#paio di seni
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Fammi sentire ancora amata da te
Caro, sai che da qualche tempo ne devo mandare giù tante. Ogni giorno. Mi tiene in pugno: sa benissimo che questo lavoro ci serve per mangiare. Ma finirà, fidati. Forse. Magari no... Anzi decisamente no, come capirai fra un po'. Devo dirti tutto. So che dovrei probabilmente cercare comunque di respingerlo, di ritrovare un minimo della mia dignità di donna, di lavoratrice, di moglie e madre: sono quasi sicura che non mi licenzierebbe, se lo respingessi.
M’ha assunta diversi anni fa e sai che all'epoca mi disse che lui per me sarebbe stato sempre come un secondo padre. Ed è anche stato il padrino di battesimo di Luca. Però sento intimamente che ormai devo assolutamente dirti tutto. Me lo impone la mia coscienza. Non posso più fare finta di nulla; devo essere onesta con te e sputare finalmente il rospo. Un matrimonio è anche questo. Sai, non è proprio come ti ho sempre detto: non sono state solo battute e qualche palpatina... aspetta, non ti arrabbiare. Mantieni il controllo, per favore. Non è solo tutta colpa sua... si, si: adesso se ti calmi ti spiego, ok?
Dunque, da quando tu hai perso il lavoro, senza por tempo in mezzo lui mi ha immediatamente aumentato lo stipendio ma ha preso ad accelerare, con me. Dapprima ha iniziato a mettermi timidamente una mano nella scollatura, quasi per caso, appoggiandosi un po' quando mi si avvicinava alla scrivania, per chiedermi qualcosa o per controllare. Io, impaurita e rossissima in viso, lo lasciavo fare. A ogni modo, non succedeva tutti i giorni. Lui era comunque sempre un po’ esitante, imbarazzato. Però capivo anche che, vedovo da cinque anni, aveva una voglia enorme di passera, magari della moglie di qualcuno, quindi di una donna seria e in fin dei conti pulita.
Una mamma di famiglia, una donna matura: da amare molto discretamente e anche da aiutare concretamente, insomma. Non è certo tipo da andare a troie. Poi, dopo un paio di settimane di tensione erotica crescente ma palpabile tra noi, un giorno, con mio totale imbarazzo, a fine pomeriggio lavorativo tolse tutte le sue esitazioni di mezzo, prese confidenza e chiuse a chiave la porta dello studio. Mi guardò fissa e io capii. Sarei senz'altro potuta andare via: aveva lasciato la chiave nella toppa. Avrei voluto morire, quella prima volta. Da quel momento lo fece ogni giorno, a fine giornata e appuntamenti esauriti.
Però un po’ devo dire che questa cosa mi incuriosiva, mi eccitava. Mi lusingava anche, il fatto che lui volesse proprio me. Per non scappare e per non sentirmi piena di vergogna, pensavo alle bollette, alla spesa da fare. Ai libri e ai vestiti dei figli. Ma erano scuse: chi volevo fregare... in fondo al mio cuore, che già batteva forte per lui, lo volevo anche io! Forse, parlando chiaro tra noi, sarà stata anche la noia del nostro ménage, sai... Egli dopo la chiusura della porta immediatamente si infilava sempre seduto sulla mia stessa sedia dietro di me. Ogni pomeriggio. Iniziò dapprima col mettermi semplicemente una mano nella camicetta.
Su un seno, stimolandomi il capezzolo e l’altra in mezzo alle cosce, fino alle mutande. Mi frugava e mi stimolava. M'annusava baciandomi il collo, rapito dalla passione. Senza dire una parola. Poi sosteneva e massaggiava dolcemente e con delicatezza le mie tette con entrambe le mani. Da sotto la camicetta o la canotta mi accarezzava lascivamente i fianchi dei seni, eccitandomi da impazzire. Mugolavo e lui si ingrifava ancora di più. Mi sussurrava che col mio profumo lo stordivo, che mi desiderava da impazzire. Io ero apparentemente ancora una statua di gesso, fatto salvo il mugolare. Non partecipavo attivamente. Però dovevo sbottonare la camicetta e allargare le gambe per lasciarlo fare.
Inizialmente, mi palpava la fica da sopra gli slip, ancora non aveva il coraggio di scostarli. Sebbene fossi evidentemente bagnata e lui lo sentiva. Dargli il contatto con il mio intimo lo feci io dopo un po’: guidando la sua mano, gli consentii di infilarmi le dita dentro il solco tra le natiche e poi nell'ano. Tanto valeva farlo fare ormai, no? Nella fregna subito a seguire. Mi masturbava per alcuni secondi e poi si ritraeva, un po' si vergognava di quello che stava facendo a una mamma di famiglia. Iniziai quindi un po’ a rilassarmi, a fargli capire che gradivo. Mi eccitava, quella sensazione di potere su un uomo tanto influente, stimato e rispettato.
Toglieva le dita dalla mia fica di donna sposata, le annusava rapito e quindi se le leccava, gemendo a occhi chiusi. Poi mi ringraziava e mi lasciava tornare a casa. Io segretamente speravo ogni giorno che osasse di più. Lo desideravo da impazzire. Dopo qualche giorno dal contatto delle sue dita con il mio ano e la fica, egli si decise: mi ordinò perentoriamente di togliermi la camicetta e di mettermi a cavalcioni sulle sue gambe, in grembo a lui. A torso completamente nudo e seni liberi. Ero imbarazzatissima. Ma nonostante tutto eseguii docilmente, come ipnotizzata dalla sua voce. E... si, confesso: anche totalmente eccitata dall’oscenità e da quel senso di sporco, di proibito di quella situazione.
Ero ormai una donna dal comportamento disdicevole, una vera peccatrice: mi piaceva tutto quello che facevamo e quindi ti stavo tradendo, era ormai chiaro e conclamato. Quanto mi sentivo in colpa, quelle prime volte. Mi slacciava il reggiseno, mi faceva restare a torso nudo e giocava con le mie mammelle. Le leccava dappertutto, se le sbatteva in faccia più volte, si torturava dolcemente e succhiava dai miei capezzoli. Gli piaceva affondare il viso nel mio petto e restarci. Mi ciucciava le tette a lungo e tirava fortissimo. Quasi me le strappava, succhiandole come un ossesso, mettendosele tutte in bocca: con me diventava un bambino viziato e desideroso del seno della madre. Lo accarezzavo, mentre me lo faceva. Devo dirti che è in quel frangente che, sentendomi da tempo un po’ trascurata da te ma nuovamente una femmina molto desiderata e succhiata, leccata a lungo da un maschio, dopo un po’ di volte che lo lasciavo fare, ho iniziato a godere della sua bocca.
Non vedevo l'ora che arrivassero le sei. E iniziai a provare compiacimento, del mio essere diventata una troia. Quindi, dopo il mio rilassamento, fu naturale che quasi subito, sotto i sapienti maneggiamenti e le leccate di seno, ebbi con l’Avvocato il mio primo orgasmo spontaneo. Iniziai a gemere ad alta voce e a dirgli: "oh, caro, caro... fammi godere, fammi quello che vuoi... sono la tua puttana..." Si, ti giuro sui nostri figli che non volevo, non ho iniziato io questo gioco perverso. Ma venire, avere il primo orgasmo con lui, è stato più forte di me. Non riuscivo a soffocare i miei mugolii. A frenare le mie parole. Gli ho detto il mio primo “siii” con tutto il cuore e con la fica. Non ho potuto evitarlo: ho goduto. Molto e veramente.
Lui ha realizzato subito quello che stava accadendo ed è letteralmente impazzito. Non ha potuto resistere e dal giorno dopo quel mio primo orgasmo spontaneo senza penetrazione ha voluto tutto, da me. In quel primo frangente, magico per entrambi, egli infatti non ha voluto approfittare, forse spiazzato da ciò che gli si stava aprendo davanti. Una voragine di perversione e tradimento, di tutti i suoi e miei valori. Un ultimo, labile scrupolo di coscienza: dopotutto lui ti conosce bene e ti stima tantissimo.
Ma il cazzo non sente ragioni. Era un percorso di vera e segreta, fortissima passione per entrambi. Stava rubando la donna a un altro uomo: la faceva godere al posto suo. Così sappi quindi che è da un anno ormai che ogni giorno me lo spompino, glielo prendo in bocca, lo lavoro per bene e lo faccio sborrare. Tantissimo. Ingoio integralmente tutto quello che produce. Gli succhio tutto ciò che ha dentro i coglioni. E più ne ha, più ne ingoio. Glieli strizzo, mentre viene, per fargli un po’ male quando sta sborrando e fargli così capire che lo tengo per le palle.
Dopo circa due mesi, progressivamente e in modo molto discreto quindi, ho iniziato a dargli ordini anche io!!! Eccheccazzo!!! Poi, da lui mi faccio sfondare il culo, anche se a te l'ho dato raramente, lo sai, perché mi fa male. Lui ha il cazzo più grosso del tuo, ma anche se mi fa tanto male, lo voglio, lo desidero. Voglio soffrire per ciò che ti faccio. Devo dire però che quando lui mi sborra dentro le viscere, sento che sono intimamente sua e vengo anche io. Squirto... allago ovunque e poi mi tocca pure pulire!
Mi piace da morire, prenderlo in culo da lui. Allargo le natiche con le mani, per farlo entrare tutto. Come e quando succede: quando gli ultimi clienti del suo studio di affermato penalista sono andati via, io mi spoglio e mi metto sul tappeto. Nuda, a cosce spalancate e voglio che mi lecchi la fica fino alla mia soddisfazione completa. Lui ama inghiottire il mio miele di donna. Malgrado l’età è ancora molto potente e duro. Ah, a proposito: questo ti farà andare fuori dai gangheri non poco! Ho iniziato già dopo un paio di mesi a consentirgli di sborrarmi sul viso.
Aspetta... dai non ti incazzare... siamo pragmatici... si, si: va bene! La cosa del culo... Hai ragione: a te il mio culo non l’ho quasi mai concesso... ma questa situazione ci porta bei soldi, caro mio... e quindi fino a quando non troverai un lavoro stabile e redditizio, devo mantenere il suo interesse per me ben vivo e alto. Perché ti sto facendo questa confessione molto dettagliata... perché te lo devo. E perché ormai di lui e del suo cazzo grosso e insaziabile sappi che sono diventata schiava e mezzo innamorata. Mi piace tanto, prenderlo in culo e in bocca da lui. In fica poi non ne parliamo! Non so più farne a meno.
Non vedi che durante il fine settimana sono sempre nervosa? Non vedo l'ora di rivederlo. Poi, appunto, non è solo colpa mia: perché tu mi devi scopare di più. Devo sentire che mi vuoi come un tempo. Perché a quarant'anni passati da tempo, quasi cinquanta, sento che ho bisogno di più cazzo, nella mia vita: voglio scopare. E ormai voglio farlo con i miei due uomini. Sappi che forse cercherò anche qualche altra avventura extra con uno più giovane, in giro. E tu dovrai lasciarmelo fare. Ne ho bisogno. E comunque dei bei soldi extra che ogni mese il mio datore di lavoro e di cazzo ci allunga, noi non possiamo più fare a meno.
Ecco, ora sai tutto: questa è la materia di cui sono fatte le mie ore di lavoro extra fino alle otto di sera. Non c’è assolutamente nessun impegno per la redazione di cartelle, lettere di diffida, di convocazione, ingiunzioni, ricorsi. Tutte balle che t'ho raccontato. Ma non voglio più mentire. Glielo prendo in corpo in tutti i modi. Rassegnati, se veramente mi ami e non vuoi perdermi. Amo te, certo: ma scopo con lui. E con gran gusto. Mi sono scoperta puttana e felice. Adesso andiamo a letto. Puoi sfondarmi il culo, strizzandomi le tette e chiamandomi a buon diritto troia. Aspetta... almeno arriviamo sul materasso... daiiii... leva quella cazzo di mano dalle mutande e dal mio ano... stupido... si, lo so: profumo di sesso e di paradiso... me lo dici sempre, quando sei arrapato.
RDA
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Come quest'isola intrappolata
dall'acqua e dalla terra arsa che ribolle,
E nessun confine tra cielo e mare,
Così immobile è il mio corpo,
Trincerato il mio esistere,
così vulcanica la mia me.
Una tonnellata di lava che consuma.
Di scosse di assestamento
E un paio di danni sotto le macerie.
Ogni giorno una condanna.
E se la vita fosse una collana,
I minuti sarebbero le sue perle,
che quando la strappi
tutto cade giù e si occulta
sotto ai mobili di questa stanza.
Ma tu l'hai mai capito
che non ho saputo trasformare in verbo
ogni lacrima che taglia la carne
ogni solco, ogni torrente sulle guance,
che a ogni notte ho dato il tuo nome,
a ogni festa di paese
a cui non ho più preso parte,
Ogni soffio di libeccio.
Ché le femmine lo sanno
e lo sanno pure i masculi
che ti ho cercata ovunque,
Sotto lenzuola come il cemento
per l'incubo di aver perso tutto,
tra catene castane.
Ché li ho visti crescere i tuoi seni
e l'ho vista esondare la tua linfa.
Come lo dico che ti ho cercata,
che l'esistenza mia mi è scivolata tra le dita,
che i confini dell'isola che ho nel petto
non li so attraversare,
Che pare tutto
Nero come il giaietto degli occhi
che ti ho cucito addosso,
come il lutto al camposanto
quando sei andata via,
come i fiori di loto spalmati sulla schiena.
Ché sei andata e poi mi hai invasa a cadenza regolare,
Ma senza peccato, quello non più.
E come allora anche adesso.
Ché alle mie budella ti sei ancorata
da quella volta che ti ho ingoiata tutta
così com'eri, sana sana,
che m'hai rubato i sogni e i respiri,
e se torni mi sgretoli,
ché eri di ieri ma sei di domani,
perché m'hai cucito con quei capelli lunghissimi
e dai miei occhi non è più sgorgato verbo.
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Lei lo sapeva, lei l’aveva sempre saputo, fin dalle prime volte che avevano fatto entrare qualcun altro nel loro letto. Era passato molto tempo da allora e i loro incontri con altre persone erano stati tanti e ogni volta lei aveva quella sensazione. Lui partecipava attivamente ai giochi erotici che facevano, ma lei sapeva che ciò che lo eccitava più di tutto era vedere lei, la sua splendida moglie, fare sesso con un altro uomo. Il fatto che spesso la moglie dell’uomo in questione giacesse ansimando sotto di lui o fosse in qualche altra posizione non gli dava la stessa soddisfazione. Era il fatto di vedere sua moglie posseduta da un altro uomo la cosa che lo faceva impazzire. Forse era lo stridente contrasto tra l’assecondare la naturale tendenza di lei a tenere nel sesso comportamenti molto al limite e la sensazione di potere che gli dava il fatto di sapere che quella bellissima donna era sua e solamente sua. L’altro uomo avrebbe potuto averla per quella sera, si sarebbe costruito un ricordo fantastico di una scopata come poche ma sarebbe rimasto appunto un ricordo, almeno fino alla volta successiva in cui si sarebbero rivisti e avrebbe potuto avere di nuovo per sé quella dea, anche se la cosa gli sarebbe costata cedere la propria moglie ai desideri perversi dell’altro.
«Un giorno mi guarderai scopare senza fare nulla, o, al massimo, ti farai una sega, come un vecchio guardone» gli ripeteva spesso lei, e lui rideva, come per dire che chissà, forse, o magari mai.
Ma poi quel giorno arrivò e tutto accadde in una maniera che lei non avrebbe mai immaginato. Era un sabato e al mattino lui, dopo averla accuratamente scopata appena svegli, le disse che per quella sera avrebbe voluto invitare un altro uomo e fare una serata a tre, nella quale lei sarebbe stata, ovviamente, la regina della festa.
