#persecuzioni razziali
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Fecero la scelta giusta: la Polizia di Stato racconta il coraggio nella Shoah
La Polizia di Stato, giovedì 13 febbraio, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, alla presenza del Presidente della Repubblica, ha presentato il progetto intitolato "Fecero la scelta giusta".
La Polizia di Stato, giovedì 13 febbraio, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, alla presenza del Presidente della Repubblica, ha presentato il progetto intitolato “Fecero la scelta giusta” L’opera, articolata in due volumi, racconta le storie di poliziotti che, nella Lotta di Liberazione, si distinsero per il salvataggio di persone perseguitate durante la Shoah. Un tributo al…
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leonmarchon · 2 years ago
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Silvano Arieti, nel 1939, dopo la laurea in Medicina e quando è allievo del neuropsichiatra Ayala a Pisa, è costretto, causa persecuzioni razziali, a lasciare l'Italia alla volta degli Stati Uniti, dove effettua la sua formazione in psichiatria e psicoanalisi.
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chez-mimich · 9 months ago
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ADELPHI: LE ORIGINI DI UNA CASA EDITRICE 1938-1994 (parte I)
Scrivere del volume di Anna Ferrando, “Adelphi” (Carrocci Editore) è facile, così come è altrettanto facile leggere il sostanzioso volume, ma naturalmente dipende molto da chi legge e da cosa ha rappresentato la casa editrice Adelphi nella sua vita. Se siete tra quelli che per motivi generazionali o esistenziali hanno scelto di riempirsi la casa di volumi Adelphi, potete tranquillamente continuare a leggere, se invece, al contrario, qualche volume Adelphi vi è capitato per caso tra le mani, allora questa lettura (del mio commento e del libro stesso), potrebbe essere noiosa e superflua. Adelphi nasce nel 1938, in un’Italia umiliata dalle leggi razziali e dalle persecuzioni antisemite, per merito delle menti vulcaniche di Alberto Zevi, Luciano Foà, Bobi Bazlen, Claudio Rugafiori che avevano un sogno del cuore, ovvero il proposito di far uscire l’editoria, o almeno una parte di essa, dall’eurocentrismo, dalla cultura filosofica per attingere alla scienza, alle religioni e alle tradizioni orientali, al buddhismo, all’islamismo, alla psicanalisi e, soprattutto alla grande cultura Mitteleuropea. Il taglio, fin dai difficili anni iniziali, era chiaramente antistoricista, a tutto vantaggio della ricerca del “libro unico” come si ostinava a chiamarlo Bobi Bazlen. È paradossale che il competitor ideale della nascente Adelphi fu subito Einaudi. La casa editrice torinese era infatti agli antipodi delle idealità che covavano nel cuore degli “adelphi”. Einaudi, in quegli anni, fu quasi completamente organica ad un progetto politico di cambiamento della società. Il paradosso, a mio modo di vedere, è che nei decenni successivi, a partire dal 1970 almeno, i lettori di Einaudi e quelli di Adelphi furono assolutamente sovrapponibili. Eppure “l’impolitico” era certamente uno dei fili conduttori di tutto il catalogo Adelphi (non è certo un caso che “Considerazioni di un impolitico” di Thomas Mann, entrò nel catalogo nel 1997). Ma Adelphi cominciò da Nietzsche (con l’opera omnia curata da Giorgio Colli), filosofo impolitico per antonomasia, nonostante l’uso e l’abuso che ne fece la destra del post sessantotto. Adelphi, come ebbe a scrivere un pezzo da novanta del suo catalogo, Elena Croce, figlia di Benedetto Croce, “contribuiva ad aprire gli ancora angusti orizzonti del panorama intellettuale italiano” che dal suo punto di vista era troppo impregnato di ideologia per poter scoprire dell’altro. E così, sulla scorta delle ricerca del “libro unico”, il catalogo di Adelphi, tra difficoltà economiche e battaglie ideali anche all’interno della redazione, è andato arricchendosi di fiori preziosi. E qui, tutti noi, quelli di cui sopra, possiamo sbirciare tra gli scaffali delle nostre biblioteche e scorgervi le copertine color pastello di Leonardo Sciascia, Guido Ceronetti, Karen Blixen, Ingebor Bachman, Fleur Jaeggy, Erik Satie, Douglas R. Hofstadtrer, Emanuele Severino, Hilary Putnam, Vladimir Nabokov, Giuseppe Pontiggia, Paul Velery, Elias Canetti, Joseph Roth, Alberto Arbasino, Thomas Bernhard, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Adolf Loos, Ludwig Wittgenstein, Katherine Mansfield, George Simenon, Massimo Cacciari, citati volutamente un po’ a caso, ma in modo che ognuno di noi possa aggiungerci i propri. (continua)
