#sapete cosa mi fa ridere
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omarfor-orchestra · 1 year ago
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Comunque l'assenza di Sopravvissuti2 non mi piace io lo dico
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pinkpogiclub · 10 months ago
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sapete cosa mi fa ridere? prima di stasera il tag di sanremo era molto variegato, ma da quando Fiorello ha messo piede sul palco tumblr si è sintonizzato a reti unite sui due vecchi gay
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ninna--nanna · 11 months ago
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Stanotte è stato magico. Davvero. Ho fatto capodanno con la mia migliore amica, il suo ragazzo, il mio migliore amico e dei loro amici. Ho conosciuto questo ragazzo, a caso abbiamo iniziato a parlare in contemporanea, a dire le stesse cose etc. Ci siamo trovati su tantissime cose e non potete capire la mia gioia nello stare bene, dopo tanti mesi difficili. Vedere il mio migliore amico ridere e divertirsi nonostante la stanchezza del lavoro, la mia migliore amica felice con il suo ragazzo ed io tranquilla e libera.
Ero in pace. Ho parlato un sacco di mille cose e alla fine è successa una cosa strana (che di per sè non lo è ma per me sì). La mia migliore amica fa: gioia tu dormi qua e *nome amico* tu su con tizio, ma se vuoi dormire qua giù con lei basta che ti prendi una coperta eh.
La cosa bella? Beh si ha dormito con me. Mi ha preparato il divano etc, ma la cosa assurda è che abbiamo parlato fino all'alba e poi ci siamo addormentati abbracciati tranquilli. Non è successo niente, solo abbracci e questa cosa mi ha fatta rimanere a bocca aperta perché non sono abituata a un ragazzo che mi tratta così e che non pretende per forza di portami a letto se ci si avvicina così (spero si capisca ciò che intendo, non è ovviamente una critica a chi lo fa). Mi sono svegliata mille volte ed ognuna delle mille volte si è preoccupato del se avevo freddo, se avevo male da qualche parte, se volevo un altro cuscino etc.
Oggi fino a sera abbiamo parlato di tantissime cose e poi l'ho portato a casa. Mi fa sorridere perché mi ci rivedo molto in ciò che dice, si fa i miei stessi problemi su tante cose e mi sembra un ragazzo molto sensibile, premuroso e profondo d'animo, lo si evince da ciò che dice quando parla.
Non sapete dopo mesi di lavoro sfiancante, studio devastante ed il tentato suicidio di mia madre quanto sia stato bello poter essere tranquilli e ridere di pancia, spontaneamente, poter abbracciare e sentirsi più leggeri e vedere come in fondo sia tutto così bello.
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yomersapiens · 2 years ago
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È stata la nonna!
Arrivo al laghetto dei cigni e un gruppo di cinque di loro mi aspettava già con le ali messe a mo' di pugno e se vi state domandando come sono delle ali messe a forma di pugno vi posso solo assicurare che sono grosse. Morbide all'inizio ma poi fanno male. Inutile dire che le ho prese di santa ragione e mi sono dovuto imbarcare sull'aereo indossando gli occhiali da sole per coprire i segni della sconfitta. Neanche a farlo apposta gli occhiali da sole li ho tenuti su per tutti i giorni a venire anche se di sole non se ne è visto molto ma così si notava di meno quando piangevo.
Il paese dove vivono i nonni era tappezzato di manifesti con il nome della nonna. Non sono abituato a vedere gli annunci mortuari su i muri e ancora meno di leggere il nome da nubile di mia nonna. È una strana usanza. Sembrava quasi ci sarebbe stato un suo concerto, "Prossimamente, nella chiesetta più vicina a voi, Pupetta live!". Leggere il suo nome mi ha fatto capire che era tutto vero. Non so da quanti anni non moriva qualcuno in famiglia. La malattia, quella c'è sempre, è nostra compagna, ma la morte ci ha sdegnato per quasi una ventina di anni e ora sta tornando a prendere ciò che aveva lasciato in sospeso, come una madre che dice al figlio in fila al supermercato "Aspettami qua, ho scordato una cosa" e tu rimani fisso a guardare il cassiere avvicinarsi sperando che torni il prima possibile perché non hai neanche un soldo finché non arriva e te le fa pagare tutte.
La morte fa schifo ma la malattia fa schifo ancora di più. La morte arriva e cancella i ricordi della malattia e di colpo la nonna era quella delle foto dove sorrideva e non la minuscola crisalide riposta nel letto freddo. Ci hanno provato tutti questi anni di sofferenza a farmi scordare come era una volta ma non ci sono riusciti.
In chiesa il prete ha chiesto un volontario per leggere qualcosa davanti a tutti i parenti. Ovviamente mi hanno indicato dicendo "Vai Matteo, fai tu" perché se cresci facendo lo stronzetto arrogante egocentrico se lo ricorderanno sempre. Indossavo gli occhiali da sole ovviamente, il prete neanche si è accorto delle lacrime su i fogli plastificati per i funerali. Ogni tanto erompeva un singhiozzo ma ho dato la colpa a una colazione abbondante. - Leggi questo estratto dal libro della Sapienza - Ah, bene bene, certo, e come vuole che lo legga? - In che senso? - Posso interpretarlo un po' rap, magari un po' trap, o lo faccio bello teatrale eh, che dice? - ... - Eh, che dice? - Leggi questo estratto dal libro della Sapienza. I preti sono davvero un pubblico difficile.