Lei non disse di no, non diceva mai di no. Si fidava di lui e poi il solo pensiero di avere per le mani un membro diverso dal solito le annebbiava già la vista.
L’invito era a casa dell’altro per la sera, ci sarebbe stata la cena e poi un dopocena nel quale lei sarebbe stata la portata principale.
Si preparò come sempre con cura, doccia, depilazione, crema per il corpo, asciugò con cura i lunghi capelli biondi davanti allo specchio ammirando, non senza un po’ di vanità il suo meraviglioso corpo di 35enne, i suoi seni perfetti, gli occhi azzurri, le labbra carnose.
Mise lo smalto alle unghie, rigorosamente rosso fuoco, sia sulle mani che sui piedi e passò all’abbigliamento, che non poteva essere da meno.
Indossò un completo nero, con un reggiseno che sosteneva alla perfezione il suo seno prosperoso e un paio di mutandine che seguivano nei minimi dettagli le curve dei suoi glutei rotondi e sodi. Il pizzo faceva un meraviglioso effetto vedo/non vedo.
Non potevano mancare le calze autoreggenti, che adorava. Ne scelse un paio nere, molto coprenti, con una balza in pizzo. Le trovava tremendamente sexy.
Si truccò in modo non esagerato, concedendosi solo un rossetto di un rosso abbastanza acceso. Spazzolò i capelli e li lasciò cadere sulle spalle.
Un abito da sera di foggia molto classica, prodotto di sartoria, piuttosto lungo, ma con un vertiginoso spacco copriva il suo meraviglioso corpo.
Ai piedi nulla poteva competere con le Pumps Kate 85 in vernice di Christian Louboutin, con quella meravigliosa suola rosso acceso.
Mise in una pochette minuscola le due cose che le servivano e scese le scale. Lui era di sotto, già pronto, completo blu, una classicissima ma stupenda camicia bianca e una cravatta grigio chiaro. Aveva pettinato i capelli all’indietro, ancora tanti, anche se abbondantemente brizzolati e sistemato accuratamente il pizzetto che gli decorava il volto.
«Sei splendida» le disse e lei ricambiò con un sorriso semplicemente disarmante.
Salirono sulla BMW di lui e si diressero rapidamente dalla parte opposta della città, che comunque raggiunsero in breve tempo. Ogni tanto a lui cadeva l’occhio sulla gamba di lei che usciva da sotto il cappotto, per poi infilarsi nello spacco del vestito e fare capolino.
Arrivarono, una villetta a schiera abbastanza anonima, in un quartiere normale, suonarono alla porta e venne loro ad aprire un uomo di sicuramente più di 50 anni, capelli brizzolati, fisico discreto, volto rasato. Indossava dei jeans, una camicia a righe con le maniche arrotolate e un gilet. Li accolse con un sorriso e li fece accomodare in casa, che era in ottimo stato, non particolarmente ricercata, ma comunque assolutamente decorosa. La sala da pranzo era stata apparecchiata con gusto, il padrone di casa li fece accomodare e arrivò con una bottiglia di champagne. Lui quando lo vide trasalì, ma lei non capì.
«Ho pensato a un Blanc de Blancs Grand Cru ‘Les Carelles’ di Jacques Selosse, uno dei lieux dits di Selosse, ovvero di quelle parcelle di particolare pregio che vengono vinificate singolarmente» spiegò l’uomo, con un modo di fare elegante senza ostentazione.
Portò dei ballon flute e versò per tutti. Brindarono alla serata, poi lui arrivò con il primo.
«Eccovi dei bocconcini di salmone al sesamo. Se volete gustarli, mangiateli con le mani»
Lei decise di provocarli e se li portò alla bocca con dei movimenti lenti ed estremamente voluttuosi.
Vide entrambi gli uomini deglutire a fatica, ma non si interruppe, proseguendo fino alla fine nella sua scena.
Un altro paio di bicchieri di Blanc de Blancs Grand Cru iniziarono a far scendere la tensione, preparando per l’arrivo del secondo: gamberi avvolti nel lardo con una crema di piselli.
Ad ogni portata lei rimaneva sempre più colpita dal loro ospite, che si dimostrava davvero un ottimo chef, ammesso che avesse preparato tutto da sé, oltre ad un intenditore di vini non indifferente.
Lei non smise di provocare nemmeno durante il secondo, si passava di continuo la lingua sulle labbra, sorseggiava con voluttà persino il vino, che ormai iniziava a darle alla testa, inghiottiva i bocconi con movimenti lenti e studiati. Sapeva bene quanto il cibo potesse essere erotico e faceva leva su quello.
Quando ebbero finito L’altro uomo si alzò da tavola, tolse piatti e bicchieri e tornò con dei piccoli calici e una piccola bottiglia di vino che sarebbe servito di sicuro per accompagnare il dolce.
«Albana Passito ‘Scaccomatto’, Fattoria Zerbina. Un Albana Passito, prodotto in stile Sauternes da uve colpite da muffa nobile, maturato in acciaio e barrique. Provatelo.»
Ancora quel modi di esprimersi, elegante ma non ostentato.
Lei trovò che fosse qualcosa di mai assaggiato. Un sapore incredibile le colpì il gusto.
L’altro uomo servì il dolce, che consisteva in uno zabaione freddo con un crumble al cioccolato e delle fragole.
Inutile dire che quest’ultimo piatto solleticò ancora la sua voglia di provocare. Portava le fragole alla bocca con fare lento e studiato, e faceva la stessa cosa con il cucchiaino del dolce che ripuliva accuratamente con la lingua ad ogni cucchiaiata, sotto gli sguardi ammaliati dei due uomini, la cui eccitazione stava evidentemente montando, anche se cercavano di tenere la cosa sotto controllo.
Terminata la cena si trasferirono nell’attiguo salotto dove il padrone di casa arrivò con dei bicchieri e una bottiglia con un distillato di colore ambrato
«Lagavulin 21 anni. Per me un nettare divino.»
Il sapore era qualcosa che lei non aveva mai provato in vita sua. Davvero qualcosa di divino. Ovvio che quello fu la mazzata finale. Lei sentiva che i freni inibitori stavano cedendo e si aspettava di avere da lì a poco quattro mani addosso che esploravano il suo corpo, ma non accadde.
Lui si era messo a sedere su un divano lasciando libero il posto a fianco a lei, che era seduta sull’altro. Non passò molto tempo prima che il loro ospite andasse ad occupare quel posto. Lui la guardò, uno sguardo di intesa e lei iniziò a toccare l’altro uomo all’altezza del pube. Si aspettava, come al solito, che lui arrivasse lì vicino e iniziasse ad accarezzarla, ma non accadde nemmeno quello. Lei si girò e lo vide sempre seduto sul divano a fianco, con una vistosa erezione nei pantaloni. Con un gesto della mano lui le fece segno di continuare con l’altro uomo e lei eseguì. Lentamente gli abbassò la cerniera e si ritrovò in mano un sesso di tutto rispetto. Iniziò a muovere la mano lentamente su e giù, sentiva che dimensioni e durezza aumentavano, mentre l’uomo le stava abbassando la zip del vestito.
Lui si alzò dal divano, si avvicinò e le tolse l’abito, mentre lei aveva iniziato leccare l’altro uomo. Prese il vestito e lo posò su una sedia, andando poi di nuovo a sedere sul divano dal quale si poteva godere la scena di sua moglie con addosso solo l’intimo, che si dedicava alla fellatio all’altro uomo. Questi dapprima si slacciò con tutta calma il gilet e la camicia, poi si dedicò a lei, togliendole il reggiseno e liberando i suoi due meravigliosi seni. Non sentiva lui avvicinarsi e questo le faceva uno strano effetto, sapeva che era lì a pochi passi da lei, anche se non lo poteva vedere perché gli dava le spalle. Decise di non preoccuparsene, in fondo lui stava liberamente facendo ciò che voleva, così accelerò il ritmo, iniziando anche a insalivare abbondantemente l’oggetto che aveva per le mani. L’uomo nel frattempo aveva infilato una mano nelle sue mutandine e con le sue grosse dita stava cercando le labbra, che erano già abbondantemente inumidite per la situazione.
Non passò molto prima che lei lo sentisse intrufolarsi nelle sue partiti intime. Il respiro era aumentato di ritmo, di pari passo all’eccitazione. Era ora. L’uomo la spinse su e si alzò in piedi, togliendosi scarpe e pantaloni, rimanendo nudo.
«Mettiti a quattro zampe sul divano, girata verso di lui!» le disse l’uomo. Lei eseguì, trovandosi a guardare lui, che ammirava la scena con aria estasiata. Ora stringeva il suo sesso e muoveva lentamente la mano. Nello stesso momento sentì le mani dell’uomo toglierle le mutandine e inserirle due dita nella fessura, che era ovviamente già bagnata fradicia, iniziando a muoversi rapidamente avanti e indietro. Iniziò ad ansimare forte, in preda ad un piacere crescente, causato dalle due dita che si muovevano dentro di lei ma anche dalla vista di lui che la guardava godere mentre si masturbava. L’uomo pareva intenzionato a darle piacere con le dita perché accelerò il ritmo finché lei non raggiunse un orgasmo accompagnato da roche grida di estasi.
A questo punto l’uomo la guardò grondante di umori, tenendo in mano il suo membro, ormai durissimo.
«Scopala!» disse lui rivolto all’uomo senza muoversi dalla sua posizione sul divano. Lei sentì il grosso glande appoggiarsi alle labbra e poi scivolare dentro, fermandosi per un secondo, come se l’uomo volesse gustarsi quel momento. Poi le sue grandi mani afferrarono con decisione i suoi fianchi e iniziò a spingere. Lei emise un lungo gemito, come se avesse finalmente avuto ciò che aspettava da tempo, mentre l’uomo la prendeva con colpi lenti ma profondi. Girò la testa verso di lui, che continuava a masturbarsi lentamente guardandola e colse sul suo volto un’espressione di intenso piacere. Stava davvero facendo dentro di se il grande passo di eccitarsi davanti a sua moglie scopata da un altro uomo senza partecipare? Sembrava di sì. Nel frattempo l’altro uomo continuava a prenderla afferrandola per i fianchi e spingendo. Lei chiuse gli occhi, lo sentiva dentro, ma soprattutto la sua mente iniziò ad eccitarsi ulteriormente per la situazione: si sentiva estremamente troia, lì a pecorina sul divano di uno sconosciuto che la prendeva mentre suo marito guardava la scena e si masturbava. Raggiunse l’orgasmo in quella posizione mentre l’altro uomo continuava a spingere deciso.
«Fammi vedere come la fotti» disse lui e l’altro uomo si sfilò da lei, che si girò supina sul divano. L’uomo era in ginocchio davanti a lei e la guardava, mentre il suo sesso troneggiava lì davanti. Lei girò la testa di lato per cercare lo sguardo di lui, che non smetteva di masturbarsi lentamente mentre la guardava.
«Cosa sei tu?» la apostrofò lui.
«Una puttana» rispose lei.
L’altro uomo le allargò le gambe e le toccò un po’ le labbra tra le quali luccicava il suo piacere, poi avvicinò di nuovo il suo grosso membro e dopo qualche istante glielo mise dentro. Lei lo sentì entrare senza nessuna difficoltà.
Un grido soffocato uscì dalla sua bocca nel momento in cui lo sentì di nuovo entrare in lei. L’uomo si era messo con le gambe di lei sulle spalle e, approfittando di quella posizione spingeva come un ossesso. Lei lo sentiva gravare con tutto il suo peso sopra il suo corpo, sentiva i fortissimi colpi del suo bacino.
Ormai lui non lo guardava nemmeno più, non sapeva dove fosse, probabilmente lì a fianco a lei, ma non lo sapeva per certo, gli occhi erano chiusi, la bocca semiaperta e corti respiri uscivano associati a gemiti di piacere. Sentiva che stava per avere un nuovo orgasmo, ma cerò di trattenersi per aumentarne l’intensità.
L’uomo spingeva sempre più forte, lei aprì gli occhi un attimo per cogliere l’espressione di piacere che occupava il suo viso mentre la possedeva. Questo la fece godere ancora di più, sapeva che non sarebbe riuscita a trattenersi ancora a lungo, mentre l’uomo spingeva sempre di più, gli occhi chiusi, il respiro affannoso.
Fu allora che lo sentì parlare di nuovo: «Vienile dentro, riempila» furono le sue parole.
Il rito di passaggio era completato. Lui stava per ammirare un altro uomo che sarebbe di lì a poco venuto dentro di lei.
Il momento non distava molto, sia l’uomo che lei erano al limite ormai da qualche minuto. Chiuse gli occhi e si lasciò andare all’orgasmo, una specie di scossa lungo la spina dorsale, un grido soffocato, le unghie che si piantavano nella carne dell’uomo.
Lei lo sentì ansimare sempre più forte mentre non riusciva a smettere di godere, finché non sentì il suo sperma che la inondava. Mentre lui riversava dentro di lei una quantità inusitata del suo piacere, il suo orgasmo riprese vigore e la colpì di nuovo, ancora quella sensazione di scossa alla spina dorsale, stavolta però lasciò andare un urlo liberatorio, che lui zittì subito mettendo la sua bocca sulla sua, mentre ancora una volta le unghie rosse di lei lasciavano i loro segni sulla schiena dell’uomo.
Rimase lì per qualche istante, come se dovesse raccogliere le ultime energie, poi si sfilò, lasciando che un rivolo di crema bianca scendesse dalla fessura di lei e colasse lungo la riga delle natiche.
«Ciao puttana.» La voce di lui echeggiò a pochi centimetri dalla sua testa mentre il suo sesso si presentò davanti alla sua bocca. Senza dire nulla lui, ormai al colmo dell’eccitazione, si masturbò rapidamente ed eiaculò nella bocca di lei, che raccolse e ingoiò tutto.
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6. (L'altra metà del cielo)
Il sibilo andò ad impattare nel silenzio.
In quella casa nella campagna non viveva più nessuno, da due anni. L’erba stava strappando il cemento. Matt, un mio conoscente, che era poi anche il titolare dell’agenzia immobiliare, me l’aveva proposta per quelle tre settimane. Così ci eravamo spostati, in quattro, i quattro di sempre. Volevamo stare proprio in un posto così, isolato, impregnato di caldo e spine. Di notte andavamo in città, a fare festa. Di giorno ce ne stavamo in quella tana. Riaprivamo gli occhi col sole che bruciava il giardino. A noi dava una strana sensazione. Di eternità.
Andai alla finestra, guardai fuori, dove mi sembrava che il sibilo si fosse fermato. Era lì, splendente. Un’aureola azzurra, ovale, raggiata, grande poco più di un uomo. Vibrava, appena sollevata dal terreno stopposo, una decina di metri lontano da me. Sembrava uno di quei cerchi infuocati in cui i leoni sono costretti a saltare, a parte per il colore delle fiamme, che era quello del cielo. All’interno della corona la superficie, piatta, ribolliva di disegni iridescenti.
Ero l’unico ad essersi svegliato. Stavo per chiamare gli altri, ma la visione si completò. Da quel fantastico sipario, spuntò, lentamente, una mano. Una mano pallida, poi il braccio. Si sfilò lentamente, come fosse stanca di chissà che cosa. Fece qualche passo, si fermò e cadde sulle ginocchia.
