#pomeriggio in rosa
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Potevo avere 5 anni. A quel tempo eravamo soliti trascorrere le feste natalizie da alcuni zii, la cui casa in campagna diventava allora accogliente rifugio per parenti e amici. Portavo sempre con me un pupazzo a farmi compagnia, dato che i miei cugini, ormai adolescenti, avrebbero certo mal sopportato l'idea di giocare assieme. Ricordo ancora chiaramente quel pomeriggio: la sera saremmo stati dai miei zii come di consueto ed io mi sarei malannoiato fra i bigi discorsi degli adulti, urgeva perciò la Selezione.
L'ambita Selezione avveniva per eliminazione diretta in scontri 1 vs 1. Ogni pupazzo s'affrontava in una moderna rivisitazione delle giostre medievali, allo scopo di conquistarsi il mio cuore. Come sempre accade, anche quel torneo era palesemente truccato, sicché alla fine trionfavano sempre gli stessi. Fra i grandi campioni, la più avvezza alla vittoria era senza dubbio la Pantera Rosa, un vecchio pupazzo che mi portavo sempre dietro, ovunque andassi. Dopo averla portata in trionfo quel pomeriggio, le promisi che ci saremmo divertiti, sarebbe stata una grande serata. Non sapevo, ahimè, che per noi sarebbe stata purtroppo l'ultima. Il mio giocarci difatti, a quell'età, trovava massimo sfogo nel lanciar in aria il malcapitato pupazzo, raccoglierlo per poi reiterare il gesto ad libitum. Uno di quegli sciagurati lanci però mandò la pantera talmente in orbita da farla finire dietro un'enorme e inamovibile credenza. A nulla valse piangere e disperarsi, la povera pantera restò lì (con sadico compiacimento di tutti gli astanti). Ricordo ancora il malinconico struggimento di quei giorni densi di colpa e mortificazione, le penose richieste e la perenne risposta ("Quando faremo pulizia"), i piani perversi studiati in dormiveglia per infiltrarmi in casa loro e riprendermi la pantera e il languido desiderio che mi s'accendeva a ogni fiera di paese, quando scorgevo fra i premi del tiro a segno un pupazzo simile a quello tanto amato e perduto.
Sono passati trent'anni, dico d'aver dimenticato, ma una parte della mia infanzia è rimasta sepolta lì, dietro quella credenza, dove ho smesso definitivamente di credere agli adulti e ho imparato cosa vuol dire perdere qualcuno o qualcosa senza potergli dire addio. O almeno credevo, perché l'altro giorno chiama mia zia per dirci che finalmente, dopo trent'anni, hanno fatto pulizie e spostato la credenza, trovandovi "un giochino di quando Giuseppe era bambino, non so se se ne ricorda ancora..." Ah, zia ingenuotta! Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato, così sulle prime ho pensato, "chissà se mi riconoscerà dopo tutto questo tempo..." "del resto anche casa nostra è cambiata, spero non si senta a disagio". Siamo andati a prenderla la sera stessa, era tutta sporca, molto più piccola di quanto ricordassi, orba d'un occhio (non oso immaginare cosa deve aver subito in questi trent'anni di prigionia) e con un aspetto decisamente vintage, ma ora è di nuovo a casa. Mia madre era convinta che dopo anni d'oscurità e polvere, si sarebbe sbriciolata dopo pochi minuti al sole, invece sembra reggere ancora. Dopo averla lavata a fondo, oggi l'ho potuta finalmente riabbracciare come quell'ultima volta trent'anni fa e ho un po' pianto. È stato come riabbracciare quella parte di me che credevo perduta per sempre.
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Il Sogno Giallo di Arles
(racconto di fantasia)
Arles, una piccola città nel sud della Francia, era diventata la tela sulla quale Vincent Van Gogh dipingeva i suoi sogni più vivaci. In quel periodo, i girasoli erano i suoi assoluti protagonisti. Non erano solo fiori, ma un simbolo, una fiamma che bruciava dentro di lui.