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delectablywaywardbeard-blog · 11 months ago
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Di Segni, 25 aprile non è il giorno dei palestinesi
“Non ci faremo dire da nessuno che noi siamo i nuovi fascisti. Abbiamo combattuto per la Liberazione con i nostri partigiani e con la Brigata ebraica, nonostante le persecuzioni e il tradimento nei nostri confronti con le leggi razziali. I concetti di Liberazione e libertà oggi non sono scontati. E chiediamo che non vengano nemmeno abusati o dissociati per portarli in altri contesti, contro gli…
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spettriedemoni · 7 years ago
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Anni fa a una mostra-mercato del fumetto mi imbattei in uno stand di una fumetteria che fece un gioco tipo quiz. In palio c'erano vari fumetti a scelta. Io risposi giusto a tutte le domande e così potei scegliere quale fumetto poter prendere come premio. Scelsi Maus di Art Spiegelmann che vedete qui sopra. In assoluto penso sia il più bel fumetto che abbia mai letto in vita mia, una splendida graphic novel che dovrebbero far leggere nelle scuole, a mio parere, specie ai molti razzisti e fascisti che si riempiono la bocca con frasi tipo "il fascismo fece anche cose buone" e altre idiozie figlie di ideologie aberranti come la superiorità di una razza su un'altra. Se vi capita fatevi un regalo, non solo per il giorno della memoria ma in qualsiasi altro giorno dell'anno affinché il dolore non sia inutile e per evitare il ripetersi di simili atrocità. A mia memoria credo sia stata l'unica volta in cui mi sono commosso per un fumetto.
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corallorosso · 3 years ago
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Tutti noi lo conosciamo come un grande scrittore, alcuni lo definiscono “solo” scrittore per l’infanzia (come se fosse facile, scrivere libri per i lettori più esigenti di tutti, cioè i bambini!), altri giustamente gli riconoscono il ruolo di uno dei più importanti intellettuali del ventesimo secolo. Gianni Rodari è stato tante cose: poeta, scrittore, saggista, giornalista, maestro. Anche maestro “clandestino”: nel 1937 insegnò italiano ad alcuni bambini ebrei, tedeschi, che si erano rifugiati in Italia sperando di salvarsi dalle persecuzioni razziali. Ed era antifascista. Per aver rifiutato un incarico proposto dal partito fascista, nel 1943 fu valutato “insufficiente” come insegnante. Ed è stato anche un partigiano. Dopo l’8 settembre, si unì alla Resistenza. Entrò nella 121a brigata Garibaldi in azione nella provincia di Varese. Era addetto al controllo dei lasciapassare, nel momento in cui molti fascisti cercavano di scappare con documenti falsi. Il 25 aprile del 1945 Rodari si trovava nella brigata partigiana che fermò un signore con un cane in fuga da Milano. Era un uomo “ambiguo, tutto grigio, con quel cane e un sorriso disperato”. Quando esaminò la sua carta d’identità, il partigiano Rodari chiese: “Sironi Mario, il pittore delle periferie, dei gasometri, delle fabbriche nel deserto, dei grigi sotto un cielo marrone, o viceversa?” Sì, il signore grigio e ambiguo era proprio Mario Sironi che stava cercando di scappare. Rodari lo conosceva di fama come celebre pittore, ma anche come uomo di regime. I partigiani lo avrebbero probabilmente fucilato, e lo stesso Rodari era combattuto, sapendo di avere davanti un fascista che aveva aderito alla Repubblica di Salò. Ma alla fine: "gli firmai il lasciapassare, in nome dell'arte". Perché il futuro scrittore Rodari vide in Sironi un artista, non un nemico. Il nemico per Rodari era invece la mancanza di libertà, la bugia, la disonestà e tutto quello che poteva far piangere un bambino. Quando nel 1970 vinse il premio Andersen, una sorta di Nobel per la letteratura dell’infanzia, nel suo discorso di ringraziamento disse: “Non c’è niente al mondo di più bello della risata di un bambino. E se un giorno tutti i bambini del mondo potranno ridere insieme, tutti, nessuno escluso, sarà un gran giorno”. (La farfalla della gentilezza) (L’episodio dell’incontro con Sironi è raccontato nel libro di Vanessa Roghi, "Lezioni di Fantastica: Storia di Gianni Rodari", Laterza, 2020)
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donaruz · 3 years ago
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Tutti noi lo conosciamo come un grande scrittore, alcuni lo definiscono “solo” scrittore per l’infanzia (come se fosse facile, scrivere libri per i lettori più esigenti di tutti, cioè i bambini!), altri giustamente gli riconoscono il ruolo di uno dei più importanti intellettuali del ventesimo secolo.