Mi sono seduto vicino al nonno che stava piangendo accarezzando la bara. Ho accarezzato il nonno con la stessa delicatezza e ho sentito la sua pelle ora che non è ancora legno. "Nonno, mi hanno chiesto di leggere qualcosa, che dici, leggo con una vocina un po' alta e buffa così faccio ridere la sala che qua sono tutti tristi?". Il nonno si mette a ridere mi guarda e fa "Fetente!". Vedere il nonno piangere e ridere allo stesso tempo è stata una grande novità. Poi ha aggiunto "A fessa e soreta!" salvo rendersi conto dell'imprecazione appena pronunciata e tornare su i propri passi parlandone con tutti "Sapete che mi ha fatto dire quel fetente di Matteo? A fessa e soreta! In chiesa! Al funerale della nonna! È proprio nu fetente!" e rideva perché si era stancato di piangere e un po' tutti ci siamo messi a ridere e quando sono salito per leggere quel testo difficilissimo, ho ringraziato l'avere un podcast dove mi impegno a stare calmo e controllare la voce altrimenti non ci sarei riuscito.
Quindi è questa la morte di cui tutti parlano. Un posto in meno a tavola. Una sedia abbandonata dove per rispetto non voglio poggiare nemmeno una borsa. Fotografie ovunque che ingialliscono. Momenti dove i ricordi esplodono e bisogna condividerli e piangere. Tracce di chi non c'è più all'interno del telefono in chat che non vuoi archiviare per non farle passare in secondo piano. Guardare video per sentire la sua voce. Allenare la mente e portare alla luce gli elementi più preziosi. Riorganizzare una stanza, spostare un letto, togliere i vestiti e metterli in una valigia di lato, nell'armadio. La morte arriva e fa ordine lei. Se hai lasciato abbastanza pezzi di te allora potrai andare avanti in formati diversi e penso sia per questo che facciamo figli: perché loro diventano un pezzetto di noi quando non ci saremo più. Mia nonna vive nella memoria dei nipoti e di tutti quelli che la ricordano come la persona più dolce mai esistita. Io non ho figli, non so se ne avrò. Ho un gatto ma lui non mi parla e anzi oramai è ovvio che proprio mi odia. Tutto quello che lascerò sono le mie parole e questi post o delle canzoni o puntate di un podcast e allora spero che arrivi un'intelligenza artificiale a ricostruirmi completamente basandosi su tutta la mia produzione e io tornerò in vita sotto forma di un software di mediocre qualità. Sarebbe bello mi riponesse pure in un cd o un dischetto, meglio ancora in una cartuccia come quelle del Gameboy, tanto non è che sarei un software chissà che complicato. Uno vuole parlare con me e mi chiede "Come stai" e io rispondo con qualche battuta che non fa ridere nessuno e poi inizio a lamentarmi dei dolori alla schiena (che non ho) e di come le band di oggi abbiano nomi difficilissimi da ricordare. Forse è per quello che spero che una band prenda il nome di mia nonna così almeno saprei come pronunciarlo. Sarei una cartuccia interessante, delle volte fingerei di non funzionare solo per farmi soffiare nelle zone intime.
Un'altra cosa che accade quando un evento ti fa sbatte in faccia l'ovvio, cioè che siamo qua per un limitato periodo di tempo e poi "puff" si sparisce, è che inizi a cercare segnali ultraterreni ovunque. Per dare un po' di profondità alla desolazione. Il vuoto lasciato adesso devo capire come riempirlo e io ci voglio vedere qualcosa di bello. Pioveva senza sosta da tre giorni e stavo andando verso l'aeroporto. Non conosco laghetti pieni di cigni dove fare risse nelle zone di Napoli così la mia rabbia non sapevo come disinnescarla. Sono arrivato giusto in tempo per vedere le nuvole aprirsi e un arcobaleno è comparso a salutarmi prima dell'imbarco. È nata una vocina dentro di me che adesso dice ad ogni cosa bella che accade "È la nonna!". Ovviamente io non ci credo a queste cose, lo sanno tutti che gli arcobaleni non sono nonne defunte che vengono a salutare i nipoti prima della partenza ma che sono un fenomeno metereologico finanziato dalla comunità LGBTIQ+. Ti attirano con la promessa di una pentola stracolma di monete d'oro, la trovi, ti chini per raccoglierla e taaac! Ora ti piacciono gli unicorni.
Quella vocina che ho in testa è molto simile a quella di mia madre. "Vedrai che adesso ci pensa la nonna a te" mi ha detto dopo il funerale, quando cercavo di fare su una canna lontano dai parenti. Mi spiace essere quello che preoccupa tutti perché non ha idea di cosa sta facendo su questo pianeta se non cercare di disturbare il meno possibile. Mi spiace pure dover scomodare la nonna da lassù che magari ora vorrebbe solo svagarsi e giocare a volleyball. Dall'aereo ho visto il posto esatto dove costruiranno il campetto e dove lei vincerà tutti i tornei.
Mi ero dimenticato di aver partecipato ad un concorso, di aver passato tutto l'inverno a scrivere un libro per sfuggire dalla depressione generata dalla disoccupazione e dal grigio innevato viennese. Mi arriva un messaggio. "Leggi la mail". La leggo. "Siamo felici di comunicarle che il suo romanzo ha vinto!" per fortuna avevo ancora su gli occhiali da sole così nessuno ha notato che stavo nuovamente piangendo. Non sto facendo altro che piangere da settimane accidenti. Ho vinto. Cioè ora mi devo sbattere ok, devo riscriverlo, correggerlo, seguire i consigli di un mentor ma tutto questo non importa, i mesi di lavoro che mi aspettano non mi spaventano. Ho vinto.
