#quanto aveva ragione lila
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[Melina urla DONATO! dalla finestra]
Nino: Ma chi è?
Elena: È Melina, non te la ricordi?
Nino: Ma ce l'ha con me?
Elena: Non lo so...
[Melina urla ancora DONATO!]
Nino: Ma perché dice Donato a me?! Pare che assomiglio a mio padre io?
Elena: No...
Nino: Sicura?
Elena: Sì...
Melina: Aspiettame Donà!
Nino: Vabbuò Lenù forse è meglio ca me ne vac
Elena: No, aspetta
[Melina grida Donato, sbracciandosi]
Nino: No no Lenù, m'n vac
Melina, urlando: Sto venendo Donà!
Elena: Sì, forse è meglio che vai
Nino: Promettimi che vieni a Ischia
[Melina chiama ancora Donato dalla finestra]
Nino: *SCAPPA VIA CAMMINANDO ESATTAMENTE COME SUO PADRE*
#quanto aveva ragione lila#e meno male che poi se n'è accorta pure elena anche se molto tardi#non so perché mi è venuto in mente di fare il post in stile chat come si faceva ai vecchi tempi su tumblr#non ho gli strumenti né la pazienza per fare le gif#l'amica geniale#my brilliant friend#storia del nuovo cognome#è stato già detto nino sarratore omm e merd?
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Avengers: Endgame, tutti gli indizi sul futuro del MCU
Nuovo post su italianaradio http://www.italianaradio.it/index.php/avengers-endgame-tutti-gli-indizi-sul-futuro-del-mcu/
Avengers: Endgame, tutti gli indizi sul futuro del MCU
Avengers: Endgame, tutti gli indizi sul futuro del MCU
Avengers: Endgame, tutti gli indizi sul futuro del MCU
ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU AVENGERS: ENDGAME
Avengers: Endgame potrà non avere una scena post credits che preannunci lo sviluppo delle trame dei prossimi capitoli del MCU, tuttavia il film semina lungo la sua durata diversi indizi su quello che potrebbe essere il futuro, dalle serie in arrivo su Disney + agli standalone confermati.
Ecco allora tutto ciò che ci dice Endgame in merito:
Falcon e Soldato d’Inverno
Il finale di Avengers: Endgame, almeno per quanto riguarda il destino di Captain America e la sua eredità è tutt’altro che emblematico: tornato dal viaggio nel Regno Quantico invecchiato, Steve cede lo scudo a Sam Wilson lasciando intendere che sarà lui il prossimo supereroe a stelle e strisce. E Bucky invece? Giocherà il ruolo di spalla?
La serie, ufficialmente annunciata durante il lancio di Disney + e dedicata a Falcon e Soldato d’inverno sarà disponibile nel primo anno del servizio streaming e vedrà protagonisti gli eroi interpretati da Anthony Mackie e Sebastian Stan.
Nel logo presentato compaiono le ali di Sam Wilson e la stella rossa di Bucky, ed è probabile che lo show si concentrerà sulla dinamica tra le due figure più vicine a Captain America, che dovrebbe lasciare l’universo cinematografico Marvel dopo Avengers: Endgame.
A questo punto possiamo ipotizzare che negli episodi seguiremo Sam nel tentativo di eguagliare le imprese di Cap, aiutato da Bucky, in situazioni quotidiane e meno “rischiose” degli eventi globali accaduti finora nel MCU.
Scarlet Witch e Visione
Sempre riguardo le serie che arriveranno nei prossimi anni su Disney +, quella dedicata a Scarlet Witch e Visione ci incuriosisce particolarmente e in relazione a Endgame e agli esiti del capitolo conclusivo della Infinity Saga, c’è da dire che il film, almeno a livello temporale, sembra aver compromesso la continuità della trama e un’ambientazione successiva è altamente improbabile.
Questo perché Visione – ucciso da Thanos in Infinity War – non figura tra i personaggi riportati in vita dai Vendicatori, al contrario di Wanda, “resuscitata” dopo lo schiocco. Un’idea generale però potrebbe averla fornita la stessa Elizabeth Olsen sul red carpet di Endgame, spiegando che la serie prenderà spunto da “molti altri fumetti” e che sarà ambientata negli anni ’50, o almeno avrà un’estetica anni ’50.