Jade. Decidemmo di chiamarla così. Non ero solo spaventato e stupito; ero anche affascinato, da quell’essere. Era, evidentemente, una donna. Una donna minuta e impaurita. Un caschetto di capelli biondi e lisci. Era nuda e coi seni piccoli. Quando cadde a terra ero ancora immobile, mesmerizzato dall’apparizione. Rimasi a guardarla finché non riuscii a capire che non si stava alzando. Dovevo fare qualcosa. Presi un giubbotto. Gli altri dormivano ancora e non li svegliai. Jade era ancora lì, carponi, con la testa bassa, quando la raggiunsi. L’aureola che l’aveva partorita s’era spenta. Al suo posto c’era un velo di vapore che s’andava sciogliendo. Sembrava così indifesa. Avrei dovuto pensarci, avrei dovuto avere anche paura, e invece mi avvicinai a lei come fosse una passante investita da una macchina. Le misi la giubba sulla schiena. Lei si accucciò. Poi mi guardò. Jade aveva gli occhi neri.
Completamente neri, sclera, iride e tutto quanto. Eppure mi guardava. Poteva avere trent’anni. Mi guardava senza paura e capivo che quegli occhi chiedevano aiuto. Quando ripenso a quel momento mi dico che avrei potuto parlarle, ma non lo feci e non so perché. Neanche lei lo fece, si lasciò sollevare e la portai in casa. Non ci siamo mai parlati. Le ci vollero un paio di giorni per riprendersi. Poi cominciò a sorridere. Aveva incantato me e così fece con gli altri.
I vestiti di Artie le stavano benissimo. Passava le giornate con noi. Ci guardava bere birra e fare le nostre gare nella piscina vuota. Sembrava così felice. Sembrava felice anche quando si metteva la cuffia in testa per ascoltare qualcosa. Muoveva le gambe che sembrava un peccato disturbarla, anche solo chiederle che stesse ascoltando.
Avevo detto agli altri cosa era successo. La strana malia che Jade aveva portato funzionava. Non avevamo alcuna voglia di segnalare la cosa. Non andavamo neanche più in città, la sera. Sedevamo sotto il portico a guardare le stelle, a dire stronzate. Lei stava tra di noi come una goccia di miele. Non volevamo altro, per il momento. Semmai eravamo preoccupati per lei. I nostri giorni in quel posto stavano per finire e poi? Che avremmo fatto, poi?
Quando facemmo l’amore, pianse. C’eravamo stretti guardando fuori dalla finestra. Le nostre mani camminavano mute, andando appresso ad un desiderio indefinibile. Quando le spuntarono le lacrime feci per fermarmi, ma lei mi strinse più forte. Lo voleva. Lo voleva. E il suo volto sorrideva, segnato come un giorno di sole dalla pioggia. Forse era felice.
Non so neanche perché il giorno dopo mi venne da seguirla dietro gli alberi, verso il canale. Ogni tanto si allontanava dal nostro gruppo, o da me, ma l’avevamo sempre lasciata fare, convinti che fosse una sua speciale esigenza. La persi di vista per qualche minuto finché non sentii qualcosa, dietro ad una vecchia rimessa. Mi avvicinai in silenzio e la vidi. La schiena verde e muscolosa era due volte quella di un toro. Quell’essere era piegato in avanti, sembrava stesse mangiando qualcosa. Da com’ero messo vedevo solo quelle spalle bestiali. Sobbalzava ad ogni morso. Era come un’enorme lucertola, ecco, ora distinguevo anche la coda. E le zampe, certo. Poi sollevò il muso, lungo, parve annusare l’aria e infine, di scatto, si voltò verso di me. Aveva un muso feroce e gli occhi completamente neri.
L’attimo dopo non cera più. Era schizzata via. Ripresi a respirare e tornai sotto al porticato, dove c’erano gli altri. Soprattutto ero triste. Jade tornò dopo un po’. Era buia. Non l’avevamo mai vista così. Mi guardò, con quegli occhi neri, senza alcuna cattiveria. Era solo come se si fosse messa a guardarmi da qualche luogo lontanissimo. Sentivo anche che non mi odiava. No, non mi odiava. In qualche modo era ancora vicina a me, come nessuno.
Non facemmo in tempo a ritrovarci. Verso sera, mentre preparavamo la cena, vedemmo arrivare dal fondo della strada due luci. Il viale che portava alla casa era lungo e perfettamente in vista. Più o meno a metà, capimmo che era la macchina dello sceriffo. D’istinto ci girammo verso Jade, ma lei aveva capito prima di noi. Sentii sbattere la porta che dava sul dietro. Contemporaneamente s’alzò un vento freddo. La macchina là in fondo s’era fermata. Sentimmo che cercava di rimettersi in moto, due o tre volte, senza successo. Allo sceriffo ed ai suoi due aiutanti toccava farsi un bel pezzo a piedi. Fu un attimo. Mentre i miei amici mi dicevano di andare, io già me ne andavo. Raggiunsi Jade sullo spiazzo dove l’avevo vista la prima volta.
Era in piedi, di spalle, nuda. Davanti a lei brillava vigorosa quella maledetta porta. Non sapevo che fare. Volevo avvicinarmi, eppure non volevo fermarla, se quella era la sua strada. Alla fine feci qualche passo, mi avvicinai. Vidi le sue spalle irrigidirsi. Poi si girò, mi abbracciò. Era completamente lei, adesso. Sentii qualcosa, dentro, con non so quale senso. Mentre mi baciava, sentii che mi diceva: “L’ho fatto per te.”
Mi lasciò a guardare la sua schiena diventare luminosa e blu. Fece ancora qualche passo. Poi entrò in quella goccia di mistero, come una notte che se ne va.
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Una poesia Golgona Anghel
Golgona Anghel è un’autrice portoghese contemporanea di origini romene nata nel 1979 Passo a capriole per questa seratacome un dubbio alla ricerca del suo angolo retto. Organizzo miliardi di pezzi di puzzle,ricostruendo mondi perduticon l’immagine girata verso il basso.Trasformo le soluzioni in enigmi.Sposto ere,riaccendo vulcani,fondo attorno a un paio di seni,scuole d’architettura,storie di…
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Dalì
non accettare idee o immagini che po- tessero dar luogo a una spiegazione razionale, psicologica o culturale. Aprire le porte all'irrazionale. Accogliere solo le immagini che colpiscono senza cercare di sapere perché.
Se dovessi scegliere i tre luoghi al mondo che hanno lasciato in me l'impressione di mistero più profonda, direi che la scala dello 'Chabanais' è il posto più misterioso e laido a livello erotico, il teatro del Palladio a Vicenza il più misterioso e divino dal punto di vista estetico e l'ingresso della tomba dei re di Spagna all'Escurial il più misterioso e bello del mondo tra quelli funebri. Perché per me l'erotismo deve essere sempre laido, l'estetica divina e la morte bella".
L'Angelus (1857-59) di Millet, che dipingerà successivamente sotto forma "architettonica", come evocazione di un certo Atavismo del crepuscolo, o con il titolo Reminiscenza archeologica dell" "Angelus" di Millet.
Dalí accumu- lava le idee che altri, purtroppo, realizzavano senza di lui, o quasi unghie artifi- cali con piccoli specchi per guardarsi, manichini trasparenti per le vetrine con il corpo pieno d'acqua dove nuotavano pesci rossi a imitazione della circo- azione sanguigna, mobili in bachelite modellati sul profilo dell'acquirente, un paio di seni finti supplementari per la schiena che avrebbero potuto rivoluzio- mare la moda nei cent'anni successivi,
"La bellezza sarà commestibile o non sarà affatto"
"Mi ossessionava il presentimento della guerra civile. Pittore dei parossismi viscerali, sei mesi prima che scoppiasse la guerra in Spagna terminai Premonizione della guerra civile spagnola, quadro decorato con fagioli secchi bolliti, in cui un grande corpo umano pullula di braccia e gambe che si strangolano a vicenda nel delirio. Premonizione della guerra civile, il titolo che avevo dato a questo dipinto sei mesi prima dell'inizio della guerra, si inserisce pienamente tra le profezie daliniane"
Metamorfosi di narciso
Non sono io il clown!", si difendeva Dalí, "bensì questa società mostruosa- mente cinica e così ingenua e incosciente che gioca a far la seria per nascondere meglio la sua follia. Perché io non lo ripeterò mai abbastanza - non sono pazzo. La mia lucidità è divenuta persino di qualità e quantità tale, che non esiste in questo secolo un individuo più eroico e prodigioso di me e, a parte Nietzsche (che, fra l'altro, è morto pazzo), non se ne trova l'equivalente neppure in altri secoli. La mia pittura ne è una testimonianza".
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Gita in barca (Lidia e Gloria) Gita in barca è il racconto a chiusura del libro La moglie nuora e altri racconti…
#Alonnisos#Astrofegia#barca#bikini#foca#Hotel Milia#Kira Panagia#motoscafo#ombrellone#paio di seni#Patitiri#picnic#Porto di Votzi#santarellina#scopa#snorkeling
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Racconti erotici
-mindful-Wattpad
-9-
C'era poco tempo.
Non avremmo avuto tutta la notte per esprimere il nostro desiderio, per accarezzarci, sentirci, assaporarci.
Avevamo fretta e urgenza di sentire l'altro, di percepire il desiderio invadere la stanza.
Iniziai a spogliarlo, prima tolsi la maglia, poi i pantaloni e infine i boxer.
Gli sfiorai le braccia toniche, accarezzai i pochi peli che gli ricoprivano il petto, percepii la pelle d'oca espandersi al mio passaggio.
Al mio tocco un sospiro sfuggì dalle sue labbra.
Le sue mani si posarono sui miei fianchi per poi scendere e afferrare saldamente il mio sedere.
Mi tolse per primi i pantaloni, seguiti subito dopo dalle mutandine. Poggiò la sua mano sulla mia intimità con prepotenza, rivendicandone l'appartenenza.
Era sua.
Infilò velocemente un dito dentro di me, senza darmi il tempo di capire cosa stesse facendo. Per tutta risposta, gli afferrai il pene e lo strinsi alla base.
Ci guardavamo negli occhi, attenti, mostrando le nostre fragilità e permettendo all'altro di scavarci dentro e appropriarsi del nostro piacere.
I movimenti delle nostre mani erano sincronizzati, gli ansimi che ci uscivano di bocca si mescolavano tra loro nel poco spazio che separava le nostre labbra.
Con la mano libera mi strinse un seno, afferrandolo saldamente e conficcando le sue unghie nella mia carne.
Volevamo di più.
Bramavamo l'altro così intensamente da non ritenere sufficiente la nostra vicinanza.
Gli presi la mano che si muoveva dentro di me e sfilai delicatamente il suo dito, mollai la presa dalla sua erezione e lo spinsi, facendolo così sedere sul letto. Con un movimento veloce sfilai la maglietta, ritrovandomi completamente nuda davanti a lui.
I suoi occhi mi scrutarono il corpo, si soffermarono sul mio collo, sui miei seni e infine sulla mia intimità. Mi analizzò attentamente, quasi volesse memorizzare come fosse fatto il mio corpo.
Mi avvicinai lentamente a lui, portai le mie gambe ai lati del suo bacino, ritrovandomi così a cavalcioni su di lui. Le nostre intimità si sfiorarono appena. Mi mossi stuzzicandolo e bagnandogli la punta con i miei umori.
Mi afferrai le natiche e le strinsi, così facendo esposi maggiormente il mio seno, portandolo ulteriormente verso il suo volto.
Volevo che mi toccasse, che mi prendesse ma non fece nulla di tutto ciò. Le sue mani erano ancorate al materasso, stringevano il lenzuolo con forza e osservava la scena compiaciuto.
La mia testa si fece pesante, il piacere dato dallo sfregarsi delle nostre intimità era sempre maggiore, ma non abbastanza da farmi sentire soddisfatta. Posai i miei occhi sul suo volto. <Dove hai i preservativi?> alla mia domanda sbatté un paio di volte le palpebre. Rimase in silenzio per un paio di secondi e poi sembrò realizzare cosa gli avessi appena chiesto.
<Mi sono dimenticato di comprarli...> sospirò rassegnato e dispiaciuto. Lo vidi incupirsi, probabilmente convinto di aver rovinato tutto e che la serata non si sarebbe conclusa come avevamo sperato. Ma io non avevo nessuna intenzione di lasciare perdere.
Non avremmo potuto avere un rapporto completo, nessun problema, avevo in mente tanti altri modi per divertirci.
Guardai velocemente la sveglia per capire quanto tempo fosse rimasto.
Quaranta minuti.
Più che sufficienti.
Afferrai saldamente la sua erezione con una mano e con l'altra strinsi i suoi capelli in un pugno, per quanto mi fosse possibile. Feci scontrare le nostre bocce e nel farlo mossi la mano sulla sua intimità in modo concitato.
Sorpreso si irrigidì appena, ma ben presto iniziò a rilassarsi sempre più.
Dopo averlo stuzzicato per bene misi in atto il mio piano.
Mi alzai, lo presi per mano e lo feci alzare a sua volta.
Guardai il suo letto e cercai la posizione migliore in cui mettermi. Aveva un letto singolo appoggiato da un lato al muro.
Mi distesi a pancia in su, la testa oltre il bordo del letto, le gambe divaricate e i piedi poggiati sul muro.
La mia visuale era dal basso e sotto sopra, da questa posizione sembrava ancora più imponente e la sua intimità era decisamente interessante.
Protesi un braccio versi di lui, invitandolo ad avvicinarsi. Non se lo fece ripetere due volte.
<Divarica le gambe e inginocchiati davanti a me> gli dissi.
Fece come gli avevo detto e mi ritrovai la sua erezione proprio davanti agli occhi. Aprii la bocca e leccai la sua lunghezza, o almeno ci provai.
Al mio tocco sospirò e si posizionò meglio, così che potessi prenderlo in bocca più facilmente.
Il suo sapore salato mi riempì la bocca, la sua punta mi arrivò fino alla base della gola. Cercai di rilassarmi, di accoglierlo più che potessi e di concentrarmi su quello che sentivo.
Percepii le sue mani accarezzarmi il corpo, il ventre, le gambe, avvicinandosi ogni volta sempre più alla mia intimità ma scostandosi da questa all'ultimo.
La mia eccitazione cresceva sempre più.
Lo sentii muoversi su di me, entrando e uscendo dalla mia bocca; con dei piccoli movimenti della bocca lo leccai e lambii, andando di tanto in tanto incontro alle sue spinte.
Quando la sua mano si fermò sulla mia intimità affondai ulteriormente fino a sentirmi la gola bruciare. Il suo tocco era delicato e sinuoso, la mia intimità si contraeva assecondando il ritmo della sua mano sul mio clitoride.
Le sue stoccate si fecero sempre più pressanti, potenti, selvagge. Lasciai a lui il comando, profondità, velocità, angolazione. Volevo che mi usasse, che sfogasse su di me il suo piacere e desiderio.
Il suo assalto era iniziato.
Il mio corpo era sovra stimolato, tenni gli occhi chiusi per riuscire a catturare tutto quello che mi stava facendo.
Sentivo il suo pene muoversi ritmicamente dentro di me, i suoi testicoli battevano contro il mio mento provocando un rumore simile al battere di mani; con una mano mi stringeva in una morsa un seno, ogni tanto mollava la presa e lo schiaffeggiava con forza, ad ogni colpo un calore intenso mi riempiva il petto, un gemito mi usciva di bocca e la mia intimità si contraeva su se stessa per il piacere derivato dal colpo. Le sue dita si muovevano freneticamente sul mio clitoride, stimolandolo e facendo crescere il tanto atteso orgasmo.
Il mio corpo era interamente scosso, dalle sue stoccare, dalle contrazioni che presagivano l'orgasmo, dal movimento del letto che assecondava i suoi movimenti.
Il materasso ondeggiava e la struttura del letto cigolava ad ogni stoccata.