Un pomeriggio, mentre il sole calava tingendo il cielo di arancio e rosa, Van Gogh si ritrovò in un campo di girasoli. I fiori, alti e orgogliosi, si piegavano sotto il peso dei petali dorati, quasi volessero toccare la terra con i loro cuori gialli. Vincent prese la sua tela e i pennelli, e iniziò a dipingere.
Con pennellate veloci e vigorose, catturò la luce che danzava tra i fiori, il vento che muoveva le loro teste e il silenzio profondo della campagna. In ogni pennellata, c'era tutta la sua passione, la sua gioia, ma anche una profonda malinconia. I girasoli, per lui, erano un modo per esprimere la bellezza della vita, ma anche la sua fragilità.
Mentre dipingeva, pensava a suo fratello Theo, al quale voleva dedicare queste tele. I girasoli, con la loro luminosità intensa, erano un omaggio alla loro amicizia, un ponte tra due anime unite dall'arte.
Quando l'ultimo raggio di sole scomparve, Van Gogh tornò a casa con la tela ancora umida. Si sedette davanti al camino e osservò l'opera, soddisfatto e commosso. In quel campo di girasoli, aveva trovato la sua felicità, seppur effimera.
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Andrea ha 15 anni, la madre lava un paio di suoi pantaloni rossi ma stingono e diventano rosa. Andrea non ci fa caso, li indossa e torna a scuola. Inizia così a essere preso di mira. Vessazioni e umiliazioni di ogni tipo fino alla creazione di una pagina Facebook dal nome IL RAGAZZO DAI PANTALONI ROSA.
Andrea si toglie la vita. È il 2012. Sarà il primo minore che in Italia si uccide a causa del bullismo e dell’omofobia.
Per sua madre Teresa si aprono le porte dell’inferno. Fino a che un pomeriggio scopre quella maledetta pagina Facebook e legge tutto il male riversato su suo figlio.
In mezzo al dolore più atroce trova la forza di battersi contro questo fenomeno di violenza sui social. Va nelle scuole, scrive un libro, incontra associazioni.
Il 10 ottobre al cinema uscirà il film Il ragazzo dai pantaloni rosa. Teresa ha trasformato il dolore in speranza. Che nessun altro genitore viva quello ha vissuto lei.
Amen
#Pride2024
Claudia Sarritzu, Facebook
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Buon pomeriggio
Vi faccio dono della “Rosa Meditativa”di Dalì
Esotericamente la rosa rappresenta l'uomo nel suo cammino evolutivo, prima di far sbocciare la "rosa" occorre attraversare le spine della vita, la lacrima rappresenta sia il dolore sopportato, sia la gioia dello sbocciare... 😊
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Magenta
Tra i vecchini dei palazzi intorno al mio negozio c'è una gara a chi mi saluta più calorosamente, a chi urla di più dalla strada e si sbraccia per salutarmi anche se sono dentro a porta chiusa, magari con dei clienti. A loro non importa, si fermano, mi guardano e si sbracciano sorridenti. Ormai è un nostro rito, siamo una gang.
Il mio preferito è, senza ombra di dubbio, il bicentenario con il bull dog che sembra uscito dalla scena della somiglianza cane-padrone de "La carica dei 101".
Poco fa si è affacciato in negozio uno dei vecchini del palazzo proprio di fronte alla mia porta. Lui è uno di quelli con cui ho meno confidenza, non fa parte della nostra matta e spericolata gang del buongiorno, sì mi saluta ma allo stesso tempo mi scruta, mi studia, secondo me cerca di capire che tipo sono e che lavoro faccio, ogni tanto mi dice qualcosa sul tempo ma niente più, solitamente mi guarda e mi osserva, un po' con il broncio.
Poco fa, dicevo, si è affacciato in negozio e mi ha detto:
"Buon pomeriggio, può venire un attimo con me in strada?"
"Certo, arrivo subito!"
Arrivata vicino a lui, ha alzato l'indice nodoso verso il suo balcone al primo piano e mi ha sorriso.
