#racconti notturni
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Se qualcuno mi chiedesse quale fosse il mio mese preferito, risponderei immediatamente "Ottobre".
So che sembra assurdo, ma non esiste regalo più grande di essere nata in un mondo nel quale esiste un mese così bello.
È il mese in cui comincia ad arrivare il vero freddo, ma non così freddo da far cadere la neve, quel che basta per vestirsi con delle maniche lunghe senza piumini pesanti che ti fanno sembrare un pinguino.
È quel mese dove c'è il sole che a volte ancora ti scalda il viso, ma dopo un po' piove e ti fa ricordare di quanto sia bello vedere un film sotto le coperte mentre senti il picchiettio dell'acqua oltre i vetri della finestra.
È il mese degli odori delicati, malinconici dell'infanzia, come quello del patricore ma anche dei té o delle prime cioccolate calde. Se ci penso, sa anche un po' di gomma come quella degli stivaletti colorati che i genitori ci facevano mettere per andare a scuola nell'intento di non farci inzuppare i pantaloni comprati da poco più di un mese.
Ottobre è così freddo eppure così caldo, tra i suoi colori e le risate dei ragazzi che escono da scuola.
Va verso la fine dell'anno eppure, per tutti, sa un po' più di inizio.
Sa un po' di pace, di quiete, eppur si muove.
Amo questo mondo che Ottobre.
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La carezza che ha dato voce al silenzio
Era una di quelle serate in cui il cielo sembrava voler raccontare un segreto. Le nuvole si accavallavano lente, nascondendo le stelle, mentre il vento accarezzava le strade vuote della città. Camminavo sola lungo il viale alberato che conduceva al piccolo lago al centro del parco. Era il mio rifugio, un luogo dove il silenzio diventava il mio confidente. Le foglie frusciavano sopra di me, e…
#Amore e silenzi#Emozioni nei parchi notturni#La magia di un incontro inatteso#Racconti romantici e misteriosi#Storie d’amore emozionanti
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Ci sono persone con cui ho condiviso un’intimità molto grande, e che ora non frequento più. Intimità significa che ho conosciuto il loro corpo nudo, i loro familiari, le storie più dure e inconfessabili che riguardano questi familiari, e conosco episodi di quando erano bambine, e adolescenti, significa che le ho viste piangere e le ho abbracciate, e sono stata vulnerabile davanti a loro, e ho raccontato dei miei familiari, almeno qualcosa, e nuda no, non mi sono fatta vedere, perché io nuda non mi faccio vedere mai, e che ho pensato che non le avrei perse, perché il loro modo di stare al mondo mi commuoveva, perché sentivo la profondità irreparabile del loro dolore ed era quello a tenermi incollata. Non le frequento più, le persone di cui parlo, ma quel dolore lo riconosco ogni volta. In un pezzo che scrivono e che leggo pensando eccoti, sei tu, quanto mi somigli, quanto ti conosco. A una cena pubblica, in cui recitano una parte come me, come tutti, una parte sempre uguale, tanto che ormai è la verità, una delle tante verità di noi stesse. In un breve fortuito scambio di battute a un evento, in cui non ci diciamo quasi nulla, in apparenza, ma il sottotesto è enorme - e non riguarda noi, intendo il rapporto fra noi, un’avventura conclusa per sempre, neppure un rimpianto, riguarda le nostre vite separate che un tempo sono state vicine perché c’era una ferita che le rendeva simili, o così pensavamo. Così pensavo io.
Accade che una di queste persone mi dica: ci vediamo? Dopo anni. Dopo una cena in cui per caso ci siamo trovate. Mi scrive un messaggio, mi ringrazia per averla ascoltata, compresa, in quella serata capitata per caso, mi chiede di rivederci. Io non rispondo all’invito. Perché ognuno ha i suoi schemi per sopravvivere, e quello che ho imparato io è allontanarmi da ciò che potrebbe farmi male, perché me ne ha fatto una volta, non tornare mai indietro. Non dipende tanto da loro, ma da me. Da quanto posso sopportare, dalla specificità di ciò che fa soffrire una come me, una con la mia storia.
