#questo 2020 sarà tosto me lo sento
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23 dicembre
Sono venti minuti che cerco di mettere per iscritto la giornata di oggi ma sono sopraffatta da tutto quello che è successo.
In pratica dopo il flop dei brownies (io faccio proprio schifo in cucina, c’è poco da fare), ho scoperto che mio papà sarebbe andato dal mio medico di base e gli ho chiesto di prendere un numerino anche per me perché ho un piercing che mi sta dando problemi da aprile (il mio medico non fa più di 20 persone al giorno ed è più lento di Flash di Zootropolis).
Ok, mentre lui va là, io finisco di ripulire in cucina, litigo con mia mamma (stranoh), mi preparo e vado pure io. Entro nell'ambulatorio e mi sento chiamare. C’era la Giulia, la mia Giulia, la mia persona, il mio sole, l’unica persona con cui non ho niente in comune ma a cui sono legata come a nessun altro.
Dalla quale non mi facevo sentire da due anni.
E niente, ci mettiamo a parlare per oltre un’ora, come se non fosse passato un giorno e, giuro, sono tornata ad avere 13 anni, periodo in cui vivevamo praticamente in simbiosi.
Parliamo di quel Halloween che abbiamo passato a mangiare schifezze schifosissime e a vedere un film che non siamo mai riuscite a ritrovare, di quando finimmo in una siepe con la sua bicicletta e io me la sono fatta quasi addosso da quanto ridevo perché lei era incastrata e in tre l’hanno tirata fuori, dei sabato sera nel lettone con la sua nonna a guardare C’è posta per te assaporando una camomilla, dell’antivigilia di Natale di tanti anni fa quando rimasi a dormire da lei e ci mise quasi cinque ore a farmi la ricostruzione con il gel (le mie unghie soffrono ancora al pensiero).
A quest punto chiamano i nostri numeri, saliamo nello studio, lei è il numero prima di me e appena ha finito esce, deve scappare ma ci abbracciamo forte, fortissimo e mi stanno venendo quasi le lacrime agli occhi da quanto ha significato quell'abbraccio. Mi ha sussurrato “ti voglio bene” e io le ho detto “ti voglio bene”, è la seconda volta che lo dico a qualcuno in vita mia e la prima persona a cui l’avevo detto era lei, circa dieci anni fa.
Con il cuore pieno di gioia entro nello studio e dico al medico del piercing però poi la mia bocca si muove ancora prima che il mio cervello elabori tutto e gli dico che avrei bisogno anche di altro.
Gli dico che mi serve un’impegnativa per una visita ortopedica, poi gli dico che vorrei tornare dal nutrizionista e poi non riesco più a parlare. Sto per andarmene ma lui mi guarda dritta negli occhi e mi chiede se ho bisogno d’altro.
Gli dico di no, ma lui insiste, sempre guardandomi negli occhi, io distolgo lo sguardo e inizio piangere e gli dico che probabilmente ho bisogno di parlare con qualcuno. Lui inizia a farmi delle domande specifiche, conosce tutte le persone della mia famiglia quindi SA cosa chiedermi. Mi chiede se ho parlato con mia mamma o se le parlo mai. Gli dico di no e lui annuisce dicendo che ha la persona con cui farmi parlare. Una sua amica psichiatra.
La chiama subito e le lascia il mio numero e dice che mi avrebbe richiamato dopo poco. Non ho ancora realizzato tutto quanto sinceramente, non era nelle mie intenzioni arrivare a tutto questo, ma il modo in cui mi ha chiesto se andava tutto bene mi ha fatto crollare. Ok, ero intenzionata a stare meglio ma il fatto che anche una persona a me estranea (perché alla fine da lui vado davvero poco) si sia accorto che non va bene un cazzo nella mia vita (anche da tutte quelle domande che mi ha fatto, Gesù, alla metà non sono riuscita nemmeno a rispondere) mi ha fatto capire ulteriormente che la situazione è peggiore di quello che credevo che fosse.
Lo studio della psichiatra mi ha chiamato poco dopo, ero per strada e probabilmente potrò vederla già prima della fine dell’anno o al massimo verso il 3\4 gennaio.