"Visto che lei se ne intende di colori volevo farle vedere quanto sono belli i gerani che ho appena messo in balcone. Non sono rossi, non sono fucsia o rosa, sono così belli. Come si chiama quel colore di preciso?"
"Magenta. Sono dei bellissimi gerani magenta."
"MAGENTA. Bello. Mi piace. Grazie."
E se n'è andato, soddisfatto.
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Buon Pomeriggio 🌺
Una vista azzurro mare
un tocco di rosa
un delizioso caffè...
-Sara-
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Giorno 332 - Giorno 338
il the di domenica pomeriggio al miele con i krumiri a casa
camminare con il sole in faccia in un pomeriggio freddissimo sul lungopo
una ragazze ci incontra per strada e definisce a. e t. << magici >>
la rosa alla vaniglia di piscitella
le lenzuola nuove invernali
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Ho iniziato lost ed ho comprato uno zaino color rosa antico. Bel pomeriggio proficuo, brava giovanna bravaaaaa
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C'è una paziente ("ospite"), dove lavoro, ha 93 anni, occhi azzurrissimi e un folto caschetto di capelli liscissimi e perfettamente candidi. È parzialmente presente a se stessa, non riesce più a camminare, anche se ha ancora la forza di alzarsi da sola dalla sedia a rotelle e stare in piedi. È sempre molto gentile e affettuosa, ama vestire di rosa e le piace colorare, attività nella quale mette molto impegno. I figli (presenti e affezionati alla madre) le comprano vestiti morbidi dai colori pastello che la fanno sembrare una caramella e le prendono dei fermagli per capelli pieni di fiocchetti e a forma di dolciumi. Io la chiamo "Principessa fragolina di bosco" e la cosa la fa sempre ridere. Ieri pomeriggio è venuta la figlia a trovarla, ma quando la mia paziente ha visto che fuori iniziava a fare buio, ha cominciato a dire alla figlia: "Dai vai, vai via! Fa buio, è pericoloso per strada! Corri e metti il cappotto quando esci che fa freddo!" con il tono imperioso che solo le mamme innamorate e preoccupate hanno. E non si è data pace finché la figlia non è andata via, dopo mille promesse di tornare presto a trovarla. Ho aperto il cancello alla figlia e ho riportato la paziente nella sala comune, dove si stava apparecchiando per la cena. Poi me ne sono andata in bagno per non farmi vedere piangere dagli altri pazienti.
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Pomeriggio di pioggia a casa e l'unica cosa che senti/vedi in tv o sui social è Sanremo quindi cosa ti viene in mente:
"PERCHÉ NON PROVARE A MIXARE LE CANZONI!"
È venuto fuori qualcosa tipo:
"MAH...COSA HO CREATO" e "MA È BELLISSIMO!!!"
Mi sveglio ed è passata solo un’ora
Non mi addormenterò
Ancora otto lune nere e tu la nona
Madre figlia,luna nuova,sorella amica mia Io ti do la mia parola
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
Ma nel profondo sono libera,orgogliosa e canto
(Sinceramente tua & Mariposa)
C’è una guerra di cuscini
Ma cuscini un po’ pesanti
Se la guerra è dei bambini
La colpa è di tutti quanti
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane
Non c’è mai pace
Ma il prato è verde,più verde,più verde
Sempre più verde(sempre più verde)
Il cielo è blu,blu,blu
Molto più blu (ancora più blu)
(Onda alta & Casa mia)
Ma di svegliarmi con accanto qualcuno
Per me l’amore è come un proiettile
Lo sai che sei un proiettile nel cuore però avevo il giubbotto
E lo sai,cercarti è un po’ come aspettare ad un semaforo rotto
(Click boom & Un ragazzo una ragazza)
Cosa siamo noi
Solo diamanti grezzi
Cadono in mille pezzi
Ma siamo fragili
Come la neve
Come due crepe
(Diamanti grezzi & Fragili)
Cosa ci fai qui
Non vorrai mica deludermi
Hai sciolto le catene che abbiamo stretto insieme
Per tenerci lontani
Non mi piace niente ma tu mi togli il respiro
Apnea
(Ti muovi & Apnea)
Affogo in una lacrima perché il mio destino è autodistruttivo
Copri le lacrime segreti da tenere,non farti scoprire
Lo sai che a casa non devon sapere,cosa dovrai dire
(Autodistruttivo & La rabbia non mi basta)
