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“Eredità colpevole” di Diego Zandel: “Il Giorno del Ricordo è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica”. Intervista all'Autore
Diego Zandel Intervista all’Autore di Eredità colpevole Il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica. di Giuseppe Iannozzi 1. Diego Zandel, “Eredità colpevole” (Voland Edizioni) è il tuo ultimo lavoro pubblicato, un romanzo che vede protagonista Guido Lednaz, giornalista e scrittore. In…
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#Diego Zandel#eccidi nelle foibe#Eredità colpevole#Esodo giuliano-dalmata#Fiume#foibe#Giorno del Ricordo delle Foibe#Giuseppe Iannozzi#intervista all&039;autore#Istria#polizia di Tito#una pagina di storia nazionale#Voland Editore
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Anche Verona fa i conti con una microcriminalità che aumenta, ed “è indubbio – dice il Procuratore capo Raffaele Tito – che un rilevante numero di reati viene commesso da persone di nazionalità straniera, che non si sono volute o non hanno potuto integrarsi”. Il carcere, osserva il magistrato, “non è un deterrente” e le misure repressive “non spaventano affatto” quel turn over di persone ben conosciute dalle forze di polizia “che periodicamente entrano ed escono dal carcere”. Per questo, afferma Tito, “è giunto il tempo di impegnare tutte le forze delle istituzioni per dar corso in maniera decisa a tutte quelle diverse forme di espulsioni dallo Stato che l’ordinamento giuridico oggi prevede, e che invece non si realizzano mai in concreto”.
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Nino Benvenuti: «Senza ricordi non c’è futuro»
Campione olimpico nel 1960, campione mondiale dei Pesi superwelter tra il 1965 e il 1966 e dei pesi medi dal 1967 al 1970, Giovanni (Nino) Benvenuti è stato uno dei migliori pugili italiani di tutti i tempi e il suo nome troneggia tra i grandi del pugilato internazionale. È entrato nell’immaginario collettivo in una notte di aprile nel 1967 quando 18 milioni di italiani seguirono la diretta del suo incontro con Emile Griffith al Madison Square Garden di New York. Di quel match che gli portò il titolo di campione mondiale dei pesi medi, ma anche dell’infanzia a Isola, dei primi passi nella boxe, del significato dell’essere pugili, del rapporto con gli avversari sul ring e di tanto altro Nino Benvenuti – insignito nel 2018 dalla Can comunale del premio Isola d’Istria –, parla in un’intervista esclusiva di Massimo Cutò pubblicata di recente sulla Voce di New York, che riproponiamo.
[...]
Chi è un pugile?
“Uno che cerca sé stesso sul ring. Uno che vuole superare i propri limiti come faceva Maiorca in fondo al mare o Messner in cima alla montagna. La sfida è quella: fai a pugni con un altro da te e guardi in fondo alla tua anima”.
Lei cosa ci ha visto?
“La mia terra d’origine, una verità che molti continuano a negare. La storia di un bambino nato nel 1938 a Isola d’Istria e costretto all’esilio con la famiglia. Addio alla casa, la vigna, l’adolescenza: tutto spazzato via con violenza, fra la rabbia muta e la disperazione di un popolo. Gente deportata, gettata viva nelle foibe, fucilata, lasciata marcire nei campi di concentramento jugoslavi”.
Una memoria sempre viva?
“Ho cercato di non smarrirla, per quanto doloroso fosse. Riaffiora in certe sere. Ti ritrovi solo e sale una paura irrazionale”.
Riesce a spiegare questo sentimento?
“Il passato non passa, resta lì nella testa e nel cuore. A volte mi sembra che stiano arrivando: Nino scappa, sono quelli dell’Ozna, la polizia politica di Tito viene a prenderti. Un incubo che mi tengo stretto perché senza ricordi non c’è futuro”.
Che cosa accadde in quei giorni?
“Isola d’Istria odora di acqua salata. È il sole sulla pelle. La nostra era una famiglia benestante, avevamo terra e barche, il vino e il pesce. Vivevamo in una palazzina di fronte al mare: papà Fernando, mamma Dora, i nonni, io, i tre fratelli e mia sorella. Siamo stati costretti a scappare da quel paradiso”.
Come andò?
“Mio fratello Eliano fu rapito e imprigionato dai poliziotti titini, colpevole di essere italiano. È tornato sette mesi dopo, un’ombra smagrita, restò in silenzio per giorni. Mia madre si ammalò per l’angoscia. È morta nel ‘56 di crepacuore: aveva 46 anni. Attorno si respirava il terrore delle persecuzioni. Un giorno vidi dalla finestra della cameretta un uomo in divisa sparare alla nostra cagnetta, così, per puro divertimento”.
Finché fuggiste?
“Riparammo a Trieste dove c’era la pescheria dei nonni. Fu uno strappo lacerante, fisico. Così la mia è diventata in un attimo l’Isola che non c’è. Non potevamo più vivere lì dove eravamo nati”.
[...]
Quant’è difficile invecchiare?
“Dentro mi sento trent’anni, non ho paura della morte. Sono allenato. Sul ring risolvevo i problemi con il mio sinistro, la vita è stata più complicata però ho poco da rimproverarmi. E ho ancora un desiderio”.
Quale?
“Vorrei che un giorno, quando sarà, le mie ceneri fossero sparse da soscojo. È lo scoglio di Isola d’Istria dove ho imparato a nuotare da bambino”.