La maggior parte delle persone che amo le amo a distanza e, anche se è accaduto incidentalmente, se non è il risultato di un reciproco abbandono, a tratti credo sia il modo più adatto a me. Me ne dispiaccio, ma lo accetto. Nel caso degli abbandoni, invece, non ho rancore, e ho nostalgia di rado, quella distanza non è un castigo inflitto, è solo che la passione si è esaurita. Come avviene nell’amore, può avvenire nell’amicizia. Chissà perché alla gente sembra diverso.
Se queste persone ormai lontane scrivono - romanzi, racconti, pezzi sui giornali - io posso leggerle, e nei loro scritti spesso riconoscerle, e ricordare perché la passione era nata, ricordare la nostra intimità. È comunque un dono ricevuto nel corso della vita, un’esperienza che resta, una traccia di me che a volte ricompare nei sogni notturni, con le loro sembianze. Leggendole posso riconoscermi: in quel loro dolore sordo al fondo delle cose, che un giorno e per sempre ho sentito fratello - anzi, sorella.
Rosella Postorino
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Notturni, racconti gotici, Fabrizio Marras, Horti di Giano Edizioni. A cura di Barbara Anderson
Chi come me la notte non dorme o dorme pochissimo viene considerata una persona notturna. I notturni sono coloro che hanno gli occhi aperti quando il resto del mondo li tiene chiusi. Per quanto possa essere un disagio a volte l’insonnia per quel che mi riguarda invece è un’apertura verso un altrove. Un mondo oscuro che mi costringe nel buio della mia stanza a guardarmi dentro, scoprendo angoli…
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Bangkok Bangkok.
Bangkok, una città che ti prende come uno schiaffo all’improvviso, ti affascina come una seduttrice, puoi trovare tutto e di tutto, è immensa , dicono che se Bangkok ti trattiene, ti può inghiottire e nessuno ti troverà mai più. Descritta perfettamente, con colori accesi da Todd Phillis. Raccontando le vicende avventurose di Phil, Stu, Alan e Doug, in una notte da leoni 2. Conta 1.3000.000 di persone che vivono in città , senza includere quelli non censiti. Caotica, densa e soffocante, piena di contraddizioni. Una città che non ti lascerà mai più se commetti “l’errore” di visitarla. In queste poche righe c’è tutta Bangkok, il resto sono fatti e racconti. Terra che protegge orgogliosamente il Thai Nad e la Boxe Thailandese, e gliultimi Dei sulla terra la quale non esiste perché i thai praticano il Muay Thai, parola che in thailandia si pronuncia senza thai e con una fonetica differente. Peli Quando ci sentono pronunciare Muay Thai, nel loro ricco vocabolario è l’equivalente di “peli pubici”. Quando parlano tra di loro, indicano il combattimento semplicemente con Muay, tramite una fonetica che assomiglia vagamente a” mouii” pronunciato seccamente. Lawrence Osborne Bangkok. La decadente e scura bangkok descritta dollo scrittore Lowrence è un'altro aspetto della immensa città di B. vera maledettamente vera leggendo questi testi si può avere una parziale sensazione di cosa vi aspetta visitando la città. Bangkok. "Bangkok, una città che danza sulla sottile linea tra l'eleganza decadente e il caos brulicante. Qui, le vie tortuose si intrecciano come serpenti intorno a templi antichi, mentre i profumi di incenso si mescolano con il sapore acre del street food grigliato. Il fiume Chao Phraya, l'arteria vitale di questa metropoli tumultuosa, scorre lento e maestoso, mentre il neon scintilla come stelle cadenti nel cielo notturno. Nelle strade del quartiere cinese, i mercati notturni si animano con il vibrante frastuono delle trattative commerciali e il richiamo di venditori ambulanti che offrono leccornie sconosciute. Lungo le rive del fiume, l'atmosfera si trasforma, con ristoranti galleggianti illuminati da luci soffuse e la vista di