Mi ritrovai a pensare ai suoi genitori al piano inferiore, li avevamo lasciati intenti a guardare la televisione seduti sul divano, la consapevolezza che potessero sentirci mi colpì improvvisamente.
Mi eccitai ulteriormente al solo pensiero.
Versi indecenti uscivano in parte dalla mia bocca, il restante si tramutava in vibrazioni che restavano sospese nella mia gola.
Lo sentivo ansimare in modo sempre più concitato, la sua erezione si fece sempre più grossa e difficile da gestire ma il piacere che cresceva sempre più dentro di me rese i miei movimenti sempre più incontrollati e dettati dal puro desiderio.
Lo sentii chiamarmi per nome, con tono supplichevole e adorante. <Sofia...> la sua voce mi arrivò ovattata, distante, ero troppo intenta a godermi il momento.
Spalancai ulteriormente le gambe, rilassai la gola e mi abbandonai completamente all'orgasmo che mi scosse in modo deciso e prorompente. Accolsi con maggiore facilità la sua erezione e lascia che mi scopasse e si accanisse su di me con ancora più libertà di quanta gliene avessi concessa precedentemente.
Mano a mano che l'orgasmo svaniva presi coscienza della situazione; il letto sbatteva in modo vergognoso contro la parete, il suo respiro era sempre più concitato e frasi sconnesse riempivano la stanza. <Cazzo...> gli sentii dire prima di sentirlo uscire dalla mia bocca, per poi vederlo sedersi sopra il mio volto.
Gli leccai i testicoli accuratamente e mugolando al contatto con quella parte tanto morbida quanto delicata del suo corpo, lo sentivo muovere freneticamente la sua mano sulla sua lunghezza, segno che si stava masturbando e che aveva deciso che avrebbe riversato il suo seme non nella mia bocca, come avevo pensato, ma sul mio corpo.
Sentii le sue gambe tremare appena e la pelle attorno alle sue palle tendersi e avvolgerle definendone maggiormente i contorni, infine lo sentii gemere sommessamente, mentre percepivo il suo liquido ricoprirmi i seni.
Dopo poco si alzò, mi pulì il busto con un asciugamano e mi aiutò ad alzarmi. Mi girava un po' la testa, pensai subito che fosse dato dal fatto che fossi stata a testa in giù per tutto il tempo, quindi mi sedetti sul letto. Mi coprì subito con una coperta per paura che prendessi freddo, subito dopo racimolò i vestiti che avevamo lasciato a terra.
Guardai la sveglia e scoprii amaramente che erano le 21:50, sarei arrivata a casa giusta in tempo se fossi partita subito.
A malincuore mi alzai, mi rivestii e scendemmo di sotto.
<Grazie> gli dissi appena fuori dalla porta di casa.
<Ti amo Sofia> soffio sulle mie labbra.
Ci concedemmo un ultimo bacio, dopo di che gli diedi le spalle e mi avviai verso la macchina.
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La mia Krissy
Mi guardo intorno, sogno, bacio.... penso...macino secondi di vita, penso alle emozioni e agli orgasmi…che ho regalato e che mi hanno procurato, uomini e donne. Era una fresca giornata primaverile quando, come ogni domenica pomeriggio, decisi di recarmi al solito bar in piazza, dove potevo leccare un freddo ghiacciolo stando comodamente seduto in posizione strategica per guardare le cosce delle belle signorine che passeggiavano per strada, immaginando la mia lingua intorpidita dal freddo che si riprendeva con il calore del loro inguine profumato.
Avevo la strana sensazione che quel pomeriggio avrei rimorchiato qualcuno, approfittando dell’intenso profumo di glicine che si stava diffondendo nell’aria e della complicità del sole che si poggiava soave sull’orizzonte proprio davanti ai miei occhi, rievocando in me anche l’aspetto più dolce e romantico. Passarono pochi minuti quando pensai di avere un’allucinazione vedendo una donna avanzare con un fare ondeggiante e provocatorio verso il mio tavolo. Misi a fuoco proprio nel momento in cui, ferma davanti alla porta del bar, la ragazza si lasciava travolgere dai raggi del sole che spavaldamente rendevano la sua veste chiara totalmente trasparente, non lasciando nulla alla mia già fin troppo fervida immaginazione. I miei occhi la fissarono a lungo, partendo dalle caviglie per poi salire fino alle cosce affusolate, dove persi il fiato alla visione delle sue piccole mutandine di pizzo rosa con alcuni fiorellini ricamati, che coprivano appena il suo dolce scrigno depilato, lasciando in bella mostra due glutei perfettamente curvi. Ripresi coscienza mentre oltrepassavo l’ombelico, ma sentii nuovamente il cuore fermarsi non appena giunsi al suo seno, due belle tette formose che mi fecero sussultare al solo pensiero di averle fra le mani. Sembrava che mi guardasse e ne ebbi la conferma quando con un sorriso invitante mi salutò. Misi per un attimo da parte la mia timidezza e la invitai ad accomodarsi al mio tavolino. Dopo essersi seduta, accavallò le gambe mostrandomi più da vicino il suo intimo che mi fece restare qualche secondo senza parole vista la bellezza che avevo davanti. Finalmente, riuscii a rispondere al suo saluto amichevole, balbettando la parola ciao. Quella piccola parola bastò a liberare i nostri pensieri e, dopo averle offerto da bere, cominciai a corteggiarla raccontandole la mia vita, come non avevo mai fatto prima d’ora.
Krissy, quel bel fiore davanti ai miei occhi, doveva essere mia e anche se era trascorso poco tempo, provavo un sentimento vero nei suoi confronti.
Anche lei sembrava molto interessata a me e quando la invitai a fare due passi insieme, mi rispose subito positivamente. Il sole tingeva l’atmosfera di rosso e colorava la sua pelle, bianca come il latte, con una deliziosa sfumatura rosa. Mentre guardavamo le vetrine passeggiando per le strade del centro, le nostre mani si intrecciarono e le nostre anime cominciarono a sfiorarsi, regalandoci la sensazione di una lunga conoscenza. Audace come mai, la cinsi alla vita e la mia iniziativa sembrò essere di suo gradimento, che strinse ancor di più il suo corpo al mio. Durante il percorso, parlammo di tutto ed i nostri discorsi si fecero più spinti davanti alla vetrina di un negozio di intimo sexy, dove senza alcun ritegno commentai un paio di mutandine di seta traforata. Rimasi folgorato quando mi disse che si stava bagnando e spinto dalla passione le baciai l’orecchio, afferrando delicatamente il lobo fra le labbra, e sentendo scuotere ogni singola cellula del mio corpo. Eravamo ufficialmente presi l’uno dall’altra. Dopo esserci seduti su una panchina, dove ci siamo baciati avidamente per almeno dieci minuti, decidemmo di camminare ancora e maliziosamente feci strada verso l’hotel del paese.
Non appena ci ritrovammo davanti alla struttura, baciai nuovamente Luana e le sussurrai all’orecchio ancora una volta i miei complimenti per la sua bellezza. Lei mi guardò con aria inaspettatamente incuriosita e con un cenno affermativo mi invitò ad entrare in albergo, nascondendo male una contrazione intima che mi fece aumentare la salivazione. Una volta entrati in camera, la passione ci scaraventò sul letto che profumava di pulito, dove abbiamo perso la cognizione del tempo in un lungo bacio, durante il quale le nostre lingue sapientemente intrecciate ci portarono al settimo cielo, regalandoci centinaia di brividi lungo tutta la schiena ed il ventre, per giungere fino al sensibile fulcro dell’amore. Non appena mi ripresi, la sua gonna e la camicetta erano già sul pavimento, mentre le mutandine intrise dei suoi odori le stringevo fra le mani e le portai sul mio viso, cercando di immortalare quel profumo nel mio cervello. I miei ormoni impazzirono del tutto e, frettoloso di sentire il contatto delle nostre pelli, sfilai jeans e maglietta e strappai brutalmente i miei slip, sfoderando la mia ascia di guerra pulsante e turgida, da cui fuoriuscirono le prime gocce di rugiada umettante. Presi Luana in braccio per portala sotto la doccia dove le insaponai il seno, riservandole un delicato massaggio che le fece diventare i capezzoli scuri e turgidi, proprio sotto le mie mani. Poi mi posizionai dietro lei, strusciando il mio pene contro il suo culo e cominciai ad insaponarle anche l’inguine, avendo poi l’accortezza di sciacquarla con un getto deciso di acqua tiepida, che le stimolò il clitoride ed i capezzoli, facendola contorcere un pochino. Ancora tutti bagnati ci rincorremmo per la stanza, cadendo infine sul letto dove la invitai a sdraiarsi supina e feci in modo che allargasse le gambe, afferrandola dolcemente per le caviglie. Eseguì l’ordine senza opporre alcuna resistenza e finalmente ebbi davanti a me uno spettacolo sublime: una figa totalmente depilata con due labbra carnose che racchiudevano un piccolo clitoride turgido e violaceo.
La voglia di baciarla e di amarla era infinita ma non volevo che il gioco finisse presto. Quindi, presi il comando sugli ormoni impazziti e cominciai a dedicare le mie attenzioni alle sue caviglie, che sormontavano piedi snelli ed affusolati.
La sua pelle liscia solleticò la mia lingua e mi donò nuovi stimoli. Mentre leccavo le sue caviglie, alzai gli occhi e mi sembrò quasi di vedere il paradiso fra le sue cosce: la sua chiocciolina era di nuovo lucente per via degli abbondanti umori vaginali che Krissy spalmò per bene sull’inguine, mentre alcune dita esploravano posti incantati. Non ce la facevo più, il richiamo era troppo forte a causa del suo odore di fica che pervadeva i miei respiri.
Decisi di avvicinarmi ancora un po’, giungendo all’interno coscia. Continuai a leccarla ed il sapore della sua pelle mi era ormai così familiare che l\’avrei riconosciuto ad occhi chiusi e nel frattempo mi godevo lo spettacolo della sua masturbazione mentre giocava con il clitoride. Stava quasi per raggiungere l’orgasmo quando una ventata di gelosia mi indusse a fermarla bruscamente.
Volevo essere io a farla godere la prima volta. Così affondai la mia bocca sulla sua gnoccolina straordinariamente bagnata e frizzante.
Seguii la linea invisibile che congiunge la chiocciolina all’ano e mi soffermai su quest’ultimo, fino a che il buchetto, esausto per le contrazioni d’eccitazione, lasciò andare la mia lingua più a fondo, facendo schizzare a mille l’adrenalina nelle mie vene. Mentre salivo lungo la sua schiena, seguendo la spina dorsale, notai i brividi sulla sua pelle estremamente ricettiva ed allo stesso tempo rabbrividii anche io mentre il mio cazzo strisciava fra le sue gambe, umide della mia saliva, fino ad adagiarsi nello spazio fra i suoi glutei. Ad aspettare le mie labbra, c’era il suo collo caldo e delicato, che profumava ancora di acqua di rose nonostante la doccia.
Le sensazioni che mi invasero erano così estreme che quasi a fatica trattenni lo sperma nei testicoli. Cercai di resistere con tutte le mie forze e finalmente giunsi sul suo viso, dove trovai due labbra pronte a dissetarmi senza alcun limite. Mi staccai forzatamente per ritornare sui suoi lobi, prima uno e poi l’altro, e mentre li succhiavo con passione sentivo spingere il mio arnese contro il suo culo, che sembrava volerlo accogliere senza opporre alcuna resistenza. Prima che fu troppo tardi, mi sfilai di colpo e le concessi una bella limonata, che aveva il sapore dolce della sua pelle e degli umori forti della sua figa e del buco del culetto.
Intanto, le mie mani si concentrarono sui seni, giocando con i capezzoli, fino a farle provare un pizzico di dolore e poi ancora carezze e baci che mi fecero scivolare velocemente nel suo intimo.
Rallentai un attino per il suo pancino piatto con un ombelico perfetto. Mi ritrovai nuovamente faccia a faccia con la sua nocciolina e, stavolta, senza tanti scrupoli, cominciai a penetrarla con la lingua, alternando periodicamente il suo culetto e la ciliegina. Sentivo la sua voglia aumentare sempre più, con il pollice giocavo con il clitoride, indice e medio si immergevano in vagina e l’anulare andava alla ricerca del buchetto del culo.
Il cuore cominciò a pulsare più forte nel petto perché sapevo che stava arrivando il momento e non feci in tempo a pensarlo che sentii colare tra le dita il suo orgasmo, mentre si contorceva soavemente inarcando il bacino in modo accentuato. Il silenzioso boato del suo orgasmo mi esaltò.
Mi lasciai travolgere anche io dalla passione e accontentai Krissy una seconda volta penetrandola con il mio cazzo, con colpi profondi e decisi, mentre leccavo le dita intrise dei suoi umori.
Ad un certo punto, i suoi occhi mi guardarono fisso e capii al volo il suo messaggio. Uscii dalla figa e con un solo movimento la misi in posizione doggy style per sfondarle il buco del culo, che mi lasciò entrare senza fatica. Continuai a cavalcarla prepotentemente. Mi inarcai per cercare le sue tette, che strizzai violentemente fino a sentirla gemere di piacere. Quello che scatenò tutte le mie fantasie fu la sua travolgente collaborazione, accogliendo senza esitazione ogni mia perversa attenzione. Senza uscire dal suo buchetto delizioso la spinsi a sdraiarsi sul letto dove, prendendola dalle gambe, la feci roteare fino a poterla guardare in faccia e poi continuai a stantuffarla a dovere. Sentivo ribollire lo sperma nei testicoli, non sarei riuscito a trattenermi ancora a lungo. La scopai ancora un po’ in vagina: Era favolosamente bagnata, un ambiente ideale dove riposi finalmente il mio bianco e cremoso nettare, ricco di virilità e passione.
Aspettai qualche minuto per far placare gli spasmi lussuriosi e mi rivolsi per l’ultima volta al suo fiore, per poter raccogliere nella mia bocca il seme versato poco prima. E fu con la bocca piena del mio stesso elisir che le concessi l’ultimo bacio, che aveva un sapore pastoso, inaspettatamente dolce e, allo stesso tempo, metallico, fino a che Morfeo non si prese gioco di noi, catturandoci in un sonno profondo, da cui mi risvegliai soddisfatto e pieno di energie, pronto a saziare nuovamente la dea del sesso, che, nuda, riposava ancora al mio fianco.
9/7/2021 andrea farnese
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Lei lo sapeva, lei l’aveva sempre saputo, fin dalle prime volte che avevano fatto entrare qualcun altro nel loro letto. Era passato molto tempo da allora e i loro incontri con altre persone erano stati tanti e ogni volta lei aveva quella sensazione. Lui partecipava attivamente ai giochi erotici che facevano, ma lei sapeva che ciò che lo eccitava più di tutto era vedere lei, la sua splendida moglie, fare sesso con un altro uomo. Il fatto che spesso la moglie dell’uomo in questione giacesse ansimando sotto di lui o fosse in qualche altra posizione non gli dava la stessa soddisfazione. Era il fatto di vedere sua moglie posseduta da un altro uomo la cosa che lo faceva impazzire. Forse era lo stridente contrasto tra l’assecondare la naturale tendenza di lei a tenere nel sesso comportamenti molto al limite e la sensazione di potere che gli dava il fatto di sapere che quella bellissima donna era sua e solamente sua. L’altro uomo avrebbe potuto averla per quella sera, si sarebbe costruito un ricordo fantastico di una scopata come poche ma sarebbe rimasto appunto un ricordo, almeno fino alla volta successiva in cui si sarebbero rivisti e avrebbe potuto avere di nuovo per sé quella dea, anche se la cosa gli sarebbe costata cedere la propria moglie ai desideri perversi dell’altro.
