#reflex 24x36
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Topcon reflex 24x36 .
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Twistees by Gwenael Piaser Via Flickr: Gozo Malta, December 2020 Contax S2 45mm Tessar LomoChrome Metropolis
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Templi, Santuari, Cappelle e capitelli della Fotografia: 2.
Casa dei Tre Oci a Venezia, "Esposizione" di WillY Ronis
di Carlo Maccà
--- Santuari della Fotografia: non mete costanti di folti pellegrinaggi di fedeli, come il Santo di Padova; né occasionali come certe mostre d' arte che richiamano frotte su frotte di innocenti membri di generazioni in via di estinzione o di nocenti quanto distratti studenti in gita scolastica, frotte alquanto ingombranti per gli intimamente devoti di fedi religiose o artistiche. Provato a seguire una messa domenicale al Santo in mezzo ai girovaganti pellegrini? o a vedere Van Gogh alla Basilica Palladiana di Vicenza in un fine settimana? [Nota 1]. Per fortuna i veri santuari della fotografia sono visitati da piccolissimi gruppi, coppie o singole persone, consapevoli e (più o meno) informati, che si comportano da veri devoti, talvolta incuranti di difficoltà d'ogni genere, disposti a salire scalzi e in ginocchio gli scalini della Scala Santa. Come ad affrontare almeno due volte l'anno con qualsiasi tempo, indifferenti alle proprie condizioni fisiche, la lunga traversata della laguna da Piazzale Roma o dalla stazione ferroviaria fino alla Casa dei Tre Oci nell'Isola della Giudecca. Traversata che oltretutto costa il doppio dell'ingresso alla mostra. Dove attualmente e fino al 6 gennaio 2019, c'è Willy Ronis, Fotografie 1934-1998.
Non consumerò righe per inquadrare la fotografia di Willy Ronis (1910-2009), dopo tutte le volte che in fotopadova.org si è parlato di fotografia umanista, soprattutto di quella originaria, la Photographie Humaniste francese. Difficile che un appassionato di questa "arte" non conservi nella memoria immagini come Il nudo provenzale, o Vincent aeromodellista o Le cavallerizze dello Zoo Circus Zavatta, o la passeggiata dei pinguini durante L'intervallo al Circo Pinder, oppure Una domenica al Louvre. anche se non ne ricorda l'autore (che da noi non ha avuto, come avrebbe meritato, pubblicità pari a Cartier Bresson o Doisneau).
Una presentazione del fotografo e della mostra, (al di là dei soliti arrangiamenti incompetenti, se non addirittura disinformativi, di comunicati stampa) basata su un'intervista al curatore della mostra sorella francese del 2017 dalla quale provengono le stampe presentate a Venezia, si può trovare in rete]. Il Direttore Artistico della Casa dei Tre Oci , Denis Curti, attribuisce a Ronis anche la qualifica di anticipatore della fotografia di strada, ma è riduttiva e gli va molto, ma molto stretta. Immagini che, con un loro particolare "réalisme poétique", rappresentano Parigi sono state ovviamente riprese anche in istrada; quelle a Venezia, in calli e fondamente. Tanto varrebbe chiamare fotografi di strada i due umanisti citati sopra. o, come è sembra diventato chic, associare alla photo humaniste Henry Lartigue, alto-borghese nella vita e nei soggetti, fra cui elegantissime demi-mondaines a passeggio o in carrozza nei viali del Bois-de-Boulogne: pure lui fotografo di strada? Se è vero che Ronis fu "protagonista della corrente umanista francese" che "dimostrava il suo interesse verso la condizione umana e la quotidianità più semplice e umile" non lo fu certo "insieme a maestri quali ...Jacques-Henri Lartigue" il quale di quotidianità più semplice e umile non interessava neppure quella della servitù di casa.