lussuose barche a lungo raggio che attraversano l'acqua scura. Ma è nelle profondità oscure dei suoi vicoli nascosti che Bangkok rivela veramente il suo spirito enigmatico. Qui, la notte si trasforma in un'esperienza sensoriale, con bar clandestini che servono cocktail artigianali e spettacoli di cabaret pieni di glamour decadente. I segreti della città si svelano solo a chi ha il coraggio di esplorare le sue ombre, rivelando il suo fascino oscuro e affascinante." Ispirato a Lawrence Osborne nella sua rappresentazione di Bangkok. Se vuoi condividere i tuoi pensieri o hai domande contattami . Read the full article
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Elena Bono, raccontare la passione di Gesù
La scrittrice che narrò la vita di Gesù con grazia e poesia…. Elena Bono nacque a Sonnino, in provincia di Latina, il 29 ottobre 1921, il padre era uno studioso della letteratura classica e per via del suo lavoro la famiglia si trasferì presto a Recanati, dove la Bono si interessò profondamente a Giacomo Leopardi e disse di questo legame che "La notte è troppo pesante sopra il mio capo" Elena aveva 10 anni quando la famiglia si stabilì a Chiavari, in Liguria, dove il padre era preside del liceo classico e li si esercitò sui classici greci e latini, tradusse Sofocle ed iniziò a scrivere. Il primo “risveglio alla storia”, come lo definì, fu dopo l’8 settembre 1943, quando vide i soldati italiani in rotta e una vecchietta che si scagliò contro due SS che li inseguono. La Bono nell’Appennino entrò in contatto con le formazioni partigiane della zona e riportò informazioni su imminenti rastrellamenti. Una gran parte delle opere di Elena si ispira alla Resistenza, coma la trilogia Uomo e Superuomo che include Come un fiume come un sogno, Una valigia di cuoio nero e Fanuel Nuti. Ma è nelle sue poesie che questi temi assumono valenza esistenziale e universale tra le liriche di Piccola Italia e le Stanze per Rinaldo Simonetti “Cucciolo” in ricordo di un bambino fucilato. Negli anni Cinquanta la Bono fu l’autrice di punta di Garzanti insieme a Pasolini, che voleva trarre un film da un suo libro ma lei gli disse di no, come fece poi anche con Visconti. Per l’editore milanese pubblicò a breve distanza le liriche I galli notturni nel 1952, l’opera teatrale Ippolito nel 1954, i racconti Morte di Adamo nel 1956, con il racconto La moglie del procuratore, su Claudia, la consorte di Ponzio Pilato, e le poesie Alzati Orfeo nel 1958. Da allora la Bono scrisse non solo poesie ma anche romanzi, opere teatrali e, la biografia del capo partigiano Aldo Gastaldi, che conobbe durante la guerra quando era sfollata a Bertigaro sull’Appennino ligure in seguito al bombardamento di Chiavari. Ma il successo durò poco, infatti Elena, non aderì alle avanguardie letterarie di moda, rifiuta tanto l’ermetismo quanto gli sperimentalismi seguenti, scegliendo una poetica legata alla fede religiosa e la lezione stilistica dei classici greci e latini, dei poeti orientali, di Foscolo e Leopardi. Nella sua casa in Liguria accolse volentieri chi desiderava conoscerla e le scolaresche che andavano a trovarla fino alla scomparsa, avvenuta il 26 febbraio 2014 dopo una lunga malattia. Gran parte del lavoro della Bono è riemersa grazie ad un piccolo editore di Recco, Le Mani, che nel 2007 fece uscire l’opera omnia poetica e il suo teatro. Read the full article
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URU di Fabio Carbone