Intervista di Massimo Cutò a Nino Benvenuti per La Voce di New York, 23 luglio 2022
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Genova. I rapinatori usano spray al peperoncino per disorientare le vittime: arrestati i due 19enni responsabili di una rapina aggravata ai danni di un minorenne
Genova. I rapinatori usano spray al peperoncino per disorientare le vittime: arrestati i due 19enni responsabili di una rapina aggravata ai danni di un minorenne. La Polizia di Genova ha tratto in arresto due 19enni, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Genova, su richiesta della Procura della Repubblica, responsabili di rapina aggravata commessa una sera dello scorso novembre in danno di un minorenne. I due, travisati ed armati di coltello, avevano avvicinato il minore seduto su una panchina dei giardini “Tito Rosini” di Corso Carbonara e, dopo avergli spruzzato sul viso dello spray urticante al peperoncino per disorientarlo, con una spinta lo avevano fatto cadere, colpito con calci e pugni e derubato del telefono cellulare, nella cui cover vi era del denaro contante e la carta di identità, per poi fuggire in direzione di Piazza della Nunziata. L’attività d’indagine degli agenti dell’Ufficio Controllo del Territorio del Commissariato Prè, partita dalla denuncia sporta dalla vittima e consistita nella visione delle immagini del sistema di video sorveglianza del comune di Genova abbinata all’analisi dei tabulati e celle telefoniche utilizzate dagli autori della rapina, ha consentito l’individuazione dei due giovani. I poliziotti sono riusciti a ricostruire il percorso da loro compiuto dagli istanti immediatamente successivi alla rapina, nei quali i due ragazzi erano travisati e vestiti in modo anonimo, fino a quando, pensando di non poter più essere visti, si sono scoperti il viso e si spogliati degli abiti scuri, mettendo in evidenza un abbigliamento vistoso ed univoco. Alla luce degli elementi raccolti la PG operante ha richiesto e ottenuto l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dei due indagati. La misura è stata eseguita il 25 marzo scorso. A casa dei giovani sono stati rinvenuti e sequestrati: due spray al peperoncino, uno storditore elettrico, gli abiti utilizzati il giorno della rapina ed una rilevante somma di denaro contante presumibilmente frutto dell’attività delittuosa. I due giovani sono stati associati presso il carcere di Marassi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Il Caso Mattei - L'Intervista
TONINO GUERRA
Il caso Mattei è un film del 1972, diretto da Francesco Rosi e dedicato alla figura di Enrico Mattei, presidente dell'ENI, morto in un incidente aereo il 27 ottobre 1962.
Ha vinto il Grand Prix per il miglior film al 25º Festival di Cannes ex aequo con La classe operaia va in paradiso di Elio Petri.[1] Nello stesso festival Gian Maria Volonté, protagonista di entrambi i film, ebbe una menzione speciale.
Francesco Rosi
Soggetto
Tonino Guerra
, dal libro
L'assassinio di Enrico Mattei
di
Fulvio Bellini
e
Alessandro Previdi
Sceneggiatura
Tito Di Stefano
,
Tonino Guerra
,
Nerio Minuzzo
,
Francesco Rosi
,
Fulvio Bellini
(non accreditato),
Alessandro Previdi
(non accreditato)
Produttore
Franco Cristaldi
Fernando Ghia
Casa di produzione
Vides
Distribuzione
in italiano
CIC
Fotografia
Pasqualino De Santis
Montaggio
Ruggero Mastroianni
Musiche
Piero Piccioni
Scenografia
Andrea Crisanti
Interpreti
e
personaggi
Gian Maria Volonté: Enrico Mattei
Luigi Squarzina: il giornalista liberale
Gianfranco Ombuen: ingegner Ferrari
Edda Ferronao: signora Mattei
Accursio Di Leo: personalità siciliana
Furio Colombo: assistente di Mattei
Peter Baldwin: Mc Hale
Aldo Barberito: Mauro De Mauro
Alessio Baume: giornalista del "Time"
Arrigo Benedetti: sé stesso
Sennuccio Benelli: giornalista
Luciano Colitti: Irnerio Bertuzzi
Terenzio Cordova: funzionario di polizia
Umberto D'Arrò: giornalista
Thyraud De Vosjoli: sé stesso
Vittorio Fanfoni: giornalista
Gianni Farneti: giornalista
Felice Fulchignoni: personalità siciliana
Franco Graziosi: Ministro delle partecipazioni statali
Elio Jotta: gen. commissione d'inchiesta
Salvo Licata: giornalista
Giuseppe Lo Presti: personalità siciliana
Andrea Artoni: controllore di volo (sé stesso)
Dario Michaelis: ufficiale dei carabinieri
Camillo Milli: giornalista in televisione
Blaise Morrissey: petroliere americano
Michele Pantaleone: sé stesso
Ferruccio Parri: sé stesso (immagini di repertorio)
Renato Romano: giornalista
Francesco Rosi: sé stesso
Giuseppe Rosselli: giornalista
Jean Rougeul: funzionario americano
Ugo Zatterin: sé stesso
Edy Biagetti: guardia del corpo di Mattei
Doppiatori originali
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Le spiegazioni:
Vero: Stalin Hitler e Tito hanno vissuto, a pochi metri di distanza tra loro, a Vienna nel 1913: Stalin viveva con Trotsky in centro a Vienna in fuga dalla polizia segreta dello zar di Russia, Tito, allora chiamato Josip Broz, lavorava alla fabbrica delle automobili Daimler, cercando soldi e belle ragazze. E poi c'era il 24enne che sognava di studiare pittura all'Accademia delle Belle Arti di Vienna, da cui era stato rifiutato due volte: Adolf Hitler.