E’ un reato contro la buona fede dei visitatori e la cultura fotografica) che comunicati stampa e notiziari vari diffondano e riprendano informazioni peregrine. A proposito dei Tre Oci si trova detto "immagini vintage (tutte stampate da lui in persona)". La madre di tutte le retrospettive, quella di Parigi del 2010, dalla quale provengono le stampe presenti a Venezia, fu concepita da Ronis stesso negli ultimi anni di vita, ma poté essere presentata soltanto l'anno successivo alla sua morte. La freschezza degli ingrandimenti in mostra non dà l'idea di vintage, per lo meno in senso stretto, e d'altronde non è credibile che siano stati tardivamente realizzati da una persona vicina ai cent'anni. E infatti la mostra francese del 2017 specificava "stampate personalmente o sotto il suo diretto controllo".
Subito dopo si trova scritto: "tra cui una decina inedite dedicate a Venezia (scoperta e immortalata con la sua Rolleiflex in un viaggio nel 1938)". Ma le immagini veneziane esposte, non più di una diecina, sono quasi tutte note, alcune famose, come quella della bambina (La petite fille de Venise) che cammina in precario equilibrio su una stretta passerella appoggiata alla massicciata delle Fondamente Nove, pubblicata perfino sulla copertina d'una importante monografia. Se poi è vero che il primo incontro di Ronis con Venezia avvenne nel 1938, fu durante una breve tappa d'una crociera in cui lavorava come foto-ricordografo per i turisti imbarcati. Gli ingrandimenti veneziani sono tratti da scatti del 1959, durante una frenetica incursione patrocinata da Romeo Martinez [Nota 2] nel corso di un'escursione in Italia assieme alla moglie.
Le reali stampe vintage mai viste prima sono piuttosto i provini a contatto di suoi scatti veneziani, esposti insieme ad altra documentazione - lettere, libri, riviste ed altro - in bacheche orizzontali. I formati dei negativi sono il 6x6 (circa) della Rollei e il 24x36 della Leica (ma per il formato minore a Venezia usava, a quel che risulta dal suo commento ad una delle immagini, il modello a ottica intercambiabile dell'originale reflex francese Foca). "Furono sei giorni meravigliosi! Io e Marie Anne abbiamo vissuto in un'altra dimensione" dice in una lettera inviata ad un amico alla fine del viaggio, nella quale evoca anche una serata di fronte al Canal Grande assieme, fra gli altri, a Romeo Martinez e alla coppia Berengo Gardin.
Quei provini dicono molto sulla sua maniera di inquadrare allo scatto, selezionare e riquadrare per la stampa, soprattutto quelli nel formato minore, disposti nella sequenza delle strisce originali (mente i 6x6 sono ritagliati uno ad uno, senza gli "scarti"). Quei provini, assieme agli ingrandimenti, il cui formato permette di studiare le foto molto più "da vicino" che le stampe tipografiche, anche le migliori, e alle parole dell'Autore accostate ad alcune delle immagini più significative, costituiscono una vera lezione di fotografia. In effetti Ronis ha svolto anche un'intensa e proficua attività didattica con articoli, volumetti e scritti vari, lezioni, workshop, corsi d'insegnamento anche accademici, e infine nei contatti personali. Anche Gianni Berengo Gardin, in un suo intervento nel filmato con cui il Direttore Artistico della Casa dei Tre Oci , Denis Curti, presenta l'autore e la mostra, parla di Willy Ronis come d'un amico-e-maestro. Le didascalie spiegano come il Maestro ottenesse la perfezione formale che s'impone nelle sue opere: la maestria nella composizione; il perfetto equilibrio fra le parti significative (che definirei, piuttosto che il momento decisivo, l'istante magico in cui tutto va al suo posto, tout se tient); l'accordo in stampa fra ombre e luci, fra neri e bianchi.
