#rimasi
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thecatcherinthemind · 2 years ago
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Io a chiunque stasera: "No raga sono cotta, sono in pigiama dalle nove"
M. mi chiama alle 23.30 "Preparati che tra un quarto d'ora sono sotto casa tua"
Agli ordini.
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parlamitucheiononmiparlopiu · 2 months ago
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Ciao papà, è da tanto che non ti scrivo e ti chiedo scusa, nell'ultimo periodo ho dovuto affrontare moltissime cose, ma sappi che dai miei pensieri non esci mai. Ho provato ad indossare i tuoi vestiti ma mi stanno ancora troppo larghi, forse sarà sempre così, forse semplicemente non sono i tuoi vestiti che dovrei indossare ma i miei; qualcuno ha provato a farmelo capire, ma sono testarda, sai come sono fatta. Ebbene, ho continuato a fare le cose come penso le avresti fatte tu, ho continuato a mettere un piede davanti all'altro cercando di farlo nel migliore dei modi e ad ogni passo pensavo "mi vedi papà? Sei fiero di me?", non ricevo mai risposta ma in cuor mio spero sia così. Mi sono persa per un periodo, so che di questo non ne saresti stato contento. Mi ricordo il primo anno di superiori, avevo visto il mio "ex fidanzatino" da pochi giorni baciare una mia amica e rimasi a letto per giorni senza andare a scuola. Una sera ti sedesti sul mio letto e mi dicesti "non so cosa è successo, ma non è questo il modo di affrontare le cose; se tu non hai fatto nulla di sbagliato cammina a testa alta, se hai sbagliato, affronta la cosa di petto e chiedi scusa. Ma restare qui, non è una soluzione." Mi ricordo che piansi, però il giorno dopo tornai a scuola a testa alta. Ecco, io ogni giorno negli ultimi mesi ho sperato di sentire una parola di conforto da parte tua, ma il silenzio mi avvolgeva il cuore e quindi mi sono persa. Non sono guarita, però il mio cuore ha ripreso a battere ad un ritmo più lento, in pace. Ho commesso l'errore di mettere le mie fragilità in mani sbagliate; di nuovo? si, di nuovo. Cammino a testa alta, come hai detto tu, perché non sono stata io a sbagliare. Mi manchi tanto, mi chiedo come sarebbe se tu fossi ancora qui, se le cose fossero diverse oppure sempre così però con te presente. Ogni volta che mi siedo alla scrivania per studiare guardo la tua foto appesa al muro. "Lui vorrebbe davvero questo per te? Vorrebbe che tu avessi questa rabbia e questa voglia di giustizia? O vorrebbe che tu inseguissi solo i tuoi sogni?", me lo ha detto un amico quando ha capito che ero totalmente persa. Cosa voglio io? Volevo davvero tutto questo? Me lo chiedo da giorni, cercando di distinguere il tuo sogno dal mio; ma si sono fusi così tanto che non c'è più una linea di confine. Piango. Piango perché ho confidato questo dolore a persone che mi hanno lacerata, senza rimorsi. Piango perché nessuno ha mai compreso quanto sia profonda e intima questa ferita. Piango perché ho perso di vista chi sono e chi voglio diventare. Piango perché manca qualcosa, manchi tu. E mi mancano i piatti buoni che mi cucinavi, mi manca la tua risata per cose che io non trovavo divertenti, mi manca la tua colazione addobbata la mattina di Natale perché sapevi quanto mi rendesse felice, mi manca quando mi vedevi dormire e mi arrotolavi nelle coperte per non farmi sentire freddo, mi manca sentirmi al sicuro. Sembra una vita passata ed irrecuperabile. Sembra (perché ho paura di dire che lo è) una vita fa. Ti chiedo scusa se ti ho deluso, ti chiedo scusa se hai dovuto fare guerre per farmi capire le cose, ti chiedo scusa se non sono stata proprio quel tipo di figlia calma e silenziosa, ma se ho sempre sempre indossato armature e urlato. Le stesse armature che ora devo indossare per affrontare questo mondo. Ma grazie, per avermi insegnato che il perdono è fondamentale per allontanarsi da persone e situazioni che ci portano via ciò che siamo. Avrei voluto togliermi i polmoni e donarli a te per farti restare un po' di più, tu invece ti sei tolto il cuore per darlo a me ed io imparerò ad averne più cura. Grazie papà, perché sei stato e sei il mio papà.