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Solo una stupida canzone per riuscire a riportarti da me
Soltanto un’ultima canzone per riuscire a ricordarmi di te
('I l' me,tu p' te' & Tu no)
Io sono pazza di me,di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io,faccio da sola,da sola
E sono pazza di me
Prima di te non c’era niente di buono
Come se
Tu fossi l’unica luce a dare un senso
E questa vita con te
È un capolavoro
(Pazza & Capolavoro)
Io che da sola
Non so stare
Ad occhi chiusi
Sopra la follia
Perché in giro da sola non resto
Anche la più bella rosa diventa appassita
Va bene,ti aspetto,ma non tutta la vita
(Fino a qui & Ma no tutta la vita)
La mia collana non ha perle di saggezza
A me hanno dato le perline colorate
Per le bimbe incasinate con i traumi
Da snodare piano piano con l’età
Eppure sto una pasqua guarda zero drammi
Tu non guardare indietro mai e vai uh uh
Non guardare indietro mai e vai uh uh
Non guardare indietro mai e vai uh uh
(La noia & Vai)
Tu che non mi ami
E io ancora che ti chiamo
Per dirti
Finiscimi
Fammi sentire quanto sono pessimo
Ma tu già lo sai
Che io non sarò mai
Un porto sicuro
In un mare calmo
Mi hai lasciato con l’amore in bocca
(Finiscimi & L'amaro in bocca)
Lasciarmi cadere nel vuoto per sentirmi vivo
Anche solo per un attimo
Rincorrere ancora quel brivido
Sarà fantastico
Morire ancora per te
Vorrei guardare il passato con te
Addosso al muro col proiettore
Viverlo insieme un minuto anche tre
Scappare per un po’ da Roma Nord
(Il cielo non ci vuole & Tutto qui)
Parliamone da soli in una notte di prigione
Con gli occhi spalancati e le labbra di silicone
Dammi un po’ di te,un pezzo dei Blur,un locale da spaccare
(Fammi vergognare)
Non paragonarmi a una bitch così
Non era abbastanza noi soli sulla jeep
Ma non sono bravo a rincorrere
5 cellulari nella tuta gold
Baby non richiamerò
(Governo punk & Tuta Gold)
E non sai come vorrei farne a meno
E lo sa solo Dio
Chi è più pazzo di me
Sotto questo mantello di cielo
E allora piove da quel buco sulle teste,
Sì,ma non fa niente.
Tanto si riparte:
Non so nemmeno dove.
(Pazzo di te & Ricominciamo tutto)
Ma abbracciami abbracciami che è normale
Stringerti forte è spettacolare
Come l’amore il primo giorno d’estate
Come i dischi belli che non scordi più
Come l’istante che ti cambia per sempre
Ma in fondo resti ancora e ancora
Io e te fermiamo il mondo quando siamo insieme
Anche se dura un secondo come le comete
Griderò,griderò il tuo nome fino a perdere la voce
Sotto la pioggia sotto la neve
Sospesi in aria come due altalene
(Spettacolare & Due altalene)
-la ragazza dal cuore nero♡
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Era dolce e bello sapere che tra loro due c'erano segreti che tessevano una vita sottile e leggera sull'altra vita, quella reale. Nessuno avrebbe mai immaginato che Otávio, una volta, l'aveva baciata sulle palpebre, che aveva sentito sulle labbra le sue ciglia e aveva sorriso. E miracolosamente lei aveva capito tutto senza che parlassero. Nessuno avrebbe immaginato che un giorno si erano amati tanto che se n'erano rimasti zitti, seri, immobili. In ciascuno di loro due si accumulavano conoscenze mai indagate da estranei. Lui un giorno se n'era andato. Ma non importava tanto. Lei sapeva che fra loro due c'erano «segreti», che tutti e due erano irrimediabilmente complici. Se lui se ne fosse andato, se avesse amato un'altra donna, se ne sarebbe andato e avrebbe amato un'altra donna per renderla in seguito partecipe, anche senza raccontare niente. Lidia sarebbe stata comunque parte della sua vita. [...] È vero che la qualità di quegli avvenimenti era tale che non li si poteva rammentare pensando. Neanche pensando con parole. Solo fermandosi un istante e sentendo di nuovo. Che lui dimenticasse pure. Nella sua anima, però, sarebbe certo rimasto un segno, chiaro, rosa, ad annotare quella sensazione e quel pomeriggio. Quanto a lei, ogni giorno le portava nelle sue acque nuovi ricordi di cui nutrirsi. E a poco a poco le saliva per tutto il corpo una riposante certezza di felicità, di scopo raggiunto, lasciandola soddisfatta, quasi sazia, quasi addolorata.
