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#paolo emilio greco
fashionbooksmilano · 8 months
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Coppola e Toppo Fashion Jewels
Deanna Farneti Cera
photographs by Gian Paolo Barbieri, Henry Clark, Franco Rubartelli
Antique Coll.Club, Woodbridge 2009, 287 pages, 25x25,5cm, ISBN 978-1-85149-611-2
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
This book is a recognition of the talent of Lyda Coppola, designer and owner of Coppola e Toppo, a costume Jewellery company which was active in Milan from 1948-1986
A true work of passion, this book lovingly charts the creative path of Italian jewelry designers Lyda Toppo and Bruno Coppola, famed for their intricate over the top designs of clustered beads. Sumptuous illustrations complement a well-researched and accessible text. The duo designed for Valentino, Dior, Balenciaga and Pucci and many more, and worn by countless Hollywood stars and on catwalks the world over. Deanna Farneti Cera first glimpsed the jewels of Coppola e Toppo in 1987 at an auction house in Milan. Instantly fascinated by their diversity, the evocative power of the colors, the wealth of shapes and motifs and the multitude of materials used, she soon developed an overwhelming passion for the stunning creations. This book, researched over the last twenty years, is the culmination of that passion and a reconstruction of the creative path of Coppola e Toppo, charting their inspiring partnership from their first appearance in VOGUE in 1948, through to Lyda's death in 1986. This book lovingly charts the creative path of Italian designers Lyda Toppo and Bruno Coppola, famed for their intricate and over-the-top creations designed for Valentino, Dior, Balenciaga, Pucci, and others, and worn by countless Hollywood stars and on catwalks worldwide. 
Questo volume è un omaggio al talento di Lyda Coppola in Toppo (Venezia, 1915 – Milano, 1986), la disegnatrice e fondatrice, insieme al fratello, della Coppola e Toppo, un’azienda di gioielli per la moda attiva a Milano dal 1948 al 1986. Sono proprio i complementi creati da Lyda – innanzitutto bijoux, ma anche borse, sciarpe, cinture, foulard – a dare il tocco finale a molte delle mises proposte dagli stilisti che hanno segnato la Haute Couture francese della fine degli anni Quaranta e dagli stilisti della moda boutique italiana degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. All’inizio della carriera, Lyda Coppola, forse a causa delle sue origini – madre triestina, di origine ebraica, padre napoletano – caratterizza la sua produzione combinando, in modo inusuale, materiali tipicamente italiani provenienti da parti diverse della penisola, come le perle in vetro veneziano e il corallo di Torre del Greco. Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, a partire dal 1948, i bijoux di Coppola e Toppo diventano famosi prima a Parigi (Elsa Schiaparelli, Jacques Fath, Edward Molyneaux, Robert Piquet, Pierre Balmain, Jeanne Lanvin, Nina Ricci, Cristobal Balenciaga, Jacques Heim sono i loro primi clienti) e poi negli Stati Uniti, dove – a cominciare dai primi anni Cinquanta e per almeno quindici anni – si riversa la maggior parte della loro produzione. La stampa, da «Vogue» Francia a «Vogue» America, e con i redazionali su «Harper’s Bazaar», «Women’sWear Daily», «The New York Times», «Herald Tribune» accompagna la presentazione nelle città americane più importanti delle due collezioni annuali di Coppola e Toppo, accrescendone il successo commerciale. Dai primi anni Cinquanta, Lyda Coppola crea i gioielli per Emilio Pucci e per la gran parte degli stilisti della moda italiana: Roberto Capucci, Germana Marucelli, Carosa, Biki, Sorelle Fontana, Pino Lancetti, Patrick de Barentzen, Federico Forquet, Enzo, Ken Scott, Valentino, Krizia. Il connubio dei bijoux Coppola e degli abiti firmati viene ripreso da straordinari servizi fotografici di Gian Paolo Barbieri (autore di oltre 40 scatti, qui riprodotti), Henry Clark, Franco Rubartelli, pubblicati sulle riviste di moda internazionali. La storia di Coppola e Toppo si dipana in contemporanea alla crescita e affermazione della moda italiana, passata da una condizione di artigianato nei primi anni Cinquanta a un’industria fiorente e conosciuta in tutto il mondo negli anni Ottanta come Made in Italy. Oggi i bijoux e i complementi di Coppola e Toppo rientrano nei collectibles più ambiti dai collezionisti di gioielli d’epoca.
18/01/24
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sounds-right · 5 days
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Il 4 ottobre Sergio Casabianca @ Gravina International Jazz a Gravina di Catania
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Venerdì 4 ottobre alle ore 21.00 Sergio Casabianca si esibirà live in trio all'interno del Gravina International Jazz a Gravina di Catania.
Sergio Casabianca, all'interno della splendida cornice della Sala delle Arti "Emilio Greco" in occasione del Gravina International Jazz, proporrà live alcuni brani tratti all'ultimo album "De Visu" (uscito il 6 ottobre 2023 per TRP Music), alcuni pezzi della tradizione jazz e un'anticipazione di nuovo materiale inedito. 
Formazione: Sergio Casabianca (Chitarra), Riccardo Grosso (Contrabbasso), Peppe Tringali (Batteria).
Info biglietti:
"De Visu" è disco jazz di brani inediti, in guitar trio, del chitarrista catanese Sergio Casabianca. Insieme a lui completano la formazione Riccardo Grosso al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria. Il taglio delle composizioni originali di Casabianca varia dal semplice al ricercato passando dal sound soft di ballad eteree e sentimentali come "Sire", "Birds of San Marco" e "Fondamenta Nuove", ad un jazz post-bop dal tono sia dissacrante e diretto, che introspettivo e riflessivo, come in Dreams in a Spiral, Raining in My House e De Visu. Non mancano riferimenti chiari all'interesse ed il piacere per il feel ritmico del funk come in "Desk of Love" e la stessa "Milo Crew". Casabianca usa una chitarra archtop a cassa larga, dal suono caldo e legnoso - tipico del jazz - talvolta miscelando questo timbro a sonorità, effetti e stilemi decisamente moderni.
Spiega l'artista sul nuovo album: "L'uscita di questo mio disco ha sicuramente una notevole importanza per me. De visu è un punto di partenza, un lavoro in cui ho voluto raccogliere materiale musicale di diversa natura, senza lasciare nulla da parte, per cercare di condividere le mie note, le mie necessità artistiche e la mia creatività con colleghi ed ascoltatori. E', come detto, il punto di partenza da cui si diramano diverse strade per il futuro. La mia mappa musicale è in continuo aggiornamento".
Ascolta l'album: https://open.spotify.com/intl-it/album/5U01t0B8t19liv2x1wxS7d
Biografia
Sergio Casabianca è un chitarrista jazz italiano, nato a Catania nel 1990. Vive in Sicilia dove si occupa di didattica, produzione musicale e divulgazione in ambito di chitarra jazz e moderna. Nel 2023 ha pubblicato il suo ultimo disco "De Visu", edito da TRP Music, che ha ricevuto numerosi consensi dalla critica e segnalazioni su riviste specializzate italiane ed estere come Musica Jazz, Jazzit, Jazz Guitar Today ed altre ancora. E' stato finalista di concorsi internazionali come il "Premio Massimo Urbani" ed il "Baku Jazz Competition". Nel 2017 ha pubblicato il suo primo disco da leader, in quartetto, dal titolo "Out of Cage", incentrato sulla rielaborazione della musica del grande Charlie Parker. E' stato Artist- Exhibitor della Wambooka presso il NAMM 2020 a Los Angeles ed Artist Dogal Strings.  E' autore di vari articoli per il rinomato blog Guitarprof.it, ai primi posti in Italia, in cui si occupa di chitarra jazz, improvvisazione, trascrizioni, tecnica e storia della chitarra jazz. Dal 2024 collabora stabilmente con AMG - Alessio Menconi Guitar Institute come insegnante.  Ha all'attivo 2 dischi da leader e diversi lavori da sideman, come il disco di conduction sperimentale "Another Way For Meditation", d Francesco Cusa e "Glenn Miller Story" con la HJO Jazz Orchestra. Ha collaborato, in ambito jazz e di musica cantautorale con musicisti e progetti del calibro di Francesco Cusa, Giuseppe Urso, Carlo Cattano, Paolo Sorge, Archinuè, HJO Jazz Orchestra, Federico Saccà, Peppe Tringali, Emanuele Primavera, CESM Jazz Orchestra. Ha curato la sua formazione nei conservatori di Catania, Venezia e Palermo. Diplomato prima in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Bellini" di Catania nel 2015, consegue poi il Diploma di Biennio Specialistico in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Alessandro Scarlatti" di Palermo con una tesi compositiva (concerto in 5 movimenti) per chitarra elettrica ed orchestra jazz dal titolo "Making Love To Universe" con il massimo dei voti e la menzione d'onore. Si è esibito in concerto in festival e rassegne come "Zafferana Jazz Festival 2020", in calendario insieme a Matteo Mancuso, Omar Sosa e Kurt Rosenwinkel; "Baku Jazz Festival"(Azerbaijan), "Battiati Jazz Green Festival", "Catania Jazz Marhaton", "ISMEZ MUSIC LIVE 2017" - Casa del Jazz, Roma e altri ancora.
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Il 4 ottobre Sergio Casabianca @ Gravina International Jazz a Gravina di Catania
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Venerdì 4 ottobre alle ore 21.00 Sergio Casabianca si esibirà live in trio all'interno del Gravina International Jazz a Gravina di Catania.
Sergio Casabianca, all'interno della splendida cornice della Sala delle Arti "Emilio Greco" in occasione del Gravina International Jazz, proporrà live alcuni brani tratti all'ultimo album "De Visu" (uscito il 6 ottobre 2023 per TRP Music), alcuni pezzi della tradizione jazz e un'anticipazione di nuovo materiale inedito. 
Formazione: Sergio Casabianca (Chitarra), Riccardo Grosso (Contrabbasso), Peppe Tringali (Batteria).
Info biglietti:
"De Visu" è disco jazz di brani inediti, in guitar trio, del chitarrista catanese Sergio Casabianca. Insieme a lui completano la formazione Riccardo Grosso al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria. Il taglio delle composizioni originali di Casabianca varia dal semplice al ricercato passando dal sound soft di ballad eteree e sentimentali come "Sire", "Birds of San Marco" e "Fondamenta Nuove", ad un jazz post-bop dal tono sia dissacrante e diretto, che introspettivo e riflessivo, come in Dreams in a Spiral, Raining in My House e De Visu. Non mancano riferimenti chiari all'interesse ed il piacere per il feel ritmico del funk come in "Desk of Love" e la stessa "Milo Crew". Casabianca usa una chitarra archtop a cassa larga, dal suono caldo e legnoso - tipico del jazz - talvolta miscelando questo timbro a sonorità, effetti e stilemi decisamente moderni.
Spiega l'artista sul nuovo album: "L'uscita di questo mio disco ha sicuramente una notevole importanza per me. De visu è un punto di partenza, un lavoro in cui ho voluto raccogliere materiale musicale di diversa natura, senza lasciare nulla da parte, per cercare di condividere le mie note, le mie necessità artistiche e la mia creatività con colleghi ed ascoltatori. E', come detto, il punto di partenza da cui si diramano diverse strade per il futuro. La mia mappa musicale è in continuo aggiornamento".
Ascolta l'album: https://open.spotify.com/intl-it/album/5U01t0B8t19liv2x1wxS7d
Biografia
Sergio Casabianca è un chitarrista jazz italiano, nato a Catania nel 1990. Vive in Sicilia dove si occupa di didattica, produzione musicale e divulgazione in ambito di chitarra jazz e moderna. Nel 2023 ha pubblicato il suo ultimo disco "De Visu", edito da TRP Music, che ha ricevuto numerosi consensi dalla critica e segnalazioni su riviste specializzate italiane ed estere come Musica Jazz, Jazzit, Jazz Guitar Today ed altre ancora. E' stato finalista di concorsi internazionali come il "Premio Massimo Urbani" ed il "Baku Jazz Competition". Nel 2017 ha pubblicato il suo primo disco da leader, in quartetto, dal titolo "Out of Cage", incentrato sulla rielaborazione della musica del grande Charlie Parker. E' stato Artist- Exhibitor della Wambooka presso il NAMM 2020 a Los Angeles ed Artist Dogal Strings.  E' autore di vari articoli per il rinomato blog Guitarprof.it, ai primi posti in Italia, in cui si occupa di chitarra jazz, improvvisazione, trascrizioni, tecnica e storia della chitarra jazz. Dal 2024 collabora stabilmente con AMG - Alessio Menconi Guitar Institute come insegnante.  Ha all'attivo 2 dischi da leader e diversi lavori da sideman, come il disco di conduction sperimentale "Another Way For Meditation", d Francesco Cusa e "Glenn Miller Story" con la HJO Jazz Orchestra. Ha collaborato, in ambito jazz e di musica cantautorale con musicisti e progetti del calibro di Francesco Cusa, Giuseppe Urso, Carlo Cattano, Paolo Sorge, Archinuè, HJO Jazz Orchestra, Federico Saccà, Peppe Tringali, Emanuele Primavera, CESM Jazz Orchestra. Ha curato la sua formazione nei conservatori di Catania, Venezia e Palermo. Diplomato prima in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Bellini" di Catania nel 2015, consegue poi il Diploma di Biennio Specialistico in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Alessandro Scarlatti" di Palermo con una tesi compositiva (concerto in 5 movimenti) per chitarra elettrica ed orchestra jazz dal titolo "Making Love To Universe" con il massimo dei voti e la menzione d'onore. Si è esibito in concerto in festival e rassegne come "Zafferana Jazz Festival 2020", in calendario insieme a Matteo Mancuso, Omar Sosa e Kurt Rosenwinkel; "Baku Jazz Festival"(Azerbaijan), "Battiati Jazz Green Festival", "Catania Jazz Marhaton", "ISMEZ MUSIC LIVE 2017" - Casa del Jazz, Roma e altri ancora.
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tarditardi · 5 days
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Il 4 ottobre Sergio Casabianca @ Gravina International Jazz a Gravina di Catania
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Venerdì 4 ottobre alle ore 21.00 Sergio Casabianca si esibirà live in trio all'interno del Gravina International Jazz a Gravina di Catania.
Sergio Casabianca, all'interno della splendida cornice della Sala delle Arti "Emilio Greco" in occasione del Gravina International Jazz, proporrà live alcuni brani tratti all'ultimo album "De Visu" (uscito il 6 ottobre 2023 per TRP Music), alcuni pezzi della tradizione jazz e un'anticipazione di nuovo materiale inedito. 
Formazione: Sergio Casabianca (Chitarra), Riccardo Grosso (Contrabbasso), Peppe Tringali (Batteria).
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"De Visu" è disco jazz di brani inediti, in guitar trio, del chitarrista catanese Sergio Casabianca. Insieme a lui completano la formazione Riccardo Grosso al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria. Il taglio delle composizioni originali di Casabianca varia dal semplice al ricercato passando dal sound soft di ballad eteree e sentimentali come "Sire", "Birds of San Marco" e "Fondamenta Nuove", ad un jazz post-bop dal tono sia dissacrante e diretto, che introspettivo e riflessivo, come in Dreams in a Spiral, Raining in My House e De Visu. Non mancano riferimenti chiari all'interesse ed il piacere per il feel ritmico del funk come in "Desk of Love" e la stessa "Milo Crew". Casabianca usa una chitarra archtop a cassa larga, dal suono caldo e legnoso - tipico del jazz - talvolta miscelando questo timbro a sonorità, effetti e stilemi decisamente moderni.
Spiega l'artista sul nuovo album: "L'uscita di questo mio disco ha sicuramente una notevole importanza per me. De visu è un punto di partenza, un lavoro in cui ho voluto raccogliere materiale musicale di diversa natura, senza lasciare nulla da parte, per cercare di condividere le mie note, le mie necessità artistiche e la mia creatività con colleghi ed ascoltatori. E', come detto, il punto di partenza da cui si diramano diverse strade per il futuro. La mia mappa musicale è in continuo aggiornamento".