"È stata la nonna" ha detto mia madre al telefono. O forse era la vocina nella mia testa. Poco importa, di voci in testa ne ho sempre avute tantissime e non è male averne una gentile che si contrappone alle altre che urlano "Fai schifo! Sei brutto! Sei grasso! Sei antipatico! Fallito!". Ora che c'è questa nuova comparsa mi sento meglio e posso dirlo senza troppa paura. Sono felice.
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youssefguedira · 7 months ago
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Ciao Neon!
Domande sui film:
4 quale film accendi per farti due risate?
9 qual è il tuo "piacere proibito"?
Quale film non sopporti?
ciao grazie mille per le domande!! ho risposto ad alcune di queste in inglese ma proverò:
4. quale film accendi per farti due risate?
nella mia risposta ieri ho detto theater camp ma anche un film che mi fa ridere ogni volta che lo vedo è the birdcage
9. qual è il tuo piacere proibito?
i film di diabolik sono. cattivi. ma tutti voi sapete che mi piacciono moltissimo
quale film non sopporti?
trovo che. di solito non posso sopportare i film di nolan per niente. non è che sono cattivi ma che quasi sempre c'è una cosa (di solito il trattamento delle donne) che mi da tanto fastidio che non posso divertirmi
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lalacrimafacile · 5 months ago
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Il Mondo di Easy Tears - Quella che piange
Per me i sorrisi e le lacrime sono molto simili, non sono confinati a particolari sentimenti. Io piango spesso quando sono felice e sorrido quando sono triste.
Anne Brontë
Conosciamoci meglio
Ogni persona ha una caratteristica che la rende, se non unica, almeno riconoscibile agli altri. Sapete quell’elemento che vi fa dire “questa cosa è proprio da me”. Identifichiamo questi tratti distintivi in tutti i nostri amici.
Quelli che conosciamo così bene da poterli descrivere senza pensarci troppo: c’è chi è sempre in ritardo, c’è chi parla in continuazione, c’è chi organizza tutte le uscite in tutti i loro dettagli. Non è un modo per mettere le persone all’interno di una categoria. Si sa che gli uomini e le donne sono molto più complesse di così, ma è un semplice processo di semplificazione, di organizzazione delle nostre vite complesse e piene di elementi che si accumulano l’uno sull’altro.
Io, nel mio gruppo di amici, sono “quella divertente”, che fa le battute, che si prende in giro e che cerca sempre di sdrammatizzare le situazioni. Ma se dovessi descrivermi da sola, per come sono nella mia stanza la sera quando non c’è nessuno che mi fa compagnia se non i miei pensieri, sceglierei la categoria “quella che piange���.
Diversi tipi di lacrime
Le lacrime possono avere diversi significati che spesso non sono facili da identificare.
Lacrime di paura: quando siamo sommersi dall’agitazione e non riusciamo a trovare una via d’uscita da un problema che ci attanaglia, le lacrime possono essere una reazione naturale alla frustrazione;
Lacrime di tristezza: forse le più comuni e comprensibili da tutti. Quando ci troviamo in una situazione che ci provoca dolore emotivo o fisico le lacrime esprimono quello che magari non riusciamo a parole;
Lacrime di gioia: quelle che tutti desiderano, quando la felicità è così tanta che non riusciamo a trattenerla e fuoriesce sottoforma di lacrime.
Lacrime da storytelling: so che probabilmente suonano strane, ma è quel tipo di lacrime che nascono quando guardiamo o leggiamo delle storie con il quale entriamo talmente in sintonia ed empatia che finiamo per provare le stesse emozioni dei protagonisti.
Quest’ultimo tipo di lacrime è quello che forse più di tutti caratterizza il mondo che mi appassiona, ovvero le serie televisiva, così come quello del cinema ovviamente.
Vi è mai capitato di vedere un film o guardare un episodio della vostra serie televisiva preferita e finire con la faccia gonfia, gli occhi rossi e le guance bagnate di lacrime? A me sì, quasi ogni volta. Che siano dovute alle risate o dalla drammaticità di alcune scene, il più delle volte che mi trovo al cinema o seduta sul mio divano a vedere uno show finisco per piangere.
Vivere in un mondo di emozioni
Vivere emozioni attraverso uno schermo è diventato per me una sorta di rifugio, una vera e propria coperta di Linus che mi aiuta ad affrontare le difficoltà e le ansie della vita quotidiana. Ogni volta che mi trovo immerso in una serie televisiva, posso staccare la spina dalla realtà e immergermi in mondi diversi, vivendo storie che, pur non essendo mie, sento profondamente. È da qui che nasce la scintilla iniziale di questo progetto: condividere ciò che è diventato parte integrante della mia personalità e della mia vita.
La narrazione seriale e le storie raccontate tramite immagini, colonne sonore e tutto ciò che compone l’audiovisivo sono ormai parte di me. Questi racconti visivi riescono a toccare corde profonde del mio essere, facendomi ridere, piangere e riflettere. Spesso mi ritrovo a citare frasi, scene e momenti iconici dei miei show preferiti nelle conversazioni quotidiane, come se fossero parte del mio vocabolario personale. Sono sicuro che molti di voi fanno lo stesso, trovando conforto e connessione in queste storie condivise.
Easy Tears, questo blog, se posso permettermi di chiamarlo così, sarà un luogo dove cercherò di unire due delle mie grandi passioni: le serie televisive e la scrittura. Con un pizzico di orgoglio e una buona dose di autoironia, proverò a mettere su schermo quello che provo e sento ogni volta che penso o vedo una serie televisiva. Voglio creare uno spazio dove poter esprimere le emozioni che queste storie mi suscitano, condividendo pensieri e riflessioni con altri appassionati.
