#pdiaries
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i still sleep with a stuffed animal whenever I’m going through a bad period for my mental health, is that weird?
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P diary
Dec 25 2017 note:
“Realized how we grew older, the wishes list gets shorter and harder to afford. Sometime even money can’t buy those”
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And rest day begins NOW! 😂 Excuse my silly face. Long sleep YES! #PDiaries #selfie #crazy #wacky
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Thank you #sisters for reminding me of my self worth. You are all so beautiful my fellow princesses #pdiaries #sfclife #love #godislove
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my skin is healing, but I’m constantly picking it. anxiety drying me alive. it’s tiring, I must confess, not being able to stop yourself from doing something. yet I can’t stop searching for bumps, and as soon as I step into a small skin irregularity – which is not always a pimple – I can’t quit scratching it, trying to pick it, obsessing over checking into the mirror if it’s really there, touching it consistently with each one of my small fingertips to find out which one experiences the worst touch. how can I let my skin completely healing, when touching it, scratching, picking and hunting for spots it’s the only thing I can do lately? my new life, my future ambitions, my current situation are all driving me crazy. my once terribly beautiful long and polished nails are now crusty, harshly short and eaten. I just want to find my peace and to stop obsessing over my fucking skin. I want to stop checking it every three hours, I want to stop checking my back every morning and night to check wether I got new spots or those bumps are just old ones or scars. I want to stop caring so much about how my skin looks that I actually prefer destroying it rather than taking care of it. I want change, and I want it now. I have to work on myself, and I’ll do it. tomorrow it’s the 1st of october and I’ll start my new healing journey. I’ll try to reduce picking and especially doing it whenever I’m paranoid about uni, my future, work and my life in general, instead I’ll try to notice what makes me feel anxious and I’ll work on soothing the feeling instead of picking it away and destroying my poor body. I’m fighting the urge in this exact moment too. I’m strong and so it’s my body, I won’t let myself treating it this way anymore.
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yesterday night, while I was scrolling through my old songs compilation on spotify, I’ve bumped into this track. to be completely honest, I’d forgotten until that moment how beautiful this song was – and still is. it’s always had the ability to bring me at ease with myself, even when I felt like everything inside me had to be destroyed and left forgotten in some corner of my old room. this song reminds me of those cold but sunny winter afternoons of 2015, green eyes, mixed feelings, and me, as I used to live more in the presenf rather than the future. I’d love to develop that ability again. I will, at some point. I’ve promised myself.
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how is that?
after almost 4 years I still ache for the same things that pierced my lungs back then
how is that?
the same excruciating pain I used to feel still comes to life within me while I clutch at my memories of you
how is that?
everyone that I love dies
some of them just disappear
some others get simply tucked away from here
but where’s here?
where am I?
how is that
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sono giorni pesanti come macigni. non faccio altro che ritrovarmi in episodi disossiativi per almeno un paio di ore al giorno, perdo ogni contatto con il tempo e con il mio corpo, il presente torna ad essere il passato e io aspetto che qualcuno che se ne è andato tempo fa dalla mia vita mi passi a prendere sotto casa. è passato quasi un anno da quando non l’ho più visto, nessuno ma mantenuto la sua promessa di starsi vicini anche da lontani, e pensavo mi andasse bene così – lo giuro – o almeno fino a qualche settimana fa. tornata qui, nella mia vera casa, il mio disturbo mentale mi preme la testa dentro la vasca da bagno piena d’acqua costringendomi ad aprire gli occhi là sotto, e io pur lottando, alla fine ci riesco e quello che vedo è una visione offuscata del mio passato (da un anno circa a questa parte, poi ancora un balzo a tre anni prima e poi di nuovi qui). spendo ore cercando di lottare per la risalita, ma non funziona, lei è più forte di me. una volta finita, è tutto paralizzato, io sono paralizzata. non riesco più ad associarmi al mio vero presente, rimango incastrata tra la consapevolezza di non vivere più in quella visione del passato, e nel trovarmi ancora lì. e lui dopo tutto il male che mi ha fatto, che ci siamo fatti, è ancora lì e io devo convincermi che sia tutta una messa in scena della mia testa. mi dico che ora al suo posto c’è una persona migliore di lui, che mi sa amare da ben più tempo, che mi rispetta diversamente. non lo rivoglio più vedere. eppure la vita continua a rispingermi ossessivamente verso di lui. vorrei sapere cosa significa e vorrei che il mio disturbo mentale non fosse più così ingombrante. fosse sono io, o forse sono le medicine che non prendo più da sei mesi, forse è solo il 2020. credo proprio di essere io.
