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#rosso borbone
personal-reporter · 1 year
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Verdemura 2023 a Lucca
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Le Mura Urbane di Lucca ospiteranno la quattordicesima edizione di VerdeMura il 31 marzo e l’1 e 2 aprile, che apre ufficialmente la stagione italiana delle grandi mostre mercato di giardinaggio con 160 espositori italiani e stranieri tra  vivaisti di piante e specie orticole, arbusti, bulbi, attrezzi e arredi per il giardino e per l’orto e prodotti artigianali di eccellenza. L'edizione 2023 avrà come protagoniste le camelie, arbusti orientali dalle forme e colori inesauribili che hanno trovato nella Lucchesia una seconda patria. Il sotterraneo del baluardo San Regolo ospiterà une delle più grandi esposizioni di camelie, con centinaia di fiori recisi, provenienti dalle ville, dai vivai e dalle collezioni del territorio, capace di far apprezzare colori, forme e sfumature, frutto di accurate e attente selezioni portate avanti nel tempo. Fra queste una sezione importante verrà  dedicata alle varietà presenti nella Villa Reale di Marlia, che fu di Elisa Bonaparte e Maria Luisa di Borbone, che rinnova la collaborazione con VerdeMura mettendo a disposizione oltre ai suoi tesori botanici anche il biglietto ridotto reciproco. Oltre alle storiche cultivar lucchesi sarà possibile vedere le nuove specie scoperte nei territori inesplorati del Laos e del Vietnam da poco introdotte in coltivazione in Europa. La mostra proseguirà all'esterno del sotterraneo nei viali dello storico e pregiato Orto Botanico  anche nei magnifici giardini della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, dove si potrà visitare un pometo, e sono conservati decine di esemplari antichi e moderni e una pianta del tè (camellia sinensis) che ha resistita alle gelate del 1985 ed è stata riprodotta, per la sua rusticità, per dare origine all'unica piantagione di té italiana a Sant'Andrea di Compito. Altre due mostre saranno dedicate a due generi dalla storia molto diversa, la Bouganvillea, pianta brasiliana, diffusa in tutto il Mediterraneo, con una tavolozza cromatica incredibile dal bianco, al giallo, tutte le tonalità del rosso e del viola in una pianta che può fiorire con continuità e abbondanza in tutta la bella stagione e i grandi ibridatori di rose, con una mostra sulla regina dei fiori e in particolare sulle varietà screziate di rose fra cui la linea dedicata ai pittori impressionisti. VerdeMura sarà l'occasione per scoprire piante vecchie e nuove, ma anche per incontrare e confrontarsi con tanti esperti in ogni settore del verde, attraverso conferenze, presentazioni delle novità editoriali e laboratori, come il seguitissimo youtuber del verde Francesco Diliddo; pelargoni antichi strani e insoliti con Gabriele Cantaluppi, piante e spiritualità e le erbe e le vie del pellegrinaggio con Marco Pardini; le camelie storiche con Daniele Bosi, Andrea Antongiovanni e Guido Cattolica; foraging ossia utilizzo di fiori e bacche selvatiche edibili con Emanuela Vanda. Inoltre Eleonora Pinello, esperta di home decor, è pronta a svelare i segreti per realizzare un tea party con eleganza e stile, abbinando i profumi della camelia con il tè. VerdeMura è anche un evento per famiglie e pone grande attenzione ai più piccoli col programma dello Young Gardening, che mira a coltivare le nuove generazioni, che possono avvicinarsi alle tematiche della tutela e del rispetto del verde e degli animali con oltre quattordici attività laboratoriali creative e giocose. Ci sarà anche un spazio alla creatività con Terra di Tutti e le sue stampe ecologiche personalizzate con materiali riciclati e con Hill’s Valley Heart grazie ai suoi consigli di stile per impreziosire le tavole con creazioni floreali, con tante idee interessanti in vista della Pasqua. Infine, i grandi co-protagonisti di VerdeMura saranno gli amici a quattro e più zampe, poiché si potrà realizzare un riparo confortevole per le api e gli insetti utili e impollinatori e si conosceranno le piante più adatte per la casa pet friendly, oltre a City Pets, il gioco di carte di In-Habit dedicato a tutte le persone amanti dei cani. Read the full article
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justborbone · 2 years
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Borbone Miscela Rossa
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borbonedolcegusto · 2 years
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neapolis-neapolis · 4 years
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Reale Arazzeria di Napoli - Domenico del Rosso, Allegoria della Terra (ante 1746), Palazzo Reale, Napoli.
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borboneshop · 2 years
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capsuleborbone · 2 years
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Caffe Borbone Svizzera
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borbonekaffee · 4 years
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Borbone Kaffeekapseln
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t-annhauser · 4 years
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San Gennaro
In un certo modo dobbiamo la fortuna di San Gennaro all'imperatore Diocleziano, croato, riformatore dell'Impero e grande persecutore di cristiani. Senza Diocleziano la Chiesa cattolica si troverebbe oggi di molto sprovvista in fatto di martiri e di santi. Sicché accadde che Gennaro, vescovo di Benevento, fosse messo a morte dalle autorità romane, ma Gennaro era un osso duro e gettato una prima volta dentro una fornace ne uscì praticamente crudo, comprese le vesti nel frattempo divenute ignifughe. Si ritentò quindi condannandolo alla sbranamento a mezzo fiere presso l'Anfiteatro di Pozzuoli, ma le fiere, poste di fronte al vescovo, non trovarono il coraggio di infierire. Sempre presso la Solfatara, ormai disperando di riuscire ad ammazzarlo, si decise come extrema ratio di condannarlo alla decapitazione. La tradizione vuole che durante l'esecuzione Gennaro si fosse portato un dito alla nuca per sistemarsi la benda davanti agli occhi e che proprio in quell'istante il boia calasse il colpo fatale. Questa volta niente trucchi, la lama spiccò di netto il capo del santo, e con il capo anche il dito. Il governatore romano tirò un sospiro di sollievo. Una donna, secondo alcuni di nome Eusebia, si precipitò a raccogliere il fiotto di sangue dentro due ampolle com'era in uso presso le corti quando si faceva il sanguinaccio. Quella stessa notte Gennaro apparve in sogno all'incaricato di raccogliere le sue spoglie mortali chiedendogli gentilmente se era possibile recuperargli anche il dito. Dito, capo e ampolle vennero conservate come reliquie, il resto del corpo tenuto da parte per le occasioni importanti. D'altronde per fare un martire ci vuole anche un carnefice e dalla fantasia del carnefice dipende generalmente la fortuna della rappresentazione. Una delle due ampolle è oggi semivuota poiché parte del suo contenuto venne sottratto da re Carlo di Borbone, il quale, divenuto re di Spagna, ne portò un poco con sé come segno di buon auspicio. Successive analisi di laboratorio hanno accertato che il sangue del santo si presenta alla vista di colore rosso cupo tendente al bordeaux, viscoso per la maggior parte dell'anno e liquido preferibilmente in presenza dei fedeli. Prima della performance è buona regola tenerlo un poco vicino al termosifone.
