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#persino la cosa più semplice e piccola con te
catastrofeanotherme · 10 months
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Ilaria Sansò
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theladyorlando · 10 months
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Rododaktulos eos
Mary Oliver, Wordsworth's Mountain
"This is to say nothing against afternoons, evenings, or even midnight. Each has its portion of the spectacular. But dawn-dawn is a gift. Much is revealed about a person by his or her passion, or indifference, to this opening of the door of day. No one who loves dawn, and is abroad to see it, could be a stranger to me."
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L'alba dalle dita di rosa. Qualche volta la abbiamo guardata insieme dalla finestra della cucina. Sapeva di caffè, del tuo primo caffè al vetro, quello che ti portavi la mattina in bagno con la radio a tutto volume. Mi hai detto che anche tu hai inseguito per tutta la vita il sogno di svegliarti ogni giorno alle cinque di mattina e di trovare così finalmente il tempo: il tempo di fare quello che dovevi fare. Me lo hai detto persino ieri, il giorno in cui ti hanno rimesso il catetere, e tu sai bene cosa vuol dire quel catetere: devo fa tante cose, hai detto. Vedi, io e te siamo uguali anche in questo: il tempo non ci basta per fare tutto quello che dobbiamo fare. Che poi a guardarle bene sono tutte cose inutili agli occhi dei più, le nostre cose, scrivere, leggere, studiare: velleitari, siamo noi. Ora è l'alba e io la sto guardando da un angolo della camera da letto delle bambine, che un giorno è stata la tua camera da letto di bambino. La sto guardando indirettamente, nella luce rosa che di lei si riflette sull'albero di cachi e sul montante della finestra: le dita di rosa, eccole. E infatti non ho il coraggio di alzarmi per guardarla negli occhi. Perché non so se questa sarà quell'alba, quella che mi fa così tanta paura che mi sento come se fossi tornata bambina anch'io, in questa stanza. Ma no, non è la morte che mi ha fatto di nuovo piccola, voglio pensare così: è piuttosto il ricordo di quel caffè al vetro e di te che appiccicato al vetro della finestra insieme a me mi insegni l'epiteto omerico per l'aurora, me lo dai, con un gesto così semplice, come se fosse il buongiorno, e invece è un regalo per la vita: le tue parole sempre spoglie di ostentazione e sempre ricche, più ricche persino di Omero, il primo padre, il padre di tutti i poeti, l'alba della letteratura: lui non sapeva quale incredibile viaggio avrebbe fatto la sua aurora, che sarebbe arrivata alla nostra finestra, un giorno. Le parole sono tenere cose, diceva un altro Cesare. Forse anche magiche, lo sento stamattina: l'alba dalle dita di rosa. E l'alba - l'alba è un regalo. Ora vado a farmi un caffè.
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tecnowiz · 1 year
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La tua cucina intelligente Sfrutta al meglio la friggitrice ad aria smart
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La tecnologia sta rivoluzionando le nostre case, compresa la cucina. Uno degli elettrodomestici più innovativi e utili è la friggitrice ad aria smart. Questo dispositivo intelligente combina la comodità di una friggitrice ad aria con le capacità avanzate della tecnologia smart. In questo articolo, esploreremo le caratteristiche e i vantaggi di una friggitrice ad aria smart e ti forniremo consigli su come sfruttarla al meglio.
Come la friggitrice ad aria smart può rendere la tua cucina più facile e gustosa. Controllala da smartphone per cucinare in modo sano e leggero
Questo elettrodomestico intelligente offre una soluzione più sana per friggere i tuoi cibi preferiti, senza l’uso eccessivo di olio. Ma come puoi sfruttare al massimo la tua friggitrice ad aria? Se sei interessato a questo argomento mettiti comodo e leggi i prossimi paragrafi.
Cosa è una friggitrice ad aria smart
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Una friggitrice ad aria smart è un elettrodomestico che utilizza aria calda ad alta velocità per cucinare gli alimenti in modo sano e croccante. A differenza delle tradizionali friggitrici che richiedono una grande quantità di olio, le friggitrici ad aria smart utilizzano solo una piccola quantità di olio o addirittura nessuno. Questo le rende una scelta ideale per coloro che vogliono gustare cibi fritti senza il senso di colpa associato all'alto contenuto di grassi.
Caratteristiche di una friggitrice ad aria smart
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Le friggitrici ad aria smart offrono una serie di caratteristiche intelligenti che le rendono versatili e convenienti. Ecco alcune delle caratteristiche comuni che puoi trovare in una friggitrice ad aria smart: Controllo tramite smartphone Molte friggitrici ad aria smart sono dotate di connettività Wi-Fi e possono essere controllate tramite un'applicazione sul tuo smartphone. Questo ti consente di accendere e spegnere l'elettrodomestico, impostare la temperatura e il tempo di cottura, e persino ricevere notifiche quando il cibo è pronto. È un modo conveniente per avere il controllo completo sulla cucina anche quando non sei in casa. Ricette preimpostate Alcune friggitrici ad aria smart includono un'ampia selezione di ricette preimpostate. Puoi semplicemente selezionare la ricetta desiderata sull'applicazione e la friggitrice ad aria smart regolerà automaticamente la temperatura e il tempo di cottura ottimali. Questo è particolarmente utile per coloro che non hanno molta esperienza nella cucina o che desiderano provare nuove ricette in modo semplice e veloce. Monitoraggio della cottura Grazie all'integrazione di sensori avanzati, le friggitrici ad aria smart possono monitorare in tempo reale la temperatura e lo stato di cottura del cibo. Questo significa che puoi ottenere risultati consistenti e precisi ogni volta che utilizzi la friggitrice. Alcuni modelli possono persino regolare automaticamente la temperatura e il tempo di cottura in base al tipo di cibo inserito, garantendo risultati ottimali senza sforzo. Compatibilità con assistenti vocali Molti elettrodomestici smart, comprese le friggitrici ad aria smart, sono compatibili con gli assistenti vocali come Amazon Alexa o Google Assistant. Ciò significa che puoi controllare la friggitrice semplicemente dando comandi vocali, rendendo ancora più facile e conveniente l'utilizzo.
Come sfruttare al meglio la tua friggitrice ad aria smart
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Ora che hai una friggitrice ad aria smart, ecco alcuni suggerimenti su come sfruttarla al massimo: Sperimenta con ricette diverse: Approfitta delle ricette preimpostate o sperimenta creando le tue combinazioni di condimenti e spezie per ottenere un'ampia varietà di sapori. Ricorda di annotare le ricette che funzionano meglio per te in modo da poterle riprodurre in futuro. Utilizza la connettività Wi-Fi: Approfitta del controllo tramite smartphone per accendere la friggitrice prima di tornare a casa o per ricevere notifiche quando il cibo è pronto. Questo ti permetterà di risparmiare tempo e di avere un pasto caldo appena arrivi. Sfrutta al meglio le ricette preimpostate: Scegli tra la vasta selezione di ricette disponibili sull'applicazione della friggitrice ad aria smart. Queste ricette sono state ottimizzate per garantire risultati perfetti e sfruttano al meglio le funzionalità della friggitrice. Puoi provare piatti classici come patatine fritte croccanti o ali di pollo piccanti, o esplorare cucine internazionali e preparare samosa indiane o involtini primavera cinesi. Sii consapevole delle impostazioni di temperatura e tempo: Ogni alimento richiede impostazioni specifiche per ottenere una cottura ottimale. Assicurati di seguire le indicazioni fornite nella ricetta o di fare alcuni esperimenti per trovare le impostazioni migliori per ciascun tipo di cibo. Ricorda che le friggitrici ad aria smart offrono una maggiore precisione nella regolazione della temperatura, quindi sfrutta questa funzionalità per ottenere risultati perfetti. Pulizia e manutenzione regolari: Per garantire una lunga durata e un funzionamento ottimale della tua friggitrice ad aria smart, assicurati di pulirla regolarmente. Segui le istruzioni del produttore per la pulizia e la manutenzione corrette. Rimuovi residui di cibo, lava i componenti rimovibili e controlla che tutti i meccanismi siano in buono stato di funzionamento.
Migliori modelli di friggitrice ad aria smart
Ecco alcuni dei migliori modelli di friggitrice ad aria smart disponibili sul mercato: COSORI CP158-AF
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La friggitrice ad aria COSORI 5.5 litri è un elettrodomestico innovativo che ti permette di friggere i tuoi cibi preferiti senza l’utilizzo di olio, riducendo così il grasso dell’85% e mantenendo lo stesso gusto croccante e tenero delle fritture. Questo prodotto è dotato di un cestello grande da 5,5 litri, perfetto per soddisfare le esigenze di 3-5 persone e abbastanza capiente da contenere un pollo intero di 2 kg. La friggitrice ad aria COSORI è caratterizzata da un display LED sensibile al tatto che offre 11 programmi preimpostati per una varietà di cibi, come patatine fritte, pollo, pesce, gamberetti, bistecca, dessert e molto altro. Inoltre, questo prodotto include due funzioni speciali: preriscaldamento e mantenimento in caldo, che facilitano il processo di cottura quotidiano. Xiaomi Mi Smart Air Fryer 3.5L
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Questa friggitrice ad aria intelligente offre un’ampia gamma di funzioni e caratteristiche per soddisfare le esigenze culinarie di ogni famiglia. Grazie alla sua tecnologia avanzata, permette di cucinare i cibi con meno olio e senza fumo, garantendo un risultato croccante all’esterno e morbido all’interno. Ariete 4615 Airy Fryer Mini
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Questa compatta friggitrice ad aria ha una capienza di 3,2 litri ed è ideale per cucinare fino a un massimo di 5 porzioni. Ha 7 programmi di cottura automatici per patatine, carne, pesce, gamberi, pollo, bistecca e torte. È facile da pulire e offre la possibilità di definire autonomamente tempo e temperatura di cottura. Moulinex EZ4018 Easy Fry Deluxe
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Questo modello offre una capienza maggiore rispetto alla Mini ed è dotato di funzioni avanzate come il preriscaldamento e il mantenimento in caldo. È versatile e ideale per preparare una varietà di piatti sani e gustosi. Proscenic T22
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Questa friggitrice ad aria è economica ma offre prestazioni affidabili. Ha una capacità di 3,5 litri ed è facile da pulire. È perfetta per chi cerca un modello semplice ed efficiente. Scegli la friggitrice ad aria che meglio si adatta alle tue esigenze e goditi pasti più leggeri senza rinunciare al gusto!
Conclusione
Una friggitrice ad aria smart è un'eccellente aggiunta alla tua cucina intelligente. Sfruttando le sue caratteristiche intelligenti e seguendo i suggerimenti forniti, puoi ottenere risultati deliziosi e sani ogni volta che cucini con questa innovativa apparecchiatura. Rendi la tua cucina più intelligente e gustosa con una friggitrice ad aria smart!
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. La tua cucina intelligente: Sfrutta al meglio la friggitrice ad aria smart. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
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tananangel · 2 years
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.        ♡  ᴛʜɪꜱ ɪꜱ ʙʀᴀɴᴅᴏɴ'ꜱ ᴘᴇɴꜱɪᴇᴠᴇ           ㅤ14.02.2026       ⌵ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀           ㅤ⚠️: accenni a disturbi alimentari ( arfid ) ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀   [ ... ] ℬ I contorni dell'altra diventano sfocati, guardati da dietro la coltre di lucciconi che ormai intacca gli occhi: è il pianto di un cervello che vorrebbe trovare le parole giuste da dire per farle capire che senza lei accanto non ce la può proprio fare, neppur volendo. E lui nemmeno vuole, quindi anche peggio. Di un cuore che trova soltanto giusto starle vicino in questi momenti così difficili, che vorrebbe avere il potere di riavvolgere il tempo e tornare alla notte precedente, loro due e il deserto nella tenda. 𝘕𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘪𝘶̀. Soprattutto, non il fastidio che prova nel sentire le ultime parole – le libera il viso, fa un solo passo indietro. « Non mi comporto da psichiatra, non saprei neppure come si fa » tenta d'asciugare le occhiaie con i propri pollici, gesto quasi inutile, considerato quanto presto torni il bagnato. « Non ti importa di quello che provo io in merito a questa storia? Di quello che 𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢 a me? » ℋ 𝐴 𝑡𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑖𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑣𝑎, prima risposta che balena alla mente della più piccola. 𝐴 𝑡𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑖𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑣𝑎 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑒𝑟𝑜 𝑖𝑜 𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑚𝑎𝑙𝑒, 𝑎𝑑 𝑎𝑣𝑒𝑟 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑'𝑎𝑖𝑢𝑡𝑜, 𝑎𝑑 𝑎𝑣𝑒𝑟 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑒. Risposta che però non prende corpo, ché il fastidio nel tono di Brandon ha il potere di farla stare zitta, a testa bassa. Il cuore s’attorciglia nei sensi di colpa, ora scaturiti persino per la stilla di risentimento che le fa stringere un po’ di più i pugni. 𝑀𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑣𝑢𝑜𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑟𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜. « Mi importa solo di ciò che è meglio per te » balbetta, nel tremolio di una voce che pare quasi avere freddo, ma è solo piegata alle volontà di sentimenti forti e contrastanti tra loro, che tenta ancora di non vomitare addosso a lui. 𝑀𝑎 𝑠𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑙𝑢𝑖 𝑙𝑎 𝑜𝑑𝑖𝑎𝑠𝑠𝑒, pensa, potrebbe liberarsi le spalle dal peso che è diventata.  Potrebbe andare avanti senza il timore di dover essere perfetto, di dover essere migliore – quante volte gliel’ha detto, pure questo? "𝑆𝑎𝑟𝑜̀ 𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜𝑟𝑒"... « Mi sento così stupida » Tira su col naso, si asciuga gli occhi in fretta con la manica della felpa, « Ero così impegnata a farti capire che sei quello giusto per me, da non vedere che sono 𝑖𝑜 quella che non va bene per te – Ma non te ne rendi conto, davvero? » e ora lo guarda, gli occhi lucidi, le braccia che si aprono appena, « Quanto eri felice prima che 𝑡𝑖 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑠𝑠𝑖 𝑖𝑜. Non lo vedi? Che tutto era più semplice, senza me – magari – magari potevi trovare qualcuna con cui parlare, qualcuna con cui – con cui non avresti avuto paura di sfogarti sui tuoi problemi. Qualcuna con cui non avresti paura di litigare – perché alla fine è diventato questo, no? È questo che intendevi, quando a tua madre hai detto che devi riflettere, per essere migliore, per andare bene, per cos’altro? E poi io invece, che faccio? 𝑀𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑎𝑧𝑧𝑜, pensando che la nostra relazione sia una relazione normale – quando invece non lo è. Non lo è se passi le notti insonni a domandarti cosa fare e cosa non fare perché la tua stupida ragazza sta morendo! » ha fallito, ecco: il tentativo di non vomitargli addosso quello che sente. Ha fallito alzando il tono di voce, fino ad urlare quasi quelle ultime parole. ℬ Uno schiaffo in faccia: ecco che cosa sono quelle ultime parole, l'urlo con cui le ha espresse. 𝘓𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘴𝘵𝘶𝘱𝘪𝘥𝘢 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘢 𝘴𝘵𝘢 𝘮𝘰𝘳𝘦𝘯𝘥𝘰. Sentirlo dire a lei è troppo per lui, che ha bisogno di arretrare fino alla parete e scivolare, fino a sedersi sul pavimento. Le ginocchia vengono piegate al petto, i gomiti poggiano su di loro e le mani tirano i capelli – non la guarda più, adesso non ce la fa. Per le lacrime, gli occhi rossi, per il panico nutrito dal timore che non gli abbia detto tutto. Sta peggiorando e non se n'è accorto? Che cazzo di stupido. Il silenzio che lascia aleggiare tra di loro gli pare tanto eterno quanto inesistente, con tutto il casino che ha nella testa, che è sicuro pure lei abbia. « Pensavo stesse andando meglio, » mormora, ché non ce la fa a continuare ad affrontare tutto il resto se prima non s'assicura di questo. Che sia soltanto uno sfogo, magari, che non sia così grave come dice. « Non è così? » ℋ Silenzio. È così, che Brandon le risponde: silenzio, passi indietro, il modo in cui si accascia a terra. Per un attimo, Gaia teme di aver perso 𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑜 il controllo, che la voce abbia raggiunto un tono tale da infastidirlo, da fargli male. Porta istintivamente una mano alla gola, il cuore che pare quasi ghiacciarsi di fronte a quell’ipotesi. Non se lo perdonerebbe mai, un errore di quel calibro – d’altronde non urla mai, Gaia. 𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ ℎ𝑎 𝑑𝑜𝑣𝑢𝑡𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑙𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑜𝑟𝑎? Le parole successive di Brandon, però, hanno il potere di dissolvere almeno quella paura – accendendone un’altra, che brucia dolorosamente al centro del petto. Deglutisce, e neppure lei risponde subito. Occupa il silenzio camminando verso di lui, sedendoglisi accanto sulla pietra fredda del pavimento. Sta ancora piangendo, sta ancora tremando, eppure sente tutt’attorno una calma innaturale, un silenzio innaturale. Scuote la testa, lasciando che i capelli ricadano a coprirle il volto. Li sposta lentamente dietro l’orecchio, prendendo tempo: « È quello che sto cercando di dirti – non sono peggiorata, ma neppure migliorata. 