È evidente che un’affermazione del genere faccia pensare subito ad un viaggio indietro nel tempo, ipotesi contemplata da diversi capitoli del MCU, e sia Visione che Scarlet Witch hanno avuto nei fumetti il potere dell’alterazione della realtà finora inutilizzati al cinema.
Valchiria regina di Asgard
Tra i personaggi sopravvissuti allo schiocco di Thanos c’è anche Valchiria, la guerriera asgardiana introdotta nel MCU in Thor: Ragnarok e interpretata da Tessa Thompson, che torna anche in Avengers: Endgame partecipando alla battaglia finale.
La vediamo, più fiera che mai, in sella al sua cavallo alato come la controparte dei fumetti, e al fianco delle altre supereroine combattere sul campo, ma quando arriva il momento di congedarsi è il Dio del Tuono ad insignirla di un nuovo e importante ruolo: sarà lei la sovrana di Asgard.
Questo cosa comporta per il futuro dell’universo Marvel? Possibile che sia Valchiria la protagonista di Thor 4, progetto di cui si parla in modo non ufficiale da diverse settimane? La stessa Thompson aveva accennato al fatto che qualche discussione era in corso negli uffici dello studio e che Taika Waititi potrebbe tornare dietro la macchina da presa…
Occhio di Falco
Come annunciato nei giorni scorsi, Disney + e Marvel Studios lavoreranno anche ad una serie tv interamente incentrata su Occhio di Falco, con protagonista Jeremy Renner. Il progetto, secondo quanto riportato dalle fonti, seguirà le avventure in solitaria di Clint Barton, uno dei sei Vendicatori originali, insieme a Kate Bishop, la prima erede dell’eroe nei fumetti e membro degli Young Avengers.
E guardando agli esiti di Avengers: Endgame e ai presupposti che il film crea, ci pare evidente che la Kate potrebbe essere Lila Barton, la ragazzina che vediamo all’inizio e che Clint sta istruendo nell’arte del tiro con l’arco. Addirittura la chiama simpaticamente “Occhio di Falco”, un indizio che proietta il personaggio verso il futuro.
Sarà davvero così? Quali nuove sfide attendono l’eroe sul piccolo schermo?
Thor insieme ai Guardiani della Galassia
Passiamo ora a un altro dei Vendicatori originali sopravvissuto al finale di Endgame, Thor, la cui scelta di abbandonare Asgard e lasciare il trono a Valchiria sembra suggerirci un possibile scenario per la trama di Guardiani della Galassia vol.3.
Si perché proprio prima della conclusione, il Dio del Tuono salpa insieme a Star-Lord e compagni a bordo del Benatar, dunque è chiaro che questa svolta debba significare qualcosa per la prossima fase del MCU.
Si era già detto che l’esito di Avengers 3 e 4 avrebbe determinato la base per il terza capitolo dei Guardiani, e il team si è ricomposto dopo la morte di Gamora e la resurrezione degli altri membri (Groot, Drax, Mantis e Peter Quill), più ovviamente il ritorno di Nebula e Rocket.
D’altronde la storia dei fumetti Marvel ci insegna che Thor e una squadra molto simile (con Valchiria, Angela, Thunderstrike, Throg, Skurge l’esecutore e Distruttore), si sono già riuniti in qualche modo nel corso di Asgardians of the Galaxy, pubblicato nel 2018. Che il gioco di parole tra Guardians e Asgardians nasconda qualcosa? Chris Hemsworth prolungherà allora il suo contratto e lavorerà con James Gunn?
Vedova Nera sarà un prequel
Se pensavamo che lo standalone su Vedova Nera attualmente in sviluppo avrebbe ripreso le avventure di Natasha Romanoff dopo gli eventi di Endgame, il film conclusivo della Infinity Saga sembra aver confermato il contrario, ovvero che il cinecomic fungerà da prequel, visto che nel terzo atto Nat muore sacrificandosi per ottenere la gemma dell’anima e risparmiando la vita dell’amico Clint Barton.
Dunque è evidente che Vedova Nera sarà a tutti gli effetti un viaggio nel “passato” del MCU (come Captain Marvel, ambientato in un’epoca mai esplorata all’interno dell’universo condiviso), riprendendo le sorti dell’agente Romanoff quindici anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica negli Stati Uniti, forse in un momento della timeline antecedente a Iron Man 2.