«Un giorno mi guarderai scopare senza fare nulla, o, al massimo, ti farai una sega, come un vecchio guardone» gli ripeteva spesso lei, e lui rideva, come per dire che chissà, forse, o magari mai.
Ma poi quel giorno arrivò e tutto accadde in una maniera che lei non avrebbe mai immaginato. Era un sabato e al mattino lui, dopo averla accuratamente scopata appena svegli, le disse che per quella sera avrebbe voluto invitare un altro uomo e fare una serata a tre, nella quale lei sarebbe stata, ovviamente, la regina della festa.
Lei non disse di no, non diceva mai di no. Si fidava di lui e poi il solo pensiero di avere per le mani un membro diverso dal solito le annebbiava già la vista.
L’invito era a casa dell’altro per la sera, ci sarebbe stata la cena e poi un dopocena nel quale lei sarebbe stata la portata principale.
Si preparò come sempre con cura, doccia, depilazione, crema per il corpo, asciugò con cura i lunghi capelli biondi davanti allo specchio ammirando, non senza un po’ di vanità il suo meraviglioso corpo di 35enne, i suoi seni perfetti, gli occhi azzurri, le labbra carnose.
Mise lo smalto alle unghie, rigorosamente rosso fuoco, sia sulle mani che sui piedi e passò all’abbigliamento, che non poteva essere da meno.
Indossò un completo nero, con un reggiseno che sosteneva alla perfezione il suo seno prosperoso e un paio di mutandine che seguivano nei minimi dettagli le curve dei suoi glutei rotondi e sodi. Il pizzo faceva un meraviglioso effetto vedo/non vedo.
Non potevano mancare le calze autoreggenti, che adorava. Ne scelse un paio nere, molto coprenti, con una balza in pizzo. Le trovava tremendamente sexy.
Si truccò in modo non esagerato, concedendosi solo un rossetto di un rosso abbastanza acceso. Spazzolò i capelli e li lasciò cadere sulle spalle.
Un abito da sera di foggia molto classica, prodotto di sartoria, piuttosto lungo, ma con un vertiginoso spacco copriva il suo meraviglioso corpo.
Ai piedi nulla poteva competere con le Pumps Kate 85 in vernice di Christian Louboutin, con quella meravigliosa suola rosso acceso.
Mise in una pochette minuscola le due cose che le servivano e scese le scale. Lui era di sotto, già pronto, completo blu, una classicissima ma stupenda camicia bianca e una cravatta grigio chiaro. Aveva pettinato i capelli all’indietro, ancora tanti, anche se abbondantemente brizzolati e sistemato accuratamente il pizzetto che gli decorava il volto.
«Sei splendida» le disse e lei ricambiò con un sorriso semplicemente disarmante.
Salirono sulla BMW di lui e si diressero rapidamente dalla parte opposta della città, che comunque raggiunsero in breve tempo. Ogni tanto a lui cadeva l’occhio sulla gamba di lei che usciva da sotto il cappotto, per poi infilarsi nello spacco del vestito e fare capolino.
Arrivarono, una villetta a schiera abbastanza anonima, in un quartiere normale, suonarono alla porta e venne loro ad aprire un uomo di sicuramente più di 50 anni, capelli brizzolati, fisico discreto, volto rasato. Indossava dei jeans, una camicia a righe con le maniche arrotolate e un gilet. Li accolse con un sorriso e li fece accomodare in casa, che era in ottimo stato, non particolarmente ricercata, ma comunque assolutamente decorosa. La sala da pranzo era stata apparecchiata con gusto, il padrone di casa li fece accomodare e arrivò con una bottiglia di champagne. Lui quando lo vide trasalì, ma lei non capì.
«Ho pensato a un Blanc de Blancs Grand Cru ‘Les Carelles’ di Jacques Selosse, uno dei lieux dits di Selosse, ovvero di quelle parcelle di particolare pregio che vengono vinificate singolarmente» spiegò l’uomo, con un modo di fare elegante senza ostentazione.
Portò dei ballon flute e versò per tutti. Brindarono alla serata, poi lui arrivò con il primo.
«Eccovi dei bocconcini di salmone al sesamo. Se volete gustarli, mangiateli con le mani»
Lei decise di provocarli e se li portò alla bocca con dei movimenti lenti ed estremamente voluttuosi.
Vide entrambi gli uomini deglutire a fatica, ma non si interruppe, proseguendo fino alla fine nella sua scena.
Un altro paio di bicchieri di Blanc de Blancs Grand Cru iniziarono a far scendere la tensione, preparando per l’arrivo del secondo: gamberi avvolti nel lardo con una crema di piselli.
Ad ogni portata lei rimaneva sempre più colpita dal loro ospite, che si dimostrava davvero un ottimo chef, ammesso che avesse preparato tutto da sé, oltre ad un intenditore di vini non indifferente.
Lei non smise di provocare nemmeno durante il secondo, si passava di continuo la lingua sulle labbra, sorseggiava con voluttà persino il vino, che ormai iniziava a darle alla testa, inghiottiva i bocconi con movimenti lenti e studiati. Sapeva bene quanto il cibo potesse essere erotico e faceva leva su quello.
Quando ebbero finito L’altro uomo si alzò da tavola, tolse piatti e bicchieri e tornò con dei piccoli calici e una piccola bottiglia di vino che sarebbe servito di sicuro per accompagnare il dolce.
«Albana Passito ‘Scaccomatto’, Fattoria Zerbina. Un Albana Passito, prodotto in stile Sauternes da uve colpite da muffa nobile, maturato in acciaio e barrique. Provatelo.»
Ancora quel modi di esprimersi, elegante ma non ostentato.
Lei trovò che fosse qualcosa di mai assaggiato. Un sapore incredibile le colpì il gusto.
L’altro uomo servì il dolce, che consisteva in uno zabaione freddo con un crumble al cioccolato e delle fragole.
Inutile dire che quest’ultimo piatto solleticò ancora la sua voglia di provocare. Portava le fragole alla bocca con fare lento e studiato, e faceva la stessa cosa con il cucchiaino del dolce che ripuliva accuratamente con la lingua ad ogni cucchiaiata, sotto gli sguardi ammaliati dei due uomini, la cui eccitazione stava evidentemente montando, anche se cercavano di tenere la cosa sotto controllo.
Terminata la cena si trasferirono nell’attiguo salotto dove il padrone di casa arrivò con dei bicchieri e una bottiglia con un distillato di colore ambrato
«Lagavulin 21 anni. Per me un nettare divino.»
Il sapore era qualcosa che lei non aveva mai provato in vita sua. Davvero qualcosa di divino. Ovvio che quello fu la mazzata finale. Lei sentiva che i freni inibitori stavano cedendo e si aspettava di avere da lì a poco quattro mani addosso che esploravano il suo corpo, ma non accadde.
Lui si era messo a sedere su un divano lasciando libero il posto a fianco a lei, che era seduta sull’altro. Non passò molto tempo prima che il loro ospite andasse ad occupare quel posto. Lui la guardò, uno sguardo di intesa e lei iniziò a toccare l’altro uomo all’altezza del pube. Si aspettava, come al solito, che lui arrivasse lì vicino e iniziasse ad accarezzarla, ma non accadde nemmeno quello. Lei si girò e lo vide sempre seduto sul divano a fianco, con una vistosa erezione nei pantaloni. Con un gesto della mano lui le fece segno di continuare con l’altro uomo e lei eseguì. Lentamente gli abbassò la cerniera e si ritrovò in mano un sesso di tutto rispetto. Iniziò a muovere la mano lentamente su e giù, sentiva che dimensioni e durezza aumentavano, mentre l’uomo le stava abbassando la zip del vestito.
Lui si alzò dal divano, si avvicinò e le tolse l’abito, mentre lei aveva iniziato leccare l’altro uomo. Prese il vestito e lo posò su una sedia, andando poi di nuovo a sedere sul divano dal quale si poteva godere la scena di sua moglie con addosso solo l’intimo, che si dedicava alla fellatio all’altro uomo. Questi dapprima si slacciò con tutta calma il gilet e la camicia, poi si dedicò a lei, togliendole il reggiseno e liberando i suoi due meravigliosi seni. Non sentiva lui avvicinarsi e questo le faceva uno strano effetto, sapeva che era lì a pochi passi da lei, anche se non lo poteva vedere perché gli dava le spalle. Decise di non preoccuparsene, in fondo lui stava liberamente facendo ciò che voleva, così accelerò il ritmo, iniziando anche a insalivare abbondantemente l’oggetto che aveva per le mani. L’uomo nel frattempo aveva infilato una mano nelle sue mutandine e con le sue grosse dita stava cercando le labbra, che erano già abbondantemente inumidite per la situazione.
Non passò molto prima che lei lo sentisse intrufolarsi nelle sue partiti intime. Il respiro era aumentato di ritmo, di pari passo all’eccitazione. Era ora. L’uomo la spinse su e si alzò in piedi, togliendosi scarpe e pantaloni, rimanendo nudo.
«Mettiti a quattro zampe sul divano, girata verso di lui!» le disse l’uomo. Lei eseguì, trovandosi a guardare lui, che ammirava la scena con aria estasiata. Ora stringeva il suo sesso e muoveva lentamente la mano. Nello stesso momento sentì le mani dell’uomo toglierle le mutandine e inserirle due dita nella fessura, che era ovviamente già bagnata fradicia, iniziando a muoversi rapidamente avanti e indietro. Iniziò ad ansimare forte, in preda ad un piacere crescente, causato dalle due dita che si muovevano dentro di lei ma anche dalla vista di lui che la guardava godere mentre si masturbava. L’uomo pareva intenzionato a darle piacere con le dita perché accelerò il ritmo finché lei non raggiunse un orgasmo accompagnato da roche grida di estasi.
A questo punto l’uomo la guardò grondante di umori, tenendo in mano il suo membro, ormai durissimo.
«Scopala!» disse lui rivolto all’uomo senza muoversi dalla sua posizione sul divano. Lei sentì il grosso glande appoggiarsi alle labbra e poi scivolare dentro, fermandosi per un secondo, come se l’uomo volesse gustarsi quel momento. Poi le sue grandi mani afferrarono con decisione i suoi fianchi e iniziò a spingere. Lei emise un lungo gemito, come se avesse finalmente avuto ciò che aspettava da tempo, mentre l’uomo la prendeva con colpi lenti ma profondi. Girò la testa verso di lui, che continuava a masturbarsi lentamente guardandola e colse sul suo volto un’espressione di intenso piacere. Stava davvero facendo dentro di se il grande passo di eccitarsi davanti a sua moglie scopata da un altro uomo senza partecipare? Sembrava di sì. Nel frattempo l’altro uomo continuava a prenderla afferrandola per i fianchi e spingendo. Lei chiuse gli occhi, lo sentiva dentro, ma soprattutto la sua mente iniziò ad eccitarsi ulteriormente per la situazione: si sentiva estremamente troia, lì a pecorina sul divano di uno sconosciuto che la prendeva mentre suo marito guardava la scena e si masturbava. Raggiunse l’orgasmo in quella posizione mentre l’altro uomo continuava a spingere deciso.
«Fammi vedere come la fotti» disse lui e l’altro uomo si sfilò da lei, che si girò supina sul divano. L’uomo era in ginocchio davanti a lei e la guardava, mentre il suo sesso troneggiava lì davanti. Lei girò la testa di lato per cercare lo sguardo di lui, che non smetteva di masturbarsi lentamente mentre la guardava.
«Cosa sei tu?» la apostrofò lui.
«Una puttana» rispose lei.
L’altro uomo le allargò le gambe e le toccò un po’ le labbra tra le quali luccicava il suo piacere, poi avvicinò di nuovo il suo grosso membro e dopo qualche istante glielo mise dentro. Lei lo sentì entrare senza nessuna difficoltà.
Un grido soffocato uscì dalla sua bocca nel momento in cui lo sentì di nuovo entrare in lei. L’uomo si era messo con le gambe di lei sulle spalle e, approfittando di quella posizione spingeva come un ossesso. Lei lo sentiva gravare con tutto il suo peso sopra il suo corpo, sentiva i fortissimi colpi del suo bacino.
Ormai lui non lo guardava nemmeno più, non sapeva dove fosse, probabilmente lì a fianco a lei, ma non lo sapeva per certo, gli occhi erano chiusi, la bocca semiaperta e corti respiri uscivano associati a gemiti di piacere. Sentiva che stava per avere un nuovo orgasmo, ma cerò di trattenersi per aumentarne l’intensità.
L’uomo spingeva sempre più forte, lei aprì gli occhi un attimo per cogliere l’espressione di piacere che occupava il suo viso mentre la possedeva. Questo la fece godere ancora di più, sapeva che non sarebbe riuscita a trattenersi ancora a lungo, mentre l’uomo spingeva sempre di più, gli occhi chiusi, il respiro affannoso.
Fu allora che lo sentì parlare di nuovo: «Vienile dentro, riempila» furono le sue parole.
Il rito di passaggio era completato. Lui stava per ammirare un altro uomo che sarebbe di lì a poco venuto dentro di lei.
Il momento non distava molto, sia l’uomo che lei erano al limite ormai da qualche minuto. Chiuse gli occhi e si lasciò andare all’orgasmo, una specie di scossa lungo la spina dorsale, un grido soffocato, le unghie che si piantavano nella carne dell’uomo.
Lei lo sentì ansimare sempre più forte mentre non riusciva a smettere di godere, finché non sentì il suo sperma che la inondava. Mentre lui riversava dentro di lei una quantità inusitata del suo piacere, il suo orgasmo riprese vigore e la colpì di nuovo, ancora quella sensazione di scossa alla spina dorsale, stavolta però lasciò andare un urlo liberatorio, che lui zittì subito mettendo la sua bocca sulla sua, mentre ancora una volta le unghie rosse di lei lasciavano i loro segni sulla schiena dell’uomo.
Rimase lì per qualche istante, come se dovesse raccogliere le ultime energie, poi si sfilò, lasciando che un rivolo di crema bianca scendesse dalla fessura di lei e colasse lungo la riga delle natiche.
«Ciao puttana.» La voce di lui echeggiò a pochi centimetri dalla sua testa mentre il suo sesso si presentò davanti alla sua bocca. Senza dire nulla lui, ormai al colmo dell’eccitazione, si masturbò rapidamente ed eiaculò nella bocca di lei, che raccolse e ingoiò tutto.
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09.01.77 Sala Comune Grifondoro - Hogwarts
Piega le gambe al petto, accompagnato come di consueto da un sonoro schiocco delle articolazioni, volgendo anche lui un momento lo sguardo al camino, proprio come l’anno prima, e alle braci morenti del focolare. Morenti come la sua sicurezza che per un attimo viene meno, in particolare dopo aver ascoltato la domanda postagli da Merrow. Che succede? «Mhm… Oggi ho parlato con Emile, un mio amico tra i Tassofessi» però lui è bravo. «E ha detto una cosa.» E si blocca. Porta le braccia sulle ginocchia, adagiandole così sulle gambe per usarle da appoggio per il volto, che finalmente si volge verso di lei premendo la sua guancia sugli avambracci. Gli occhi verdi non si fanno di certo problemi ad incontrare e soffermarsi, ad impigliarsi in quelli dell’altra. «Hai mai trovato qualcosa, o qualcuno che…» sta evidentemente cercando le parole giuste, visto che “arefacio perenne” non è proprio il modo migliore per farle capire che vuole. «…che ti fa stare bene? Serena?»