𝑁𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑎𝑏𝑏𝑎𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎 » piano, Gaia. Altre lacrime s’affollano agli occhi, e il viso si nasconde tra le mani. Strozza un altro singhiozzo in gola. Neppure lei ce l’ha, quel coraggio che serve ad ammettere che forse la guarigione non arriverà mai, che forse, per lei, potrà finire soltanto in un modo. « E io non -- » pausa, necessaria per riemergere dalle mani, per raccogliere altre lacrime dalle guance, « non voglio che mi stai vicino ora, non ti fa bene – e non me lo perdonerei mai, Brandon, se ti capitasse qualcosa per colpa mia – c’è già stato, c’è già stato un attacco e io non c’ero, perché stavo male – e poi sei svenuto, e io non c’ero, ed è successo perché per colpa di tutto questo non riesci a riposare – 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑒 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑜, 𝑎 𝑓𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜, 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑜 𝑠𝑜𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜. » ℬ 𝘕𝘰𝘯 𝘦̀ 𝘱𝘦𝘨𝘨𝘪𝘰𝘳𝘢𝘵𝘢: è soltanto questo il dettaglio che gli interessa, ché, pure se non è migliorata stavolta, piccoli passi in avanti possono sempre essere raggiunti nelle prossime settimane – è così che funziona, no? L'importante è che non ne faccia indietro. Si concede un respiro di sollievo, la coda dell'occhio che la osserva sedersi accanto a lui, piangere ancora. 𝘛𝘰𝘴𝘤𝘢, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘵𝘰 𝘷𝘰𝘳𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘴𝘵𝘳𝘪𝘯𝘨𝘦𝘳𝘭𝘢 𝘧𝘰𝘳𝘵𝘦 𝘢 𝘴𝘦́, eppure se ne resta lì, fermo in quella specie di auto-abbraccio, con le parole di lei che gli entrano nella testa e che tornano a infastidirlo. Ancora. Il punto è che sa che potrebbe dire qualsiasi cosa e lei con buona probabilità resterebbe nella sua convinzione 𝘴𝘣𝘢𝘨𝘭𝘪𝘢𝘵𝘢, e questo è per lui elemento di non poca frustrazione. « Se mia madre ti ha riportato per bene la cosa, dovresti sapere che c'entra 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 Sanremo, 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 il fatto che abbia problemi a dormire da quando ero piccolo » le mani attorcigliano, frenetiche, i capelli già devastati dal vento. « Ma comunque, mi spieghi che senso ha per te stare insieme, se mi dici che non mi vuoi vicino? » gira la testa, finalmente, lo sguardo adesso del tutto puntato su di lei. « Ogni relazione che sia degna d'esser definita tale ha momenti di felicità e momenti in cui bisogna affrontare determinate cose – hai idea di quanto mi sentirei una merda, di quanto odierei starti lontano non perché boh, non mi ami più e devo farmene una ragione - e comunque vorrei esserci in quanto tuo amico -, ma perché pensi che sia troppo debole? » ℋ « Io non dovrei essere tra quei motivi, Brandon… » Parole che pronuncia con estrema lentezza e fatica, ché non sa definire quanto male le facciano. È un dolore che non possono esprimere neppure tutte le lacrime che piange, neppure tutte le parole che potrebbe trovare per farglielo capire. È così insidiata dentro di lei, quella sensazione di non sapergli stare accanto nel modo giusto, che non può, 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑒𝑠𝑐𝑒 a scrollarsela di dosso. « Se io ti dicessi che tu sei uno dei motivi della mia ricaduta » accenna, spostando il volto nella sua direzione, l’espressione affranta, distrutta dal pianto incessante, « riusciresti a stare con me? » e attende. Lascia che l’informazione si posi su di loro, che lui, almeno un poco, si metta dalla sua parte della storia. Ha già ferito tante persone, solo perché non riesce a mangiare quanto le viene richiesto – l’idea di trascinare anche lui, giù con sé, non può accettarla. Non ce la fa. « Non lo sei, comunque – è una cosa ipotetica » aggiunge allora, che ci mancherebbe solo fargli credere di essere in quel pasticcio a causa sua. Abbassa la testa, si stropiccia gli occhi gonfi. « E non penso che tu sia debole, non è così – sto solo cercando di farti capire che forse tua madre non ha tutti i torti, a chiederti di tutelarti. Perché te l’ha già chiesto, no? Prima di quel giorno, a Sanremo » torna a guardarlo. Ora che non urla, che parla con appena più raziocinio, subentra anche la nostalgia del suo tocco – il desiderio di abbracciarlo, di rimettere a posto i pezzi per non farlo stare così male. Vorrebbe solo le cose belle, per lui: le stelle che hanno visto la sera prima, le promesse che si sono fatti ogni notte, quelle che si sono mormorati spaventati al telefono. Appoggia la fronte sulla sua spalla, altre lacrime che tornano a rigarle le guance. « Ti amo più di ogni altra cosa al mondo, e più di ogni altra cosa al mondo non voglio – non voglio tirarti giù con me, 𝑎𝑚𝑜𝑟𝑒, non voglio rovinare questa cosa bella che sei » ℬ Non lo riempie, il silenzio che l'altra lascia tra di loro con quella domanda. Non lo riempie con parole, almeno, ma con altre lacrime, ché soltanto l'ipotesi di poter davvero essere in qualche modo elemento di ricaduta per Gaia gli dilania il cuore – non è nemmeno sicuro di credere più di tanto al fatto che sia soltanto una cosa ipotetica, a questo punto. Le passa comunque il braccio attorno ai fianchi, quando poggia la fronte alla sua spalla, e s'abbassa a toccarle i capelli con la guancia. Povera chioma, vittima d'uno shampoo molto salato. « Permettimi di restare, 𝘱𝘦𝘳 𝘧𝘢𝘷𝘰𝘳𝘦 » sussurra, la mano libera che cerca la sua senza che neppure se ne accorga. « Andrò in terapia come mi hanno consigliato e prenderò gli integratori all'orario giusto, te lo giuro, riuscirò a dormire: se ci – se ci impegniamo possiamo stare meglio entrambi e restare comunque insieme » boccheggia. « Io non sono niente di bello, guarda che cosa ti – » 𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘵𝘪 𝘴𝘵𝘰 𝘧𝘢𝘤𝘦𝘯𝘥𝘰 𝘧𝘢𝘳𝘦, 𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦. 𝘛𝘪 𝘴𝘵𝘰 𝘧𝘢𝘤𝘦𝘯𝘥𝘰 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘪𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘱𝘦𝘴𝘰, 𝘵𝘪 𝘴𝘵𝘰 𝘧𝘢𝘤𝘦𝘯𝘥𝘰 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘵𝘶 𝘮𝘪 𝘧𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢 𝘥𝘦𝘭 𝘮𝘢𝘭𝘦. Forse ha ragione, per Tosca. Forse non averlo intorno potrebbe fare davvero bene a qualcuno: sì, a lei. ℋ Serra gli occhi, ormai le lacrime sono così tante che le pare l’unico modo per rallentarne la discesa. Il corpo però si avvicina, alla ricerca di una stretta che non si limiti soltanto al braccio attorno ai fianchi. Intreccia le dita alle sue, ma tiene la sua mano con entrambe le proprie: la custodisce, quasi, come qualcosa di preziosissimo. Il volto si sposta, si nasconde nell’incavo del collo dell’altro, lasciando – ingenuamente – che tutte quelle lacrime gli bagnino la pelle, il tessuto della felpa. Recupera tutto il contatto che prima ha evitato, che prima non riusciva a ricevere. Ogni centimetro di sé che lo sfiora, che viene sfiorato, recupera energia. 𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑝𝑢𝑜̀ 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑐𝑒𝑙𝑎, 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑙𝑢𝑖? Lo sa, lo sa che non ci riuscirebbe mai – e questo, se possibile, la rende ancora più egoista. Ancora più distruttiva, più tossica per lui. 𝑃𝑒𝑟𝑚𝑒𝑡𝑡𝑖𝑚𝑖 𝑑𝑖 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒, le chiede, e non fa altro che accentuare il pianto. Vorrebbe essere abbastanza forte da allontanarlo davvero. Vedi, Brandon, alla fine il debole non sei tu. « Non lo dire » mormora, riferendosi a quella frase lasciata a metà. Riemerge dal suo nascondiglio per poterlo guardare, stavolta persino accarezzare, portando una delle mani sulla sua guancia. « Non devi nemmeno pensarlo, capito? Quello che mi succede – non è colpa tua, tu hai sempre fatto tutto, persino troppo, per me » Si concede di guardarlo ancora per qualche istante, in silenzio. Annuire è così difficile, così difficile che lo fa con una lentezza disarmante. « Ma – promettimi che ti metterai al primo posto… 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑣𝑜𝑟𝑒. » ℬ A volte è proprio surreale, la vita: ha tanto insistito perché Gaia si convincesse che stare insieme fosse la cosa giusta e adesso che ha ottenuto quantomeno che lo accettasse, seppur con un compromesso, è lui a credere il contrario. Perlomeno, si può dire che abbia compreso a pieno il suo punto di vista: pensare d'essere veleno per la persona amata è logorante, forse non esiste sentimento peggiore. E allora, mentre lei annuisce, lui scuote la testa – lentamente, allo stesso ritmo, quasi fossero due facce d'un riflesso che mostra il concettualmente opposto di ciò che in esso vi si specchia. Le bacia il naso, quel naso che tanto ama. Si prende ogni istante che può, cerca di registrarlo per bene nella mente. 𝘌̀ 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘦𝘪, 𝘉𝘳𝘢𝘯𝘥𝘰𝘯. 𝘋𝘦𝘷𝘪 𝘧𝘢𝘳𝘭𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘦𝘪. « Se avessi davvero fatto tutto, e se lo avessi fatto bene, adesso tu non ti sentiresti così in relazione a me » poggia la fronte alla sua, deglutisce. La voce trema, ma non può permettersi di interrompere il discorso. « Non crederesti di trascinarmi giù, amore mio, non piangeresti così tanto, non - » eccola là, una nuova ondata di lacrime che non sarebbe in grado di fermare neppur volendo. Questa in corso è in assoluto l'impresa più difficile che abbia mai affrontato – ad ora, persino superare il lutto del padre gli pare più semplice. Insomma, lì non ha potuto fare molto se non accettare la tragedia, mentre qui... 𝘍𝘰𝘳𝘻𝘢 𝘦 𝘤𝘰𝘳𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰, 𝘉𝘳𝘢𝘯𝘥𝘰𝘯. « Un amore che ti fa sentire sbagliata non è l'amore giusto. In qualche modo, ho capito che hai ragione: devo allontanarmi, ma per non fare altro male a te », 𝘵𝘳𝘢𝘵𝘵𝘪𝘦𝘯𝘪 𝘪 𝘴𝘪𝘯𝘨𝘩𝘪𝘰𝘻𝘻𝘪. 𝐓𝐫𝐚𝐭𝐭𝐢𝐞𝐧𝐢 𝐢 𝐬𝐢𝐧𝐠𝐡𝐢𝐨𝐳𝐳𝐢. ℋ Il tempo è immobile, cristallizzato nel silenzio che segue alla scelta di Brandon. 𝐸̀ 𝑐𝑖𝑜̀ 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑒𝑣𝑖. 𝐸̀ 𝑞𝑢𝑒𝑙 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 ℎ𝑎𝑖 𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑡𝑜. 𝐸̀ 𝑚𝑒𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑖̀. Nessuna spiegazione valida, però, riesce a renderlo meno doloroso. Scava una fossa, al centro esatto del suo corpo, raggiunge punti in cui non credeva possibile provare dolore, provare assenza. Nell'istante esatto in cui è lui che pone il punto, qualcuno spegne la luce: non ha più senso niente. Se non c'è lui, non ha senso niente. Una lacrima soltanto le riga la guancia, così in contrapposizione col forte e rumoroso pianto di prima — eppure, sembra non essere in grado di uscire nient'altro da lei. Prende un respiro, che suona forte, disperato quasi, come avesse passato i secondi precedenti in apnea — e forse, in effetti, è così. « Mi hai fatto solo del bene » parla piano, la voce rauca, il resto delle lacrime che inseguono la prima ad essere scappata, « E io — » 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑡𝑜𝑟𝑛𝑎𝑟𝑒, 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑜̀ 𝑑𝑒𝑙 𝑏𝑒𝑛𝑒 𝑎 𝑡𝑒. Eccolo, allora: lo scoppio di quel pianto che è rimasto sull'orlo troppo a lungo. Un singhiozzo dietro l'altro, un fiume senza fine di gocce che scivolano e bagnano la faccia, il mento, il collo. Torna vicina a lui, a cercare un abbraccio, a darglielo lei stessa, intrecciando le mani sulle sue spalle. 𝐴𝑟𝑟𝑖𝑣𝑒𝑟𝑎̀ 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑙𝑢𝑛𝑒𝑑𝑖̀, 𝑎𝑚𝑜𝑟𝑒. 𝑻𝒆 𝒍𝒐 𝒈𝒊𝒖𝒓𝒐. ℬ « Va tutto bene, amore mio. Va tutto bene » in realtà non va bene proprio nulla, ché teme gli verrà un infarto per quanto il cuore è in sofferenza, ma deve essere forte, deve trovare un modo per consolarla almeno un po' da quel pianto in cui è scoppiata di nuovo. « Andrà tutto bene » sussurra, mentre la tiene stretta tra le proprie braccia. Chissà quando capiterà di nuovo – chissà 𝘴𝘦 capiterà di nuovo. « Sono sicuro che presto ti accorgerai che sono io ad aver ragione, devi solo – solo promettermi che questa cosa non sarà vana, che – » abbandona il rifugio che aveva trovato nell'incavo del collo soltanto per poterla guardare, per poter sfiorare le labbra con le sue. Un'ultima volta almeno, si dice. ℋ « Devi prometterlo anche tu » un mugolio, quasi, che non potrebbe mai accettare l'idea di lasciarlo da solo nella sofferenza — mai. Se deve accettare quella separazione, è solo nella speranza che lui stia meglio, che lei stia meglio, abbastanza da poterlo amare come dovrebbe essere amato. In modo giusto. Dolce. Gentile. Le mani gli raccolgono il viso, « Promettimi che ti prenderai cura di te, per favore, 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑣𝑜𝑟𝑒 » e le labbra non si allontanano, ma neppure si avvicinano, che vuole aspettare di sentire quella promessa, prima di baciarlo – spera non per l'ultima volta. ℬ « Sarà il giuramento più solenne che faremo mai » un giuramento che richiederebbe d'esser sancito dai mignolini, quindi. Unirli, però, significherebbe tutta una serie di cose che non è ancora pronto a fare – smettere di cullarla tra le proprie braccia, ad esempio, oppure costringerla a lasciare la presa sul viso. Ha bisogno di quel calore almeno per qualche altro minuto, il tempo di trovare la forza, scovarla dal punto più remoto in cui è stipata. Azzarda una nuova metodologia, allora: le punte dei nasi strofinate, un po' come fosse un bacio eschimese. « Te lo prometto, adesso tocca a te dirlo ad alta voce. » ℋ Ci crede così tanto, a quella promessa, che al posto dei mignoli incrocia gli sguardi. Cerca quello di lui, le iridi scure che ama così tanto, che non può pensare di non vederle più appena sveglia, prima di dormire. Non può pensare di non essere più cullata in quel modo, di non potersi più riempire del suo profumo, tornare in camera con i vestiti che sanno ancora di lui. Non può pensarci, di non doversi più schiacciare in due nel letto singolo,  di non avere più diritto di scompigliargli i ricci, di non poterli più nemmeno sistemare dopo averlo fatto. E non può pensarci, ché quelle labbra non potrà più baciarle quando vuole, che quella voce non le racconterà più segreti e cose sceme sotto le lenzuola. « Te lo prometto, amore » Chiamarlo così è davvero un dolore aggiuntivo, come lo è azzardare nel ridurre la distanza per far collidere le labbra, per ballarci assieme un'ultima volta. « Vorrei — » sussurra, senza allontanarsi se non per lo spazio necessario a parlare, « solo un'ultima cosa, però » ℬ 𝘊𝘩𝘪𝘢𝘮𝘢𝘮𝘪 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦, 𝘤𝘩𝘪𝘢𝘮𝘢𝘮𝘪 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦, 𝘤𝘩𝘦 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘮𝘢𝘭𝘦𝘥𝘦𝘵𝘵𝘢 𝘯𝘰𝘵𝘵𝘦 𝘥𝘰𝘷𝘳à 𝘱𝘶𝘳 𝘧𝘪𝘯𝘪𝘳𝘦 – è nelle parole del maestro Vecchioni che gli risuonano in testa che trova la forza di non affondare quando sente quel nomignolo tanto caro, di cui sentirà fortemente la mancanza. Che poi, a dire il vero, ci sarà qualcosa che non gli mancherà? È sicuro nel pensare che sarà difficile persino sopportare l'assenza di battibecchi, ché con lei pure quelli sono belli – persino le lacrime, le tante che hanno versato, se condivise con lei sono tanto devastanti quanto appaganti. È uno strano concetto che non saprebbe spiegare meglio, e a dire il vero nemmeno gli importa di farlo, adesso: vuole pensare soltanto al presente, poi si vedrà. « Tutto quelli che vuoi, dimmi » è pronto nel risponderle, ché farebbe letteralmente qualsiasi cosa pur di renderla felice. Qualsiasi. ℋ « 𝑅𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑚𝑒, 𝑠𝑡𝑎𝑠𝑒𝑟𝑎 » un'implorazione, quasi, che per l'occorrenza si è persino inginocchiata. Va bene, va bene, accetterà di allontanarlo, di allontanarsi – ma 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑖. Non può sopravvivere all'idea di rientrare in camera da sola, di affrontare la sua assenza così bruscamente. Il cuore si accartoccia solo al pensiero: è un foglietto stropicciato, nel suo petto, che cerca un po' di forza per tenerla su. « Lo so che è un controsenso, ma... non voglio che le ultime cose siano tutte queste lacrime e le mie urla e — lo capisco, però... se non vuoi » ℬ « Voglio » è l'immediata risposta che pizzica le corde vocali, addirittura ancora prima che se ne renda conto. Forse avrebbe dovuto pensarci un po' di più, ché come dice lei è un bel controsenso, ma è anche convinto che entrambi i loro cuori possano trovare ristoro all'idea di avere ancora del tempo per loro, per poter metabolizzare quanto successo, per poter (magari, sebbene non ne sia troppo convinto) affrontare con più energia la solitudine che ne verrà. « Andiamo da te? » 𝘳𝘰𝘮𝘱𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘪 𝘨𝘭𝘪 𝘰𝘳𝘰𝘭𝘰𝘨𝘪, 𝘤𝘰𝘴ì 𝘪𝘭 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘪𝘯𝘴𝘪𝘦𝘮𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘧𝘪𝘯𝘪𝘳à 𝘮𝘢𝘪. ℋ Puoi respirare, Gaia. 𝑉𝑢𝑜𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑡𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑠𝑒𝑟𝑎. 𝑽𝒐𝒓𝒓𝒆𝒔𝒕𝒊 𝒔𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒎𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆? 𝑭𝒂𝒏𝒄𝒖𝒍𝒐 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒊 𝒅𝒖𝒃𝒃𝒊 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒂𝒛𝒛𝒐, 𝒑𝒆𝒓𝒔𝒊𝒏𝒐 𝒊 𝑻𝒉𝒆 𝑺𝒎𝒊𝒕𝒉𝒔 𝒍𝒐 𝒅𝒊𝒄𝒆𝒗𝒂𝒏𝒐: 𝒕𝒐 𝒅𝒊𝒆 𝒃𝒚 𝒚𝒐𝒖𝒓 𝒔𝒊𝒅𝒆, 𝒊𝒔 𝒔𝒖𝒄𝒉 𝒂 𝒉𝒆𝒂𝒗𝒆𝒏𝒍𝒚 𝒘𝒂𝒚 𝒕𝒐 𝒅𝒊𝒆. 𝑳𝒂𝒔𝒄𝒊𝒂𝒎𝒊 𝒎𝒐𝒓𝒊𝒓𝒆 𝒂𝒄𝒄𝒂𝒏𝒕𝒐 𝒂 𝒕𝒆. 𝑳𝒐 𝒑𝒓𝒆𝒇𝒆𝒓𝒊𝒔𝒄𝒐, 𝒂𝒍 𝒗𝒊𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒕𝒆. Pensieri che non espone neppure, che rinchiude in un altro bacio rubato senza permesso. Si stringe forte a lui, percepisce le lacrime dannate intromettersi di nuovo tra le loro labbra. Maledette, come osate sfiorarlo lì, in un posto soltanto suo. « Sì » risponde con la voce rotta, con la mano che cerca la sua. Non vuole dire altro, non vuole più parlare — ora ha solo bisogno di sentirlo. Per non dirgli addio, non ancora. ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀           ㅤ𝘚𝘦 𝘢𝘮𝘢𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘶𝘳𝘢 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘥𝘪 𝘶𝘯 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰           ㅤ𝘌̀ 𝘮𝘦𝘨𝘭𝘪𝘰, 𝘦̀ 𝘮𝘦𝘨𝘭𝘪𝘰           ㅤ𝘌̀ 𝘮𝘦𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘳𝘪𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘲𝘶𝘪.
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[✎ ITA] Intervista RM , Namjoon BTS : PROOF – Collector's Edition ⠸ eng : © BOMHARU1230 ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ 28.09.2022 💜⟭ 1 / 7 ⟬💜
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Quale credi sia più importante: il passato, il presente o il futuro?
RM: Ovviamente è il presente e credo continuerà ad essere così anche in futuro, per me. La parola 'futuro' (미-mi, 래-rae) è formata da “non ancora’” Mi (未) “arrivato” Rae (來), quindi è qualcosa che non vediamo immediatamente e, di fatto, è piuttosto incerto e sfocato. Il passato è già superato, quindi credo dovremmo vivere avendo a cuore il presente come il momento più importante. Credo che se non si riesce a vivere nel presente, sia poi impossibile vivere nel passato o nel futuro.
Che cosa significa "passato" per te?
