stare con lei. Questo era il suo Karma in quel momento della sua vita e rinnegarlo, ignorarlo, voleva dire uccidere il suo destino. Non poteva far altro! Non doveva pensare di dover fare altro!! Aprì la vetrina delle vaschette di gelato e vi si tuffò dentro. Sul momento sentì solo nausea in mezzo a quello sciroppo denso e zuccheroso che era il gelato e che per similitudine lui associava all’amore. Poi però quella fase densa e dolce come miele assunse una vita propria e Gegè si sentì abbracciare ed un corpo fresco e morbido adagiarsi sul suo dandogli un piacere intenso e carnale. Gli occhi di cioccolato Mimì lo osservavano intensi mentre le labbra rosse amarena cercavano le sue e una volta raggiunte le divorarono mentre la sua lingua di liquirizia (cosa che eccitò tremendamente Gegè) avvolgeva la sua. A questo punto perse ogni controllo e si senti tutto piacevolmente bagnato, quasi in paradiso e lentamente si lasciò affondare dolcemente, come disse il poeta, in un mare di gelato alle mandorle. Qualche giorno dopo, quando Mimì fece salire la saracinesca del negozio se lo trovò dietro la porta del negozio che aspettava, da mezzora, l’apertura della gelateria. Lo fece entrare contenta di vederlo “Ciao Gegè, hai già voglia di gelato?” Lui la guardò e a vedersela di fronte dimenticò tutto il discorso forbito e passionale che si era preparato, inoltre, con la capacità discorsiva inaridita da abuso di messaggi whats up e meme, cadde nel panico più completo. Lei lo guardò stupita dal suo silenzio e dal nervosismo che il suo corpo mostrava. “Che c’è ?” Chiese preoccupata. Allora Gegè, ormai disperato, fece un atto ancor più disperato: la baciò. Mentre la baciava, Gegè capì che soddisfare un desiderio voleva dire farne nascere mille altri perché le labbra di Mimì, sapevano veramente di liquirizia.
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Qui a scuola c’è sempre chi si occupa delle creature. (16/09)
(...) Le fa cenno di seguirlo, dirigendosi alla porta alla destra delle sue stanze. L’interno decisamente più grande del previsto e lì una serie di recinti tutti diversi, con habitat diversi al proprio interno - tipo quello dei Mooncalf dove un cielo stellato spicca, insieme a una miniluna piena - ospitano quelle creature che ormai fanno parte del castello da anni e di cui gli studenti imparano a prendersi cura. C’è un tavolone in legno appena si entra, contro la parete sinistra, sormontato da mensole spesse con sopra una serie di boccette piene di erbe, pozioni e altre cose utili per un pronto intervento e per la cura delle creature, mentre sulla destra c’è il recinto di quello che deve essere Snasobeso. Un cumulo di oro, al centro del quale è stata scavata una tana dalla quale spunta il pelo di un sederone enorme. Nemmeno si accorge dell’arrivo di Devon, considerando che ha già mangiato. Subito accanto, il perimetro delimitato magicamente, un’altra distesa di galeoni che sono pronti per accogliere Gol.D e permettergli di crearsi una tana bella quanto quella di Snasobeso (e magari se è meno pigro, anche più bella.) « Può metterlo lì, questi recinti sono fatti apposta per non fare uscire le creature » le cupole utilizzate anche alla Tulange.