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miciagalattica · 29 days ago
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Un sogno che sembrava troppo reale.
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Avvertenza:
Non si tratta di un racconto auto-biografico.
Ogni riferimento a persone o a cose è puramente casuale, perché è un racconto di fantasia.
È un racconto crudo, che va a toccare dei tabù. Alle persone che sono particolarmente sensibili consiglio di fermarsi qui, o alla prima sensazione di disgusto o di imbarazzo.
PRIMA PARTE
Ero appena tornata a casa dal lavoro e avevo lasciato che Dicky, il pastore tedesco di mia cugina, uscisse nel cortile sul retro per fare i suoi bisogni. Si, mi ero prestata alle suppliche di Carla per poterle tenere il suo cane per due settimane perché doveva fare una seconda luna di miele con suo marito. Dicky era un bellissimo pastore tedesco di un anno e mezzo, mia cugina mi rassicurò dicendo che era già addestrato e addomesticato e che non dovevo avere nessuna paura di Lui, anzi le sarei stata grata perché mi avrebbe protetta da qualsiasi minaccia e poi è abbastanza amichevole, cercò di indorare la pillola dicendomi che io già gli piacevo. Nonostante queste raccomandazioni ero pervasa da uno stato d’inquietudine perché non ero abituata a vedere un cane in giro per casa. Appena i due piccioncini varcarono la porta mi assali un senso di disagio dovuto al fatto che d’ora in poi sarei rimasta sola con questo cane. Non riuscivo a spiegarmi il motivo di questo nervosismo. Forse tutto questo era dovuto al fatto che avevo avuto sempre sentimenti contrastanti nei confronti dei cani.
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La ragione era dovuta al fatto che quando ero all’università una mia amica mi confessò che si era lasciata leccare la figa dal suo cane e aveva avuto un orgasmo da favola. Rimasi sconvolta dalla sua confessione. La notte successiva sognai che stavo a letto e il cane della mia amica si era intrufolato nel mio letto e ha cominciato a leccarmi la figa, mi sono svegliata di soprassalto e mi sono ritrovata madida di sudore, la mia figa fracida di succo ed era bastato che toccassi con le dita il clitoride per arrivare in un modo pazzesco. Subito dopo mi sentii mortificata. "Come ho potuto lasciare che ciò accadesse?” fu la domanda che mi posi. Rimossi subito tutto e non ebbi più sogni di questo tipo.
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Guardando Dicky, tutti quei sensi di colpa, di imbarazzo e di lussuria, provati per quel sogno mi tornarono in mente. Ebbi improvvisamente paura. Paura di ciò che avrei potuto fare, di ciò che avrei potuto voler fare ora che ero sola con quel cane. Ero consapevole del disagio che avevo provato quando mia cugina mi lasciò il cane. Dopo questo smarrimento iniziale, giusto per tranquillizzarmi guardai il cane e gli dissi “Immagino che siamo solo tu ed io, Dicky" per smorzare il nervosismo mi versai un bel bicchiere scotch e sorso dopo sorso lo bevvi tutto. Dicky si avvicinò e si sdraiò a terra accanto a me. Pochi minuti dopo, cominciò a sentirmi molto più rilassata mentre lo scotch si diffondeva nel mio corpo. Sentivo un piacevole calore diffondersi dentro di me. A un certo punto sentì i la zampa di DIcky appoggiarsi sul mio piede. "Adesso non iniziare a farti venire le idee", gli dissi ridacchiando, mi alzai per andare a letto, e guardandolo improvvisamente arrossii guardando il cane e pensai "È decisamente maschio". La punta rosa del suo cazzo sporgeva! Ero totalmente imbarazzata. "Non posso credere che lo sto guardando!" pensai.