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Sergio Casabianca è un chitarrista jazz italiano, nato a Catania nel 1990. Vive in Sicilia dove si occupa di didattica, produzione musicale e divulgazione in ambito di chitarra jazz e moderna. Nel 2023 ha pubblicato il suo ultimo disco "De Visu", edito da TRP Music, che ha ricevuto numerosi consensi dalla critica e segnalazioni su riviste specializzate italiane ed estere come Musica Jazz, Jazzit, Jazz Guitar Today ed altre ancora. E' stato finalista di concorsi internazionali come il "Premio Massimo Urbani" ed il "Baku Jazz Competition". Nel 2017 ha pubblicato il suo primo disco da leader, in quartetto, dal titolo "Out of Cage", incentrato sulla rielaborazione della musica del grande Charlie Parker. E' stato Artist- Exhibitor della Wambooka presso il NAMM 2020 a Los Angeles ed Artist Dogal Strings.  E' autore di vari articoli per il rinomato blog Guitarprof.it, ai primi posti in Italia, in cui si occupa di chitarra jazz, improvvisazione, trascrizioni, tecnica e storia della chitarra jazz. Dal 2024 collabora stabilmente con AMG - Alessio Menconi Guitar Institute come insegnante.  Ha all'attivo 2 dischi da leader e diversi lavori da sideman, come il disco di conduction sperimentale "Another Way For Meditation", d Francesco Cusa e "Glenn Miller Story" con la HJO Jazz Orchestra. Ha collaborato, in ambito jazz e di musica cantautorale con musicisti e progetti del calibro di Francesco Cusa, Giuseppe Urso, Carlo Cattano, Paolo Sorge, Archinuè, HJO Jazz Orchestra, Federico Saccà, Peppe Tringali, Emanuele Primavera, CESM Jazz Orchestra. Ha curato la sua formazione nei conservatori di Catania, Venezia e Palermo. Diplomato prima in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Bellini" di Catania nel 2015, consegue poi il Diploma di Biennio Specialistico in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Alessandro Scarlatti" di Palermo con una tesi compositiva (concerto in 5 movimenti) per chitarra elettrica ed orchestra jazz dal titolo "Making Love To Universe" con il massimo dei voti e la menzione d'onore. Si è esibito in concerto in festival e rassegne come "Zafferana Jazz Festival 2020", in calendario insieme a Matteo Mancuso, Omar Sosa e Kurt Rosenwinkel; "Baku Jazz Festival"(Azerbaijan), "Battiati Jazz Green Festival", "Catania Jazz Marhaton", "ISMEZ MUSIC LIVE 2017" - Casa del Jazz, Roma e altri ancora.
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carmineaceto · 5 years
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(C)ARTE DA DECIFRARE la nuova personale di Paolo Emilio Greco dal 4 aprile alla Galleria Gino Marotta - Aratro
(C)ARTE DA DECIFRARE la nuova personale di Paolo Emilio Greco dal 4 aprile alla Galleria Gino Marotta – Aratro
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Vi segnaliamo con piacere la nuova mostra personale di Paolo Emilio Greco, (C)ARTE DA DECIFRARE, che giovedì 4 aprile verrà inaugurata alla Galleria Gino Marotta – Aratro Università del Molise e curata da Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio
(C)ARTE DA DECIFRARE è una nuova mostra personale di Paolo Emilio Greco, artista che vive e lavora a Campobasso, una selezione di opere…
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paoloxl · 4 years
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Nella mattinata di sabato 7 aprile 1979, su ordine della Procura di Padova vengono eseguiti i primi 22 ordini di cattura contro esponenti dell’Autonomia Operaia. Si tratta di professori e assistenti della Facoltà di Scienze Politiche (ma anche di altre facoltà) dell’Università di Padova, di scrittori, giornalisti e poeti. Si va dai redattori della rivista “Autonomia” e di Radio Sherwood a militanti ambientalisti nella lotta contro il nucleare.
La tesi sostenuta dal Pubblico Ministero Pietro Calogero (che passerà alla storia come “Teorema Calogero”) è che l’Autonomia fossa la struttura di vertice decisionale (una sorta di cupola) delle Brigate Rosse e di altre bande armate operanti in Italia in quel periodo.
I reati contestati sono pesantissimi e vanno dall’insurrezione armata contro i poteri dello Stato alla banda armata, dall’associazione sovversiva a una serie di omicidi tra cui quello del giudice Emilio Alessandrini assassinato a Milano nel Gennaio ’79 da Prima Linea e…nientemeno che quello di Aldo Moro, rapito dalla Brigate Rosse (con l’uccisione dei 5 uomini di scorta) a Roma il 16 marzo 1978 e fatto ritrovare morto il 9 maggio dello stesso anno.
L’inchiesta era divisa in due tronconi: uno padovano e uno romano.
Nell’inchiesta romana Toni Negri, intellettuale ed esponente di primo piano prima di Potere Operaio e poi di Autonomia era addirittura accusato di essere l’autore materiale della telefonata in cui le Brigate Rosse annunciavano alla famiglia Moro lo scadere dell’ultimatum e l’imminente esecuzione del politico democristiano, telefonata effettuata da Mario Moretti, ai tempi uno dei dirigenti politici delle BR.
Gli arrestati verranno ben presto trasferiti nelle carceri speciali che a quei tempi erano disseminate lungo la penisola (il famigerato “circuito dei camosci”).
Il 7 aprile sarà solo il primo passaggio di una serie di operazioni repressive che tenterà di spazzare via per sempre Autonomia con centinaia di arresti. La seconda tranche dell’operazione avverrà il 21 dicembre ’79. Nuovi arresti costelleranno tutto il 1980. Altri blitz si susseguiranno senza soluzione di continuità fino a metà anni Ottanta.
Alcuni elementi contraddistinguono il 7 aprile come “laboratorio” repressivo capace di segnare un vero e proprio spartiacque tra due epoche. Li andiamo ad elencare per sommi capi:
-L’utilizzo massiccio dei media per schierare l’opinione pubblica contro gli arrestati designandoli come colpevoli ancora prima dei processi e delle sentenza (la famosa “giustizia mediatica”).
-Il ruolo fondamentale del Partito Comunista Italiano (salvo rarissime e lodevoli eccezioni) nel coadiuvare e difendere a spada tratta l’inchiesta e il teorema giudiziario anche quando questo cominciava a scricchiolare. Il PCI aveva sempre considerato l’Autonomia come un pericoloso avversario alla sua sinistra soprattutto in una fase di sacrifici e ristrutturazione industriale legati alla politica del “compromesso storico” (1976-1979).
-Il periodo lunghissimo di carcerazione preventiva in attesa di processo (si parla di svariati anni) inflitto agli imputati.
-L’utilizzo a piene mani della collaborazione dei pentiti (con relativi sostanziosi sconti di pena garantiti dalla legislazione premiale dei primi anni ’80) per trasformare in una storia criminale una storia sociale e politica. Utilizzo dei pentiti che poi diventerà una costante della giustizia italiana.
-Il ruolo di supplenza esercitato dalla magistratura nei confronti della politica. Un ruolo che crescerà esponenzialmente per tutti gli anni ’80 per poi esplodere con tutta la sua forza distruttiva durante Tangentopoli.
-Il rimodulare le accuse verso gli imputati con il passare degli anni di carcerazione preventiva via via che i vari pezzi del “Teorema Calogero” crollavano sotto i colpi delle dichiarazioni dei pentiti delle formazioni armate.
A quarant’anni dai fatti, guardando le carte, si viene colpiti dalla sciatteria dell’inchiesta con le sue accuse surreali e dalla pressoché totale mancanza di prove. L’inchiesta iniziale verteva infatti sostanzialmente sulla semplici analisi di scritti politico-filosofici e documenti teorici delle formazioni politiche come Potere Operaio e Autonomia.
Ci sembra giusto citare qualche paragrafo degli atti d’accusa per far comprendere la dimensione kafkiana dell’intera vicenda:
(…) Imputati A) del reato p.p dagli artt. 110, 112 n.1, 306 I e II co. in relazione agli articoli 283 e 284 c.p. per avere, in concorso fra loro e con altre persone, essendo in numero non inferiore a cinque, organizzato e diretto una associazione denominata Brigate Rosse.
(…) dalla sussistenza di elementi probatori che portarono a identificare nel Negri il brigatista rosso che telefonò a casa dell’onorevole Moro durante il sequestro di costui (…).
Insomma… Autonomia sarebbe stata la stessa cosa delle Brigate Rosse. Anzi! Le BR si sarebbero fatte dirigere da Autonomia… Una tesi ridicola e grottesca per qualsiasi persona ne sappia una minima dei movimenti politici e rivoluzionari degli anni ’70.
Le inchieste contro Autonomia si allargarono a macchia d’olio su tutto il territorio italiano con indagini e arresti di massa a Milano come a Roma e  altrove.
Un’ulteriore vittima di questi teoremi che ci sembra giusto ricordare fu Walter Maria Pietro Greco detto “Pedro”, militante dell’Autonomia veneta, coinvolto nelle inchieste dell’epoca e assassinato a Trieste il 9 marzo 1985 mentre era ancora latitante, da una squadra composta da agenti Digos e dei servizi.
I procedimenti giudiziari colpirono un movimento in fase di crisi e riflusso già evidente negli ultimi mesi del ’77, ma di fatto posero una forte ipoteca sulle lotte autorganizzate in Italia per molti anni. Fino a metà degli anni ’80 i pochi militanti rimasti a piede libero dovettero infatti spendere quasi tutte le loro energie nel sostegno delle centinaia di detenuti politici in un clima di dilagante desertificazione sociale. Difficile dire che influsso avrebbe potuto avere un’Autonomia non completamente scompaginata dalla repressione nei processi di lotta alla ristrutturazione e controrivoluzione neo-liberale nell’Italia dei primi anni ’80.
A Milano, la lotta dello Stato contro Autonomia vide il suo apice col processo Rosso-Tobagi coi suoi 152 imputati. Un processo in gran parte costruito sulle dichiarazioni dei pentiti, che nell’autunno ’80 avevano portato ad arresti di massa a Milano. Per chi fosse interessato, le vicende di quel periodo sono narrate da Paolo Pozzi in “Trittico milanese” (oltre che nel suo “Insurrezione” pubblicato da DeriveApprodi).
Per concludere giova ricordare che quella generazione di magistrati è la stessa che si è fatta carico, nei decenni successivi, di combattere le varie insorgenze sociali con nuovi teoremi, primo tra tutti quello contro il movimento NoTav in Val di Susa.
Come a dire: sono passati quarant’anni da quel 7 aprile 1979, ma i suoi fantasmi continuano ad agitarsi e provocare danni.
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freedomtripitaly · 4 years
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Sorprendente, incastonato tra le guglie di pietra del monte Calvario e così bello da sembrare surreale: il borgo di Pentadattilo. Un vero e proprio gioiello ubicato nell’area grecanica della Calabria, e più precisamente in provincia di Reggio Calabria. Il suo nome, così pittoresco, deriva dall’insolita forma della roccia che lo sovrasta. Una mastodontica formazione rocciosa modellata dalla natura con le sembianze di una mano. La parola Pentadattilo, infatti, deriva dal greco “penta daktylos”, vale a dire “cinque dita”. Un posto che già nel corso dell’Ottocento fu apprezzato da scrittori, artisti e viaggiatori che lo definirono “uno dei luoghi più’ belli del Mediterraneo“. In particolare, lo scrittore Edward Lear diceva che la città è “così magica che compensa di ogni fatica sopportata per raggiungerla”. Pentadattilo, dopo un violento terremoto che avvenne a fine ‘700 e la continua minaccia di alluvioni, venne pian, piano abbandonato dai suoi abitanti. Oggi, infatti, è un incredibile borgo di circa 40 abitanti. Ma non è tutto qui, come ci ha rivelato il giornalista Emilio Casalini, che di questo prezioso borgo parla nel suo programma Generazione Bellezza in onda su Rai 3: È il perfetto emblema della Calabria perché è un borgo che aspetta come la Bella Addormentata di essere risvegliata con un bacio. È tutto bello, bellissimo, ma non ci va nessuno e nessuno porta quel benessere che potrebbe essere sinonimo di sviluppo e con un afflusso di turismo che non deve distruggere ma deve portare qualità, sostenibilità e benessere a chi ci vive per impedire che debba andarsene via. Tuttavia, questo luogo dai profili mastodontici e magici ha ripreso vita grazie a una serie di progetti che stanno riportando il paese al suo vero e antico splendore. Molte case, infatti, sono state recuperate grazie anche all’aiuto dei volontari. Camminando tra i vicoli di questo incredibile borgo calabrese si avverte e si vive una pace particolare, a tal punto da respirare un velo di mistero già da quando lo si osserva da lontano. Una vera meraviglia nostrana che assume quasi le sembianze di un presepe intagliato nella roccia. Pentadittilo, Fonte 123rf Botteghe artigiane di Pentadattilo Nonostante le minute dimensioni sono molte le cose da vedere in questo splendido borgo. È obbligatorio fare un giro, per esempio, nelle numerose botteghe artigiane, le uniche a tenere vivo il paese durante tutto l’anno. Negozietti che sembrano davvero rimasti intatti nel tempo e in cui poter trovare tantissimi oggetti in legno realizzati dagli artigiani del luogo e lavorati con un coltellino usato dai pastori, ricostruito con un corno di capra e una lama di acciaio. Chiesa di Pentadattilo Ma da non perdere è anche la chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo che conserva la lapide della famiglia Alberti, protagonista della tragica strage del 1686, causata da motivazioni sentimentali e dallo stile quasi shakespeariano. Musei di Pentadattilo Inoltre, vale la pena fare un salto anche nei suoi musei, come il Museo delle Tradizioni Popolari che custodisce al suo interno oggetti e materiali tipici della tradizione contadina, e il piccolo Museo del Bergamotto che conserva dei reperti della lavorazione dell’agrume tradizionale della provincia di Reggio Calabria. Affresco di San Cristofaro Appena fuori dal