[https://fmentis.blogspot.com/2020/12/san-gennaro.html]
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Anemone ?
anemone - describe a time when you felt abandoned or betrayed by someone you loved.
Oh, ne ho subiti un’infinità, di abbandoni e tradimenti, pochi da parte di persone che amavo o a cui tenevo molto: ho imparato a non affezionarmi alle nazioni di cui subivo il dominio, non che già ne fossi propensa verso la maggior parte di queste, mi evita solo il restarci male quando inevitabilmente mi vendono in cambio di nuovi territori o mi bombardano e mitragliano addosso. Con i mortali è tutta un’altra cosa, ovviamente, non hanno il potere di fare niente alla mia terra (se non in alcuni casi), solo a me come persona, quindi non esito a legarmi a loro.
Ci sono state un paio di volte che è stato proprio chi mi governava a ferirmi, prima che imparassi a non dare loro il potere di farlo; la prima volta fu con mio padre, quando dopo la prima guerra punica fu costretto ad abbandonare la mia terra per ripiegare a Cartagine, e anche se in retrospettiva lo capisco, all’epoca lo vissi come il più grande tradimento della Storia, ero piccola ancora e non avevo idea di quella che sarebbe stata la maggior parte del mio futuro.
La seconda volta fu qualche millennio dopo, quando ormai avevo imparato che non fidarsi è sempre meglio nelle relazioni internazionali... eccezion fatta per una persona, nello specifico.Il 12 gennaio del 1848 ebbe inizio l’ennesima rivolta mia e dei miei cittadini contro il potere borbonico, e parallelamente alla mia sarebbe iniziata in primavera anche quella dall’altra parte dello Stretto: sapevo, ovviamente, che Antonio ne sarebbe stato gravemente colpito, ma per quanto mi ferisse pensarlo, io e Calabria eravamo pronti ad accettarlo come danno collaterale, pur di ottenere la nostra agognata indipendenza e autonomia.Io la ottenni quasi immediatamente, e mi sembrò di essere rinata, quasi fossi di nuovo ai tempi di arabi e normanni, finalmente libera e indipendente: avevo tenuto in conto che i Borbone avrebbero provato con tutte le loro forze a riconquistarmi, e Messina si era sollevata per impedire che accadesse, ma non immaginavo che avrebbero tirato in gioco l’artiglieria pesante, per così dire.Ferdinando bombardò la città senza sosta pur di riconquistarla, dilaniando essa, me e i miei cittadini, dal più radicale al più fedele alla monarchia, e Campania, il nostro adorato Re di Napoli, non fece niente per impedirlo: fu lui a causare la mia caduta, anche se non poteva averne idea, e forse a malapena era a conoscenza delle attività di quello che io e Calabria soprannominammo Re Bomba alle sue spalle.Quando finalmente mi riconquistarono, non riuscivo a guardarlo negli occhi, figuriamoci a sopportare l’idea di dover tornare ad essere sua moglie e dormire con lui la sera; fu solo dopo anni che il nostro rapporto ritornò ad essere consono ad una moglie e un marito, ma poco dopo un piemontese vestito di rosso mi invase con la scusa di portare in me la repubblica e la libertà, la stessa libertà che non rividi mai più di lì in poi, quindi sì, la nostra relazione non fu più la stessa, dopo quell’evento.
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jacopocioni · 2 years
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Benvenuto Cellini è a Roma durante il Sacco degli imperiali
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Tra il 6 maggio e il 5 giugno del 1527 Benvenuto Cellini è a Roma durante il Sacco degli imperiali. In realtà già un anno prima a Roma, era stato presente duranti i tumulti dei colonnesi e alla loro guerriglia ostile ai Medici avvenuto tra il 19 e il 20 settembre, quando 8.000 uomini entrarono a Roma per sovvertirne l’ordine. Clemente VII de’ Medici fu costretto allora per la sua protezione e per quella della città, a venire a patti con Carlo V, per poi recedere subito dopo dalle promesse fatte, facendo indispettire l’imperatore e, dando il via a quello che poi sarebbe stato il Sacco della capitale. Benvenuto in quel frangente si era già distinto, tanto che durante le avvisaglie del Sacco, era stato posto sotto pagamento a guardia del palazzo di un suo conoscente, il Del bene, a capo di 50 uomini fidati ben armati avrebbe protetto l’edificio con tutti i suoi averi.
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Durante l'attacco imperiale invece, mentre era sulle mura con i suoi amici Alessandro e Cecchino, si ritrovò faccia a faccia con il nemico, con un fortuito colpo di archibugio colpì quello che poi si rivelerà essere il Borbone in persona. L’ufficiale stava spronando i suoi da una scala a seguirlo per scavalcare le mura della città Questo evento però non fermò gli imperiali, così mentre i romani festeggiavano la creduta vittoria, quelli intanto invadevano Roma. Il papa con i suoi intanto si ritirava a Castel Sant’Angelo, dove Benvenuto viene riconosciuto come ”familiare” del pontefice, in quanto suo musico e orefice e fatto entrare nella rocca. Scorto da Marcello Pallone de' Medici capitano d'armi, questo lo invita a seguirlo nella fortificazione senza però poter portare con sé i suoi compagni, che a malincuore dovrà lasciare al loro destino.
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Benvenuto arrampicato sulla cima della rocca, vede Clemente VII attraversare il passetto elevato segreto di corsa, per entrare nel castello. È da qui che l’artista può assistere a tutto ciò che accade nella città e ai romani e raccontarlo. Qui Benvenuto si rivelerà un abile artigliere, piazza strategicamente le artigliere e le usa con maestria. Mentre con Antonio Santa Croce un suo capo, esegue degli ordini atti a sistemare al meglio le artiglierie, un colpo nemico raggiunge le mura, pur fermato dal merlo di una torre, un tratto crolla colpendo drammaticamente Cellini. Svenuto, ma creduto morto dai suoi compagni, questi gli mettono in bocca un pugno di terra (una sorta di rito  estremo preparatore alla morte), che quasi lo soffoca. La fortuna vuole che un suo commilitone Gianfrancesco del Piffero, accorgendosi dell’errore lo salvi, intervenendo immediatamente lo medica con una tegola calda imbevuta di assenzio e vin greco e così lo salva. Clemente VII per far capire che Castel Sant’Angelo  ancora resiste, manda una lettera al duca di Urbino Francesco Maria della Rovere, il tentennante capo del suo esercito fuori città, dicendogli che ogni sera farà sparare tre colpi a vuoto. Questo è il segnale convenuto per far capire che la rocca romana ancora resiste. Cellini da buon uomo d’arme utilizza però questi colpi a salve serali, “rinforzandoli” con dei proiettili per colpire il nemico, senza sprecare così polvere da sparo inutilmente.