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Agitata, andai velocemente nella mia camera. Ero confusa e mi sentivo piuttosto calda per il rapido consumo di scotch. "Ho bisogno di una doccia fredda o di un bagno caldo", sorrisi. Mi spogliai completamente e mi sdraiai I sul letto quando fui presa da un’eccitazione inspiegabile. All’improvviso, sentii uno schianto nel soggiorno, a quel punto mi ricordai che non ero sola e un piccolo brivido mi percorse la schiena. Uscii dalla camera e mi diressi in soggiorno. Una delle lampade era rovesciata. Niente di rotto. "Fortuna per te, Dicky", e mentre lo dicevo, un piccolo brivido mi percorse tutto il corpo. Dicky si avvicinò, sbattendo la coda e strofinandosi contro la mia gamba. “Anch'io sono felice di vederti, pazzo. Ora smettila di rompere le cose”, mi voltai per tornare in camera e vidi Dicky che mi seguiva da vicino. "Dove pensi di andare?" Dicky mi guardò con entusiasmo. "No, tu resta qui." si voltò e raggiunsi la porta. In un lampo, Dicky mi fu dietro, lo spinsi via e mentre mi chinai per farlo il cane si spinse in avanti e mi leccò un seno, gli urlai contro.
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Dicky perpretò un secondo attacco e con la lingua mi sfiorò l’inguine, lo respinsi ancora una volta ma con meno risolutezza, Dicky ne approfittò per fare un successivo attacco e mi sfiorò il clitoride, sentii una scossa elettrica attraversarmi tutto il corpo. Una volta entrata mi sdraiai sulla schiena con le gambe penzolanti oltre il bordo. Dicky mi segui e spinse il muso in avanti, costringendomi ad aprire le gambe. "Ehi, aspetta ragazzo, comando io qui", dissi con un po’ d’incertezza. Dicky m’infilò la lingua nel mio inguine bagnato. Ben presto cominciò a leccare con gusto. Sentì che mi stavo rapidamente avvicinandomi all'orgasmo. Dicky spinse insistentemente la lingua dentro di me. Sentì di cedere alle sensazioni impetuose mentre un orgasmo mi travolgeva, fui sopraffatta dal senso di colpa. Allontanai il cane e afferrandolo per il collare, feci uscire la sua testa dal mio inguine Dicky opponeva resistenza si avvinghiava a me e intravidi il suo cazzo ,era eccitato, io rabbrividii al solo pensiero, lo sentii scivolare lungo la gamba. "Oh Dio, allontanati da me", urlai, improvvisamente fui presa dal panico. Gli tirai di nuovo il collare, cosa che non fece altro che tirare il cane più in alto sul mio corpo. Lo sentivo, ora premeva contro la mia coscia. Avvertii un'improvvisa ondata di paura, unita a un'incredibile e improvvisa lussuria. Lo sentivo duro... e scivoloso! "Quando la punta mi toccò l'inguine, venni una seconda volta senza preavviso. Abbracciai il cane mentre le onde pulsavano attraverso il mio corpo. All'improvviso, l'orgasmo si calmò e spinsi via Dicky e corsi in bagno, sopraffatta dal rimorso e dal senso di colpa. Tremavo come una foglia. Sbattei la porta del bagno e la chiusi a chiave. Tremavo, sopraffatta dalla vergogna. Mi guardai allo specchio e distolsi lo sguardo. Non potevo credere a quello che era quasi successo e pensare che ero pronta a lasciare che accadesse. Mi sedetti sulla tazza del water stavo ancora tremando. Pensai all'orgasmo che fu improvviso e potente... e sbagliato. “Una cosa era”, pensai, “lasciarmi leccare finché non arrivassi. Ma questo…�� sapevo nel mio cuore che tremavo non solo per la vergogna. Era anche lussuria e desiderio. Ma così sbagliato, così vergognosamente sbagliato. Rimasi seduta in bagno per più di un'ora, piangendo e torcendosi le mani, sperando che Dicky tornasse nel suo letto in soggiorno. Alla fine mi decisi a uscire e Dicky non c’era, era davvero nell'altra stanza. Corsi in camera e mi fiondai sul letto, dove immediatamente crollai sopraffatta.
P.S.
Le parti che seguono le posterò solo su richiesta e in privato, a meno che ci siano un numero importante di likes (almeno 10). In questo caso proseguirei a postarli in pubblico.
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poesiablog60 · 8 months ago
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Buongiorno...
Ecco – mi dissi – questo preciso attimo, è gioia.
Il silenzio là fuori era così dolce che mi pareva di sentirne il canto;
da qualche parte avevo letto che tutto è armonia se solo riusciamo a sentirla,
così rimasi in ascolto ed ebbi cura di muovermi, senza spostarlo.
Il Silenzio.