Nella didascalia d'una delle foto scattate in Fondamente Nove (Giovani madri, Venezia, Fondamenta Nuove) Ronis fa una cronaca puntuale del come ("28 mm, f:16, quasi certamente, 1/50"), del quando e del perché: praticamente un'esegesi con finalità didattica. L'ingrandimento rivela, diversamente dalle frequenti riproduzioni tipografiche, che nulla nell'immagine è perfettamente nitido (forse 1/50 non era sufficiente, o non era nemmeno). Ma ciò insegna a chi, come noi, �� fiero di poter congelare con i nostri sensori supersensibili e super-definiti tutto ciò che si inquadra a partire dal proprio naso fino all'infinito, che certe pretese di perfezione tecnica possono diventare insignificanti: provate a immaginare l'immagine di cui sopra a 1/1000. Si può perdonare a Ronis, inesperto di laguna, l'aver denominato cimitero "di Murano" quella che è l'isola di San Michele (che, sempre nell'immagine suddetta, si vede sfuocatella sullo sfondo).
Quello a cui non si può passar sopra è il tradimento dell'intenzione dell'autore operato nella traduzione d'una delle citazioni più significative in un altro dei cartelloni. Nel testo inglese, certamente più fedele all'originale francese, Ronis dice che essere un bravo fotografo vuol dire avere fiuto e riflessi: fiuto per prevedere quello che ruò succedere e "the reflex to shoot exactly at the right moment", i riflessi per scattare esattamente al momento giusto (il momento magico di cui sopra, che oltre alla rapidità esige coordinazione mentale); mentre il traduttore italiano gli fa dire "i riflessi per scattare all'improvviso".
Tutto qui!. Ci voleva tanto a fare una traduzione letterale? Per concludere il tema del Santuario: la Casa dei Tre Oci non è solo fotografia. Anche per un tifoso in visita al Santuario dedicato alla preferita fra le tante Madonne in reciproca concorrenza è lecito, e talvolta doveroso, sostare in una cappelletta appartata per porgere una giaculatoria ad un piccolo Santo locale. Qui alcune salette defilate ospitavano fino all'11 novembre Fabio Visintin, Farfalle Marsilio,Vent'anni di illustrazioni. In particolare veniva documentata la collaborazione del grafico veneziano coll'editore pure veneziano per le copertine della collana di narrativa Farfalle.
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Nota 1. Mostra che assieme a 4-5 lavori ad olio della maturità presentava un'importante selezione di opere del periodo di formazione raramente documentate, che si sarebbero dovute meditare con tranquillità.
Nota 2. Romeo Martinez (1911-1990), dal 1953 al 1964 direttore della famosa e autorevole rivista Camera, dal '57 al '65 diresse anche la Biennale Internazionale di Fotografia di Venezia. Nell'edizione del 1957 Ronis fu il vincitore della medaglia d'oro.
Non esiste catalogo dalla mostra. Le monografie in vendita all'ingresso riguardano temi specifici dell'opera di Ronis, oppure hanno immagini di dimensioni insignificanti. Meriterebbe di essere ristampata la bella monografia edita da Taschen nel 2005 e curata dall'ottimo esperto Jean-Claude Gautrand, che ora si può acquistare soltanto in rete, usata e a prezzi al minimo tripli rispetto a quello di copertina. Interessante anche Fotocrazia di Michele Smargiassi dell'1 ottobre c.a., soprattutto per il commento di Claudio Marcozzi che con Ronis fu in rapporto di amicizia.
Chi ritiene utile, qualunque sia il proprio livello d'esperienza, prendere Lezioni di Fotografia da Willy Ronis, può farlo con Le regole del caso, uscito nel 2011 col titolo Derrière l'objectif de Willy Ronis, traduzione italiana del 2011, ristampata nel 2017. Molte delle immagini iconiche (che includono 4 delle presunte "inedite veneziane") sono confrontate colle sequenze di scatti da cui è sortito il risultato.
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Qui dit janvier, dit première interview de l’année ! Et nous sommes heureux de vous présenter Claude Vergoz, photographe et auteur du Tumblr Humeur des jours, dans lequel il nous présente des images inspirées et poétiques. C’est à son tour de se prêter au jeu des questions-réponses avec notre équipe, et de nous dévoiler les dessous de son univers artistique.