centro abitato è possibile osservare il bellissimo affresco di San Cristofaro, un’opera realizzata, molto probabilmente, alla fine del ‘700 e da autore ignoto. Tuttavia, è evidente che colori e tecnica sono identici all’affresco che si trova nella Villa Caristo di Stignano, bellissima dimora settecentesca e unico esempio di arte barocca in Calabria. Il dipinto si trova in questa postazione poiché esiste una leggenda che narra che San Cristofaro fu un uomo particolarmente forte a tal punto da sostenere la roccia. Altra cosa importantissima da fare è assaggiare due liquori tipici del territorio: il kephas e il noto bergamotto. Il primo, particolarmente apprezzato dalle donne per il gusto e la gradazione, è un digestivo a base di 3 erbe aromatiche che nascono spontaneamente in questa area della Calabria. La leggenda di Pentadattilo Ma non è solo la Leggenda di San Cristofaro ad aleggiare tra le bellissime vie di Pentadattilo. Ce n’è un’altra, infatti, che ruota intorno al castello del borgo e che prende origine dalla strage degli Alberti. I quali furono i membri di due nobili famiglie: gli Alberti e gli Abenavoli e tra cui scorreva un’accesa rivalità. Secondo quanto si narra, infatti, il barone Bernardino Abenavoli voleva sposare Antonietta Alberti, ma la donna fu promessa in sposa a Don Petrillo Cortes, figlio del viceré di Napoli. Per questo motivo, il Barone preso dall’ira funesta, la notte di Pasqua entrò nel castello e si vendicò di tutti. Il barone salvò solo Antonietta che fu rapita insieme al suo futuro marito e portata a Montebello. I due si sposarono dopo tre giorni anche se il matrimonio fu annullato successivamente dalla Sacra Rota. La leggenda racconta che nelle sere d’inverno, tra le rocce della magica Pentedattilo, si sentano le urla di dolore del marchese Lorenzo Alberti. Il Borgo di Pentadattilo Fonte 123rf https://ift.tt/2M93FtW Pentadattilo, il bellissimo borgo su una roccia a forma di mano Sorprendente, incastonato tra le guglie di pietra del monte Calvario e così bello da sembrare surreale: il borgo di Pentadattilo. Un vero e proprio gioiello ubicato nell’area grecanica della Calabria, e più precisamente in provincia di Reggio Calabria. Il suo nome, così pittoresco, deriva dall’insolita forma della roccia che lo sovrasta. Una mastodontica formazione rocciosa modellata dalla natura con le sembianze di una mano. La parola Pentadattilo, infatti, deriva dal greco “penta daktylos”, vale a dire “cinque dita”. Un posto che già nel corso dell’Ottocento fu apprezzato da scrittori, artisti e viaggiatori che lo definirono “uno dei luoghi più’ belli del Mediterraneo“. In particolare, lo scrittore Edward Lear diceva che la città è “così magica che compensa di ogni fatica sopportata per raggiungerla”. Pentadattilo, dopo un violento terremoto che avvenne a fine ‘700 e la continua minaccia di alluvioni, venne pian, piano abbandonato dai suoi abitanti. Oggi, infatti, è un incredibile borgo di circa 40 abitanti. Ma non è tutto qui, come ci ha rivelato il giornalista Emilio Casalini, che di questo prezioso borgo parla nel suo programma Generazione Bellezza in onda su Rai 3: È il perfetto emblema della Calabria perché è un borgo che aspetta come la Bella Addormentata di essere risvegliata con un bacio. È tutto bello, bellissimo, ma non ci va nessuno e nessuno porta quel benessere che potrebbe essere sinonimo di sviluppo e con un afflusso di turismo che non deve distruggere ma deve portare qualità, sostenibilità e benessere a chi ci vive per impedire che debba andarsene via. Tuttavia, questo luogo dai profili mastodontici e magici ha ripreso vita grazie a una serie di progetti che stanno riportando il paese al suo vero e antico splendore. Molte case, infatti, sono state recuperate grazie anche all’aiuto dei volontari. Camminando tra i vicoli di questo incredibile borgo calabrese si avverte e si vive una pace particolare, a tal punto da respirare un velo di mistero già da quando lo si osserva da lontano. Una vera meraviglia nostrana che assume quasi le sembianze di un presepe intagliato nella roccia. Pentadittilo, Fonte 123rf Botteghe artigiane di Pentadattilo Nonostante le minute dimensioni sono molte le cose da vedere in questo splendido borgo. È obbligatorio fare un giro, per esempio, nelle numerose botteghe artigiane, le uniche a tenere vivo il paese durante tutto l’anno. Negozietti che sembrano davvero rimasti intatti nel tempo e in cui poter trovare tantissimi oggetti in legno realizzati dagli artigiani del luogo e lavorati con un coltellino usato dai pastori, ricostruito con un corno di capra e una lama di acciaio. Chiesa di Pentadattilo Ma da non perdere è anche la chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo che conserva la lapide della famiglia Alberti, protagonista della tragica strage del 1686, causata da motivazioni sentimentali e dallo stile quasi shakespeariano. Musei di Pentadattilo Inoltre, vale la pena fare un salto anche nei suoi musei, come il Museo delle Tradizioni Popolari che custodisce al suo interno oggetti e materiali tipici della tradizione contadina, e il piccolo Museo del Bergamotto che conserva dei reperti della lavorazione dell’agrume tradizionale della provincia di Reggio Calabria. Affresco di San Cristofaro Appena fuori dal centro abitato è possibile osservare il bellissimo affresco di San Cristofaro, un’opera realizzata, molto probabilmente, alla fine del ‘700 e da autore ignoto. Tuttavia, è evidente che colori e tecnica sono identici all’affresco che si trova nella Villa Caristo di Stignano, bellissima dimora settecentesca e unico esempio di arte barocca in Calabria. Il dipinto si trova in questa postazione poiché esiste una leggenda che narra che San Cristofaro fu un uomo particolarmente forte a tal punto da sostenere la roccia. Altra cosa importantissima da fare è assaggiare due liquori tipici del territorio: il kephas e il noto bergamotto. Il primo, particolarmente apprezzato dalle donne per il gusto e la gradazione, è un digestivo a base di 3 erbe aromatiche che nascono spontaneamente in questa area della Calabria. La leggenda di Pentadattilo Ma non è solo la Leggenda di San Cristofaro ad aleggiare tra le bellissime vie di Pentadattilo. Ce n’è un’altra, infatti, che ruota intorno al castello del borgo e che prende origine dalla strage degli Alberti. I quali furono i membri di due nobili famiglie: gli Alberti e gli Abenavoli e tra cui scorreva un’accesa rivalità. Secondo quanto si narra, infatti, il barone Bernardino Abenavoli voleva sposare Antonietta Alberti, ma la donna fu promessa in sposa a Don Petrillo Cortes, figlio del viceré di Napoli. Per questo motivo, il Barone preso dall’ira funesta, la notte di Pasqua entrò nel castello e si vendicò di tutti. Il barone salvò solo Antonietta che fu rapita insieme al suo futuro marito e portata a Montebello. I due si sposarono dopo tre giorni anche se il matrimonio fu annullato successivamente dalla Sacra Rota. La leggenda racconta che nelle sere d’inverno, tra le rocce della magica Pentedattilo, si sentano le urla di dolore del marchese Lorenzo Alberti. Il Borgo di Pentadattilo Fonte 123rf In provincia di Reggio Calabria sorge un borgo bellissimo su una rocca a forma di mano. Il suo nome è Pentadattilo e vale davvero la pena visitarlo.
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siciliatv · 2 years
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Sicilia, elezioni regionali del 25 settembre 2022. Ecco i candidati
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Elezioni Regionali Sicilia 2022: sono state pubblicate tutte le liste dei candidati presentate dai partiti per le votazioni che si terranno il prossimo 25 settembre riguardanti la regione. Le liste dei candidati Partito Democratico La lista dei candidati del Partito Democratico della Sicilia su base provinciale per le prossime elezioni regionali e il listino “Caterina Chinnici presidente”: - Catania: Barbagallo Anthony, Saverino Ersilia, Burtone Giovanni, Chinnici Valentina, Grasso Lev Salvatore Boris, Ferrante Massimo, Lo Giudice Antonino, Maugeri Mario, Panebianco Ketty Rita, Petta Giovanni, Randazzo Santi Maria, Faro Anna Maria Rita, D’Orto Concetta Antonella; - Agrigento: Catanzaro Michele, Martello Salvatore, Mazza Vita Maria, Passarello Calogero Raoul, Vella Stella, Zarcone Antonio; - Ragusa: Dipasuale Nello, Brullo Giuseppa, Stornello Francesco, Melia Silvia; - Trapani: Venuti Domenico, Bianco Giuseppe, Canino Lucia Daniela, Licari Maria Linda, Safina Dario; - Caltanissetta: Andaloro Marco, Castiglione Marina, Di Cristina Peppe; - Palermo: Cracolici Antonello, Angelini Fabio, Calabrese Antonio, Chinnici Valentina, Cosentino Isabelle Christine, Crisci Maria Rita, Giambona Mario, Li Calzi Cleo, Macaluso Pietro, Martorana Cettina, Mattaliano Cesare, Miceli Carmelo, Ribaudo Francesco, Spera Leonardo; - Enna: Venezia Sebastiano (Fabio), Patelmo Angela; - Messina: Bartolotta Antonino, Capria Francesco, Leanza Calogero, Mancuso Palmira, Mastroeni Giovanni, Pulejo Laura, Vitarelli Giuseppe; - Siracusa: Caramella katiuscia; Ciulla Vania; Cutrufo Gaetano; Spada Tiziano; Stefio Giuseppe. Centopassi per la Sicilia La lista dei candidai di Centopassi per le prossime elezioni di tutte le province: - Catania: Fava Claudio, Bellante Bruna, Benincasa Pompeo, Boria Laura, Brancati Domenico, Caruso Rosario, Colombrita Mario, Feltri Emanuele, Grassi Nicola, Grasso Domenico, Guglielmino Rosaria Valentina, Papa Marina, Zampaglione Amalia; - Agrigento: Aquilino Pietro, Fontana Vincenzo, Galvano Angela, Mallia Mario, Montalbano Giuseppe, Monteleone Teresa; - Enna: Zampaglione Amalia, Lentini Ettore; - Caltanissetta: Rubolo Fabio, Basile Valentina, Li voti Francesco. Forza Italia Anche la lista dei candidati di Forza Italia è stata pubblicata: - Agrigento: Margherita La Rocca Ruvolo, Riccardo Gallo, Vincenzo Fontana, Alessandra Fiaccabrino, Luigi Salvaggio, Angelo Vincenti; - Palermo: Miccichè Giovanni, Caputo Mario, Lentini Salvatore, Tamajo Edmondo, Alongi Pietro, Bruno Giuseppina, Cascio Francesco, Cicero Ilenia, Fricano Mario, Maniscalco Margherita, Mazzarino Adelaide, Mincica Giacomo, Morreale Pierluigi, Nicosia Silviane, Parisi Ferdinando, Vitrano Gaspare; - Catania: Marco Falcone, Alfio Papale, Nicola D’Agostino, Marco Maria Salvatore Alosi, Riccardo Angelo Pellegrino, Desirè Platania, Ivana Catena Pollicina, Antonino Russo, Salvatore Scollo, Marina Scordo, Deborah Tommasina Sozzi, Salvo Tomarchio, Antonio Villardita; - Enna: Francesco Occhipinti, Luisa Lantieri; - Messina: Bernardette Grasso, Tommaso Calderone, Giuseppe Picciolo, Giuseppe Corvaia, Bruno Cilento, Giovanni Villari, Donatella Sindoni, Daniela Di Ciuccio; - Palermo: Giovanni Miccichè, Mario Capito, Salvatore Lentini, Edmondo detto Edy Tamajo, Pietro Alongi, Giuseppina Bruno, Francesco Cascio, Ilenia Cicero, Mario Fricano, Margherita Maniscalco, Adelaide Mazzarino, Giacomo Mincica, Pierluigi Morreale, Silviane Nicosia, Ferdinando Parisi, Gaspare Vitrano; - Ragusa: Daniela Baglieri, Vincenzo Cannizzaro, Giovanni Cugnata, Marco Greco; - Siracusa: Edgardo detto Edy Bandiera, Corrado Bonfanti, Irene Ferrauto, Riccardo Gennuso, Concetta Morello; - Trapani: Antonino Detto Toni Scilla, Stefano Pellegrino, Nicola Li Causi, Rossana Palermo, Giusy Milazzo. Popolari e Autonomisti I candidati nella lista “Popolari e Autonomisti – Noi con la Sicilia. Schifani presidente”: - Palermo: Amato Paola, Barrale Valerio, Dell’Utri Giuseppe Paolo Emilio Alessandro, Di Carlo Calogero, Di Salvo Bartolomeo, Ferrigno Salvatore, Furio Maria, Gucciardo Manuela, Manfrè Gabriele, Marfia Annalisa, Panno Martina, Picone Morena, Saladino Paola, Testaverde Antonio, Lodato Patrizio, Vitello Claudia; - Trapani: Hopps Maria Concetta; Bonanno Giuseppe; La Barbera Claudia; Sturiano Vincenzo Patrizio; Rocca Angelo; - Caltanissetta: Caci Rosario, Dell’Utri Massimo, Ricotta Carmela; - Catania: Compagnone Giuseppe, Amendolia Antonino, Barchitta Francesco, Bucisca Martina Concetta, Caruso Gabriella Patrizia, Castiglione Giuseppe, Garigliano Francesca Filippa, Italia Salvatore, Lombardo Giuseppe, Porto Alessandro, Renna Sabrina Lucia Concetta, Sgroi Francesco, Spalletta Maria; - Siracusa: Bonomo Mario, Carta Giuseppe, Leone Raffaele, Tata Carmela, Raiti Adriana; - Enna: Colianni Francesco, Gemmellaro Francesca; - Messina: Genovese Luigi, Greco Marcello, Carnevale Emanuele, D’Angelo Nunziata, Frontino Luca, Mangano Paolo, Mazzeo Rosa Angela; - Agrigento: Di Mauro Giovanni, Galluzzo Assunta, Gulisano Giulia, Intorre Dyana, Licata Domenico, Maglio Vito; - Ragusa: Amato Paolo, Arestia Giuseppe, Nigro Rosaria, Vindigni Giovanni. Prima l’Italia – Lega Salvini Premier La lista dei candidati per il partito “Prima l’Italia – Lega Salvini Premier” è la seguente: - Agrigento: Carmelo Pullara, Carmelo D’Angelo, Sabrina Lattuca, Paola Sacco, Cesare Sciabarrà, Antonino Lauricella; - Caltanissetta: Oscar Aiello, Roberto Alabiso, Valeria Piera Rita  Vella; - Catania: Luca Rosario Luigi Sammartino, Fabio Cantarella, Anastasio Carrà, Santo Orazio Caruso, Carmelo Antonio Corsaro, Mercedes Floreana Di Mauro, Tiziana Fiscella, Agatino Giusti, Ignazio Mannino, Morsellino Brigida, Raffaela Musumeci, Sara Pettinato, Francesco Sanglimbene; - Enna: Nina Mancuso Fuoco, Lorena Amico; - Messina: Maria Aloisi, Antonella Bartolomeo, Giuseppe detto Peppino Buzzanca, Antonio Catalfamo, Giuseppe detto Pippo Laccoto, Giovanna Pantò, Davide Paratore, Marilena Salamone; - Palermo: Vincenzo Figuccia, Maria Anna Caronia detta Marianna, Alessandro Anello, Giovanni Di Giacinto, Giuseppe Arredi, Loredana Badalamenti, Carolina Barbagiovanni, Gaetano Cammarata detto Tanino, Maurizio Castagnetta, Salvatore Causarano, Michele Cerniglia, Giuseppe