La fuga di Loki
Loki è uno dei tanti volti noti del MCU a comparire nelle sequenze dei viaggi nel tempo di Avengers: Endgame, e precisamente negli eventi che hanno coinvolto i Vendicatori a New York contro i Chitauri.
Come già saprete, arriverà il secondo anno nel catalogo di Disney + la serie spin-off sul Dio dell’inganno, con Tom Hiddleston confermato nei panni del personaggio. Lo showrunner e sceneggiatore di Rick and Morty, Michael Waldron, è stato ingaggiato dai Marvel Studios per scrivere il primo episodio e figurerà anche come produttore esecutivo.
Avevamo lasciato il personaggio durante il prologo di Avengers: Infinity War, ucciso da Thanos, ma diverse fonti riportano che la serie seguirà Loki in una diversa forma “umana” che influenzerà alcuni eventi storici. Se la notizia dovesse rivelarsi fondata, sarebbe esclusa la possibilità di vedere in azione la versione giovane del villain (smentendo quelle voci sull’arrivo di Kid Loki e del contributo di Hiddleston solo in veste di narratore).
Evidentemente gli sceneggiatori troveranno un modo per resuscitarlo dopo gli eventi della Decimazione, con il Dio dell’Inganno che sopravvive in una realtà alternativa. Questa è l’ipotesi suggerita da Endgame, dove lo vediamo fuggire dalla presa sia degli eroi che dello SHIELD. Loki è dunque libero in uno dei piani temporali…
Captain Marvel nuovo leader dei Vendicatori?
Sul ruolo di Captain Marvel nel futuro dell’universo cinematografico Marvel si è detto molto, a partire dal livello dei suoi poteri per nulla paragonabili a quelli dei suoi colleghi Vendicatori fino alla capacità di attraversare Terra e Spazio in grande facilità. Abbiamo scoperto le origini dell’eroina, il suo viaggio personale e la ricerca della propria identità nel film con Brie Larson, ed è chiaro che i Marvel Studios penseranno ad un sequel (o addirittura ad un franchise) in cui raccontare le sue imprese.
Ma guardando il quadro generale, è possibile che Carol diventi la nuova leader degli Avengers, sostituendo Tony Stark e Steve Rogers alla guida del team? Difficile a dirsi. Alla fine di Endgame compare da sola, al funerale di Tony, e non è chiaro se tornerà a difendere i pianeti di cui parla a War Machine o se invece resterà sulla Terra.
“Lei è ciò che più si avvicina a Captain America, cioè la persona che agisce nel giusto e che sa di avere ragione.” avevano detto gli sceneggiatori di Endgame. Ora resta da capire in quale realtà e in quale dimensione potrà agire nel pieno delle sue qualità…
Un Avengers tutto al femminile
Una scena chiave della battaglia finale di Endgame mostra riunite tutte le supereroine del MCU, da Captain Marvel a Wasp, insieme a Okoye e Valchiria, mentre fanno fronte comune, ed è un momento davvero emozionante se pensiamo che è la prima volta che il MCU propone una soluzione del genere.
Già durante la promozione di Captain Marvel, primo titolo dell’universo Marvel ad avere una supereroina come protagonista, Brie Larson si era detta disposta al 100% a partecipare ad un progetto collettivo con le altre eroine,così come Tessa Thompson ed Evangeline Lilly si sono sempre mostrate entusiaste all’idea.
Dunque è possibile che quella scena abbia anticipato l’arrivo dell’A-Force al cinema? Nei cinquant’anni di storia dei fumetti Marvel, questa è la prima volta che una formazione degli Avengers si presenta interamente al femminile…
Far From Home
Il vero e proprio capitolo finale della Fase 3 del MCU sarà Spider-Man: Far From Home, un ritorno alla realtà dopo gli eventi di Endgame che hanno ripristinato l’equilibrio dell’universo. Ritroveremo quindi Peter Parker, nella sua vita quotidiana, in viaggio verso l’Europa all’insegna di una vacanza scolastica che verrà interrotta dall’arrivo degli Elementali (creature misteriose che riescono a dominare acqua, fuoco e molto altro).