Una creatura misteriosa turba il sonno di Paolo. Si tratta di un essere presente in molte culture contadine, inquietante e dalle unghie ricurve. È un essere reale o la fantasia di Paolo. In URU di Fabio Carbone, l’autore ci svela una serie di misteri Folklore salentino URU di Fabio Carbone edito da Fernandel editore è una storia accattivante sui nostri timori, che intreccia la vita del protagonista alla tradizione popolare. Presente e passato avvolgono l’esistenza di Paolo in un contrasto sempre più evidente tra due mondi, quello della morente società contadina, e quello cinico in cui viviamo. Sullo sfondo di un Salento fatto di campagne abbandonate e invase dai rifiuti, incombe una strana morte, forse un omicidio, sul quale indaga la polizia, ma senza esito. La vita di Paolo è scandita da una presenza misteriosa, una creatura del folklore popolare che turba le sue notti con un angosciante ticchettio delle unghie sul pavimento per annunciare la sua presenza. Poi l’incontro sconcertante. Una notte Paolo si sente soffocare e, nella penombra della camera, gli sembra di vedere un’enorme bestia acquattata sul suo petto che lo scruta. L’incontro dura pochi istanti. La creatura balza via lasciando Paolo in preda all’angoscia e allo sgomento. E’ stata un’allucinazione? E’ una creatura vera come dicono i contadini? Fabio Carbone è nato nel 1986 e vive a Guagnano, in provincia di Lecce. Laureato in giornalismo, è un analista di contenuti radiotelevisivi. Tra il 2016 e il 2020 ha diretto la casa editrice Ofelia, da lui fondata, curando la pubblicazione di testi di narrativa di autori italiani, esordienti e non. Uru è il suo primo romanzo. URU di Fabio Carbone Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche battuta con l’autore che in questa bella intervista ci svela l’origine dell’uru, ci racconta qualcosa in più sulla trama del suo romanzo e ci parla di scrittura. La creatura misteriosa del suo romanzo è un personaggio del folklore salentino. Ci può raccontare come è nata l’idea di tormentare con questo spiritello il suo protagonista? I racconti sull'uru, che assume innumerevoli denominazioni diverse da paese a paese, sono molto presenti nella nostra tradizione popolare. Mi ha sempre incuriosito molto sentirne parlare non solo dagli anziani, ma anche da persone più giovani che riferivano dei loro incontri notturni con questa creatura. Mi affascinava, in particolare, la commistione tra realtà e fantasia che caratterizzava questi resoconti che spesso venivano riportati come fatti veri. Da lì è nata l'idea di calare questo elemento fantastico, legato al passato, in un contesto contemporaneo. Questo gioco letterario mi ha portato a ridefinire un po' l'aspetto e la natura dell'uru rispetto alla tradizione salentina, in cui questa creatura si presenta per lo più come un folletto dispettoso. Nel mio romanzo, pur mantenendo molte caratteristiche in comune con l'uru delle credenze popolari, su tutte la capacità di provocare paralisi del sonno e incubi, questa creatura assume dei tratti zoomorfi e ha un profondo legame con le sue “vittime”, rappresentando l'incarnazione delle loro inquietudini, dei loro timori e sensi di colpa. In URU c’è anche spazio per un omicidio. Possiamo considerare il suo romanzo un giallo a tutti gli effetti? Direi di no. Nel romanzo c'è un omicidio con relativa indagine da parte di un commissario, ma questo non è l'elemento centrale della trama, che è invece il percorso psicologico che il protagonista Paolo compie per mezzo dell'uru e che conduce il lettore a riannodare i fili del passato irrisolto del ragazzo. Scrivendo URU, non mi sono posto in un orizzonte di genere e farei fatica a dargli un'etichetta precisa in tal senso. Sicuramente ci sono elementi di fantastico e new weird, di noir più che di giallo e, per alcuni tratti, di grottesco. Spero di aver mescolato bene questi ingredienti. Con la sua storia lei ha deciso di raccontare due mondi in contrapposizione. Incuriosiamo un po’ in nostri lettori? Di che mondi si parla? Sullo sfondo della storia, sotterraneo e simbolico, si svolge un conflitto tra una società contadina, arcaica e