RM: È come quando si apre un vecchio cassetto e l'aria al suo interno odora un po' di stantio. Cioè, in realtà non è neppure poi così male. Quando torno a casa dei miei genitori o di mia nonna, o quando entro nella mia vecchia stanza, se apro i cassetti, sento quell'odore ed è come se mi riscuotesse. Quella sensazione mi riporta alla mente vecchi ricordi. Credo il "passato" abbia lo stesso sentore di quando apri un vecchio cassetto, stai ad osservarlo da una certa distanza e pensi "Ah, già, ricordo".
Sembrerebbe che l'aroma del legno sia speciale per te
RM: Tutti i miei cassetti e armadi sono in legno. Il legno più è usato, più tocchi riceve, e più liscio sarà al tatto. Mi piace molto la parola patina (고색) e mi piacciono i mobili la cui patinatura è intatta. Credo quella sia la caratteristica più importante del legno.
Qual è il tuo primo ricordo in assoluto?
RM: Il mio primissimo ricordo risale a quando avevo più o meno 3 anni. Ricordo che la mia famiglia viveva in cima ad una collina dove c'erano molte villette e case pluri-familiari. A quei tempi, mio padre e mia madre gestivano una piccola azienda di alimentari per l'infanzia. A pensarci ora, era piuttosto pericoloso, ma a fine giornata lavorativa - o nel fine settimana, mio padre mi faceva sedere in braccio a lui mentre guidava la sua motocicletta e consegnava gli omogenizzati in giro per il quartiere. Allora, per me, quello era puro divertimento, era davvero una sensazione curiosa, specialmente quando scendevamo giù per la collina e non c'erano ostacoli di fronte a noi. Mi hanno detto che, anche se era pericoloso, (mio padre) mi portava in giro con sé perché sapeva che mi piaceva un sacco. Ho dei bei ricordi di quel periodo.
C'è qualcosa che ti manca di quel periodo?
RM: Le relazioni disinteressate. Quel tipo di legami ed amicizie che nascono da un semplice "Quindi tu sei.. e vivi a.., vero?". Quando ero piccolo, era così facile trovarsi sullo stesso piano e stringere legami con poche semplici parole. Con gli amici di scuola, giocavamo a far la lotta dei polli* e ci arrampicavamo sulle giostrine in cortile, prima delle lezioni. Quando andavo a scuola era così semplice fare conoscenza persino con gli amici dei miei amici grazie ad un semplice "Io sono... della classe a fianco, ho sentito molto parlare di te". Da quando sono diventato RM e tutti quanti sanno chi sono, spesso ci sono di mezzo stereotipi e preconcetti e non è facile creare relazioni paritarie. C'è un disequilibrio di informazioni fin dal principio. Dopo diverse esperienze interpersonali di questo tipo, ho deciso di chiudere le porte del mio cuore. Quindi, sì, a volte mi mancano quel tipo di relazioni in cui entrambi partiamo e andiamo di pari passo, quando incontravo persone che ancora non sapevano chi fossi.
< *lotta dei polli: gioco in cui ci si deve scontrare con gli avversari saltellando su una sola gamba e tenendo l'altra sollevata. Vince l'ultimo a restare su un solo piede, senza poggiare l'altro a terra o cadere, n.d.t. >
Qual è stato il tuo primo luogo o spazio del cuore?
RM: La nostra stanza PC quando, intorno ai 13 o 14 anni, vivevo ancora ad Ilsan. In casa c'era questa stanza computer separata, una sorta di studio. Era un piccolo spazio-ripostiglio in cui ci entravano solo un tavolo ed un computer. Io trascorrevo la maggior parte del mio tempo in quella stanzetta. Fu in quel periodo che comprai il mio primo microfono, iniziai a registrare e a scrivere testi. Credo di poter davvero considerare quella stanza uno "spazio tutto mio".
Nel corso della tua esistenza come membro dei BTS, c'è stato forse un qualche cambiamento che ha reso la tua identità (Kim Namjoon) più vivida o sbiadita?
RM: Mentre lavoravo alle serie 'Love Yourself' e 'Map of the Soul', e nel confrontarmi con gli altri rispetto ai messaggi contenuti in quegli album, ho potuto studiare le teorie di Carl Gustav Jung e ho imparato i concetti di persona, ombra ed ego. Personalmente, credevo che separare la mia persona pubblica, RM, da Kim Namjoon fosse il modo migliore per condurre una vita serena. Ma, di fatto, sono state più le volte in cui Kim Namjoon e RM, trovato un certo equilibrio, hanno finito per diventare un tutt'uno. Volevo infondere un po' dell'esperienza acquisita in quanto RM a Kim Namjoon ed incorporare i pensieri e valori di Kim Namjoon nella musica di RM... Ormai è diverso tempo che lascio che queste mie due identità interagiscano e si influenzino a vicenda così. E spero che un giorno la loro unione diventi più simile ad un eclissi lunare: credo una maggiore sovrapposizione mi renderebbe più semplice vivere questa esistenza fuori dal normale.
Quanto sono simili il te stesso di tutti i giorni e quello che mostri al mondo?
RM: Sono simili al 70..80%, credo. Sono sempre molto onesto e spontaneo. So bene che questa scelta porta con sé dei rischi, ma ho sempre cercato di essere il più aperto possibile rispetto a ciò che sto vivendo. Probabilmente, fossi stato più misterioso a riguardo, avrei avuto meno preoccupazioni. Ma non sono il tipo da crearsi un alter-ego. Credo mi limiterò a seguire i miei ritmi personali.
Com'è il tuo "me stesso" di adesso?
RM: Credo di essere un semplice 29enne come gli altri, con le stesse ambizioni delle altre persone, siano esse materiali o legate a certi raggiungimenti. Ho tanti obiettivi e voglio migliorare, voglio diventare una persona migliore. Ho molta passione per quanto riguarda i miei desideri e propositi a breve termine, ma vorrei anche lasciarmi alle spalle qualcosa di longevo. Sì, credo di essere sempre diviso tra questi due obiettivi. Ci vuole tanto impegno ed è stressante, ma anche questo è parte di me.
Il tuo "io" del presente è diverso da quello del passato?
RM: Molto diverso. In passato non facevo che rincorrere il futuro perché non ero felice del presente. Ora ho un piano cui guardare, sì, credo di poterlo spiegare così. Adesso credo di saper contemplare le cose, man mano che avvengono, attraverso una mia personale prospettiva ed agire di conseguenza. Immagino sia perché sono maturato. Possiamo forse dire che io abbia acquisito quelle doti essenziali per vivere e muoversi in società? Sì credo di essere migliorato sotto quell'aspetto.
Col senno di poi, qual è stato il tuo momento più buio?
RM: Ci sono momenti di cui ho parlato e altri che invece ho tenuto per me. Un sacco di occasioni in cui tutto sembrava volgere al peggio. Ciò che mi ha aiutato a superarle è stato il tempo. Se mi fossi perso d'animo, non avessi stretto i denti e tenuto duro, mi sarei sentito un fallimento e non avrei imparato niente. Ma d'altronde non c'è nulla di più vero del detto "il tempo cura ogni ferita". Ho realizzato che l'unico modo per uscire da quel tunnel è lasciare che il tempo faccia il suo corso.
Quale momento della giornata senti maggiormente come tuo?
RM: La mia vita si divide esattamente tra il tempo dedicato a me stesso e quello in società.
Quanti anni ti senti?
RM: Sento come avessi circa 31 o 32 anni. Penso continuamente a come sarò quando compirò 31 o 32 anni. Sono già uno o due anni che ci rifletto ed ogni volta, ho un'immagine diversa di me stesso. Credo sia in continuo mutamento, a seconda dell'ambiente e delle circostanze in cui mi trovo. Quindi, semplicemente, mai dire mai.
Chi è che ti conosce e saprebbe descriverti meglio?
RM: Credo le persone che mi stanno accanto mi conoscano bene e sappiano giudicare con obiettività. Io non so che cosa faccio o dico inconsciamente. Ma coloro che da circa 10 anni vivono a stretto contatto con me hanno assistito ad ognuno dei mie cambiamenti più drastici. Quindi credo che la risposta più dettagliata rispetto a che tipo di persona sono non potrebbe che arrivare da chi ha vissuto le mie stesse esperienze, dalle persone a me più vicine. Sono convinto saprebbero descrivermi meglio di quanto effettivamente io conosca me stesso.
A quanto sembra, hai tanti amici di lunga data.
RM: Ne avevo tanti, ma ora non ne rimangono molti. È così importante averne tanti? Non credo, 2 o 3 sono sufficienti. Ma d'altro canto sono anche convinto che pensare "Ah, ho già questi amici, non ho bisogno di nessun altro" sia sbagliato e non aiuti con le proprie relazioni interpersonali. Credo sia importante essere aperto a nuovi legami, ma anche essere grato per chi già mi sta accanto. Quindi, riservato ma anche aperto.. Credo questo tipo di flessibilità non possa che portare cose buone.
Come preferisci essere chiamato?
RM: La mia famiglia mi chiama "Joon-ah" o "Joonieya" e mi piace perché mi ricorda la mia infanzia. I miei famigliari sono gli unici che mi vedono puramente come Kim Namjoon. Quando mi sento chiamare così, inevitabilmente, penso "sono ancora immaturo", "(per loro) ho ancora quest'immagine" e mi sento puro ed ingenuo com'ero da piccolo.
Quale colore pensi ti rappresenti meglio?
RM: Il blu. Mi piacciono anche i dipinti nelle tonalità del blu. Blu (*blue / triste) può anche essere un aggettivo. In passato, il blu era la tintura più costosa quindi credo che già storicamente il blu sia sempre stato un po' speciale. Mi son sempre piaciuti anche il bianco ed il nero, ma il blu è il primo colore saturo di cui io mi sia innamorato. Mi piacciono specialmente l'indaco e il blu oltremare. E infatti ho un debole per tutti quegli artisti che usano molto blu, come Yives Klein e Kim Whanki.
Se dovessi paragonarti ad un aroma, quale sarebbe?
RM: Non saprei, non sono poi così sensibile agli aromi, ma se devo sceglierne uno, direi che mi piace quello del legno. Come l'odore che si trova nei templi buddisti. È un odore naturale e dà serenità. Mi piace anche il profumo della crema corpo che uso da 5 anni. La gente intorno a me trova che mi si addica.
Che cos'è indispensabile nella tua vita quotidiana?
RM: Sicuramente la mia famiglia e gli amici e, più in generale, la natura. Non poter vedere l'erba, gli alberi, l'acqua o anche elementi naturali creati artificialmente dall'uomo è fonte di grande stress, per me. Poi i libri e la musica sono anche indispensabili, così come il lavoro e il tenermi occupato. Non è facile riuscire ad equilibrare tutto quanto, ma sono fatto così.
Qualcosa che ti ripeti spesso, ultimamente?
RM: "E ora come vorresti essere?". Ci sono momenti nella vita in cui è difficile capire che tipo di persona si vuole essere. Mi capita continuamente. Ci penso spesso così da riuscire a fare una scelta ponderata, secondo i miei standard e criteri personali. Ma è un pensiero che mi dà ansia.
A che velocità stai vivendo, al momento?
RM: 60..70Km orari? Non troppo lento né troppo veloce. Le auto accelerano e poi rallentano in continuazione. Viaggiano ai 100 all'ora sull'autostrada e poi scendono ai 50 su quelle locali. Allo stesso modo, anche io ho momenti in cui pigio sull'acceleratore e altri in cui rimango indietro. Mi chiedo quante persone siano in grado di andare sempre allo stesso ritmo, senza curarsi di niente e nessun altro. Credo sia possibile solo vivendo su un'isola deserta.
Hai un qualche valore o principio in cui credi fermamente?
RM: 'Il vaso vacante più forte rimbomba'. Per come la vedo io, è importante che il nostro 'io' interiore sia pieno ed appagato. Che sia per via di una persona, di un lavoro, di un obiettivo o di un ideale, se non si vive appieno, è facile sentirsi vuoti e privi di ogni essenza. Anche in un contesto discorsivo, spesso l'essenziale è più d'impatto. Io tendo a dilungarmi perché sono ancora giovane, inesperto e non so mettere ordine nei miei pensieri (ride), ma le persone che rispetto maggiormente sono coloro che sanno arrivare dritte al punto. Devono aver riflettuto a lungo su come esprimere il punto focale del discorso in poche parole. Non penso io stia mettendo effettivamente in pratica ciò in cui credo. Sono ancora giovane quindi credo non sia un problema essere ancora un po' confusionario. Però penso e mi dico che in futuro voglio e devo cambiare.
Quali sono i tuoi interessi, ultimamente?
RM: Due cose che mi appassionano particolarmente sono le arti figurative e la musica. Di base, si tratta di attività intellettuali ed il lavoro intellettuale è qualcosa cui tengo particolarmente. Studiare non è il massimo, ma da qualche parte dovevo pure iniziare.
La storia dell'arte è molto ampia e lunga. Quando ti ci dedichi, finirai per studiare e conoscere anche l'architettura, la filosofia, la storia, la letteratura, quindi sì, devi crearti una cultura molto corposa. Trovo la storia sia molto appassionante anche perché è un mix di risposte corrette ed errate, e la cosa la rende ancor più interessante.
Studiando ed imparando a conoscere la storia dell'arte con dedizione ed attenzione, una disciplina alla volta, credo sia possibile trovare una verità ed un filo conduttore tramandato nei secoli fino a noi. Questa mia passione per le arti figurative è una sorta di continuo allenamento mentale. Persino decenni dopo la morte di un artista, contemplare ed ammirare le sue opere significa trarne nuova ispirazione perché la sua essenza ed espressione continua a vivere attraverso l'arte. Spesso penso che gli artisti siano dei combattenti che affrontano le proprie battaglie da soli. La musica suscita reazioni immediate, ma è un tipo di piacere completamente diverso da quello dato dalle arti figurative.
Hai un qualche pensiero ricorrente su cui ti concentri prima di dormire?
RM: Se non riesco ad addormentarmi, mi limito a pensare "È proprio ora di dormire", e anche "Se non dormi, è un bel problema". Però, diciamoci la verità: se mi ritrovo a pensare queste cose alle 3 di notte? È già troppo tardi (ride). Forse, se non mi fossi concentrato su quei pensieri, sarei riuscito ad addormentarmi. Gli esseri umani sono piuttosto deboli. Dato che non riusciamo ad uscirne, ci focalizziamo sulla cosa in questione. In quei casi, provo a farmi una bevuta o la doccia. È così che cerco di rilassarmi.
Quando pensi alla parola "sogno", qual è la prima cosa che ti viene in mente?
RM: "Il Castello nel Cielo" di Hayao Miyazaki. È un film (animato) che mi piace molto. Ogni volta che lo guardo, penso che vorrei vivere lì. "Entro i 40 anni, avrò sicuramente successo", onestamente non mi importa più di tanto realizzare questo tipo di obiettivi. Trovo più importante l'avere un sogno. Tanto mi basta. Credo i sogni siano come "Laputa (- Il Castello nel Cielo)" o come una nube di calore in lontananza.
C'è un qualche personaggio, di un film o di un drama, cui vorresti assomigliare?
RM: Vorrei vivere come i protagonisti dei film animati di Hayao Miyazaki. Non voglio dire che mi piacerebbe vivere in una favola, ma vorrei avere un lato più fanciullesco. A quanto pare sono abbastanza maturo per stare in società, ma mi piacerebbe comunque essere un bambino viziato. In "Così parlò Zarathustra", il filosofo Nietzsche descrive i tre stadi della mente umana: cammello, leone e fanciullo. Vorrei essere fanciullo in quel senso. Vorrei vivere come un bambino che sa apprezzare ogni giorno senza provare alcuna gelosia per gli altri. Forse è un po' troppo da chiedere, ma se voglio almeno assomigliarvi un po', mi sto esercitando a dirlo ad alta voce.
Poniamo che la vita sia una strada, quanto pensi di averne percorsa?
RM: Credo di aver superato una sola collina tra tante. La vita è molto lunga, ho ancora tanta strada da fare. A quanto pare, oggigiorno, si può arrivare fino ai 130 anni, quindi devo trovarmi qualcosa da fare per i prossimi 100 anni. Quindi, sì, mi sembra di aver superato appena appena una collina.
Se, alla fine di questa strada ci fosse una porta, cosa credi troveresti dall'altra parte?
RM: La porta, probabilmente, sarebbero i miei 30 anni. E onestamente ho un po' paura di cosa troverò, una volta superata quella soglia. Ma credo che, nonostante ora io ne abbia timore, superare quel traguardo non sarà niente di che. Ad esempio, ho paura che l'interesse nei nostri confronti possa scemare e l'attenzione spostarsi altrove, e il che mi spaventa perché non voglio mollare. Una volta messo il cuore in pace, sicuramente non mi sembrerà poi chissà che, ma per ora ho paura. E non significherebbe certo scomparire, solo trovarsi davanti ad un nuovo scalino. Ad ogni modo, sono umano anche io, quindi, sì, la cosa mi spaventa ma provo anche trepidazione.
Credi che quello cui ti trovi ora sia un crocevia che potrebbe portare ad un cambiamento?
RM: Sono da sempre ad un crocevia. È solo che non ho idea dove mi porterà questo cambiamento. Ecco perché cerco di fare del mio meglio ora, nel presente. Penso che mettere tutto il mio cuore in ciò che amo, ora, potrà forse aprirmi nuove porte, in futuro.
Credi nel destino?
RM: Ci sono volte in cui ci è comodo pensare sia destino e altre in cui lo si nega. Io, in certa misura, ci credo. Trovo sarebbe troppo crudele negarne completamente l'esistenza, quindi, sì, penso esista qualcosa di simile.
Se dovessi filmare un documentario sulla tua vita, quale canzone includeresti nei titoli di coda?
RM: Credo non esista ancora. Non c'è ancora una canzone adatta perché io, in quanto persona, ho ancora molta strada da fare. Per ora, mi limiterò a vivere il presente. Ma se arrivasse il mio momento, se dovessi curare i titoli di coda ed il mio documentario fosse finito, allora credo passerei tutto il tempo a dire "Wow...E ora che faccio?" (ride).
Tre parole che ti rappresentano?
RM: LAVORO, VITA ed EQUILIBRIO. Solo queste tre. La cosa più importante è l'equilibrio. Sì, l'equilibrio, non faccio che pensarci. Faccio tutto il possibile per trovare un equilibrio tra queste tre cose.
Quando è stato il tuo momento della verità (moment of Proof / il momento in cui hai potuto dimostrare quanto vali effettivamente)?
RM: Ho sempre vissuto aggrappandomi alla necessità di "provare" qualcosa al mondo. Quindi, in un certo senso, la mia vita non può essere che triste perché non si finisce mai di dimostrare il proprio valore. Quando penso di aver mostrato quanto valgo, la gente accetta la cosa fugacemente e poi pretende subito altro, di più. Quindi credo questo concetto sia un po' vuoto. Possiamo piazzarci alla posizione n.1 delle classifiche Billboard e ricevere tutti i gran premi che vogliamo, ma per molti non ha alcun valore. A ben pensarci, ogni volta che, in passato, mi sono detto "Questa sicuramente sarà una prova sufficiente", in realtà non ho dimostrato proprio nulla. In fin dei conti, quindi, non credo io abbia ancora mai vissuto un momento simile. Già solo iniziare a fare musica ed entrare nei BTS sono prove sufficienti, per me.
E, al di là del mondo, c'è qualcosa che vorresti dimostrare a te stesso?
RM: Ce ne sono un sacco! Se in futuro, ripensando alla mia vita, vedrò che avrò fatto più bene che male a questo mondo, credo quella, in un certo senso, sarà già una prova sufficiente. La nostra mera esistenza, il riscaldamento e l'inquinamento, è già, di per sé, dannosa per il pianeta. Ma se con le mie azioni posso dare, anche solo in minima parte, il buon esempio, credo potrei controbilanciare un po' il tutto. Credo, in futuro, avrò modo di scoprire se sono effettivamente riuscito a compensare (i danni fatti dall'uomo). Se allora non proverò rimorsi e sarò sereno, credo quella sarà una prova sufficiente, per me.