Ciò che ci incuriosisce maggiormente è il modo in cui il film si riallaccerà con quanto accaduto nel precedente cinecomic: Peter soffrirà per la morte del suo mentore, Tony Stark? In che stato si trova il nostro pianeta? Quale sarà la motivazione dell’eroe per andare avanti? Ci saranno scene post credits che anticiperanno il futuro dell’universo condiviso?
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Avengers: Endgame, tutti gli indizi sul futuro del MCU
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Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Cecilia Strazza
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“Conosco tutti i Cristi appesi nei musei; ma Tu cammini, Signore, questa sera, i passi miei”: la “Pasqua a New York” di Blaise Cendrars
“L’unico vero poeta che v’incontrai mai fu Blaise Cendrars”, scrive Ernest Hemingway in Festa mobile a proposito del caffè La Closerie des Lilas.
“Costruire la propria vita è una questione di vita o di morte”, scrive Blaise Cendrars a suo fratello Georges da San Pietroburgo nel settembre 1911.
Però non si firma Blaise Cendrars. Perché Blaise Cendrars non esiste. Non ancora… A scrivere è Freddy Sauser e come tale firma parlando dei suoi progetti, inquietudini e ossessioni, dalla Russia in cui si era fatto spedire a lavorare come commerciante d’orologi per allontanarsi dalla troppo borghese, e puritana Svizzera in cui era nato, a La Chaux-de-Fonds, vicino Neuchâtel.
Non vuol diventare giurista di fama come il fratello, né musicista anche se suona il piano e compone, né accademico, anche se ha avuto in mente ben due tesi, alla Sorbona, una su Balzac e gli autori inglesi, l’altra sui teorici del Rinascimento italiano. Perché non vuole avere un mestiere, per essere un uomo libero. Sebbene ciò voglia dire far fatica, vivere di espedienti, galérer.
Sotto l’influenza di Baudelaire e di Verlaine ha cominciato a scrivere, e non solo a disegnare, e nel 1909 c’è stato l’incontro capitale, tramite Apollinaire, con Remy de Gourmont, che in Bourlinger definirà “spirito senza pregiudizi, divoratore, distruttore, universale, scettico, volgarizzatore, irrispettoso, erudito e filosofo, dissociatore d’idee”, personale padre letterario: “Non sono il figlio di mio padre”, afferma infatti in Au cœur du monde, poema in cui millanta d’esser nato al 216 di rue Saint-Jacques, “nella casa in cui fu scritto il Roman de la Rose”, il cui manoscritto, nel primo volume della sua tetralogia autobiografica, L’Homme foudroyé, dice aver chiuso in una cassa inchiodata e riposta in una stanza segreta in una casa di campagna, gesto sepolcrale di crocifissione, poi di confessione e resurrezione, con la poesia che si tramuta in prosa matura senza snaturarsi, perché Cendrars resta fedele a ciò che disse commentando La prosa della Transiberiane e della piccola Jehanne di Francia: “Tutta la vita non è che un poema, un movimento. Non seguo che una parola, un verbo, una profondità, nel senso più selvaggio, più mistico, più vivo.”
Le Livre des masques di Gourmont segna la scoperta del mondo come rappresentazione, da cui lo pseudonimo per dirsi figlio della poesia francofona (Villon, Nerval, i simbolisti) pur non mancando di amare i tedeschi (Novalis, Nietzsche e Rilke). Di nazionalità francese diventerà combattendo con la Legione straniera nelle trincee della Grande Guerra. E quando un amico gli chiederà se Blaise Cendrars è il suo vero nome, gli dirà che è il suo nome più vero.
