#sabrina salerno tette nude video
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Ciò che mi caratterizza fisicamente di più, ciò che le persone guardano di più è il mio seno.
Ho un rapporto particolare, con il mio seno.
Da piccola mi fasciavo perché mi vergognavo, mi sentivo così “diversa” da tutte le altre decenni del vicinato. Mi sentivo un mostro. Io avevo queste cose grandi, più grandi delle mie amiche. I familiari mi sottoponevano alle palpatine di ricognizione: “ahhhhhhh, ti stanno crescendo le tettine!”. Erano familiari donne, che non vedevano questi gesti come una violazione del mio corpo, a inizi anni ‘80 non c’era ancora questa cosa della violazione del corpo. Almeno, in famiglia, le nonne, le zie, le amiche delle zie, potevano permettersi di prenderti in braccio e strizzarti quelle tettine che stavano crescendo. Tu, però, non potevi permetterti di dire che la cosa ti infastidiva e anche parecchio.
A dieci anni io non capivo perché mi crescessero i peli pubici. Non sapevo che fossero peli pubici. Fatto sta che io già tre anni prima, mi rifiutavo di fare il bagno con l’aiuto di mia madre, perché avevo dentro di me il senso di privacy, che si capirà che a fine anno ‘70 e inizio anni ‘80, la privacy in famiglia era un concetto aleatorio. Anche perché in casa mia non esisteva una vera e propria privacy. Mia madre entrava in camera mia senza bussare. Una cosa, questa, che mi ha sempre infastidito. Vuoi perché appunto, purtroppo il post precedente è stato oscurato, a dieci anni, ma anche prima, cominciavo l’opera masturbatoria, senza sapere che quella fosse masturbazione -sapevo solo che toccarmi quelle tette che crescevano e che mi rendevano un mostro comunque mi procuravano un piacere “lì” e quel piacere beh mi piaceva assai-, vuoi perché magari ero immersa nei pensieri dei fatti miei -come il chiedermi cosa ci fosse di sbagliato in me perché mi piaceva toccarmi le tette, che comunque mi rendevano mostruosa-.
La mancanza di privacy in famiglia però non voleva dire che si potessero affrontare discorsi di questo genere. Anzi! Quindi, mi tenevo per me i turbamenti indotti dai disegni di Milo Manara e dalle foto da “LEspresso” che mio padre comprava (bei tempi, gli anni ‘80, dove sulla copertina de “L’Espresso” c’erano sempre donne nude, creandomi ancora più confusione. Grazie, eh!) e mi guardavo il seno che cresceva e che le amiche mi invidiavano. Facevano i giochi a toccarcele, credo come rito di iniziazione. Io sono dell’avviso che le tette piacciano a tutti, uomini e donne, ma che molte donne si vergognino di ammetterlo.
E non parliamo di Samantha Fox, vi prego. Lei, e Sabrina Salerno, con il video con quel costume bianco a fascia che le scivolava e le spuntava il capezzolo, creandomi. Inondazioni che non capivo cosa fossero, ma Samantha a Fox e Sabrina Salerno furono causa dei miei turbamenti sessuali da dodici/tredicenne, e non osavo raccontarlo alle amiche. Siamo, in fondo, ancora negli anni ‘80. Era tabù. Era tabù guardare sessualmente (non sapendo che fosse sessualmente) le compagne di squadra mentre facevamo la doccia, perché poi allo stesso tempo ti piacevano i ragazzi e ti sentivi ancora diversa, ipersessualizzata, perché a dodici/tredici anni avevi una voglia di imparare a fare sesso, e a dodici/tredici anni ti insegnano che le brave ragazze non si masturbano, non fanno pensieri sconci con i ragazzi -tipo toccare loro l’uccello- e men che meno con le ragazze -farti una pomiciata con le tue amiche sotto la famosa doccia dello spogliatoio-. A dodici/tredici anni mi sentivo un mostro. E un mostro pieno di sensi di colpa. Perché pensavo a tutte le cose sbagliate.
A me piacciono, le donne. Mi sono masturbata millemila volte su vari calendari di Max -ringrazio ancora il mio fidanzatino di allora che me lo fece scoprire- e anche su giornali soft-core (il porno non mi eccita, sebbene lo abbia guardato, amo fantasticare dal lato estetico dell’erotismo). A me piacciono gli uomini. Ma nei miei pensieri masturbatori, ci sono le donne, principalmente. Anche gli uomini, ma in genere arrivano dopo, nelle mie fantasie.
Non riesco a definirmi con un’etichetta, etero, omo, bi, pan.
Ma so che mi piacciono gli uomini, così come le donne.
E mi piacciono le tette. Dopo anni di lotte con me stessa, e con loro, le ho usate, le ho fatte usare, ci ho fatto fantasticare mezzo mondo web, ci ho fatto realizzare vari sogni erotici, ci ho fatto giocare, e ci ho giocato -ci gioco ancora-, le ho viste come strumento puramente sessuale, erotico, pornografico. Le ho fotografate, da sola o con uomini, con cazzi in mezzo, con sperma addosso, con lingue di donne.
Le mie foto le ho mandate a tanti.
Adesso? Adesso ancora un po’ mi piace esibirle, perché sono parte di me, rappresentano in un certo senso una repressione che ho sempre avuto, e che deve uscire fuori.
Non capisco perché i capezzoli vengano segnalati su piattaforme come questa. Perché, dicono, possono essere erotici. E allora? Un capezzolo di un bel seno è un dono. Io credo, almeno. Che se un ragazzo o una ragazza ci si masturbino sopra, non vedo quale sia il problema. Il problema sta nella perversione, e la masturbazione non è una perversione, a me hanno rovinato la vita con questo, non in un seno, o un capezzolo. Al massimo, sono io, che voglio pubblicarlo, a risponderne.
Se a farlo sono io, e non mi sento oggettificata da ciò, non vedo il problema. Trovo, ad esempio, molto più eccitante un vedo-non vedo, che un capezzolo al vento.
Le tette sono belle. Anche i culi. Il corpo è bello, che sia da guardare esteticamente o eroticamente, non fa differenza.
Io sono fiera sostenitrice del movimento di liberazione del capezzolo.
Il mio seno è bello. Adesso siamo amici. Lo uso quasi esclusivamente a scopo sessuale. Ma va bene così
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