FALSO: tutto nasce da un articolo del Wall Street Journal, il quale segnalò, guardando i prezzi dei Lego su Ebay, che l'andamento dei prezzi dei Lego da collezione in un certo periodo era aumentato più dell'oro, e siamo nel 2009. Da allora sono nati tutta una serie di siti, il più famoso Brickseconomy, che tentano di dare rigore ad un mercato che persino la stessa Lego non riesce a regolamentare. L'unica cosa certa è che i pezzetti "anonimi" si vendono a peso, e i pezzi più ricercati sono quelli con le ruote.
Vero: Il termine “terre rare” venne assegnato a questi speciali elementi chimici presenti nei minerali non per la loro scarsa presenza sul Pianeta, ma per via della loro difficile identificazione oltreché per la complessità del processo di estrazione e lavorazione del minerale puro. Sono rari in forma pura, ma riscontrabili in moltissimi altri minerali combinati: tuttavia, e qui sta il problema, sebbene centrali nel processo di transizione ambientale, le modalità di estrazione di alcuni di essi hanno impatti ambientali ancora giganteschi, soprattutto nelle forme pure di alcuni e non per esempio dal riciclo o il riutilizzo.
Vero: Arnold Schoenberg, il padre della dodecafonia, aveva una paura superstiziosa del numero 13, anche se era nato il 13 settembre. Rifiutò spesso di intitolare le sue opere con parole che contavano 13 lettere, ma il caso volle che morì anche il 13 luglio, all'età di 76 anni. Cosa ancora più simpatica, a proposito, è che entrambi questi tredicesimi giorni sono caduti venerdì.
Vero: Nino Vaccarella è stato uno dei più grandi piloti di Endurance del mondo negli anni '60. Palermitano, nel suo sontuoso palmares figura una leggendaria vittoria alla 24 h di Le Mans del 1964 al volante della Ferrari 275 P insieme con il francese Jean Guichet. Nel mondo delle corse è noto con il soprannome di "Preside Volante" dovuto alla sua attività di preside nella scuola privata di proprietà della famiglia, a Palermo: al termine della sua gara vittoriosa a Le Mans, Vaccarella, suo malgrado, si vide costretto a rifiutare di partecipare ai rituali festeggiamenti del vincitore per correre all'aeroporto di Orly e poter essere, l'indomani mattina, puntuale alle lezioni.
GRAZIE A TUTTI COLORO CHE HANNO PARTECIPATO
Vero o Falso (A Grande Richiesta)
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IL COMUNISMO NON E' MORTO - "Certo che ci sono rimasto male, mi sarebbe piaciuto avere il mio sindaco accanto (...). Non ho idea di cosa sia successo, probabilmente siamo nel campo delle ideologie". Piero Tarticchio, istriano classe 1936, è un esule, un testimone, forse l’(ultimo) residente di Segrate, nel Milanese, ad aver vissuto sulla propria pelle il dramma dell’esodo e la persecuzione titina. (...) Il suo nome è tornato alla ribalta qualche settimana fa, quando il Comune di Milano gli ha negato l’Ambrogino d’oro. "Ai voti hanno prevalso i veti", è il gioco di parole usato da Tarticchio, scrittore ed ex direttore del mensile "Arena di Pola", per commentare l’accaduto. La sua esclusione dall’elenco degli assegnatari delle benemerenze civiche ha fatto indignare (..) tutti quelli che si battono per conservare e tramandare la storia del confine orientale. Così oggi, nel suo comune di residenza, Segrate, anch’esso a guida Pd, si sarebbe dovuta tenere una sorta di premiazione "riparatrice". (...) Le cose però non sono andate proprio da manuale. A poche ore dall’inizio dell’evento il sindaco Paolo Micheli ha dato forfait e agli organizzatori è stato comunicato che nessun membro della giunta era disponibile a presenziare in sua vece. "Siamo rimasti spiazzati (...). Ringrazio comunque il consigliere Luca Sirtori per aver partecipato a(ll') evento (...)", spiega Emanuele Merlino, presidente del Comitato 10 Febbraio. Comprensibile il disorientamento del protagonista. "(...) è una mancanza di rispetto per ciò che rappresento – spiega l’esule – e per la mia gente". (...) La sua è una verità dolorosa. Un padre prelevato nel cuore della notte dall’Ozna, la spietata polizia politica di Tito, che non ha più fatto ritorno a casa e uno zio sacerdote (...) morto dopo orrende sevizie. Il signor Piero ha perso sette parenti nella stagione di sangue che ha macchiato indelebilmente la sua infanzia. Così ogni volta che si trova davanti a una platea pensa a loro, parla a nome loro, li riscatta dagli anni di silenzio e oblio. (...) "io quella storia non l’ho studiata sui libri, io l’ho vissuta". Forse per questo la sua voce è così scomoda. (...) "Oggi i tempi sono cambiati, ma non sono cambiati gli atteggiamenti (...); parliamo tanto di rigurgiti fascisti ma – conclude l’esule – non diciamo che il comunismo in Italia non è mai morto. È sempre vivo e palpitante".