Non appena Devon decide di farle strada, lei non perde tempo a seguirlo e momentaneamente puntargli gli occhi addosso che vanno a sgranarsi nel sentire il resto. Annuendo con espressione rassicurata nel sapere che Gol.D non mancherà di cure anche quando lei non sarà a scuola (...) Sobbalza leggermente quando il docente le rivolge la parola, tornando sul pianeta presente e annuendo con foga nel guardare il recinto. « Okay » sospira, nonostante tutto dispiaciuta dal separarsi dallo Snaso mentre tenta di farlo staccare con delicatezza dalla propria tunica. Ma prima di metterlo nel recinto, a cui comunque si avvicina per farglielo studiare, è d’obbligo portarselo davanti al viso per permettere ad entrambi di guardarsi. « Ascolta, Goldie. Qui dentro starai al sicuro, avrai il tuo posticino e noi due ci vedremo ogni mattina e pomeriggio per raccontarci com’è andata la giornata » cos « Nessuno ti prenderà nulla e c’è pure Snasobeso con cui fare amicizia, quindi direi che è meglio del dormire fuori, no? » un sorriso felice viene dedicato tutto alla creaturina, prima di cercare di posargli un bacetto sulla fronte e farlo entrare nel recinto con delicata determinazione. « Allora, che te ne pare? » rimarrebbe lì davanti con le mani sui fianchi, il sorriso ancora sulle labbra, per vedere come si abitua lo Snaso.
Resta appeso di peso - quel poco peso - tra le mani di Blythe senza opporre resistenza ma piegandosi appena per lanciare uno sguardo confuso a Devon, giusto appena all’indietro, senza capire a che sia dovuto quell’entusiasmo agrodolce. E, dal rifugio che si è andato a riprendere appena ha capito che era il momento di andare, scruta tutto attorno i vari ambienti, tenendosi stretto al mantello per non cadere fino a… un ‘GULP’ molto sonoro arriva quando i suoi occhioni inquadrano quei montarozzi di galeoni lucenti, strappandogli un sospiro sognante e... un stendere di becco in una smorfia innamorata, come potrà vedere la tassorosso quando se lo metterà davanti per dargli le ultime raccomandazioni da NonnaB. Un annuire frenetico, con il corpo che si contorce per tornare a guardare il montarozzo lucido salvo poi fermarsi e allungare le zampine contro le guanciotte della ragazzina, guardarla per un tempo indefinito dopo quel baciozzo, iniziando poi a picchiettare sulle mani per invitarla a farlo scendere… e raggiunta la giusta quota è lui stesso a lanciarsi senza timori per sparire sotto le tintinnanti monete, riemergendo dopo qualche secondo… per iniziare a mettere da parte qualche moneta, a discapito di quelle rassicurazioni, che non si può mai sapere con i tempi di magra.
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Esser bugiardi.
Esser bugiardi sarà il mio primo romanzo, attualmente in fase di prima scrittura. Parlerà di me, delle mie vite online, delle mie innumerevoli personalità.
Mentire è un'arte, come quella della spada, e chi ne fa uso colpisce affondo il più delle volte. Mi sono comportato male e ne sono consapevole, Esser bugiardi sarà la mia confessione.
Piccolo estratto:
"Ormai dovresti conoscermi, sono un gran bugiardo. Ero intelligente, mi reputo tutt’ora tale, tanto quanto sfigato. “Mai mettere un Pc in mano ad un ragazzino di 11 anni” posso affermarlo, per esperienza personale, dopo aver tastato personalmente il manico della menzogna.
Ero piccolo, da poco un ragazzino. Non avevo molti rapporti sociali, insomma immagina e mettiti nei miei panni: bassetto, sovrappeso, occhiali, spettinato e un passato da panchinaro nelle partite di calcetto da non sottovalutare. Quello che potevo fare era poco, quindi posavo il mio bel sederone sulla sedia e vagavo, navigavo in un oceano di dati. Mi chiamo ??? e questa è la mia storia.
#frasi libro#scrivimi#scriddler#scrittura#scrittesuimuri#libridaleggere#ex libris#libriitaliani#solo bugie#menzogne#distributor#distopico#esotico#realtà
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Il tuo sederone si oppone a questa impresa micio.
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Un’orca assassina in mezzo alle sardine
Ciao piccole zollette di zucchero,
Oggi voglio parlarvi di una cosa che mi affligge da ormai 23 anni...
Il pessimo rapporto che ho con lo specchio o almeno con ciò che riflette solitamente lo specchio: il mio corpo.