Immagino questo blog come un salotto virtuale, un luogo accogliente dove potremo discutere dei nostri personaggi preferiti, delle trame più avvincenti e dei momenti che ci hanno fatto battere il cuore. Ogni post sarà un’opportunità per esplorare diversi aspetti delle serie televisive, dai dettagli tecnici come la regia e la sceneggiatura, alle emozioni più personali che queste storie riescono a evocare.
Se anche voi vi riconoscete nella categoria di “quelli che piangono”, quelli che si emozionano davanti a uno schermo, allora sono sicuro che questo blog potrebbe diventare un ottimo luogo di condivisione e di unione. Insieme, potremo creare una comunità di appassionati che trova conforto e gioia nelle storie raccontate attraverso le serie televisive.
Vi invito a unirvi a me in questo viaggio, a condividere le vostre esperienze e a esplorare insieme il meraviglioso mondo della narrazione seriale.
Grazie per essere qui, e benvenuti su Easy Tears.
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wolfhowls · 2 years ago
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Questa cosa la devo scrivere perché a raccontarla adesso fa davvero ridere. Quando avevo tipo 14/15 anni feci una serie di visite fisiatriche per un problema di scoliosi che sembrava essere piuttosto serio ma che alla fine si è risolto.. E fin qua non c'è niente da ridere, nel senso che a quell'età è una roba abbastanza normale.... la cosa comica è successa proprio durante una di queste visite. Un minimo di contesto: Napoli, fine febbraio quindi clima non invernale ma nemmeno caldo. Ambulatorio in un edificio storico, riscaldamento.... non ricordo, forse era acceso ma di sicuro in quell'ambulatorio qualcuno aveva accostato la finestra. Nell'ambulatorio c'erano il fisiatra (specialista venuto non ricordo da dove), un'altra dottoressa e un'infermiera. Entro e soliti convenevoli... mi fanno togliere maglia e pantaloni e rimango in maglietta, mutande e calzini, si inizia la visita e io già così iniziavo a sentire piuttosto freddo. "e il genio che ha aperto la finestra cavolo..." pensavo. Probabilmente mi vengono un paio di brividi e il dottore fa "Ma no, che qua non è mai freddo!" (lui in camice, giacca e camicia...) poi mi fa togliere i calzini.
Ora, non sono del tutto certo che quel pavimento fosse di marmo ma di sicuro era gelido.
Insomma mi ritrovo lì con la pelle d'oca, scalzo, in maglietta e mutande su sto pavimento gelido. Continua a visitarmi facendomi fare dei movimenti, quindi spostando anche i piedi su nuovi punti gelidi del pavimento, insomma solita visita e poi "togli la maglietta". Lo faccio e a quel punto comincio decisamente ad avere freddo, pelle d'oca e brividi: il dottore mi fa voltare di schiena (scoliosi, ricordate) e per vedere meglio la parte bassa mi abbassa leggermente l'elastico delle mutande. Io allungo una mano e le ritiro su perché avevo un freddo boia, sta cosa va avanti un paio di volte tra un "stai fermo" e l'altro e a un certo punto mi fa chinare in avanti, poi tirare su e "allarga le braccia". Nel movimento l'elastico delle mutande scende di un altro centimetro.
L'ho gia detto che ero lì scalzo sul marmo, in mutande mezze calate, intirizzito? Ecco, il dottore mi sfiora tutta la schiena lungo la colonna vertebrale, arrivando all'elastico delle mutande, che scende un altro po'.. io lo ritiro su e vuoi per il freddo, vuoi perchè sti slip salivano e scendevano... ... parte un involontario e totalmente inatteso "alzabandiera"... si insomma sapete cosa intendo. E vista la situazione, non è che ci fosse molta possibilità di nasconderlo. Volevo sprofondare, la dottoressa mi guarda e ridacchia "tranquillo è il freddo" e io pensavo "Ma và, son praticamente nudo e tremo da 5 minuti" MA continuavo a voler sprofondare, mentre il fisiatra finiva di esaminare la mia schiena (e non ci avrà messo molto ma a me son sembrate ORE). Adesso ci rido ma allora è stato veramente un momento superimbarazzante... anche perché (e a sto punto dico per fortuna) indossavo degli slip e beh insomma l'"alzabandiera" li aveva messi in una situazione in cui non coprivano più di tanto.... ma se fossero stati boxer sarebbe stato peggio, probabilmente :D Comunque non ho dovuto mettere il corsetto alla fin fine...
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humongousdragonfanpeach · 2 years ago
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Qualche tempo fa , prima di una sciocca litigata che per vari motivi poi sfocia in una grossa litigata direi l'ennesima grossa litigata.
Il mio rapporto prende una piega diverse da tutte le altre , cala il freddo il silenzio , come se mi fossi bloccato.
Ma tanto congelato , pensa volevo farle una sorpresa per il nostro mesiversario , perché dopo 5 anni capita ancora di ricordarci sia io che lei di quanto già ci amavamo allora.