VERGOGNOSE FIGURE DI MERDA DEI SEPOLCRI IMBIANCATI SALAH E SUB-COMANDANTI PIDINI, gente che non ha nemmeno il coraggio delle proprie azioni; almeno quel flaccido cretino di Tomaso Montanari finge di credere alle ridicole balle para-storico complottiste che altri immondi collaborazionisti tentano di affastellare per sminuire e giustificare la barbarie, coprendo la storia da ignobili paraculi ipocriti come e ben peggio della strage di Ustica, via https://www.ilgiornale.it/news/milano/riscatto-met-dellesule-snobbato-sala-comunismo-italia-non-1993833.html
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sono intervenuti alcuni appartenenti alle forze dell’ordine per far staccare la musica. La ragione data, sostiene una barista, è “motivi di sicurezza: perché – ironizza – i Modena City Ramblers si vede che non sono di gradimento alla polizia bolognese”. Poco dopo, dallo stesso bar, è partito ‘Il testamento di Tito’ di Fabrizio De André. La barista e altri lavoratori del locale sono stati identificati.
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D. Grossman-LA VITA GIOCA CON ME, con te, con tutti. È il trionfo dello story-telling intergenerazionale.
La storia Vera, Nina, Ghili e Rafi sono i protagonisti di un tormentato viaggio dentro l’anima e il corpo di tre donne profondamente ferite dalla vita, ma ostinatamente in cerca di un’identità comune da ricostruire: la novantenne nonna Vera, vittima dei soprusi del regime di Tito; Nina (“artista della vita”) sua figlia “abbandonata” a soli sei anni il giorno in cui la polizia politica trascina…
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Per noi triestini il primo maggio ha un altro significato rispetto ad altre parti nel resto d'Italia. Il 1 maggio 1945 i partigiani titini entrarono in città e iniziarono i rastrellamenti e gli omicidi di tantissime persone. Infoibarono uomini delle forze di polizia e triestini, perché rei di essere italiani, a prescindere dal colore politico.... ed è questo il punto cruciale. In quel momento Tito voleva prendersi Trieste per annetterla alla Yugoslavia e quindi era fondamentale per lui eliminare qualsiasi persona o cosa che fosse italiana. Infatti così fece e furono giorni terribili, di terrore, di agonia per la nostra città
TITO BOIA!
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I GUARDIANI DELL'IPOCRISIA
L'assegnazione del premio Nobel per la Letteratura allo scrittore austriaco Peter Handke è stata un’imperdibile occasione per i pasdaran del 'correttismo politico', per mettersi in scena come autoproclamati guardiani della morale.
Peter Handke era in odor di Nobel già nella seconda metà degli anni '90, quando ebbe l’infelice idea di uscire dal coro politico-mediatico ufficiale, pubblicando (1996) "Eine winterliche Reise zu den Flüssen Donau, Save, Morawa und Drina oder Gerechtigkeit für Serbien" (Un viaggio d'inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia). In questo diario di viaggio Handke rifiutava la vulgata costruita dai media occidentali, dove alla Serbia venivano imputate unilateralmente le colpe ed atrocità della sanguinosa guerra civile iniziata nel 1991, e dava spazio alle ragioni serbe.
Handke, che si è sempre considerato socialista, è legato anche per ragioni biografiche (da parte di madre) alla Jugoslavia, la cui dissoluzione ha sempre considerato una tragedia. In quest’ottica egli condannò dall’inizio come illegittime ed esiziali le dichiarazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia.
È impossibile percorrere qui l'accidentata storia della guerra in Jugoslavia. A titolo di spunto, senza nessuna pretesa di esaustività, è però utile ricordare un paio di questioni.
Alle origini della guerra non stanno affatto, come si sente dire spesso, inveterati odi nazionalistici. Il livello di 'odio etnico' presente in Jugoslavia dal dopoguerra fino agli anni ‘80 era più o meno lo stesso che si può percepire in Italia in forma di battute ‘etniche’ su 'polentoni' e 'terroni', o baruffe di campanile. La principale differenza rispetto ad un contesto come quello italiano era rappresentata dall’esistenza di tradizione religiose diverse (cattolici in Slovenia e Croazia, ortodossi in Serbia e Montenegro, una maggioranza relativa di musulmani in Bosnia). Queste differenze rappresentavano potenziali linee di faglia, ma erano faglie silenti, trattandosi di un paese essenzialmente laico e dove la mescolanza della popolazione, per ragioni lavorative e matrimoniali, era stata elevata.
Con la morte di Tito e la crisi economica degli anni '80 si avviò un processo di esacerbamento delle tensioni di matrice etnico-nazionale con il fattivo contributo di agenti esterni, e nello specifico dell’attivismo tedesco, che ambiva a ricondurre l’area industriale della Jugoslavia (Slovenia e parte della Croazia) nella propria zona di influenza. La Germania fu la prima a far sapere che eventuali richieste di indipendenza sarebbero state da loro riconosciute, fornendo di fatto una sponda perfetta ai nazionalisti sloveni e croati. Il problema della rottura dell’unità jugoslava era infatti innanzitutto un problema di natura economica: nella ‘divisione del lavoro’ avvenuta all’interno della Repubblica Federale di Jugoslavia il settore industriale era rimasto concentrato in Slovenia e Croazia, mentre alla Serbia, il territorio più esteso e popoloso, era stato attribuito principalmente un ruolo agricolo, amministrativo e militare. Una rottura del paese con la promessa al Nord di entrare nell’area produttiva tedesca significava un futuro potenzialmente roseo per Slovenia e Croazia, e un destino di arretratezza e minorità per il Sud (Serbia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina).