Gianni Rodari è stato tante cose: poeta, scrittore, saggista, giornalista, maestro. Anche maestro “clandestino”: nel 1937 insegnò italiano ad alcuni bambini ebrei, tedeschi, che si erano rifugiati in Italia sperando di salvarsi dalle persecuzioni razziali.
Ed era antifascista.
Per aver rifiutato un incarico proposto dal partito fascista, nel 1943 fu valutato “insufficiente” come insegnante.
Ed è stato anche un partigiano.
Dopo l’8 settembre, si unì alla Resistenza. Entrò nella 121a brigata Garibaldi in azione nella provincia di Varese. Era addetto al controllo dei lasciapassare, nel momento in cui molti fascisti cercavano di scappare con documenti falsi.
Il 25 aprile del 1945 Rodari si trovava nella brigata partigiana che fermò un signore con un cane in fuga da Milano. Era un uomo “ambiguo, tutto grigio, con quel cane e un sorriso disperato”.
Quando esaminò la sua carta d’identità, il partigiano Rodari chiese: “Sironi Mario, il pittore delle periferie, dei gasometri, delle fabbriche nel deserto, dei grigi sotto un cielo marrone, o viceversa?”
Sì, il signore grigio e ambiguo era proprio Mario Sironi che stava cercando di scappare. Rodari lo conosceva di fama come celebre pittore, ma anche come uomo di regime. I partigiani lo avrebbero probabilmente fucilato, e lo stesso Rodari era combattuto, sapendo di avere davanti un fascista che aveva aderito alla Repubblica di Salò. Ma alla fine: "gli firmai il lasciapassare, in nome dell'arte". Perché il futuro scrittore Rodari vide in Sironi un artista, non un nemico.
Il nemico per Rodari era invece la mancanza di libertà, la bugia, la disonestà e tutto quello che poteva far piangere un bambino.
Quando nel 1970 vinse il premio Andersen, una sorta di Nobel per la letteratura dell’infanzia, nel suo discorso di ringraziamento disse: “Non c’è niente al mondo di più bello della risata di un bambino. E se un giorno tutti i bambini del mondo potranno ridere insieme, tutti, nessuno escluso, sarà un gran giorno”.
🦋 La farfalla della gentilezza 🦋
(L’episodio dell’incontro con Sironi è raccontato nel libro di Vanessa Roghi, "Lezioni di Fantastica: Storia di Gianni Rodari", Laterza, 2020)
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paneliquido · 4 years ago
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Per quelli che deridono quest’uomo, questa è la sua vita prima che conoscesse la futura regina Elisabetta (da Wikipedia)
Filippo era nato il 10 giugno 1921 presso Villa Mon Repos, sull'isola di Corfù; unico figlio maschio e quinto nato del principe Andrea di Grecia e della principessa Alice di Battenberg,[7] fu battezzato con rito ortodosso nella chiesa di San Giorgio presso la cappella del Palaio Frourio (l'antica fortezza di Haddokkos) alcuni giorni dopo la sua nascita. Suoi padrini furono la nonna paterna Olga Konstantinovna di Russia, lo zio paterno Nicola di Grecia e la comunità di Corfù, rappresentata dal sindaco Alexander Kokotos e dal presidente del consiglio comunale cittadino Stylianos Maniarizis. Alla nascita era membro della casata di Glücksburg, la famiglia regnante in Danimarca, ed era principe di Grecia e Danimarca in virtù della sua discendenza diretta da Giorgio I di Grecia e Cristiano IX di Danimarca, nonché titolato a succedere ad entrambi i troni.