Ma l'unica cosa che riesco a pensare sono le seguenti : deve sbattersi tanto per tenermi lontano dai suoi amici ( perché voi non lo sapete ma sono essere speciali , di rara purezza ) poi in quei giorni ha pure una super festa insieme a tanta gente e in casotta ( pensa che quello che lei definisce maturo con la sua ragazza non fa altro che parlare di orge , sesso e purezze varie ) per parlare di quello da comprendere , quello da sostenere e a me ci hai pensato ? Mi hai compreso senza provare ad attaccarmi ? Mi hai capito senza dirmi che sbagliavo ? Hai visto cosa mi sta succedendo ? . La sua amica fa il compleanno e lei non potrebbe esserci e non potrebbe godersi l'evento . E se poi io arrivo la spunto e trovo una brutta sorpresa ? Che faccio ? Dove mi nascondo e sprofondo ? Come se non sapessi tutte le prese per il culo che mi fanno , pure sua sorella mente per cazzate tipo oggi e io rimango senza parole . Ma cosa ti ho fatto di così male ? Boh ? Sono nel letto e penso e dico boh, veramente tutto questo male ? Passiamo dal posarmi al sentirsi obbligata , io volevo che ti sentissi amata e non avessi il bisogno di maschi attorno a te per ridere o di cretini con il quale spassionatamente bivacchi senza mai dirgli tu mi hai mancato di rispetto per non parlare di quante scuse devo fare alla gente meglio non mi fare vedere in giro per mortara , tanto tra poco ritroverai il sorriso
Allora sai che faccio rimango qui al mio posto , non scasso la minchia a nessuno ( cit mio cugino ) e così voi tutti sarete più tranquilli io sono solo un coglione che rompe le palle e non capisce come funziona la vita e io che credevo di aver trovato il mio posto nel mondo e per me eri tu il mio posto del mondo
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chickpeaslia · 4 years ago
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ermal meta può fare tutti i festival di Sanremo che vuole ma io non dimenticherò mai quando è venuto a fare un concerto alla festa del prosciutto nel paese qua vicino
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silkspectred · 3 years ago
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📚
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sebruciasselacitta · 5 years ago
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sonopazza05 · 2 years ago
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Se mi chiedessero di parlare di lei, inizierei a parlare e non smetterei mai, potrei parlare di lei per ore e ora probabilmente ti stai chiedendo perché.
Semplicemente perché lei è il mio punto fermo, il mio punto di riferimento, quello spiraglio di luce in mezzo al buio. Con lei non penso, quando siamo io e lei il tempo si annulla, lei è capace di farmi scordare tutta la merda che mi circonda. Lei la considero davvero mia sorella, sa tutto di me, ogni cosa e ha visto e rispettato tutti i miei lati, e non mi ha mai giudicata, Mai. Lei mi ha visto piangere, mi ha visto ridere, mi ha visto incazzata, mi ha visto irascibile, mi ha visto triste, mi ha visto felice, lei ha visto, percepito e osservato ogni lato di me, per questo mi conosce meglio di tutti. Lei è la persona della quale sono sicura più di tutte. Lei non mi fa sentire mai a disagio, lei mi supporta, mi sopporta, mi sprona, mi fa ridere, mi aiuta, lei c’è. Sempre. Anche quando ha mille cosa da fare, mille cose a cui pensare, anche se in quel momento il mondo le sta cadendo addosso, lei è disposta ad ascoltarmi sempre. E certo, come tutti ha i suoi difetti, ma io le voglio bene anche per questo. Perché lei è stronza, non posso negarlo, ma cazzo, se sapeste quanto mi fa stare bene questa stronza. Non so se riuscirò mai a spiegare quanto davvero mi abbia migliorata e forse senza nemmeno saperlo. Lei mi ha raccolto come un fiore in mezzo a un prato, un fiore che strappi delicatamente, l’ha fatto così, ha messo a posto pezzi di me che erano andati in frantumi, ogni giorno sempre più fino a ricompormi. Sono logorroica lo so, ma voi non sapete quanto io sia grata al destino per avermela fatta incontrare. Non so come sarei oggi senza di lei perché credo fermamente che parte del mio cambiamento sia dato anche da lei.Per questo a volte ho bisogno di lei, anche se non glielo dico mai, perché in questi momenti quando mi sembra che il mondo sia contro di me, quando sento il peso del mondo sulle spalle, quando tutto mi sembra scivolare via un suo abbraccio mi fa sentire come se fossi a casa, mi libera da tutto ciò di negativo che sento. Lei è questo per me, e a volte mi fa paura perché lei tutto questo non lo sa, non lo sa il potere che ha di farmi star bene semplicemente facendo parte della mia vita. Ecco chi è lei.
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pensierierrati · 3 years ago
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Se mi chiedessero di parlare di lei, inizierei a parlare e non smetterei mai, potrei parlare di lei per ore e ora probabilmente ti stai chiedendo perché.
Semplicemente perché lei è il mio punto fermo, il mio punto di riferimento, quello spiraglio di luce in mezzo al buio. Con lei non penso, quando siamo io e lei il tempo si annulla, lei è capace di farmi scordare tutta la merda che mi circonda. Lei la considero davvero mia sorella, sa tutto di me, ogni cosa e ha visto e rispettato tutti i miei lati, e non mi ha mai giudicata, Mai. Lei mi ha visto piangere, mi ha visto ridere, mi ha visto incazzata, mi ha visto irascibile, mi ha visto triste, mi ha visto felice, lei ha visto, percepito e osservato ogni lato di me, per questo mi conosce meglio di tutti. Lei è la persona della quale sono sicura più di tutte. Lei non mi fa sentire mai a disagio, lei mi supporta, mi sopporta, mi sprona, mi fa ridere, mi aiuta, lei c’è. Sempre. Anche quando ha mille cosa da fare, mille cose a cui pensare, anche se in quel momento il mondo le sta cadendo addosso, lei è disposta ad ascoltarmi sempre. E certo, come tutti ha i suoi difetti, ma io le voglio bene anche per questo. Perché lei è stronza, non posso negarlo, ma cazzo, se sapeste quanto mi fa stare bene questa stronza. Non so se riuscirò mai a spiegare quanto davvero mi abbia migliorata e forse senza nemmeno saperlo. Lei mi ha raccolto come un fiore in mezzo a un prato, un fiore che strappi delicatamente, l’ha fatto così, ha messo a posto pezzi di me che erano andati in frantumi, ogni giorno sempre più fino a ricompormi. Sono logorroica lo so, ma voi non sapete quanto io sia grata al destino per avermela fatta incontrare. Non so come sarei oggi senza di lei perché credo fermamente che parte del mio cambiamento sia dato anche da lei. Lei mi da la forza ogni giorno per affrontare ogni cosa, mi sprona tantissimo, lei è proprio quella boccata d’aria che prendi quando ti sento la gola chiusa e non riesci a respirare. Ecco. Per questo a volte ho bisogno di lei, anche se non glielo dico mai, perché in questi momenti quando mi sembra che il mondo sia contro di me, quando sento il peso del mondo sulle spalle, quando tutto mi sembra scivolare via un suo abbraccio mi fa sentire come se fossi a casa, mi libera da tutto ciò di negativo che sento. Lei è questo per me, e a volte mi fa paura perché lei tutto questo non lo sa, non lo sa il potere che ha di farmi star bene semplicemente facendo parte della mia vita. Ecco chi è lei.