Sono ancora scossa, non tanto ma abbastanza. Devo andare ad apparecchiare ma mi temano tantissimo le mani e probabilmente farò cadere qualcosa me lo sento. Sono sfinita.
Ah, la Giulia mi ha appena mandato un audio della sua bimba (2 anni) che mi saluta e mi chiede come va. Inutile dire che mi sono sciolta e non vedo l’ora di rivedere entrambe.
#personale#anzi personalissimo#psichiatra#questo 2020 sarà tosto me lo sento#ho scritto in un italiano che lasciamo stare ma vabbè
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Barbara De Rossi è la protagonista della commedia di Josiane Balansko, Un grande grido d’amore. Per l’occasione abbiamo raggiunto telefonicamente l’attrice, che nella sua semplicità ha ripercorso la sua carriera, raccontando anche qualcosa in più di questo spettacolo, che sarà in tour dal 10 gennaio al fianco di Francesco Branchetti.
Con Francesco Branchetti è nato un bellissimo sodalizio artistico, che vi ha visto sulla scena anche ne Il bacio, in Coro di donna e uomo, e ne Il Diario di Adamo e Eva, inoltre l’ha diretta in Medea. Quando ho avuto il piacere di intervistarlo lo scorso anno Francesco disse: “Barbara è un’attrice di grande fascino e bravura, ma a renderla straordinaria, a mio avviso, è la “verità” che mette in tutto quello che fa, dentro e fuori dalla scena». Si ritrova in queste parole? Barbara De Rossi: «Ah sì, grazie! Io sono una persona autentica per quello che può essere il rapporto umano, anche se in questo ambiente è un po’ strano. Vengo da una scuola antica, dove c’erano certi valori. Io pratico il rispetto e con Francesco scegliamo insieme i nostri testi, essendo sei anni che lavoriamo insieme e ci troviamo bene anche umanamente. Questo per me è importante, essendo io una persona che ha bisogno, quando si lavora, di un rapporto umano forte. Dopo Medea, Il bacio e cinque anni di teatro molto tosto avevo voglia di fare una commedia e così abbiamo messo su questo spettacolo divertente, che ha anche delle sfumature di amaro, perché racconta tra l’altro la fatica degli attori a trovare ruoli».
Vuole raccontarci un po’ di più di questa commedia, che la vedrà protagonista per diversi mesi in giro per l’Italia? B. D. R.: «Un grande grido d’amore è una commedia divertente, che ha anche degli aspetti teneri. Racconta di una coppia di attori, che una vecchia agente, un po’ cinica, furba, tramite uno stratagemma riesce a rimetterli insieme. Sono due persone che nonostante si siano amate, non riescono a convivere perché hanno una visione del lavoro diversa. Lui è un attore cane – racconta ridendo – anche lei in parte è un’attrice cana, nel senso che non sono così bravi, ma sono stati una coppia famosa per cui hanno un ego spropositato. Io interpreto il ruolo di Gigì Ortega, che è un’ex alcolizzata, una matta, Francesco, invece, interpreta Hugo Martial: a entrambi vengono raccontate delle balle per riunirli, e quando si scoprirà la verità il quadro che ne viene fuori ha una vena di amarezza che ha a che fare con il fine carriera».
Facendo qualche passo indietro e prendendo spunto invece dal titolo del film di esordio al quale sicuramente è legata, ovvero Così come sei, le chiedo com’è Barbara De Rossi? B. D. R.: «Ho iniziato che avevo sedici anni e ho sempre visto questo lavoro come un professione, non come una condizione sociale, un vantaggio nei confronti degli altri. Della mia professione amo la parte creativa, non quella mondana. Non sono stata una mamma in mezzo ai lustrini con mia figlia Martina, ho voluto che assaporasse quella che è la vita vera. Chiunque mi conosce potrà dire che sono una persona estremamente semplice. Non ho i nervosismi degli attori, non impongo il mio ego, che non è spropositato, sono generosa nel lavoro, perché io guardo il bene, guardo l’insieme. Non sono una ragioniera del successo, per cui non uso tattiche o strategie. Sono un cane sciolto. Ho fatto di tutto per non essere considerata solo per la mia bellezza, come accadeva al cinema negli anni ’70, quindi nella mia carriera ho scelto soprattutto ruoli drammatici, senza perdere il contatto con la realtà. Le attrici devono essere in grado di interpretare, di cambiare, di avere altre facce».