Anna Marchesini
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bicheco · 7 months ago
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Vi ho mai raccontato di quella volta che mi iscrissi a un corso di coreano ma non perché fossi interessato al coreano ma solo perché si era iscritta una ragazza che mi piaceva molto e volevo conoscerla e insomma giorno dopo giorno, lezione dopo lezione mi innamorai ma non della ragazza, del coreano e in breve tempo diventai il primo della classe, diventai così bravo che poi sono finito in Corea dove tenevo i rapporti tra l'Italia e il dittatore dell'epoca e lui mi portava in palmo di mano anche perché gli facevo una carbonara con panna e cipolla che lui adorava e insomma rimasi in Corea cinque anni fino a quando lui mi chiese di strangolare sua moglie e a quel punto sono scappato e adesso sono qui.
Ve l'ho mai raccontato? No?!
Un giorno lo farò.
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cutulisci · 1 year ago
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“I nazisti sbatterono fuori le pecore da una stalla e fecero entrare noi. Mamma mi nascose in una nicchia dietro la porta. ‘Non ti muovere per niente al mondo’, mi disse. Le scaricarono un mitra addosso. Era ferita alla testa ma trovò la forza per scagliare uno zoccolo verso un soldato che stava per scoprirmi. Morì. Morirono tutti. Poi aprirono i lanciafiamme sulla paglia e sui cadaveri e ci diedero fuoco.
Mi tirarono fuori da lì bruciato e vivo per caso.
All’ospedale dissero che non c’era più niente da fare, avevo ustioni di terzo grado e i polmoni scoperti. Allora zia Lola mi portò in un convento di suore di Marina di Pietrasanta e ci rimasi più di un anno. Mi mettevano al sole per curarmi le piaghe e facevano di tutto per tenermi le mosche lontane. Un giorno del 1945 bussarono alla porta. Era il mio babbo, un alpino finito prigioniero in Russia, di cui non sapevamo più niente. In mezzo a tanto dolore, fu bellissimo.
Se mamma avesse una tomba tutta sua io e papà accanto al nome avremmo messo questa foto. Invece quando riesumarono i resti dalla grande fossa comune dove i tedeschi avevano ammassato le vittime di Sant’Anna di Stazzema, trovarla in quel macello di ossa bruciate fu impossibile. Ci provai anche io, che allora avevo solo 10 anni, ma fu inutile.
A Sant’Anna dal 1945 ci torno due volte all’anno, il 2 novembre e il 12 agosto. Non smisi nemmeno quando nacquero i miei figli. Me li caricavo sulle spalle e con mia moglie prendevo la mulattiera che quel giorno del 1943 percorsi con la mamma. Oggi ci porto i ragazzi delle scuole.”
- La storia raccontata al Corriere di Mario Marsili, uno dei pochi superstiti ancora in vita di una delle peggiori stragi della Seconda guerra mondiale, quella di Sant’Anna di Stazzema, avvenuta il #12agosto 1944.
560 civili uccisi, di cui solo 393 identificati.
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al-sapore-di-sigarette · 8 days ago
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"Rimasi a guardare il mio fiato che diventava vapore, e conclusi che doveva essere la prova che dentro ero ancora vivo."