Anche il contesto degli eventi internazionali non va dimenticato: il 1991 è anche l'anno della fine ufficiale dell'URSS e la Jugoslavia, in quanto repubblica socialista non allineata, poteva rappresentare un potenziale fattore aggregante per orfani del socialismo reale.
In questo contesto la ‘comunità internazionale’ avrebbe potuto giocare le proprie carte in vari modi. La scelta esplicita di Germania e USA, sia per ragioni economiche che politiche, fu quella di alimentare le istanze separatiste, promuovendo di fatto la guerra civile.
Nel 1991 il presidente croato Franjo Tuđman (noto simpatizzante degli Ustascia di Ante Pavelic ed antisemita) annunciò (con il sostegno, come oggi si sa, della C.I.A.), la costituzione di un esercito nazionale croato trasformando e incrementando le forze speciali di polizia. Successivamente Croazia e USA firmarono un accordo militare che includeva l’addestramento dell’esercito croato da parte di una compagnia militare privata (Military Professional Resources, Inc.) sull’isola di Brac (Dalmazia).
Una volta incendiata la questione nazionale vennero anche rimpatriati molti estremisti nazionalisti, che negli anni di Tito erano rimasti in esilio in Germania e Svizzera. Con la dichiarazione di indipendenza della Slovenia il conflitto iniziò a fare il suo corso, tragico ed efferato come possono essere solo le guerre civili.
Gli orrori di quella guerra, perpetrati da tutte le parti in causa, furono narrati in Occidente con singolare unilateralità. Di alcuni orrori (Srebrenica) si parlò per anni, di altri (come il massacro di 1400 civili serbi in Krajina da parte dell’esercito croato) si sentì parlare poco o nulla. (Incidentalmente l’offensiva croata in Krajina fu approvata dai governi statunitense di Bill Clinton e tedesco di Helmut Kohl, che fornirono anche armi e strumentazioni all'esercito croato.)
Ora, tornando a Handke, ho un ricordo personale molto forte del suo posizionamento di allora. In quel periodo (1996) vivevo a Vienna, e Handke iniziava ad essere bersagliato per il suo accoglimento delle ragioni unioniste della Serbia. Ricordo a questo proposito la sua reazione all'ennesima giornalista che, in una conferenza pubblica all’Akademietheater, lo aveva assalito chiedendogli se non si sentisse in colpa per le "vittime" (die Betroffenen).
La risposta di Handke (ritrovata testualmente in rete) fu: "Stecken Sie sich Ihre Betroffenheit in den Arsch! Ihr tut so, als gehört Euch das Leid und die tausenden Toten, Sie Jammergestalt! Ich rede nicht mit Ihnen, hauen Sie ab!" (“Si metta il suo ‘vittimismo’ nel culo, miserabile, lei fa come se la sofferenza e le migliaia di morti le appartenessero. Io con lei non parlo, sparisca!”). Al tempo ricordo di aver trovato la risposta assai appropriata, ma il conto arrivò a stretto giro di posta. Handke, prima una celebrità invitata ovunque, venne fatto letteralmente sparire dalla scena pubblica. Molte librerie restituirono le opere di Handke, annunciando che non le avrebbero vendute più. I suoi lavori smisero di essere tradotti all’estero. La morte civile coprì l’autore e la sua opera per oltre un decennio.
Di fronte a questo linciaggio morale Handke, essendo caratterialmente piuttosto lontano dalla genia degli yes-man, si arroccò nella propria posizione, probabilmente più testardamente di quanto sarebbe stato giusto fare. Quando nel 2006 Milosevic venne ‘trovato morto’ in circostanze mai chiarite nel carcere dell’Aia (proprio a ridosso della decisione sulla sua richiesta di confronto in aula con Bill Clinton e il generale Wesley Clark), Handke si recò al suo funerale, dove parlò in sua difesa.
Ora, non è possibile, né ha alcuna importanza cercare qui di stabilire con acribia ragioni e torti relativi a quell’orrore che è stata la guerra civile jugoslava, dall’indipendenza della Slovenia a quella del Kosovo (1991-1999). Quello che si può dire con considerevole sicurezza sono però almeno tre cose: che ci furono colpe gravi da tutte le parti; che la guerra venne alimentata inizialmente dall’atteggiamento di autorevoli paesi occidentali; che quegli stessi paesi si schierarono nella guerra civile con una parte, e contro l’altra, per ragioni che nulla avevano a che fare con motivazioni ‘etiche’.
In questo quadro non è importante stabilire se Handke avesse ragione o torto, o quanta parte di ragione e quanto di torto. Il punto è che delle posizioni di Handke il minimo che si può dire è che fossero posizioni critiche degne di essere ascoltate e discusse con rispetto, non certo di essere fatte oggetto della versione ‘liberal’ del rogo dei libri.