Gli occhi dal taglio affusolato s`assottigliano appena mentre lo guarda, forse presa vagamente contropiede, o magari semplicemente prende quel tempo per decidere bene cosa rispondergli. Ed è un «Si» sicuro ma morbido, che esce dalla bocca carnosa di lei, rotolando fuori in quella che è una confessione monosillabica, più interessata a capire dove stia cercando d`andare a parare. Però qualcosa s`illumina nel suo sguardo, rendendola per un attimo un poco più inquietante e rapace «Vuoi dirmi che ti piace questo Emile?» piatta, dura, asciutta. Non giudica, ma si è appena chiusa a riccio, in una difensiva sottile, ma non per questo impossibile da comprendere. (...) Rimane in silenzio, lo scruta in un vago assottigliarsi d`occhi che presagiscono un non voler replicare, nonostante noti la mancanza d`una domanda riguardo l`identità dell`eventuale persona, scegliendo alla fine d`esprimersi in un cupo «Sapevo che non era la stessa cosa.» per lui. Per lui non era la stessa cosa. Non lo è mai stato, e ciò l`ha dilaniata per anni, e solo da poco può dire d`essere in grado di smettere di sanguinare anche solo all`idea che lui non la voglia. Lui. Che non nomina e non svela (...)
«No» pronunciato con decisione e maturità. Non gli piace. Non come pensava. Anche se quello sguardo affilato non da segno di voler sparire. (...) «Non è lui che mi fa sentire… sereno.» Gli occhi si volgono di nuovo alla ricerca di quelli di Merrow. (...) La testa per un istante viene rivoltata indietro, nemmeno volesse posarla anche lui sul divano retrostante, per poi invece cambiare direzione e, piegandola un tantino avanti, andare a incastrare gli occhi sui palmi delle mani. Le dita chiuse in un semi pugno. Con l’aria esausta e frustrata di chi vuole dire una cosa ma proprio non ci riesce. (...) Si alza da quella posizione terribilmente esausta, per provare a volgere ancora gli occhi su di lei. «Sei tu.»
«Tu?» Serve chiarezza.
Vorrebbe essesre più veloce di così, più veloce della sua frustrazione o dei pensieri che corrono veloci in uno schianto annunciato, anche se non si capisce da parte di chi. E invece è lenta, terribilmente: nel realizzare, in parte, nel capire che sta parlando di lei, attribuendole un`importanza impossibile da non comprendere. Si mette in ginocchio, cerca di raggiungerlo oltre la sorpresa d`entrambi, con una dolcezza dedicata nei gesti solo a lui, con quel sorriso piccolo ma luminoso, finchè non può stringerlo contro il petto. E già la posa dovrebbe far capire qualcosa, perchè è palese che il modo in cui lo cerca fisicamente, sembra metterla in una posizione protettiva nei confronti di Dominic, come se qualcosa forse fosse sulle sue tracce, e lei volesse soltanto nasconderlo al mondo. Come l`ultimo lumicino in un mondo buio pesto. Le mani scorrerebbero dalle spalle, alla nuca, ai ricci neri, in un insinuare di dita tra la chioma che la vedrebbero poi culminare la posa con la guancia destra poggiata sul capo altrui, in un cingerlo contro il seno, per nulla malizioso, ma forse un po` troppo ingenuo. E poi quella domanda, a cui lei davvero regala un silenzio pieno di cose che non esprime. Perchè è intenta ad inseguire un coniglio bianco che corre sul filo di pensieri veloci e dissonanti. Eppure lui è lì, e se c`è un`isola di pace, un`oasi di ristoro, nell`ultimo periodo è proprio in quel letto al secondo anno del dormitorio maschile, tra le lenzuola dove si trova un ragazzino col pigiama grigio tristissimo, con i capelli che profumano di pino la sera, e che la mattina sa di pepe nero e cannella per quanto la stringe quando sono assieme. Lo stupore d`essere interpellata però, che le si chieda se lei provi qualcosa di simile, le spezza un poco il tono sicuro con cui gli mormora vicina all`orecchio sinistro «Anche tu mi fai sentire tranquilla» perchè è di questo che si parlava, no? «Serena.» come dici tu, Nico. Guancia che scivola un secondo contro guancia, in uno stringerlo un poco più sentito. L`importanza d`un momento così.
Lei è lenta nel capire che si tratta di lei quanto lui lo è nel realizzare che no, non lo sta ignorando. Non è pietà quella che si va a descrivere nel suo sorriso, e non è un rifiuto esplicito e certo di quelli a cui è abituato, di quelli che si aspettava. Eppure la sorpresa è tanta anche in quel suo farsi stringere al suo petto, sui seni di lei privo ancora di qualsiasi tipo di malizia. Solo una vicinanza fisica, con un che di assurdamente poetico, in quella sensazione delle sua mani su di lui, tra i suoi capelli, e nel suono del suo cuore che rimbomba nelle sue orecchie attraverso gli strati di vestiti. O forse è il suo stesso cuore che sente… nemmeno saprebbe discernerli ormai, tanto li ha sentiti battere insieme. Durante le notti che sono il momento migliore della giornata, solo perché può stringersi a lei e aggrapparsi come fosse la sua ancora. Che con la sua sola presenza riesce a calmarlo, il più delle volte, e addirittura a farlo sentire voluto. Come in quel momento. In cui vorrebbe solo affogare nel suo profumo, assorbirlo e impregnarsi così tanto da non desiderare di avere più un’identità sua. Ma forse sta correndo troppo… Eppure poco gli importa. Visto che nel sentire, finalmente, le sue parole, il suo “ricambiarlo” e anche quel tocco di guance… non può non voltarsi, dopo qualche secondo di condivisione di quel momento, per tentare di piantargli un bacio sulla gota. Prima di dirle «Ho anche una cosa…» per lei. «…in realtà…» Ma con voce decisamente incerta. Timorosa. (...) E andando ad allungare la mano sinistra verso la tasca del pantalone, infilandola tra le pieghe della stoffa, e tirandone fuori… un anello. Palesemente ottenuto con la trasfigurazione. Non lo guarda nemmeno troppo – lo ha fatto lui, quindi lo conosce – ma glielo porge, libero, sul palmo della mano aperta.
Un anellino dall’aspetto metallico – decisamente non pensato per l’anulare della ragazza – con sfumature e lampi verdi in superficie. Il lavoro semplice, poco elaborato di un ragazzino alle prime armi. E attende che lei decida se accettare o meno quel pegno, che nonostante l’inesistente malizia è pregno di... possessività.
Ed è con occhi curiosi che segue i suoi movimenti verso la tasca del pantalone, per poi guardargli il palmo e notare... un anello. Qualcuno che non è Rebecca, le ha appena regalato un anello. Verde, trasfigurato, di metallo e fatto con la sua magia, cosa che le fa avvampare il viso e schiudere le labbra, in un balbettio senza corpo, prima che sia la sinistra ad allungarsi per prendero e guardarlo da ogni angolatura. Deglutisce a vuoto, ed è con una serie di gesti emozionati che andrebbe ad infilarsi al medio della destra la fascetta metallica, alzando solo infine, lo sguardo a lui. Non riesce a dire nulla, con quel bolo di sentimenti puri ad affannarsi e bloccare le sue corde vocali. Ecco perchè i palmi corrono al volto di Dominic, in un avvicinarsi che potrebbe sembrare pericoloso, se non fosse che le labbra mirano il suo naso, per regalargli un paio di bacini piccoli, sulla curva e sulla punta, prima di rimanere qualche istante fronte contro fronte, chiudendo gli occhi in un respirare leggero e spezzato. Istanti lunghi, o forse brevi, non lo saprebbe definire, prima di prendergli le mani, rialzarsi in uno schiocco di ginocchia, invitandolo a seguirla. Fammi tornare in quell`oasi. Nascondimi sotto le lenzuola, scaldami e fammi dimenticare i mostri sotto il letto, che con te, per una notte appena, smettono di fare paura.
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Innocenti Evasioni
Rosso di Fine Anno XXX
La Storia è di pura Fantasia ed Ogni riferimento a fatti, Persone o cose è puramente casuale .
Si consiglia la lettura del testo ad un Pubblico adulto e mentalmente aperto.
Testo e soggetto di RelaxBeach©
Quel fine anno avevamo cambiato casa, il posto era tranquillo e carino, una villa nel verde che aveva alcuni appartamenti. La proprietaria mi aveva informata sugli altri inquilini ma non ne avevo incontrato che qualcuno.
Quella sera di fine anno dopo una settimana di duro lavoro nonostante la pandemia anche se non saremmo usciti avevo messo un abitino rosso, molto sexy con uno scollo molto ampio e con una bella apertura dietro che mi lasciava nuda fino al fondo schiena ed anche se saremmo rimasti dentro decisi di mettere un paio di scarpette rosse col tacco 12 e un delizioso perizoma sexy rosso che avrebbe fatto perdere la testa a chiunque che sarebbe stato di buon augurio. Come se dovessi uscire mi ero preparata per una bella serata, un bagno caldo, la crema per il corpo, i capelli, il trucco e rossetto.
Una volta pronta mio marito vedendomi arrivare dopo aver apparecchiato per la cena sgranò gli occhi e dopo tanti giorni finalmente s’accorse dicendomi.
- Che figa che sei questa sera!
- Mi sono messa un po in tiro per capodanno, amore! Gli risposi.
- Per fortuna non usciamo o dovrei tenerti d’occhio per tutto il tempo per impedire che qualcuno ti salti addosso!
Andando in bagno riguardandomi allo specchio mi accorsi che senza reggiseno una gran parte del seno fuoriusciva dalla scollatura e che addirittura si potevano notare i capezzoli e ne ero eccitata e soddisfatta.
Pensai che dopo cena avremmo potuto ballare ed il movimento avrebbe fatto si che il seno si mettesse in mostra e lo avrei sicuramente eccitato e la cosa mi piaceva parecchio.
Iniziammo a cenare ed a bere, ridevamo e scherzavamo, mandando messaggi di auguri ad amici e parenti a mezzanotte brindammo e ci baciammo, lasciammo apparecchiata la tavola e ci spostammo sul divano guardandoci maliziosamente, ero piena di attese ed andai in bagno a rinfrescarmi mentre lui parlava al telefono, non avevo capito con chi esattamente ma non volevo rovinarmi la serata anche semi sembrava di aver inteso qualcosa che non mi sarebbe andata.
quando tornai nel salotto non c’era più, andai in camera e lo trovai ancora vestito sopra il letto che dormiva, lo guardai irritata avevo voglia, lo avrei svegliato e mi toccai il seno, sentii dei rumori venire dall’appartamento di sotto, la proprietaria mi aveva parlato del tipo di sotto tanto che mi sembrava quasi di conoscerlo, il rumore non era fortissimo ma si sentiva benissimo la musica che proveniva da quello, che ci faceva con tutto quel baccano, solo, mi toccai ancora il seno e decisi di scendere.
Fatte le scale arrivata davanti alla porta potevo sentire la musica, decisi di bussare, sebbene non ci fosse nessuno se non la proprietaria e suo figlio al piano di sotto, lo feci una volta e poi subito dopo ancora, la porta si aprì, lui si era ricomposto si vedeva benissimo era da solo che motiva aveva per essere elegante.
- Disturbo? Mi disse.
- No no!! Ha dello spumante?
Mi guardò stupito, evidentemente sapeva dei nuovi inquilini di sopra anche se non ci conosceva, e subito dopo mi guardò meglio.
- Si! E non solo quello se le serve!
- Posso entrare?
Mi fece entrare mentre i suoi occhi esploravano il mio corpo e sicuramente gli fece un certo effetto l’apertura dietro la mia schiena fino alle natiche.
La tv era accesa su un programma di musica ed il pc era sul tavolo, evidentemente come era uso in quel periodo aveva salutato i suoi attraverso Skype.
- Cosa ti posso offrire?
Mentre me lo diceva la sua voce metteva a soqquadro i miei ormoni, i miei seni s’accesero e forse quel cambiamento gli fu visibile per via dei miei capezzoli e qualcosa piena di voglie si propagò per tutto il mio corpo.
- Cos’hai?
Mentre tirava fuori una bottiglia pensai a mio marito che dormiva beato di sopra, pensai a quella strana chiamata che aveva ricevuto, ma tutto sparì quando un bicchiere di bollicine apparve ai miei occhi.
Ci conoscevamo bevendo e scherzando, ridendo su ogni cosa fino a diventare euforici.
Ad un certo punto ci guardiamo sempre di più e ci sorridiamo io gli guardo le labbra mentre lui osserva il mio corpo, il mio seno, i miei capezzoli che fanno capolino dalla scollatura ed io non faccio altro che mettermi in mostra che metterli in mostra.
Guardandomi lentamente si avvicina e mi prende facendomi ballare quel brano che era partito in quel momento spingendomi subito dopo contro la parete, mi bacia, apro la bocca invitando la sua lingua che non tarda a cercare la mia, una della sue mani mi stringe il seno e l’altra stringendo la natica mi spinge verso di se a farmi sentire il suo sesso eccitato.
Eccitata, abbandonata, tra le sue mani stretta già godevo.
Si fermò mi guardò negli occhi, scostandosi mi fece inginocchiare e apri i suoi pantaloni mentre lo guardo, mi guarda negli occhi intuendo che non mi dispiace essere li ai suoi piedi.
- ora prendilo fammi vedere cosa sai fare? Mi disse.
Allungai le mani lo liberai e tenendolo stretto lo guardai, il suo sesso era eccitato e caldo.
- Secondo me durerai poco!
Lui sorrise e me lo mise in bocca, ne avevo voglia e lo presi con avidità arrivando molte volte a soffocare mentre gli sorridevo. Non pensavo più a niente se non a godere di quello che stava tra le mie mani e nella mia bocca. Lo guardai.
- Allora sono brava? Abbassò lo sguardo.
- Se Fantastica!!
Mi lascia andare ai suoi desideri e mi fece alzare, mi prese per la mano e mi fece appoggiare al tavolo, mi alzo il vestito e mi accarezzò le cosce e mi prese e mi mise su di esso, scostò il pc, aprì le mie gambe e scostò le mutandine, la sua lingua raggiunse il mio sesso portandolo all’estasi senza mai fermarsi e presto sentì le sue dita che mi mandavano finalmente fuori di testa e presto lo sentii entrare dentro, con le mie gambe sulle sue spalle finalmente mi prendeva mentre la tv copriva ogni sua foga ed ogni mio sospiro.
Stringendomi il seno che ormai era completamente fuori dal vestito, si fermava spingendosi completamente dentro di me fino in fondo, mordendo i miei capezzoli.
Sono sublimamente eccitata e pronta a subire tutto, ho voglia che faccia di me ciò che vuole, mi fa scendere dal tavolo e mi mette a 90 e mi riprende affondando completamente m’inarca e stendendosi sopra di me mentre le sue dita esplorano l’altro mio foro, mi sussurra.
- ti piace prenderlo dietro?
Sospirando risposi. - L’Adoro !!
Mi disposi per ricevere quello che desideravo e non perse molto tempo, esplorata e preparata presto s’infilò nel mio fiorellino mentre lo guardavo, mi prese per i capelli ed al ritmo della musica che era iniziata mi faceva godere ammirando il mio corpo e pregavo che durasse.
Lo sentii rallentare e mi preparai a quello che mi piaceva fare alla fine dell’amplesso e quando si scostò mi inginocchiai a finire quello che avevo iniziato godendo di quella crema che avevo desiderato per tutta la sera, approfittai del suo sesso fino alla fine guardandolo e godeva a guardarmi.
Andai in bagno e mi ricomposi, mi guardai allo specchio soddisfatta, il rosso aveva portato bene, guardai i particolari e poi mi accompagnò alla porta, mi baciò, mentre gli dicevo grazie, accarezzo il mio corpo, baciò il mio seno e mi disse, - Torna quando vuoi.