Premessa: avrei messo pure una fotografia di me davanti allo specchio, ho anche la foto perfetta per testimoniare la mia fisicità, ma sapete com'è, l’ho scattata, l’ho trovata stupenda e poi dopo pochi secondi ho iniziato a vederci difetti su difetti. Quindi nada, dovrete credermi sulla parola.
Sono sempre stata una bimba grande, fin dalla nascita, infatti sono nata per parto cesareo, se no probabilmente avrei aperto in due come una noce mia madre. (Ero 3.8 kg, per 52 cm).
I pannolini per i neonati non mi andavano, ho iniziato la mia vita indossando quelli per i bimbi di un mese. Ed era solo l’inizio del mio problema con le taglie.
La mia struttura ossea, il castello come dice mia zia Marina, è massiccio e ben messo. In realtà non sono mai stata grassa, solo massiccia. Ma per capire questo ci ho messo anni di odio per me stessa e per le superfici riflettenti. Ho sempre avuto problemi nella percezione del mio corpo, sono 1.65 ma io li percepisco come 1.80. Nella mia testa ho costantemente l’idea di un elefante in una cristalleria, ed effettivamente sono così. Sono estremamente goffa nel mio cervello, quando per gli altri cammino come in un mix di camminata militare e da pin up.
Ammettiamolo che la società e le persone che mi hanno circondato nella vita (oltre agli specchi) non mi hanno aiutato molto nell'accettarmi.
Prima di tutto la famiglia di mia madre, in particolare una mia zia, rinnega il fatto che io possa aver ereditato il mio fisico da altri geni che non sono i suoi.
Io ho un fisico a clessidra, quello che tutte e tutti vogliono al momento, e l’ho ereditato centrifugando i geni di una bisnonna materna che era un armadio (anche la mia faccia da stronza per essere precisi è la sua) e quelli della mia famiglia paterna dove siamo TUTTE con i fianchi larghi.
Sono 23 anni che sento mia zia giudicarmi per il mio bacino, dice che dovrei perdere peso e fare più sport. Ha indetto una campagna diffamatoria su di me.
Seriamente? Ho fatto 11 anni di nuoto agonistico, uniti a 10 anni di vela e di snowboard. Vado a fare trekking in montagna con enorme piacere e al momento mi alleno 5 volte a settimana in palestra con cardio e pesi. Fidati. Non è lo sport che mi manca.
Settimana scorsa per esempio mi ha detto che mi avrebbe aiutato a perdere il “sederone”, alla mia risposta del fatto che non avessi nulla contro la mia metà inferiore mi ha detto che tutti in famiglia hanno i fianchi larghi, che anche un’altra mia zia aveva i miei stessi fianchi, peccato che lei ha avuto 3 figli. IO NO.
Quando le ho fatto notare la cosa lei mi ha risposto che anche lei aveva partorito, ma comunque è bella snella.
Peccato che i miei cugini da parte di madre alla nascita arrivavano neanche a 2 kg. Il mio bacino è stato creato da Odino per sfornare vitelli jugoslavi, non docili pargoli rosso-crociati.
Ma veniamo al titolo del post, nei 11 anni di nuoto mi è successo spesso di essere fotografata con le mie compagne di squadra e di finire a confrontarsi.
C’è una fotografia che è stampata nel mio cervello, siamo tutte con un costume nero, belle in fila come soldatini.
Loro sembravano delle longilinee sardine nella loro scatolina, io un’orca assassina pronta a mangiarle. Ero 3 volte loro.
Dovuto al nuoto sono sempre stata sotto osservazione medica dal punto di vista del peso, e anche questo è un tema che mi spaventa affrontare.
Sono fuori stazza, ormai lo avete capito, ma sono così in ansia sul mio corpo che se scendo di una taglia non mi dico “Oh, avrò perso peso...”. No, il mio primo pensiero è il fatto che i pantaloni si siano allargati magicamente la notte (i topolini di Cenerentola sono sempre in agguato) oppure, addirittura, che H&M ha deciso di fare una riforma sulle taglie.