Di Vincenti, Simona Gallina, Davide Lercara, Alfonso Lo Cascio, Antonella Perrone; - Ragusa: Doriana Anzalone, Andrea La Rosa, Salvatore Mallia, Orazio Ragusa; - Siracusa: Vincenzo Vinciullo, Giovanni Cafeo, Deborah Marino, Corrado Roccasalvo, Martina Strano; - Trapani: Girolamo detto Mimmo Turano, Eleonora Lo Curto, Francesco Lombardo, Pietro Marino, Adelaide Terranova. Nuova DC I candidati per il partito “Nuova DC” in Sicilia sono i seguenti: - Agrigento: Carmelo Pace, Salvatore Fanara, Giuseppe Alaimo, Decio Terrana, Marinella Notonica, Chiara Cosentino; - Caltanissetta: Angela Cocita, Giuseppe detto Pino Federico, Calogero detto Gero Valenza; - Catania: Daniela Di Piazza, Maria Katia Muratore, Angela Reale, Cinzia Saccomando, Giovanni Bulla, Giovanni Giuffrè, Pietro Lipera, Giuseppe Marletta, Andrea Barbaro Messina, Giuseppe Orfanò, Giovanni Mario Rapisarda, Angelo Spina, Carmelo Tagliaferro; - Enna: Roberto Li Volsi, Filippa Greco; - Messina: Gabriella Barbera, Salvatore Merlino, Maria Teresa Prestigiacomo, Giovanni Princiotta, Federico Raineri, Carla Mariagrazia detta Mara Riscifuli, Massimo Russo, Salvatore Totaro; - Palermo: Nuccia Albano, Antonino Calia, Adriana Canestrari, Nicola Figlia, Giuseppe Gennuso, Nicola Greco, Elisabetta Liparoto, Giuseppe Manzella, Luciano Marino, Cristina Nasca, Sandro Oliveri, Angelo Onorato, Mauro Pantó, Carla Maria Grazia Riscifuli, Natale Tubiolo, Ignazio Zuccaro; - Ragusa: Ignazio Abbate, Sebastiano Gurrieri, Camerina Filippo Frasca, Paola Santificato; - Siracusa: Maria detta Maria Grazia Gennuso, Alessandra Giuffrida, Daniele Nunzio Lentini, Renzo Spada, Giuseppe Vasta; - Trapani: Giacomo Scala, Vito Gangitano, Rosalia Ventimiglia, Giuseppe Guaiana, Serafina Marchetta. Azione – Italia Viva La lista dei candidati con il partito “Azione – Italia Viva” è la seguente: - Agrigento: Fabrizio Di Paola, Rino Lo Giudice, Decimo Agnello, Giuseppe Pendolino; - Caltanissetta: Carmelo Migliore, Vincenzo D’Asero, Di Prima Giuliana; - Catania: Lucia Tuccitto, Nunzia Decembrino, Giuseppe Ferrante, Salvatore Bracci, Calogero Cittadino, Maria Alessandro Costarelli, Vincenzo D’Asaro, Davide Di Benedetto, Mario Greco, Massimo Maniscalco, Rosario Torrisi, Carmelo Sanfilippo, Cristiana Sammartino; - Enna: Andrea Virdi, Giuseppina Sinagra; - Messina: Gaetano Armao, Massimiliano Miceli, Maria Cristina Gambino, Antonio Giordano, Letterio Grasso, Luigi Sidoti, Noel Falduto, Massimo Maniscalco; - Palermo: Gaetano Armao, Francesco Bertolino, Aurelia Botto, Caronia Concetta Natalina detta Natalia, Calogero Randazzo, Domenico D’Agati, Guido Galipò, Leonardo Canto, Salvatore Biundo, Mauro Lo Baido, Sergio Burriesci, Maurizio Ficarra, Antonina Troia, Maria Calagna, Gaia Maria Perniciario, Manfredi Mercadante; - Ragusa: Maria Grazia Cultrera, Fabio Tolomeo, Vincenza Zagra, Tani Imelio; - Siracusa: Michelangelo Giansiracusa, Giuseppe Incatasciato, Giulia Licitra, Manuel Mangano, Giuseppina Valenti; - Trapani: Gaetano Armao, Giovanni Bavetta, Giuseppa Casabella, Francesca Incandela, Mariella Barraco. De Luca Sindaco di Sicilia Per quanto riguarda la lista dei candidati per il partito “De Luca Sindaco di Sicilia”, si tratta dei seguenti nomi: - Agrigento: Roberto Battaglia, Gaetano Cani, Ciro Miceli, Salvatore Monte, Maria Dalli Cardillo, Marzia Maniscalco; - Caltanissetta: Angelo Bellina, Marzia Maniscalco, Giampiero Modaffari; - Catania: Ludovico Balsamo, Alfio Barbagallo, Antonella Basso La Bianca, Salvatore, Giuseppe Canzoniere, Antonio Danubbio, Salvatore Giuffrida, Angelo Malannino, Davide Marraffino, Santo Orazio Primavera (detto Privitera detto Santo Privitera), Rita Graniti Puglia, Rita Carmelina Puglisi, Concetta detta Ketty Rapisarda, Davide Maria Catania Vasta; - Enna: Francesca Draià, Francesco Alberghina; - Messina: Cateno De Luca, Giuseppe detto Pippo Lombardo, Marco Giorgianni,Matteo Sciotto,Alessandro De Leo, Nicoletta D’Angelo, Concetta Crocè, Valentina Costantino; - Palermo: Ismaele La Vardera, Luigi detto Gigi Cino, Salvatore detto Salvo Geraci, Pietra detta Piera Chiarenza, Francesca Coco, Michele detto Ganci Gangi, Tommaso detto Massimo Gargano, Igor Gelarda detto Gelardi detto Gerarda, Antonella Panzeca detta Panseca, Salvina Profita, Umberto Richichi, Filippo Romano, Claudio Sala, Salvatore Sanfilippo, Pio Siragusa detto Siracusa, Thiyagarajah Ramani detto Ramy; - Ragusa: Saverio Buscemi, Lara Cavalieri, Antonio detto Antonello Firullo, Paolo Monaca; - Siracusa: Marco Bertoni, Mariano Ferro, Luigi Fiumara, Romina Miano, Luna Stella Sole; - Trapani: Daniele Mangiaracina, Giuseppe Lipari, Jessica Fici, Giuseppa Coppola, Franco Orlando. Sicilia Vera Invece, i candidati per la lista “Sicilia Vera” sono i seguenti: - Agrigento: Salvatore Malluzzo, Nicoletta Bonsignore, Alisia Casà, Eduardo Chiarelli Eduardo, Salvatore Marullo, Salvatore Nicolosi; - Caltanissetta: Marco detto Piero Maniglia, Guglielmo Panebianco, Maria Noemi detta Noemi Passaro; - Catania: Giuseppe De Luca, Luigi Messina, Angelo Villari Luigi Bosco, Rosa Contino, Nunziatina Di Cavolo, Vincenzo Di Silvestro, Federica Giangreco, Daniela Greco, Ginevra Liardo, Paola Marletta, Mirko Stefio, Attilio Luigi Maria Toscano; - Enna: Carlo Santangelo, Clorinda Perri; - Messina: Danilo Lo Giudice, Filippo Ricciardi, Antonio Restuccia, Marco Vicari, Eugenio Aliberti, Serena Giannetto, Stefania Giuffrè, Daniela detta Consolo Bruno; - Palermo: Antonino De Luca, Calogero Barbera, Giorgio Calì, Maria Carraro, Eugenio Ferraro, Maria Genduso, Vincenzo La Punzina, Valentina Lo Monte, Michele Longo, Maria Concetta Mandalà, Giovanni Mannino, Giuseppe Mineo, Maria Luisa Morici, Antonio Scaturro, Lina Vanessa Totaro, Francesco Valentini; - Ragusa: Andrea Distefano, Dario Giannone Malavita, Giulia Polizzi, Giuseppe Spadola; - Siracusa: Daniele Delia, Giuseppe detto Peppuccio Infantino, Maura Fontana, Enzo Vittorio detto Enzo Nicastro, Angelo Troia; - Trapani: Paola Badalucco, Sebastiano Grasso, Maria La Rosa, Francesco Poma, Salvatore Scianna. Movimento 5 stelle I candidati per il partito “Movimento 5 Stelle” sono i seguenti: - Agrigento: Giovanni Di Caro, Salvatore Ersini, Angelo Cambiano, Marcella Carlisi, Francesco Castrogiovanni, Veronica Bellicosi; - Caltanissetta: Nunzio Di Paola, Filippo Ciancimino, Maria Luisa Cinquerrui; - Catania: Nunzio Di Paola, Jose Marano, Cristiano Anastasi, Giuseppe Maria Purpora, Lidia Erminia Adorno, Martina Ardizzone, Teresa Corallo, Graziano Francesco Maria Bonaccorsi, Antonio Maria Bonaccorso, Angelo Attanasio, Giampaolo Caruso, Giuliana Gianna, Sebastiano Mario Valenti; - Enna: Angelo Parisi, Anne Ellen Devlin; - Messina: Antonino De Luca, Antonella Papiro, Cristina Cannistrà, Vera Giorgianni, Calogero Leanza, Lillo Valvieri, Giovanni Utano, Riccardo Zingone; - Palermo: Nunzio Di Paola, Luigi Sunseri, Roberta Schillaci, Adriano Varrica, Fabrizio Bilello, Provvidenza Barrovecchio, Massimo Ruggieri, Giorgio Castagna, Calogero Cerami, Maria Rosa Favuzza, Domenico Gambino, Irene Gionfriddo, Venera Lazareanu, Luca Lecardane, Antonino Parisi, Marianna Ruggeri; - Ragusa: Stefania Campo, Pietro Gurrieri, Gianluca Di Raimondo, Carmen Rabbito; - Siracusa: Giorgio Pasqua, Flavia Di Pietro, Fabio Fortuna, Carlo Gilistro, Serafina Prumeri; - Trapani: Nicolò La Grutta, Cristina Ciminnisi, Luca d’Agostino, Luana Maria Saturnino, Mauro Terranova. Fratelli d’Italia Il partito “Fratelli d’Italia” sta candidando le seguenti persone: - Agrigento: Paola Antinoro, Giovanni Cirillo, Giovanni Di Caro, Liliana Marchese Ragona, Matteo Mangiacavallo, Giusi Savarino; - Caltanissetta: Agata Amico, GiuseppeCatania, Salvatore detto Totò Scuvera; - Catania: Angela Foti, Gaetano Galvagno, Giuseppe Zitelli, Letterio Dario Daidone, Francesco D’Urso Somma, Tania Andreoli, Nocolò Bonanno, Riccardo Gabriele Castro, Santa Garilli, Francesco Longo, Barbara Agnese Mirabella, Carmelo Nicotra, Rosalba Giovanna Paglia; - Enna: Cermelo Barbera, Elena Pagana; - Messina: Elvira Amata, Giuseppe detto Pino Galluzzo, Luigi Miceli, Gaetano Nanì, Vincenzo Ciraolo, Ferdinando Croce, Giovanna Giacobbe, Teresa Pino; - Palermo: Alessandro Aricò detto Arricò detto Arigo, Brigida Alaimo, Antonella Calì, Simona Cascino, Fabrizio Ferrara, Valentina Guarino, Marco Intravaia detto Intravaglia (detto Intravia detto Travaglia detto Travaglio), Giosuè Maniaci, Giuseppe, Palmeri detto Pippo, Michele Pivetti Gagliardi detto Pivetti, Massimo Polizzi, Luisa Pullara, Giovanni Rossi, Francesco Paolo Scarpinato, Giuseppe Scialabba, Vincenzo Sclafani; - Ragusa: Giorgio Assenza, Mery Ignaccolo, Vincenzo detto Tato Cavallino, Alfredo Vinciguerra; - Siracusa: Giovanni Luca Cannata, Pietro Forestiere, Carlo Auteri, Francesca Catalano, Noemi Giangravè; - Trapani: Sergio Tancredi, Giuseppe Detto Peppe Bica, Nicolò Detto Nicola Catania, Antonietta Anna Maria Detta Antonella Pantaleo, Rita d’Antoni. Orgoglio Siculo Per la lista “Orgoglio Siculo”, i candidati che si presenteranno saranno: - Agrigento: Gianluca Lo Bracco, Marchetta Gerlando, Sicurello Giuseppe, Vassallo Anette, Vella Rosario Gioacchino, Vizzini Myriam; - Caltanissetta: Valeria Dell’Utri, Angelo Montebello, Francesco Rimmaudo; - Catania: Carmine Bertuccio, Annamaria Cannavò, Claudio Santi Collura, Paolo D’Amato, Salvatore Fiore, Donatella detta Donata Marchese, Pasquale Masi, Raffaele Panebianco, Pierpaolo Pecoraio, Agatino detto Tino Scarvaglieri, Caterina Scordo, Salvatore Stefio, Fabiana Famularo; - Enna: Rosa Maria, Antonio Messina; - Messina: Mario Briguglio, Vincenzo detto Enzo Pulizzi, Ivano Cantello, Serena La Spada, Rosaria detta Spinella Di Ciuccio, Daniela Zirilli, Concetta (detta Cettina Buonocore detta Cettina Bonocore), Francesco Fazio; - Ragusa: Antonino detto Tonino Converso, Valentina Maria Costanza Musumeci, Bastian Occhipinti, Sonia Tenerezza; - Siracusa: Agostino Rosolia, Salvatore Carcò detto Salvatore Glovo, Maria Luisa Garraffa, Carlo Palermo, Salvatore Ventura; - Trapani: Vanessa Barone, Fabrizio Misuraca, Francesco Sammartano, Eugenio Salvatore Strongone, Francesca Urzì. Siciliani Liberi - Catania: Eliana Silvia Saturnia, Ciro Lomonte, Sebastiano Antonucci, Giorgio Dadalamenti, Carmelo Camilleri, Carmela Cappello, Luisa Chifari, Angela Drago, Daniele Foti, Alfonso Genchi, Andrea Maugeri, Antonio Norrito, Ciro Emiliano Puopolo; - Palermo: Eliana Silvia Saturnia Esposito, detta Eliana, Ciro Lomonte detto Lo Monte, Giorgio Badalamenti, Carmela Cappello, Luisa Chifari, Francesco Calvagna, Alfonso Genchi, Marco Lo Dico, Anna Manzo, Andrea Maugeri, Renato Meli, Antonio Norrito, Mario Pagliaro, Emiliano Rini, Angela Romano, Salvatore Mario Cateno Turrisi; - Siracusa: Marco Lo Dico, Raffaella Esposito, Gianmarco Barraco, Mario Pagliaro, Angela Romano. Autonomia Siciliana - Enna: Ferdinando De Francesco, Irene Puzzo; - Messina: Cristina Catalfamo, Giovanna Detta Ivana De Vincenzo, Antonio Pennisi, Simona Oteri, Daniele Ruzzo, Giovanni Scopelliti, Bartolomeo Detto Cavallin Taranto (OlegTraclò); - Ragusa: Maria Grazia Angelica, Daniela Iurato, Cristoforo Nania, Daniela Ruta. Impresa Sicilia - Enna: Sebastiano Lombardo Facciale, Maria Crupi; - Messina: Ugo Sergio Detto Sergio Crisafulli, Francesco Detto Ciccio Conti, Cristiana Irrera, Anna Lo Bianco, Rita Pancrazia Micalizzi, Rocco Augusto Mordaci, Sara Rifici, Antonino Detto ToninoStracuzzi. Basta Mafie - Enna: Giuseppe Berittelli, Concetta Maria Iacona; - Messina: Oscar Andò, Marisa Arena, Grazia Calore, Salvatore Cosenza, Fabio Famà, Teresa Impollonia, Cristiano Tripodi, Roberto Zodda. Terra D’amuri - Enna: Antonio Di Marco, Maria Carmela Romano; - Messina: Irene Antonuccio, Alessandro Detto Briga Brigandì, Elisabetta Carrolo, Antonino Detto Nino Di Natale, Salvatore Ioppolo, Franco Maria Laimo, Marta Maniscalco, Salvatore Puccio. Lavoro in Sicilia - Enna: Lorenzo Messina, Benedetta Casullo; - Messina: Fortunato Barbaro, Nicoletta Campanella, Liborio Antonellomichele (detto Antonello Di Buono), Giuseppe Detto Pippo Fiocco, Stefania Formica, Mario Grazia Guido, Armando Mellini, Dorotea Sturiale. Giovani Siciliani - Enna: Cristian Cantale, Concetta Germanà; - Messina: Giulia Cappello, Alessandra Cardia, Giuseppe Di Mento, Tommaso La Macchia, Fabiana Mormino, Simone Natol, Domenico Ravidà, Francesco Detto Ciccio Romeo. Italia Sovrana e Popolare - Messina: Pietro Aloisi, Maria Baglione, Orazio Patrizio Felice Calì, Giusi Forestiere, Renzo Ioppolo, Giusi Orecchio, Gaetano Scoglio, Giuseppe detto Pino Siragusa; - Palermo: Fabio Maggiore, Calogero Pulici detto Carlo, Debora De Razza, Giuseppe Matranga, Alberto Lombardo, Domenico Ricotta, Maria Bentivegna detta Silvia, Marco Baiamonte, Gabriella Uccello, Massimo Marsala, Nunziatina Di Paola detta Nancy, Antonino Liberto detto Antonio, Maria Francesca Mosca detta Maria Francesca, Salvatore Vanella, Antonino Guaggente, Saverio Denaro; - Siracusa: Maria Franca Garro, Giuseppe Serrentino Giannone, Lorella Rossitto, Luigi Marletta, Armando Giovanni Zero; - Trapani: Calogero Detto Carlo Pulici, Giovanna Mazara, Giuseppe Matranga, Maria Detta Silvia Bentivegna, Carmela Marina Gabriele. Read the full article
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Libri| Per Claudio e Mario Micolano
Maglie, il Municipio
di Paolo Vincenti
“Claudio e Mario Micolano. Poesie e saggi”, è una piccola, preziosa pubblicazione, omaggio a due studiosi, entrambi scomparsi, i quali hanno segnato il proprio passaggio nella città di Maglie, che riconoscente li ricorda in questo volumetto, per le Edizioni Erreci (Maglie, 2018).
I Micolano, uniti da vincolo parentale oltreché da interessi comuni, hanno contribuito in grande misura alla crescita culturale di Maglie degli ultimi quarant’anni.