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Un simpatico aneddoto vuole che Benvenuto si attiri le antipatie dei cardinali, questi che per guardare quanto accade in città dalle mura, non si rendono conto che con i loro cappelli rossi attirano i colpi del nemico. È in questo frangente che Benvenuto li avrebbe presi a male parole per allontanarli ma inimicandoseli. Un altro capo di Benvenuto è Orazio Baglioni, questi lo stima molto, nonostante sia arrivato con lui quasi ad un duello per un incomprensione durante la difesa cittadina. Durante l'esercizio delle sue funzioni Benvenuto scorge il “Baccanello”, un’osteria che aveva una particolare insegna, un sole rosso dipinto in mezzo a due finestre. In essa si sospettava ci fossero nascosti dei nemici. Benvenuto dunque pensa di usare quel sole come bersaglio, ma per fare questo avrebbe rischiato sparando di rovesciare una botte piena di sassi proprio dove si trovavano due consiglieri del papa, Jacopo Salviati e il cardinal Farnese a lui poco simpatici. Per non sprecare l'occasione Benvenuto senza troppi tentennamenti fa comunque fuoco. Il colpo riesce alla perfezione, ma come prevedibile fa cadere la botte addosso ai due “parassiti e mangiapane a tradimento” come li definisce poco carinamente l’artista nelle sue memorie, ma colpendo in pieno la bettola e facendo strage di nemici. I due però malconci e spaventati si ricorderanno di questo affronto.
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Cellini in seguito in un' altra occasione, con un colpo magistrale d’artiglieria, colpirà in pieno e dividendolo addirittura in due, un ufficiale spagnolo che stava dando ordini a ridosso delle trincee nemiche, l’impossibile e bel colpo a parabola, viene definito dallo stesso vanaglorioso artista “arcata meravigliosa”. Essendo le artiglierie ritenute una rappresentazione demoniaca evocatrice di morte, Benvenuto timorosi di Dio, è spinto a chiedere l’assoluzione dei propri peccati per le morti provocate con questa arma. Assoluzione che Clemente VII provvede a dargli immediatamente, congratulandosi anzi con lui per il suo ottimo operato. In un’altra situazione, Benvenuto si accorgerà che i nemici per occultare alla vista il loro frequente passaggio in una via, hanno posto una trentina di botti piene di pietre sopra un muro. Avendo capito in quale momento avviene il passaggio della guardia, Benvenuto sistema ben cinque artiglierie con le quali fa fuoco contemporaneamente proprio nel momento giusto, colpendo ben trenta soldati nemici.
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Avvicinandosi il momento della resa, Clemente VII chiamerà a sé Benvenuto e lo pregherà di fondere tutto l’oro rimasto per poterlo nascondere e di togliere inoltre tutte le pietre preziose poste su questi tesori. Pietre da trafugare, che poi lo stesso orafo cucirà all’interno della veste del papa pronto per la fuga. Altro evento in cui troviamo implicato Benvenuto, è il ferimento del principe d’Oranges. Caricata l’artiglieria con dei “passatoiacci”, ovvero dei ferri vecchi trovati in giro abbandonati, Cellini spara in prossimità delle trincee, a quello che sembra essere un capo, colpendolo in pieno volto e ferendolo gravemente. È Filiberto di Chalons, il principe d’Oranges divenuto capo dell'esercito dopo la morte del Borbone, che ferito viene portato immediatamente al riparo in un’osteria, prontamente scoperta da Benvenuto e dal Santa Croce. Orsini però si oppone a ché si spari su quel luogo, perché proprio in quel momento si stava incontrando una delegazione papale con il nemico per discutere la pace. Poteva il Cellini farsi sfuggire un’occasione simile? Contravvenendo agli ordini e rischiando di far saltare la trattativa, colpisce l’osteria provocando sicuramente morti e feriti, ma anche il risentimento dell'Orsini. Alla capitolazione dell'Urbe Benvenuto lasciando la città, sarà invitato da Orazio Baglioni a comandare una compagnia, ma Cellini preferisce andare dal padre a Firenze portandosi dietro onori e i molti denari guadagnati come soldato, ma anche la convinzione di poter essere un buon uomo d’arme, cosa che turbò non poco il vecchio padre che ancora sperava diventasse un musicista. Benvenuto manifesterà un grande interesse dopo questo fatto per le armi; una passione grande come quella per l’oreficeria. Tutte capacità non comuni che lo faranno sentire superiore sia in campo artistico che in campo bellico, alimentando sempre di più il suo grande e smisurato ego.
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Riccardo Massaro Read the full article
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couponsofferte · 4 years
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borboneshop · 2 years
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freedomtripitaly · 5 years
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Palermo è il frizzante capoluogo della bella Sicilia ed è il principale centro urbano dell’intera isola. Palermo è una città molto giovane e all’avanguardia; spesso i vicoli pullulano di giovani che si divertono e la movida non è certo sconosciuta. Le strade del centro città sono tappezzate di locali, bar e ristoranti alla moda, dove si bevono cocktail e si fa festa fino alle prime ore del mattino. Caratteristico del luogo è anche lo street food, forse nato proprio in Sicilia: mangiare per strada qualcosa di tradizionale e veloce, camminando per gli antichi vicoli del centro in compagnia di amici o famiglia. Palermo è davvero una città straordinaria, non solo capoluogo dell’isola, bensì punto di riferimento fondamentale per chiunque abbia il desiderio di trascorrere una vacanza in questa zona. Sarebbe proprio un peccato trascorrere qualche settimana al mare senza passare da Palermo, una città che ha molto da offrire in termini di modernità, ma anche un’appassionante storia alle spalle. Spesso, Palermo, viene definita capitale dell’arte arabo-normanna ed è fortemente caratterizzata da edifici e monumenti storici di rilevanza storico-artistica: passeggiando per le vie della città, vi sembrerà di addentrarvi in un mondo a parte. Tour che si può fare in autonomia o con una breve visita guidata. In particolare la Cattedrale di Palermo è uno dei simboli della città e merita di essere scoperta. La Cattedrale di Palermo La cattedrale di Palermo è dedicata alla Santa Vergine Maria Assunta in Cielo ed è situata proprio nel cuore antico della città. La cattedrale di Palermo ha una storia davvero interessante: la costruzione del duomo venne commissionata per volontà dell’arcivescovo inglese Walter Off, intorno al 1170. Il duomo di Palermo, dal punto di vista cronologico, costituiva la terza delle chiese succedutesi nello stesso sito; inizialmente, infatti, sorgeva una basilica distrutta intorno al V secolo durante le persecuzioni vandaliche. Il progetto edilizio era molto ambizioso e preciso e la realizzazione della nuova cattedrale di Palermo richiedeva ingenti risorse. Ad oggi, possiamo dire che si tratta di un’opera davvero maestosa, la cui originaria costruzione gualteriana si sviluppava su un impianto basilicale suddiviso in ben tre navate e fin dalle sue origini, la Cattedrale di Palermo, ebbe funzioni di culto e di fortezza, nonché quella di tempio funerario dedicato al re ed alla sua famiglia. L’interno del duomo ha subito profonde trasformazioni tra la fine del Settecento ed i primi dell’Ottocento: è a croce latina, con tre navate divise da imponenti pilastri e con statue di santi che facevano parte della decorazione della tribuna del Gagini. Se avete un occhio attento, noterete sicuramente che, nella navata di destra, la prima e la seconda cappella, custodiscono le famose tombe imperiali e reali dei Normanni. Non è un caso, infatti, che già nel lontano 1130, re Ruggero II, avesse stabilito che la cattedrale di Palermo dovesse essere il