Sono così convinta che io non posso scendere di peso che ora che magicamente sta succedendo (”magicamente”) non ci voglio credere. Non è possibile. I topolini di Ceneretola me stanno a prendere per il culo.
In quello che vedo nello specchio non sono i progressi che sto facendo, sono sempre io, quella enorme massa di corpo che per il mondo sarà attraente, ma per la proprietaria non tantissimo.
E questo poi si traduce in razzi di SUPER autostima del proprio corpo, quando in realtà te fai schifo alle tube quando di guardi nelle vetrine.
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Già, sono arrivata finalmente a Venezia.
Appena arrivata mi sono sentita tale e quale a circa 2 anni fa, quando misi piede a Tōkyō, con la differenza che tutti parlano la mia lingua e conosco il cibo al supermercato ecc.
Diciamo che ho cantato vittoria troppo presto, però. Per iscriversi in palestra qui molti richiedono il certificato medico per attività sportiva non agonistica, ed è ok. Il problema è che non trovo un cavolo di posto che lo faccia! Non ho qui il mio medico di base quindi dovrò pagare e ok, ma anche privatamente possibile non ci sia nessuno?! Se chiedo tutti mi dicono:"Facile vai in un ambulatorio, paghi e te lo danno!". Ok ma DOVE?! Informazione impossibile. In pratica sto girando Venezia in lungo e in largo da giorni ma nessuno è in grado di dirmi o la procedura per richiederlo o un posto dove sicuramente mi possono fare sto cavolo di certificato medico.
Vabbè, sclero per palestra a parte (in qualche modo devo pur mantenere il mio bel sederone), non sento nessuno della mia famiglia da quando sono partita. Mio padre mi ha semplicemente chiesto se sono sana e salva e mia madre mi ha contattato una volta ma abbiamo finito col litigare. Mio fratello morto (che poi, in fondo, anche quando ero a Tōkyō per 1 anno intero ci siamo solo visti quando è venuto, ma mai sentiti... boh). Nel caso fortuito decidessero di venirmi a trovare continuando ad ignorarmi, giuro che non li piscio manco di striscio. Poi se dico "tanto viva o morta cosa cambia?" non rispondono, quando stesso mia madre tornata a casa da pochissimo dal Giappone e parlando di una madre che era andata in panico perché il figlio fuori sede a Milano non le rispondeva, mi dice:"Per me quando non c'eri era proprio una cosa normale. Cioè ci sei o non ci sei non cambia niente, non è che vado di matto". Che è come dire:"Anche se non ci sei non mi manchi mai e puoi andare a fanculo che per me è lo stesso, mica mi preoccupo per te." Insomma, grazie mamma per essere così sincera e delicata come un'accetta che colpisce la spina dorsale. (Quelle parole non le dimenticherò mai, credo.)
La vita da fuori sede senza soldi è ufficialmente iniziata e io la devo smettere di buttare i miei soldi nei supermercati (potrei vivere senza vestiti ma MAI senza cibo). Spero mio padre si ricordi che ha una povera lontana, perché purtroppo ho troppo orgoglio e vergogna per chiedergli dei soldi (sono una persona un tantino complicata, ma questo si era già capito).
Ah, in ultimo: le pizze a Venezia sono piadine condite e metterle a 7-10€ è un furto bello e buono. Bastardi.