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mi fa ridere come troviate la profondità in cose meramente superficiali e invece poi,
quando una cosa è realmente profonda sapete solo renderla superficiale.
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yomersapiens · 3 years ago
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Occhio non vede, comunque un po' duole.
- Puoi smetterla di fissarmi? - Veramente sono perso a rimirare il vuoto della mia esistenza. Le dico mentre ritorno in me stesso. Mi dimentico sempre cosa comporta l'andare a scrivere in luoghi pubblici. Poi devo giustificare i miei momenti di assenza dal pianeta, quando mi perdo in chissà quale pensiero che mi porta lontano migliaia di chilometri. È che a casa non riesco a scrivere bene, c'è troppo silenzio. Ho bisogno di percepire un minimo la presenza di altri umani altrimenti come diavolo li aggiungo alle mie storie.
È tornato il freddo. Forse non se ne era mai andato davvero. Però sto facendo il duro io. Col cavolo che torno a mettere la giacca invernale. Eh no bella mia, hai avuto il tuo momento quest'anno, ora basta, ora lasci il posto a qualche tua sorella più leggera e chi se ne importa se ciò mi porterà ad avere mal di pancia e mal di testa e le ossa che che gracchiano ad ogni passo.
Quando arriva il primo sole primaverile Vienna diventa splendida. Vorrei invitare tutti qua a goderne. Ma poi ognuno arriverebbe da una parte diversa del mondo e questo rovinerebbe la sorpresa. Perché Vienna diventa splendida in primavera proprio per quanto fa cagare durante l'inverno. Se non ti becchi i lati negativi di Vienna, come potrai assaporare quelli positivi? Verreste qua a dire "Bellina eh, ma da noi il sole è più splendente e le temperature più morbide e le serate più piacevoli, i colori più accesi, le piante più rigogliose". Ecco sapete che c'è, fate finta di niente. Non ho detto nulla. Statevene dove siete e via così, torniamo ad ignorarci e lasciatemi solo nel godere di questo pallido momento di gioia. Perché tanto Vienna, è come un genitore di quelli che vuole crescere un figlio perfetto e bravissimo a scuola: non appena vede che sei felice di quello che sta accadendo corre subito a ricordarti quanto la vita è fatta di dolore e impegno e serietà e lavoro. Per questo poi torna il freddo. Perché ho un botto di cose da fare e mica mi metto a farle se c'è il sole. Se c'è il sole io vado al bar e mi metto a bere birra e guardare punti nel vuoto che poi guardacaso coincidono con scollature di ragazze che probabilmente nascevano quando io mi diplomavo.
Avevo fame. Quel languorino prima di cena che non può trasformarsi in qualcosa di troppo impegnativo, deve restare un boccone, un intervento minuto per alleviare il senso di solitudine nello stomaco. Così sono andato al supermercato perché fanculo a tutto, sono disoccupato ma un premio me lo merito. Scorrevo i bancali di prodotti attraenti, soffermandomi sulle novità. Poi sulle golosità. Poi sulle offerte perché resto pur sempre disoccupato. Potevo permettermi tutto, ogni cosa avessi voluto. Volevo viziarmi. Ecco questa barretta cioccolata e burro di arachidi proveniente da chissà quale nazione fa proprio al caso mio. Stavo per comprarla ma poi si è svegliata la voce interiore, quella che è come una madre, anzi, forse è proprio la voce di mia madre, per dirmi di non farlo. "Guarda la tua pancia, ce la stavi facendo a farla andare via e invece guardala, ancora lì, sempre presente". Ho provato a spiegarle che ci sono ragazze a cui piace, lo giuro. "Certo, continua a ripetertelo, sappiamo tutti e due la verità". Così ho comprato una mela e ho mangiata la mela per strada, al freddo. Devo ricordarmi di chiamare mia madre più spesso e dirle quanto sono felice che viviamo in città diverse.