mausoleo della famiglia reale. Vi sono altre tombe all’interno del duomo che sono quelle di Costanza d’Aragona e quella di Alberto di Borbone di Napoli e Sicilia. La cappella, all’interno del duomo di Palermo, ospita le tombe dei genitori di Federico II, così come quella di Enrico IV e quella di Costanza d’Altavilla. La tomba di Enrico IV è stata realizzata in porfido di colore rosso, pietra preziosa e segno distintivo delle tombe reali. Quella di Costanza d’Altavilla, invece, in porfido di colore rosso, è caratterizzata da colonne che sostengono un maestoso baldacchino, decorati con mosaici a motivi geometrici. Sempre all’interno della cattedrale di Palermo, incassato nella parete destra della cappella, i visitatori potranno ammirare l’elegante sarcofago in marmo bianco, di epoca romana, di Costanza d’Aragona: vi sono custodite le spoglie della prima moglie di Federico II. Spostando la vostra attenzione verso la navata centrale, sul pavimento, noterete una meridiana in marmo con tarsie colorate che rappresentano le costellazioni, per opera di Giuseppe Piazzi, famoso astronomo e scopritore del supposto pianeta Cerere. Non passa inosservato nemmeno lo sfarzoso altare del Sacramento, in bronzo, lapislazzulo e marmi colorati, realizzato su disegno di Cosimo Fanzago. Al’interno della cattedrale, potrete ammirare anche il bellissimo coro ligneo del tardo Quattrocento, il quale si trova nel presbiterio. A destra del presbiterio, poi, vi è la cappella di Santa Rosalia, patrona della città di Palermo, con le reliquie e l’urna d’argento. Presenti anche i due altorilievi di Valerio Villareale, i quali rappresentano Santa Rosalia invoca Cristo per la liberazione della peste e l’Ingresso delle gloriose reliquie di Santa Rosalia a Palermo. Di alto interesse, oltre al coro ligneo in stile gotico-catalano ed i resti marmorei della tribuna gaginiana riadattati, sono la statua della Madonna con Bambino, la preziosa acquasantiera e la Madonna della Scala posta sull’altare della sacrestia nuova. Se amate l’arte e l’architettura, sicuramente non vi farete sfuggire questa bellezza siciliana, simbolo della città di Palermo ed importante luogo di culto per i cittadini. Cosa state aspettando? Partite alla volta della Sicilia e scoprite uno dei più grandi patrimoni italiani. Cosa vedere a Palermo, una città dalla storia antica e appassionante La città di Palermo è stata fondata dagli antichi Fenici con il nome Zyz e sin da subito ha costituito un importante centro commerciale e base d’appoggio per la Sicilia. Successivamente, viene conquistata dai Romani che le danno il nome di Panormus, ma è solo grazie alla dominazione araba che la città conosce un periodo di grande crescita e fioritura: essa si espande, nascono nuovi quartieri urbani ed, in particolare, nei pressi dello sbocco sul mare, nasce la Kalsa, ossia un quartiere fortificato e residenza dell’emiro. Tutto ciò favorisce la diffusione dello stile cosiddetto arabo-normanno; una bellissima miscela di motivi architettonici e decorativi che caratterizzano fortemente i principali edifici della città, tra i quali anche la maestosa Cattedrale di Palermo. L’Ottocento, in seguito, segna l’apertura della città ai grandi commerci e il grande impegno della borghesia imprenditoriale: la città allarga i suoi confini, viene inaugurato il Viale della Libertà ed il quartiere tutt’intorno si arricchisce di creazioni liberty. Oggi un nuovo impulso alla rivalutazione, al restauro ed al riutilizzo dei sontuosi monumenti del centro sta cercando di risvegliare questo magnifico gigante d’Oriente ancora addormentato. Palermo è una città che presenta una moltitudine di opere e monumenti da visitare tutti d’un fiato. Il suo centro storico è sicuramente fra i più vasti in tutta Europa: chiese, palazzi, statue ed altre opere suggestive meritano una visita da chi si accinge a scoprire la città. Questi pezzi storici, inclusa la suggestiva Cattedrale di Palermo, sono in grado di raccontare la vera essenza della città stessa e di far assaporare la storia e la tradizione dell’antico capoluogo siciliano. Palermo è una di quelle città che più la scopri e più te ne innamori profondamente, lasciando un ricordo indelebile nel cuore. In particolare, nel famoso e storico quartiere della Vucciria, potrete odorare un mondo unico di profumi e sapori tipici della regione Sicilia, i quali si mescolano con l’allegria della gente del luogo. Se avete in mente di trascorrere una vacanza a Palermo, vi consigliamo di organizzarvi molto bene, in quanto, al contrario di ciò che molti pensano, si tratta di una città davvero grande, a tratti dispersiva, che offre moltissimo da visitare ai propri turisti. È dunque importante scegliere il periodo dell’anno giusto, raccogliere anticipatamente tutte le informazioni necessarie per sapere dove poter pernottare, evitando di andare incontro a qualche spiacevole episodio e, per ultimo ma non meno importante, raggiungere la Sicilia senza un esborso di denaro esagerato. Quando andare e dove soggiornare a Palermo In molti si chiedono quale sia il periodo migliore per andare in Sicilia: la Sicilia è bella sempre! In ogni periodo dell’anno. Per una vacanza al mare, sicuramente i mesi migliori sono giugno, luglio, agosto e settembre, in cui i raggi del sole scaldano ancora le meravigliose spiagge siciliane. Per chi, invece, è interessato a visitare la città di Palermo, consigliamo la primavera e l’autunno: le temperature sono ancora molto miti e piacevoli ed è possibile godere di tutte le bellezze della città in totale tranquillità. Se poi non avete la più pallida idea su dove soggiornare durante le vostre vacanze, vi consigliamo di scegliere sempre una zona centrale e ben sicura: le aree più gettonate sono sicuramente Piazza Politeama e Teatro Massimo. Da qui, poi, è possibile raggiungere le attrazioni principali della città, ma anche le zone più caratteristiche di Palermo, quali Vucciria e Ballarò. Un’altra zona che ci sentiamo di consigliare fortemente per il vostro soggiorno, è Kalsa: quartiere recentemente riqualificato e del tutto sicuro. Inoltre, si è sempre nei pressi del centro storico e molto vicini al lungomare, perfetto per soggiornare durante il vostro viaggio. La cattedrale di Palermo @Shutterstock https://ift.tt/2visaQ3 Alla scoperta della Cattedrale di Palermo Palermo è il frizzante capoluogo della bella Sicilia ed è il principale centro urbano dell’intera isola. Palermo è una città molto giovane e all’avanguardia; spesso i vicoli pullulano di giovani che si divertono e la movida non è certo sconosciuta. Le strade del centro città sono tappezzate di locali, bar e ristoranti alla moda, dove si bevono cocktail e si fa festa fino alle prime ore del mattino. Caratteristico del luogo è anche lo street food, forse nato proprio in Sicilia: mangiare per strada qualcosa di tradizionale e veloce, camminando per gli antichi vicoli del centro in compagnia di amici o famiglia. Palermo è davvero una città straordinaria, non solo capoluogo dell’isola, bensì punto di riferimento fondamentale per chiunque abbia il desiderio di trascorrere una vacanza in questa zona. Sarebbe proprio un peccato trascorrere qualche settimana al mare senza passare da Palermo, una città che ha molto da offrire in termini di modernità, ma anche un’appassionante storia alle spalle. Spesso, Palermo, viene definita capitale dell’arte arabo-normanna ed è fortemente caratterizzata da edifici e monumenti storici di rilevanza storico-artistica: passeggiando per le vie della città, vi sembrerà di addentrarvi in un mondo a parte. Tour che si può fare in autonomia o con una breve visita guidata. In particolare la Cattedrale di Palermo è uno dei simboli della città e merita di essere scoperta. La Cattedrale di Palermo La cattedrale di Palermo è dedicata alla Santa Vergine Maria Assunta in Cielo ed è situata proprio