Claudio Micolano, professore di latino e greco presso il prestigioso Liceo Capece di Maglie, fu, insieme a Emilio Panarese e Nicola De Donno, fra i fondatori della locale sezione della Società di Storia Patria, che editava la rivista “Contributi” ed edita ancora “Note di Storia e Cultura Salentina”, sulle cui pagine Micolano è stato lungamente presente con saggi brevi, articoli di carattere storico e di critica letteraria, recensioni, racconti e poesie. Fu fra i fondatori della rivista, insieme a Nicola De Donno, Emilio Panarese e Vittorio Zacchino. Fra i suoi numerosi scritti, sono da menzionare il poderoso saggio critico su Oreste Macrì e quelli sul poeta e musicista Francesco Negro e sul poeta Salvatore Toma il quale era stato suo allievo al Liceo Capece e spesso si rivolgeva al professore per chiedere consigli e pareri. Del Comitato di redazione di “Contributi” (rivista trimestrale che uscì dal 1982 al 1988), egli faceva parte, insieme a Nicola De Donno e Latino Puzzovio. Così anche del Comitato di redazione di “Note di Storia e Cultura Salentina”, (annuario nato nel 1967 e giunto nel 2017 al suo XXVII numero), insieme a Fernando Cezzi, Mario Andreano, Lucio Causo, Emilio Panarese, Giacomo Filippo Cerfeda, Ermanno Inguscio ed altri che si sono avvicendati negli anni.  Fu anche fra gli animatori della rivista “Sallentum – quadrimestrale di cultura e civiltà salentina”, che venne pubblicata dal 1978 al 1989, dall’Ente Provinciale per il Turismo di Lecce.
Difficilmente, una città piccola come Maglie può annoverare nelle file di una stessa generazione personaggi della grandezza impressionante di De Donno, Panarese e Micolano, cui deve aggiungersi, per completare l’aurea schiera, Oreste Macrì, che li precedeva di qualche anno  (il quale però visse e operò a Firenze). Micolano pubblicò contributi anche sui  “Quaderni del Liceo Classico Capece” (una delle riviste scolastiche italiane più longeve) e sul quindicinale “Tempo d’oggi”, che uscì dal 1974 al 1980.  Fu anche narratore e poeta e riunì volentieri in volume gli scritti pubblicati nelle miscellanee. Il libro col quale lo si commemora è stato patrocinato dalla Città di Maglie, dalla Biblioteca Comunale Piccinno e dalla Fondazione Capece. Nel volumetto, di agile consultazione, dopo le Prefazioni di Ernesto Toma e Deborah Fusetti, rispettivamente Sindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Maglie, di Medica Assunta Orlando, Direttore de L’Alca e della Biblioteca Comunale, e di Rossano Rizzo, Presidente della Fondazione Capece, si trova un bellissimo e approfondito ricordo di Claudio Micolano da parte di Salvatore Coppola.
Quest’ultimo, storico molto noto e dalla vastissima produzione, è stato a lungo Presidente della Società di Storia Patria sezione di Maglie, prima di passare il testimone a Dario Massimiliano Vincenti. Con Coppola Presidente, Micolano era nel pieno dell’attività e fra i due si era creata un’amicizia personale cementata dagli anni di sodalizio culturale.
Nel 1991, Micolano pubblicò “Uomini e formiche”, un libro di racconti, con Prefazione di Gino Pisanò. Nel 1997, pubblicò la raccolta di poesie “Crepuscolo”, recensita anche da Nicola De Donno e Donato Valli. Nel 1999, fu la volta di “Prose (due un soldo)”, sempre con belle copertine del pittore Lionello Mandurino.  Competenza e obbiettività di giudizio caratterizzavano i suoi pezzi, anche quando recensiva i libri dei colleghi. Nel 2002, pubblicò “S’è chiuso il cielo”, il suo ultimo libro di poesie. Scrive Salvatore Coppola: “Mitezza di carattere, umiltà, cortesia, rispetto degli altri e coscienza critica sono altrettanti tratti fondamentali della personalità di Claudio; quelle doti ne hanno accompagnato l’agire quotidiano, vuoi nell’attività di docente, vuoi in quella di promotore di cultura”
Dopo un florilegio di poesie e prose di Claudio, nella seconda parte del libro, si trova un ricordo di Mario Micolano, affidato a Giuliana Coppola.
Anche Mario, sebbene più appartato, è stato un intellettuale molto raffinato, colto e misurato. Scrive Emilio Panarese su “Note di storia e Cultura Salentina” ( XVIII, 2006), in occasione della sua morte: “Era dotato di acuta e  pronta intelligenza, che gli permetteva di focalizzare e memorizzare subito, in straordinaria sintesi, i punti essenziali di un testo o di un documento. La sua profonda e ricca sensibilità e la costante attenzione ai segnali provenienti dal dibattito educativo e scolastico, dalla cultura pedagogica e da quella letteraria in genere, gli permettevano di tesaurizzare una ricca esperienza di insegnamento al Liceo Capece di Maglie dove tenne, per molti anni, la cattedra di italiano e latino”.
Rare, come ricorda lo stesso Panarese, le sue pubblicazioni, fra cui una sull’opera di Nicola De Donno, pubblicata su “Sallentum” nel 1984, la Prefazione al libro di Nella Piccinno “Erano i miei segreti”(1991), e una lezione sull’Infinito di Leopardi in “Note di storia e cultura salentina”(XVII, 2005); infine, il libro postumo di poesie “Canto della vita” (2011). Pubblicava i suoi versi su riviste, fra cui “Presenza Taurisanese”.  Il volume termina con poesie e prose di Mario. Poi, si chiude il libro e si conserva la memoria.
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DELEO ERGO SUM eclisse inspirations, vol. II Emilio Isgrò, La cancellatura e altri particolari (1993) [from Alberto Fiz interview with Emilio Isgrò, 2013] In 1964 the Erasure (”cancellatura”, artistic movement -EDIT) was born. What were the reasons that led you to such an evasive gesture?  The idea that art was not an object to hang on the wall or to present on a basis, but rather a social tool for discussion and growth. For me it was equivalent, then as today, to a formative process that allowed the circulation of new ideas. At the beginning of the Sixties I was a journalist at the 'Gazzettino' ( 60s italian newspaper -EDIT) in Venice, where I was involved in culture news and themes. Once, correcting an article, I suddenly realized that erasing had more power than words. It was a revelation for me, and from that moment on I undertook a radical operation, destined to upset the rules of the system, so much so that it coined extremist slogans, like 'The word is dead', which caused quite a stir. It was evidently an exaggeration, but it described well my mood and the desire to react to the fullness of words that Western culture had done. In the world of art, then, the correspondent of the word was the image of consumption, which with Pop Art had taken over, becoming too cumbersome. So curious that a resolute criticism of the word came from those who, like you, attended the literary avant-gardes and had formed with the poem by publishing a collection appreciated by Schwarz (italian editor -EDIT) as Fiere del Sud. My position, on closer inspection, allowed the word to strengthen itself and to recover an energy that was fading away. 'The word is dead' was the point from which we had to start again. My activity as a poet, therefore, was not at all in contradiction with that of the canceller. I would say that the first was the premise of the second. From the niche literature I passed to an action that interferes with the whole communication system. Anyway, poets did not think so...   In fact, the erasing profoundly shook the literary world, and not everyone took it well. Eugenio Montale, who appreciated my work as a poet, refused it without hesitation. With him we created a friendly relationship, and often came to the editors of the 'Gazzettino', from where we started to take long walks through the streets of Venice. When I showed him the deletion, he was very upset, and we have not been there since. More available Pier Paolo Pasolini, who for another had favorably reviewed Fiere del Sud, but perhaps he had not fully understood the deletions, even though they were somewhat suggestive. He told our common friend Elsa De Giorgi that he did not approve of them, but that “Isgrò could afford them”. Those who did not have doubts, however, was my friend Andrea Zanzotto. [...] On balance, however, I could say that the art environment had implemented the erasure better than the publishing world [...] After all, you have always been a loner and of Erasure you were not only the creator and the theorist, but the president and the sole administrator of Cancellatura s.p.a., (a center of creative thought that could not make other proselytes -EDIT) The erasure is an individual and in some ways solitary path whose results lead to an irreparable split, also from a theoretical point of view, with respect to the avant-gardes. It is an absolute gesture, with no return, far from Dadaist nihilism. In the words of Joseph Schumpeter [Austrian economist of the beginning of the century, -EDIT], I could say Erasure is a form of creative destruction. 
Can you make this clear? The gesture is absolute, but the action has nothing dogmatic. On the contrary, it is a dialectical and relational one. Erasure is the brick used for the construction, or better still, the zero in mathematics, called to form all the numbers and all the values. Compared to a hierarchical and vertical system like the one imposed by the avant-gardes, Erasure represents a highly innovative linguistic hypothesis. It is not a gesture like the others, but it is the questioning of one's gesture on the basis of an operation where the artist himself erases his hypertrophic IO. The avant-gardes needed to find an enemy to fight, an aesthetic or political movement to oppose. I do not have the problem of killing the father, and Erasure develops as a cathartic action that does not seek clash with social principles, but undermines its foundations, freeing the viewer from a passive position of pure contemplation. But from Malevich to Twombly, from Schwitters to Rotella, delation, albeit “in nuce”, is a well-known theme in the art of the 20th century. Why did you choose to make it the central aspect of your research? Even the apples that fall from the trees were well known in Newton's time. Only that only Newton noticed it. I, unfortunately for me, are certainly not Newton, and this hurts my self-esteem. On the other hand, such frustration did not stop me from immediately understanding that the deletion is a kind of black hole around which the universe of words gravitates and human communication in general. And as for the artists that you quote, yes, it is true, they also deleted them, but they did not even notice it ... because they canceled functionally, in a state of necessity, perhaps to correct their errors in drawing or perspective, without even realizing of the creative potential they had in their hands. El Greco also erased the sky, filling it with angels, cherubs and focomelic cherubs. Not to mention Mondrian, who would have arrived at absolute abstraction by erasing the leaves of a tree. In my case, however, this hypothesis is reversed, and the true subject is precisely the negation as an indispensable premise of the affirmation. What seemed impossible, becomes possible, with all its charge of ambiguity. I can reiterate what I said twenty years ago: 'the hand that cancels is the only one that can write the true and the false together' ". 
Do not you risk, therefore, of moving from the nihilism of the avant-gardes to the indifference of Erasure?   This eventuality does not occur because Erasure sometimes pretends to be neutral, but sometimes takes position, as it interrupts the flow of communication, changing its orientation in an unpredictable way. It avoids any form of taboo or symbology, placing itself at the right distance both from the past and from the present, without any preclusion. Perhaps this is why it was particularly appreciated by the postmodern [...] Why did you decide to delete the word and not the image? It probably influenced my poet's past. In an age with a high ideological rate, then, intervening on the word was a much more corrosive action. In the past, the most extreme gesture had been made by Mallarmé, proposing the blank page as the last, supreme possibility of poetry [...]  So, in 1964 you began to delete the newspaper articles, then move on to the works of thought, so much so that in 1970 launched an attack on a monument of culture and on the occasion of an important exhibition by Schwarz present the Encyclopedia Treccani canceled. That was an act that created much controversy, as it struck one of the pillars of Italian identity. It was certainly not a gesture against culture, but an opportunity to rethink it in renewed terms [...] Does not the erasing run the risk of remaining a stuck gesture, unable to renew itself? Absolutely not. Unlike other signs related to the neo-avant-gardes, Erasure is never aseptic or static, but is relational. It has the ability to absorb the context by continually changing itself. If you cancel the devil, it is diabolical, if you cancel God is divine. In this way I could get to the Mona Lisa or to the Last Judgment. In other words, a delirium of omnipotence! A methodology that allows me to act taking charge of the subject, and this radically changes the perception of the sign, avoiding any form of rhetoric. What is the difference between erasing the Treccani Encyclopedia or the Constitution, two acts carried out forty years later, the first in 1970, the second in 2010? First I canceled a monument of culture; then a social pact of a people in danger. Erasure, therefore, always arises as a solution to a problem. When I delete the traces remain, but no longer the premises from which I left, or the problem. The erasure is not simply a denial, but has the capacity to revitalize the context and, as the poet-psychoanalyst Basilio Reale wrote with long-sightedness many years ago, it is 'a supportive therapy' to the word. How to say a homeopathic cure, a cardiac massage in front of the television chatter, the bulimia of a stereotyped language, slogans to be scrapped, and tormentoni like 'aiming at growth' or 'Europe asks us'. 
But did not you say that the word is dead?  In fact, it is dead and must be resurrected through Erasure. “Nous voulons effacer, nous voulons rêver”. “We want to cancel, we want to dream”. These are the only words that I saved from the cancellation of the Manifesto of Futurism I made in 2012 for the Mart in Rovereto.
