#purtroppo la mia amica è in viaggio e le altre persone che conosco non hanno scelto questo corso
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cerco sempre di essere gentile con tutti ma mi stupisco quando gli altri non lo sono con me
#da qualche giorno non sto molto bene e non sono andata a lezione#ho chiesto sul gruppo delle informazioni su un corso che avrei dovuto seguire (di solito nella prima lezione danno informazioni su materiale#- esame ecc)#purtroppo la mia amica è in viaggio e le altre persone che conosco non hanno scelto questo corso#non ci credo che su un gruppo di più di duecento persone nessuno abbia seguito la lezione di ieri#non mi sembra di aver chiesto la luna ma solo qualche informazione su un corso che se fossi stata bene avrei seguito#io quando posso aiutare lo faccio più che volentieri e mi è capitato di rispondere sul gruppo quando appunto avevo le informazioni per farlo#quanto mi urta (non solo per me ma in generale) quando una persona fa una domanda e nessuno le risponde#ho pure scritto alla profe ma si è limitata ad una risposta minima tipo questa cosa l'ho detta a lezione eh grazie al ca
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Questo è un titolo fuorviante
E così ho visto Master of None. Lo so. Arrivo tardi: siamo su Tumblr ed ovviamente tutti lo hanno già visto.
Vinto l’iniziale scoglio del cringe estremo delle prime due puntate, e regolata la mia percezione sui dialoghi spesso banali ma molto “quotidiani”, ho potuto apprezzarlo. Parecchio, direi. Ma non sono qui a fare una recensione del telefilm, ce ne sono un milione su internet. Più che altro, volevo parlare di lei:
Francesca. Ok, Innanzitutto intendo comunicare a tutti che, con tutto il rispetto per la Mastronardi, uno dei miei amori segreti più sentiti (mi sono pure visto un paio di puntate dei Cesaroni, per lei, rendiamoci conto del dramma in cui vivo), mi sto adoperando per presentare una risoluzione ONU che la renda globalmente illegale ovunque nel mondo. Il personaggio di Francesca è letteralmente tortura su gambe, e sono del tutto convinto che sia stato deliberatamente concepito per essere fisicamente doloroso per il maggior numero di uomini possibile.
Purtroppo, però, oltre ad essere un personaggio doloroso è anche estremamente verosimile e credibile. Francesca è una perfetta sintesi televisiva di una categoria di donne (per quanto le persone possano essere messe in categorie: abbastanza opinabile in effetti) che conosco, purtroppo, molto bene e su cui ho un simpatico aneddoto: io ed un mio collega polacco ci siamo conosciuti superati i 30, e ci siamo resi conto, una sera, che avevamo sviluppato negli anni lo stesso identico nomignolo per tale categoria. Le Spandimorte, o Deathsprayers.
Mi rendo conto come non suoni benissimo, ma in effetti non deve: le spandimorte sono quelle ragazze che hanno una naturale somma di caratteristiche, nell’aspetto, nel modo di fare e nel modo di parlare, per cui esercitano una fortissima forza gravitazionale per chiunque passi del tempo con loro. Similmente a quanto accade in un buco nero, entrare in tale campo di attrazione consiste in una insostenibile compressione emotiva, nel conseguente collasso dei propri sentimenti fino all’inevitabile morte, che sia del rapporto o semplicemente della propria dignità. Ovviamente caratteristica essenziale delle spandimorte è di non essere mai, per nessun motivo, disponibili: o stanno con lo stesso ragazzo dal XVI secolo, oppure hanno storie ragionevolmente lunghe, da uno a tre anni circa, intervallate da periodi di singletudine così corti che se non le vedi tutti i giorni non puoi che perderteli.
Le spandimorte non sono però delle stronze: non giocano con questa loro caratteristica, sono anzi spesso persone di indole molto onesta e dal carattere tendenzialmente dolce, a volte addirittura remissivo. Quando si rendono conto del danno cercano di spiegarsi, subiscono la confusione di ciò che la loro presenza ha involontariamente causato, provano sinceramente a contenere i danni e stanno male per questo.
Come Francesca.
Personalmente, dicevo, conosco tremendamente bene la categoria. Ne conosco quattro, di loro: ragazze molto diverse in verità, in tutto, tutte molto peculiari, tutte accomunate dalla caratteristica di essere, senza dubbio alcuno, delle spandimorte. Con una di loro sono stato per più di un anno, e la mia psichiatra potrà fornire un resoconto molto più dettagliato di quanto io possa mai fare. Lei, insieme ad altre due, mie amiche a cui voglio un bene dell’anima, sono riuscito a metterle lontane, a centinaia di chilometri da casa mia: ogni tanto viaggio, vado a trovarle, facciamo un giro, ceniamo insieme, mi spacco la testa contro il muro la sera stessa tornato in albergo e fine, amici come prima. Una però è amica di amici, e capita di vederla.