nel cuore antico della città. La cattedrale di Palermo ha una storia davvero interessante: la costruzione del duomo venne commissionata per volontà dell’arcivescovo inglese Walter Off, intorno al 1170. Il duomo di Palermo, dal punto di vista cronologico, costituiva la terza delle chiese succedutesi nello stesso sito; inizialmente, infatti, sorgeva una basilica distrutta intorno al V secolo durante le persecuzioni vandaliche. Il progetto edilizio era molto ambizioso e preciso e la realizzazione della nuova cattedrale di Palermo richiedeva ingenti risorse. Ad oggi, possiamo dire che si tratta di un’opera davvero maestosa, la cui originaria costruzione gualteriana si sviluppava su un impianto basilicale suddiviso in ben tre navate e fin dalle sue origini, la Cattedrale di Palermo, ebbe funzioni di culto e di fortezza, nonché quella di tempio funerario dedicato al re ed alla sua famiglia. L’interno del duomo ha subito profonde trasformazioni tra la fine del Settecento ed i primi dell’Ottocento: è a croce latina, con tre navate divise da imponenti pilastri e con statue di santi che facevano parte della decorazione della tribuna del Gagini. Se avete un occhio attento, noterete sicuramente che, nella navata di destra, la prima e la seconda cappella, custodiscono le famose tombe imperiali e reali dei Normanni. Non è un caso, infatti, che già nel lontano 1130, re Ruggero II, avesse stabilito che la cattedrale di Palermo dovesse essere il mausoleo della famiglia reale. Vi sono altre tombe all’interno del duomo che sono quelle di Costanza d’Aragona e quella di Alberto di Borbone di Napoli e Sicilia. La cappella, all’interno del duomo di Palermo, ospita le tombe dei genitori di Federico II, così come quella di Enrico IV e quella di Costanza d’Altavilla. La tomba di Enrico IV è stata realizzata in porfido di colore rosso, pietra preziosa e segno distintivo delle tombe reali. Quella di Costanza d’Altavilla, invece, in porfido di colore rosso, è caratterizzata da colonne che sostengono un maestoso baldacchino, decorati con mosaici a motivi geometrici. Sempre all’interno della cattedrale di Palermo, incassato nella parete destra della cappella, i visitatori potranno ammirare l’elegante sarcofago in marmo bianco, di epoca romana, di Costanza d’Aragona: vi sono custodite le spoglie della prima moglie di Federico II. Spostando la vostra attenzione verso la navata centrale, sul pavimento, noterete una meridiana in marmo con tarsie colorate che rappresentano le costellazioni, per opera di Giuseppe Piazzi, famoso astronomo e scopritore del supposto pianeta Cerere. Non passa inosservato nemmeno lo sfarzoso altare del Sacramento, in bronzo, lapislazzulo e marmi colorati, realizzato su disegno di Cosimo Fanzago. Al’interno della cattedrale, potrete ammirare anche il bellissimo coro ligneo del tardo Quattrocento, il quale si trova nel presbiterio. A destra del presbiterio, poi, vi è la cappella di Santa Rosalia, patrona della città di Palermo, con le reliquie e l’urna d’argento. Presenti anche i due altorilievi di Valerio Villareale, i quali rappresentano Santa Rosalia invoca Cristo per la liberazione della peste e l’Ingresso delle gloriose reliquie di Santa Rosalia a Palermo. Di alto interesse, oltre al coro ligneo in stile gotico-catalano ed i resti marmorei della tribuna gaginiana riadattati, sono la statua della Madonna con Bambino, la preziosa acquasantiera e la Madonna della Scala posta sull’altare della sacrestia nuova. Se amate l’arte e l’architettura, sicuramente non vi farete sfuggire questa bellezza siciliana, simbolo della città di Palermo ed importante luogo di culto per i cittadini. Cosa state aspettando? Partite alla volta della Sicilia e scoprite uno dei più grandi patrimoni italiani. Cosa vedere a Palermo, una città dalla storia antica e appassionante La città di Palermo è stata fondata dagli antichi Fenici con il nome Zyz e sin da subito ha costituito un importante centro commerciale e base d’appoggio per la Sicilia. Successivamente, viene conquistata dai Romani che le danno il nome di Panormus, ma è solo grazie alla dominazione araba che la città conosce un periodo di grande crescita e fioritura: essa si espande, nascono nuovi quartieri urbani ed, in particolare, nei pressi dello sbocco sul mare, nasce la Kalsa, ossia un quartiere fortificato e residenza dell’emiro. Tutto ciò favorisce la diffusione dello stile cosiddetto arabo-normanno; una bellissima miscela di motivi architettonici e decorativi che caratterizzano fortemente i principali edifici della città, tra i quali anche la maestosa Cattedrale di Palermo. L’Ottocento, in seguito, segna l’apertura della città ai grandi commerci e il grande impegno della borghesia imprenditoriale: la città allarga i suoi confini, viene inaugurato il Viale della Libertà ed il quartiere tutt’intorno si arricchisce di creazioni liberty. Oggi un nuovo impulso alla rivalutazione, al restauro ed al riutilizzo dei sontuosi monumenti del centro sta cercando di risvegliare questo magnifico gigante d’Oriente ancora addormentato. Palermo è una città che presenta una moltitudine di opere e monumenti da visitare tutti d’un fiato. Il suo centro storico è sicuramente fra i più vasti in tutta Europa: chiese, palazzi, statue ed altre opere suggestive meritano una visita da chi si accinge a scoprire la città. Questi pezzi storici, inclusa la suggestiva Cattedrale di Palermo, sono in grado di raccontare la vera essenza della città stessa e di far assaporare la storia e la tradizione dell’antico capoluogo siciliano. Palermo è una di quelle città che più la scopri e più te ne innamori profondamente, lasciando un ricordo indelebile nel cuore. In particolare, nel famoso e storico quartiere della Vucciria, potrete odorare un mondo unico di profumi e sapori tipici della regione Sicilia, i quali si mescolano con l’allegria della gente del luogo. Se avete in mente di trascorrere una vacanza a Palermo, vi consigliamo di organizzarvi molto bene, in quanto, al contrario di ciò che molti pensano, si tratta di una città davvero grande, a tratti dispersiva, che offre moltissimo da visitare ai propri turisti. È dunque importante scegliere il periodo dell’anno giusto, raccogliere anticipatamente tutte le informazioni necessarie per sapere dove poter pernottare, evitando di andare incontro a qualche spiacevole episodio e, per ultimo ma non meno importante, raggiungere la Sicilia senza un esborso di denaro esagerato. Quando andare e dove soggiornare a Palermo In molti si chiedono quale sia il periodo migliore per andare in Sicilia: la Sicilia è bella sempre! In ogni periodo dell’anno. Per una vacanza al mare, sicuramente i mesi migliori sono giugno, luglio, agosto e settembre, in cui i raggi del sole scaldano ancora le meravigliose spiagge siciliane. Per chi, invece, è interessato a visitare la città di Palermo, consigliamo la primavera e l’autunno: le temperature sono ancora molto miti e piacevoli ed è possibile godere di tutte le bellezze della città in totale tranquillità. Se poi non avete la più pallida idea su dove soggiornare durante le vostre vacanze, vi consigliamo di scegliere sempre una zona centrale e ben sicura: le aree più gettonate sono sicuramente Piazza Politeama e Teatro Massimo. Da qui, poi, è possibile raggiungere le attrazioni principali della città, ma anche le zone più caratteristiche di Palermo, quali Vucciria e Ballarò. Un’altra zona che ci sentiamo di consigliare fortemente per il vostro soggiorno, è Kalsa: quartiere recentemente riqualificato e del tutto sicuro. Inoltre, si è sempre nei pressi del centro storico e molto vicini al lungomare, perfetto per soggiornare durante il vostro viaggio. La cattedrale di Palermo @Shutterstock Tra i simboli di culto più importanti della Sicilia, la Cattedrale di Palermo è un luogo magico tutto da scoprire e scrigno di tesori inestimabili.