Ero in ospedale per la prima iniezione della nuova terapia. Nella stanza eravamo in quattro, io ero il più giovane di almeno quarant'anni. Fa ridere se ci penso. Devo fare le stesse iniezioni degli ottuagenari. L'infermiera ad un certo punto urla "Ohi junge Mann!" ma io non mi giro, perché non mi sento il più giovane della sala. Deve ripeterlo un paio di volte per attirare la mia attenzione. La guardo e le dico di essere lusingato ma che comunque i miei 38 anni li ho tutti. Lei mi dice di fare meno il modesto e per una volta di accettare un complimento. Come fa a sapere che i complimenti mi mettono in difficoltà? Che anche lei sia una voce nella mia testa creata per sostituire l'assenza di mia madre? Entro nella sala operatoria vestito come se dovessero aprirmi il torace e infilarmi dentro un reattore nucleare ma in realtà si tratta di una cosa molto veloce. Mi fanno stendere, il dottore prende un divaricatore, lo infila sotto le palpebre dell'occhio designato, poi prende una pinza, blocca i movimenti del bulbo, prende la siringa e mi dice "Sentirà un piccolo pop quando l'ago entra" e l'ho sentito tutto. Nonostante l'anestesia. Ho sentito molto più di un piccolo pop. Ho sentito l'urto di una batteria di cristallo lanciata dalla cima di una torre. Sono uscito dal mio corpo e ho visto l'ago infilarsi e scavare. È stata la scena del Cane Andaluso di Bunuel, su di me, senza controfigura o effetti speciali. Mi sono alzato poco dopo, completamente frastornato e sono tornato nella stanza con i miei compagni di avventura. La vittima successiva era una gran figa di almeno 82 anni. Mi ha detto che per lei non era la prima volta, che fa paura ma poi ti ci abitui. Ho aspettato uscisse per vedere come stava. Io stavo di merda ma io ero il junge Mann, io dovevo essere stoico. Ci siamo tolti il camice e la cuffia e le cuffie per le scarpe e ci siamo seduti in silenzio nella sala d'attesa, entrambe con un occhio rosso e gonfio e dolorante. "Prende anche lei la Ubahn?" mi risponde di sì, con una voce di carta velina. "Perfetto, anche io, ci andiamo insieme" e il suo braccio caldo infilato sotto al mio mi ha fatto bene, Vienna non era fredda, mia madre non era distante, io non ero giovane, avevo la sua età. Forse ero suo marito o forse ero solo un amante, devo ancora decidere.
Dopo due settimane l'occhio si è ripreso e ora sta meglio di prima. Mi sono scordato del dolore. Che poi, non è sempre così, che ci si scorda facilmente del dolore? Non è un sistema di difesa del nostro corpo (o cervello) il cancellare il ricordo del dolore? Per riuscire ad andare avanti senza vivere nella paura costante di un ritorno. A me non riesce tantissimo. Mi alleno molto nel ricordare tutto ma di questo dolore specifico mi sono voluto dimenticare. Forse perché dovrò affrontarlo una volta ogni tre mesi ma poco importa. Il mio occhio sta bene e posso stare all'aperto quando c'è il sole senza occhiali! Tanto il dolore torna sempre, in qualche forma diversa, nuova, sorprendente. Ma i minimi momenti di gioia vanno assaporati. Tipo la primavera a Vienna. O una pluriottantenne che orgasma e invoca il nome del defunto marito e gli chiede scusa per aver ceduto alle lusinghe di uno junge Mann.
Questo non è vero, lo sappiamo, ma l'ho dovuto dire alla ragazza che mi ha beccato a fissarle le tette. "Giuro mica le stavo guardando e poi senti, sono pure fidanzato, ecco, è lei, ci siamo conosciuti in ospedale e ci amiamo molto".
Aspetto il ritorno della primavera per mettere alla prova la resistenza del mio occhio potenziato e tra tre mesi ribecco quella gran figa di ottanta e passa anni e sta volta non la accompagno solo alla Ubahn eh no, la porto pure al cimitero a visitare la lapide del defunto marito, perché comunque voglio essere carino, gentile e rispettoso prima di buttarglielo un casino.
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volevoimparareavolare · 4 years ago
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Ho chiuso la porta del bagno a chive. Il mio cuore è vetro: ad ogni battito si incrina, e so che presto andrà in frantumi. Mi fa male il petto. Così tanto male da non riuscire a respirare. Da vedere tutto sfocato. I miei occhi sono diventati pozzanghere e la luce giallastra delle lampadine sullo specchio li fa tremolare. Mi appoggio al lavandino di peso, come se dovessi vomitare. Le mie mani stringono il bordo con talmente tanta forza da sbiancare le nocche e indolenzire i palmi.
Tutto ciò che riesco a masticare fra i denti è “perché?”. Si, perché io? Cosa c’è che non va in me?
Le lacrime bollenti mi scavano le guance, congiungendosi al mento e cadono chiazzando la porcellana bianca del lavandino.
Non è sempre stato così, sapete? Un tempo anche io avevo delle amiche. Avevo qualcuno che mi voleva bene e con cui mi sentivo a casa. Che mi telefonava il venerdì sera e con cui uscivo il sabato pomeriggio. Un tempo anche io ricevevo gli auguri, il giorno del mio compleanno. Anch’io ricevevo gli inviti per andare alle feste, al cinema, alle pizzate. Non sedevo mai sola sul bus, o in classe. Anche io avevo una galleria di foto in cui i miei sorrisi erano sinceri, e la maggior parte erano mosse perché mentre le scattavo non riuscivo a smettere di ridere.
E poi cosa è successo?
Scrollo la testa. È sul punto di scoppiare. Le tempie mi pulsano e il mio stomaco continua ad attorcigliarsi in un nodo sempre più stretto.
Non ho idea di come sia finita completamente sola. Ma è successo. E quando si è soli, si è deboli, si è più vulnerabili. Nessuno crede in noi, o si preoccupa per noi. E quindi nessuno ci difende o ci protegge, se qualcuno ci fa del male. Ed è esattamente ciò che sta succedendo a me, da troppo tempo.