Ripresi le scale e mi sdraiai vestita accanto a mio marito.
RelaxBeach© (Tutti i Diritti sono Riservati.) 31/12/2020
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L'onore
Fa freddo, molto freddo.
Il piccolo termosifone che ho alle spalle non riscalda abbastanza e non mi basta mettere le mani fra le gambe.
Fa freddo anche nel mio io più profondo; come se Roberto avesse aperto una enorme ghiacciaia e mi ci avesse scaraventata dentro.
Serro forte i pugni ma l’unico effetto che provoco è un piccolo dolore al palmo delle mani e il rossore dei miei polpastrelli.
A Roma è calata improvvisamente la temperatura, la gente che, fino a poco tempo fa, indossava ancora maglioncini leggeri di cotone, ora è avviluppata in grosse sciarpe di lana variopinte.
Il rosso, il giallo e il ruggine si confondono alla perfezione con le chiome degli alberi che riesco a vedere in strada.
L’autunno è agli antipodi della primavera dove tutto rinasce.
In autunno muore la natura, ma non per me.
E’ un ciclo vitale e questi colori pastello mi fanno tuffare in un mare di ricordi.
Mia nonna, Anna, era una matrona di vecchio stampo, fin troppo severa e austera, almeno cosi mi raccontava mia mamma; per me invece era la nonnina che elargiva consigli sottoforma di proverbi.
Ogni volta che l’andavo a trovare, le raccontavo le mie storie sentimentali e lei, ridendo, mi raccontava
delle scappatelle che aveva avuto in gioventù con un marine americano.
All’epoca lei e mio nonno non erano sposati e lei, bionda e prosperosa era la ragazza più corteggiata di tutta Anzio.
Mi raccontava di quando, ventenne, si era concessa per la prima volta a quello straniero, dall’animo burbero e con braccia possenti che ogni volta che la stringeva a se, sembrava volesse stritolarla.
Amavo sentire le storie di mia nonna mentre ero da lei a bere un thè tutti i giovedì pomeriggio.
È passato un anno da quando è morta e ora i miei giorni sono più vuoti.
Chissà cosa mi direbbe ora, chissà quale consiglio mi darebbe.
Quando parlavamo della sua scappatella le chiedevo se aveva avuto paura delle reazioni di nonno, quando
capì che lei non era vergine.
Mi rispose fiera di se
“Un uomo, quando fa l’amore con una donna, la onora!”
Sono quasi otto mesi che non vengo onorata; sono distrutta e, in cuor mio, so già cosa mi avrebbe consigliato.
“Se l’onore non è di casa, sarà uccel di bosco” e mi avrebbe strizzato l’occhio attraverso il grosso specchio della sua camera da letto.
Ma quanto fa freddo? Raccolgo le mani a cucchiaio e me le porto alla bocca. Soffio un pò di aria tra i palmi e me le sfrego. Cerco disperatamente di riscaldarle, ma non riesco nell’intento.
Stamattina mi sono anche coperta abbastanza; ho messo dei collant pesantissimi, e un paio di jeans attillati e altrettanto pesanti, sopra il più caldo dei miei maglioni di lana.
Ma nulla.
Il freddo lo sento entrare dentro di me fin dentro le ossa provocandomi dei brividi terribili, come se avessi la febbre.
Appena arriva il Professore penso che gli chiederò un permesso per il pomeriggio. Andrò a casa, mi berrò un bel thè caldo all’arancia e cannella e mi metterò sul divano con il mio plaid preferito.
Intanto che aspetterò Roberto, leggerò quel libro di racconti.
Me l’ha regalato mio cognato Vittorio e ne parla tanto bene; dice che è tratto da un NewsGroup su internet, dove lui passa tutto il suo tempo libero a rimorchiare giovani donzelle.
Poi sarà il momento di parlare…
Non è possibile che non facciamo l’amore da mesi.
Sono alta, bionda e bella e a lavoro il mio capo, ogni volta, mi fa le solite battutine stupide.
Si vede lontano un miglio che vorrebbe portarmi a letto.
Un giorno forse gli dirò anche di si, non solo per vedere l’espressione inebetita nel suo volto, ma per vedere, anche, se avrà il coraggio delle sue intenzioni.
Ma è lui che non deve aver remore o sono io?
Mi sento una ragazzina alle prime armi e non capisco più nulla; eppure ho trentacinque anni e non so ancora cosa fare della mia vita.
Paolo, il professore, di anni ne ha cinquantatré, e se li porta anche bene.
Fisico asciutto e capelli brizzolati sempre ben curati. Sul volto quelle rughe d’espressione lo fanno essere affascinante.
E’ un chirurgo molto stimato, porta sempre la giacca ed è sempre ben vestito con completi griffati.
Roberto al suo confronto è sciatto e insipido, però lo amo.
Lo amo dal primo giorno che l’ho visto, ben tre anni fa.
Per lui ho dimenticato il mio ex-marito e sono partita subito in vacanza, senza pensarci un attimo.
L’ho conosciuto a casa di amici durante una festa in pieno luglio. Faceva molto caldo quel giorno tanto che non avevo messo il reggiseno e dalla camicetta facevano bella figura i miei seni rotondi.
Mi ero separata da poco e volevo godermi la vita; volevo ridere e divertirmi e non pensare a nulla.
Niente uomini, nessuna famiglia e niente sesso. Almeno questo è quello che pensavo all’epoca.
Quella sera tutti fecero gli stupidi cercando di rimorchiarmi. L’unico che non si avvicinò mai fu lui.
Era nell’angolo intento a parlare con alcuni ragazzi e non mi aveva degnato neanche di uno sguardo.
Appena l’ho visto parlare con il festeggiato ho sfruttato l’occasione per avvicinarmi e il nostro amico in comune fece le debite presentazioni.
Lo guardavo fisso negli occhi, verdi come due splendidi smeraldi. Rimasi incantata e forse è stata proprio
l’espressione di quello sguardo che mi ha fatto innamorare.
Mi ha lasciato subito a parlare con il mio amico, per tornare a discutere con gli altri per affrontare gli ultimi dettagli del viaggio che avevano in mente di fare da lì a poco.
Quindici giorni attraversando l’ Irlanda da sud a nord.
Mi sono gettata subito nei loro discorsi chiedendo altre informazioni.
Erano in quattro: Roberto, Vittorio, il fratello, Marco e Mario, due loro amici.
“Se una donna non vi imbarazza e non vi è di peso, mi piacerebbe unirmi alla compagnia”
Ricordo benissimo ancora la loro faccia sbalordita. Non conoscevo nessuno di quei ragazzi e vedere le loro
espressioni mi aveva fatto sorridere e sbeffeggiarli un po’.
Roberto aveva cominciato a fare delle battute e a farmi ridere. Si, i suoi occhi e la capacità di farmi ridere
avevano perfettamente centrato il bersaglio del mio cuore.
Mi ricordo il terzo giorno di vacanza, quando eravamo usciti prestissimo dal nostro B&B alle porte di Limerick per andare all’aeroporto di Shannon a bere il vero Irish Coffee. Avevamo riso per tutta la mattina e, poi, alla fine, il bacio.
Le sue mani, grandi e calde, sembravano esperte e riuscirono in un attimo a sbottonarmi camicia e gonna e già erano intente a sbirciare tra le mie antiche resistenze di donna separata.
In quell’attimo avevo capito che senza sesso e senza amore non potevo vivere. Mi sentivo desiderata e al centro delle attenzioni di quell' uomo con lo sguardo magnetico e penetrante.
Non pensavo di essere in un’ auto noleggiata e abbiamo fatto l’amore in maniera forte e prepotente.
Mi voleva e lo sentivo dal cuore che gli batteva forte nel petto, lo sentivo da come mi stringeva le braccia mentre mi baciava, e lo sentivo quando, caldo, è entrato in me in maniera forte e dolce allo stesso tempo.
In quel momento non ho pensato nè a preservativi nè ad anticoncezionali. Solo noi due in mezzo ad un verde sconfinato ed io ero persa nei suoi occhi; sapevo benissimo che da quel viaggio non avrei mai voluto più tornare.
Io non mi ricordo quanti orgasmi ho avuto, so solo che era stato così inaspettato e bello.
Continua a far freddo…
Forse ho davvero qualche linea di febbre.
Ma Paolo dove è?
Quando arriverà?
Sono già le dieci passate e tra poco ha il primo appuntamento.
Perché sono otto mesi che Roberto non mi si avvicina? Avrà un’altra?
“Pronto? Paolo ma dove sei? Sei in ritardo. Fra poco arriveranno i primi clienti. Come? Devo disdire tutto? Ma come faccio? Chi arriva dalla Svizzera? Per quattro, cinque giorni? Ah ok. Va bene. Ma a che ora sarà qui? Va bene ci penso io però sbrigati.”
Stefano, il figlio del professore, è arrivato un minuto dopo che ho chiuso la telefonata.
Sapevo che era un ventottenne e che assomigliava alla ex moglie del mio capo.
Alto, chioma fluente castana chiara incastonata in un fisico asciutto.
Dal fisico e dal portamento sembrava un principe e aveva degli occhi cerulei, grandi ed espressivi. Un piccolo accenno di barba incolta ornava le mascelle pronunciate; lo vedevo fisso, davanti a me, con i suoi occhi che mi scrutavano da cima a piedi.
Allungo la mano
“Piacere io sono..”
“Martina…Papà mi ha parlato molto di te.”
Arrossisco… Cerco di cambiare discorso.
“Tuo padre sarà qui tra poco. E’ imbottigliato nel traffico. Tutti a fare regali” sorrido.
“Di tutte le cose che mi ha detto, però, devo dire che su una ha profondamente ragione, su un’altra ha torto in pieno”
Balbetto un cioè, anzi più precisamente biascico un cioè
“Papà ha detto che sei una donna bellissima, e sono d’accordo, ma ha anche detto che saresti una mamma
perfetta. Ecco. Io come mamma non riesco a vederti”
Mi parla con aria altezzosa e con il sopracciglio inquisitore.
Insolente. Ma come ti permetti di parlarmi così? Cafone e maleducato. Alzo anch’io il sopracciglio a mo’ di sfida e per fargli capire che è stato scortese. Molto probabilmente in Svizzera non sono così bravi ad insegnare bon ton.
Comincia a ridere di gusto e, cominciando a prendermi in giro, si avvia verso lo studio del padre.
Lo seguo mentre il livore divampa in me.
Vorrei tanto dirgliene quattro ma non posso, ho paura di perdere il posto di lavoro e, in questo periodo, mi servono soldi per cercare di comprare casa con Roberto.
Già Roberto.
Anche lui ha il potere di farmi incazzare come pochi. A volte mi fa delle battute così idiote che mi fanno imbestialire e più sa che mi infastidiscono, più ne fa.
Stefano si sfila la giacca color piombo e la posa delicatamente su una delle due poltrone poste di fronte alla scrivania del padre. Il sole di quella fredda mattina filtra pigro fra le tende color crema riempiendo di tepore quella stanza, di solito cosi fredda.
Mentre chiedo se vuole del caffè o del thè sento il trillo del mio telefonino che mi annuncia dell’arrivo di un
messaggio.
Mi congedo dalla sua vista con un pizzico di rammarico, perchè quel piacevole sole che mi stava lentamente abbracciando, stava sciogliendo anche quella morsa di freddo interiore che mi aveva avvolta.
Sms di Roberto.
“Stasera tardo. Non mi aspettare sveglia”
Cazzo. Bastardo.
Ma come tardi? Bastardo. Allora è vero ne sono sicura, ne ha un’altra. Bastardo.
E sicuramente si scoperà lei stanotte e chissà da quanto tempo va avanti questa storia.
Bastardo.
Il leggero tepore che prima scorreva in me, ora è un torrente in piena e il rancore avvampa ogni centimetro
del mio corpo.
Due mani mi prendono alla base del collo dietro la testa.
Stefano con voce calma mi sta chiedendo cosa succede; forse ha sentito qualche mia imprecazione o forse
ci sta provando con me.
Mi vorrei voltare ma le sue mani mi stanno conducendo in un altro mondo.
Troppo sbrigativo!!
Forse dovrei tradirlo e farlo col primo che capita e, Stefano, potrebbe far al caso mio.
No, no che scema che sono… non posso farlo con un tipo che neanche conosco e che, fisico a parte, non è il mio ideale di uomo.
No, no non posso.
Ora mi volto e gli dico che non è nulla… Però che mani calde che ha…
Potrei aspettare qualche minuto e lasciarlo fare… D’altronde è un piccolo massaggio sul collo.
No, no ma che penso. Ora mi volto e lo faccio smettere.
Un lungo bacio.
Ma mi sta baciando.
Che belle labbra che ha e sembra anche saperci fare. Dai è solo un bacio Martina, ora che smette ci faremo tutti e due una grossa risata e poi basta.
Lontani un chilometro l’uno dall’altra.
Ma che sta facendo con quella mano? Mi sta cingendo la vita, lo sento entrare sotto il maglione e si fa ancora più audace…
Ora è sotto la maglietta.
Staccati Martina, staccati. Non è il tuo compagno…
Si, ma cavolo bacia bene, e sembra proprio saperci fare…
Con l’altra mano mi sfiora i fianchi e, risalendo, arriva fino al seno destro.
Lo palpa con decisione mentre la sua lingua continua a rincorrere la mia.
Finalmente si stacca dalle mie labbra, ma non da me e, continuando la sua corsa, finisce a baciarmi e a
mordermi leggermente il collo.
So che potrei parlare, so che potrei fermarlo, ma sono immersa nel suo profumo e mi sento naufraga in un oceano di sensazioni perse nella notte dei tempi.
Ho paura di lasciarmi trasportare da questo uragano, ma forse non è paura, ma la voglia di voler cavalcare quest’ onda di emozioni e risentirmi io, donna.
Basta incartamenti, giornali con annunci di case, basta lenzuola mai troppo disordinate.
Voglio sentirmi donna e non puttana e, anche se lo fossi, non me ne frega niente.
Anzi no, voglio essere
puttana e donna.
Afferro con forza le sue braccia all’altezza dei bicipiti. Il corpo che prima pensavo asciutto è, invece, ben modellato. Questa volta sono io a baciarlo, sono io a infilargli la lingua in bocca.
Sono una donna e sono una puttana.
Lo mordo forte sul collo provocandogli un po’ di dolore. Le mie mani sono senza freni e corrono
all’impazzata sul suo corpo. Dapprima sul collo, fra i capelli e poi ripercorrendo la strada al contrario, finiscono la loro corsa sulla patta dei pantaloni.
Vorrei chinarmi e assaggiarlo.
Non riesco a fare in tempo. Mi solleva il maglione e la maglietta con un sol gesto. Il freddo e l’eccitazione
fanno risaltare lo stato dei miei capezzoli. Ne prende uno tra le dita, lo tira a se e comincia a morderlo e
succhiarlo. Il primo impatto di dolore è ora sostituito dal piacere.
Con l’altra mano sbottona i miei jeans e delicatamente comincia ad abbassarli.
Lo aiuto e, con un paio di movimenti di anca, li faccio scivolare fino alle caviglie.
Abbasso anche i collant e lo sento scivolare in basso; le sue mani ora stringono i miei glutei e il suo volto è
sul mio pube. Mi bacia sul leggero perizoma che indosso e lo sento sempre più vicino.
Il freddo mi fa rabbrividire o almeno è il mio pensiero. Forse è la situazione, forse è l’essere qui nuda davanti uno sconosciuto o forse sono semplicemente eccitata e non mi importa di avere il pelo pubico non in ordine… D’altronde non facevo sesso con nessuno.