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claudio82clod · 5 years
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Continuiamo la storia del #tricolore. Dal 1797 un po' tutti gli staterelli italiani usano il tricolore con diverse varianti. Nel 1861 l'Italia inizia la sua storia come unico stato. Pochi giorni dopo la resa e l’esilio dei Borbone, il 17 marzo 1861, la Legge n. 1 fissa l’inizio del nuovo Stato col nome di “Regno d’Italia”. La bandiera nazionale porta lo stemma sabaudo col bordo azzurro: nelle sedi e circostanze reali appare la corona dei Savoia sopra lo stemma, assente invece nelle bandiere mercantili come quella disegnata dagli acquerellisti della Treccani per la prima enciclopedia italiana. Qui in alto vedete la bandiera del regno d'Italia, al centro lo stendardo di Casa Savoia e in basso la bandiera usata dal Regio Esercito fino al 1863, dopo ne seguirà una versione poco diversa che durerà fino all'arrivo della Repubblica Italiana. #storia #storie #storieefoto #bandiera #italia #italy #flag #rosso #bianco #verde #red #white #green https://www.instagram.com/p/BsbRZ1FnA-R/?igshid=1jcde6rd68gqg
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Nuovo post su https://is.gd/L1hpyD
Gli Arcadi di Terra d'Otranto (5/x): Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo
di Armando Polito
Va detto preliminarmente che dal punto di vista toponomastico l’attuale Manduria costituisce un caso curioso. Essa è Manduria in Tito Livio1 (I secolo a. C.-I secolo d. C.) e in Plinio2 (I secolo d. C.), Manduris nella Tabula Peutingeriana3, Μανδύριον (leggi Mandiùrion) in Stefano Bizantino4 (V-VI secolo d. C.), ancora Manduris nell’Anonimo Ravennate5 (VII secolo d. C.) e Amandrinum in Guidone6 (XII secolo d. C.). Distrutta dai Saraceni, fu rifondata nell’XI secolo con il nome di Casalnuovo. Tale nome conservò fino al 1789, quando con decreto di Ferdinando I di Borbone riassunse l’antico nome. Ecco perché nei cataloghi degli Arcadi si legge di Casalnuovo.
Il nome pastorale del Ferrari, che era entrato in Arcadia il 20 aprile 16927, era Filarete Nuntino.  Filarete è voce composta dal greco φἱλος (leggi filos)=amico e da ἀρετἡ (leggi aretè)=valore. Per quanto riguarda Nuntino, invece, ha tutta l’aria di essere una forma aggettivale, ma non riesco ad individuare la voce primitiva.
Il Ferrari era figlio di Francesco Antonio e di Vittoria Bruni, sorella del celebre Antonio8 . Per la biografia rinvio a Notizie storiche degli Arcadi morti, De’ Rossi, Roma, tomo I, pp. 59-62 (in cui si indica il 1692 come data del suo ingresso nell’Arcadia) e al testo del Concina che più avanti citerò.
A lui Domenico  De Angelis (nome pastorale Arato Alalcomenio) dedicò la Vita di Antonio Caraccio di Nardò detto Lacone Cromizio in Le vite degli Arcadi illustri, Antonio de’ Rossi,Roma, 1708, parte I, pp. 141-168. Per rendersi conto del suo prestigio è sufficiente dare una rapida scorsa ad un testo che è una sorta di relazione sui suoi funerali, del quale riproduco di seguito il frontespizio.
Non potevo da questo volume non riprodurre, traducendoli, alcuni documenti in latino.
(Iscrizioni elaborate dai padri dell’ordine dei Predicatori ad ornamento dell’apparato funebre. Davanti alla facciata del tempio. Per il fratello Tommaso Maria Ferrari, illustrissimo cardinale di Santa Romana Chiesa, maestro sapientissimo dell’ordine dei Predicatori, ascritto alla famiglia di questo sacro convento, vengono allestiti in questo tempio i trofei, non i funerali. Non parole di lutto, ma di plauso. Chiunque sia tu che entri, risparmia le lacrime, abbandonati all’ossequio: certamente la dottrina e la pietà immortale di un grande eroe a fatica devono essere celebrate dal pianto, a fatica possono essere eguagliate dalle lodi)
(Ai quattro lati del cenotafio. I Al cardinale Tomaso Maria Ferrari del titolo di S. Clemente sul monte Celio, tre volte mirabile per sapienza, avvedutezza, prudenza, tre volte famoso per carità, modestia, scrupolo religioso, Napoli resa famosa, Bologna edotta, Roma abbellita al tre volte massimo, la casa dedicata al divino spirito a quello che un tempo fu suo alunno celebra, adorna, dedica le esequie, il tempio, gli animi)
  (II Al fratello Tommaso Maria Ferrari, uomo ugualmente illustrissimo e sapientissimo, nato a Manduria nella Iapigia, per aver onorato l’ordine dei Predicatori e il Collegio Apostolico con somma virtù e mirabile dottrina, per aver unito felicemente lo splendore insigne della dignità con l’umiltà insigne dell’animo, la città di Napoli, l’ordine dei Predicatori, la chiesa dedicata al divino spirito, onorata dai meriti e dalle virtù di tanto grande uomo, celebrano il rito funebre con animo grato, com’è giusto)
(III Ahimè, crudele furore della morte! Essa che ancora  con impeto eccessivamente frettoloso con un sol colpo ha sottratto l’eminentissimo fratello Tommaso Maria Ferrari, ha privato la città del dottore, la religione del decoro, le terre della luce. Ma state lontano, gemiti, lontano lamenti funebri: la morte non ha rapito queste dignità che non con un solo titolo l’eternità da tempo ha rivendicato a sé)
(IV A Tommaso Maria Ferrari, accolto dall’ordine dei Predicatori nel senato dei padri porporati per la sapienza unita alla mansuetudine, per la dignità alla modestia, per la povertà alla generosità, tutte con felice e straordinario legame, la religione cattolica, la chiesa romana, onorate dall’impegno, dalla fatica, dalle virtù di tanto grande uomo, posero per gratitudine in questo tempio questa testimonianza di lode ad immortale memoria dell’eroe di recente perduto)
(Emblemi ricavati dallo stemma gentilizio del cardinale Ferrari, collocati sulle parti più alte della piramide mortuaria. I Simbolo: un galero rosso insegna della dignità cardinalizia. Motto: Ha conservato la virtù per il decoro. II Simbolo: Tre stelle. Motto: Non con impari luce. III Simbolo: Tre monti. Motto: Alquanto emergente dall’ombra. IV Simbolo: Un compasso. Motto: Col peso e con la misura)
Per lo stemma vedi più avanti il primo dei cinque ritratti riprodotti.