other works (selection): non-fiction La cancellatura e altre soluzioni, Skira, 2007 theater L'Orestea di Gibellina e gli altri testi per il teatro, Le Lettere, 2011 poetry Fiere del Sud, Schwarz, Milano, 1956 L'anteguerra, Einaudi, Torino, 1963 Brindisi all'amico infame, Nino Aragno Editore, Torino, 2003 fiction L'avventurosa vita di Emilio Isgrò, Il Formichiere, Milano, 1974 [Interview taken from the volume: Emilio Isgrò, Come difendersi dall’arte e dalla pioggia, Maretti Editore, 2013, pgs. 266, € 22.00]
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latinabiz · 3 years
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Parentesi musicale alla rassegna “Il Parco e la Commedia” a Sabaudia
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Persone presenti Persone presenti TYhe Scoop Jazz Band Gianni De Feo Locandina Il Parco e la Commedia Il Parco e la Commedia cambia ritmo e le sue notti di teatro si dipingono di blu. La decima edizione della rassegna promossa dalla Pro Loco di Sabaudia, curata dal direttore artistico Umberto Cappadocia e dal presidente dell’Associazione Gennaro Di Leva, con i patrocini di Regione Lazio, Provincia di Latina, Città di Sabaudia, Parco Nazionale del Circeo, UILT- Unione italiana libero teatro e Consorzio Pro Loco Circe torna ad accogliere “Musica in Blu, Quando il canto recita”. La “parentesi” in musica, nata nel 2013 in continuità con Il Parco e la Commedia ma allestita nelle precedenti edizioni in centro cittadino nelle “quinte” di Palazzo Mazzoni, riesce a coniugare due espressioni artistiche, la musica e la recitazione, che incontrandosi danno vita a quel recitar cantando tanto caro alla tradizione artistica italiana. A raccontare l’incontro tra musica e recitazione nell’arena del Centro visitatori del Parco nazionale del Circeo, lunedì 2 agosto come sempre alle 21, dei vecchi amici del Parco e la Commedia presenti nel palinsesto della rassegna già dalla seconda edizione. Dalle redazioni delle più importanti testate nazionali torna sul palco del Parco The Scoop Jazz Band, la formazione composta da professionisti dell’informazione, e non solo, che racconterà il suo personalissimo Louis & Fred, un omaggio a due grandi musicisti, due autentici pionieri divenuti icone del jazz: Fred Buscaglione e Louis Armstrong. Musica e parole per ripercorrere l’incontro, in un Sanremo del 1968, tra il padre del jazz moderno e uno dei musicisti più rappresentativi del panorama nazionale, in un avvincente racconto a più voci attraverso le tappe principali di due straordinarie carriere musicali e umane. Martedì 3 agosto invece, Il Parco e la Commedia esaudisce il desiderio di riavere nuovamente nel proprio palinsesto un interprete eccezionale: Gianni De Feo che trascinerà tutti i presenti nel suo Federico dei sogni. Lo spettacolo, scritto e diretto da Germano Rubbi, con Gianni De Feo e Daniele Mutino e musiche originali di Francesco Verdinelli, celebra in maniera unica e originale la personalità di Federico Fellini, il più geniale e onirico artista italiano del ‘900. Federico dei sogni non è solo uno spettacolo di teatro con musiche dal vivo, né una ricostruzione autobiografica del grande regista, né immagini dei suoi film. Federico dei sogni è un sogno stesso. Un sogno in cui di certo c’è solo la fisicità dell’attore che interpreta il protagonista dalle molteplici identità. I film di Fellini, gli aneddoti sconosciuti e le curiosità più bizzarre, le visioni riportate nei disegni del Maestro appaiono come tutto e il contrario di tutto. Quando sembra che il protagonista stia descrivendo la scena di un suo film, c’è sempre un cambio di traiettoria nei suoi pensieri che rimette in discussione le poche certezze che lo spettatore stava afferrando: è un racconto o un sogno? La risposta, forse, può essere svelata solo attraverso la capacità di sognare a occhi aperti. Ogni appuntamento è come sempre a ingresso gratuito (fino a esaurimento dei posti contingentati nel rispetto della normativa anti-contagio) grazie all’imprescindibile sostegno economico di attività produttive che rinnovano il loro contributo e all’apporto degli Enti che con il loro appoggio consentono di portare in scena serate di teatro, dialogo e collaborazione, in uno dei luoghi più rappresentativamente “nostro” di questo territorio. BIOGRAFIE: Gianni De Feo Formatosi a Parigi dove studia tecniche del movimento presso la scuola di Jacques Lecoq, tecniche vocali e canto presso la Schola Cantorum, parola e gesto nello spazio scenico di Peter Brook con la direzione di Jean Paul Denizon, vive e svolge principalmente la propria attività professionale a Roma. E’ diretto, tra gli altri, da Sylvano Bussotti, Mario Scaccia, Werner Schroeter, Roberto De Simone, Lindsay Kemp, Dacia Maraini, Maurizio Scaparro, Antonio Salines. Per alcuni anni collabora con il Teatro Bellini di Napoli, partecipando inoltre all’ allestimento dell’“Opera da tre soldi” di B. Brecht nel ruolo del Cantastorie a cura di Tato Russo. Al Globe Theatre di Roma è Oberon nel Sogno di una notte di mezz’estate di Shakespeare, diretto da Riccardo Cavallo. Tra i ruoli principali interpreta Giacomo Leopardi, Marcel Proust, il Marchese De Sade, Jean Cocteau, Amedeo Modigliani, Oscar wilde, Eleonora Pimentel Fonseca. Dopo aver realizzato una versione musicale della Salomè di Oscar Wilde, mette in scena, come regista e interprete, diversi spettacoli di teatro-canzone ispirati ad alcuni grandi personaggi della musica tra cui Edith Piaf, Sergio Endrigo, Jacques Brel, Charles Aznavour. Daniele Mutino Compositore, pianista, fisarmonicista, cantastorie e antropologo culturale.Come compositore, oltre alla musica per i propri progetti e spettacoli, ha composto e realizzato la colonna sonora originale di numerosi spettacoli teatrali in Italia e all’estero (Portogallo, San Francisco, New York), partecipando anche alla realizzazione di film, docufilm e documentari per il cinema, la televisione e il web; tra i numerosi registi con cui ha realizzato in questo senso segnaliamo: Davide Iodice, Paolo Castagna, Veronica Cruciani, Paolo Pasquini, Jurgen Fritz, Per Jason, Mario Martone, Christopher Fulling, Nuccio Siano, Lidia Biondi, Memè Perlini, Nino Racco, Valentina Padovan e Antonio Damasco per il teatro, Loredana Dordi, Wladimir Therkoff, Felice Farina, Pino Iannelli, Salvatore Samperi per la televisione, Mario Martone e Eugenio Cappuccio per il Cinema. La scrittrice e giornalista Maria Lanciotti, attraverso una lunga intervista, ha scritto su di lui un libro dal titolo “Storia di un cantastorie – Daniele Mutino una fisarmonica itinerante”, Edizioni Controluce (I edizione 2014, II edizione 2019), libro vincitore del “Premio Capit per l’editoria del III millennio”. Germano Rubbi Attore, autore e regista compie i primi passi come attore teatrale giovanissimo interpretando nel tempo ruoli in diverse produzioni, sia teatrali che televisive, lavorando per registi e gruppi quali Beppe Chierici, Paolo Baiocco, Mario Mearelli, Cathy Marchand (living theater), Raffaele Mertes, Carlo Emilio Lerici, Antonio Salines (teatro “Belli”). Compie i propri studi universitari presso “la sapienza” di Roma dipartimento Arti e Scienze dello Spettacolo in cinema e teatro, rivolgendo i propri studi specialistici verso la messinscena del teatro greco, della commedia dell’arte, del teatro contemporaneo e dell’analisi del linguaggio cinematografico, avendo l'occasione di frequentare i maggiori pedagoghi, italiani e non, di regia, drammaturgia e sceneggiatura quali: Eimuntas Nekrosius, Salvatore Maira, Josè Luis Sànchez Martin, Gabriele Lavia, Claudio de Maglio, Ferruccio Marotti, Clelia Falletti, Luciano Mariti. Firma numerose regie di spettacoli di teatro e cortometraggi in diversi teatri e manifestazioni nazionali ed internazionali.Collabora stabilmente con Enti locali, teatri e con scuole medie, superiori e college come referente di progetti riguardanti laboratori di produzione cortometraggi e laboratori teatrali sia in Italia che all’estero (USA; Canada; Francia). Dal 2017 è direttore artistico dell’associazione “Magazzini artistici”. Francesco Verdinelli Ha composto ed eseguito musica dal 1979 ad oggi per oltre 250 fra spettacoli teatrali, musicals, piéces, film, documentari, con le regie diTinto Brass, Roberto Lerici, Giancarlo Nanni, Antonio Salines, Rodolfo Rodriguez, Bob Marchese, Simone Carella, Peter Chatel, Andrea Buscemi, Mario Prosperi, Gianni Ippoliti, Carlo Emilio Lerici, Luca De Bei, Alessandro Machia, Saverio Deodato, Gaia Riposati, Alberto Bassetti, Salvatore Braca, Maria Rosaria Omaggio, Enrico Maria Lamanna, Germano Rubbi, Gianni de Feo, Isabel Russinova, Cinzia Monreale, Luciano Roman, Fabrizio Bancale, e molti altri. Inizia dal 1982 a comporre colonne sonore per televisione e per il cinema e parallelamente scrive musica per diversi musical, alcuni dei quali con record assoluto di repliche in Italia. A questi primi lavori seguono fino al 2014 oltre 160 documentari e film per i quali ha scritto la musica originale (Cuore Cattivo, di Umberto Marino con Kim Rossi Stewart e Valerio Mastrandrea; Angela come te con Barbara de Rossi e Antonella Ponziani, Diritto di sognare di Renzo Rossellini e molti altri) Nel 1996 compone le musiche ufficiali per il trentennale del WWF Italia, Con gli occhi del Panda. Nel 2007 è il compositore dell'inno ufficiale del WWF Russia. Nei primi anni di attività (fine anni ’70) parallelamente alla composizione ha suonato dal vivo e in studio di registrazione con diversi artisti fra i quali Lucio Dalla, Ron, Ivan Graziani, Jenny Sorrenti e numerosi altri. Read the full article
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pangeanews · 5 years
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“Un uomo dall’ispirazione epilettica”: Cesare Pavese in viaggio tra “Moby Dick” e l’Iliade
Cesare Pavese aveva i polmoni in due luoghi tra loro opposti: da una parte respirava l’aria immensa e pionieristica delle pianure statunitensi, dall’altra la bava di vento secca, essenziale della Grecia arcaica. Zone del tempo e del mondo in apparenza inconciliabili. Pavese credeva che gli States, con le loro «sensibilità nude e primordiali», fossero un avamposto di quella perduta grecità. Walt Whitman è un novello Omero, Herman Melville un folgorante, complessissimo Esiodo, Emily Dickinson è Saffo, Hart Crane è il Pindaro dell’età meccanica, William Faulkner è il primo dei tragici, Eschilo, ed Ernest Hemingway Euripide: con una capriola da circo il gioco è fatto. Per confermare il refrain da scimmie ballerine che Pavese è stato il grande sdoganatore della letteratura a stelle e strisce si leggano i suoi articoli americani radunati in Saggi letterari (Einaudi, Torino 1951, 1977). Per carità, nulla di travolgente ma se contiamo che quei nomi li conosceva grosso modo solo lui, lì sta il lavoro del cercatore d’oro con il setaccio. Con quell’articolo, dal titolo indicativo Middle West e Piemonte (era il 1931), dedicato all’opera di Sherwood Anderson, che è un po’ la cassa degli attrezzi del Pavese artista. Loro come i greci, noi come loro: eccomi, un Erodoto che ha fatto un master a Chicago.
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Che poi non le azzecchi proprio tutte ci sta. Di Herman Melville, ad esempio, Pavese non sopporta le sofisticherie, e tende a guardarlo come lo scrittore di quell’unico immane capolavoro, Moby Dick, che lui peraltro tradusse graziosamente nel 1932, salvando poco altro. Non gli garbano i congeniti difetti – troppo allegorismo in tridimensione postmoderna – di Mardi e ancor meno Pierre: «lo stile si fa convulso, l’ispirazione epilettica, frammentaria, il senso delle proporzioni viene meno e, su qualche pagina ancor tagliata all’antica, si stende una palude di paroloni, di stonature e di sottigliezze, che non solo è noiosa, ma dopo tutto anche ingenua. Davvero il libro sembra scritto da Achab». Ecco, noi dopo consimile descrizione lo cercheremmo per terra e per mare, quel romanzo sconsiderato, Pavese lo getta alle acque. Sia chiaro, Melville rimane sull’albero maestro («Un greco veramente è Melville»), ma non influisce per nulla sulla scrittura del piemontese. Peggio per lui.
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Non è che con William Faulkner vada molto meglio. Ossia: Pavese ne riconosce la grandezza assoluta, ma non la comprende per intero. Eppure ci regala una definizione sua che è quasi un colpo di tacco: «Non è un uomo che scrive, è un angelo; un angelo, s’intende, senza cura d’anime». Le tagliole da superare, probabilmente, sono quelle del “modernismo”, che Pavese non ama proprio. Joyce può far correre brividi sulla schiena dei pionieri fessi, noi europei abbiamo Boccaccio e Rabelais; Gertrude Stein è semplicemente «insopportabile a noi». Gli Stati Uniti sono un antidoto reale, “terrestre”, al vizio letterario, al naso all’insù europeo.
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Già, ma il vizio suo d’origine, il peccato originale di Pavese è quello di non aver saputo scrivere il grande romanzo. Così vanno le cose, e così, un poco subdolamente, ricamava Calvino, quando, annunciando nel 1951 proprio la cisterna di saggi del piemontese, scrisse che «in verità non si può separare l’opera creativa di Pavese da quella battaglia culturale», che è come dire che l’opera da sola non si regge, ha necessità di quelle lodevoli stampelle, quando tutti sanno che l’opera se è tale resiste a ogni partito, a ogni “battaglia culturale”, al suo creatore. No, Pavese non fu un grande scrittore, fu uno scrittore enormemente “gradevole”. Avrebbe voluto essere greco o statunitense – a proposito, leggete Erskine Caldwell e l’epica facile come una sorsata di sidro di John Steinbeck e scoprirete due altri cugini suoi – ma non fu né carne né pesce. Cioè: né goliardamente pionieristico, né severamente cinico. Eppure, e fu il primo furto serio, da goderne per tutta l’estate, rubai in giovinezza un volume che coglieva tutti i suoi romanzi. Prima restandone sedotto, poi fortemente deluso (a guardare un poco a lato sullo scaffale mi sarei intascato Conrad o Tommaso Landolfi). Non c’è niente da fare, Pavese è uno scrittore di esperienze, ed è per questo che non c’è uno che ne possa uscire pulito, per dire, dalla lettura del Mestiere di vivere, perché sembra sempre che egli si rivolga a te, alla tua intimità, alla tua disumana umanità. Ma questo non basta a farne un grande scrittore. Che Pavese, vista anche la tragedia della fine, sia il nostro Albert Camus con grammi di aggressività e ferocia in meno, è cosa su cui trastullarsi.
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Sulla poesia, poi, come a dire, altro giro, altra corsa. Pavese ha sempre messo nella lista dei suoi libri migliori Lavorare stanca, la prima raccolta di versi del 1936. I romanzi, giudizio che più sommario non si può, sono una variante lunga di quelle vicende e di quelle atmosfere. Che più che di Walt Whitman, su cui il piemontese scrisse una tesi di laurea, risentono di una profonda escursione in Edgar Lee Master e in Charles Baudelaire, con stoccatine crepuscolari. La critica col lauro, come è noto, non la pensava così. Il silenzio fu tambureggiante all’epoca della pubblicazione del libro, e i giudizi a tagliola dopo. «Short stories chiuse e tetre di personaggi tipizzati, che oscillano tra referto realistico e proiezione dell’autore stesso», la faceva breve Pier Vincenzo Mengaldo, con fiocinata da lancillotto: «la poesia pavesiana ha ricevuto attenzioni anche superiori ai suoi meriti». Sul trotto lungo, però, Pavese l’ha vinta. Oggi parecchi ragazzotti scrivono come lui settant’anni fa, con quello zoccolare narrativo e malinconico assieme, da sfigati che guardano altre la siepe un infinito scialbo. Eppure ha ragione Pavese, quello è il suo libro più “patetico” e bello, in cui si compone la grande sbandata per la grecità. Liriche come Mito e i diversi “notturni” preparano la radicalità delle Poesie del disamore. Dove un’antichità digerita con stomaco da leone si fa cristallina, aerea, astratta, lancinante. Non gli perdoneranno neppure quegli ultimi “scherzi”, neppure i versi postumi, etichettati da Mengaldo come una «droga di intere generazioni di liceali».
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Ma prima, è il 1947, c’era stato il libro più amato e più discusso, i Dialoghi con Leucò (in una intervista radiofonica del 1950 il piemontese, ridimensionando la portata dei suoi romanzi, disse con chiarezza: «Pavese ritiene i Dialoghi con Leucò il suo libro più significativo, e subito dopo vengono le poesie di Lavorare stanca»). Libro misterico e inattuale, esso rilegge la grecità vissuta dall’autore, per negativi e scarti, per domande prime. È come se Omero fosse stato messo in scena da Beckett, e il biancore è in ogni cosa, abbacina. «Un libro come i Dialoghi seguita a vivere con l’autore, perché è gremito di futuro e d’inespresso», scrisse Emilio Cecchi su Paragone, nel 1950. Un libro che chi ne ascolta il suono non avrebbe dubbi, se lo porterebbe nell’ipotetica isola deserta. Il balzo nella grecità era allenato da tempo. Da un romanzo “etnografico” come La luna e i falò, ad esempio, in cui già Calvino aveva letto il rapporto centrale con Il ramo d’oro di Frazer, da un libro composito come Feria d’agosto, in cui ha luogo nucleare il bel brano Del mito, del simbolo e d’altro. «Il mito è insomma una norma, lo schema di un fatto avvenuto una volta per tutte, e trae il suo valore da questa unicità assoluta che lo solleva fuori dal tempo e lo consacra rivelazione», ecco la formula geometrica di un discorso mitologico “fisso”, arido, perpetuo e che precede la letteratura, quella formula prima che Pavese è andato ricercando con pena attiva nei suoi Dialoghi. Semmai da comparare al mito “in divenire”, mosso e inquieto scandagliato per tutta la sua opera da Pier Paolo Pasolini.
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In serie, tutta una teoria di vigorosi passi verso Omero e compari, dall’amore per Ernesto de Martino e la messa in mare, assieme a lui, della “Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici”, la celebre “collana viola” ardentemente voluta da Pavese; la passione a fegato aperto per Raffaele Pettazzoni e la inesausta messe dei Miti e leggende di tutto il mondo edita dagli “avversari” della Utet; l’impresa di Rosa Calzecchi Onesti, la traduzione di Iliade e Odissea seguita palmo a palmo, con estro (colto da furore eroico, Pavese cominciò una versione mai conclusa della Teogonia di Esiodo). E in mezzo, a fare da ponticello di quattro assi e due corde tra le isole greche e le epiche rout degli States, i precocissimi esercizi di stile, condotti tra il 1923 e il 1928, dentro il Prometeo slegato di Percy Bysshe Shelley (ora Einaudi, Torino 1997), cioè classicità messa in brillantina moderna, e la catabasi costante in Leopardi, superbo lettore dei classici e truce fustigatore dei “moderni”. La strada da qui a lì, da Smirne a New York, Pavese se l’era lastricata bene. Poi, è questione di armare la barca, affrontare gli oceani, e avere braccia robuste. (d.b.)
L'articolo “Un uomo dall’ispirazione epilettica”: Cesare Pavese in viaggio tra “Moby Dick” e l’Iliade proviene da Pangea.