Pochi mesi dopo la nascita di Filippo, morì a Londra suo nonno materno Luigi di Battenberg. Luigi era stato naturalizzato cittadino britannico e, dopo un onorevole e lungo servizio nella Royal Navy, aveva rinunciato ai suoi titoli di origine tedesca e aveva adottato il cognome "Mountbatten", più inglese rispetto al tedesco "Battenberg". Dopo i funerali tenutisi a Londra, Filippo e sua madre ritornarono in Grecia, dove il padre rimase al comando di una divisione dell'esercito che fu coinvolta nella guerra greco-turca (1919-1922).[8]
La guerra non fu favorevole alla Grecia e i turchi vinsero, creando la moderna Repubblica di Turchia. Il 22 settembre 1922 lo zio di Filippo, il re Costantino I di Grecia, fu costretto ad abdicare e il principe Andrea, assieme ad altri, fu arrestato dal governo militare insediatosi. Il comandante dell'esercito reale (il generale Georgios Hatzianestis) e cinque politici furono passati per le armi e si temette per la stessa incolumità del principe. Nel dicembre di quell'anno, però, il tribunale rivoluzionario decise di bandirlo per sempre dal suolo greco.[9] L'incrociatore britannico HMS Calypso permise quindi alla famiglia di lasciare la Grecia (Filippo fu trasportato in una cassa di arance). La famiglia si trasferì in Francia e si stabilì a Saint-Cloud, sobborgo di Parigi.[10]
Filippo crebbe quindi in Francia ma, nel 1928, sotto la guida di suo zio Louis Mountbatten, fu inviato nel Regno Unito per frequentare la Cheam School, vivendo con la nonna Vittoria Alberta d'Assia a Kensington Palace e con lo zio Giorgio Mountbatten a Lynden Manor.[11] Nei successivi tre anni, tutte le sue sorelle sposarono nobili tedeschi e sua madre fu ricoverata in una casa di cura dopo che le era stata diagnosticata la schizofrenia, il che le impedì quasi del tutto di avere contatti col figlio.[12] Suo padre si spostò in un piccolo appartamento a Monte Carlo.[13] Nel 1933 Filippo fu inviato alla Schule Schloss Salem in Germania, diretta da uno dei suoi cognati, il margravio Bertoldo di Baden.[14] Con la salita al potere del nazismo, il fondatore della scuola Kurt Hahn, che era ebreo, fu costretto ad aprire una nuova scuola a Gordonstoun, in Scozia, a causa delle persecuzioni razziali, e quindi anche Filippo si trasferì in Scozia.[15] Nel 1937 sua sorella Cecilia, suo cognato Giorgio Donato d'Assia e due suoi nipotini perirono nell'incidente aereo di Ostenda; Filippo, appena sedicenne, partecipò ai funerali che si tennero a Darmstadt. L'anno seguente lo zio e tutore Giorgio Mountbatten morì di cancro alle ossa.
Dopo aver lasciato Gordonstoun nel 1939, Filippo entrò nella Royal Navy, diplomandosi l'anno successivo al Britannia Royal Naval College di Dartmouth come miglior cadetto del suo corso.[16] Nel 1940 fu assegnato al servizio attivo e trascorse quattro mesi sulla nave da guerra HMS Ramillies con il compito di proteggere i convogli dell'Australian Expeditionary Force nell'oceano Indiano. Dopo un imbarco di due mesi sulla HMS Kent, sulla HMS Shropshire e in Ceylon (oggi Sri Lanka), fu trasferito dall'oceano Indiano alla nave da battaglia HMS Valiant nel Mediterraneo. Tra gli altri incarichi fu coinvolto nella battaglia di Creta e ottenne delle note di merito per il suo servizio durante la battaglia di Capo Matapan, ottenendo la croce di guerra greca al valore.[16]
Filippo fu promosso da guardiamarina a sottotenente dopo una serie di corsi a Portsmouth.[17] Nel giugno del 1942 fu assegnato sulla HMS Wallace, che fu coinvolta nelle operazioni dello sbarco alleato in Sicilia per la liberazione della penisola italiana.[18] Promosso tenente il 16 luglio 1942 alla età di soli 21 anni, nell'ottobre dello stesso anno divenne primo tenente della HMS Wallace e uno dei più giovani ufficiali della marina britannica. Nel 1944 si imbarcò su un nuovo cacciatorpediniere, il HMS Whelp dove prestò servizio nel Pacifico, nella 27ª flottiglia britannica.[19][20] Era presente nella baia di Tokyo quando fu firmata la resa del Giappone. Nel gennaio del 1946, Filippo fece ritorno nel Regno Unito sulla HMS Whelp e fu nominato istruttore presso la HMS Royal Arthur, il campo d'addestramento della marina a Corsham.[21]
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thechiccasblog · 4 years ago
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Il 27 gennaio di ogni anno celebriamo il “Giorno Della Memoria”. Perché proprio il 27 gennaio? E perché per noi ha tutta questa importanza?