Forse, mere ipotesi, è l’amore per Charles Baudelaire che gli fa scegliere uno pseudonimo che contiene le stesse identiche lettere, come in un anagramma, imperfetto solo in quanto la “n” serve a evocare le parole francesi che indicano la cenere, il sangue, la rarità. Dietro c’è tuttavia anche una ragione famigliare e pratica, non volendo nuocere alla reputazione del fratello…
*
L’io che da Pasqua a New York arriverà alle opere autobiografiche è la messa in scena di un essere che tutto assorbe del mondo per osmosi diretta. E ovviamente attraverso la scrittura e la poesia. E che ovviamente assorbe anche l’altrui poesia. Su tutte quella del suo “maestro” Gourmont: Sixtine è all’origine del romanzo Moravagine; i suoi versi all’origine di Pasqua a New York. In quello che l’amico letterato Albert t’Serstevens chiama “stile d’incantamento” quest’opera conserva una ritmica ottocentesca che si fa però improvvisamente moderna, già quasi pronta a esplodere a bordo della Transiberiana per poi mutarsi, con una lenta trasfigurazione, nella pazzesca prosa di Moravagine e poi della tetralogia autobiografica, in un linguaggio che lo stesso t’Serstevens dice essere un “fiume amazzonico che trasporta a un tempo pepite d’oro e fango, diamanti grezzi e scorie, alberi morti e isolotti di fiori esotici [e che] non poteva che sommergerli nella sua corrente impetuosa”.
Blaise Cendrars… Sarà tacciato di antisemitismo, nel XIX e XX secolo un imprimatur per la grandezza letteraria. Sarà indirettamente attaccato da Breton per via del suo girovagare. A sua volta accuserà il gruppo surrealista di esser dei figli di papà. Dadaista della prima ora, non può sopportare critiche e manifesti… Fa ben altre scelte. “A partire dal 10 maggio 1940 il surrealismo era sceso in terra, non opera dei poeti assurdi che si pretendono tali e che sono tuttalpiù dei sub-realisti, visto che predicano il sub-cosciente, ma l’opera cosciente del Cristo, l’unico poeta del surreale…” (Verità).
Cendrars rompe col milieu letterario di Parigi, cui preferisce i viaggi, e nel corso di dieci anni, in un castello fuori città scrive in modo intermittente Notre pain quotidian, opera leggendaria che pare abbia chiuso in alcuni bauli, in giro per il mondo, buttandone a mare le chiavi. Mitomania? Forse invece bisogno di anonimato. Lo stesso delle incessanti partenze… Come in Russia. Poi a New York. Occhio alle parole: partir, compartir, pain, copains. È l’amico t’Serstevens a evidenziare questa serie… Partire e dividere-spezzare, il pane, con gli amici. Partire è rinascere. C’è Cristo nell’aria.
*
Con le donne è stato timido, nonostante una certa spacconeria verbale e legionario, poi virile ma morigerato, fertile condizione per artisti e mistici. Le sue prime tre fidanzate hanno subìto morti violente e prematuro, un colpo di fucile, una condanna per cospirazione in Russia, un incendio in casa. A New York aveva raggiunto l’amata Féla, la madre dei suoi tre figli, prima di incontrare la sua “Beatrice” Raymone, attrice di Carné e di Duvivier. Féla sta insegnando francese agli immigrati… Ma per Cendrars lavorare è una maledizione. Vuol solo scrivere. Per un po’ si piega. Ma solo per poco… La notte di Pasqua, in un minuscolo alloggio nella metropoli, colto dalla disperazione per sé e per l’umanità che si vede attorno, si rivolge a Gesù… Troppa morte lo circonda, ma crede in ciò che è eterno, Dio. La vita, l’amore e l’arte sono per lui parole per la stessa cosa. È la sua religione… Per la prima volta si sente libero scrivendo… Per la prima volta si firma Blaise Cendrars…
Nel 1949, ne Le Lotissement du ciel, l’ultimo capolavoro autobiografico, esplode in grida di gioia: “Ah! […] Non c’è che questo di vero per non condannare la vita e maledirla. I Santi, i Bambini, gli Uccelli e i Fiori, dei pazzi, dei doni gratuiti”. I Padri della Chiesa sono tra i suoi maestri… Scrive l’amico Henry Miller: “Non è inattivo: rifiuta, rigetta”. È un sì o no molto cristiano. A proposito di sì, nel 1959, a settantadue anni, si sposerà con Raymone dopo un matrimonio bianco, facendosi battezzare poco prima della morte…
Marco Settimini
***
Pasqua a New York
A Agnès
Flecte ramos, arbor alta, tensa laxa viscera Et rigor lentescat ille quem dedit nativitas Ut superni membra Regis miti tendas stipite…
Fortunat, Pange lingua
Fletti i tuoi rami, albero gigante, rilascia un po’ la tensione delle viscere, E che il tuo naturale rigore s’allenti, Non squartare cosi rudemente le membra del Re superiore…
Remy de Gourmont, Il latino mistico
Signore, oggi è il giorno del tuo nome, Ho letto in un vecchio libro le gesta della tua Passione,
La tua angoscia e i tuoi sforzi e la tua parola clemente Pianger nel libro, monotona, dolcemente.