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colospaola · 7 years
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Sarà un lungo viaggio nel cuore dell’India che Lugano, con Focus India, proporrà per quattro mesi a chi ama l’Asia in ogni suo aspetto, dalla fotografia alla danza, dalla musica all’arte, al cibo fino alla medicina ayurvedica e alla meditazione.
Fu nel 1808 che venne edito a Heidelberg, per Mohr e Zimmer, il saggio Sulla lingua e la sapienza degli indiani di Friedrich Schlegel, dove lo studioso sosteneva che il sanscrito fosse all’origine delle lingue europee come il latino, il greco e il tedesco e che il pensiero indiano avrebbe influenzato l’Occidente come l’antichità greco-latina nel Rinascimento.
Focus India sarà davvero un viaggio che racconterà di come gli europei si sono interessati alla filosofia e ai simboli, ad ammirare la crescita dell’industria cinematografica di qualità indiana accanto alla commerciale Bollywood, a vedere la miseria e i guasti del colonialismo, alla pittura e ai suoni incantati del sitar, a cercare l’illuminazione spirituale.
Per il grande progetto di Focus India, il curatore Elio Schenini ha portato nelle sale del Lac, fino al 21 gennaio 2018, la mostra Sulle vie dell’illuminazione – Il mito dell’India nella cultura occidentale, 1808 – 2017, con il patrocinio dell’Ambasciata indiana in Svizzera, che racconta l’influenza che la cultura indiana ha avuto sull’Occidente a partire dal Romanticismo, oltre il secolo dei lumi, per cercare emozioni nascoste.
Dopo la fine dell’età napoleonica, gli europei incominciarono a interessarsi dell’India, con i dipinti di pittori come l’americano Edwin Lord Weeks e ai racconti di viaggio, che spesso furono da spunto per poeti, filosofi e scrittori.
Le riflessioni su buddismo e induismo di Schopenhauer vennero usate da Hermann Hesse in Siddharta, libro di culto per diverse generazioni, mentre il lavoro di Carl Gustav Jung tra gli anni Venti e Trenta del Novecento indagò il taoismo e lo yoga, senza dimenticare la letteratura popolare di Rudyard Kipling e soprattutto di Emilio Salgari.
Tra la fine del 1960 e il 1961, il viaggio di Pier Paolo Pasolini con Moravia ed Elsa Morante diede vita a L’odore dell’India, pubblicato prima a puntate nel Giorno e poi raccolto in volume nel 1962 per Longanesi.
Roberto Rossellini in India filmò nel 1959 a Bombay e tra i pescatori di Versova, come fecero anche i grandi fotografi Henry Cartier-Bresson, Werner Bishof, Ferdinando Scianna e Sebastião Salgado, autori di straordinari reportage, visibili alla mostra luganese.
L’influenza della cultura indiana tra i Sessanta e i Settanta portò la gioventù europea, attirata dalla meditazione e dallo yoga, che avevano come sponsor i Beatles , che incontrarono il guru Maharishi Mehesh Yogi, o i poeti della Beat Generation come Allen Ginsberg, ospite dei bramini assieme a Orlovsky, oltre a architetti come Le Corbusier e la sua città ideale e artisti quali Robert Rauschenberg, Richard Long, Luigi Ontani o Francesco Clemente, alla ricerca dell’India come un modello di vita alternativo.
Ma Focus India proporrà anche una serie d’incontri con la danza, per esempio con Rising previsto per il 16 dicembre, un spettacolo coreografato da Russell Maliphant, Sidi Larbi Cherakoui e Akram Kahn, con il ballerino inglese di origine indiana Aakash Odedra, tra danza classica, indiana e contemporanea.
Il 18 novembre suonerà il grande sitarista Nishat Khan, che ha collaborato con Philip Glass, John McLaughlin e assieme a Eric Clapton e Carlos Santana, mentre il critico e produttore Marco M��ller propone la rassegna India: le affinità elettive. Il cinema e le altre arti, fino al 22 novembre, con diverse proiezioni e incontri per approfondire il legame tra il cinema modernista e quello visionario del cinema dell’India contemporanea, attraverso i linguaggi espressivi della tradizione, con il bengalese Satyajit Ray e l’esponente della nouvelle vague indiana degli anni Sessanta Mani Kaul.
L’India si svelerà anche con una serie di workshop sulla danza e la musica, con gli artisti presenti al focus, la meditazione e lo yoga nella Hall che si affaccia sul lago, la medicina ayurvedica e la cucina, con un approfondimento sulle spezie, a cura di Umila Chakraborty, Gianluigi Marini, l’artista Roberto Mucchiut e l’attrice e coreografa Lucrezia Maniscotti.
Il mondo dell’Oriente a Lugano Sarà un lungo viaggio nel cuore dell’India che Lugano, con Focus India, proporrà per quattro mesi a chi ama l’
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giuseppetripodi · 7 years
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Taormina e dintorni 
E’ assolutamente vero che Taormina è uno dei luoghi più belli del mondo. L’avrò visitata centinaia di volte e non mi ha mai deluso. Una passeggiata da Porta Catania a Porta Messina in mezzo ai tanti turisti e poi giù con la funivia fino alla costa per fare un tuffo nelle acque cristalline che circondano Isola Bella.
Appena arrivati in centro si viene subito rapiti dal profumo del pesce cucinato ad arte che si sente avvicinandosi ai ristoranti, e, anche se hai già pranzato, ti viene ugualmente la voglia di rimetterti a tavola. Ho cercato di impegnare la mente concentrandomi a fotografare le viuzze, i turisti e alcuni ragazzi che all’improvviso si sono messi a ballare la break dance.
Ho resistito al fritto misto ma non al gelato e nei pressi della Piazza IX Aprile mi sono fermato a guardare il ballo di questi scatenati ragazzi gustando un’ottima brioche.
Taormina è un luogo ricco di colori e il cielo, sempre azzurro, è il tocco magico che la rende unica.
Le piccole vie, addobbate con coloratissimi vasi e altri oggetti di ceramica, sono una goduria per gli occhi e c’è sempre qualcuno (compreso il sottoscritto) che si ferma a fare qualche fotografia.
Guy de Maupassant scriveva “Se qualcuno dovesse passare un solo giorno in Sicilia e chiedesse: “Cosa bisogna vedere?” risponderei senza esitazione: “Taormina” e come si fa a contraddirlo… bastano solo le bellezze paesaggistiche per essere totalmente rapito dalla straordinarietà di questo luogo.
  Un patrimonio artistico, storico e culturale invidiabile, una “verdissima” Villa Comunale, un imponente Teatro Greco-Romano e un antichissimo Duomo (del III sec. a.C.) sono solo alcune delle bellezze che si possono ammirare nel comune siciliano.
Una città con una grande storia che merita di essere visitata e non solo nel periodo estivo. Il clima infatti è sempre piacevole, tipico mediterraneo, mai troppo caldo in estate né troppo freddo in inverno.
Luoghi d’interesse (Wiki)
Piazza della Cattedrale
Duomo di Taormina, XII secolo d.C.
Chiesa Anglicana di San Giorgio (Taormina)
Chiesa del Varò, sec. XVIII-XIX
Chiesa di San Giuseppe
Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, sec. XVII
Chiesa di Santa Domenica, sec. XVII
Chiesa di San Pancrazio, sec. VI-IX?
Chiesa di San Pietro e Paolo, sec. XVIII
Chiesa Madonna della Rocca, 1640 ca.
Cappella della Madonna delle Grazie, 1850
Chiesa del Convento di Sant’Antonio da Padova (originariamente Santa Caterina d’Alessandria), sec. XVI
Chiesa di Sant’Antonio Abate, 1330
Chiesa di Sant’Agata e convento dell’Ordine dei predicatori di San Domenico, odierne strutture ricettive note semplicemente con l’appellativo di San Domenico. 1374 fondazione dell’istituzione.
Teatro greco-romano.
Teatro antico di Taormina
Domus San Pancrazio, I secolo a.C.
Le Naumachie, I secolo a.C.
Odeon, I secolo a.C.
Castello di Monte Tauro, X secolo d.C.
Palazzo Corvaja
Palazzo Duchi di Santo Stefano
La Villa Comunale
Casa Cuseni (uno dei più importanti esempi di Arts and Crafts fuori dal Regno Unito).
Isola Bella
Stazione ferroviaria Taormina-Giardini
Badia vecchia
Chiesa di Sant’Agostino sede della biblioteca comunale
La Villa Trevelyan Cacciola (ora giardini pubblici)
Isola Bella
Bella è bella, basta guardarla. Con una posizione dominante sulla costa di Taormina, l’Isola è sicuramente un luogo da visitare. Tanti turisti affollano le spiagge di Taormina facendo avanti/indietro da questa meravigliosa “perla del Mediterraneo“.
Al di là della bellezza in sé o della particolarità dell’isola/penisola (a secondo dell’alta/bassa marea) è la sua storia che mi affascina. Pensare di vivere in un posto del genere mi sembrerebbe molto strano eppure tanta gente è passata per quelle stanze. Tra i proprietari: Ferdinando I di Borbone; Pancrazio Ciprioti; Florence Trevelyan; i fratelli Leone ed Emilio Bosurgi e adesso di Assessorato dei beni culturali.
La Regione Siciliana, su sollecitazione del Comune di Taormina, l’Assessorato regionale dei beni culturali dichiarò l’isola Bella un monumento d’interesse storico artistico di particolare pregio in quanto «esempio isolato di unicum come valore naturalistico, storico e culturale», sottoponendola a vincoli di tutela.
Nel 1998 fu istituita riserva naturale, gestita dal WWF, poi dalla Provincia di Messina e di recente passata in gestione al CUTGANA, centro di tutela ambientale dell’Università di Catania.
Nel 2006 Isola Bella assieme a Taormina sono state iscritte nella Tentative List UNESCO per avere il riconoscimento di sito Patrimonio dell’Umanità
Giardini Naxos
Monumenti e luoghi d’interesse 
(Wiki)
Nike di Kalkis: rappresenta il simbolo di Giardini Naxos e del gemellaggio con Chalkis (1966);
Chiesa madre: S.Maria Raccomandata;
Statua di Teocles il fondatore di Naxos;
Parco archeologico di Naxos;
Castello di Schisò: ovvero una fortificazione militare sorta nel medioevo.
Chiesa S.Maria Immacolata;
Chiesa San Pancrazio;
Porta di Naxos; rappresenta il simbolo del gemellaggio con le Cicladi (2000);
Il tempio olimpico di Giardini Naxos;
Parco Apollo Archageta;
Città Arcaica;
Città del V secolo;
Monumento ai caduti della prima guerra mondiale, realizzato nel 1923 dallo scultore Anacleto Brunetto
Luoghi di culto
Chiesa Madre di Santa Maria Raccomadata
Chiesa Santa Maria Immacolata
Chiesa San Pancrazio
Chiesa Sant’Antonino
Eventi religiosi
Festa della Madonna: S.Maria Raccomandata. Patrona della città di Giardini Naxos
Festa di San Giovanni Battista. Patrono dei quartieri: San Giovanni e Mastrociccio
Festa di San Pancrazio di Taormina. Patrono dei quartieri: San Pancrazio, Recanati Mareprovvido e Schisò
Festa di Sant’Antonio da Padova. Patrono del quartiere Ortogrande
Festa della Madonna del Carmelo. Patrona dei quartieri Calcarone e Bruderi
Festa della Madonna: S.Maria Immacolata
Processioni del Bambinello
Processioni delle varette ” Venerdì Santo”
Taormina Taormina e dintorni  E' assolutamente vero che Taormina è uno dei luoghi più belli del mondo. L'avrò visitata centinaia di volte e non mi ha mai deluso.
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Fiabe della Terra d’Otranto
Una raccolta di fiabe della Terra d’Otranto curata da Eugenio Imbriani ci arriva dal passato come uno scrigno di preziosi
  di Giuseppe Corvaglia
Un libro per curiosi, vecchi e giovani, è arrivato in edicola con Quotidiano di Lecce, ma si può acquistare anche sullo store dell’editore Del Grifo. Si tratta di Fiabe e Canti dell’antica Terra d’Otranto, 8,00 euro, pp 221.
L’edizione è stata curata da Eugenio Imbriani, che ci ha abituati alle  “chicche” sempre molto interessanti e ora ci regala questa raccolta, accompagnandola con un bel testo introduttivo che ci conduce nel mondo fantastico evocato da questo libro.
Il libro propone alcuni libretti di fine ‘800 e di inizi ‘900 scritti da Pietro Pellizzari e Giuseppe Gigli che raccolgono fiabe, canti e indovinelli.
Imbriani, nella sua introduzione, ci dice che i materiali sono distribuiti in maniera piuttosto disordinata, ma proprio questo rende la pubblicazione particolare e appassionante, perché la si può leggere nell’ordine dato e si può piluccare, cogliendo di fiore in fiore, senza perderne il senso e la gradevolezza. È  come uno scrigno che contiene gioie preziose e la lettura è come un’avida ricerca che quei tesori ci fa scoprire, godere e ammirare.
Il primo gioiello sono fiabe per lo più note ai Salentini, perché alcune di queste fanno parte di rinomate antologie, da Calvino a De Donno a Bronzini, ma soprattutto perché molti le ricordano, in tutto o in parte, dai racconti dei loro maggiori.
Talune, infatti, emergono dalla memoria, altre si ricordano in parte, come è stato per me per quella del Ciucciu cacazzacchini; altre si incontrano per la prima volta, come per me la fiaba de lu Purgineddhru o quella dei Musceddhri, o ancora quella dei Persi, una banda di scapestrati che conquisterà il tesoro di un Regno con l’arguzia e le qualità di ognuno (uno per tutti e tutti per uno e dire che il capo era considerato un buono a nulla).
Talvolta queste storie sembrano dimenticate e talvolta sembrano nuove, ma sempre sono avvincenti ed edificanti con le loro morali, come si addice alle favole.
Una in particolare mi ha attirato, non solo per ragioni campanilistiche, poiché è ambientata nel mio paese, Spongano, e riferita all’autore da Paolo Emilio Stasi, ma perché descrive la storia di molti meridionali (e non solo), a disagio nella loro terra, avara di risorse, che porta i genitori a privarsi del necessario per mandarli lontano a farsi una posizione o a formarsi per affrontare la vita: la Scola de la Salamanca. (Mi preme chiarire che la fiera o paniri, che la fiaba attribuisce a Spongano, è la Fera de Santu Vitu di Ortelle, ma non è un errore, è che a quei tempi Ortelle e Spongano facevano parte dello stesso Comune).
Tutte le fiabe proposte sono godibili e interessanti; quelle di Pellizzari sono particolarmente preziose perché scritte in un dialetto antico, ma fluido, magico, evocativo e sono corredate anche da una felice traduzione e da note anch’esse puntuali ed efficaci. Sono note che non consentono solo di comprendere il testo, ma spiegano, agli appassionati estimatori del dialetto, l’etimo di molti vocaboli e modi di dire, parti integranti del nostro lessico. Anche le favole di Giusti sono gradevoli e pregevoli, ma sono scritte “solo” in lingua italiana.
  Altro dono prezioso sono i canti che raccontano storie d’amore puro, d’amore corrisposto e d’amore contrastato, di devozione e di sdegno d’amante.
Molti di questi sono davvero delicati e struggenti, sono pregni di immagini poetiche elevate, da antologia (Conca cilestra d’oru, unica spera/ quannu te nfacci lu sule se scura/ si fatta comu fiuru a primavera,/ sì fatta cu cumpassi e cu misura./ Ca quannu fice tie, bellezza altera,/l’urtimu sforzu fice la Natura), (Ulia cu aggiu l’arte de Virgilio:/ nnanzi le porte toi nnucìa lu mare/ e de li pesci me facìa pupiddhru, /mmenzu lle reti toi vinìa ncappare;/ e de l’aceddhri me facìa cardillu,/Mmenzu lu piettu tou lu nidu a fare/ e sutta l’umbra de lu tou capiddhru / vinìa lu menzugiornu a riposare.) (Porti li musi russi comu cirasa,/ lu culure ci porti è de na rosa;/ quannu camini tie trema la casa/ Pouru amante tou, comu riposa?/ Se pe sorta iddhru vene a casa / vene cu viscia tie, pumu de rosa/ e se pe sorta se chiga e te vasa,/ dapu vasata, te pija pe sposa).