Questo evento ci da l’occasione di riflettere e di omaggiare le vittime del nazismo.
Il 27 gennaio 1945 è una data molto importante, in questo giorno, infatti, l'armata dell’esercito sovietico libera tutti i prigionieri di Auschwitz.
Prima dell’arrivo dell’Armata Rossa i prigionieri sono costretti alla cosiddetta “marcia della morte” definita così perché questi, durante il tragitto dalla polonia verso gli altri lager, muoiono a volte per stanchezza o per il freddo, altre perché non riuscendo a seguire le colonne in marcia vengono uccisi dalle guardie.
Dobbiamo precisare anche che questo giorno non si limita a ricordare soltanto le vittime della Shoah, ma ci permette di non commettere nuovamente queste terribili atrocità. Infatti la memoria storica della Shoah non riguarda solo il popolo ebraico, ma tutta l’intera umanità.
La data del 27 gennaio è diventata col tempo un simbolo della fine delle persecuzioni naziste. Con questo evento vengono commemorate le vittime del nazismo, ma anche delle leggi razziali italiane, e tutti coloro che si opposero ed aiutarono le vittime.
Come dice Primo Levi “comprendere la Shoah è impossibile” e io concordo perché, nonostante i tanti documentari, libri e interviste, non riusciamo a trovare delle vere risposte alle domande “Perché?”, “Com’è potuto accadere?”, “Come può essere che l’uomo sia stato capace di commettere un’atrocità simile?”
Spesso mi chiedo perché percepisco la Shoah come diversa da altre atrocità che si sono compiute in passato e altre che, purtroppo, si stanno compiendo anche ai giorni nostri. Quello che a me, come credo anche a tutti gli altri, risulta incomprensibile è l’organizzazione e la pianificazione del genocidio. Mi chiedo sempre “chi è stato a pensare e consolidare l’idea di questa strage?”
Non riesco, infatti, a capire come gli uomini abbiano impiegato tempo e capacità per progettare l’uccisione di milioni di persone. Come può essere che un uomo invece di sfruttare la sua intelligenza per consentire lo sviluppo e il progresso della società, la impieghi per distruggerla.
Il 27 gennaio è la data ufficiale che serve per riflettere e non dimenticare, ma noi dobbiamo e ricordare riuscire a comprendere ciò di cui è stato capace l’uomo nel passato come monito per l’uomo futuro. Prima di concludere so bene che tutti questi eventi sono avvenuti nel passato ma nello scriverli gli ho declinati al tempo presente proprio perché nel giorno della memoria vorrei che tutti noi vivessimo questi fatti come se si stessero verificando oggi, per mantenerne viva la memoria.
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bibliotecasanvalentino · 4 years ago
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti". 
Oggi l'opera e l’autore prescelti sono: "La portinaia Apollonia" di Lia Levi.
Un libro che offre ricchi spunti di riflessione, da leggere in compagnia dei più piccini per raccontare loro gli orrori della guerra, ricordando, però, che nell’uomo dimorano anche sentimenti positivi come altruismo, coraggio e generosità. L'anno è il 1943, in una città sotto l’occupazione nazista; Daniel è un bambino ebreo, che vive solo con la madre a seguito della fuga del padre per scampare alla deportazione e raggiungere i “soldati buoni”, quelli che sconfiggeranno i "soldati cattivi".E di soldati cattivi, in città, ce ne sono tanti, e li vediamo disegnati in una doppia pagina, compatti come un unico enorme mostro, con le loro divise nere e la croce uncinata.