Solitamente cerchi di non lasciarti influenzare dalle aspettative e dagli standard altrui?
RM: Nonostante gli standard siano in continuo cambiamento, credo esistano delle verità che non cambieranno mai. Realisticamente parlando, se dovessi cercare di adattarmi ad ogni singolo cambiamento di questo mondo, non ne sarei in grado. Ma, d'altro canto, non è facile arrivare alla verità. La verità è un premio che si ottiene a costo di tempo ed impegno, e te la devi guadagnare con le tue forze. Personalmente, mi limito a seguire l'esempio di alcune persone adulte per cui provo rispetto e che considero i miei modelli di vita. Quindi credo sia normale lasciarsi influenzare, almeno un po'.
Tra tutti gli album della discografia dei BTS, qual è quello più prezioso, per te?
RM: Credo gli altri darebbero la mia stessa risposta: <LOVE YOURSELF 轉 ‘Tear’>. La ragione principale è che quest'album avrebbe potuto essere posticipato a tempo indefinito e rischiava, anzi, di non uscire affatto, a causa di problematiche interne. In secondo luogo, so che questo è l'album che ha ricevuto la migliore reazione da parte della critica; non che questo tipo di giudizi sia così fondamentale, ma è un progetto in cui abbiamo infuso tutto noi stessi e fa piacere sapere che questo impegno ci è stato riconosciuto. Ricordo l'accanita competizione per i testi, e io ho fatto tutto il possibile per non essere da meno. Come dice il titolo, è un album la cui produzione è frutto anche di lacrime. Ed è grazie a questo album che abbiamo potuto proseguire con quello successivo.
Qual è stata la canzone più difficile, tra quelle di &lt;LOVE YOURSELF 轉 ‘Tear’>?
RM: 'Outro : Tear'. Era una traccia della rap line e produrla non è stato semplice. Anche le registrazioni sono state difficili. Ha richiesto tutta la nostra anima e sentimento. È un brano cui si può lavorare solo con il maggiore coinvolgimento emotivo possibile. Vale lo stesso per 'Fake Love', che ha un messaggio e significato simili. La parte rap è stata difficile. A dire il vero, nessuna delle canzoni di quell'album è stata semplice.
Intro : Persona
Che significato ha questa canzone, per te?
RM: È la canzone in cui sono stato più onesto. L'ho scritta dopo lunghe riflessioni e in totale libertà. Quindi credo il testo sia ciò che mi rappresenta meglio. Col senno di poi, ci sono parti che non sono un granché, ma ci sono parole che non avrei proprio potuto escludere. Se dovessi scriverla ora, sarebbe diversa.
Qual è la tua parte preferita di questa canzone?
RM: L'ultimo ritornello: "Persona, chi diavolo sono? / Voglio semplicemente andare / Voglio semplicemente volare", non è niente di speciale, ma allora era così che mi sentivo. Tutto lì. "Voglio semplicemente andare / Voglio semplicemente volare", persino un bambino delle elementari potrebbe scrivere un testo simile. Ma non c'era altro modo per esprimere la cosa, ed è stato molto divertente scrivere quella parte. Sicuramente avrei potuto fare di meglio, ma quello era il modo migliore per esprimere cosa stavo provando. Credo sia proprio questo quel lato fanciullesco che sto cercando.
Nel testo c'è una qualche parte che ora ti fa un effetto diverso?
RM: In generale, ormai è una canzone in cui non mi ritrovo più. Questo brano è un residuo di quel periodo. Se mi si chiedesse di riscriverlo ora, credo non sceglierei più un ritmo così difficile. Credo sarei meno schietto, con un testo più curato e filtrato. Ma penso che allora quei sentimenti grezzi fossero la scelta migliore.
La persona che sei ora cosa può dire a quella di allora?
RM: Non credo avrei consigli da dare. Direi semplicemente "fai ciò che vuoi", tutto lì. Interferire con il corso degli eventi può creare casini, quindi è meglio stare buoni. Sul serio.
Quale altra persona vorresti mostrare al mondo, in futuro?
RM: Musica che sia senza tempo, che trascenda ogni tendenza, ed il relativo "me stesso". Ad esempio, le canzoni di Yoo Jae-ha e Kim Kwangseok seonbae-nim sono ancora molto attuali. Anche se la qualità audio non è il massimo, non sembrano comunque canzoni vecchie. Questo tipo di brani sa arrivare alle nuove generazioni (come alle precedenti). E credo valga lo stesso per l'arte. Se, ad esempio, mi chiedeste cos'è l'arte contemporanea per me, vi risponderei Monet e Van Gogh. Con ciò non voglio dire che mi piacciono solo le opere del passato. Sto anche cercando di avvicinarmi a molte altre creazioni contemporanee, visto che spero la mia contemporaneità abbia un seguito anche in futuro. Quindi, sì, ho una mia concezione tutta personale della contemporaneità e vorrei produrre musica di conseguenza. Più grande è la persona (cui si aspira essere), più è facile usare paroloni, rischiando però d'essere semplicemente un vaso vuoto (ride). Ma se questi vasi vuoti dovessero riuscire a trascendere il trascorrere del tempo, prima o poi ne uscirà qualcosa di corposo.
Se dovessi pubblicare un sequel di questa canzone, come lo intitoleresti?
RM: Visto che, in ogni caso, ogni lavoro che pubblicherò in futuro sarà sempre espressione della mia storia personale, credo che ogni nuovo brano sarà comunque una sorta di seconda e terza parte di 'Persona'. Praticamente ogni brano sarà la 'Persona' di quel momento.
Stay
Che significato ha questa canzone, per te?
RM: Questa è una canzone speciale, per me. In fase di pianificazione, c'erano tante altre tracce con uno stile diverso da quella attuale. Anzi, il titolo della canzone era "Whatever". Mentre questo brano è nato seguendo la melodia ed il testo scritti da Jungkook. Alla fine si è rivelata persino migliore e ha ricevuto molti complimenti da tutti. Dato che è nata sotto circostanze così caotiche, credo quelle emozioni si siano ben amalgamate nella traccia. Di conseguenza trovo sia una bella canzone.
Hai un qualche standard personale per definire una 'bella canzone'?
RM: Credo lo standard sia io stesso. La 'longevità', il fatto che sia 'eterna' è uno dei criteri. Ci sono canzoni che hanno ancora una certa fragranza e forza ispirante anche dopo tanto tempo. Credo quelle siano delle 'belle canzoni'.
Dato che questa canzone è eseguita dalla sub-unit RM, Jin e Jungkook, c'è un qualche aspetto in particolare che ne amplifica il fascino?
RM: Prima di tutto, c'è da dire che è stato Jungkook a scrivere tutte le melodie, quindi credo sia un'ottima dimostrazione di un'altra tra le tante sue abilità. E poi il mix Jin, Jungkook ed io è una combinazione mai provata prima, quindi è ancora più speciale.
È una canzone nata durante la pandemia, hai forse imparato o capito qualcosa di nuovo, in quel periodo?
RM: Mi sono reso conto di tante cose, ma ora non ricordo più. Ora che la pandemia sta volgendo al termine, non faccio che pensare con gioia al ritorno alla mia vita quotidiana. Il quotidiano della pandemia non era frutto di una mia scelta, ma qualcosa di imposto.
Che significato ha, ora, il periodo di pandemia, per te?
RM: In quel periodo, il mio tempo libero e personale è aumentato sensibilmente e ho avuto modo di pensare e riflettere parecchio. Quindi ora ho chiara in mente la direzione che voglio prendere nella mia vita. Suonerà un po' ridicolo, ma mi sento di dire che è stato un po' un periodo-bussola, per me.
Nell'affrontare quel periodo, che cosa ti è stato più di conforto?
RM: Tutte le mostre ed i libri che ho potuto vedere e leggere. Quando ero ancora troppo impegnato, non potevo neppure sognarmeli. Con la pandemia, la pila di letture da recuperare è aumentata e ho ripreso a leggere. Mi ha anche fatto piacere il poter trascorrere più tempo con i miei amici. Quindi sono tutti quei momenti in cui ho potuto vivere come Kin Namjoon, invece che RM, ad essermi stati di grande conforto.
Ultimamente, hai scoperto qualcosa di nuovo su te stesso?
RM: Che sono un individuo dalle tante sfaccettature. Mi piacciono le cose più disparate. Mi piacciono le opere di Monet, ma anche quelle di Yun Hyong-Keun. Di conseguenza, le persone che trovo più interessanti ed incredibili sono coloro che hanno trovato la propria strada. Coloro che sembrano avere una chiara visione di sé mi intrigano e mi piacerebbe provare a parlarci. Un'altra cosa che ho scoperto è il desiderio di creare qualcosa di duraturo. Recentemente sono andato al Museo d'Arte Moderna ed i lavori di Cy Twombly mi sono rimasti nel cuore. Immagino sia per quella che potremmo chiamare la loro "aura non verbale"? Ma, in fin dei conti, il motivo per cui ho scoperto questo mio nuovo lato è perché quelle opere, pur dopo tanto tempo, sono ancora esposte e contemplabili a proprio piacimento. È questo che ho riscoperto, quel fermo desiderio (di creare qualcosa di similmente eterno e duraturo).
Che cosa rappresenta l'album &lt;;Proof> per i BTS?
RM: Direi che è l'album che conclude la nostra prima stagione. Per ogni cosa, arriva inevitabilmente il momento di mettere la parola fine, e quel momento (per noi) è ora. Probabilmente la prospettiva rattristerà qualcuno, ma è qualcosa che abbiamo deciso personalmente e ora, sempre di comune accordo, apriremo una nuova porta. Credo sia l'aspetto più importante.
Trad eng: © BOMHARU1230 | Trad ita: © Seoul_ItalyBTS Twitter
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olstansoul · 4 years
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Sacrifice, Chapter 31
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Quando James Barnes doveva fare qualsiasi cosa gli passasse per la testa era vero, c'era chi non ci credeva oppure chi pensava che fosse ottuso, piuttosto che testardo. Fatto sta che appena ricevuto l'esorto da parte dei suoi migliori amici per andare a trovare la ragazza che ama, subito tornò a casa. Sua madre fu sorpresa di vederlo tornare, perché, appunto, non sapeva neanche che fosse uscito e non ebbe neanche il tempo di salutarla che subito corse in camera.
Aprì il suo armadio di fretta e furia e tirò fuori un jeans, con un maglia e una felpa, sopra quest'ultima avrebbe messo sicuramente il suo giubbotto di pelle. Andò a farsi una doccia e poi sì vestì subito, ma si fermò sul posto. Stava andando così di fretta che non sapeva neanche cosa dire appena arrivava, sempre se la trovava sveglia oppure in pieno sonno.
Si fermò un attimo sedendosi sulla sedia della sua scrivania e prese un foglio, iniziò a scrivere qualcosa ma poi ci pensò su e in fondo era stata una cattiva idea quella di poterle scrivere qualcosa, oltre al resto dei messaggi che già le aveva mandato e che lei non aveva letto. Forse portarle qualcosa, ma non sapeva che cosa. Un mazzo di fiori sarebbe stato troppo esagerato, una scatola di cioccolatini...no, nessuna delle due cose era adatta e poi non avrebbe potuto comprarle. Allontanò da sé il foglio e rifletté un secondo, per un attimo nella sua testa pensava di portare solo se stesso da lei. Il che era già una cosa, ma presentarsi a mani vuote non era da James.
Ma i suoi mille dubbi furono interrotti dalla porta di camera sua che si aprì e, ancora una volta, la figura della piccola Rebecca compariva dinanzi a lui.
"Ha chiesto la mamma se ci sei per cena"
"No, dille che dovrò uscire"
"Con i tuoi amici?"
"Beh...no"
James si alzò dalla sedia e si diresse verso il suo zaino, era praticamente vuoto ma era l'unica cosa che portava con sé da qualsiasi parte. E sperava di poterlo riempire di buone speranze in questo "incontro" con Wanda.
"Vai a trovare Wanda?"
Alla domanda della piccola, James le rispose con uno sguardo interrogativo come per chiederle che cosa ne se sapeva lei di tutta questa faccenda. Ma lei sul suo viso aveva una faccia quasi soddisfatta, come per dire che aveva tirato la verità fuori dalla bocca di suo fratello.
"E tu come fai a saperlo?"
"Perché torni a casa felice solo se si parla di lei e poi non vi vedete da giorni, da quanto?"
"E tu da quanto tempo sei diventata così astuta e intelligente?"
"Intelligente lo sono sempre stata...e poi sono diventata solo astuta per un semplice motivo"
"Che sarebbe?"
"Sarebbe quello che Wanda è la ragazza adatta a te..."
James a sentire l'affermazione di sua sorella più piccola si mise a ridere e si sedette sul suo letto con lei sulle gambe.
"Lo sai che ho ragione ed è stata la stessa cosa che ho detto anche a lei"
"Quando anche a lei hai detto una cosa del genere?"
"Quando l'hai portata qui...quella sera lei mi ha aiutato ad addormentarmi. Il signor koala non era molto servizievole quella sera"
"Servizievole? Hai messo la lingua nel vocabolario Rebecca?"
"Smettila e muoviti, sennò farai tardi al tuo appuntamento..."
"Non è un'appuntamento il mio!"disse lui alzandosi.
"Ah sì? E allora perché sei così agitato?"
James si mise una mano sulla fronte per l'imbarazzo, come era possibile che una bambina di soli nove anni aveva appena messo in imbarazzo sia suo fratello che la sua presunta ragazza?
"Va bene Rebecca, hai ragione ma non è un'appuntamento. Sono agitato perché non la vedo da un sacco di tempo..."
"Bene, se ti può aiutare ho il modo per alleggerire la tensione"scese dalle ginocchia del fratello e aprì la porta.
Lui uscì, e si piantò in mezzo al corridoio aspettando sua sorella che pochi minuti dopo uscì con un orsacchiotto e altro che aveva dietro la sua piccola schiena.
"Le darai questo da parte mia e..."disse lei porgendogli il peluche e poi tirò da dietro la sua schiena quella che era una rosa, finta però.
"...questa da parte tua" continuò lei.
"È finta Reb"
"Beh, avrai il modo di regalarle quelle vere quando il fioraio sarà aperto! Ora va da lei e non rompermi più le scatole..."disse lei andandosene nella sua stanza.
"Io? Romperti le scatole? Assurdo...sono finito ad ascoltare i consigli di una bambina di nove anni"disse lui prima che lei chiudesse la porta.
"Guarda che ti sento!"disse lei urlando e lui rise.
Fu abbastanza facile dover raggiungere quel posto, l'indirizzo della clinica dove c'era Wanda. Entrò dalle porte principali non destando nessun sospetto e arrivò fino al quarto piano al corridoio di destra. Era abbastanza strano considerando il fatto che non era più l'orario di visite e che nessuno dei dottori che lavoravano lì dentro erano in mezzo ai corridoi dei reparti. James sembrava come quegli agenti in missione, in pieno completo nero, silenziosi e con un solo obbiettivo.
In quel caso, l'obbiettivo doveva essere mirare e sparare a qualcuno ma stavolta era solamente qualcosa che non avrebbe comportato nulla di tutto questo. La sua missione era solo di poter dare speranza al suo cuore rivedendo la donna della sua vita, o almeno come pensava che fosse, dopo tanto tempo.
"Parli di Wanda come se fosse già la donna della tua vita quando non le hai ancora detto ciò che provi...sai che sei un'imbecille?"gli ricordò la sua testa e lui sorrise dentro di sé.
La stanza di Wanda era l'ultima sulla sinistra e la porta era chiusa, era segnato sopra, con dei numeri argentati, 107. Si fermò per alcuni minuti di fronte a quella porta e fece un respiro profondo, era abbastanza facile se vista e vissuta da qualcuno al di fuori. Doveva solo entrare e sedersi ma per James non era così. Per James vedere Wanda dopo tanto tempo, in fondo erano solo dieci giorni, provocava in lui solo ansia e preoccupazione. Era come se tutti i pensieri negativi di poche ore prima prendessero il sopravvento su di lui una seconda volta. Doveva starle lontano, credere che lei sarebbe stata capace di affrontare tutto questo da sola senza il suo aiuto. Affidarsi al suo buonsenso e non metterla nei guai...
"Al diavolo..."disse lui e aprì la porta della camera di Wanda.
La chiuse cautamente dietro alle sue spalle e proseguì lentamente. Sulla sua destra c'era un'altra porta che doveva essere quella del bagno e di fronte a lui un armadio abbastanza grande.
Riusciva a vedere anche la fine del letto, le coperte ed una sedia di fianco ad esso. Mosse i primi passi dentro la stanza e senza fare nessun rumore arrivò di fronte a lei. Si abbassò il cappuccio della sua felpa nera e poté vedere la ragazza di fronte a sé che dormiva o era quello che pensava visto che era collegata ad un respiratore. Non aveva la maschera, aveva solo il sondino messo in entrambe le narici del naso. La sua pelle era più bianca del solito, i capelli erano legati in una treccia lunga messa sulla spalla. Oltre a quello che doveva essere il pigiama bianco aveva uno dei tanti maglioncini che indossava, questo era nero e le copriva le spalle.
Sulle normali coperte dell'ospedale c'era in più un plaid marrone chiaro che le copriva le gambe e le teneva ancora più calde. Poteva vedere già che il colore dello smalto sulle sue unghie se ne era quasi andato del tutto e le sue palpebre erano chiuse. L'occasione di poter vedere di nuovo, dopo tanto tempo, le sue iridi verdi, si era sfumata.
Prese la sedia e la mise più avanti, si sarebbe seduto su di essa e forse avrebbe fatto qualcosa...sicuramente l'avrebbe guardata, ma chissà se gli sarebbe uscita fuori qualche parola dalla bocca. Si sedette e poggiò i gomiti sulle sue gambe tenendo le mani giunte e la guardò come aveva previsto, se solo gli sguardi potessero esprimere le parole...
"Non dovrei essere qui, lo so..."disse lui prendendo coraggio e facendo un respiro profondo dopo molto tempo.
"...non vorresti vedermi, non vorresti dirmi che cosa ti è successo, forse non avresti mai voluto conoscermi. Me lo ripeto anche io, forse dovrei starti lontano, cercare di farti risolvere questa situazione da sola ma...non so se posso riuscirci...io non lo so che cosa è successo, okay? Io non me lo spiego, sei...sei piombata nella mia vita, neanche sapevo che tu fossi lì con me, nella stessa scuola. Lo so, è brutto pensare che io non ti abbia mai notata o vista da qualche parte ma da quando ho avuto il piacere di incontrarti non sei più uscita dalla mia testa. Dal primo istante, dalla prima volta che ci siamo parlati. Eri un po' acida ai tempi, lasciatelo dire..."disse lui.
"La verità è che...ogni giorno, ogni volta che ci incontravamo dentro di me non smetteva di crescere qualcosa. E delle volte provavo a nasconderlo, a fare finta di niente persino di fronte a Sam e Steve ma dentro di me questa cosa cresceva senza smettere mai ed è strano, forse pazzo, da dire...ma si, mi sono innamorato. E non di chiunque, ma di te Wanda...e si forse sono pazzo. Approfitto del fatto che sei qui su un letto di una clinica, solo per dirti ora che sono innamorato di te, però anche se non ci credi, darei tutto quello che ho di più caro al mondo per poter passare un solo giorno in più con te. A me non importa di...di tutto quello che potrà succedere, dei migliaia e migliaia di tentativi che farai per mandarmi via, delle tue mille preoccupazioni se forse andrai via per sempre...non mi importa del tempo Wanda, se può essere tanto o poco, a me basta passarlo con te..."