Del Ferrari non resta alcuna pubblicazione, ad eccezione di Testamento fatto dalla chiara memoria dell’eccellentissimo, e reverendissimo signor cardinale frà Tommaso Maria Ferrari del titolo di S. Clemente dell’Ordine de’ Predicatori, consegnato, et aperto per gl’atti del sig. Francesco Antonio Paolini notaro capitolino nel dì 20 Agosto 1716., in cui rese l’anima à Dio, Conti, Roma, 1716.
Un catalogo delle opere manoscritte, tutte di argomento teologico, è in Daniele Concina, De vita ac rebus gestis P. Thomae Mariae Ferrarii Ord. Praed S. R. E. Cardinalis tit. S. Clementis libri tres, Eredi di Giovanni Lorenzo Barbiellini, Roma, 1755, pp. 107-109.
La sua firma è in calce ad una lettera del 18 dicembre 1700 (nell’immagine che segue tratta da http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3AIT-PI112_MG.91.44-45&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU) diretta a Guido Grandi da Cremona, camaldolese, accademico della Crusca e lettore di matematica nell’Università di Pisa, socio della colonia camaldolese dell’Arcadia col nome pastorale di Dubeno Erimanzio.
  Molto Rev(erend)o P(ad)re
Per rendermi V(ostra) P(ersona) più grata la notizia, che mi porta d’esser giunta in cotesta Città ad esercitarsi nella lettura destinatale da S(ua) A(ltezza)9 ha voluto accompagnarla con parzialissimi annunzii di bene p(e)le vicine s(an)te feste. Io resto molto tenuto alla P(ersona) V(ostra) che coll’unione di q(uan)ti uffici m’habbia confermato la sua bontà, il suo affetto; e mi allegro insieme vivam(en)te seco del campo, che se l’apre di palesare la propria virtù in un luogo reso celebre dal valore di tanti soggetti. Dell’elezzione poi di V(ostra) S(ignoria) hà essa motivo ben giusto di godere quanto fà; già che l’ottime parti, che sempre più s’ammirano nella s(an)ta sua ripromettono alla chiesa, ed al mondo ogni mag(gio)re bene. Mi raccomando alle orazioni sue, e resto con pregarle da Dio veri contenti. Roma 18 dec(emb)re 1700 Di V(ostra) P(ersona) Affez(ionatissi)mo  F(errari) Tom(mas)o M(ari)a Car(dinale) [di] S(an) Clem(en)te.
In basso a sinistra: P(er) D(on) Guido Grandi Pisa
  Del Ferrari non ho reperito scritto alcuno inserito in qualche raccolta10, mentre, per quanto riguarda la documentazione iconografica, riproduco di seguito ben cinque suoi ritratti. Il primo è una stampa custodita nel British Museum a Londra (https://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details/collection_image_gallery.aspx?assetId=1613192980&objectId=3733761&partId=1).
In alto a sinistra lo stemma del papa Innocenzo XII, in alto a destra quello del Ferrari (vedi sopra l’ultima iscrizione tratta dal volume celebrativo dei funerali).  Al centro Presb(iter) (Presbitero; il Ferrari fu cardinale presbitero col titolo di S. Clemente). Nella didascalia si legge: Fr(ater) Thomas Maria Ferrari Ordin(is) Predicatorum, Sac(ri) Palatij Apost(olici) Magister. Manduriensis. Creatus S(anctae) R(omanae) E(cclesiae) Cardinalis die 12 Decembris 1695 (Fratello Tommaso Maria Ferrari dell’ordine dei Predicatori, maestro del Sacro Palazzo Apostolico. Di Manduria. Creato cardinale di Sacra Romana Chiesa il giorno12 dicembre 1695).
Nel margine inferiore, fuori campo, il nome dell’editore: Io(hannes) Iacobus de Rubeis Formis Romae ad Templum Pacis cum Privilegio S(ummi) P(ontificis)  (per i tipi di Giovanni Iacopo de Rossi a Roma presso il Tempio della Pace con privilegio del Sommo Pontefice). Mancano, dunque, i nomi del disegnatore/pittore e dell’incisore.
Meno anonimo è, invece, il ritratto presente in un volume (di seguito il frontespizio) dal titolo Effigies nomina et cognomina SD.N. Innocentii P.P. XI. et RR. DD. S.R.E. Cardd. nunc viventium custodito nella Biblioteca centrale di Lovanio (http://depot.lias.be/delivery/DeliveryManagerServlet?dps_pid=IE4793452).
In basso a sinistra: Cyrus Ferrus del(ineavit) (Ciro Ferro/Ferri lo disegnò); al centro: Aedit(um) a Io(hanne) Iacobo de Rubeis Romae ad Templum Pacis cum privil(egio) S(ummi) pont(ificis) (Pubblicato da Giovanni Iacopo de Rossi a Roma presso il Tempio della Pace con privilegio del Sommo Pontefice); a destra g(érard) Audran sculp(sit) Ro(mae) (Gérard Audran l’ha inciso).
L’editore, dunque, è lo stesso del ritratto precedente, cioé Giovanni Iacopo de Rossi (1627-1691); in più conosciamo il nome del disegnatore (Ciro Ferri, 1634-1689) e quello dell’incisore (Gérard Audran, 1640-1703).
Il volume  è datato nella relativa scheda al 1676. Credo che si tratti di un errore, giacché l’opera si presenta come una raccolta di ritratti, il primo dei quali è quello di Innocenzo XII (papa dal 1691), il secondo di Clemente XI (papa dal 1700); seguono i ritratti di cardinali, il primo dei quali è quello di Emmanuel Théodose de la Tour d’Auvergne (creato cardinale nel 1669) e l’ultimo di Vincenzo Grimani (creato nel 1697). L’errore dev’essere stato indotto proprio dal frontespizio e in particolare dal nome di Innocenzo XI, che fu papa dal 1676. Tale frontespizio, dunque, sicuramente non anteriore al 1676 (e non posteriore al 1691, anno di morte dell’editore) venne utilizzato anche per le raccolte pubblicate successivamente dai suoi eredi. Lo dimostra chiaramente proprio il ritratto del Ferrari.