Demon Copperhead — Barbara Kingsolver
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fioredialabastro · 5 months ago
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Amare per sempre
Questi giorni convulsi e ventosi hanno rischiato di mandare nuovamente in subbuglio i miei fragili equilibri faticosamente conquistati. "Non sei una donna da amare per sempre", sussurrò l'altro ieri una voce maligna e menzognera dalle ferite ancora fresche, inerpicandosi come un'edera velenosa e infestante sulle pareti della mia mente agitata. "È già la terza volta che un uomo, sia in amore che in amicizia, conquista la tua fiducia, dimostra di volerti bene e poi, dal nulla, senza spiegazioni logiche, cambia natura, ti umilia, ti allontana. Fossi in te, mi farei qualche domanda; tu spaventi: leggi le anime altrui con estrema naturalezza e facilità, mettendo in luce elementi che loro non avevano notato, o meglio, non volevano far emergere; sei terribilmente scomoda, una spina nel fianco, soprattutto perché quella instancabile attività di introspezione la metti in opera innanzitutto in te stessa, poi in ogni situazione che ti circonda, diventando praticamente insostenibile. Inoltre, non potendo fare affidamento su una bellezza estetica impattante, tu seduci con la mente e con l'anima, ma con un'intensità tale da atterrire e assopire ogni desiderio virile. Insomma, non sei una donna da amare per sempre: gli uomini ti stimano, ti ammirano, al massimo ti scelgono come amica fidata, ma alla fine ti lasciano sola e corrono sempre tra le braccia di un'altra, evidentemente più semplice da tollerare." Rimasi in silenzio, osservando il vento che strattonava la mia chioma e quelle dei tigli e delle betulle dinanzi a me: "È incredibile come il male riesca a mentire pur mostrandoti la verità", sussurrai flebilmente. Improvvisamente, scossi il capo, come se mi fossi destata da un sortilegio; osservai il cielo annuvolato e m'inondai d'avorio, gli occhi bacini di lacrime ricolme di gratitudine. "Sì, Dio mi ha creata insostenibile, come il peso delle montagne; eppure, anche se solo Lui è in grado di sollevarle e alleggerirle, tra gli uomini c'è sempre chi è capace di amarle e scalarle!" Esclamai, squarciando con la lama i rami soffocanti del funesto rampicante; poi mi misi a correre controvento, ridendo come una menade in preda alla follia, pensando ai miei affetti più cari, che ogni giorno scelgono di starmi accanto e condividono il cammino, rendendo speciale ogni passo, alla cagnolina della vicina disposta a prendersi la pioggia pur di coccolarmi appena giunta a casa, alle civette impavide ululanti sopra i tetti prima che sopraggiungano le tenebre, ma soprattutto al fatto che sono una donna che ama per sempre, e questo mi basta.
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ilragazzodallemanifredde · 7 days ago
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C’era un muro tra di noi, invisibile eppure insormontabile. Potevo percepirlo nella distanza del suo sguardo, che sembrava viaggiare in un'altra realtà, un mondo al quale io non appartenevo. E io rimasi lì, sospeso, incapace di spezzare quel fragile equilibrio tra il desiderio di avvicinarmi e la certezza di non poterla mai raggiungere davvero.
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kon-igi · 1 year ago
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VITTIMA DEL MATRIARCATO
Dovevano essere i primi anni ottanta e credo di essere stato in quinta elementare o al massimo in prima media, quando un pomeriggio di Agosto in spiaggia a Viareggio mentre tra amici guardavamo una partita di calcetto tra nuvole di sabbia, qualcuno vicino a me indicò una ragazza in bikini bianco, di uno o due anni più grande di noi e mi chiese a bruciapelo 'Quella lì te la tromberesti?'.
Io rimasi un po' spiazzato dalla domanda ma visto che si trattava di una risposta per forza dicotomica e comunque dell'argomento sapevo giusto giusto le basi teoriche, ovviamente risposi di sì.
Il tipo (che non era proprio un amico ma piuttosto una di quelle conoscenze estive estemporanee) sghignazzò e in men che non si dica si avvicinò alla suddetta ragazzina e indicandomi le disse qualcosa a bassa voce.
Dobbiamo dire che allora (come ora) io per le cose mondane non ero certo il più sveglio della cucciolata e quindi non riuscii a collegare quanto avevo detto al tipo poco prima con l'espressione furiosa e sconvolta della ragazza, che con le lacrime agli occhi corse verso il gruppo dei genitori sotto gli ombrelloni, tra cui c'era anche mia madre.
Dovevano essere le tre del pomeriggio ma io posso ancora ricordare che a un certo punto era sera (c'era la mezza luna in cielo) e mia madre non smetteva ancora di urlarmi contro PER LA COSA SCHIFOSA CHE AVEVO DETTO A QUELLA RAGAZZA E CHE MI DOVEVO VERGOGNARE PERCHÉ LEI DI SICURO DI VERGOGNAVA DI AVERE UN FIGLIO COSÌ.
Quando mio padre rientrò a casa ricominciò tutto da capo ma in stereo, con lui a braccia conserte che scuoteva la testa e mi diceva che ERO STATO UNA GROSSA DELUSIONE E CHE QUELLA RAGAZZA AVREBBE SOFFERTO MENO SE LE AVESSI DATO UN PUGNO NELLO STOMACO.
La cosa strana è che non provai nemmeno a difendermi spiegando che in realtà non le avevo detto proprio nulla... ho accettato il fatto di essere stato beccato mentre ballavo il tip tap in un campo minato e il giorno dopo continuai a fare quello che facevo fino al giorno prima ma diffidando di più della gente che faceva le domande stupide.