Dalla raccolta di G. Palumbo, tratta dal libro, Coloni imbacuccati in segno di lutto
  Molto interessanti sono anche altri canti di argomento religioso o narrativo (Na donna me prumise le quattr’ore./ Ieu lu meschinu, me pusi a durmire./ quannu me risbigliai fora nov’ore/pensa se persi tempu allu vestire!/ Nnanti alle porte fui de lu miu amore:/ eccume, beddhra mia, famme trasisire./ Iddhra me disse: va cchianta cicore/ cinc’ama donne no pensa a durmire.) (L’amore m’à rennuttu a malatia;/ m’à rennuttu mme pigliu l’ogliu santu;/m’à rennuttu nnu ramu de paccia,/ quattru medici stane a la miu ccantu./ E lu maggiore medicu dicìa:/ figliu, ci campi, non amare tantu./ e ieu, dintru de mie, rispunnia:/ ieu vogliu amare, e poi o moru o campu ).
In “Uh ci si beddhra”, uno stornello a rime identiche, viene raccontata la storia di due innamorati che cercano un pretesto per vedersi. L’innamorato suggerisce di andare da lui per prendere del fuoco, perché lui ha pietra focaia e acciarino e se la madre dice che la ragazza ha tardato dirà che c’è voluto più tempo per accendere e se si vedono i segni dell’amoreggiare sulle labbra potrà sempre dire che è stata una scintilla. (Uh ci si beddhra! Quantu ulìa tte vasu!/ Pijate na paletta e troa lu focu:/viti ca troi a mie mpuntunatu;/ portu scarda, focile e scettu focu./ Ci mammata te dice ca hai tardatu/ dine ca nu bastai a truare focu./ Se poi te vide lu musu sugatu, / dine ca foe fusciddhra de lu focu.)
Qui il Giusti si “riscatta” e ci propone canti pregevoli in dialetto, come quelli del Pellizzari, e indica pure le diverse aree di provenienza, che vanno da Leuca alla Valle d’Idria. Sono composizioni che talvolta sono arrivate a noi come canti, (Cu l’acqua ci te llavi la matina, Oddiu quantu su erti sti pariti, Sia Beneditu ci fice lu munnu…) o come parti di canti noti (…ci era pintore ieu te dipingeria/ nu litrattu de tie me nn’ìa de fare oppure …lu latte ca te dese la toa mamma/lu teni a mmucca e no lu sputi mai…) che ritroviamo nel repertorio di canti proposti dai tanti gruppi di musica popolare, ma nella maggior parte ci restano come versi, non per questo sono meno musicali e pregevoli.
Proprio il Giusti, che aveva pubblicato le fiabe in italiano per renderle fruibili anche ai non Salentini, ci fa un dono raro, inserendo nel suo libretto una dotta disquisizione del Maggiulli sui dialetti della Terra d’Otranto.
Dalla raccolta di G. Palumbo, tratta dal libro: vecchia di Martano (1907)
  Ci sono poi degli indovinelli intriganti  e un’antologia di fotografie di Giuseppe Palumbo, il “fotografo in bicicletta”, che ci mostra, con dovizia di particolari, il mondo salentino dei primi anni del secolo scorso, le persone, i mestieri, i luoghi: la vita.
Popolane che attendono il passaggio del corteo nuziale (1907), sempre dall’archivio di G. Palumbo e tratta dal libro
  Potete così comprendere perché ho paragonato questo libro a uno scrigno che contiene gioielli mirabili e la sua lettura al frugarci dentro per trovare le gioie più belle e rare da conservare nel cuore.
L’addobbo di una via a teorie di archi variopinti (1918-1919), dalla medesima raccolta
  Qualcuno potrà obiettare che alcune di queste fiabe o di questi indovinelli o di questi canti sono già comparsi in altre raccolte, ma ritrovarli in questa pregevole edizione, è una gradevole occasione per custodirle e per soddisfare la voglia di meraviglia, le tante curiosità che abbiamo, ma anche per rievocare ricordi sopiti dell’infanzia e per meravigliare quel bimbo che, dentro di noi, non si perde, anche quando diventiamo poveri uomini che si credono celebrità e “…san leggere di greco e di latino e scrivon, scrivon e han molte altre virtù…” che non riescono a fermarsi e ad abbandonare “i rei fantasmi” e invece dovrebbero fare un bagno vivificante in questo mondo favoloso.
La mungitura all’ovile (1909), dalla raccolta di G. Palumbo
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Fulvio Marino: Polibio
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Fulvio Marino: Polibio
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RELIGIO INSTRUMENTUM REGNI
Al centro del Peloponneso, verso nord e non lontano dal santuario di Olimpia, c’è una città, il cui nome è Megalopoli. E’ la città in cui nell’anno 202 a.C. nasce Polibio, il futuro storiografo. Per una singolare combinazione costui, che, benché greco, diverrà uno dei più importanti testimoni della grandezza di Roma, ti va a nascere proprio nell’anno in cui Roma risolve a suo favore la seconda, lunghissima (16 anni ininterrotti), sanguinosa e terribile guerra punica, la guerra di Annibale. Presso Zama, infatti, Publio Cornelio Scipione, detto poi per la vittoria l’Africano Maggiore (cioè venuto prima nel tempo), sconfigge nella piana di Naraggara Annibale Barca, l’invincibile. Polibio poi sarà il più importante ed informato storiografo delle guerre puniche. Ma come mai?
Megalopoli, la sua patria, era parte di rilievo in una lega di città greche (allora la Lega non arraffava 49 milioni, pagabili in comode rate di ottanta anni), ed il nome della lega era Lega Achea. Ma non era l’unica lega esistente in Grecia (pensa un pò come stavano messi!): esisteva anche la Lega Etolica, un’aggregazione di città sorta contro i tentativi egemonici sulla Grecia da parte del re di Macedonia, Filippo V, discendente di Alessandro Magno. Questo re, mentre Annibale imperversava in Italia (qualcuno ha calcolato che per lui ci sono stati più morti che nella prima guerra mondiale in Italia), pensò bene di incoraggiarlo, sostenerlo, aizzarlo contro Roma. Come mai? C’è da ipotizzare che Roma gli desse più pensieri che non Cartagine. Se la supposizione è esatta, allora c’è da dire che s’è comportato in maniera insensata: se tu giudichi Roma più pericolosa di Cartagine, a fartela nemica c’è il rischio che ti presenterà il conto, ove mai la spuntasse contro Annibale. Filippo V avrebbe fatto meglio a restare neutrale e ad attendere gli eventi, onde poi regolarsi.
I greci della Lega Etolica, dunque, sono in frizione continua con il macedone, avvengono anche scontri armati, in cui Filippo V è sempre vincitore. Allora gli etolici si rivolgono a Roma, perché li aiuti nella guerra contro i macedoni. Ed a Roma non si aspettava altro, per fare i conti con Filippo V. Anche perché l’aver battuto Cartagine determina in Roma lo sprigionarsi delle energie delle categorie sociali ed economiche votate alla ricchezza mercantile, che nella famiglia Scipione avevano la punta di diamante, Scipione, il vincitore del terrificante Annibale. “Annibale è alle porte!”, era stato il grido di terrore, e tale rimase per secoli a Roma. Ebbene Scipione l’aveva allontanato, una volta e per tutte, aveva vinto un nemico per cui Roma avrebbe potuto morire. Che si seguano, dunque, le idee politiche degli Scipioni. E gli Scipioni guardano all’oriente con luccichio negli occhi. E, sulla strada dell’oriente, la prima regione è la Grecia. Dunque, invitati dagli etolici, non gli sembra vero, e rispondono che sì, Roma li proteggerà contro quel mascalzone di Filippo V, sostenitore di Annibale.
E la Lega Achea, di cui fa parte Megalopoli, patria di Polibio? La Lega Achea non vuole immischiarsi, proclama la propria neutralità. Ma ai romani non basta. Qualche settimana fa ho trattato un passo di Tucidide, in cui si narra la vicenda degli abitanti dell’isola di Milo: gli ateniesi, che erano in guerra contro Sparta, pretendevano che i mili, benché coloni di Sparta, si alleassero con loro. Invano gli isolani garantivano la neutralità ed il loro diritto a praticarla: o con noi, o contro. Fatto sta che gli ateniesi occuparono l’isola, uccisero tutti gli isolani maschi, e fecero schiavi donne e bambini. I romani si trovano di fronte allo stesso atteggiamento da parte della Lega Achea. Ma, diversamente dagli ateniesi, adottano un altro sistema, per garantirsi la neutralità di quelle città, un sistema incomparabilmente più saggio ed intelligente, non per niente parlavano latino, la lingua logica per eccellenza: si fecero consegnare mille ostaggi, ma mica i barboni, bensì i figli delle famiglie più importanti delle singole città, garantendo loro un trattamento con i guanti, se gli achei non si fossero immischiati nella guerra tra Roma e macedoni. E li distribuirono un pò per tutta l’Italia. Polibio finì tra i mille ostaggi, e la famiglia Scipione se lo portò a Roma, e lo fece precettore dei propri figli. Tra questi anche Publio Cornelio Scipione Emiliano, figlio del console Paolo Emilio, caduto in guerra, ed adottivo del figlio dell’Africano. E, come succedeva a Roma, il figlio adottivo prendeva l’intera onomastica del padre adottante, ed il nome di famiglia di origine diveniva un aggettivo, da Emilio ad Emiliano. Vedi anche Augusto, figlio adottivo di Cesare: Caio Giulio Cesare Ottaviano, essendo in origine Ottavio. L’Emiliano poi distruggerà Cartagine (146 a.C.), divenendo l’Africano Minore in quanto venuto dopo l’altro, e Polibio sarà con lui sul posto, e ci racconta che il console romano, mentre i suoi soldati radevano al suolo la gloriosa nemica, si mise a piangere. E Polibio gli chiese ragione di quelle lacrime: “Era una grande e gloriosa città. E guardate la fine che sta facendo. Piango al solo pensiero che a Roma un giorno potrebbe toccare la stessa sorte. Probabilmente non ci sarò, ed allora piango ora per allora.”. E l’Emiliano apriva la sua casa ai migliori ingegni del tempo, sia greci che romani (oltre a Polibio, anche Panezio, Posidonio, i filosofi più in vista nel tempo; ed Ennio, il fondatore della letteratura successiva, e Lucilio, e Terenzio e…..). Era il Circolo filellenico degli Scipioni, portatori di una cultura, quella greca, la più idonea a sostenere il disegno politico mercantile ed espansionistico di diverse famiglie eminenti a Roma: con la cultura modificare il costume, e renderlo omogeneo con un certo tipo di vita, che nella ricchezza mercantile aveva il suo fondamento. Vero, sinistra italiana, che hai dato per scontata una certa cultura in un Paese che dal 1948 in poi per una buona metà, più o meno, vota moderato, se non decisamente a destra?
Polibio ebbe modo di conoscere le più importanti famiglie di Roma, di frequentarne i personaggi più autorevoli, di consultare archivi pubblici e memorie familiari, di interpellare di persona i protagonisti della storia mondiale: si apprestava a scrivere la “Storia dei romani”, ed il suo metodo storiografico prevedeva la narrazione dei FATTI (in greco pràgmata), quindi elaborare un trattato di storia pragmatica. I fatti prima di tutto, poi, secondaria, la forma.
Quindi la Storia già scritta da altri, da verificare e casomai confutare (come nel caso di Timeo, storiografo greco di Sicilia), i documenti, le testimonianze dei protagonisti e dei testimoni, la visita nei luoghi degli eventi. Tutto questo lavorio di ricerca lo porta alla elaborazione di una sua famosa teoria, che potremmo accostare ai corsi e ricorsi del Vico: l’eterno ritorno dei sistemi di governo. Questo lo schema: una comunità, per svariate ragioni, si organizza in un sistema monarchico, la cui bontà dipende dall’agire del re. Buono il re, buono la vita degli uomini. E’ la forma pura del potere monocratico. Ma, se il re diventa cattivo, o gli succede un erede cattivo, ecco che il giocattolo si guasta, e la monarchia si trasforma da forma pura nella sua degenerazione, la tirannide. Ma la violenza del tiranno porta all’inevitabile rivoluzione, capeggiata dai migliori, gli àristoi. E’ la seconda forma pura. Finché c’è l’imperio della legge, va tutto bene, ma poi l’ingordigia e l’arroganza fanno scivolare l’aristocrazia nella forma degenerata della oligarchia. Violenza ed ingiustizia come con il tiranno, quindi la rivoluzione, condotta dal demos, la classe maggioritaria numericamente: è la democrazia, governata dal nomos, la legge, la parte giusta pertinente ad ognuno. Ma il demos, in preda all’orgia del potere, trasforma la democrazia in oclocrazia (noi diremmo anarchia, nell’accezione peggiore), potere della folla scatenata e prepotente, dove ci si convince che uno vale uno anche al di sopra della legge. Il caos che ne discende provoca l’esigenza di ordine, e si cerca l’uomo d’ordine, quello che rimetterà le cose a posto. E questi diventa re, e si ricomincia il circuito. Polibio elabora questa tesi, sulla scorta della storia greca: perché – si domanda – città anche potenti, come Atene Sparta Siracusa Tebe Corinto non hanno mai avuto la capacità di crearsi un solido impero? E la causa la individua in questa irrimediabile precarietà ed instabilità politica.
Roma invece ci riesce. Perché? Perché i romani hanno avuto l’a capacità e l’intelligenza di creare un sistema, capace di contemplare la coesistenza delle tre forme pure: i magistrati hanno un potere assimilabile a quello del monarca, il senato corrisponde al potere aristocratico, ed i comizi (assemblee) plebei incarnano il potere democratico. In questo sistema triangolare si realizza – secondo Polibio – l’equilibrio delle tre forme pure, ed è di fatto impedito lo scadere nelle forme degenerative dei singoli sistemi. Il triangolo a Polibio appare perfetto.
Nel libro VI, capitolo 56, paragrafi 6-11, dice: “A mio giudizio il sistema romano manifesta la propria superiorità rispetto agli altri nel ruolo della religione. E quello che presso altri popoli (=pensa ai greci ed al pensiero laico e razionalista) è sottovalutato, questo, cioè la religione, dà compattezza alla realtà dei romani. Mi sto riferendo alla devozione verso la divinità, che raggiunge livelli che rasentano l’eccesso sia per la vita privata che per quella pubblica .Immagino che questo desti stupore. Invece a me pare che questo modo di fare sia pensato a proposito delle masse per la seguente ragione. Se infatti la vita comune fosse condotta da uomini saggi, allora tutto questo apparato non sarebbe necessario. Poiché invece le masse sono volubili e piene di desideri smodati, di reazioni illogiche, di animosità violenta, l’unica soluzione è trattenerle con paure oscure e con cerimonie teatrali.”. Insomma il rosario brandito come una spada, il crocefisso agitato come da spiritati esorcisti, il presepe assunto come simbolo di identità. Simboli di un credo di fratellanza, usurpati da una religione pagana, impaurita ad arte e pericolosa, quindi contraddittoria in termini.
Anche lo schema di Polibio ha una grave pecca: è perfetto. Non sembri un paradosso, ma cito Churchill: “La democrazia è un sistema imperfetto, ma non ne conosco uno migliore.”. La perfettibilità senza fine è omogenea all’essere umano, destinato a modificarsi di continuo, la perfezione è un non senso. E, ancor vivo Polibio, il sistema romano emise i primi sinistri scricchiolii: Tiberio Gracco, tribuno della plebe, fu ucciso a colpi di sgabello per mano di Scipione Nasica. Tiberio era figlio di Cornelia, a sua volta figlia dell’Africano Maggiore, e moriva per mano di uno del sua clan familiare. Ma la lotta politica a Roma iniziava a prendere la piega sbagliata: cominciava un secolo abbondante di lotte civili, il cui denominatore comune era l’ambizione personale. E tra popolo e classe dirigente iniziò a formarsi il solco fatale.
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