morente, e la contemporanea società basata sul terziario avanzato, che ritiene di aver definitivamente superato e cancellato la cultura e le credenze del mondo che l'ha preceduta. La comparsa nella storia dell'uru, che è espressione delle credenze di quel mondo arcaico, rappresenta un cortocircuito che rimette in discussione le presunte certezze della contemporaneità, costringendola a fare i conti con un passato che si pensava archiviato e che si ripresenta invece come profondamente insoluto. Questo conflitto si riflette tanto sulle vicende personali del protagonista, quanto sulle vite degli altri personaggi, ingranaggi di un mondo che sembra essersi inceppato in un sistema economico che favorisce il cinismo e l'isolamento sociale. Lei è un giornalista e URU è il suo primo romanzo. Secondo lei l’abitudine alla scrittura giornalistica atrofizza un po’ l’impeto creativo necessario ai romanzi? Tutt'altro. Attualmente lavoro come analista di contenuti radiotelevisivi, ma all'università ho studiato scritture giornalistiche e ho avuto in passato qualche breve esperienza nella carta stampata. Il rapporto tra giornalismo e letteratura è da sempre molto stretto e proficuo, gli esempi di grandi giornalisti-scrittori (e viceversa) sarebbero innumerevoli. Credo piuttosto che dominare i diversi generi giornalistici, dall'articolo di cronaca al reportage, costituisca una ricchezza di strumenti che consentono a uno scrittore di essere maggiormente versatile e creativo. Certo, per stimolare la fantasia è comunque necessario che la pratica della scrittura sia accompagnata dalla lettura e da altre esperienze estetiche. Tirando le somme, le è piaciuta l’esperienza di scrittore di romanzi? Pensa di riprovarci con un nuovo libro? Per me è un'esperienza nuova e, almeno per il momento, molto piacevole. È la prima volta che mi trovo a condividere con un pubblico così ampio quello che scrivo e, dal confronto che ne sta scaturendo, spero di raccogliere spunti utili a perfezionare la mia scrittura. Finora la risposta dei lettori è stata positiva, non è mancato qualche appunto che mi ha stimolato a riflettere su alcune mie scelte stilistiche. Cerco sempre di accogliere le critiche quando sono ragionate e costruttive. Per il futuro, sicuramente mi piacerebbe proporre qualcosa di nuovo ma non ho fretta, mi prenderò il tempo che sarà necessario. Read the full article
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La nascita di Dracula
L’autore affermò che l’idea per scrivere il suo libro gli venne da un incubo causato da una cena, con lo studioso ungherese Arminius Vambery, a base di gamberi e insalata.
Addormentandosi, lo scrittore sognò un vampiro che sorgeva dalla tomba per recarsi a compiere i suoi misfatti.
Ma l’incubo di Stoker di certo non bastò per costruire la trama di questo capolavoro della narrativa gotica. È noto infatti che l’autore, sotto la guida di Vambery, si documentò scrupolosamente trascorrendo molte ore al British Museum a consultare libri e mappe fino a quando non riuscì a trovare tutto ciò che gli occorreva per scrivere il romanzo. Fece tesoro di quanto apprese sul folklore e sulle tradizioni sui vampiri e su un sanguinario personaggio realmente vissuto nel XV secolo, Vlad Tepes l’Impalatore re di Valacchia, il cui nome deriva da “Dracul”, usato dai suoi contemporanei per designare il padre, Vlad II, della principesca famiglia dei Basarab. Ma sull’origine di questo soprannome di Vlad vi sono due interpretazioni: la prima associa il nome “Dracul” con il diavolo, giacchè “drac” in romeno significa “diavolo” mentre il suffisso “ul” è l’articolo determinativo che viene aggiunto alla fine della parola; la seconda sostiene invece che il nome derivi dalla parola “drago”, l’emblema della famiglia di Vlad.
Perchè la Transilvania?