A proposito di belle attrici, lei nel 1980 ha interpretato la figlia di Virna Lisi ne La Cicala, sempre con la regia di Alberto Lattuada. Che ricordi ha di questa grande donna e di quell’esperienza? B. D. R.: «Virna era una donna incredibile, il riassunto e la sintesi di quello che significa essere eleganti. L’essenza della bellezza fine, anche quando l’ho sentita pronunciare delle frasi in romanesco quando girammo questo film. Alberto Lattuada le affidò il ruolo dell’ex soubrette Wilma e la obbligò a prendere dei chili, imbottendola di panini, perché era molto magra. Sicuramente mi sono rimasti impressi gli undici ceffoni che mi diede: facemmo undici ciak per quello schiaffo, e mi fece una faccia come un pallone».
Solo in quell’occasione, lei che ha un timbro di voce così intenso, bello e particolare venne doppiata, come mai? B. D. R.: «Grazie intanto. Sì, quello è l’unico film in cui sono stata doppiata, avevo diciassette anni e ci soffrii molto, quando lo chiesi ad Alberto e alla produzione, mi dissero che non c’era il tempo d’insegnare a qualcuno che non aveva mai doppiato come si facesse. Dopo di che mi sono infilata nel doppiaggio con Ferruccio Amendola e con lui e altri grandi direttori del doppiaggio come Renato Izzo, Gino La Monica, Rodolfo Bianchi, Cesare Barbetti, ho imparato. Subito dopo La Cicala il doppiaggio l’ho fatto sempre da me. Noi attori, alla fine degli anni ’70, facemmo la battaglia voce-volto e firmammo un documento per impedire ai doppiatori italiani di doppiare gli italiani. Quindi tutti capirono cosa significava recitare con la voce di un altro che è molto più bravo di te. E lì son venute fuori delle sorprese incredibili, perché si sono svelati tutti gli altarini. Da tanti anni inoltre mi sono specializzata in letture; ultimamente ho fatto degli audiolibri, un’esperienza veramente molto bella».
Il titolo di questa commedia Un grande grido d’amore, mi porta a pensare anche a tutte quelle donne che gridano d’amore perché maltrattate. Lei in televisione ha condotto per più stagioni Amore Criminale e non solo. Temi forti alla base del programma, vuole raccontarci questa esperienza? B. D. R.: «Io sono Presidente Onorario di Salvamamme dal 1998, e lavoro con Grazia Passeri da quando non si parlava minimamente di femminicidio. C’e un buco temporale di anni. Erano pochissime le persone che si occupavano di questo. Tina Lagostena Bassi ha fatto molte battaglie prima di noi, per cui il mio percorso con le donne è iniziato molto tempo prima di Amore Criminale e di Terzo Indizio, che ho condotto poi su Rete 4 dal 2016. Questo è un impegno sociale che porto avanti da ventitré anni e ormai ben conosco l’argomento. Lo faccio quotidianamente, sempre, lo facevo prima della tv e lo farò e lo faccio senza la tv. Le trasmissioni hanno un senso nel momento in cui c’è un dopo. Le donne dopo aver parlato e rischiato, quando escono da uno studio televisivo sono sole e questo mi infastidisce».
Cosa si può fare per colmare questa lacuna? B. D. R.: «Vorrei fare un programma sulle donne mostrando delle cose che non si sono mai viste, di cui non si parla. Un approfondimento molto più scrupoloso, sono stati meravigliosi i programmi che ho condotto, ma troppo schematici. Vorrei esistesse una rete di solidarietà forte, che segue le donne nei processi, come fa una squadra di poliziotti in pensione che noi abbiamo, per farle sentire tranquille. Per me è un impegno forte che sento nel cuore, avendo rispetto rispetto e amore verso il prossimo, valori che ho trasmesso anche a mia figlia. È questa una predisposizione che ti scopre nei confronti della vita, che voglio vivere al meglio. Voglio evolvermi, voglio capire. La mia anima deve essere lasciata libera di fare, di sentire, di aggiustare, di rimediare. Voglio imparare, capire, andare a fondo. Ascoltare».