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alle superiori – fino a un anno fa – mi alzavo alle 6.30. non facevo colazione a casa, mai, a volte prendevo solo un tè per liberarmi dal sonno. ero triste e camminavo veloce. prendevo il pullman, ero ancora triste. non guardavo nessuno negli occhi, rimanevo spesso sul pavimento e o nello schermo del cellulare. aspettavo un suo messaggio, una traccia di normalità e dopo un po’ gli rispondevo. facevamo colazione noi tre, a volte quattro, raramente cinque, spesso in due. qualche volta mangiavo una brioche. poi ho ricominciato con la mia ossessione e non ricordo più cosa ho fatto. cappuccio con latte di soia, cannella per favore. poggiavo il telefono sul tavolino. il suo nome sullo schermo. mi manca tutto. o forse mi manco io. vorrei poter dirle, che faceva tutto male, che era troppo ossessiva, troppo gelosa, troppo paranoica. che il suo disturbo stava vincendo su di lei che avrebbe presto iniziato a riversarlo anche su di lui, e poi lui, non avendocela più fatta avrebbe distrutto tutto. vorrei poterle dire di fermarsi a respirare di tanto in tanto. vorrei poterle dire che proteggere gli altri non avrebbe protetto lei, che scrivere articoli sui disturbi psichiatrici nel giornalino della scuola non avrebbe curato il suo. tanto tutti ti hanno vista quel giorno mentre ti portava via l’ambulanza, che un’iniezione di En te l’avrebbero fatta, e che dovevi smetterla di voler apparire troppo normale perché così non facevi altro che respingere quel demone, che allora, per sfogarsi aveva deciso di prendere il controllo sulla prima vera relazione che ti aveva fatto provare qualcosa. poi, sul tuo corpo, ancora una volta. di tanto in tanto sui tuoi amici. a volte persino sul tuo riflesso. vorrei poterle dire che avrebbe potuto cambiare le cose se si fosse presa davvero cura di se, non con un bagno, non con una crema, ma dall’interno. rimpiangiamo alcune cose solo quando le perdiamo. così diceva un graffito sul muretto che vedevo sempre dal finestrino del pullman di ritorno. mi sforzavo a capire davvero, mi sforzavo a ricordarmi di chi avevo perso, e per un attimo volevo cambiare. peccato io non mi sia mai sforzata abbastanza per capire, che in realtà, chi avevo perso realmente ero io. ora invece sono stanca di farmi vedere forte, ci vuole del coraggio ad essere fragili davanti a un mondo che ti vuole vedere cadere.
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sono un po’ brilla e stanca. a dire il vero non so nemmeno dove sto trovando la forza di scrivere questo post e chiedo perdono in anticipo a chiunque mi legga per errori — orrori — di battitura o grammaticali. oggi dopo mesi e mesi ho mangiato della carne, un cheeseburger. mi sento molto in colpa. mia madre mi ha detto di seguire il mio corpo, che se ne sentivo il bisogno avrei dovuto mangiarlo. ho seguito per una volta il suo consiglio. ho veramente mangiato troppo a cena e ora mi sento male con me stessa, perché penso a quei tre chili che non scenderanno nemmeno a pagamento. non volevo tornare a stare così, non volevo ritrovare questa fedele ossessione; ma in tutto questo scompiglio, tra una crisi dissociativa e l’altra, lei mi appare famiglia. lei che mi faceva pranzare con sigarette e cappuccino. lei che mi faceva dire che non avevo fame mentre la mia pancia gorgogliava. ondeggio tra un inferno e l’altro e mi sento sola in tutto questo, tutti “sanno” ma nessuno sa niente davvero. anche io non so niente a dire il vero.
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eccomi. lo ammetto, il modo in cui lui è ancora nella mia testa mi spaventa, dopo letteralmente un anno. mi chiedo se ha mai pensato a me, se mai gli sono mancata. a me, manca, e non so neanche il perché visto che mi ha provocato tanta sofferenza. riguardo il suo vecchio blog tumblr e rileggo i suoi post sconclusionati in inglese. una persona mi aveva detto che certe cose non passano mai, non importa chi incontri e con quale nuovo fantastico partner intraprenderai una relazione; ho sempre riso in faccia a queste stronzate ma solo ora inizio a rendermi conto di quanto sia vero. la cosa peggiore e non poter distinguere il disturbo di personalità dalle emozioni “normali”. lui non ne ha più voluto sapere di me da quando sono andata avanti pubblicamente senza di lui. e mi fa male, ancora, lo ammetto a malincuore. vorrei che avesse messo da parte il segno zodiacale e il suo essere così orgiglioso, e che piuttosto fosse stato lui a dimostrarmi qualcosa invece di additarle me per non averlo fatto. perché avevo bisogno dei miei tempi. a volte alle persone importa più dei loro tempi di processo rispetto a quelli di altri. a volte le persone sono un gran casino, ma io infondo, volevo davvero rimanere sua amica come mi aveva chiesto. secretamente, una piccola parte di me, nonostante sia andata oltre lo aspetta. aspetta un segno, un messaggio, un re- follow o qualsiasi altro segno di interessamento. me ne vergogno, perché mi ha fatto male veramente, ma ancora non mi capacito di come abbia fatto a rigettare tutta la sua rabbia verso una mia colpa astratta, essere così arrabbiato da non volermi lasciare cambiare le cose. rimanere in buoni termini. tutto questo avrei voluto. non capisco come le persone riescano a cancellare coloro che hanno amato così tanto. io che tengo tutti coloro che ho amato e/o voluto bene nella mia tasca destra del giubbotto. io che prenderei un treno se g. mi dicesse che gli manco e ha bisogno di aiuto, io che correrei a casa di m. per aiutarla durante una crisi di pianto, io che andrei alla porta di a. se fosse triste e odiasse ancora il suo corpo; io che guiderei persino la macchina di mio padre che odio guidare per andare da lui dopo una litigata con la madre (chissà se ancora le ha). tornerei da tutte quelle persone alle quali ho voluto bene e che, al tempo, mi hanno dimostrato lo stesso reciprocamente. mi importa ancora. di tutte le persone che non sono più nella mia vita. io non le ho mai dimenticate. mi chiedo se solo abbiano davvero dimenticato me, e perché lo abbiano fatto. forse sono solo un po’ ubriaca.
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i’m way too grown up to vent about my mental health issues on this blog
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I hate the way depression sneaks in on me every time I’m going through a tough moment, i hate it so bad
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