Stoker scelse la terra dove era vissuto Vlad per ambientare in modo attendibile il suo racconto, la Transilvania, “la terra oltre la foresta”, uno dei luoghi più selvaggi d’Europa. Per descrivere tali luoghi, che non aveva avuto modo di vedere, egli ricorse all’aiuto di Arminius Vambery, insegnante di lingue orientali all’Università di Budapest. Si noti che Arminius è il nome dell’amico del medico Van Helsing, uno dei personaggi del libro.
I vampiri del folklore rumeno
La storia del romanzo di basa su una credenza molto diffusa, quella dell’esistenza dei vampiri, creature terrificanti già menzionate nella letteratura greca ed egizia. Tuttavia per la creazione del conte Dracula, Stoker attinse soprattutto alle credenze del folklore rumeno. Secondo la Chiesa ortodossa orientale, la religione dominante in quel paese, chi muore maledetto o scomunicato diventa un morto vivente, o moroi, finchè non ottiene l’assoluzione da parte del sacerdote. La superstizione locale si associa a creature denominate strigoi, demoniaci uccelli notturni, affamati di carne e sangue umani. La tradizione popolare attribuisce ai vampiri la causa di epidemie e pestilenze.
Secondo le leggende rumene, alcune persone, bambini illegittimi o non battezzati, streghe e il settimo figlio di un settimo figlio, sono destinati a diventare vampiri. Questi ultimi possono assumere le sembianze di animali come il lupo e il pipistrello.
In certi villaggi, chi non mangia aglio è sospettato di essere un vampiro e infatti la miglior difesa contro di essi è quella di strofinare con l’aglio porte e finestre.
Stoker ottenne queste informazioni facendo delle ricerche al British Museum e avvalendosi delle preziose informazioni fornitegli dall’amico Vambery ma sicuramente fu fortemente influenzato dai misteriosi omicidi compiuti, in quel periodo, da “Jack lo Squartatore” e dagli 11 racconti indù sull’argomento “vampiri” tradotti da Richard Burton, altro suo amico, esploratore e letterato.
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I segreti racchiusi in un soffio di vento
C’era qualcosa nell’aria quella sera, un’inquietudine sottile che sembrava sospesa tra le ombre degli alberi e il sussurro del vento. Passeggiavo nel parco della mia città, un luogo che conoscevo a memoria e che, in qualche modo, riusciva sempre a cambiare volto di notte. Il vento mi accarezzava la pelle come un richiamo, portando con sé un profumo che non riuscivo a decifrare: dolce, antico,…
#Connessioni inspiegabili nei racconti d’amore#Emozioni nascoste in incontri notturni#Racconti romantici per ragazze giovani#Romanzi brevi romantici per ventenni#Storie d’amore e mistero nel vento
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Te lo ricordi?
Ma te lo ricordi il sabato sera? Le cene organizzate all’ultimo durante l’aperitivo perchè “dai non mi va di tornare a casa, mangiamo una cosetta al volo” e poi finivi al ristorante e mangiavi antipasto, primo, secondo, dolce e ammazzacaffè. Ma nel trambusto della cena c’era chi già pensava “ma dopo dove andiamo?” “Boh partiamo e poi per strada decidiamo” e ti trovavi a girare ore per le strade di Roma in cerca di locali con un tavolo libero, per poi finire nel solito pub dove il proprietario ormai è un amico e quindi un posto libero lo trova sempre. “Da bere il solito? Sisi, però porta pure qualche stuzzichino!” Così continuava la serata tra risate, bicchieri e un pugno di pistacchi, fino a quando il proprietario ti cacciava con tutto l’amore del mondo “regà 10 minuti e chiudo” e sapevi che entro 3 dovevi aver già pagato e lasciato il locale. E poi arrivava la parte migliore della serata, il ritorno in macchina cantando a squarciagola, in quei pochi attimi, quando l’alcool e la stanchezza della settimana prendevano il sopravvento su di te, ti sentivi leggera, felice e spensierata!
~ S.
