#robaccia che scrivo quando non ho voglia di fare altro
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Lampi accecanti gli strali del destino noi ignari bersagli perennemente in fuga lo sguardo mutato in un battito d'ali. Sbarre alle finestre del cielo impediscono il volo e nascosti dietro a un dito attendiamo pazienti il canto del mattino.
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la mia vita al tempo del COVID-19 (giorno 13)
Oggi il giornale apre con un articolo molto interessante dal titolo: asintomatici, presintomatici, paucisintomatici: quali le differenze e come fare per rientrare al lavoro? Quali sono le distinzioni di terminologia e sintomatologia e soprattutto quali procedure si devono seguire per rientrare al lavoro e nella vita di comunità dopo essere stati positivi o in stretto contatto con malati di Covid-19. È evidente: là fuori è una vera e propria giungla. Come potremmo solo immaginare di vivere senza sapere quali sono le “distinzioni di terminologia e sintomatologia”. Come? Io non ne so niente. Ecco adesso sono depresso. Potrei anche farla finita qui, ma sono troppo depresso per pensarci. Andiamo avanti... altri titoli: – Coronavirus, su quasi 19mila tamponi 2.160 nuovi positivi – Provvedimenti anti-smog prorogati fino al 19 novembre – Come cuocere la pasta con meno gas, un recente test scientifico dimostra che la cottura è possibile anche senza tenere il fornello sempre acceso. – Donna anziana di Martina Franca (TA) suona al contrario disco di Albano e scopre il modo di aggirare il fisco e di non pagare la TARI.
Poi, la solita intervista Happines is Homemade, con l’imprescindibile punto di vista del solito VIP locale che, per qualche oscuro motivo è chiamato a snocciolare i suoi speciali ingredienti per farti meglio affrontare, vivere la tua vita. Frasi fatte a profusione, a cazzo se preferite (?), del tipo: “trova il tuo punto di equilibrio / gli obiettivi per la tua crescita personale / i valori sono le convinzioni alla base del proprio sé”. Che palle! Roba da far scappare i neuroni a dorso d’asino. Come vedo me stesso? Io sono una leggenda nella mia mente. Un’audace che cammina lento, controcorrente, fingendo di essere distratto dalle cose che gli accadono intorno, interessato a quel niente che hai da dire. Io non distolgo lo sguardo, io ti guardo fisso negli occhi, e non mi volto più dall’altra parte. Io non tendo sempre ad accentuare i miei difetti piuttosto che i miei pregi, e la pasta la cucino come mi pare a me. Hai capito? Il punto è proprio questo: io non vedo, non ho bisogno di vedere me stesso nello specchio del mondo, perché non provo terrore di essere quello che sono! Io sono uno di quelli che hanno la sensazione che in Italia tutto vada a farsi fottere. Sì, la sensazione di essere costantemente sul punto di dire: Ok. Lasciamo perdere. Basta pensare a come tutto sia corrotto, l’ambiente, l’arte, il governo, la faccenda del Covid-19, qualunque cosa. Io sono quello che vuole riscattarsi dai fanghi parassiti che ci ammorbano. E sono altro, molto altro. Per questo ho avuto l’idea di tenere questo diario, questo blog che espone il fianco alle coltellate di tutti e di tutto. Lo scrivo anche per quelli che non parlano mai con nessuno, che immaginano che nessuno li ascolti, perché pensano che non ci sia nessuno là fuori che abbia voglia di ascoltarli. Tengo questo diario perché un giorno, nel pieno di questa cazzo di pandemia, mi sono svegliato e ho capito che non sarei mai stato normale e mi son detto: e chissenefrega!!? Scrivo perché nessuna vocina nella mia testa mi ha mai detto: non farlo Andre- non scrivere!
Prova a pensare alle sabbie mobili della vita, al barlume predestinato di ciò che ti hanno sempre detto, quello che dovevi fare, come ti dovevi comportare: genitori, insegnanti, esperti, film, libri, riviste e televisione. Influencers… Pensa a tutte le loro mercanzie, all’artificialità e agli artifici del loro linguaggio che ti ingabbia, che ti frusta. Alle loro balle, al loro brulicante brulichio di bruchi.
Ma tu, in realtà lo sai. Da tempo sai che cosa dovevi e devi fare, qual’è il tuo compito. Il tuo obbiettivo è solo quello di farti accettare, sentirti in pace e pensare a qualcosa di grande per la tua vita – e se ti senti confuso, se il tuo lavoro non ti soddisfa, se sei buffo e non riesci a trovarti una ragazza, se sei così stanco di controllare che non ti freghino quando ti danno il resto, e di prestare attenzione a leggere le cose scritte in piccolo, di confondere i tuoi vestiti con il tuo nome e, non ne puoi più della proposta culturale avvilente e svilente della tua stramaledetta città, dell’alfabeto di parole buie che scaturisce dalle bocche spente di chi ti sta vicino, non importa – il tuo unico obiettivo è sempre e solo quello di farti accettare per quello che sei.