#venezia#trasferirsi#palestra#certificato medico#famiglia#fuori sede#studente fuori sede#problemi#pensieri#me#new life#aggiornamenti
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Waiting for me by ♥Adriënne - for a better and peaceful world - Listen to Katie Melua: Spiders Web Found at Sederon during a morning hike. This spiders web was right in front of me. Waiting..... http://ift.tt/2z6q9a0
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mo
La codina
L’ippopotamo si svegliò sorridendo. Pensava ai due versi che il grande poeta Toti Scialoja gli aveva dedicato: “L’ippopota disse: Mo / nella mota ho il mio popò!”. Si mise faticosamente sulle quattro zampe, uscì dalla tana e stava per raggiungere l’angolo dedicato ai suoi enormi bisogni quando si accorse di essere già assediato - alle nove del mattino - da due amiche di una certa età, le tipiche signore che vanno a braccetto per le strade o bevono un tè cinguettando senza rispetto umano. Avevano il naso dentro la rete del recinto e lo guardavano allegre. Invece di recarsi nell’angolo, l’ippopotamo si trascinò fin davanti alle linguacciute con l’intenzione di mostrare loro il sedere e vibrare la codina come un tergicristrallo impazzito, capace di trasformare in spray qualsiasi cosa le arrivasse a tiro. Perfido e disgustoso, aveva guadagnato la giusta posizione quando sentì una delle due esclamare: “Guarda, che bel sederone!”. Un complimento nuovo, commovente davvero. L’ippopotamo risparmiò le due donne e se ne andò dove prima voleva andare. da G. Neri, Raccontini disinvolti
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Dalla finestra vedo una donna con un bel sederone, meglio di qualsiasi paesaggio.
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Attenzione ⚠️ Contiene immagini forti!! ⚠️ Le chiappe fotocopiate di Stellina. Io non so cosa faccia Figlia per 6 ore a scuola, ma quando torna è in totale fase adolescema. Quando oggi mi ha chiesto il panno per pulire gli schermi, lì per lì non ho capito. Poi mi ha messo sul pc questo. Pancia, zampe e sederone di Stellina fotocopiati a colori. - Ma gli ho tenuto gli occhi chiusi perché non la luce non gli desse fastidio. 😇😇😇 Rassicurazioni: 1. Per queste immagini nessun animale è stato scannato, ma solo scannerizzato. 2. Stellina ha perso tutta la sua fiducia nella nostra sanità mentale. 3. La violazione di privacy delle pudenda di Stellina è stata ampiamente indennizzata da una dose extra di fieno. #porcellinodindia #porcellinodindiainstagram #guineapig #guineapigs #guineapigsofinstagram #guineapiglover #cavy #cavylove #cavylover #cavylife #cavygram #cavyofinstagram #cavyoftheday #pet #pets #petstagram #petsofinstagram #animals https://www.instagram.com/p/Cb-MYWmMxLE/?utm_medium=tumblr
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Dallo stabilimento balneare, Lido XY, esce un tipico bear con le chiappotte grasse e pelose e il costumino alla Borat, belle gambe pure, che se non fosse per i peli, che se la sculettava alla grande per giunta, fiero e beato, senza complessi: che invidia. Invidia di quel suo stare bene nel suo corpo. Anche la ragazza che mi supera da dietro e che come colta da un improvviso senso del pudore si sistema il costumino scivolato fra le chiappe prima di mostrarmi il suo bel sederone. Io a momenti mi vergogno pure di esistere e ci manca poco che chiedo scusa, non va bene, non va bene per niente.
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Sono magra, non è una colpa
Nei giorni scorsi ho incontrato una persona, per la precisione una donna( e debbo constatare che succede sempre con loro) , che si è mostrata visibilmente preoccupata del mio stato di salute perché mi ha reputata troppo magra. Troppo magra in base a che criterio? Non mi sono offesa, avevo appena visto su fb l'immagine di una mia coetanea che sta sottoponendosi alla chemioterapia e ho solo incassato con eleganza rassicurandola sul fatto che sì, per fortuna al momento sto bene. Questo per dire che trovo assurdo che la magrezza sia associata per forza alla malattia mancando di rispetto a chi veramente soffre di malattie e in particolar modo disturbi alimentari e mancando di rispetto alla mia persona che ha una determinata costituzione e morfologia e che non è giusto venga attaccata per il proprio aspetto non con giudizio estetico bensì con giudizio medico. Io mai mi sognerei di dire (in verità a nessuno) per esempio a una donna robusta "cavolo che sederone! sicura di star bene o è tutta pastasciutta??!" Perché questa libertà viene invece presa nei confronti di chi ha una costituzione da usignolo? Pensavo di chiarirmi le idee scrivendo invece finisco queste poche righe con un punto interrogativo.
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