Vedete, il fatto è che io sono stato cresciuto in un ambiente familiare davvero molto aperto e inclusivo, dove c'era poco spazio per il giudizio frettoloso verso il diverso, il fragile e l'emarginato, quindi quell'episodio più che ingiusto mi parve strano... davvero c'era gente che andava in giro a dire alle donne che le voleva trombare? Ma dov'erano i genitori di queste persone?
E più tardi capii che erano proprio loro a dire queste cose e i figli semplicemente imparavano.
E ne ho conosciuto davvero tanti di figli così (che, per inciso, sono i genitori di oggi da cui altri figli imparano) e a volte non c'è nemmeno stata una responsabilità genitoriale diretta nell'aver insegnato loro certi comportamenti... a volte basta non dare peso, sorridere a certe battute e derubricare certi comportamenti a scherzi presi troppo sul serio.
Perché poi, alla fine, è sempre questione di saper stare allo scherzo, no?
E fatevela 'na bella risata invece di stare sempre a pensare a cose macabre tipo che una donna viene uccisa ogni quattro giorni!
No?
No.
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schizografia · 25 days ago
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L’elettroshock, signor Latremoliere, mi riduce alla disperazione, porta via la mia memoria, annichilisce la mia mente e il mio cuore, mi trasforma in qualcuno che è assente e che sa di essere assente, e si vede per settimane inseguire il suo essere, come un uomo morto a fianco di uno vivo che non è più se stesso, ma che insiste che l’uomo morto sia presente anche se non può più rientrare in esso. Dopo l’ultima serie rimasi per tutti i mesi di agosto e settembre assolutamente incapace di lavorare e pensare, percependo di essere vivo.
Antonin Artaud, Lettera a Jacques Latremoliere
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mostro-rotto · 3 months ago
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Rimasi immobile su quella sedia, in quel bar ormai troppo vuoto, a osservare la tua schiena farsi sempre più distante a ogni passo. Con tutta la forza che avevo, trattenni le lacrime, immaginando mille volte di allungare la mano e afferrare il tuo braccio, di fermarti, di dirti tutto ciò che sentivo. Ma alla fine, sapevo che sarebbe stato inutile. Amare significa anche saper lasciare andare ciò che si ama, e se la tua felicità era lontana da me… allora non potevo fare altro che lasciarti andare.
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miciagalattica · 28 days ago
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Un sogno che sembrava troppo reale
Valgono le stesse avvertenze descritte nella parte prima.
Giacevo nel letto invasa da pensieri confusi che mi giravano nella mente. Ero profondamente turbata dalla mia reazione con quel cane e mi sentivo terribilmente colpevole, piena di vergogna. "Come ho potuto lasciarlo farlo andare così lontano... c’era quasi..." I miei pensieri si spensero e scivolai in un sonno profondo. La mattina mi svegliai sentendomi bene. Alla luce del giorno, gli eventi della notte passata sembravano molto più gestibili. Ha dato la colpa di tutto allo scotch: "Non dovrei bere da sola, mi fa sempre arrapare troppo".  Sorrisi andai in cucina, indossando solo una maglietta sottile. Non ci ho pensato due volte, almeno consciamente. Guardando indietro, in seguito mi resi conto che stavo deliberatamente ma innegabilmente sfidando il destino, giocando con il fuoco, il suo stesso fuoco! Iniziai a preparare la colazione pensando a Dicky, scacciai i pensieri che mi riportavano alla notte precedente e gli preparai il suo cibo. Dicky lo divorò in un attimo, bevve l’acqua e si sdraiò, mentre stavo affaccendata ad apparecchiare la tavola me lo sono sentito dietro di me, mi voltai per affrontarlo e lo rimproverai a muso duro. Dicky mi guardò confuso , con i suoi grandi occhi da cucciolo, mi smontò immediatamente e gli dissi che doveva essere cortese con me. Mentre gli parlavo mise le sue zampe su di me e iniziò a scodinzolare, iniziai a indietreggiare e vidi la sua prominente mascolinità fuoriuscire e sentii tutta la sua forza mentre mi spingeva verso il soggiorno. Un brivido attraversò la mia mente. Era indissolubilmente attratto da me. Mi sentivo molto agitata perché non era quello che volevo io. Il cane continuava a spingermi fino a quando sentii dietro di me il divano, mi sedetti, e appoggiai la schiena contro il divano e spinsi le gambe in avanti, questo produsse anche un innalzamento del mio inguine.