La mamma di Daniel è costretta a lavorare di nascosto, perché agli ebrei è vietato persino questo (vogliono forse che si riposino? Si chiede Daniel, nella sua dolce ingenuità infantile). Il bimbo, nonostante tutto, riesce ancora a gironzolare liberamente per le strade cittadine: va a comprare il pane facendo le lunghe file alle botteghe, gioca con i coetanei e il vero mostro che lo spaventa non è la guerra (che non comprende ancora), bensì la portinaia Apollonia.
Apollonia è arcigna, ha occhiali spessi e occhi grigi e corre con la scopa dietro ai bambini che la prendono in giro. Daniel è convinto per questo che sia una strega, perciò non vuole mai passare davanti a lei da solo e si fa venire incontro dalla madre in cortile. Finché un giorno la mamma non risponde al suo richiamo e una grossa mano gli chiude la bocca trascinandolo in cantina. Daniel riconosce Apollonia ed è convinto che lo rinchiuderà per mangiarlo ma… nella cantina trova la madre e comprende che la vecchia portinaia li ha tratti in salvo dai nazisti giunti a prelevarli per la deportazione. Il bambino capisce che Apollonia ha salvato la sua vita e quella della sua mamma: “anche una strega a volte può salvare un bambino”, perché anche nelle persone burbere può battere un cuore nobile. Un invito a non fermarsi alle apparenze. Albo commovente che, in pochi tratti di testo e con grandi tavole intensamente colorate, apre uno squarcio sulla vita di un bambino ebreo ai tempi della Seconda guerra mondiale. Un libro che per i più piccoli deve essere mediato, spiegato, raccontato. “La portinaia Apollonia” ha vinto nel 2005 il premio Andersen come miglior albo 0/6 anni e il super premio Andersen come miglior libro dell’anno.
Dal questo albo illustrato è stato tratto anche uno spettacolo teatrale.
Lia Levi nasce a Pisa nel 1931 da una famiglia ebraica. Al principio degli anni '40 la famiglia si trasferisce a Roma dove ha dovuto affrontare i problemi della guerra e della persecuzione razziale. Dopo l'8 settembre 1943 riuscì a salvarsi dalle deportazioni nascondendosi con le sue sorelle nel collegio romano delle Suore di San Giuseppe di Chambéry. Nel 1994 pubblica il libro "Una bambina e basta" (premio Elsa Morante opera prima), senza volersi indirizzare a un pubblico di ragazzi, ma poi diventato un classico nelle scuole. Ha solo voglia di raccontare la sua storia, quella di una bambina ebrea che durante le persecuzioni razziali si trova improvvisamente ad affrontare problemi più grandi di lei, molto spesso ingigantiti e resi ancora più difficili dagli adulti. È uno dei primissimi racconti autobiografici ad affrontare il problema dell'impatto traumatico che le persecuzioni ebbero sui bambini ebrei in Italia, anche tra coloro che non furono deportati nei campi di sterminio, costretti a lasciare le loro case e a vivere nascosti nella paura, spesso separati dai propri genitori.
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petalididonna · 5 years ago
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Da una parte Alessandra Mussolini, nata a Roma il 30 dicembre 1962.
Note particolari, il cognome. Che rivendica con orgoglio. Punto.
Prova a sfondare in televisione e come attrice, con ruoli “indimenticabili” come una conduzione di Domenica In con Pippo Baudo nella stagione ‘81-‘82, una comparsata in un film con Pozzetto e Montesano e - culmine irraggiungibile - un servizio per playboy nel 1983.
Riprova a sfondare come cantante, con l’Lp “Amore” che però vende solo in Giappone. Dove evidentemente non capiscono i testi.
Si laurea in medicina nel 1992, con uno scandalo mai del tutto cancellato su esami comprati.
Avendole provate tutte, decide di sfruttare il cognome per mettersi a carico dei contribuenti.
Con coerenza fascista.
Per 9 anni è eurodeputata; per un anno senatrice; per oltre un decennio Deputata.
Partiti?
Forza Italia, MSI, AN, AS, PdL, Indipendente.
Con fierezza difende la famiglia “tradizionale”. Pur essendo sposata con un uomo che ha patteggiato un anno per esser stato cliente di minorenni.