Mi parla della tua morte un monaco di tempi passati. Tracciava la tua storia in caratteri dorati
In un messale che sulle sue ginocchia posava. Piamente, ispirandosi a Te lavorava.
Seduto al riparo dell’altare nella sua bianca tunica, E lentamente lavorava dal lunedì alla domenica.
Il tempo oltre la soglia del suo ritiro si fermava. Chino sul tuo ritratto, di sé si dimenticava.
Il buon fratello non sapeva se era il suo d’amore O se era il Tuo, o di tuo Padre, Signore,
I cui grandi colpi alle porte del monastero battevano Ai vespri, quando nella torre le campane salmodiavano.
Sono come quel buon monaco, stasera, sono agitato. Nella stanza a fianco, un essere muto e sconsolato
Attende dietro la porta, attende che io lo chiami – io! È l’Eterno – sei Tu ed è Dio, sono io.
Non Ti ho conosciuto quand’ero bambino, – né ora. Non ho mai pregato da piccolo, nemmeno allora.
Stasera tuttavia penso a te con paura atroce L’anima mia è una vedova in lutto ai piedi della tua Croce.
L’anima mia è una vedova in nero, – è tua Madre Senza lacrime e senza speranza, come la mostra Carrière.
Conosco tutti i Cristi appesi nei musei; Ma Tu cammini, Signore, questa sera, i passi miei.
Scendo ai bassifondi della città, con passo spedito Schiena curva, spirito febbrile, cuore avvizzito.
Come un grande sole son le tue coste spalancate Di scintille le tue mani son tutte contornate.
I vetri delle case tutti coperti di sangue E le donne, dietro, son come dei fiori di sangue,
Delle orchidee, strane malvagie piante appassite, Calici rovesciati sotto le tue tre ferite.
Del tuo sangue raccolto, mai si sono abbeverate. Col rosso le labbra e col pizzo il culo si son decorate.
Della Passione come ceri son bianchi i fiori, Del Giardino della Buona Vergine ecco i più dolci fiori.
È verso quest’ora, è verso le nove, Signore, Che la tua Testa cadde sul tuo Cuore.
Io, di quest’oceano siedo sul bordo E di un cantico tedesco ora mi ricordo.
In cui si dice, con parole dolci, semplici e pure, La bellezza del tuo Volto durante le torture.
Nella cripta di una chiesa a Siena ho scorto, Alla parete, sotto una tenda, lo stesso Volto.
E a Bourrié-Wladislasz, in una dimora isolata, In una teca per reliquie, è tutta dorata.
Gemme opache al posto dei tuoi occhi; Per baciarli i contadini si metton sui ginocchi.
Impressa è sul velo della Veronica; Ed è per questo che la Tua santa è Santa Veronica.
È la miglior reliquia portata per le campagne, Guarisce tutte le malattie e forze maligne.
Fa anche mille e mille altri miracoli, Ma io non ho mai assistito a questi spettacoli.
Forse la fede e la bontà mi mancano, Signore, Per veder della tua Bellezza cotale splendore.
Tuttavia, Signore, un pericoloso viaggio ho dovuto fare Per la tua immagine di berillo, per poterla contemplare.
Fa’, Signore, che nelle mani cui è appoggiato il mio volto Esso lasci cader la maschera d’angoscia da cui sono avvolto.
Fa’, Signore, che le mie due mani che alla bocca sto per portare La schiuma di una feroce disperazione non debban leccare.
Sono triste e sofferente. Forse a causa Tua, Forse a causa di un altro. Forse a causa Tua.
Signore, la folla di poveri per cui ti sei sacrificato È qui, stipata negli ospizi, come bestiame ammassato.
Immensi battelli neri giungon dagli orizzonti E li sbarcano alla rinfusa su banchine e ponti.
Ci son dei greci, degli spagnoli, degli italiani, Dei mongoli, dei russi, dei bulgari, dei persiani.