Dicky si fece avanti, sentii la parte superiore del corpo che premeva contro il mio seno sotto la maglietta. Sentì i miei capezzoli indurirsi. Tutto ciò era spaventoso e allo stesso tempo stimolante. Sentii la sua pelliccia contro le mie gambe nude, e fui sorpresa dalla sensazione improvvisa e insistente del suo cazzo eretto, che spingeva verso di me. Fui consapevole delle circostanze, e dello stato di eccitazione dell’animale. Tutto era così spaventoso e allo stesso tempo stimolante. Assolutamente non dovevo farlo. Fui presa completamente dal panico , sentii sfiorarmi i peli pubici e andai fuori di testa. Non so dove trovai la forza di spingerlo via e corsi di filata in camera e chiusi la porta dietro di me. Provai una profonda vergogna, giacevo tremante e confusa pensando a quello che era appena successo . Questa volta non potevo incolpare l’alcol e mi chiesi che cosa non andasse in me. Come avevo permesso che si giungesse a quel punto, l’accaduto era terribile da contemplare. Mi sentivo tutta scossa e allo stesso tempo eccitata, mi sentivo fracida, infilai una mano tra le gambe e mi accarezzai fino a raggiungere l’orgasmo.
Rimasi a letto sconvolta, confusa e molto arrabbiata con me stessa per la mia eccitazione. Ero arrabbiata con Dicky, arrabbiata con mia cugina che me lo aveva lasciato. Il pensiero che sarei stata sola con Lui ancora per due settimana mi lacerava. Uscii frettolosamente da casa, trascorsi la giornata in uno stato di confusione mentale, imbarazzo e vergogna. Ogni volta che ci pensavo mi veniva la nausea. Era tutto cosi vergognoso e proibito. Ogni volta che ci pensavo mi sentivo anche eccitata e questo mi faceva sentire peggio. Avevo paura di tornare a casa sapendo che il cane mi avrebbe aspettata. Non potevo lasciarlo solo dovevo necessariamente ritornare. Avevo paura di aprire la porta. Dicky era lì, scodinzolando, felice di vedermi. Iniziai a preparare la cena e disponendo cibo e acqua per Dicky nella sua ciotola. Per tutto il tempo, gli occhi di Dicky mi seguirono. Di tanto in tanto, lo guardavo nervosamente con la coda dell'occhio sentendomi molto imbarazzata, anche perché riuscivo a intravvedere il suo cazzo , il ricordo si fece strada nella mia mente, quell'oggetto affilato, duro e umido che mi scivolava lungo la gamba... la mia gamba nuda. La forza di Dicky mentre cercava di farsi strada verso di me. Tremai involontariamente, ma non riuscii a distogliere lo sguardo. Mi versai uno scotch, forse più di un po', e andai in camera a cambiarmi. Mi misi comoda indossando una tuta. Niente carne nuda per confondere Dicky stasera. Non riuscivo a togliermi  dalla mente il pensiero del suo cazzo rosa.
Il post con le figure mi è stato bannato per una segnalazione di qualche codarda. Non era tenuta a vederlo, l'ho avevo scritto nelle avvertenze. Ci riprovo. Se mi dovessero bannare ancora chiedetemi la seconda parte in pvt.
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principessa-6 · 3 months ago
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"La storia non è mia, ma fa riflettere!"
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Ragazzi, circa 6 mesi fa, il mio vicino, mi ha chiesto la password per Internet. Sono passato e ho pensato: va bene, non costa niente, perché con lui mi trovo bene.
Ieri stavo tornando a casa e lui era al cancello. Ci siamo fermati e abbiamo parlato un pò come al solito, poi mi ha detto tutto contento di aver messo Netflix.
Allora ho detto scherzosamente: "Ho lavorato tanto, ho appena tempo per guardare la TV, ma va bene, allora prestami la password, così posso guardare qualche serie".
Allora la moglie, seduta sotto il portico, disse: "Non si può, perché sono io che pago e non è per andare in giro a distribuirlo". Regnava il silenzio totale!! Lui, imbarazzato, si è scusato e io ho detto di lasciar perdere e sono andato a casa mia.