Ma tolleranza per le opinioni eterodosse, amore per la ragione critica, ricerca della verità, sono formule con cui i ‘liberal’ occidentali si sciacquano la bocca quotidianamente, salvo non connetterle ad alcun contenuto reale.
I moderni 'liberal' sono quelli la cui narrativa e cinematografia glorificano a getto continuo i personaggi 'franchi e trasgressivi', applaudono i ribelli 'che non la mandano a dire', osannano gli eroi scapigliati che hanno il coraggio di dire 'verità scomode'; ma quando accidentalmente qualcuno se ne esce dal giardinetto ammuffito delle convenzioni mainstream la loro reazione è solo sdegno inorridito e la richiesta di quella testa su un vassoio (e che si tratti di Assange, Handke o altri poco importa).
È tutta gente che ama molto gli intellettuali. Purché siano decorativi, leggano le veline o siano educatamente morti.
[A.Zock]
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Diego Zandel. Intervista all'Autore di "Eredità colpevole" (Voland): "Il Giorno del Ricordo è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica"
Diego Zandel Intervista all’Autore di Eredità colpevole Il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica. di Giuseppe Iannozzi 1. Diego Zandel, “Eredità colpevole” (Voland Edizioni) è il tuo ultimo lavoro pubblicato, un romanzo che vede protagonista Guido Lednaz, giornalista e scrittore. In…
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#Diego Zandel#eccidi nelle foibe#Eredità colpevole#Esodo giuliano-dalmata#Fiume#foibe#Giorno del Ricordo delle Foibe#Giuseppe Iannozzi#intervista all&039;autore#Istria#polizia di Tito#una pagina di storia nazionale#Voland Editore
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Ogni giorno, sulle montagne, si gioca la partita tra migranti e forze dell’ordine croate. Il “game”, lo chiamano proprio così, è il tentativo di sconfinare attraverso i boschi fitti di Croazia e Slovenia. Molti vogliono arrivare in Italia, ma quasi nessuno ha intenzione di restare. Una volta superato l’inferno, “l’Italia è il purgatorio” ci spiega Hayman, ragazzo siriano che incontriamo di ritorno da un push back. “Il paradiso è la Francia, la Germania, il Belgio”. Hayman si trova a Bihać da circa 8 mesi e questo era il suo diciottesimo tentativo. “L’ultima volta, la polizia croata mi ha preso nei pressi del confine sloveno. Camminavamo da 10 giorni. Ci hanno picchiato, spaccato i cellulari e rubato gli zaini. In due ore, eravamo di nuovo in Bosnia”. Il game può durare settimane. Non si può prevedere un tragitto specifico. Tutto dipende dal clima, dalla resistenza fisica, tua e dei tuoi compagni di viaggio, dalle provviste e da dove riesci ad arrivare. I sentieri nei boschi si coprono di lattine di energy drink e scatolette di tonno vuote. Qui e là ci sono anche i resti di qualche pacchetto di sigarette. La spazzatura spezza l’equilibrio del paesaggio, ma sono gli oggetti “vivi” come i passeggini, i sacchi a pelo e gli indumenti abbandonati che testimoniano la violenza e la disperazione che avviene su queste montagne. A Bihać, la strada più breve per il confine è quella che porta alla base militare abbandonata di Zeljava, costruita in segreto da Tito negli anni 50. Negli ultimi mesi, però, l’utilizzo di droni e l’intensificazione dei controlli della polizia croata ha reso lo sconfinamento impraticabile.
Bosnia, ultima frontiera | Doppiozero
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L’ultimo Tricolore nel cielo di Zara
Macerie. Macerie. Macerie. E dalle campagne le truppe partigiane di Tito che avanzavano verso la città deserta, abbandonata da quasi tutti gli abitanti dopo mesi di bombardamenti a tappeto.
Questo era ciò che vedeva dalla cima del campanile del Duomo di Zara il Tenente dei Carabinieri Ignazio Terranova il 31 ottobre 1944. Zara diventata la “Dresda dell’Adriatico” sotto i bombardamenti anglo-americani, la città italiana con più vittime civili in percentuale: il 10% dei suoi 20.000 abitanti morì sotto le bombe. Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì la Medaglia d’Oro al Valor Militare al gonfalone della Città di Zara per ricordare il suo martirio, ma non è ancora stato possibile consegnare ufficialmente questa onorificenza.
Ancor prima che la motonave Toscana attirasse l’attenzione dell’opinione pubblica sull’esodo che si stava consumando da Pola nel dopoguerra, fu la nave Sansego a portare in esilio migliaia di zaratini a guerra in corso, con il rischio di attacchi aerei o di cannoneggiamenti partigiani dalla costa. Approdavano ad Ancona e Trieste i primi profughi di quello che sarebbe diventato l’Esodo di 350.000 istriani, fiumani e dalmati, mentre Zara, città simbolo della presenza italiana autoctona in Dalmazia, continuava a subire bombardamenti affinchè qualcuno potesse dire: “Zara è morta, d’ora in poi ci sarà solamente Zadar”.
Il nazionalismo croato dietro la bandiera rossa dell’esercito partigiano jugoslavo avrebbe così completato la snazionalizzazione della Dalmazia avviatasi con l’editto del Consiglio della Corona emanato dall’Imperatore asburgico Francesco Giuseppe il 12 novembre 1866.