Ci son delle bestie da circo che scavalcano i meridiani. Gli gettano un pezzo di carne nera, come si fa coi cani.
Questa schifosa razione è la loro felicità, Signore, dei popoli sofferenti abbi pietà.
Signore, nei ghetti le turbe d’ebrei brulicano Sono tutti fuggitivi che dalla Polonia sbarcano.
Ti han fatto il Processo, lo so perfettamente; Ma t’assicuro, non tutta malvagia ne è la mente.
Nelle loro botteghe sotto delle lampade d’ottone, Vendon vecchi abiti, libri, qualche arma e munizione.
Rembrandt dipingerli nelle loro vecchie vesti ha molto amato. Io stasera un microscopio ho mercanteggiato.
Ahimè! Signore, dopo Pasqua Tu qui più non ci sarai! Signore, pietà per gli Ebrei nelle baracche, se puoi.
Signore, le umili donne che sul Golgota ti accompagnarono In fondo ai cabaret, su immondi divani, si nascondono.
Dalla miseria degli uomini sono inquinate. Nel rum nascondono il vizio incallito che le ha spogliate.
Dei cani gli han roso le ossa, Signore, E quando una di queste donne mi parla, sento un malore.
Vorrei esser Te per amar le prostitute. Signore, abbi pietà delle prostitute.
Sto nel quartiere del ladruncolo, Signore, Del vagabondo, di chi va a piedi nudi, del ricettatore.
Penso ai due ladroni che eran nel Supplizio ad accompagnarti So che di sorrider della loro sfortuna sai degnarti.
Signore, uno vorrebbe un nodo in fondo a una corda Ma non è gratis, costa venti soldi, quella corda.
Ragionava come un filosofo, quel vecchio bandito, Gli ho dato dell’oppio e più in fretta in paradiso l’ho spedito.
Penso al monco col suo organo di Barberia, al musicista, Che vive in strada, e anche al cieco violinista,
Alla cantante col cappello di paglia con le rose di panno; So che son loro che l’eternità accompagneranno.
Signore, fagli la carità, e non solo il bagliore di un faro, Signore, fagli la carità, quaggiù in terra, e in denaro.
Quando tu moristi, la cortina si fendette, Le cose che si videro dietro, nessun mai le ha dette.
La strada è nella notte come uno squarcio, Piena d’oro e di sangue, di fuoco e di marcio.
Quelli che hai scacciato dal tempio con le tue frustate Flagellano ora i passanti con malefatte a manciate.
La Stella che scomparve allora dal tabernacolo, Brilla sui muri nella luce cruda d’avanspettacolo.
Signore, la Banca illuminata è una cassaforte, In cui s’è coagulato il sangue della tua morte.
Le vie si fan deserte e diventan più nere. Io barcollo come un uomo ubriaco sul marciapiede.
Ho paura dei gran lembi d’ombra, sono i palazzi a proiettarla. Ho paura. Qualcuno mi segue. La testa, non oso voltarla.
Un passo zoppicante si avvicina sempre più, mi fa la posta. Ho paura. Ho le vertigini. Mi fermo apposta.
Questo strano tipo agghiacciante, uno sguardo m’ha lanciato Penetrante, e poi, malvagio come un pugnale, m’ha superato,
Signore, da quando non siete più Re non è cambiato nulla. Il Male con la tua Croce s’è fatto una stampella.
Scendo i gradini malandati di un caffè Ed eccomi, seduto, davanti a un bicchiere di tè.
Sono da dei cinesi che con la schiena pare sorridano Sono gentili come macachi, quando s’inchinano.
Il locale è piccolo, le pareti di rosso son decorate E delle curiose fotografie nel bambù sono incorniciate.
Hokusai i cento aspetti di una montagna ha colto Come sarebbe, dipinto da un cinese, il tuo Volto…?
Quest’ultima idea mi ha fatto dapprima sorridere, Signore, Ti vedevo stilizzato, martire nel tuo dolore.
Ma il pittore, invero, vi avrebbe dipinto sofferente, Con più crudeltà che i nostri pittori d’Occidente.