Poco dopo, la moglie del mio vicino è venuta a chiamarlo, sembrava nervosa, dicendo che la tv non funzionava. Entrò e io rimasi lì a guardare fuori dalla finestra. Dopo qualche minuto lui e la moglie se ne sono andati e sono venuti a chiamarmi dicendomi che la rete non funzionava, che non entrava la password...
Mi sono rivolto a loro e ho detto: "Ho cambiato la password, perché pago io e non è per andare in giro a distribuirla". La moglie arrossì e cercò di ribattere, io subito dissi: "Signora, facciamo così, io tengo internet e lei ha il suo Netflix e va tutto bene e non si arrabbia nessuno.
Sono entrati con una brutta faccia, hanno sbattuto il cancello e non mi hanno più rivolto la parola!
Tutto deve essere reciproco. Amicizia, amore, considerazione, condivisione...
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angelap3 · 10 months ago
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Tanti auguri di buon compleanno a Fiorella Mannoia che oggi compie 70 anni🎂
"È stato un incontro devastante. Ho sentito per la prima volta a 16 anni Tutti morimmo a stento e rimasi folgorata, mi fece entrare nell'età adulta. De Andrè mi ha cambiato la vita, mi ha mostrato l'altra faccia della medaglia che io non conoscevo. Con lui ho scoperto che esistevano i diseredati, gli esclusi, la droga e le prostitute. Tutto quello che c'è dall'altra parte della luna. Mi ha insegnato che tutti possiamo sbagliare nella vita. Possiamo essere Bocca di rosa e Marinella. Non dobbiamo metterci sul pulpito e giudicare nessuno. È stato un maestro "
Fiorella Mannoia
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gregor-samsung · 3 months ago
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" Restammo ancora a guardarci, io ben convinto a non porre per primo nessunissima domanda. Finché: «Io sono la zia» si decise riducendo la voce. «Lui dice che sono soltanto una cugina, ma in effetti sarei come e più di una zia, perché chi ha accudita la sua povera mamma fino all’ultimo se non io? Per sua fortuna è mancata prima di dover soffrire il peggio. Poi tutto è stato così difficile, nessuno potrà mai averne idea. Fino al giorno della disgrazia lo conoscevo poco, lui. Sempre stato in giro per il mondo, collegi accademia caserme. Ma da allora ho dovuto occuparmene io, si vede che così comandava il destino in Cielo. E sono ormai nove anni, sa?» Finii il caffè, rimasi con il bicchiere in mano. Il vetro era ancora fresco. «Nove anni» riprese in cantilena, quella sua voce sempre più sottile, «oggi è niente, ma in principio: oh, non voglio neanche ricordarlo il principio. Un giovane come lui, perdere gli occhi e una mano. Così: solo perché Nostro Signore non vuole nessuno contento a questo mondo. Alle manovre, giocando con una bomba. Dico giocando perché cosa sono poi queste manovre al giorno d’oggi?
Dia a me quel bicchiere.» «Il mio comandante mi ha spiegato» dissi. Per darmi un tono fissavo le mattonelle del pavimento. Ogni quattro formavano un disegno azzurro, una specie di arzigogolato fiore su fondo bianco. Dalle tende trasparenti alla finestra la luce si posava su quei fiori a raggera rilevandone l’esilità. «Un uomo come lui» seguitava adagio via via raggrinzendo e distendendo le rughe del volto. «Anche abbastanza ricco, sì. Lui ricco, mica io. Lo straccio d’una pensione di vedova, io. Ma lui: ricco. Neanche quarant’anni. Sano come un leone. E solo al mondo.» Schiacciai accuratamente la cicca nel piattino che mi aveva offerto come posacenere. «Gli stia ben dietro in questi giorni, mi raccomando» disse ancora. «Non deve mai lasciarlo solo. Lo sa, vero? E abbia pazienza, figlio mio, tanta santa pazienza. Non lo contraddica, non discuta per carità, gli dia sempre ragione, che lui parli o straparli. L’unica salvezza è rispondergli sempre sì. Sì e sissignore. Capito?» «Certo, signora.» "
Giovanni Arpino, Il buio e il miele, Baldini & Castoldi (collana Romanzi e Racconti, n° 5), 1993 [Edizione originale: 1969]; pp. 10-11.
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