In mezzo a questa desolazione e nel momento in cui Zara per prima tra le città italiane del confine orientale avrebbe sperimentato cosa significava “Liberazione” per i “titini”, il Tenente Terranova issò sul campanile del Duomo il Tricolore. Quel Tricolore, che nel novembre 1918 aveva salutato le navi della Marina da Guerra italiana che approdavano in città alla fine della Prima guerra mondiale, veniva esposto per l’ultima volta sul cielo di Zara. Nei giorni seguenti si avviò l’epurazione politica da parte dell’OZNA, la polizia segreta titoista, la quale fece rapidamente circa 200 vittime nel capoluogo dalmata tra deportati verso l’ignoto, annegati in mare con una pietra al collo (“il mare Adriatico è stata la nostra foiba” commentava Ottavio Missoni, esule dalmata e a lungo Sindaco del Libero Comune di Zara in Esilio) e fucilati, tra i quali Ignazio Terranova, il quale aveva in precedenza fatto parte del comitato clandestino antitedesco sorto in città.
Una storia che la nipote Maria Carmela Terranova ha voluto ricordare con un libro che è stato anche presentato alla Bancarella. Salone del libro dell’Adriatico orientale, una storia che ha portato al conferimento di un riconoscimento alla memoria nel corso delle cerimonie istituzionali del Giorno del Ricordo, una storia che vogliamo ricordare oggi, 7 gennaio, Giornata nazionale della bandiera.
Lorenzo Salimbeni
#Per coloro che non lo sapessere: il 7 gennaio 1797 la Repubblica Cispadana adottò il Tricolore#Quella di Zara (e della Dalmazia in generale è una storia agghiacciante dall’annessione all’Impero Austriaco in poi)#Una vera e propria pulizia etnica a danno di italiani albanesi e rumeni al fine di rendere la regione compattamente croata nonostante essa#per secoli fosse stata multietnica#Per non parlare della continua appropriazione culturale di elementi non slavi da parte dei nazionalisti croati dagli anni Novanta in poi#(esempio: l’identificazione di scrittori dalmati italiani che scrissero esclusivamente in italiano e in latino e che probabilmente il croato#nemmeno lo conoscevano come “grandi scrittori croati” - ovviamente dopo la croatizzazione di rito del nome italiano con cui essi stessi si#firmavano - la cosa esilarante è che tra questi “grandi scrittori croati” compaiono anche italiani che in vita non solo furono nazionalisti#italiani - ma odiarono apertamente i croati)#Esodo giuliano-dalmata#R.I.
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Scontri tra i tifosi del Como Calcio e della Sampdoria a Villa di Tirano: 8 Daspo emessi dal Questore della provincia di Sondrio
Scontri tra i tifosi del Como Calcio e della Sampdoria a Villa di Tirano: 8 Daspo emessi dal Questore della provincia di Sondrio. Il Questore della Provincia di Sondrio, nella giornata del 28 agosto, ha emesso quattro provvedimenti di D.A.Spo. (Divieto di accedere alle manifestazioni sportive) ex art. 6 Legge 401/1989, nei confronti di quattro tifosi sampdoriani, deferiti all’A.G. in ordine ai reati di rissa e porto abusivo di oggetti atti ad offendere commessi in occasione del grave episodio di violenza avvenuto in data 16.07.2023 nel comune di Villa di Tirano (SO) tra le tifoserie delle società calcistiche “Como 1907” e “U.C. Sampdoria”. Sempre per gli stessi fatti, erano stati già identificati e denunciati altri quattro tifosi comaschi, appartenenti al gruppo ultras “Maledetta Gioventù”, nei confronti dei quali il Questore di Sondrio aveva emesso altrettanti Provvedimenti di D.A.Spo in data 24 luglio u.s. per i primi tre e in data 1 agosto u.s. per il quarto. L’attività investigativa condotta dalla locale D.I.G.O.S. ha permesso di identificare i quattro soggetti, dell’età compresa tra i 23 e 36 anni, tutti residenti nella provincia di Genova e affiliati al gruppo organizzato “Ultras Tito Cucchiaroni”, alcuni dei quali già destinatari di analoghi provvedimenti tuttora in corso di validità, emessi dal Questore di Genova a seguito di episodi di violenza verificatisi in concomitanza di partite di calcio disputatesi presso lo stadio “L. Ferraris” di Genova. L’attività istruttoria, condotta dal Dirigente della Divisione Polizia Anticrimine, ha fornito al Questore di Sondrio gli elementi necessari per emettere i provvedimenti di D.A.Spo. della durata compresa tra due e dieci anni e di prescrivere a due di loro, considerati recidivi poiché già sottoposti allo stesso provvedimento, la prescrizione dell’obbligo di firma presso l’Autorità di polizia in concomitanza degli incontri di calcio disputati dalla società “UC Sampdoria”, rispettivamente per la durata di 5 e 2 anni. Con questi ultimi quattro provvedimenti, sale a otto il numero totale dei D.A.Spo. emessi dal Questore di Sondrio in relazione ai fatti succitati: quattro a tifosi comaschi, due dei quali con obbligo di presentazione e di firma innanzi all’Autorità di polizia per la durata di due anni, e quattro a tifosi sampdoriani, due dei quali con obbligo di firma.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Ma senti di che ritardo mentale soffri? Se uno ti dice che ANCHE l'antifascismo può non essere democratico che razza di risposta è "e allora il fascismo"? Sembra "e le foibe?" al contrario, renditi conto. Tu giustifichi, i massacri di Tito avvengono in zone abitate da sempre da italiani per ottenere più territori possibili. E comunque il ragionamento "tu mi hai fatto del male quindi io ne faccio a te", per uno che non giustifica la violenza, NON è ACCETTABILE. Trattasi di ipocrisia. Doppia.