"...io poi parlo pensando che tu possa ascoltarmi...ma in fondo ci spero lo stesso"
James si avvicinò di poco e prese la mano di Wanda, quella che era stesa. Era fredda nonostante la manica del suo maglioncino le copriva metà palmo.
"Prima che me ne dimentichi...questo è da parte di Reb, sapeva che non ti vedevo da molto tempo ed ha deciso di regalarti uno dei suoi tanti pupazzi e...giusto perché deve sempre mettermi in imbarazzo...mi ha detto di regalarti questa"disse lui poggiando sullo scaffale di fianco al letto sia il peluche che la rosa.
"Non so se è del tuo colore preferito ma...spero che almeno il fiore sia azzeccato"
Fece un secondo respiro profondo e prese di nuovo la sua mano, stavolta con tutte e due le sue mani. Voleva portarla alle labbra ma non avrebbe voluto fare qualcosa di cui si sarebbe pentito poi.
"Discorso abbastanza convincente..."disse una voce alle sue spalle che riconobbe poi come quella della mamma di Wanda.
"Da quanto tempo è qui?"chiese lui.
"Abbastanza da sentire tutto il discorso che le hai fatto..."
Smise un'attimo di guardarla e deglutì un secondo aspettando che sua madre continuasse con ciò che aveva iniziato.
"Se vuole che me ne vada, può dirmelo..."
"Ed io quante altre volte dovrò dirti di non chiamarmi signora?"
"Spero che stia scherzando..."
"Perché? Perché per un'attimo ho pensato che avevi messo in repentaglio la vita di mia figlia...a volte anche i genitori sbagliano con i figli, la gente sbaglia con altra gente ed io volevo chiederti scusa"
"L'ha fatto per pietà?"
"Perché dovrei farlo per quello se so che hai le più buone intenzioni con lei?"
"Allora non dipende da me..."
"Wanda è difficile da capire, persino da gestire. È cambiata molto da quando ha scoperto questo, si è chiusa in se stessa, non provava a fare nulla di nuovo. Ma quando la vedevo tornare a casa ogni volta che sapevo che era con te, lei era diversa...aveva un sorriso che le arrivava da un orecchio all'altro e se devi essere tu la ragione per cui mia figlia è felice, allora che sia tu a farlo..."
"E se...lei?"
"Hai detto tutto stesso che non ti importa del tempo ma solo di stare con lei, giusto?"
Il castano sorrise leggermente e dopo pochi minuti, si alzò da quella sedia.
"Credo che sia arrivata l'ora che io vada a casa"disse James e si alzò dalla sedia.
Sistemò il suo zaino, da dove aveva i preso i regali, sulle sue spalle e prima ancora di incamminarsi verso la porta fece un'altra cosa. Si abbassò di poco e fece sfiorare, per la prima volta da quando la conosceva, le sue labbra sulla sua pelle baciandole la fronte. A quel gesto sua madre sorrise sapendo che James era davvero il ragazzo adatto per Wanda e lui se ne andò da lì col cuore più leggero perché sapeva che quest'ultimo, d'ora in poi sarebbe appartenuto solo ad una, a Wanda Maximoff.
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sganaghe · 4 years
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Sei la prima persona che mi ha vista piangere dopo un bel po di tempo.
Hai sciolto nodi che mi tenevano unita. Mi hai portato un uragano dento.. una tempesta di emozioni.
Mi conosci bene, sai quello che sento ad averti accanto, e lo saprai anche meglio di me.
Dici che mi hai visto felice e sorridente nelle foto, ma è come dire che si è visto la neve nel deserto, una cosa irreale, come quello che sono molti dei miei sorrisi.
Mi hai fatto una domanda importantissima, mi hai chiesto se io ti amassi. Ti ho risposto che non avrei mai potuto dire quelle parole senza dietro delle valide basi di sicurezza. Ma ti ho detto tutte le cose su cui si potevano basare quelle eventuali parole.
Sei il Mio mare Ale, sei il sorrido più bello che ho .. e solo tu riesci a farmelo sfoggiare.
Lo so che forse questo messaggio tu non lo apprezzerai subito per ciò che è, ma so che il tempo ti aiuta a metabolizzare ciò che dico, e riesci a capirmi come nessun altro, ma ogni tanto ci sono cose che deci dire. O meglio devi imparare a dire.
Sarà il modo più sbagliato questo, ma sentivo di doverlo fare. Io ti amo, ebbene si. Amo tutto di te, amo le due macchie che hai nell’occhio sinistro, ed amo il modo in cui quei occhi mi guardano. Amo il tuo labbro inferiore e il modo in cui mi bacia e amo persino quella piccola cicatrice che hai sulla mano destra. Amo essere sommersa dalla tua mente ogni qualvolta che cominciamo a parlare. Amo il tuo modo di schiarirti la voce ed amo ogni tuo sospiro.
Lo so, è assurdo dirtelo per la prima volta per messaggio, ma questo è il meglio che ho potuto fare.
Però posso dire di più. Quegli occhi, che ti dicono siano come quelli di un leone… sono gli occhi più belli che mi abbiano mai guardata.
Quelle mani, tutte piene di calli, sono le mani più dolci che mi abbiano mai sfiorata.
Quelle labbra, solo le labbra che hanno fatto passare tra di loro le parole più coinvolgenti che qualcuno mi abbia mai detto.
Il tuo respiro, il suo sospiro, rituonano nel silenzio della notte quando non riesco a dormire.
Sarò egoista? Molto probabilmente si. Ma sei la cosa che più voglio a questo mondo.
Voglio svegliarmi ogni mattina ed averti nei miei giorni.
Voglio pensare “questa cosa la prendo per Ale” o voglio dire “facciamo domani, che questa sera sto con Ale”.
Voglio aprire la porta di casa ogni giorno e sapere che sto andando verso te.
Voglio sapere che in ogni momento se alzo gli occhi al cielo per calmarmi, posso magari incontrare i tuoi occhi che mi guardano.
Voglio sapere che la tua pelle la tocco solo io e che le mie labbra sono solo le tue.
Voglio .. Voglio.. Voglio.. ma non solo.
Voglio poter guardare i tuoi occhi ogni giorno e donargli rifugio da tutte le cose brutte che magari hai dovuto vedere.
Voglio poterti stringere forte ogni sera, per toglierti di dosso il fardello della giornata.
Voglio prenderti la mano in qualsiasi momento per darti sicurezza all’occorrenza.
Voglio amarti, come mai ti ha amato nessuno, voglio essere tua come non lo sono mai stata per nessuno.
Voglio svegliarmi tutte le mattine, sentirti nel letto e pensare “Dio mio quanto lo amo” per poi svegliarti delicatamente con un bacio.
Voglio poterti dare la Buonanotte tutte le sere e dirti che sei mio.
Voglio poterti amare ogni ora del giorno.
Vedo in te la mia perfezione. Riesci a farmi emozionare per ogni singola cosa, bella o brutta che sia. Averti accanto mi fa sentire la pace.
Se la persona più bella che mi sia mai capitata. E tu sei tutto il mio mare.
Il mare è una cosa grande. Il mare è si bello ma è anche profondo. Regala la pace, dona paesaggi mozzafiato e conforta nel momento del bisogno. Il mare è la potenza più grande che ci sia. Nasconde forza e regala dolcezza.
Si dice che al mare ci si portano le persone speciali. Io non ho mai chiesto a nessuno di venire al mare con me. Perché a me quel mare fatto di semplice acqua non è nulla rispetto a quello che sei tu per me.
Mi conosci da anni. Ti conosco da anni.
So che tu stai affrontando molte situazioni.. Ma quello che ti voglio dire, è che qui io ci sono. Per la prima volta io ci sono con cognizione di causa.
E non mi interessa che tu sia fidanzato. Rispetto la situazione di lei, ma io ho bisogno di dirti che qui hai me pronta a donartisi in tutto e per tutto.
Lei rimarrà per te una grande cosa, per sempre e non riuscirei e non vorrei mai mettermici di mezzo, non voglio che tu la abbandoni in momenti di difficoltà. Ma se tu credi che, anche solo per un giorno quello che io voglio offrirti, possa essere vissuto assieme. Allora vieni da me. Preferisco amarti anche solo per un giorno, che non amarti per nulla.
Non ti metto davanti ad una scelta, ti metto davanti ad un dato di fatto : Io ti amo, come non ho mai amato. Amo te, per la prima volta nella mia vita amo.
Io ti voglio nella mia vita. Ti ci volevo un anno fa, ti ci voglio oggi e ti ci vorró per sempre. Voglio ogni singolo tuo dettaglio. Ogni pregio, ogni difetto.
Ogni incubo ed ogni sogno. Voglio il pacchetto completo.
Sai Ale, quando capisci che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che la tua vita inizi il prima possibile.
Tua per sempre
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ilarywilson · 4 years
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Take your time
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25th April 2076
I: «Sei in anticipo» lo saluta ironicamente, e se alluda al fatto che avessero un appuntamento, o al fatto che lui di norma la stalkerizzi anziché anticiparla, non ci è dato saperlo. «Dunque è questo il segreto della tua invidiabile tintarella?» alludendo al suo starsene disteso su un prato assolato impeccabilmente vestito. Il capino a sbucare sopra il suo, facendogli ombra.
«Mi togli il sole» «Tz. Io sono il sole» «Miss Wilson, ora sai anche essere ironica?» «Guarda che sono sempre ironica».
Anche oggi, su quel prato, la mente di Duffany appare confusa.
H: «A me non dispiace averti intorno. Ma preferirei vederti sdraiata, almeno non devo ciecarmi, se ho il sole accanto e non davanti». La mano va a posarsi sulla coperta, dove si può stare tranquillamente in due, dando una paio di colpetti con il palmo sul tessuto verde. 
«Vieni?»
I: «Cerchi di coprire le tracce di un omicidio?» domanda alludendo prima alla coperta, poi alle ceneri di quella lettera e poi a lui, su cui torna con sguardo curioso.
H: «No, è morto mio padre» con lo stesso tono che si utilizza per un` informazione tipo “sto andando a fare la spesa”.
I: «Sul-sul serio? Non è una di quelle metafore fraintendibili tipo quella dei pagamenti in natura o-o dei cani e dei maiali nel labirinto…?» Ilary Wilson saprà sempre come tirar fuori la cosa più inopportuna di tutte. «Mi dispiace. Stai-stai bene?»
H: Le sorride di nuovo, quando osserva il tono della sua voce cambiare da “sono preoccupata per te” a “ti tratto con dolcezza”.«Non preoccuparti, Ilary, sto bene» la rassicura, alla sua ennesima occhiataccia di apprensione. Non necessita in questo momento della crocerossina, in realtà. «Non è stato un buon padre e non ci parlavamo da anni… lo stesso con mio fratello».
«Dannazione, Wilson», ora mi fai anche raccontare di me.
Avverte quella mano piccola -dalla pelle liscia e profumata- tirare verso di sé quella più grande dell`uomo che, come un fulmine inaspettato, riavverte di nuovo le viscere dentro di lui scomporsi e fremere. E poi all`improvviso, si ritrova a non produrre solo endorfine, ma sicuramente qualcosa di più a cui però ancora non riesce a dare un nome. Deglutisce, mentre la osserva fare. Quelle braccette vanno a coprire le spalle larghe dell`uomo che, inerme, non fa altro che deglutire ancora. E ancora, cinge la vita di lei con un braccio, inspirando quell`odore forte di camomilla non del tutto sconosciuto, che lo inebria e lo avvolge.
I: «Nel peggiore dei casi, tra trenta secondi avrai comunque prodotto endorfine e starai meglio di prima. Ma se te ne approfitti ti brucio» il sorriso lui lo potrà sentire in quel sussurro che gli raggiunge l`orecchio, mentre lei gli concede -magnanima- il beneficio del dubbio di un abbraccio made in Wilson in piena regola. 
H: «Magari mi dessi solo endorfine, Wilson…» sussurra di rimando, con il fantasma di suo padre ormai dimenticato e la presenza di un sorriso spensierato sulle labbra. Come potrebbe approfittarsene? Harry Duffany è tornato adolescente.
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La teoria degli abbracci da almeno-trenta-secondi
«Regola numero uno del Credo Wilson» oggi sei fortunato, Duffany, iniziamo addirittura a decantare la sua bibba personale. «Gli abbracci non si chiedono, si danno» sollevando il pollice davanti al suo viso. «Regola numero due, durano almeno trenta secondi» per la questione delle endorfine «Regola numero tre, non si rifiuta mai un abbraccio e soprattutto non si interrompe prima che chi ne aveva bisogno accenni a volersi liberare di te» e magari è giusto un modo per spiegargli perché non si sia ancora scollata. Ingenua rompitrice di gusci, spontanea conceditrice di abbracci e disinvolto animaletto che infine riesce ad accoccolarglisi contro senza dare a quella vicinanza niente di malizioso. Lo lascia ricambiare quella stretta, finendo ad incastrare la testolina nell`incavo della sua spalla, gli occhi socchiusi a riaprirsi un istante quando lui parla e a lei tocca reprimere un brivido che non è chiaro se sia la semplice reazione involontaria a quel sussurro troppo vicino, se sia colpa del contenuto ambiguo che sceglie saggiamente di non approfondire o ancora dell`angoscia viscerale che a quanto pare ora le prende quando sente qualsiasi cosa che non sia più che prevista e calcolata. Alla faccia della reputazione di fatina spensierata, eh Sorriso Wilson?
Profumi ancora di muschio bianco, Duffany? Potremmo esserci affezionate al tuo colletto, tutto sommato.
H: Quella mano che prima si agganciava alla vita, ora si sposterebbe sul caschetto biondo, esattamente sulla nuca, andando ad accarezzare con il dorso dell`indice quei capelli soffici e camomillosi. Un accarezzare lento, ritmico e distratto. Sdraiato sulla schiena Harry Duffany si ritrova a guardare il cielo.
«Non ho proprio intenzione a liberarmi di te» sussurra, a mezzavoce. «Da un cielo terso e limpido che non nasconde alcun rumore… Perdendomi negli angoli del tuo splendore, mi chiedo dove mai sia finito il sole…» canticchia persino.
I: Lo sanno tutti che non bisogna mai toccare i capelli a qualcuno. E` sleale. E ora le palpebre sono così pesanti che potrebbero quasi convincerla ad abbandonarsi a quella bella sensazione. Ma poi lui inizia a canticchiare e lei cade vittima dell`ennesimo flashback intrusivo che le fa strizzare gli occhi. «Dannazione, Duffany» annaspa, per scacciare la sensazione formicolante di pericolo. Ora deve davvero impegnarsi per non dire qualcosa di scortese, per non far ritrarre lui, giacché si sente un po` colpevole d`avergli chiesto di piantarla con le maschere. Scatta a sedere. Privandolo in un colpo solo di testolina, camomilla, calore, abbraccio e vicinanza. How rude, Wilson.
«…S-scusa è che… Mi sono appena ricordata… di una sostituzione…d`emergenza, in ospeda- un collega si diploma! Come ho fatto a scordarlo!»
H: «Dannazione, Wilson». Sì, se la prende con lei, perché ovviamente non crede di aver sbagliato qualcosa. Le afferrerebbe la mano, in un gesto altrettanto brusco e repentino. I suoi occhi si sposterebbero sugli altri azzurri, quasi a supplicarla di rimanere. «Resta».
I: «Sto impanicando» confessa senza troppi giri. «Restaci tu, fermo, mentre impanichi!» E una Wilson spaventata è una Wilson aggressiva. «Non è logico!» esattamente come lei in questo momento. L`unica cosa chiara nell`ombra di sincera difficoltà che le attraversa le iridi, è che su quelle microscopiche spalline verde acqua sosti forse un peso più ingombrante del previsto. La manina libera a sfregare nervosamente contro una gamba e le dita dell`altra a impastare altrettanto nervosamente il palmo altrui. Nonmollarelapresa-nonmollarelapresa-nonmollarelapresa diventa un mantra silenzioso.
H: La mano è ancora a presa salda con la sua. Non riesce a capire cosa sia effettivamente successo. La maschera, quella che lei gli aveva minacciosamente detto di togliere, torna al suo posto, e un involucro invisibile si riadatta al suo corpo, caldo come un vecchio amico. Sarà perché lui non ha mai affrontato un divorzio, sarà che per lui le relazioni siano qualcosa di completamente inesistente, sarà perché era davvero la prima volta che si toglieva quella maschera. Si irrita quando non riesce a spiegare una cosa. E se non riesce a spiegarla, automaticamente è sbagliata.
«Dammi un motivo valido».
I: «Ti sei scottato» proprio quello che lui doveva evitare di fare. «E` che… sono veramente un casino in questo momento. Ho divorziato solo venerdì scorso, ho una casa di cui non so che fare e…»
«Potresti per favore provare a portare pazienza?»
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H: Appena terminate quelle tre parole “ti-sei-scottato”, lascia andare la presa perché, nel profondo, sa che quella sbruffona ha pienamente ragione. La sua bocca si assottiglia in una linea e volge lo sguardo altrove: non ha proprio voglia di guardarla.
Inspira. «No. E ora vai a fare la tua sostituzione del gramo, e non tornare a cercarmi». Espira.
I:  «Avevo ragione. Volevi solo venire a letto con me» provocazione numero uno? «E o hai pensato che bastassero un paio di carinerie a farmi capitolare o hai...» beneficio del dubbio numero due «chiaramente fatto finta» arroganza sbruffona parte... 1000? «di non sentire quando ti ho detto che stavo male, che era presto» no, questo non l`hai mai detto «e che se cercavi qualcosa di facile avresti dovuto cambiare tavolo» oh, questo lo ha detto davvero. «Per cui no, Duffany, non puoi arrabbiarti solo con me, perché te l`avevo detto!» Scossa e paonazza, ora che s`è sfogata pure lei, si allontanerebbe di un paio di passi da quella coperta prima di fare dietrofront per un`ultima, importantissima postilla. «Sei un idiota che preferisce mandare tutto a morgane piuttosto che fare lo sforzo di conversare col proprio ego, per spiegargli che non tutto gira intorno a lui, solo perché è troppo… spaventato per farlo!»
H: Due falcate e la raggiunge. «Se tu pensi che il mio unico obiettivo era quello di portarti a letto, allora di me non hai capito una scopa». Respira. Inspira. Espira. «Ti ho dimostrato in tutti i modi che tengo a te. E che l` unico tavolo al quale vorrei sedermi, porta inciso il tuo nome sul legno, a caratteri cubitali. 
I: Oh. Un leggero fremito, mentre il respiro rallenta e quella dichiarazione miete i polmoni come prime vittime. Le seconde sono le corde vocali che vibrano dell`ennesima uscita inappropriata. 
«Beh... devi davvero sperare che non abbia un`omonima, allora» seriously, Wilson?
H: «Mi sono aperto con te e ancora non so quali siano le tue intenzioni. Mi mandi in pappa il cervello!» Si toglie il cappello di paglia dalla testa e se lo rigira tra le mani, guardandolo con un tiepido sorriso sulla bocca. «Dannazione, Ilary…»
I: «Cosa?» è nuovamente la domanda retorica che gli rivolge. Ma non è così crudele da osservarlo scoprire le carte senza dargli almeno un croccantino di ricompensa. «Okay. Sono stata molto bene con te. Mi dispiace se ho mandato segnali ambigui. Non l`ho calcolato. E` solo successo. E` stato spontaneo, ok? Non sapevo dove stavo andando, devo per forza? E` che sei capitato, bello e facile» oh, come suona male ma è Ilary Wilson, fate uno sforzo. «E sono un po` frastornata, adesso. Mi sento una bambina al luna park che ha appena scoperto le insalate russe. Perciò puoi darmi qualche momento di assestamento prima di decidere se farmi cappottare a testa in giù da un mucchio di ferro arrugginito? Soffro di vertigini» grazie. 