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Izzi era arrivata al punto di chiedersi come credere nella domenica se non credeva nemmeno più al suo vero nome (Izzi aveva sostituito Elisabetta da quando sua madre fin da piccolissima la chiamava così). La domenica - diceva la nonna davanti a lunghe tavolate in legno cosparse di farina - è il giorno ideale per curare le occhiaie e il cuore infranto: ma per la seconda cosa non basta un impacco tiepido di camomilla romana e petali di rosa da mettere sugli occhi. Ci vuole una magia del tempo.
Izzi non aveva mai ricevuto in dono la ricetta definitiva per curare il cuore infranto; ma negli anni aveva accumulato piccole intuizioni che restavano nascoste in profondità e poi venivano su, puntualmente, ogni domenica: quella che più di tutti amava era passeggiare per i sentieri boscosi dietro casa che si intrecciavano come il simbolo dell'infinito e sbucavano in prossimità del mare. Lì aveva imparato a non trattenere più il suo caro mucchietto di sabbia nel pugno saldo ma a lasciarla scorrere attraverso il foro aperto prima dal mignolo, e poi dall'anulare, e poi dal medio.
Una scia continua si adagiava lungo la strada, forse era quella la magia del tempo di cui parlava la nonna: osservare le cose scorrere, passare dalla presa salda della nostra mano a disperdersi nel vento di un freddo pomeriggio di maggio. La magia del tempo per curare il nostro cuore infranto.
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Distopia 2022
Nella strada asfaltata di Roma le persone si confondevano con i loro cellulari, i loro sguardi erano lì e Matteo non poteva più guardarli in faccia, per non rivelare il suo stato d’animo, mentre ascoltava i loro pensieri con il cellulare che aveva ben premuto nella tasca. Stava tornando a casa dal suo lavoro di insegnante in cui ogni anno ripeteva le medesime cose, alcune sincere ed altre non, creando però di sé un’immagine e una figura inattaccabile. Ma il suo lavoro era leggere i pensieri degli altri, sul cellulare a raggi X, che aveva l’abilità di captare i pensieri riflessi degli altri tutto il pomeriggio, fino al calar del sole. Grazie a questo suo lavoro, metteva like ai post che erano più adatti ad alcune persone, e pensandole riusciva ad indirizzarle a loro, poi inviava post su whatsapp o su facebook, inviategli dall’agenzia americana che gli dava il lavoro. Tutto questo teneva in piedi un modello di idee capitaliste che circolavano, manteneva ciò che le persone pensavano fossero mode, o tendenze, ma personalizzandole a un livello tale, che le persone non si accorgevano del loro bisogno di altro. La sua persona influenzava il loro giudizio favorevole alle cose segnalate.