Tutto questo alla soglia dei sessant’anni, perché lei proprio quest’anno, il 9 agosto precisamente, compie questo traguardo. Come ci si sente e cosa desidera per la sua vita oltre a quello già detto? B. D. R.: «Io faccio ancora un sacco di cose a dispetto degli anni e vorrei farne ancora tante. Ho una grande energia, una grande voglia. Quando ti avvicini ai sessant’anni, però è sempre più forte la sensazione del tempo che va. Non mi preoccupa la vecchiaia delle rughe, bensì la vecchiaia che toglie la prestanza. Ho perso mia madre che avevo venticinque anni, il rapporto con mio padre l’ho recuperato con gli anni, quindi ho sempre camminato da sola, per cui non vedo la vita appoggiata a qualcuno».
A livello professionale c’è invece un ruolo che vorrebbe interpretare? B. D. R.: «Questo è un paese dove non si scrivono ruoli per donne grandi ed è profondamente sbagliato, perché l’universo femminile non si ferma dopo i quarantacinque anni, quindi mi piacerebbe che nello spettacolo fossero considerate anche le donne più mature. A un’attrice che ha maturato un bagaglio di esperienze fortissimo, non può improvvisamente essere tolto tutto. Questo è l’unico dispiacere che provo nei confronti della professione. Il Teatro è invece chi ti ama e ti ha amato viene a vederti e tu hai possibilità di scegliere il ruolo, quello che hai dentro. Non ci sono compromessi ed è una grande libertà. Per il resto io sono soddisfatta della carriera che ho fatto. Ho vissuto la mia vita in punta di piedi, non avendo la smania di apparire, anche perché viviamo in un tempo in cui i media divorano; da anni la cronaca rosa ha lasciato spazio al gossip, che è quel meccanismo che troppo invade con illazioni pesanti. Il giudizio viene praticato da tutti. Penso che il bello è dietro di noi e lo intendo nella forma del rispetto, del l linguaggio, della mancanza di volgarità».
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De Rossi Branchetti
De Rossi
Lo spettacolo andrà in scena: Venerdì 10 gennaio – Treja (Mc) Sabato 11 gennaio – Vasto (Ch) Da Martedì 21 a domenica 26 Gennaio – Teatro San Babila Milano Sabato 8 e Domenica 9 Febbraio -Teatro Cardinal Massaia Torino Mercoledì 12 Febbraio – Galatone (Le) Venerdì 14 Febbraio – Limbiate (Mi) Sabato 15 Febbraio – Osoppo (Ud) Venerdì 28 Febbraio – Mogliano (Mc) Sabato 29 Febbraio e Domenica 1 Marzo – Teatro del Cestello Firenze Venerdì 6 Marzo – Macerata Feltria (Pu) Sabato 7 Marzo – San Marco in Lamis (Fg) Domenica 8 Marzo – Teatro Caesar San Vito Romano (Rm) Venerdì 20 Marzo – Teatro Palapartenope Napoli Venerdì 26 e Sabato 27 Marzo – Opera (Mi) Venerdì 3 Aprile – Borgio Verezzi (Sv) Sabato 4 Aprile – Cicagna (Ge) Venerdì 17 Aprile – Gorgonzola (Mi) Sabato 18 Aprile – Santena (To) Domenica 10 e Lunedì 11 Maggio – Teatro del Loto Ferrazzano (Cc) Sabato 16 Maggio – Ronciglione (Vt)
Ass.Cult. Foxtrot Golf presenta Un grande grido d’amore di Josiane Balasko traduzione David Norisco regia Francesco Branchetti con Barbara De Rossi, Francesco Branchetti, Isabella Giannone, Simone Lambertini musiche originali Pino Cangialosi ufficio stampa Alessia Ecora
Barbara De Rossi Barbara De Rossi è la protagonista della commedia di Josiane Balansko, Un grande grido d'amore. Per l'occasione abbiamo raggiunto telefonicamente l'attrice, che nella sua semplicità ha ripercorso la sua carriera, raccontando anche qualcosa in più di questo spettacolo, che sarà in tour dal 10 gennaio al fianco di Francesco Branchetti.
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