“Se si sorpassa la linea della non violenza chiunque è un pericolo per democrazia. Bello nascondersi dietro a “io combatto il fascismo” salvo poi arrivare a rapire e uccidere Aldo Moro o Guido Rossa, due tipici esponenti del fascismo. A difendere la democrazia ci pensano la magistratura, la polizia, le forze armate e la corte costituzionale, non 4 gatti fuoricorso da centro sociale che combattono il fascismo con altro fascismo senza capirne l'ipocrisia. L'italia è democratica, non antifascista. Capisci che c'è qualcosa che non va nell'antifascismo quando parli in difesa della democrazia e della non violenza e gente come oncomingderrrp accusa gente di essere fan di Fiore solo per non ascoltarli, solo per tappare loro la bocca. Tipico comportamento intollerante e fascista. E nemmeno se ne rende conto. Geniussss”
Oh ciao caro, ben ritrovato. Vedo che torni da me non appena gli altri smettono di cagarti. Un po’ ci rimango male però, non mi piace essere la seconda scelta. Addirittura tre domande insieme!Vediamo di fare ordine: cominci dicendomi che soffro di ritardo mentale. Cerchi di offendere me o chi è davvero ritardato mentale? Se vuoi rimproverare me di violenza OK ma se parti così direi che sei il primo violento. Dimmi, come dovrei risponderti? Civilmente? O violentemente come hai esordito tu?A mio modo di vedere hai oltrepassato la “linea della non violenza” e dunque saresti un pericolo per la democrazia. Sto seguendo il tuo ragionamento eh.Comunque cerco di risponderti civilmente.Mi dici che Tito e le sue milizie avrebbero massacrato italiani che erano lì “da sempre”. Già su questo punto si potrebbe obiettare, ma tuttavia a questa storia manca sempre un pezzo e sono i rastrellamenti, lo squadrismo, i campi di concentramento e le violenze di cui i soldati italiani fascisti si sono resi colpevoli, purtroppo. Vedi, il problema è chi ha aggredito chi PER PRIMO, il resto sono chiacchiere. Infili a sproposito Aldo Moro e Guido Rossa (già che c'eri potevi metterci Alessandrini visto che era mio conterraneo) e a tal proposito vorrei farti presente che non li ho uccisi io, tanto per chiarezza.
Visto che non sei fan di Fiore, mi spieghi perché ti incazzi se posto un articolo su di lui? Un articolo dove si ricordano le sue malefatte e si indaga su certi suoi legami con la malavita? Siamo in democrazia, no? Posso fare delle domande? Leggere un articolo e invitare altri a fare altrettanto? Mi è permesso? Oppure devo postare solo gli articoli di Dagospia?Fiore ha dei legami chiari con la strage di Bologna del 1980, lo dicono le sentenze della magistratura. Quella stessa magistratura che secondo te dovrebbe difendere la democrazia. Ora, invece di stare in Inghilterra a fare soldi (in modo ambiguo), Fiore avrebbe dovuto farsi un po’ di anni nelle patrie galere ma la “Perfida Albione” non concesse mai l'estradizione perché il dirigente di Forza Nuova serviva ai servizi segreti inglesi. Ancora una volta, tu come definisci una persona così? Per me è un traditore della sua patria, prima di tutto e a me fa incazzare che usi parole come “onore” o “amor patrio” uno così.
Vedi, a gente così non si può dare credito primo perché non sa davvero cos'è l'onore, secondo perché i principi (vabbè “principi” è una parola grossa ma ci siamo capiti) in cui credono negano la possibilità di essere uguali davanti alla legge, di avere tutti le stesse possibilità di partenza, negano il diritto di non pensarla come loro insomma negano i principi fondamentali della democrazia.Perché dovrebbero essere trattati come una forza democratica se non lo sono?L'Italia è una nazione antifascista e infatti nega la possibilità di ricreare il partito fascista. Se Fiore e i suoi simili hanno potuto creare i loro movimenti è per un vizio di forma.
Mi spiace ma una formazione politica che si offre di pagare le spese legali a un assassino razzista e fascista e non ha una sola parola di solidarietà per quei poveri cristi feriti da un raid come quello non merita di essere trattata democraticamente. Non lo merita neppure se consideriamo quante aggressioni, intimidazioni compiono ogni anno in Italia. L'ultima è l'aggressione al Baobab dove hanno minacciato di “bruciare la struttura con i negri dentro”. Come già ti ho detto il fascismo è vigliaccheria e con i vigliacchi è molto difficile parlare perché loro menano quando possono cioè quando sono in tanti contro uno e a volto coperto.
Più o meno come stai facendo te che ti nascondi dietro l'anonimato e usi parole violente verso chi neppure conosci.Ti chiederei un confronto “democratico” faccia a faccia ma sarebbe inutile perché non ti paleserai, ne sono moderatamente sicuro.
La cosa più esilarante poi è che dai a me del “leone da tastiera”.Ciao anon, stammi bene ed esci ogni tanto che ti fa bene.
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