Rivendica ancora oggi, con orgoglio, tutto lo scempio - assassino e infame - che è il fascismo.
Dall’altra parte Liliana Segre. Nasce a Milano il 10 settembre 1930 da una famiglia ebraica ma laica. Acquisisce consapevolezza del suo essere ebrea a 8 anni, nel 1938, solo con l’emanazione delle Leggi Razziali (volute dal nonno di quella di prima).
Nel 1943, in seguito all’incancrenirsi delle persecuzioni razziali, prova col padre e i cugini a sfuggire in Svizzera. Vengono respinti e Liliana, dopo un giorno, viene arrestata a Selvetta di Viggiù. Ha tredici anni. E passa - fra Varese, Como e San Vittore - 40 giorni in carcere.
Il 30 gennaio 1944 viene deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau.
Lì viene separata dal padre, che muore dopo pochi mesi.
Da quel momento, sul braccio e marchiato a fuoco, porta il numero 75190.
Viene liberata il primo maggio 1945. Di 776 bambini, lei è fra i 25 sopravvissuti.
Dopo la Liberazione - e per quasi mezzo secolo - prova a rimuovere.
«Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall'inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.»
Dal 2018 - a 80 anni dalla emanazione delle Leggi Razziali volute dal nonno di quella di prima - è Senatrice a vita.
E spende il suo tempo, la sua vita, in nome della Memoria. Di ciò che è stato e che non deve essere mai più.
Oggi la prima, quella col cognome “così”, ha detto che Liliana Segre fomenterebbe il pregiudizio contro il fascismo.
MAVAFFANCULO.
Ho finito.
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marikamittalindo · 6 years ago
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Notte di S.Lorenzo
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Questa notte qui in montagna accendono le cataste di legna preparata da giorni per la notte di S.Lorenzo.
Il X agosto è anche la nota poesia di Pascoli.
" Io lo so perché tanto di stelle per l' aria tranquilla arde e cade, perché si' gran pianto nel concavo Cielo sfavilla" .
E' questo oggi un verso pertinentissimo, le stelle hanno sempre a che fare con il senso profondo e cosmogonico della coscienza, che risponde sempre alla Giustizia, non sempre alla legalità.
A tal proposito sui calendari oggi compare anche il nome di una donna "significativa", che lessi, al secolo Edith Stein, ( proclamata santa da Giovanni Paolo II ) filosofa fenomenologa ebrea discepola di Husserl e mistica, che divenne carmelitana dopo aver letto Teresa d' Avila.
Nel 33 scrisse a Pio XI perché la Chiesa non tacesse più l' orrore delle persecuzioni naziste- allora perfettamente legali, così come le leggi razziali - .
Il 9 agosto del 42 venne uccisa ad Auschwitz con la sorella, dopo essere state prelevate dal Carmelo di Echt .
Il Carmelo di Echt è diventato una canzone commovente in sua memoria, cantata da Giuni Russo, poi da Battiato.
Non c'è nulla che risvegli la coscienza dell' uomo alla libertà come il cielo stellato, regione cosmopolita in cui è inscritto il seme di ogni provenienza.
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Consiglio Liguria, seduta solenne per il Giorno Memoria
Martedì 23 gennaio, alle ore 11, nell’aula del Consiglio regionale della Liguria intitolata a Sandro Pertini, in via D’Annunzio 40, a Genova, si svolgerà la Seduta solenne dedicata al Giorno della Memoria. L’Assemblea, secondo quanto disposto dalla legge regionale 9 del 16 aprile 2004, ricorderà le vittime delle persecuzioni razziali, religiose e politiche avvenute durante la Seconda…
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strizza-blog · 6 years ago
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Caro Billie,
Così i ragazzi dell'EHT hanno finalmente deciso di farci vedere sta foto, un buco nero proprio nel cuore della galassia M87, ad un fracco di anni luce da qui.
Boh, sarà che mi aspettavo qualcosa di davvero stupefacente, sarà che son rimasto scottato dal film Interstellar, ma onestamente ci son rimasto un po' male pe sta cacata di foto.. Pare la copia brutta dello uno spioncino di una porta, manco messo a fuoco.