Ogni giorno è una guerra che io puntualmente perdo. Si, sto parlando proprio di voi. So che voi leggerete questa lettera, siete sempre super informati su di me, sbaglio?
Vi ricordate come iniziaste? Io si, mi guardavate di sottecchi e parlottavate a bassa voce tra voi, quando mi vedavate arrivare alla fermata del bus, e il veleno nella vostra bocca ve la contorceva in un ghigno orribile. Poi siete passati alle spinte, alle scenate, ad attirare l’attenzione per avere un pubblico da intrattenere, mentre mi deridevate.
Vorrei togliermi una curiosità, come diavolo fate ad avere un cuore così duro, da non essere in grado di provare alcuna pietà?
So benissimo di avere tanti difetti, ovunque. Difetti che per quanto ci provo non riesco mai a nascondere del tutto. Ma voi li puntavate uno ad uno, degradandoli e deturpandoli ulteriormente, e la vostra voce diventava cosi appuntita da provocarmi un dolore fisico, viscerale. Voi non siete in grado di provare quel delicato sentimento che è l’amore, altrimenti non avreste mai creato una pagina Instagram in cui caricare tutte le foto che mi fate di nascosto, con commenti osceni e insulti raccapriccianti.
Mi avete sempre chiamato troia, ma io non ho mai dato nemmeno il primo bacio. Mi avete sempre chiamato grassa, cicciona, e mi fotografavate le cosce per dimostrarmelo. Ma io non mangiavo quasi niente da settimane. Avete sempre detto che i miei occhi erano tristi e sbiaditi, come un vecchio tappeto impolverato, e che tutto ciò che si poteva provare incrociando il mio sguardo sarebbe stato sempre e solo schifo. Ma io portavo i capelli sciolti sul volto per nasconderli.
Avete sempre detto così tante cose su di me. Ma io non ho mai trovato il coraggio di denunciarvi, di andare dalla polizia e fare i vostri nomi, perché ho sempre avuto paura delle conseguenze. Ho sempre temuto che vi sareste vendicati e mi avreste fatto del male. E una parte di me era convinta di meritarsi il vostro odio, la vostra rabbia, perché era un pallido riflesso della mia, di rabbia, di odio. Mi odio per aver allontanato le persone a cui volevo bene, per aver rovinato tante amicizie e non aver lottato per le cose a cui tenevo. E mai, questo, potrò perdonarmelo. Ma ora so che quello che io nutro nei miei confronti non può giustificare o attenuare in alcun modo le vostre becere azioni.
È stato ciò che è accaduto oggi, ad avermi dato la spinta di fare ciò che sto per fare. Perché queste situazioni, per quanto ci si possa illudere di resistere alle pressioni psicologiche, e fino all'ultimo si cerchi di restare aggrappati alla propria vita, persino coi denti, con le unghie, con ogni briciolo di forza che è rimasta in corpo, arriverà sempre, sempre, un punto in cui ci spezzeremo in un modo che, non importa quanto amore potremo ricevere in futuro, non ci aggiusteremo più. E resteremo spezzati per sempre.
Sapete benissimo a cosa mi riferisco.
Ma nonostante tutto, non voglio che la mia morte sia inutile e invisibile come lo è stata la mia vita.
Motivo per cui questa lettera la pubblicherò online, così che tutti possano leggere e conoscere che cosa si prova a subire bullismo. Quanto le vittime si sentano inermi, paralizzate, sfinite. Quanto si sentano svuotate, costrette a non provare più nulla, perché se vivessero ogni orribile emozione che i bulli gli infliggono, finirebbero per impazzire, strappandosi la pelle con le loro stesse mani, e i capelli, e gli occhi, demolendosi pezzo per pezzo, perché non c’è nulla che vada bene in loro, è tutto da buttare, tutto da cancellare e dimenticare.
Per me è davvero troppo tardi, e non mi è rimasto più nessuno. O forse non ho più voglia di combattere. Probabilmente entrambi. Mi sento abbandonata persino dai miei genitori, che così presi dal lavoro e dai loro, di problemi, non si sono resi conto dei miei. Tentai di accennare qualcosa, e mi risposero che “ero abbastanza grande da poter risolvere i miei problemi da sola”, che loro non mi hanno insegnato a essere in balia degli altri, e ad affrontare le cose di petto.
Sinceramente, credo non si sia mai abbastanza grandi per risolvere il bullismo da soli. Perché va sconfitto assieme, a gruppo, a squadra.
Prendo la lametta. La stringo fra l’indice e il pollice fino a ferirmi, fino a tracciamo una sottile linea rossa. Sembra disegnata con la penna. È fredda e dura.
Con la mia morte non voglio dire che il bullismo mi ha schiacciata e sconfitto. Perché non mi sto rivolgendo ai bulli. Mi sto rivolgendo a tutti gli altri, che sono sempre rimasti fermi, e si sono voltato dalla parte opposta. Mi sto rivolgendo agli insegnanti che non lo vogliono trattare a scuola perché “non sanno come spiegarlo” e non ci provano nemmeno. Mi sto rivolgendo a chi mi ha lasciato a terra dopo che mi avevano pestato. A chi segue quella pagina di mie foto senza nemmeno conoscermi. A chi ride alle loro battute mentre io piango. Voi, voi mi avete uccisa. Il mio sangue è colpa vostra.
Ps. ai cari bulli. Vi auguro davvero che i vostri figli non subiscano mai ciò che voi avete fatto passare a me: non riuscireste mai più a convivere con voi stessi.
-Alessia Alpi, scritta da me.
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