Riecheggia strutturalmente il precedente. La didascalia appare meno dettagliata: FR(ATER) THOMAS MARIA  S(ANCTAE) R(OMANAE) E(CCLESIAE) PRESBYTER CARDINALIS FERRARI ORD(INIS) PRAEDICATORUM MANDURIENSIS CREATUS DIE XII DECEMBRIS MDCXCV (Fratello Tommaso Maria Ferrari cardinale presbitero di Santa Romana Chiesa dell’ordine dei Predicatori di Manduria creato il giorno 12 dicembre 1695). Obiit anno1716 (Morì nell’anno 1716) è un’aggiunta fatta dalla mano se non di un vandalo almeno di qualcuno poco rispettoso dell’integrità del documento originale).
In basso a sinistra: L. David Pinxit (L. David l’ha disegnato) e a destra Benedictus Fariat Scul(psit) (Benedetto Fariat l’ha inciso). Sappiamo così che il disegnatore fu Ludovico Antonio David (1648-dopo il 1709), pittore nato a Lugano, e l’incisore il francese Benoît Farjat (1646 – 1724).
Fuori campo: Dominicus de Rubeis Haeres Io(hannis) Iacobi de Rubeis formis Romae ad Templum S(anctae) M(ariae) de Pace cum priv(ilegio) S(ummi) P(ontificis) et Super(iorum) perm(issu) (Domenico de Rossi erede con i tipi di Giovanni Iacopo de Rossi presso il tempio di Santa Maria della Pace con privilegio del Sommo Pontefice e col permesso dei Superiori).
La pubblicazione di questo ritratto, perciò, dev’essere successiva al 1691, data di morte di Giovanni Iacopo, di cui Domenico era figlio ed erede.
Il terzo è in Giacinto Gimma, Elogi accademici della società degli Spensierati di Rossano, A spese di Carlo Troise stampatore accademico della medesima società, Napoli, 1703, p. 269.
THOMAS MARIA FERRARI S(ANCTAE) R(OMANAE) E(CCLESIAE) CARDINALIS ACADEMICUS INCURIOSUS
(Tommaso Maria Ferrari cardinale di Santa Romana Chiesa accademico incurioso)
L’accademia degli Spensierati era stata fondata da Giacinto Gimma (Bari, 1668-Bari, 1735) a Rossano nel 1695 e successivamente assunse il nome di Accademia degli Incuriosi. Il Gimma fu anche socio dell’Arcadia col nome pastorale di Liredo Messoleo.
A p. 281 il Gimma riporta tre testi encomiastici del Ferrari elaborati da accademici Incuriosi, i primi due da Simone Viglini, l’ultimo da Padovano Guasco.
Il primo è un anagramma puro, una prova di abilità secondo un gusto, si direbbe enigmistico, in voga in quel tempo. Di seguito la traduzione dei due testi: Tommaso Maria Ferrari dell’ordine dei predicatori/Qui, a Roma, presso le prime funzioni della vita pubblica rara dottrina per gli dei, sale della terra.
Il secondo è un epigramma in distici elegiaci. Traduzione (con correzione della punteggiatura originale): Perché per te il cognome Ferrari , quando l’aurea virtù e la sorte ti diedero grandi doni, mentre la porpora ti circonda e il tirio galero ti adorna, o rara gloria del nostro suolo? Qual è dunque il motivo? Lo dirò: certamente così chiamato per nulla insuperbito oltrepasserai i limiti, il che è tutto il bene di te.
L’ultimo è un distico elegiaco. Traduzione:  Sarai detto Ferrari dal ferro. Ma i nomi sbagliano. Ti dia il nome la calamita, mentre a te attrai i cuori.
Il quarto ritratto è in Vincenzo Maria Coronelli, Ordinum religiosorum in ecclesia militanti catalogus, eorumque indumenta iconibus expressa …, s. n., Venezia, 1707.
  Nella cornice dell’ovale: F(RATER) THOMAS MARIA S(ANCTAE) R(OMANAE) E(CCLESIAE) PRESBYTER CARDINALIS FERRARI, ORDINIS PRAEDICATORUM MANDURIENSIS, CREATUS XII DECEMBRIS MDCXCV (Fratello Tommaso Maria Ferrari cardinale presbitero di santa romana chiesa, dell’ordine dei predicatori, di Manduria, creato il 12 di dicembre 1695).
In basso a destra il nome dell’incisore: Ant(onius) Luciani Scul(psit). Antonio Luciani fu attivo fra la fine del XVII secolo e gli inizi del successivo. Fu autore di numerosi ritratti di personaggi importanti e di antiporte di pubblicazioni di pregio, fra cui una raccolta di componimenti di poetesse dell’Arcadia, della quale riproduco di seguito il frontespizio.
Teleste Ciparissiano è il nome pastorale di Giovanni Battista Recanati, nobile veneziano.
Ed ecco l’antiporta del Luciani.
  In basso: Antonius Balestra invenit (Antonio Balestra disegnò) e A(ntonius) Luciani sculpsit (Antonio Luciani incise). Antonio Balestra (1666-1740), nativo di Verona, operò prima a Roma e poi a Venezia.
Il quinto ritratto, di anonimo,  è in Domenico Martuscelli (a cura di) Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, Gervasi, Napoli, 1828, tomo XIV. La biografia del Ferrari è di Giambattista Lezzi (vissuto nel XVIII secolo, originario di Casarano, fu primo bibliotecario della Biblioteca arcivescovile Annibale De Leo di Brindisi, designato dallo stesso fondatore).
  (CONTINUA)
Per la prima parte (Premessa)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/ 
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/ 
 Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)  
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/    
  ___________
1 Ab Urbe condita, XXVII, 15,4: Q. Fabius consul in Sallentinis Manduriam vi cepit (il console Quinto Fabio prese con la forza Manduria in Salento).
2 Naturalis historia, II, 103: In Sallentino iuxta oppidum Manduriam … (Nel territorio salentino presso la città di Manduria …).
3 Copia risalente al XII-XIII secolo di una carta topografica romana del IV secolo d.C.
4 Ἐθνικά, al lemma Μανδύριον: πόλις Ἰαπυγίας. Ὁ πολίτης Μανδυρίνος (città della Iapigia. Il cittadino è detto mandyrino).
5 Cosmographia, IV, 31 e V, 1.
6 Geographia, 72.
7 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 340.
8 Vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2016/08/30/antonio-bruni-1593-1635-manduria-suo-campione-vendite/.
9 Nel 1700 Guido Grandi ormai è già in grado di competere con i maggiori matematici viventi e per questo il Granduca di Toscana  Cosimo III de’ Medici gli assegna la cattedra di filosofia straordinaria nell’Università di Pisa (diventerà ordinaria nel 1706).
10 Non così per atti ufficiali da lui emessi dal 1688 al 1714:
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ARMLE043362&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ARMLE043412&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ARMLE043384&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ARMLE043542&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1
http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ARMLE043524&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&fulltext=1
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