Con questa ragazza, che peraltro somiglia anche fisicamente alla Mastronardi, ho avuto praticamente una sola conversazione degna di nota in anni, la sera in cui l’ho conosciuta. Ci trovammo in un’enoteca con amici, ma successivamente quasi tutti gli altri ci lasciarono per andare a ballare. I due rimasti, oltre a me e lei, trovarono altri loro conoscenti, e si allontanarono per fare chiacchiere. Parlammo di fotografia per un’ora, forse un’ora e mezzo. Lei è una di quelle hipster che vanno matte per la fotografia a pellicola, che collezionano corpi macchina color alluminio purché siano vecchi, che, nelle gite fuori porta, scattano particolari dell’abbigliamento dei propri amici e sviluppano solo in bianco e nero. Ora, io sono un fotografo. Non professionalmente, al momento, ma l’ho fatto per anni, e scatto con la pellicola da quando avevo tipo quattro anni: come ho fatto un altro milione di volte, avrei dovuto argomentare, ed infine polemizzare, su come la fotografia digitale abbia praticamente salvato il mondo, su come la qualità oggi sia immensamente superiore, su come la versatilità di un corpo digitale sia ineguagliabile e che la fotografia su pellicola, nel 2017, sia solo per coloro che non sanno nulla di fotografia ma amano crogiolarsi all’idea di essere degli intenditori. Il fatto è che no: non ho replicato. Non era possibile farlo. Diceva le cose in un modo tale da farle sembrare ultraintelligenti e ragionevoli, e dopo anni non ricordo più cosa ci siamo detti ma ricordo perfettamente che il suo era un ottimo punto di vista.
Ma il punto è che probabilmente non lo era affatto: questa è solo la caratteristica principale delle spandimorte. Ti disarmano, e ti rendono impossibile condurre qualsiasi confronto sul piano intellettuale. Loro sono interessanti, a prescindere, e ti trascinano sul loro piano di conversazione qualunque esso sia. Ti fanno appassionare a qualunque cosa piaccia loro, che sia la fotografia da hipster, il cinema, l’arte, il decoupage, l’opera o qualsiasi altra cosa. E più entri nel tunnel che ti mettono davanti, più ti dimentichi chi sei tu, e più te lo dimentichi più sei incapace di gestire la distanza ed il rapporto umano, e poi, senza nemmeno capire come sia successo, sbam, ti ritrovi innamorato, ossessionato, costantemente con lei nei tuoi pensieri, ad immaginare conversazioni mai avvenute e che suonano tutte benissimo. Ti convinci pure che basti la sua presenza a renderti felice e che null’altro conti.
E la cosa peggiore è che è vero. È veramente così, non sono pie illusioni.
Non serve nemmeno essere dei morti di figa per subire questo fascino: si può tranquillamente essere a propria volta impegnati, ed innamorati, anche molto innamorati della propria ragazza. Non fa alcuna differenza: è un campo gravitazionale, agisce a livello meccanico.
Tuttavia, però, le spandimorte sono non disponibili per definizione. L’unico modo per non soffrire come un cane autoannientandosi, oltre a starne il più lontani possibile, è convicerla a cambiare casacca, cosa che però avviene di rado: innanzitutto bisogna essere ricambiati, tutto fuorché scontato in quanto lei già impegnata e quindi, si suppone, innamorata, e poi anche lei deve avere i suoi gran bei problemi, perché la spandimorte perfetta ha un forte senso della responsabilità, e non fa cazzate. Nel caso di quella con cui io sono stato, lei era stata tradita dal suo ragazzo con una prostituta (o più) a Praga. Così è facile, è un colpo gobbo, ma sono congiunzioni astrali che capitano una volta nella vita.
Quindi, tutto questo, per dire una sola cosa: uomini, perfavore, salvaguardatevi. Il mondo di oggi da un grande peso (giustamente) alla sofferenza emotiva delle donne, a come un uomo possa essere infame e danneggiare, spesso anche involontariamente ma non per questo meno colpevolmente. Tutti lo sappiamo, sono battaglie pubbliche. Ma nell’ammettere il contrario per gli uomini c’è ancora un certo stigma: da uomini siamo educati, spesso dalla famiglia e spesso dalla società stessa, ad essere quelli forti, quelli che non devono avere debolezze, quelli che devono ricevere sentimenti se meritevoli, quelli che “prendono” ciò che “vogliono”, quelli che quando si parlare di relazioni amorose “conquistano” una donna, come se fosse il Lussemburgo.
Non è mica vero. Noi non siamo affatto più forti, anche noi crolliamo senza difese, e tutti i modi di dire del cazzo per convincere noi stessi che possiamo scegliere sono, appunto, del cazzo.
Semplicemente, stay safe.
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