Mi capisci? Insomma sei lì con tutti questi pensieri che ti frullano dentro il cervello, magari cerchi conferme, una risposta, e chi ti tocca sentire? Briatore, la Santanchè, Zingaretti, i CinqueCosi, Meluzzi, Albano Carrisi…?!!! Senti di non aver via di scampo, come quando ti accendi l’ultima paglia al contrario, ma infondo al tuo cuore sai che c’è una semplice, un’incredibilmente semplice soluzione: vomitare. Vomita. Sì, rimetti tutto quello che hai dentro, non importa se sei represso e depresso, se provi dolore – non vergognartene – VOMITA. E se ti dicono che c’è qualcosa che non va in te, tu vomita. Vomita il tuo vero io. Parla, canta, balla, dipingi, scrivi, ma fallo!
Questo diario è il mio vomito.
Mi piace l’idea che le mie parole, queste, quelle che stai leggendo, possano insinuare la mente di coloro che non ne possono più di fare tutto il possibile per essere perfetti. Che per qualcuno, le mie parole si rivelino Parole Esatte. La voce di quelle persone che nessuno sente urlare in questo mondo capovolto nella mole delle unanimi approssimazioni.
Ad esempio, mi piace immaginare che tutte le mattine tu, le aspetti, queste mie parole, che le senti arrivare, scorrere lungo le tubature là fuori, venire su dalle fogne… penetrano le pareti della tua bella casa e inseminano il tuo smartphone… ed ecco: le puoi finalmente leggere. Così prendono a scorrere attraverso il lago dei tuoi occhi, risuonano nel tuo cervello, ovunque, come un criminale, come una persona non invitata che gira liberamente per casa tua e si fermi dove vuole. Come un cattivo pensiero in una mente pulita…mi dirigo verso il mobile dove tieni gli alcolici e mi servo da solo, incrocio le gambe sul tavolo del tuo salotto come un cowboy e sorseggio il mio isocianato di metile on the rocks. Do il via alla festa, accendo il tuo stereo: canzoni che non hai mai sentito prima, ma che ti piacciono.
– Sprofondiamo tutti nella stessa merda, ma sai, grazie a un duro allenamento aerobico e a una ferrea dieta ipocalorica ricca di fibre, quella robaccia non ha effetti su di me, ti dico sputando un cubetto di ghiaccio nella tua direzione e tu con un incedere da grosso felide americano, ti fai più vicina. A questa distanza i peli che hai sulle braccia mi ricordano la felce frattale che si crea sgocciolando tintura in una soluzione acquosa di polimero, e te lo dico. Tu ti avvicini ancora di più, producendo un fruscio simile al rumore prodotto dallo sfregamento dei pantaloncini da corsa di un corridore sovrappeso.
–Ci nutriamo delle stesse prede, mi grugnisci incurvando la spina dorsale come un amo, fregandotene del distanziamento minimo di un metro, e giungendo a meno di un millimetro dalla mia faccia.
– Il giorno 13, della mia vita al tempo del Covid-19, quello che sto scrivendo proprio in questo istante è un virus che ucciderà i tuoi buoni propositi e si sostituirà a loro. Pensa a che cosa succederebbe se le mie parole potessero cambiare qualcosa…?
– Questo sarebbe grave. Molto grave!… mi dici, con la voce strozzata dall’emozione. FALLO! Non importa che cosa, ma SCRIVILO ora Andre e non fermarti, ti prego!
È cosi che immagino il momento in cui la mesta quiete iperborea – nelle profondità libranti dello spazio ignoto, in prossimità del punto nella distanza infinita in cui le parallele finalmente si incontrano – l’inizio della tua giornata, poco prima che incominci a leggere le mie parole e poi, poi mi leggi…
Io sono la voce che grida nel vuoto quella che nel silenzio del tuo teatro mastica wafer con gran fracasso quella che si rannicchia pericolosamente sul tuo canceroso cesso pubblico La voce che alla fine ti frega il portafogli
Io sono la voce che chiede: “con permesso”… ti saluta inchinandosi come il fiore acceso dall’estate e quando se ne va lascia le sue impronte di fango sul tuo tappeto buono
Io sono la voce che brucia il tuo cervello e ti strappa le viscere … Sì, la mia voce ti sventra: le tue viscere si immolano sul mio altare e predicono il futuro le tue viscere fumanti e luccicanti svelano la tua natura
Io sono la voce che ti conosce non il tuo nome, ma quello che sei conosco il tuo vero io
Adesso leggimi! O sarà la mia voce a leggere te.
Fine giorno13
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