Delle lame ondulate le tue carni avrebbero segato, Delle pinze le unghie e i denti avrebbero strappato,
Degli immensi dragoni ti avrebbero attaccato, E delle fiamme sul collo ti avrebbero soffiato,
La lingua e gli occhi avrebbero potuto strapparti, Su di un piolo avrebbero finito con l’impalarti.
E avresti sofferto tutta l’infame punizione, Perché di quella non c’è più crudele posizione.
Per finire, ai porci ti avrebbero gettato, Che il ventre e gli intestini ti avrebbero divorato.
Sono solo in questo momento, le altre persone sono uscite. Son steso su una panca contro la parete.
Avrei voluto entrare, Signore, in una delle chiese; Ma non ci son le campane, Signore, in questo paese.
Penso: – dove son le antiche campane qui non più squillanti? Dove sono i lunghi offici, dove i bei canti?
Dove son le dolci antifone e le litanie? Dove son le musiche e le liturgie?
Dove sono i tuoi fieri prelati, Signore, e le tue monache, Dove l’alba bianca, dove dei Santi e delle Sante le tonache?
Le gioie del Paradiso annegano impolverate, I fuochi mistici più non rutilano nelle vetrate.
L’alba tarda a venire, e in questo tugurio desolante In una visione di rosso in sfondo nero, tremolante,
Delle ombre agonizzano sul muro come in una crocifissione, E in uno specchio del Golgota di notte ho l’impressione.
Il fumo, sotto la lampada, è come quella stoffa sbiadita Che fa il giro, attorcigliata, intorno alla tua vita.
Sopra, la pallida lampada è sospesa, Come la tua Testa, triste e morta ed esangue.
Dei riflessi strampalati palpitano sui vetri… Ho paura, – e sono triste, Signore, d’esser così triste.
“Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?” – La luce rabbrividire, umile nel mattino.
“Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?” – Dei biancori perduti palpitare come mani.
“Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?” – L’auguri della primavera trasalirmi in seno.
Signore, l’alba è scivolata come un sudario, gelidamente, E su in alto ha messo i grattacieli a nudo, completamente.
Già sulla città un rumore immenso risuona. Già il treno sobbalza, e sfilando tuona.
Nel sottosuolo la metro marcia e rimbomba I ponti ferroviari son scossi da un’onda.
La città trema. Delle grida, fumi e fuochi Sirene a vapore emetton muggiti rochi.
Nella febbre per l’oro la folla è persa In lunghi corridoi si urta e si riversa.
Il sole, offuscato nella trama dei tetti fumanti, È il tuo Volto ricoperto dagli sputi oltraggianti.
Signore, torno stanco, solo e molto tetro… La mia camera è nuda come una tomba…
Signore, sono solo e ho la febbre… Il mio letto è freddo come una bara…
Signore, chiudo gli occhi e batto i denti… Son troppo solo. Ho freddo. Ti chiamo…
Centomila trottole volteggian davanti ai miei occhi… No, son centomila donne… No, centomila violoncelli…
Penso, Signore, alle mie ore infelici… Penso, Signore, alle mie ore lungo le strade…
Non penso più a Te. Non penso più a Te…
New York, aprile 1912
Blaise Cendrars
[traduzione italiana di Marco Settimini]
*
*Il 15 novembre 1912 Cendrars invia alla cognata Agnès una versione diversa del poema, ben più allucinata, in cui descrive i grattacieli vertiginosi di una New York nel cui cielo fanno capolino “immense nubi nere che si mescolano, turbinano e passano in forma di croce”. Tre frammenti meritano di esser riprodotti. Si noterà l’identificazione Cendrars-Cristo. La mano mozza ne è il sacrifico redentore.
“Sul suo letto d’insonnia il Cristo si alza sconvolto. Si è così tanto dibattuto, che ha potuto liberarsi un braccio strappandosi una mano, inchiodata ormai al Legno spugnoso, come una coscienza. Il suo braccio monco fa dei gran gesti”.
“D’improvviso due braccia calcinate, magre, nere fuoriescono dal mare spumeggiante, spuntano, e le due mani torturate dalla disperazione si congiungono in un gesto supplicante, giusto sul disco solare. Piovono lacrime di sangue…”
“Una nube s’ispessisce, scende, cade, sipario troppo pesante. Chiudo gli occhi! Sotto il mio cranio la città d’apostasia rimbomba come un tuono infernale. Pietà!”
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