Questo era un lavoro, pagato, ma che era costretto a fare. La punizione sarebbe stata la morte per raggi X, sparati a tali livelli da diventare mortali. Dentro al suo corpo aveva un sensore per i raggi, ed era per via di esso che riusciva a sentire i pensieri altrui, di più se la stanza diventava tesa, c’era un malumore, uno sfogo, una tensione. I pensieri infatti facevano rumore, e più erano forti più li sentiva e gli facevano male in raggi. Poteva andare dove voleva, ma doveva sempre essere attaccato al cellulare, guardandolo compulsivamente, e se trovava un contenuto adatto a qualcuno dirlo subito a tutti. Nei locali chiusi c’erano dei sensori che conoscevano ogni suo movimento, ogni sua parola e ogni suo pensiero. Fuori c’erano le telecamere, che sparavano raggi X.
Il piano che lo aveva coinvolto era stato organizzato dalle venti più ricche persone americane, negli anni ’70, ma perfezionato sempre di più fino agli anni ’90. Il desiderio di potere e di dominio del mondo da parte dell’America si era fatto troppo forte e avevano più ricchezza e armi nucleari di qualunque altro paese. Per cui, con la tecnologia che avanzava per favorire la lettura dei pensieri, fecero un patto, che gli insegnamenti a riguardo sarebbero rimasti indietro, e che le idee in generale sarebbero ricircolate secondo modelli canonici, non permettendo alle persone di pensare, bloccando loro il pensiero davanti a schermi e cellulari, e mantenendo il modello americano di pensiero ovunque. La facoltà critica sarebbe pian piano scomparsa, e le persone avrebbero imparato a esprimersi soltanto tramite reference ad altre cose, già studiate sotto al modello.
Matteo si guardava in giro, aveva finito, era sera. I negozi artigianali italiani erano quasi scomparsi, le attività a lungo termine. Ora c’erano locali di plastica rosa, costruiti per disfarsi in pochi anni, con lavori temporanei e camerieri costretti a sorridere e soddisfare il cliente. Pensava solo a venti anni prima, quando il cameriere si faceva il cappuccino e una chiacchera prima di darne uno al cliente e a come era tutto più rilassato, senza sensori e telecamere. Sapeva che era un piano ben studiato e si chiedeva, come molti altri, se ci fosse un modo di uscirne.
Lui era stato coinvolto da ventenne, quando era finito nei giri sbagliati e una persona lo aveva sensibilizzato ai raggi X con la violenza. Il resto lo aveva scoperto da solo. Aveva dovuto crearsi un personaggio, credibile, che avesse tanta influenza dal vivo, e professore si era prestato come il mestiere adatto a essere più influente, con più persone. Così reiterava i suoi successi antecedenti, si faceva pubblicità, aveva curato molte mostre, ma non poteva più andare avanti nella vita, non aveva più il diritto di esprimersi, se non per modelli obbligati.
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ご冥福をお祈りいたします。
https://www.tuttobiciweb.it/article/2023/03/26/1679850831/ugo-de-rosa-mariuccia-de-rosa-cristiano-de-rosa-morto-ugo-de-rosa-
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Come ti stava bene il tramonto addosso.
Il tramonto che ci guarda, timido dietro i palazzi bianchi, la ruota panoramica che si illumina di rosa.
Noi troppo distratti, i nostri occhi curiosi che si scrutano dolcemente, troppo presi ad amarsi, come se fosse di nuovo una prima volta.
Nelle orecchie solamente il rumore delle onde che si infrangono sulla sabbia bagnata e la tua voce che mi ripete quanto io sia importante.
Il mondo poteva cadere in quel preciso istante che tanto avremmo fluttuato, perché tutte quelle emozioni, i nostri baci e quel tuo sguardo dolce sul mio volto, così pieno di tutto, ci teneva a galla entrambi.
Tutto intorno a noi si fonde, anche i nostri due corpi, si mescolano l’uno con l’altro, il mio cuore diventa il tuo e il tuo respiro diventa il mio.
Mentre i miei occhi verdi annegavano nei tuoi marroni, ricordo di aver pensato per un attimo ‘ti amo come non ho mai amato nessun altro’.
Come ti stava bene il tramonto addosso quel pomeriggio sulla spiaggia vuota di rimini.