«Non lo so... comprami una mela caramellata mentre io guardo gli altri suicidarsi e rido e dico "ahah-che troll, IO non lo farò mai" ma poi lo faccio e tu non mi ricordi che mi sono contraddetta perché... beh, perché mi devi un`incoerenza» 
H: Quel battibecco lo sta stancando e quel sole gli sta offuscando la vista.  Eppure, c`è ancora qualcosa, in quelle iridi azzurre, che lo tengono ancorato alla proprietaria. Non gli vuole dare un nome. Ilary ha ragione: per paura. «No, non devi» sapere dove stavi andando. Abbassa lo sguardo, non ce la fa a sopportare lo sguardo di lei. «È la prima volta che ho intenzione di conoscere tutto dell`altra persona. Cosa mangi a colazione, se ti piacciono più i pancakes o il porridge, se dormi con i calzini o senza, che tipo di musica ti piace ascoltare». Ok, basta, Duffany. 
«Quindi prenditi tutti i giorni che vuoi, e quando pensi di essere pronta, mi troverai nello stesso posto. Però, ti prego. Se torni, non mandarmi segnali ambigui...»
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I: Gli occhi si sbarrano increduli. Un piccolo broncio antilacrima le curva le labbra all`ingiù, mentre le deglutisce appena in tempo tutte le risposte a tutte le domande, per non mandare segnali ambigui. Non riesce a trattenere solo quel «dici sul serio?» che esce fuori come un mormorio incredulo.
Il tempo è decisamente qualcosa che non è mai stata abituata ad avere.
«Posso vedermi accordata un` ambiguità, Sir?» «Dipende». «Sei bello».
H: Schiude la bocca, giusto per far entrare un po` d`aria nei polmoni, non per far uscire una risposta.   “Anche tu” è la prima. “Dannazione, Wilson” è la seconda. “Non puoi uscirtene così” è la terza e ultima. Quella sensazione d`assenza di superficie sotto i suoi piedi è tornata più solida che mai. Senza dire alcunché, la vede voltarsi, quel vestito che la rende irresistibile si apre a ruota con lei, e lì un sorriso gli scappa.
Sicuro, sarà una giornata da dimenticare.
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kon-igi · 5 years
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Buongiorno doc, ho letto il suo post sulle pensioni ai giovani e i vecchi “tenuti in vita” con tutti i mezzi, ma una vita di qualità pessima. Era sarcasmo o dice sul serio? È una questione che tocca anche me, avendo due parenti ammalati cronicamente che vivono con me. Ogni volta che prendono la polmonite mi chiedo se quei preziosi antibiotici che stiamo usando per allenare superbatteri ne valgono veramente la pena, se le loro pensioni di invalidità non sarebbero forse più utili in una scuola, e soprattutto se ha senso la loro sofferenza, che sta consumando loro e anche noi familiari. Certo, li amo, e se me lo chiedessero non sarei in grado di dire “non curiamoli”, però dopo l'ultimo ricovero ho iniziato a rifletterci, perché abbiamo avuto la prospettiva di una peg, di tracheotomia, di mille apparecchi di plastica monouso, e di una ulteriore sofferenza infinita dentro le mura di casa. Sarebbe bello lasciarci senza tutto questo, e forse a questo punto sarebbe anche utile alla società. Del resto però i miei familiari non hanno la lucidità per richiedere la sedazione profonda (né forse ne avrebbero il diritto). Non so che cosa chiederle in fondo, volevo solo qualche parola in più su questo tema da chi forse ne vede più di me, e con più distacco di me. {se potesse pubblicarlo in forma anonima gliene sarei molto grato}.
Ti faccio una piccola premessa perché non si tratta di una cosa semplice, anzi... è l’approccio al problema a non essere semplice, anzi... l’approccio è semplice, infatti il problema non è mai esistito ed è sorto solo nel momento in cui l’idea ossessiva della morte ha cominciato a rappresentarlo.
Stiamo vivendo in un mondo e in un modo funzionali all’insorgenza di un certo tipo di paranoie: intanto ci siamo dimenticati completamente della gioia della quotidianità e tutto ciò a cui aspiriamo è la proiezione nella realizzazione di un domani che -- come nella favola di Achille e la Tartaruga -- sarà sempre il giorno dopo.
Il nostro senso di sicurezza è proporzionale alla robustezza della porta di casa o allo spessore del conto corrente: voglio dire, esisterà pure un didascalico insetto che metta vie un po’ di provviste senza rompere le palle a nessuno come qualla scassacazzo della formica e che possa allietarsi il resto dell’estate con un po’ di musica cicaleggiante senza sentirsi un lupo di wall street? Perché nessuno c’ha mai scritto una storia sopra e si continua a tormentare i bambini con fulgidi esempi di meritocrazia stacanovista che li farà diventare dei frustrati serial killer con gastrite ed emorroidi che si danno il cambio?
La frase che per me è diventata un’ossessione esistenziale e in assoluto il modo peggiore di approcciarsi alla vita è MI METTO I SOLDI DA PARTE PER LA VECCHIAIA PERCHÉ NON SI SA MAI.
Minchia... vivere nel panico di uno spauracchio paventato da poveracci indecisi se terrorizzarvi o ammalarsi di terrore.
La morte: abbiamo impiegato 200.000 anni a smettere di lasciare i cadaveri al sole a farli divorare dagli avvoltoi e cominciato a seppellirli con un bastoncino legato all’uccello e un sasso nella vagina ma in questo periodo abbiamo pure sviluppato una bella corteccia cerebrale per capire che se non è malaccio evitare di farsi sbranare dall’equivalente odierno della tigre dei denti a sciabola, esistono anche momenti di pausa di riflessione mentre stiamo spaventati e acquattati in un metaforico cespuglio.
In queste pause introspettive, per esempio, potremmo persino scoprire che magari abbiamo sbagliato nel misurare la nostra esistenza e che forse dovremmo smettere di affannarci a stiracchiarla per averla il più lunga possibile. Il mondo è un forno e noi abbiamo un tempo limitato per raccogliere gli ingredienti e impastare le nostre vite: puoi decidere se affannarti a rollare uno stitico grissino che si brucerà e si spezzerà nella solitudine dell’attaccamento alla vita biologica oppure impastare una bella pagnotta saporita e soffice, che potrà essere apprezzata e consumata a tempo debito con grande gioia del cuoco e dei commensali.
Vuoi essere un lungo grissino o una giusta pagnotta?
Io ti dico solamente che non ho più intenzione di vivere nella paura e nel terrore... paura di non farcela, paura della malattia, paura del giudizio, paura della solitudine e paura che sia una paura senza fine.
Il mondo è troppo bello e strano per tenere lo sguardo a terra per paura di inciampare.
Quindi no, curo persone intubate e in stato vegetativo ma nel limite legale del mio mandato professionale mi rifiuto di accanirmi nel continuare a farle non-vivere e il mio lavoro più faticoso e pesante non è prendermi cura di loro ma cercare di spiegare ai parenti quando è il momento giusto di lasciarli andare.
Perciò stai vicino ai tuoi cari nell’evocazione del ricordo di un tempo, lascia consumare i sensi di colpa per quello che poteva essere e non è stato e permetti all’involucro di svuotarsi e al suo contenuto di rimanerti nel cuore... loro saranno oltre quello che rimane a te ma tu porterai avanti l’eredità della memoria.
Un abbraccio a te... e un augurio a me stesso di avere la forza e la coerenza di fare quanto detto, quando per me sarà il momento.
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tecnowiz · 2 years
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Migliori app per creare emoji
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Ravviva i tuoi messaggi creando i tuoi emoji e adesivi da utilizzare con queste app. Le emoji sono importanti in quanto sono una piccola icona o un'immagine digitale utilizzata per esprimere le tue emozioni, idee o sentimenti profondi senza dire una parola nella comunicazione elettronica. Ecco quindi le migliori app per creare emoji personali ed espressive.
Le migliori app per poter creare emoji e adesivi personalizzati ed espressivi su smartphone Android e iPhone
Sebbene esistano molte di queste app, ci sono scelte chiare quando si tratta di trovare le migliori app per creare emoji e adesivi personalizzati sul tuo smartphone Android o iPhone. Non è necessario scaricare tonnellate di app per trovare le migliori, abbiamo le migliori elencate proprio qui. Ma senza perdere altro tempo andiamo avanti con questa guida. Emoji Maker (Android)
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L'app Emoji Maker disponibile per smartphone Android è abbastanza semplice e ti consente di creare rapidamente il tuo personaggio emoji personalizzato. Viene fornito con un sacco di forme emoji che possono essere utilizzate come base. Ciò include faccine, frutta, oggetti non viventi e altro ancora. Naturalmente, puoi aggiungere altri elementi come gli occhi e le caratteristiche del viso all'emoji. L'editor di emoji dell'app ti consente di creare alcuni personaggi emoji unici. Inoltre, puoi persino aggiungere del testo alle tue emoji.
Bitmoji (Android/iOS)
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Bitmoji è una delle app più popolari per creare emoji e adesivi personalizzati sia da smartphone Android che da iOS. Ciò che è ancora più impressionante e utile è che puoi condividere le tue emoji personalizzate direttamente da Gboard. Ciò significa che non devi avviare nessun'altra app per condividere le tue emoji personalizzate durante la chat. L'app ha una delle più grandi raccolte di opzioni di personalizzazione tra cui scegliere. Così puoi creare alcuni personaggi emoji unici che nessun altro avrebbe. L'app è semplice da usare e ti consente di creare una versione da cartone animato di te stesso in pochi minuti.
Emoji Maker - Crea adesivi (Android/iOS)
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L'app Emoji Maker - Crea adesivi per la creazione di emoji che puoi scaricare per Android e iPhone ha una quantità folle di opzioni di personalizzazione e creazione di emoji tra cui scegliere. Se vuoi un sacco di emoji personalizzati, devi scaricare questa app. Ci sono diversi caratteri emoji di base che puoi usare e personalizzare. Inoltre, puoi condividere rapidamente le tue creazioni direttamente dall'applicazione Gboard. Come bonus, puoi anche creare un pacchetto di adesivi WhatsApp tramite l'app e condividere quegli adesivi durante una chat di WhatsApp.
Zepeto (Android/iOS)
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Zepeto è disponibile su dispositivi iOS e Android, questa app sviluppata da SNOW Corporation con una valutazione alta su Google Play ha oltre 10 milioni di download e se sei pazzo di creare personaggi 3D di te stesso, ti sei appena impigliato in una delle migliori app per creare emoji 3D. L'app Zepeto ti usa come base per tutte le Animoji create, ricreerà l'esatto avatar dei tuoi lineamenti facciali, inclusi espressioni e pose. Il suo funzionamento è molto semplice. Una volta scaricata l'app sul tuo dispositivo tocca l'icona e poi sulla fotocamera, metti un'emoji divertente sul tuo viso quando fai lo scatto. Una volta scattata usa la grande galleria per cambiare sfondo, colore, vesti e abbellisci le immagini prima di condividerle con gli amici.
3D Avatar Creator, emoji (Android)
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L'app 3D Avatar Creator emoji è la tua app emoji personalizzata e avatar 3D che ti consente di creare le tue emoji personali sul tuo smartphone Android. Puoi chattare comodamente con i tuoi amici utilizzando l'app ed anche esprimerti utilizzando la vasta libreria di emoji che è nel tuo personaggio. La cosa più interessante sono le sue belle caratteristiche. Puoi creare il tuo personaggio avatar 3D scegliendo tra le varietà di tonalità della pelle, acconciature, colori dei capelli, colori degli occhi, ecc. e molte altre opzioni solo per assomigliare molto a te. Ci sono molte opzioni di abbigliamento tra cui scegliere . A partire da vestiti, scarpe, accessori e altre opzioni che possono adattarsi alla tua moda quotidiana e alla tua personalità. Un'altra caratteristica meravigliosa è la loro libreria piena di emoji e gif animate , che puoi sempre usare per esprimerti in ogni momento. Puoi sempre usarlo per rendere più piccante la tua chat, esprimendo il tuo umore e l'espressione facciale in quel dato momento. Ha una funzione video avatar 3D che puoi utilizzare per creare un video di te. Cattura i tuoi momenti più emozionanti e condividili con gli amici su varie piattaforme di chat.
Emojidom faccine WhatsApp
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Emojidom è un'app animoji disponibile per Android e iOS unica che ha oltre trenta adesivi che puoi condividere su qualsiasi delle tue piattaforme di social media preferite. L' app è gratuita e puoi usarla per creare facilmente adesivi animati. Tra le sue caratteristiche principali puoi notare che le faccine emojidom sono animate, la puoi utilizzare su qualsiasi piattaforma di social media incluso Skype, ha molti sorrisi per ogni stato d'animo e occasione, puoi anche usarla per realizzare video divertenti da condividere con i tuoi amici sui social media. L'emojidom è molto facile da usare e ti fa esprimere solo con un adesivo. L'app è completamente gratuita ma ha alcuni acquisti in-app che non costano molto.
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida dove ti spiego quali sono le migliori app per creare emoji. Prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluti. Read the full article
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gloriabourne · 5 years
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The one with the Kamasutra
Era un pomeriggio d'estate come tanti, in cui Fabrizio e Ermal si erano ritrovati a casa di Fabrizio, a fare nient'altro se non restare mollemente abbandonati sul divano. O almeno, Ermal era convinto fosse un pomeriggio d'estate come tanti. In realtà, si rese conto che non lo era nel momento esatto in cui Fabrizio iniziò quel discorso. "Hai presente che Twitter non lo guardo mai?" Ermal annuì distratto, mentre teneva gli occhi chiusi e si godeva l'aria che fuoriusciva dal condizionatore del salotto. "Hai anche presente che comunque c'è sempre qualcuno che mi fa notare le cose importanti, giusto?" disse Fabrizio. "Bizio, arriva al dunque" rispose Ermal, sempre con gli occhi chiusi e sempre distratto da quel terribile caldo. Fabrizio cercò velocemente qualcosa tra le foto del suo cellulare, poi voltò lo schermo verso Ermal e disse: "Mi hanno fatto notare un tuo like a questa cosa." Ermal voltò la testa quel che bastava per vedere cosa gli stesse mostrando Fabrizio, senza essere davvero interessato alla cosa. In fondo, era solo un like su Twitter. Non capiva quale fosse il problema. Davanti ai suoi occhi apparve un'immagine con sfondo nero e una scritta bianca nel mezzo che recitava: "La Bibbia ci insegna ad amarci gli uni con gli altri. Il Kamasutra però è più preciso." Ermal spostò lo sguardo dallo schermo a Fabrizio e poi disse: "E quindi?" "E quindi..." iniziò Fabrizio, posando il telefono accanto a lui sul divano. "Mi stavo domandando a quale posizione in particolare stessi pensando quando hai messo like a quella foto. Perché è ovvio che leggendo quella frase, hai pensato a qualcosa di preciso." Ermal si alzò dal divano e si diresse verso la camera da letto, solo per sfuggire allo sguardo di Fabrizio e non fargli notare il sorrisetto che gli si era dipinto sulle labbra. Perché in fondo, Fabrizio aveva ragione. Aveva pensato a qualcosa di molto preciso quando aveva letto quella frase. Ma ovviamente non aveva intenzione di ammetterlo. "Sai che il Kamasutra non parla solo di sesso, vero?" disse Ermal mentre entrava in camera da letto e si toglieva la maglietta sudata. Faceva talmente caldo, che anche con il condizionatore acceso era riuscito a sudare come se avesse passato la giornata in spiaggia. Fabrizio lo seguì e si appoggiò allo stipite della porta, osservandolo mentre si toglieva la maglietta e poi apriva il cassetto per cercarne un'altra. "No, non lo sapevo. Ma ti conosco abbastanza bene per dire che, anche se non parla solo di quello, tu hai sicuramente pensato al sesso. E hai pensato a qualcosa di preciso. Magari qualcosa che non abbiamo mai fatto e che ti piacerebbe provare, ma che ti vergogni a chiedere" disse Fabrizio centrando immediatamente il punto. Le cose stavano esattamente così. Ermal aveva letto quella frase, aveva sorriso all'istante, e un attimo dopo il sorriso era svanito mentre nella sua testa si formavano degli scenari a cui in realtà non aveva mai nemmeno pensato. Lui e Fabrizio ormai si frequentavano da parecchio tempo, ma non avevano mai sperimentato nulla in quell'ambito all'infuori delle posizioni più banali. Ermal si sentiva a disagio con sé stesso per vergognarsi così tanto di una cosa che in una coppia avrebbe dovuto essere normale, ma Fabrizio era pur sempre il primo uomo per cui provava qualcosa e con cui andava a letto quindi ogni cosa sapeva di novità. Insomma, Ermal non aveva mai nemmeno pensato a qualcosa di diverso dalla posizione del missionario - era già una rarità quando Fabrizio decideva di dargli le spalle e gli chiedeva di essere preso in quel modo - e a Fabrizio andava bene così perché già solo il fatto di fare l'amore con Ermal era un'esperienza che mai avrebbe pensato di avere la fortuna di provare. Però leggere quella frase, lo aveva inevitabilmente costretto a pensare ad altre cose, altri scenari che avrebbe voluto provare con Fabrizio ma che si vergognava a chiedere perché... Beh, il perché in realtà non lo sapeva nemmeno lui. Non c'era motivo di vergognarsi per una cosa simile e, anzi, Ermal era convinto che Fabrizio sarebbe stato felice di provare qualcosa di diverso, ma non riusciva comunque a parlargliene. Quindi, a conti fatti, forse poteva tornare utile il fatto che il più grande avesse scoperto l'esistenza di quel suo like su Twitter. "Tu a cos'hai pensato, quando l'hai letta?" chiese Ermal curioso, fissando Fabrizio attraverso lo specchio posto sull'anta dell'armadio. Fabrizio si lasciò sfuggire una risata. "Ti piacerebbe saperlo, ma te l'ho chiesto prima io." Ermal sospirò andando a sedersi sul letto, e poi lasciandosi cadere all'indietro. Fabrizio gli aveva fatto una domanda semplice e quello poteva essere il momento perfetto per confessargli quella piccola - e davvero banale, considerate alcune posizioni del kamasutra - fantasia. Eppure non poteva fare a meno di sentirsi in imbarazzo. Fabrizio lo raggiunse, sdriandosi accanto a lui, e disse: "Ti vergogni di parlarne con me?" Il tono di voce era dolce e pacato, eppure Ermal riuscì a sentirla quella piccola nota ferita. Scosse la testa e poi riprese a fissare il soffitto, trovando il coraggio di dire: "Non è quello. È che quello a cui ho pensato è una cosa talmente banale, che non vale nemmeno la pena che te la dica." "Se è una cosa che non abbiamo mai fatto e che ti va di fare, certo che vale la pena che tu me lo dica! E sono certo che non è banale" rispose Fabrizio accarezzandogli una guancia, incitandolo a parlare. Ermal sospirò. In fondo, non aveva davvero nulla di cui vergognarsi. Con Fabrizio si sentiva libero di dire sempre quello che pensava, e in quell'occasione le cose non dovevano essere diverse. E poi, confessare quel pensiero che lo metteva così tanto in imbarazzo, non voleva per forza dire che avrebbero dovuto metterlo in atto. "Nel Kamasutra viene chiamata congresso del corvo" disse Ermal, tenendo lo sguardo rivolto verso il soffitto. Fabrizio aggrottò la fronte. "Io però il Kamasutra non l'ho mai letto quindi devi spiegarmela con parole semplici." "La posizione del 69, Bizio" rispose Ermal, coprendosi il volto con le mani. Continuava a non capire per quale motivo si stesse vergognando tanto. Non c'era nulla di strano ad affrontare certi discorsi con il proprio partner, e quella posizione non era nemmeno qualcosa di particolarmente strano per cui doversi sentire così in imbarazzo. Senza contare che era qualcosa che in passato aveva già sperimentato con qualche ragazza. Ma forse era proprio quello il problema. Con Fabrizio era tutto nuovo, tutto diverso e tutto più importante. Ogni cosa, anche quelle che in passato aveva già fatto, con Fabrizio risultava essere qualcosa di totalmente diverso. Persino un semplice bacio con lui diventava qualcosa di nuovo, qualcosa in grado di fargli tremare le gambe e mancare il fiato. Fabrizio - ancora sdraiato accanto a Ermal, con una mano a reggersi la testa e l'altra ancora posata delicatamente sulla guancia del compagno - annuì e poi si morse il labbro pensieroso, mentre il suo sguardo vagava sul corpo seminudo del più giovane. "E vorresti provarla?" chiese dopo qualche attimo di esitazione. Sapeva che per Ermal era già stato difficile confessargli di averci pensato. Sicuramente non avrebbe mai ammesso di volerlo fare, se prima non fosse stato lui a chiederglielo. Ermal si voltò verso di lui. Aveva lo sguardo perso, quasi impaurito, come se non avesse il coraggio di rispondere. Fabrizio si chinò su di lui e lo baciò dolcemente, cercando di infondergli quel poco di coraggio necessario a parlare. Non avrebbe fatto nient'altro finché Ermal non glielo avesse detto chiaramente, anche se non poteva negare che l'idea di quella posizione insieme a lui aveva reso istantaneamente più stretti i suoi pantaloni. "Ti andrebbe?" trovò il coraggio di chiedere Ermal, appena Fabrizio si allontanò da lui. Fabrizio sorrise e annuì, mentre si scostava da lui giusto il tempo di spogliarsi. Ermal, intanto, si sfilò i pantaloni e i boxer, rimanendo completamente nudo di fronte a Fabrizio. Erano entrambi tesi, un po' perché si stavano addentrando in qualcosa di nuovo, un po' perché imbarazzati dal fatto che poche parole e un po' di immaginazione avessero già provocato a entrambi un'erezione. Fabrizio ritornò accanto a Ermal, lasciandogli un bacio leggero e sorridendogli rassicurante, prima di posizionarsi sopra di lui dandogli le spalle. Voleva che Ermal si sentisse a suo agio, che si godesse completamente quella piccola novità, che non si vergognasse di aver espresso il desiderio di provare a fare qualcosa di nuovo. Lo voleva così tanto che nemmeno gli importava che in quella posizione entrambi avrebbero provato contemporaneamente le stesse cose. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era il benessere di Ermal. Si abbassò su di lui, leccandosi inconsciamente le labbra appena si ritrovò davanti al membro duro e gonfio del compagno. Lo afferrò saldamente, indirizzandolo verso la sua bocca, nello stesso istante in cui Ermal - che finalmente sembrava aver scacciato via l'imbarazzo - aveva iniziato a far scorrere lentamente un dito nel solco tra le sue natiche. Fabrizio lasciò che un lieve sospiro uscisse dalla sua bocca prima di circondare l'erezione di Ermal con le labbra. Succhiò avidamente la punta, mentre con una mano massaggiava lentamente la base, e poi se lo fece scivolare completamente in bocca. Ermal, intanto, gli separò le natiche in modo da poter tracciare una linea umida con la sua lingua dove poco prima lo aveva stimolato con le dita. Si soffermò sulla sua fessura, accarezzandola con la lingua, mentre perdeva ogni residuo di razionalità sentendo Fabrizio smettere di succhiare la sua erezione solo per lasciare una leccata lungo tutta la sua lunghezza. Per un attimo si domandò per quale assurdo motivo non avessero mai pensato di farlo prima. Ma solo per un attimo, perché ormai la sua mente non era più in grado di produrre pensieri di senso compiuto. L'unica cosa a cui riusciva - e a cui voleva - pensare era la bocca di Fabrizio attorno alla sua erezione, mentre lui continuava a stimolarlo con la lingua sempre più a fondo, tenendo entrambe le mani sulle natiche e massaggiandole mentre le teneva separate. A rendere entrambi ancora più eccitati, c'era la presenza del membro di Fabrizio stretto tra loro, quasi schiacciato tra il suo bacino e il petto di Ermal. Fabrizio non poteva fare altro che gemere sommessamente ogni volta che, anche solo spostanosi inavvertitamente di qualche centimetro, sentiva il suo membro sfregare contro il corpo del compagno; Ermal, d'altra parte, non poteva essere indifferente di fronte alla consapevolezza di essere la causa di quell'ingombrante presenza tra loro. Ormai completamente privo di qualsiasi imbarazzo o disagio e ormai sempre più vicino all'orgasmo, Ermal spinse il bacino verso l'alto affondando nella gola di Fabrizio, il quale gemette e si spinse a sua volta verso la lingua del più giovane. Era un gioco pericoloso, quello che stavano facendo. Di quel passo il divertimento sarebbe finito terribilmente in fretta e Fabrizio non ne aveva nessuna intenzione, soprattutto non dopo che Ermal lo aveva viziato in quel modo, facendogli sperare ardentemente che la sua lingua fosse presto sostituta da altro. Sollevò leggermente la testa, mantenendo però la presa sull'erezione di Ermal e continuando a muovere la mano, e disse: "Amore, basta così. Ho bisogno di sentirti." Ermal si fermò all'istante. Doveva ammettere che gli sarebbe piaciuto finire in quel modo, con Fabrizio tra le sue cosce e mentre lui contemporaneamente ricambiava il favore, ma nessuna sensazione sarebbe mai stata paragonabile a ciò che provava ogni volta che penetrava Fabrizio. Appena sentì Ermal smettere ciò che stava facendo, Fabrizio si sollevò, quasi temesse che se non lo avesse fatto subito non avrebbe più trovato la forza di scostarsi. Senza nemmeno voltarsi, si sedette sul bacino di Ermal penetrandosi da solo sul suo membro ancora bagnato di saliva. Ermal rimase a fissare Fabrizio sedersi su di lui, penetrandosi con estrema facilità. Osservò la sua schiena irrigidirsi e inarcarsi, i muscoli contrarsi e il suo sedere sodo scontrarsi con il suo bacino, godendo per la prima volta di quella visuale del tutto nuova. Nelle occasioni in cui Fabrizio aveva insistito per essere preso mentre se ne stava a carponi sul letto o piegato sul tavolo, Ermal non si era mai concentrato su tutti quei dettagli del suo corpo. Ma in quel momento, sdraiato sul letto in una posizione più comoda che mai, aveva modo di osservare ogni singolo dettaglio del corpo di Fabrizio. Compreso il tatuaggio sulla schiena che, pur conoscendolo bene, gli sembrava di vedere per la prima volta. Dovette quasi sopprimere una risata rendendosi conto che tutta quella situazione si era creata da un'immagine in cui si faceva riferimento alla Bibbia, e che in quel momento stava fissando un tatuaggio di Fabrizio raffigurante Gesù. Quella situazione era blasfema anche solo a pensarci. Il che non era poi un grosso problema visto che, Ermal ne era certo, avrebbe smesso di pensare da lì a poco e la blasfemia di quella situazione sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi. Fabrizio fece leva sulle ginocchia e poi si lasciò di nuovo cadere verso il basso, producendo un sonoro schiocco nel momento in cui il suo fondoschiena si scontrò nuovamente con il pube di Ermal. Il più giovane gemette e si aggrappò ai suoi fianchi, accompagnando i movimenti del compagno ma lasciandogli allo stesso tempo la libertà di muoversi come preferiva. La schiena di Fabrizio, contratta per via dello sforzo, era diventata improvvisamente qualcosa di estremamente erotico ed Ermal si stupì di quanto si stesse eccitando - come se fosse possibile eccitarsi più di quanto già lo fosse - solo fissandogli una porzione di pelle sudata che si inarcava e contraeva su di lui. Una parte di lui avrebbe preferito guardarlo in faccia, bearsi delle espressioni dipinte sul suo volto mentre provava piacere, ma in quel momento sembrava che i suoi muscoli parlassero tanto quanto il suo viso. Ermal gli strinse maggiormente i fianchi, affondando le unghie nella carne e accompagnando i movimenti di Fabrizio spingendo il bacino verso l'alto. Fabrizio si inarcò maggiormente appena Ermal gli colpì la prostata e gemette rumorosamente, ottenendo come risultato un'altra spinta da parte del compagno, e poi un'altra ancora, sempre più decise, sempre nello stesso punto. "Ermal..." mormorò Fabrizio ormai quasi senza respiro e visibilmente affaticato. "Dimmi." "Sto per venire" rispose Fabrizio portando una mano attorno alla propria erezione. Tutta quella situazione lo aveva eccitato più del solito e quegli ultimi colpi da parte di Ermal, così precisi e mirati, erano stati tutto ciò di cui aveva bisogno per arrivare al limite. "Anch'io" sussurrò Ermal, sollevando ancora una volta il bacino verso l'alto e finalmente liberandosi dentro di lui. Fabrizio non aveva nemmeno avuto il tempo di iniziare a masturbarsi in maniera decente. Sentire Ermal venire dentro di lui gli aveva fatto immediatamente raggiungere l'apice, riversando densi fiotti di sperma tra le sue mani e sporcando le lenzuola e le gambe del compagno. Ermal, ancora destabilizzato dall'orgasmo appena provato, gemette sentendo Fabrizio stringersi attorno al suo membro - ormai ipersensibile - e chiuse gli occhi affondando la testa nel cuscino, a corto di fiato e con il cuore che batteva a mille. Sentì Fabrizio sollevarsi dal suo bacino e poi coricarsi accanto a lui con un sospiro. Erano entrambi esausti, più di ogni altra volta in cui avevano fatto sesso, eppure se solo fosse dipeso da loro lo avrebbero rifatto all'istante. "Cazzo. È stato..." iniziò a dire Fabrizio, bloccandosi però senza sapere che termine usare. Non c'erano parole per descrivere quello che era appena successo, cosa avevano provato. Era stato appagante, sensuale, erotico, e allo stesso tempo tutti quei termini sembravano non essere abbastanza. "Divino?" azzardò Ermal sorridendo, mentre allungava una mano verso la spalla di Fabrizio e gli accarezzava il tatuaggio. Tanto ormai di blasfemie ne aveva pensate - e fatte - abbastanza. "Avremmo dovuto farlo prima" disse Fabrizio, voltandosi verso di lui. Ermal rimase con gli occhi chiusi ma annuì con un cenno e disse: "Lo so. È che non ci avevo mai pensato. Ho sempre pensato che il sesso con te fosse già abbastanza appagante così com'era." "E lo è" disse Fabrizio nascondendo il viso nell'incavo del collo di Ermal e lasciando un bacio sulla pelle sudata. "Però ogni tanto fa bene provare qualcosa di nuovo." Ermal gli circondò la vita con un braccio e lo strinse a sé. Non ci aveva mai pensato, ma Fabrizio aveva ragione. Per quanto il loro rapporto fosse perfetto, di certo non avrebbe fatto male movimentarlo un po' ogni tanto. "Bizio?" "Mh." "Magari potremmo provare anche le altre posizioni, prima o poi" propose Ermal. Fabrizio sorrise contro la sua pelle. "Quando vuoi, amore."
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Serge Pizzorno: “La mia pausa dai Kasabian per fare musica ispirata all’Italia”
Ci sono echi di classica e Morricone nel disco del leader della band britannica che esce con The S.L.P. A settembre a Milano.
Un tocco d’Italia, non solo nel titolo “Meanwhile… In Genova” ma anche nelle atmosfere da film ala Morricone per Serge Pizzorno, uno dei fondatori dei Kasabian, pluripremiata rock band britannica. The S.L.P., ovvero il moniker dietro il quale si nasconde la mente dei Kasabian, annuncia ufficialmente l’uscita del suo primo album da solista, “The S.L.P.” prevista per il 30 agosto per Columbia Records. “È stato partorito perché avevo un anno off e non ci ho mai pensato in maniera molto profonda prima di allora – ci ha raccontato Serge nell’incontro a Milano – . Avevo tre pezzi musicali da cui sono partito e nella mia testa sembravano già un mezzo disco, perché erano brani lunghi. Non avrei fatto comunque nulla con i Kasabian, erano sepolti in un cassetto da dieci anni. Praticamente è una decisione che ho preso per paura di non fare nulla per un anno”.
Dopo aver pubblicato il sorprendente brano “Favourites” con la rapper Little Simz, The S.L.P  è ora in rotazione anche con “Nobody Else”.
La nuova canzone parte come una ballad al piano per diventare una potente hit house che riassume bene lo spirito d’esplorazione di Pizzorno verso nuovi generi. Parlando del pezzo, Serge ha raccontato: “Ho iniziato persino a imparare gli accordi jazz, è così importante riscoprire l’innocenza di sperimentare, quando una piccola parte di te si chiede: ma posso farcela ancora?”.
Registrato e prodotto da Serge nel suo studio di Leicester l’album “The S.L.P.” è composto da 11 tracce che spaziano dalle influenze hip-hop ai molti momenti melodici, e ancora al funk psychedelico e alla new-wave. Da segnalare nell’album anche la collaborazione con il rapper inglese del momento slowthai per “Meanwhile… At The Welcome Break”, l’euforica ‘Trance” e il funk di “The Wu” e di “Youngest Gary”.
Meanwhile, mentre, è una parola che torna molto per questo progetto, quasi come se Pizzorno volesse dargli un’idea di sospensione. “Nel mentre è un concetto che mi affascina, nei fumetti è rappresentato come fosse un angolo. Come se io dicessi al mio pubblico mentre c’è Serge dei Kasabian c’è questo SLP che fa musica ispirata a Morricone, John Barry. La prima traccia che ho inciso è stata una lettera d’amore per Genova”.
Serge dice che il disco “è una parte della mia personalità che si riflette nella musica, alcune tracce sembrano delle colonne sonore,   penso sempre a delle immagini che accompagnano un progetto musicale. La fonte d’ispirazione è la saga dei film d’orrore italiani, ma anche la gioia di fare musica. Tra un tour e un disco, per 18 anni ho fatto sempre la stessa cosa. E ci sono dei momenti di tempesta da cui di risvegli e capisci come fare a ricostruire”.
Dal vivo Serge dice che non farà tracce dei Kasabian perché questo “mondo diverso lo voglio tenere separato, voglio suonare il disco ma in una modalità diversa, sarà un’esperienza diversa, farò più di un concerto semplice, penso più a un’esperienza“.
Il disco ha solo 11 tracce, riuscirà a reggere un concerto intero? “Sono sicuro che sarà un rave, una cosa euforica, espanderò le 11 tracce e tanti amici suoneranno con me. Ma l’idea è che manterrò lo show piccolo, misterioso, lo voglio tipo un film di David Lynch, e magari mi troverete spalla a spalla assieme a voi nel pubblico e manco ve ne accorgete”, anticipa entusiasta.
Il debutto dal vivo lo tiene particolarmente attivo: “Sarà anche un modo per far capire quante cose si possono fare con un concerto, anche al mio pubblico. Mi sono accostato a David Byrne e alla sua arte, andandolo a vedere live. E quando lo guardavo pensavo: perché ci sono sempre gli strumenti nello stesso posto, è giusto sovvertire le regole, vedere cose nuove. Per molto tempo ho pensato di collaborare con artisti britannici giovani e questa cosa succederà sempre di più in futuro. L’approccio alla musica che ho ora è come se fossi un bimbo che fa cose senza pensarci, che suona e disegna quando gli va. Se invecchi pensando a questo è un mondo interessante“.
Nel disco c’è anche spazio a tematiche sociali: “Soldiers 00018 viene da una conversazione con un tassista che era violento e spaventato dal mondo. Una persona a cui voglio rispondere con amore, fiducia e con la voglia di fare cose positive. Per questo ho scritto questa canzone”.
Incontrarlo dal vivo fa capire quanto sia diverso il suo mondo dal solo aspetto visto coi Kasabian. Ma anche di quanto sia debuttante e pacato nel mondo delle celebrità soliste. “Non ho deciso di fare il solista pensando alle conseguenze, succede che faccio cose e mi dimentico poi degli obblighi. Fare le interviste e raccontare il disco non è l’elemento principale di questa decisione, il più è fare, creare, dedicarli all’arte. Non penso di aver ansie partiolari, tutti in qualche modo scappiamo dai nostri pensieri che fanno paura, ma poi quando affronti la realtà ti senti meglio e capisci che hai fatto la decisione giusta”.
Serge a settembre darà il via a un tour e il 12 settembre sarà anche in Italia al Circolo Magnolia di Milano.
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13 motivi per cui un buongiorno è così importante: fai il loro giorno
Perché sono coerenti. Potrebbero essere piccole cose ma si sommano a un unico grande risultato: la tua felicità. Non sono tanto le cose principali che fanno che ti rendono felice per un giorno, ma piuttosto, sono le cose semplici che fanno ogni singolo giorno che si aggiungono alla felicità a lungo termine.
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# 1 Iniziare la giornata con un messaggio da parte di un amante si sente bene. Ci si sente davvero, davvero bene. Mettiti nei loro panni. Come ti senti quando ti capita? Probabilmente fantastico. Sapere che il tuo partner pensa a te subito la mattina ti aiuta a stare bene con la tua relazione. Ti fa sentire sicuro e ti prepara per passare una giornata fantastica. [Leggi: 15 modi gentili per far sentire necessario e desiderare un ragazzo]
# 2 È semplice cavalleria. Per quelli che dicono che la cavalleria è morta, non lo è. Chiunque dica altrimenti, probabilmente non riceve mai un buongiorno. L'invio di questo messaggio è un ottimo modo per essere cavalleresco.
In pratica è come aprire la portiera della macchina per il tuo partner o pagare un pasto. È semplice, facile e fa sapere loro che ti importa di loro.
# 3 Farà tutto il loro giorno. Potrebbe sembrare insignificante ma ha un forte effetto sull'intera giornata. Hai il potere di trasformare la loro giornata in una grande o cattiva. Non mandarli in SMS li renderà insicuri e penserai che sei arrabbiato con loro.
Quindi invia quel messaggio. Non ha bisogno di essere più complicato di "buongiorno, piccola". Se vuoi renderlo ancora più significativo, puoi accenderlo in modo che non sembri che lo stai facendo fuori dalla routine.
Buongiorno testi che faranno sicuramente il giorno del nostro partner
Se vuoi assicurarti che il tuo buongiorno non sia noioso e inutile, l'utilizzo di alcuni di questi ti aiuterà. Non importa cosa, dovresti sicuramente mandare un testo allegro al tuo amante per prima cosa quando ti svegli.
# 1 "Buongiorno, piccola. Spero che la tua giornata sia dolce come te. "Questo non è solo adorabile, ma è anche un modo fantastico per dare loro un complimento allo stesso tempo. Stai persino offrendo loro una buona giornata mentre esprimi quanto ti piace quanto sono dolci.
# 2 "Buongiorno! Non vedo l'ora di vedere il mio uomo / ragazza più tardi oggi! "Se hai progetti per quel giorno, dì loro quanto non puoi aspettare. È un ottimo modo per dire buongiorno e mostrare loro che stai anticipando la tua serata di appuntamenti.
# 3 "Non riesco ad avere un buon giorno fino a quando non dico buongiorno a mia figlia." Questo è fantastico da usare praticamente ogni volta. Mostra loro che stai anche guadagnando qualcosa dal tuo piccolo scambio di buongiorno e li renderà felici.
# 4 "La mia giornata non sarà eccezionale perché non posso vederti più tardi." Questo può sembrare negativo ma il fatto che tu gli stia dicendo che fanno tutto il giorno è davvero carino e romantico.