Tumblr – Pouvez-vous vous présenter rapidement à nos lecteurs ?
Claude – Je m’appelle Claude, je vis dans une petite ville de Haute-Savoie, tout près du Géoparc mondial du Massif des Bauges. C’est un peu mon terrain de jeu photographique privilégié. Retraité, je garde une petite activité professionnelle. Je pratique le vélo, un bon moyen pour glaner de belles images, je travaille le bois, j’écoute de la musique, je lis, j’écris parfois. Une vie somme toute plutôt simple. J’oubliais, je regarde beaucoup !
T – D'où vient votre passion pour la photographie ?
C – J’ai commencé à photographier très jeune, je devais avoir six ans, avec un appareil en plastique et une pellicule par mois. Mon père était cinéaste amateur, passionné par la technique. Mon grand-père avait un folding et photographiait la famille... J’ai eu ensuite un Browie Starlett avec un flash, puis un Instamatic, puis enfin un 24x36 Foca Sport. J’ai ensuite découvert en même temps le poète St John Perse et le photographe Lucien Clergue. La photo n’était plus l’inscription de la réalité, mais devenait l’invention de celle-ci. Je crois que c’est vers seize ans que j’ai fait mes vraies premières photos, sur les poèmes d’un ami. Pour moi, la photographie (je préfère le mot image) est un moyen de rendre compte non de la réalité, mais de ce que je ressens de celle-ci. Si la photo, comme technique (surtout en digital) est dans l’immédiateté, l’image, elle, est une construction, presque une écriture, de longue haleine : il m’arrive de ressortir une vielle photo, parce qu’elle correspond à l’image que j’ai en tête. Pour le dire autrement, l’image naît de la rencontre entre une photo et un état intérieur. Techniquement, j’utilise le plus souvent un reflex APSC et un 35mm. Je travaille aussi avec un compact, idéal quand je marche en montagne, ou que je suis en vélo. Plus rarement, un smartphone, généralement quand je suis loin de la maison et sans accès internet. Sur mon téléphone, j’aime beaucoup bidouiller, en particulier avec Distressed FX (si je peux le citer).
T – Parlez-nous de votre blog. Qu'est-ce qui vous inspire ?
C – Mon Tumblr, L’humeur des jours, a d’abord été une sorte de carnet de croquis. Au fil du temps, les images que j’y présente sont plus achevées, mon travail est plus construit, et s’inscrit dans un projet plus vaste. Mon inspiration vient principalement de la nature ou de sa destruction, du rythme des saisons, de la forme des arbres, de l’eau des rivières... Les paysages urbains ou industriels peuvent aussi m’inspirer (je pense aux post-industriel landscapes que j’ai publiés sur Tumblr l’an dernier), et puis également la photo de rue, mais pour le moment, je ne montre pas trop mes images. Ce blog, cependant, reste comme le carnet de croquis de mes états intérieurs à un moment donné. Je n’y publie que mes propres images, mais il m’arrive parfois de signaler un blog pour sa qualité et l’honnêteté de sa démarche.
T – Quel a été le déclic pour créer ce blog et pourquoi avoir choisi Tumblr ?
C – J’ai créé ce blog il y a un peu plus de quatre ans. Le déclic a été une période difficile de ma vie, peu avant de cesser mon activité professionnelle. Je me suis mis à prendre des photos, compulsivement presque, et à en faire des images, très rapidement. Mais si elles restaient sur mon écran, cela n’avait pas de sens, et je sentais le besoin de les montrer. Tumblr, j’ai découvert par hasard, je ne sais plus comment. J’ai tout de suite été séduit à la fois par la qualité et la variété des contenus (en particulier photographiques et textuels), la simplicité de l’outil qui laissait totalement libre (ou presque) des choix techniques et permettait aussi de combiner facilement image et texte, et la très grande liberté de ton que j’y trouvais. Aujourd’hui encore, pour moi, Tumblr reste certainement le meilleur support possible pour un blog photographique. Et très vite, il y a eu des rencontres, souvent belles, qui persistent malgré le temps. Je pense au premier coup de cœur avec émotion, il est venu à point pour éviter le découragement. Pour le reste, ��a s’est enchaîné.