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Vorrei scrivere qualcosa
Vorrei davvero scrivere qualcosa, ci sto provando, scrivere qualcosa di significativo che renda più credibile la mia esistenza. Ma non è semplice. Le idee migliori mi vengono nei momenti peggiori. Come l’altro per esempio. Stavo a parlare con una ragazza super carina e mentre la guardavo in quei fantastici occhi azzurri, mi resi conto che sarebbe bello scrivere una storia su un trapianto di occhi che magicamente fanno vedere la vita in un modo diverso da quello che la si vedeva prima. E avevo già in mente un inizio figo, che però mi sono già dimenticato. Nel mio pc esiste una cartella intitolata: “Racconti da finire”, alcuni sono datati 2007. Hanno più di 10 anni. Non li ho mai terminati. E non penso che lo farò perchè non sono più un adolescente. Sono cambiato. Vorrei scrivere qualcosa che arrivi ai ragazzi di oggi, basandomi su quelle che sono state le mie esperienza con le droghe. Per avvisarli che le droghe sono una merda. TI fottono l’anima. Ho perso mio cugino per la fottuta cocaina. Vorrei scrivere qualcosa affinché qualche ragazzo leggendolo si senta compreso e possa perchè no, decidere di cambiare la propria vita, svoltare in un cammino migliore di quello contornato di polveri e acidi che ti fottono il cervello per sempre.
Ora però ho sonno, non è molto vero, ma se continuo a torturarmi con questi dilemmi non dormirò mai e domani alle 8 ho un corso, dunque mi dispiace mondo ma proverò di nuovo domani a scrivere qualcosa.
JTL
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I RACCONTI NOTTURNI: L'ORA BLU DI DOMENICO RATTENNI
I RACCONTI NOTTURNI: L’ORA BLU DI DOMENICO RATTENNI
A metà tra il miglior Bukowski dei racconti e quello della poesia, questo racconto lirico di Domenico Rattenni segna l’esordio della vostra (nostra!) ‘Ora blu’, quel momento indefinibile chiamato così dai fotografi che si trova tra il buio e l’aurora.A voi la sua ‘ora blu’, e mandateci la vostra se ne siete capaci!
(senza titolo) – Racconto di DOMENICO RATTENNI
L´aria pesante dal denso fumo,…
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Le stranezza del sabato sera
Non è bello camminare per strada quando si è solo ragazze...
Le persone idiote ti urlano dietro come se non avessero mai visto una donna.
Però voi avete urlato che la riccia era la più carina... Anche se non siete stati per nulla educati, grazie per avermi notata.
#pensieri#frasi#notte#ricordi#realtà#storie#insonnia#persone#racconti#vita#verità#mondo#amicizia#sentimenti#futuro#sabato#pensieri notturni#me
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Auto-critica: censura
Continuo il ciclo dei miei difetti...
Questo è credo uno dei più particolari, mi capita spesso di isolare la mia mente mentre attorno a me delle persone stanno intrattenendo un discorso che reputo inutile....
Il mio cervello riesce ad autocensurare tutte le informazioni provenienti dal mondo esterno che riguardano una determinata conversazione, così da non dover sentire pettegolezzi o discorsi futili, questa cosa è però un arma a doppio taglio, ogni tanto nel mio cancellare le informazioni rischio di eliminare anche cose importanti, magari dette senza nessun collegamento logico col discorso precedente, causandomi ogni tanto dei problemi con chi mi sta vicino...
Giuro che tale filtro non è attivo nei momenti in cui c'è bisogno di ascoltare qualcosa di veramente importante... Se si sta parlando in maniera seria tendo a ricordare perfettamente la conversazione e ad interagire con essa....
Solo che le conversazioni inutili non le sopporto, è più forte di me... Non riesco a concentrarmi sul discorso è finisco solo per ottenere frammenti confusi e sconclusionati, qualcuno potrebbe diagnosticarmi un disturbo dell'attenzione....
Io lo vedo come un semplice meccanismo di difesa....
A.
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Ma portami ovunque
Purché sia con te
Che sia oggi o domani
Che sia sempre o mai più
Anche solo per scherzo
Un po’ per sognare
Per gioco
Fai tu
Portami ovunque
Ovunque sia
Tu
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