# 5 "Mi auguro di essere ancora coccolata a letto con te che sussurro il buongiorno invece di mandare messaggi di testo." Se passavi la notte ma dovevi alzarti presto per andare al lavoro, usa questo. Sarà sicuro di mettere un sorriso sul loro volto subito.
# 6 "Le mie mattinate sono molto meglio trascorse con te." Questo è un altro perfetto da usare se hai dormito e dovevi andartene prima che si alzassero. In pratica stai dicendo che la tua giornata è migliore semplicemente svegliandoti accanto a loro.
# 7 "Buongiorno al mio amore!" Questo è davvero semplice ma anche molto efficace. È un tipico testo del buongiorno con qualcosa in più.
# 8 "Buongiorno! Spero che la tua giornata sia fantastica e tu spaccassi il culo! "Questo incoraggiamento non è solo molto carino, ma potrebbe essere proprio quello di cui hanno bisogno per essere motivati ​​ad avere una buona giornata.
# 9 "Rendi questo un giorno da ricordare!" Questo è un altro testo del buongiorno che può essere usato anche come incoraggiamento. Usalo quando hanno una grande presentazione o un colloquio per un ottimo lavoro.
# 10 "Spero che la tua giornata sia fantastica come te!" Non solo stai dando loro un bel complimento, anche tu stai iniziando la giornata.
# 11 "Alzati e risplendi! È ora di passare una bella giornata, piccola. "Ecco un altro modo non tipico di salutare il buongiorno augurando loro un grande giorno.
# 12 "Buongiorno! Vieni in cucina, ho una sorpresa. "Non c'è molto meglio di un bel testo del buongiorno accompagnato con la colazione. Trasforma il tuo amante in un pasto delizioso e invia messaggi per venire con te.
# 13 "Vorrei poterti svegliare accanto a te. Buongiorno! "Se non si poteva stare la notte per una ragione qualsiasi, mandarli al mattino può aiutarli a sentirsi meglio.
# 14 "Spero che ti sia svegliato sul lato destro del letto. Buona giornata! "Questo fa capire loro che ti importa davvero della loro qualità del sonno e che vuoi che loro abbiano una buona giornata. È un ottimo modo per svegliarsi.
# 15 "Ti amo." Questo potrebbe non sembrare un buon testo del buongiorno, ma vedere questa prima cosa quando si sveglia li renderà più che felici.
L'importanza di un buongiorno non può essere ignorata. Ora sai perché sono così speciali e come puoi renderli ancora più significativi. Controlla qui se stai cercando ulteriori informazioni.
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the-entangler · 6 years
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Sotto l'esperta guida del padre e maestro, il figlio aveva desiderato ardentemente di possedere le ali. Per molti anni, in lunghe ore di lavoro nei suoi sogni, era andato fabbricandosele, penna dopo penna, muscolo dopo muscolo, ossicino dopo ossicino, finché esse avevano pian piano assunto forma. Le aveva fatte crescere nella giusta posizione dalle scapole (era particolarmente difficile percepire con esattezza la propria schiena in sogno), e a poco a poco aveva imparato a muoverle nella maniera adeguata. Aveva messo a dura prova la propria pazienza continuando a esercitarsi finché, dopo innumerevoli tentativi falliti, era riuscito per la prima volta a sollevarsi per un breve istante da terra. Ma poi aveva acquistato fiducia nella propria opera, grazie all'incrollabile benevolenza e severità con cui il padre lo guidava. Col passare del tempo si era talmente abituato alle ali che le considerava in tutto e per tutto una parte del suo corpo, al punto da avvertire in esse sensazioni di dolore o di benessere. Infine aveva cancellato dalla memoria gli anni trascorsi senza possederle. Le aveva avute fin dalla nascita, al pari degli occhi o delle mani. Era pronto. Non era affatto proibito lasciare la città-labirinto. Al contrario, chi vi riusciva veniva considerato un eroe, un uomo di grande talento, e della sua leggenda si continuava a parlare a lungo. Ma ciò era consentito solo alle persone felici. Le leggi cui sottostavano gli abitanti del labirinto erano paradossali, ma immutabili. Una delle più importanti diceva: Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne. Però le persone felici erano rare nei millenni.
Chi era disposto a tentare doveva prima sottoporsi a un esame. Se non riusciva a superarlo, la punizione non cadeva su di lui, ma sul suo maestro, ed essa era dura e crudele. Il viso del padre si era fatto estremamente serio, allorché gli aveva detto: « Ali di questo tipo portano soltanto chi è leggero. Ma è solo la felicità a rendere leggeri ». Poi aveva fissato a lungo il figlio con sguardo indagatore e infine gli aveva chiesto: « Sei felice? » Oh, se si trattava di quello non c'era alcun pericolo. Era tanto felice che pensava di potersi librare in aria anche senza ali, dal momento che amava. Amava con tutto l'ardore del suo giovane cuore, amava senza riserve e senza ombra di dubbio. E sapeva che il suo amore era corrisposto altrettanto incondizionatamente. Sapeva che la sua amata lo stava aspettando e che al termine del giorno, dopo aver superato l'esame, sarebbe andato da lei nella sua stanza celeste. Allora, leggera come un raggio di luna, si sarebbe adagiata fra le sue braccia e, uniti in quell'interminabile amplesso, si sarebbero librati sopra la città lasciandosene alle spalle le mura come un giocattolo per il quale erano diventati ormai troppo grandi; avrebbero volato sopra altre città, sopra foreste e deserti, mari e montagne, avanti, sempre più avanti, fino ai confini del mondo. Sul corpo nudo egli non portava altro che una rete da pesca che lo seguiva, come un lungo strascico, per le strade e i vicoli, i corridoi e le stanze, secondo il cerimoniale prescritto per quell'ultimo, decisivo esame. Era certo di riuscire ad assolvere il compito che gli era stato assegnato, sebbene non lo conoscesse. Sapeva solo che esso si confaceva sempre alla natura dell'esaminando. Perciò non era mai uguale a quello di un altro. Si poteva dire che il compito consisteva proprio in questo, nell'indovinare, in base a un'effettiva conoscenza di sé, in che cosa consistesse. L'unica rigida norma alla quale doveva attenersi era quella di non entrare, per nessun motivo, per la durata dell'esame, cioè fino al tramonto, nella stanza celeste della sua amata. Altrimenti sarebbe stato subito escluso da tutto il resto. Sorrise, ripensando all'espressione grave, quasi furente, con cui il suo adorato, benevolo padre gli aveva comunicato il divieto. Non provava in sé la benché minima tentazione di trasgredirlo. A questo riguardo non c'era alcun pericolo, poteva stare tranquillo. In fondo non era mai riuscito a capire bene tutte quelle storie in cui qualcuno, proprio a causa di un tale divieto, si era sentito irresistibilmente spinto a violarlo. Camminando per le strade e gli edifici ingannevoli della città- labirinto, era già passato più volte davanti al fabbricato a forma di torre al cui ultimo piano, quasi sotto il tetto, abitava la sua amata, e due volte persino davanti alla sua porta, al numero 401. E aveva proseguito, senza neppure fermarsi. Ma il vero esame non poteva consistere in questo. Sarebbe stato troppo, troppo semplice. Ovunque gli capitasse di andare, si imbatteva in infelici che lo seguivano con occhi pieni di ammirazione, di rimpianto o anche d'invidia. Molti li conosceva già, sebbene gli incontri fra le persone non potessero mai essere provocati intenzionalmente. Nella città-labirinto la posizione e la disposizione delle case mutavano di continuo, cosicché era impossibile darsi appuntamenti. Ogni incontro era casuale o voluto dal destino, a seconda di come lo si volesse intendere. D'un tratto il figlio avvertì che qualcosa tratteneva la rete dietro di lui e si voltò. Seduto sotto l'arco di un portone, vide un mendicante con una gamba sola, che aveva infilato una delle stampelle nelle maglie della rete. « Che fai? » gli chiese. « Abbi pietà! » rispose il mendicante con voce roca. « Per tè non sarà un gran peso, mentre a me darà molto sollievo. Tu sei un uomo felice e potrai sfuggire al labirinto. Ma io resterò qui per sempre, perché non sarò mai felice. Perciò ti prego, porta via con te almeno un po' della mia infelicità. Così prenderò anch'io un minimo di parte alla tua salvezza. Sarebbe una consolazione per me. » Raramente le persone felici sono dure d'animo: propendono alla compassione e desiderano far partecipi anche gli altri della propria ricchezza. « Bene », disse il figlio, « sono contento di poterti rendere un favore per così poco. » Già al successivo angolo di strada incontrò una donna dal volto emaciato, vestita di stracci, assieme a tre bambini mezzo morti di fame. « Non vorrai certo negarci quanto hai concesso a quello là », gli disse, piena d'odio. E attaccò alla rete una piccola croce da sepolcro. Da quel momento la rete si fece più pesante, sempre più pesante. Di infelici ce n'erano in gran quantità nella città-labirinto e ognuno di loro, imbattendosi nel figlio, attaccava qualcosa alla rete, una scarpa o un gioiello prezioso, un secchio di latta o un sacco colmo di denaro, un capo di vestiario o una stufetta di ferro, una ghirlanda di rose o un animale morto, un utensile o addirittura, in ultimo, il battente di una porta. Si avvicinava la sera e con essa la fine dell'esame. Il figlio, piegato in avanti, procedeva a fatica, passo dopo passo, quasi dovesse lottare contro una bufera violenta e silenziosa. Il suo viso grondava sudore ma egli era ancora pieno di speranza, perché credeva di aver capito in che cosa consisteva il suo compito e, nonostante tutto, si sentiva abbastanza forte per portarlo a termine. Poi venne il crepuscolo e ancora nessuno era comparso per dirgli che quanto aveva fatto bastava. Senza sapere come, era arrivato, con l'infinito carico che si trascinava dietro, alla terrazza sul tetto dell'edificio a torre in cui si trovava la stanza celeste della sua amata. Non aveva mai notato che da lì si scorgeva in basso una spiaggia, ma forse fino a quel momento non era mai stata in quel luogo. Il figlio divenne profondamente inquieto nel rendersi conto che il sole si stava già immergendo dietro l'orizzonte caliginoso. Sulla spiaggia c'erano quattro persone che, come lui, avevano le ali, e, sebbene non potesse vedere colui che parlava, udì chiaramente che venivamo dichiarate libere. Gridò verso il basso chiedendo se lo avessero dimenticato ma nessuno gli prestò attenzione. Con mani tremanti armeggiò attorno alla rete, ma non riuscì a togliersela di dosso. Gridò ancora a lungo, chiamando ora il padre perché venisse ad aiutarlo, mentre si sporgeva il più possibile dal parapetto. All'ultima, morente luce del giorno, vide laggiù la sua amata completamente avvolta in veli neri venire condotta fuori della porta. Apparve quindi, tirata da due morelli, una carrozza nera il cui tetto era costituito da un unico grande ritratto, il viso colmo di dolore e di disperazione del padre. L'amata salì nella carrozza e il veicolo si allontanò fino a sparire nell'oscurità. In quel momento il figlio comprese che il suo compito era stato quello di disubbidire e che non aveva superato l'esame. Sentì le sue ali create in sogno avvizzirsi e cadere a terra come foglie d'autunno, e capì che non avrebbe più potuto volare ne essere felice e che per il resto della sua vita sarebbe rimasto nel labirinto. Perché adesso vi apparteneva.
Michael Ende - Lo Specchio nello Specchio, secondo racconto
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ladyaaannabeth · 3 years
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connorxnadja 1.6
L’ennesima giornata era trascorsa, un susseguirsi di sedute di pazienti diversi fra loro, eppure accomunati da quell’unico filo che era proprio lui. Affrontava ogni seduta nel modo più professionale possibile anche se era perfettamente convinto di quanto poco etico fosse il suo atteggiamento nei loro confronti.  Non aveva mai rivelato a nessuno il modo in cui effettivamente vedeva ognuno dei suoi pazienti: una serie di enigmi. Si era, con il passare del tempo, costruito uno schema da utilizzare per evitare di impazzire andando ad empatizzare troppo con ogni soggetto, la soluzione più semplice e funzionare era trattare ogni individuo come un puzzle da risolvere. Alla fine, questa la sua più grande passione. La stessa cosa che continuava a portare avanti ormai da un mese.  L’autore di quei diari sembrava essere diventato la sua ossessione più grande. Non passava giorno in cui non pensava alla pagina che avrebbe letto una volta tornato a casa.  Avrebbe preso il suo cifrario, messo appunto da egli stesso, ed avrebbe decriptato il capitolo che l’avrebbe avvicinato di più alla sua balena bianca. Esattamente come quella sera, compiuto il suo breve rituale di pulizia una volta rientrato, aveva acceso il bollitore e preparato l’infuso che avrebbe bevuto mentre si dedicava alla lettura. 
New York, 13 aprile 2016, sereno Ieri era il mio compleanno, ho compiuto trentadue anni. Ero sola. Nessuno se n’è ricordato e non ho neanche incontrato Luke, meglio così. Non ho dovuto prestarmi ai soliti riti che si confanno alla società come accettare regali, auguri e fingere che mi freghi qualcosa del giorno in cui mia madre ha messo al mondo un essere umano. Sono tornata a casa ed ho finito quella vodka russa che avevo comprato in quel negozio a Brighton Beach. Ho pensato, tuttavia, a Tatijana, alla volta in cui mi fece vedere quanto potesse essere bello festeggiare il proprio compleanno, quando ebbi la sensazione di avere una vera madre. A volte mi torna in mente quel giorno ed una parte di me spera inutilmente che il resto della mia infanzia fosse andato in quel modo e che quell’evento non fosse quella che chiamano “goccia nell’oceano”. Mi chiedo come siano venuti in mente alle persone certi modi di dire. Questo, però, a differenza di molti, mi piace. Riesco ad immaginare quanto sia piccola una goccia in mezzo all’oceano. Per pura combinazione, ieri pioveva. Credo sia stato questo il motivo per cui ho pensato a quel modo di dire.  Li sento ancora, gli odori diversi quando piove, non l’ho perso il mio “superpotere”. Ieri la pioggia odorava di pancake, ma non voglio dirlo a nessuno. Da quando vivo qui le persone non hanno smesso di trattarmi come se venissi da un altro pianeta. O almeno, lo fanno più raramente. Tanto che i momenti in cui mi sento come se volessi scomparire sono diminuiti, persino la voce, alcune volte, smette di parlare nella mia testa. Ma tu questo non l’hai mai saputo, Tatijana. A te non importava di me, altrimenti non avrei così pochi ricordi felici dei momenti che passavamo insieme. Chissà perché non ti ho mai chiesto il motivo. Non ti ho mai chiesto nemmeno perché avessi messo al mondo una bambina di cui non ti saresti mai presa cura. Ormai, però, credo sia troppo tardi per una risposta.
Nient’altro d’aggiungere.
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ilarywilson · 6 years
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«Mi sento di dirti soltanto una cosa, Illy»
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«Anche l'Obscurus Florens ti catapulta in un bel sogno, in cui stai talmente bene che non hai più voglia di svegliarti. E non ti accorgi neanche quando ti porta via. Perciò, assicurati che questo non sia il tuo Obscurus Florens, che non ti faccia passare da piangere di cose belle a piangere e basta». 
«Oh...» ridacchia infine, forse ironica verso se stessa, agitando il capo e lasciando il sorriso a perdersi sulle montagne ancora una volta. «Non credo che possa, né che voglia» portarla via. Divertita ora, nell'occhiatina che gli rifila.��«Immagino che sia impegnato ad accertarsi che il suo Obscurus Florens non lo porti via, mentre io cerco di aiutarlo» facendo spallucce. «E...» aggiunge poi, trattenendo ancora la sua mano con la mancina mentre la destra traffica nella tasca del mantello per estrarne qualcosa che sparisce nel pugnetto chiuso. «Magari un giorno vorrai raccontarmi del tuo» butta lì con delicatezza, ancora senza guardarlo, perché è impegnata a far scivolare le dita dalle sue ruotandone il palmo quanto basta a depositarvi sopra una piccola scatoletta di raso verde bottiglia, infiocchettata d'argento, con tutta l'aria di un pacchettino regalo. «Buon Compleanno».
«Illy» inclina la testa di lato in un'espressione sorniona, gli occhi palude di nuovo puntati su di lei.
«Rob» si scioglie in un sorriso più sghembo, nel rispondere a quel richiamo sornione, gli occhi azzurri di nuovo puntati di lui. 
«Per farti rotolare in tanto senso di colpa, in un certo senso ti ha già portato via, al di là di quelle che potrebbero essere le sue intenzioni». Sei già fregata, insomma. «È complicato». Preferisce invece concentrarsi su quel Buon Compleanno. Spalanca gli occhi e tira senza esitazione il fiocchetto per poter aprire il pacchetto e rivelare l'interno. Per la prima volta quella mattina, per la prima volta da diversi giorni, quello che le indirizza è un sorriso pieno, quel genere di sorriso che non può essere scambiato per circostanza. Probabile che non abbia ricevuto molti regali a questo compleanno, forse persino poche persone che se lo siano ricordato, chiusi com'erano nell'incubo Cristallite. Quando vede il regalo, una piccola luce si accende nello sguardo e lui tende il polso sinistro perché sia la stessa Illy a infilargli il bracciale. «Il cardo della mia Scozia», il sorriso sibila ancora nell'aria. Si sporge in avanti per appoggiarle le labbra sul naso. «Dimmi la verità», serissimo, chissà che verità vuole sentire, «Perdere la testa per l'originale ti avrebbe fatto sentire ancora più in colpa, ecco perché sei andata dalla brutta copia del pavone ammiccante».
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Un piccolo sbuffo a non rispondere a quell'interpretazione altrui, lo sguardo a tornare sulle montagne e un semplice «è complicato» a far eco al suo per chiudere la questione. E spostarsi invece sul ben più piacevole sorriso che lui le rivolge. «Sì» conferma raddrizzandosi appena, lieta che sia stato colto al volo il fiore nonostante le sue non troppo ottime doti di incisione su metallo. «La nonna mi ha detto che la leggenda narra i Vichinghi volessero tendere un agguato di notte a un accampamento di scozzesi addormentati, sulle Highlands. Per non essere scoperti mentre di avvicinavano di soqquatto, tolsero le scarpe e si mossero a piedi nudi sul prato. Finché uno dei soldati non pestò un cardo, appunto» il famigerato fiore con le spine. «Si racconta che l'urlo che cacciò fu talmente forte da svegliare gli scozzesi e impedir loro di cadere in un'imboscata, vincendo quella battaglia. Da allora è diventato il fiore protettore della Scozia». Stavolta è lei a prestarsi narratrice di storie che lui magari già conosce, ma per un motivo in particolare. «Io lo so di non aver deluso solo Sebastian, ma... anche te e... e Chris» i testimoni di quell'unione naufragata. Deglutisce, sollevando ora lo sguardo a cercare il suo, prendendo un bel respiro. «Però ecco... tu sei un po' il cardo che mi impedisce di cadere nelle trappole degli obscurus florens e vorrei-vorrei chiederti di continuare ad esserlo. Ecco». Il modo più infantile del mondo per dire "resti con me, sì?". Tutti hanno bisogno di qualche conferma, ogni tanto. E persino d'un sorriso velato di simpatica malizia che le arrossa le guance, dopo quel bacino sul naso che si prende volentieri. «Ci puoi scommettere» replica infatti in un soffio confidenziale, senza esitazione. «Non essere troppo geloso, sei ancora il mio preferito» agganciandogli infine quel braccialetto e allungandosi per tentare poi di stringergli a fatica le spalle in un abbraccio dei suoi, provando anche a stampare un bel bacio con schiocco sulla sua guancia un po' ispida di barbetta. 
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