Però dai, è vero, la difficoltà era tanta dopotutto: sarebbe come fare una foto da un aereo in quota, di notte, ad una formichina nera che manco vuole farsi fotografare tra le foglie..
Okei.. non male quindi come risultato. Foto unica nel suo genere. La prima in assoluto. Per ora. Spero;
Lo sforzo è servito comunque a dimostrare che le teorie e gli studi sulla relatività, così come i buchi neri, sono di fatto comprovati e reali. Bello.
Ancora più bello, cosa rimasta sullo sfondo di tutta l'operazione, è stato vedere come questo gruppo di persone abbia lasciato indietro per un momento speculazioni religiose, retroterra culturali, questioni politiche, persecuzioni razziali, di genere, credi filosofici di ogni sorta, etc etc; per raggiungere insieme un obiettivo comune, come Mondo intero, come Umanità volta alla scoperta di ciò che ci circonda. Un bambino che sbircia timidamente cosa c'è al di fuori della porta di casa.
Mi vien da sorridere allora, alla vostra missione compiuta egregiamente e a questa storia, che (come ha detto uno dei ricercatori ieri alla conferenza a Bruxelles) 'non è la storia di un eroe solo, ma di un collettivo di eroi'
C'è da esserne fieri Billi!
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corallorosso · 4 years ago
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IL 20 Novembre 1945 il primo di una serie di procedimenti penali contro i nazisti, i processi di Norimberga, che furono 12, e si svolsero tutti nel Tribunale internazionale militare di Norimberga (città simbolo del nazismo, dove venivano organizzate le adunate del partito) e videro imputate in totale 185 persone, tra medici, giuristi, SS, capi di industrie e funzionari di Stato. Accanto a capi d'accusa già esistenti, come "crimini contro la pace" e "crimini di guerra", si ebbero due novità. La prima, "crimini contro l'umanità", comprende l'assassinio, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione, gli atti inumani ai danni di civili e le persecuzioni politiche, razziali e religiose. La seconda, "cospirazione contro la pace", dava una base all'impianto accusatorio col quale gli Alleati volevano condannare il piano nazista nel suo insieme (non solo gli atti violenti individuali). In realtà era previsto anche un processo separato contro Benito Mussolini ma, come disse Winston Churchill nelle sue memorie, "l'uccisione di Mussolini ci risparmiò una Norimberga italiano. La domanda lecita è :se Mussolini fosse comparso, vivo e vegeto, in un'aula di tribunale e fosse stato processato, se le testimonianze, i dolori, le sofferenze fossero passate innanzi ad accusa e difesa, se egli stesso avesse potuto parlare, l'Italia avrebbe fatto i conti col Ventennio e posto la parola fine a questa storia ? (Il razzismo non ci piace)
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alexc1ting · 6 years ago
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o.s.c.a.r.
quanto ci sarebbe da raccontare, far vedere e riflettere (sia come pensiero che in funzione specchio del reale) in un mondo dilaniato dalle guerre (molte fomentate dagli usa o comunque che li vede presenti), paesi emergenti con progresso dai fini ed effetti equivoci, inquinamento globale e sconvolgimenti climatici, neo-dittatori sudamericani e i loro popoli poveri che preparano il ribaltamento del capitalismo attraverso il riuso creativo, i mille volti dello sfruttamento dell'Africa oggi, l'Europa unita e disunita, le democrazie minacciate, l'adeguamento verso il basso del mercato dei lavoratori, migranti rifiutati, i nuovi schiavi, i nuovi pirati dei mari, le nuove pesti, gli adolescenti depressi prima ancora di provare a vivere, internet che da mare della libertà di pensiero e informazione si sta trasformando nel Grande Fratello di Orwell...
e invece i premi Oscar
preferiscono restare U.S.A.-centrici, chiusi nella sublimazione di in passato riusato all'infinito: le persecuzioni razziali, il primo uomo sulla luna (di cui si dubita anche che sia mai davvero accaduto se non a Hollywood che qui celebra forse la propria inpresa proprio mentre la Cina ci va davvero e sul lato oscuro e inesplorato) e bla, bla, bla. Usando una metafora della cinematografia americana, quest'ultima cerimonia dei premi Oscar mi ricorda la scena dell'orchestra del Titanic che continua a suonare mentre la barca affonda. Forse, proprio come loro, non sanno che altro fare.
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