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mi manchi. sì, sembra abbastanza strano. sono passati tanti mesi dall’ultima volta che ci siamo scritti e visti, ma stamattina guardando un tik tok mi sei tornato in mente. c’era scritto: “quando avete dormito insieme e da quel momento non riesci più a dormire da sola” e io ho pensato proprio a noi due quest’estate abbracciati sul tappeto elastico, con le nostre mani che si intrecciavano. alcune volte mi sento stupida ad aver interpretato male i tuoi segnali, ma sai non ero la sola a pensarci. noi due non ci addormentavamo da soli, ma eravamo circondati dai miei amici che interpretavano come me questi gesti. dai, mi hai persino regalato una rosa. la conservo tutt’ora, sai? ricordo quel giorno come se fosse ieri, tu eri in camicia e portavi questa rosa tra i denti e me l’hai data, io non ti credevo, pensavo stessi scherzando, ma non era così, era per me. non me l’aspettavo, ci conoscevamo da così poco. mi hai fatto conoscere i tuoi genitori e mi hai raccontato cose di te che pochi sanno, cose anche abbastanza serie direi. io ti ascoltavo e ti davo consigli. sapevo che di te avrei potuto fidarmi e che non mi avresti mai deluso, avevo finalmente trovato qualcuno con cui avevo una connessione speciale. sì, adesso mi dirai che stupida. sì lo sono perché mi fidavo di te e tu mi hai delusa. ricordi la mia ultima sera? sei andato fino a Riva per me, non ci andavi da settimane e per me l’hai fatto. sei arrivato da me, e tra tutti i lettini disponibili ti sei messo proprio accanto a me e mi hai abbracciata dicendomi che ti sarei mancata e non poco. lo so, lo so non era la prima volta che ci abbracciavamo sui lettini, ci aveva visto anche mia mamma. mi hai fatto ascoltare la tua musica e hai persino provato a insegnarmi l’inglese, sai benissimo che io sono negata. non so come, l’ultimo pomeriggio ci siamo salutati mi hai detto: “mi mancherai, per favore torna presto”. ci siamo scritti tutti i giorni fino a ottobre quando mi hai detto che ero grassa, e io ci sono rimasta malissimo perché sapevo che stavi dicendo la verità. da quel momento le cose sono cambiate, abbiamo smesso di scriverci e ci siamo allontanati. non ti scrivo più quando torno al mare e tu non mi scrivi più. ti sei persino fidanzato con una mia omonima, si questa cosa mi fa abbastanza ridere. eppure ricordi quando a novembre, eri già fidanzato, hai risposto a una storia sul mio finsta dicendomi: “sei bella”. io incredula ti ho risposto: “ma stai scherzando?!” e tu mi fai: “no”. la conversazione si è chiusa così e da allora se ci vediamo al mare, non ci salutiamo nemmeno. però, io conservo tutti i ricordi nel mio cuore e credimi che ogni volta che sono al mare torno negli stessi posti dove andavamo insieme e se ti vedo, non soltanto mi nascondo (ricordi a inizio gennaio? hahah), ma il mio cuore incomincia anche a battere forte forte. direi che è un segno abbastanza palese che forse non riuscirò mai a dimenticare del tutto quello che c’è stato tra di noi, nonostante tutto il male che mi hai fatto. siamo stati la relazione mai iniziata più bella che io abbia mai vissuto. ci siamo vissuti così tanto in così poco tempo che stento a credere come di noi adesso sia rimasto soltanto un ricordo confuso.
ps: ti ho rivelato anch’io una cosa che in pochi sanno di me e tu mi hai appoggiato. ricordi quando ci sono stata male, quel giorno di ottobre, stavo camminando da sola e tu mi hai raggiunto a RIVA, capisci posto che ti incute terrore, consolandomi e rassicurandomi dicendomi che era solo una stronza e che dovevo lasciarla perdere. spoiler: avevi ragione
Grazie ancora per tutto quello che mi hai insegnato e per tutte le volte che sei rimasto al mio fianco nonostante io ti cacciassi via
Per ora tua (non so ancora per quanto)
Martuzza
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