T – Quels sont vos trois Tumblrs préférés et pourquoi ?
C – Voilà une question terrible ! J’aime beaucoup de blogs, essentiellement photographiques ou textuels. Je reste très attaché à certains, car outre une grande qualité photographique, ils sont aussi le reflet de belles personnes. Mais puisque je ne dois en citer que trois, je dirais @i-bl, que je suis depuis très longtemps. J’aime la variété des textes, et surtout ce mélange de violence et d’humour décalé. Je parlerais ensuite de @koimismenos, du noir et blanc le plus souvent, avec un reste de couleur, pour ce que ses images disent de l’impermanence des choses et du halo de rêve qui les entourent. Pour finir, une découverte récente, j’ai été attiré par l’intitulé, @zero-likes, des photos qui valent par l’équilibre des couleurs, et la solidité de la construction. Il y en aurait bien d’autres, mais bon !
T – Merci beaucoup, Claude, et bonne année 2018 !
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Ma première photo argentique 🎞 depuis près de 20 ans après avoir arrêté et être passé à la photographie numérique. Réalisée avec un reflex 24x36 Canon A1 que m’a donné un ami. Sur ce cliché, j’ai essayé la surimpression à la prise de vue, avec le levier spécifique du A1, pour commencer par le plus compliqué 😀 Objectif: 35 105 f3.5 - Film: Kodak Gold 200 (périmé depuis plusieurs années) C’est vrai qu’elle revient à la mode si on peut dire, entrant dans un mouvement vintage global (disques vinyles, appareil photo et enceintes au look rétro ...) Mais je pense que dans le cas de la photographie argentique, c’est un besoin de ralentir, de faire de la photo réfléchie et non compulsive. Et en même temps le plaisir de l’attente pour découvrir ses photos, et éventuellement le plaisir du laboratoire. En tout cas ce sont mes motivations principales Et puis j’ai retrouvé le grain du film, inimitable en numérique car en 3D et non en 2D Bref, je vois reparlerai très certainement de photo argentique, sur le blog Faire de la Photo et la chaîne YouTube Est-ce que vous avez déjà pratiqué la photographie argentique par le passé ? Ou vous vous y êtes remis ? Ou vous venez de découvrir ? https://www.instagram.com/p/B2Z3a3DoJ3-/?igshid=6imxq3vxw0jd
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Test Nikon D6 : une évolution en douceur pour ce reflex 24x36 professionnel blindé
http://dlvr.it/RfJ7jW
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Appareils présentés a la Photokina 1974 reflex 24x36.
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* by Gwenael Piaser Via Flickr: Egypt January 2018
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Konica Auto-Reflex: full frame and half frame, the lever on the top of the camera controls switching from Full/Half frame. There are two curtains that mask/change the exposure on the film from 24x36 to 24x18 (mm). You can change from full to half, and back again, at any point in the roll. The viewfinder displays the half frame exposure width so you can correctly compose the shot.
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EL PORTALÓN
Carrer Dels Banys Nous 20, Barri Gotic (Barrio Gotico), Barcelona, Cataluña 1976
©Baldo Ortas 1976
Je ne prend pas parti dans la crise de l'indépendance de la Catalogne de 2017, ni pour ni contre, même si je me sens concerné en tant que demi majorquin ayant vécu à Barcelone et y ayant de la famille, dans l'absolu la catalogne devra être independante mais ce n'est surement pas la bonne méthode ni le bon moment.
Quand j'y vivais je n’avais pas d’appareil photo ce n’est que l’année suivante de mon retour à Paris en 1976 que je suis retourné à Barcelone avec un reflex 24x36
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Appareil photo reflex 24x36 année 1974 ;
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