È lì, che si muove sotto di me, sento il suo respiro aumentare.
Piccole scosse mi percorrono lo stomaco e lo imploro di continuare; non provavo queste emozioni da tempo, troppo tempo.
Mi appoggio alla scrivania e le mie mani stringono forte il bordo. Allargo leggermente le gambe e sento il suo respiro sempre più forte sulla figa e un nuovo tremore mi scuote nuovamente la pelle.
Lo sento abbassare le mutandine e separare le labbra con le dita.
Sprofonda la sua bocca dentro di me, mentre, istintivamente, sollevo i glutei appoggiandoli sulla scrivania e divarico ancora di più le gambe.
Sembra che mi stia divorando e lentamente si dirige verso il clitoride mentre con un dito mi esplora intimamente.
Si ferma un secondo per respirare e un ombra di panico cala nei miei occhi.
Se ne accorge perché mi chiede se va tutto bene.
Si va bene ma non fermarti più, non riuscirei più a gestirlo.
Cazzo sono troppo eccitata e non puoi lasciarmi cosi.
La mia mente risponde per me, la bocca, invece, sibila un si.
Il mio viso paonazzo dal desiderio non è bugiardo, sono eccitata e voglio che continui il suo accurato lavoro.
Sprofonda di nuovo tra le pieghe del mio sesso e, finalmente, la sua lingua raggiunge la punta tremolante e gonfia del mio clitoride.
Primo elettroshock di sollievo e piacere. Stringo più forte le mani.
Prende quella piccola escrescenza turgida tra i denti e lo succhia delicatamente…
Il mio corpo risponde
contorcendo e sussultando.
È ancora quasi del tutto vestito e vedevo la sua erezione spingere contro i pantaloni.
Lo sento azzardare un
delicato morso al clitoride mentre sto venendo per la prima volta…
Un forte sospiro mi esce dal petto, il corpo si scuote mentre con le mani lo sposto dai miei genitali.
Appena il tremore si sta affievolendo lo vedo ritornare su di me e leccare solo il profilo della figa per
permettere di calmarmi.
I muscoli si stanno rilassando e un “E’ stato bello” esce dalla mia bocca.
Si alza, toglie camicia e slaccia la cintura.
È pronto per il resto del lavoro…
Boxer, vedo il cazzo che si solleva liberandosi rapido dalla costrizione che lo tratteneva.
Scendo dalla scrivania, ferma di fronte a lui
“Lascia che io…”
Dlin dlon
“Cazzo la porta… deve essere tuo padre, vai tu ad aprire io vado in bagno”
Prendo i miei vestiti e scappo in bagno.
Sorrido…
Stefano sarà in città per alcuni giorni...
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Buongiorno amore.. mi sono svegliata poco fa e per cercare di calmare l’ansia che ho ogni volta che mi sveglio ho provato a immaginarti qui vicino a me. Con la voglia che ho di prenderti il viso tra le mie mani con delicatezza, guardarti negli occhi e avvicinarmi sorridendo con le mie labbra alle tue per baciarti. Vorrei assaporare le tue labbra lentamente, poi sempre di più.
Vorrei spostarmi su di te, con le gambe ai lati dei tuoi fianchi e continuare a baciarti le labbra, le guance, il collo...Vorrei sentire le tue mani scivolare sotto i miei vestiti, percorrere la mia schiena e le mie spalle mentre continuo a baciarti. Potresti anche togliermeli.. e io toglierei i tuoi. Stare nuda su di te altrettanto nuda è una sensazione che non si può descrivere a parole per quanto intensa, speciale ed eccitante.Beh eravamo ai baci sul collo.. si, li amo. Tanto quanto sussurrarti all’orecchio che sei bellissima, che ti amo e che ti voglio da impazzire.
Così, vorrei continuare ad accarezzarti, spostare una mia gamba tra le tue per fartela sentire sul tuo centro, giusto un po’, mentre mi dedico ancora al tuo collo, alle tue spalle da accarezzare e poi con le dita disegnare i tuoi contorni, avvicinandomi al tuo seno, disegnandone il contorno e poi andare verso il centro di ognuno con l’intera mano, così da poter stringerli un po’..
Vorrei con i pollici giocare un po’ con i tuoi capezzoli, guardare quella meraviglia, e distogliere un attimo lo sguardo solo per poter incontrare i tuoi occhi e avvicinarmi per baciarti e dirti ancora che sei stupenda e nel frattempo sentire le tue mani stringermi. Vorrei darti un po’ dei miei capezzoli da succhiare.. avvicinandotene uno alla bocca, ma... te lo tirerei via prima.. vorrei dedicare un attimo tutta la mia attenzione su di te e il tuo piacere..
Te li succhierei io amore.. i tuoi capezzoli.. stuzzicandoli prima con la punta della mia lingua e facendoli diventare belli turgidi mhm..
Vorrei vederti aprire le gambe di più e chiederti “Dimmi amore.. cosa vuoi?” e sentire una tua mano spostarsi sulla mia testa, stringendo un po’ i capelli per guidarmi verso il basso.. verso il tuo centro.
“È questo che vuoi?” ti chiederei facendo scorrere per un attimo la mia lingua tra le tue labbra bagnate. E al tuo si accennato con la testa, accompagnato dalle tue mani che mi aprono le tue labbra come se fossero le porte del paradiso, affonderei la mia faccia tra le tue gambe, leccandoti con passione e succhiando intensamente quel bocconcino del tuo clitoride che amo alla follia. “Sei così buona amore...”
“Entra..”
“Cosa amore? cosa vuoi che faccia?”
“Scopami...”
“Ah si?? dici così?” e ti infilerei prima un dito lentamente.. facendo dentro e fuori
“Di più ..” la tua voce eccitata e irrequieta mi fa impazzire
“Dici così?” e te ne infilerei un altro aumentando di poco la velocità..
“Di più.. cazzo di più.. scopami“
E te ne infilerei tre insieme affondando di più dentro di te.. fuori e dentro, ancora fuori e dentro, più veloce, più intenso come piace a te amore..
Vorrei vedere andare la tua testa all’indietro, i tuoi seni andare su e giù per quanto ti sbatterei... sentirti urlare dal piacere.. mhmm sei così bella amore, stupenda, il paradiso davanti ai miei occhi. Continuerei fino a farti venire.
Vorrei vederti così soddisfatta.. per farmi guardare negli occhi con ancora più voglia. Vorrei poi mi prendessi con le mani sui miei fianchi e con un colpo secco mi voltassi e poi lentamente mi guidassi con una mano dietro la schiena ad abbassarmi.. per darti meglio la visione del mio culo.. completamente a novanta per te, le tue mani che aprono le mie natiche facendo scorrere un paio di dita tra le labbra e scoprire che sono più che pronta ad accoglierti..
ma questo te lo racconto nella prossima puntata :P
Diomio quanto ti vorrei
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Vestito scollato, vietato l'ingresso. In Chiesa? No, al Museo d'Orsay: la polemica in Francia E pensare che proprio in quelle sale dalla metà degli anni ’80 è esposto L’origine du monde, il piccolo capolavoro di Gustave Courbet e mai prima di allora (il quadro era stato dipinto nel 1885) un pittore aveva osato rappresentare in maniera così realistica il sesso femminile, ai tempi tutt’altro che glabro, nonostante la storia dell’arte sia ricca di nudi, alcuni dei quali erotici, ammiccanti, provocatori. (...) Un paio di giorni fa una giovane donna orientale di bell’aspetto, in visita al Musée d’Orsay, è stata fermata all’ingresso da solerti guardiane (donne pure loro): non aveva la mascherina? Aveva la febbre? Non si voleva detergere le mani? Niente di tutto ciò, semplicemente la ragazza si era presentata con un abito scollato, come se ne usano tanti nella calda estate, che lasciava intravedere un seno piuttosto generoso. Al museo ci si veste più decorosamente, le hanno detto, o ti copri o non entri. La giovane ha obbedito, ma dopo aver concluso la visita ha pubblicato un post sui social raccontando l’accaduto, di cui non risultano precedenti almeno in Occidente. Luca Beatrice per mowmag.com ... "È martedì 8 settembre, il caldo aumenta nel pomeriggio e le braccia si scoprono. Ho voglia di andare al museo d’Orsay, e non sospetto che il mio décolleté sarà un oggetto di discordia. Arrivata all’ingresso non ho il tempo di mostrare il biglietto che la vista dei miei seni turba la funzionaria incaricata del controllo delle prenotazioni, che parte salmodiando: 'Ah no, non è possibile, non si può lasciare passare una cosa simile', mentre la collega cerca di convincerla a lasciare perdere. Chiedo che cosa stia succedendo, nessuno mi risponde ma fissano i miei seni, mi sento a disagio, l’amica che mi accompagna è sconvolta. Un altro agente, di sicurezza stavolta — i seni, quest’arma di distruzione di massa — si avvicina e mi intima ad alta voce: 'Signora le chiedo di calmarsi'. Sono calmissima, vorrei solo capire perché non posso entrare nel museo. 'Le regole sono le regole'. Arriva un altro responsabile, nessuno ha il coraggio di dire che il problema è il décolleté, ma tutti fissano apertamente i miei seni, designati alla fine con un 'questo'". I funzionari, spiega la donna, fanno riferimento all'articolo 7 del regolamento: "Gli utenti devono conservare una tenuta decente e un comportamento conforme all’ordine pubblico e devono rispettare la tranquillità degli altri utenti". La donna su twitter ha condiviso una foto dell'abito ritenuto 'indecente', un semplice abito scollato. Peraltro, alla sua testimonianza si sono unite molte altre, che hanno raccontato come - nel caldo dei mesi estivi - siano state invitate a coprire braccia, ombelichi scoperti o scollature considerate troppo generose. "Io non sono solo i miei seni, non sono solo il mio corpo. Mi domando se gli agenti che volevano proibirmi di entrare sanno a che punto hanno obbedito a dinamiche sessiste. Non può essere il giudizio arbitrario su che cosa è decente e cosa non lo è a determinare l’accesso o meno alla cultura" scrive la donna su Twitter. In serata il Museo si è scusato per "l'eccesso di zelo" dei funzionari. globalist
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**EROS**
[vikibaum][]
**Il gioco dei bottoni**
È una sera di mezza estate: nel cielo limpido la brezza ha allontanato la foschia provocata dal caldo torrido rendendo incantevole il panorama che si gode dalla nostra camera nella vecchia casa sulla scogliera.
Mi volto e ti guardo: sei sdraiato sul letto, mi osservi da sotto le palpebre socchiuse; hai appena fatto la doccia e l’asciugamano ancora avvolto attorno ai fianchi mi ispira un malizioso gioco…
Poi decido di rimandare a dopo: voglio inventarmi qualche cosa per rendere anche questa serata speciale: l’eros è arte, va preparato, esaltato, insinuato tra vestiti e parole.
E mentre canto sotto la doccia eccola l’idea: il vestito lungo, rosso a grandi fiori bianchi che ho appena comperato su una bancarella al mercatino locale e che tu non hai ancora visto.
Indosso un intimo scelto con cura, seguita dal tuo sguardo attento, e sopra faccio scivolare l’abito: ha una serie di bottoni che dalla scollatura davvero modesta arrivano fino in fondo.
Ne lascio slacciato qualcuno sia in alto che in basso e avvicinandomi al letto ti sussurro all’orecchio che il numero di ulteriori bottoni in libertà dipenderà da quanto saprai intrigarmi d’ora in avanti.
Eccolo il gioco, è una sfida, e tu , senza parlare, sorridendo già coinvolto, raccogli il guanto.
Rapidamente ti vesti, usciamo e saliamo in macchina per dirigerci verso un ristorantino tipico appollaiato a mezza costa: l’ambiente è discreto ed elegante, ci sono un altro paio di coppie che occupano la sala. Chiediamo al cameriere un tavolo sulla terrazza per ammirare l’arcobaleno di colori del magnifico tramonto marino.
Per tutta la durata della cena, a base di ottimo pesce e di un fresco vinello bianco di cui ti servi in abbondanza e che ti fa gli occhi luccicanti mentre mi accarezzi le mani, occhieggi goloso nella scollatura. Finalmente arriva il mio dolce preferito, una coppa di fragole adagiate su un letto di gelato al cioccolato e panna.
Intingi due dita nella coppa e io apro la bocca per lapparle coscienziosamente, incurante degli sguardi altrui.
Lo so, ti pare di sentirle le mie labbra ad avvolgere una certa parte del tuo corpo che ora, ne sono sicura, mostra vivaci segni di inquietudine.
A un certo momento decido che è l’ora di giocare “sul serio”.
Sposto la sedia e accavallo le gambe scoprendone una generosa porzione; ti accorgi che ho slacciato altri bottoni – te li sei meritati con le dita che ti ho leccato con tanta perizia- cogli il segnale e mi guardi dritto negli occhi: stiamo già facendo l’amore con lo sguardo.
Quando il cameriere ci serve il caffè non faccio nulla per ricompormi, anzi, gli sorrido, con quel tipo di sorriso, tra il tenero e l’invitante.
Poi prendo a giocherellare con un bottone della scollatura che “inavvertitamente” slaccio; dopo un attimo decido che è l’ora di andare.
Abbracciati ci avviamo verso l’uscita; lo stesso cameriere, che ora è seduto a un tavolo a rivedere dei conti, ci saluta; senza dirti nulla mi avvicino e mi chino verso di lui per lasciargli una mancia oltremodo generosa: vedo gli occhi dell’uomo puntarsi sui miei seni così esposti prima che sul danaro.
So quello che ora provi: un misto di gelosia e di eccitazione di fronte alla mia sapiente esibizione.
Saluti con calore l’uomo che appare visibilmente confuso anche per l’inaspettato monetario regalo, mi prendi sotto braccio e ci avviamo verso il parcheggio.
Arrivati alla macchina mi afferri per le spalle e io mi volto per baciarti: tu premi il tuo corpo contro il mio, in una muta richiesta.
Ti allontano con finta dolcezza dicendoti che la serata è appena iniziata.
-La notte è giovane, devi saper aspettare- ti mormoro all’ orecchio.
E poi:
-Facciamo quattro passi in paese-
In macchina allunghi una mano , mi scopri una gamba cominciando ad accarezzare la pelle scura e setosa: io resto così, immobile, abbandonata sul sedile come in attesa.
Allora risali per tutta la coscia, lentamente, senza oltrepassare l’orlo degli slip. Il mio respiro rallenta , mi sto controllando e questo, lo sento, ti eccita ancora di più.
Prima di scendere ti chiedo, guardandoti fisso negli occhi, di liberare altri due bottoni visto che con quelle carezze te li sei meritati; decidi per uno in fondo e uno alla scollatura, cosi, quando scendo, ho le gambe e il seno ancora più esposti agli sguardi.
Le vie del centro sono frequentate e i negozi aperti fino a tarda notte.
Ora so come continuare il gioco.
Decido di entrare in una boutique per provare un costume da bagno intero, molto sgambato e molto scollato sia davanti che sulla schiena; entro nel camerino e mi cambio; nello specchio vedo una giovane donna splendida, gli occhi lucidi di eccitazione.
Poi esco per farmi ammirare e tu resti lì, immobile, con uno strano sorriso stampato sul viso scarno da santo bizantino.
Compro il costume e usciamo.
Mano nella mano passeggiamo guardando le vetrine; a un certo punto mi abbasso per mostrati un paio di sandali e i tuoi occhi possono così vagare nella scollatura, ora diventata davvero audace: mi sono “scordata “di indossare il reggiseno dopo la prova, me lo fai notare quando ti rialzi.
Non puoi fare a meno di abbracciarmi e baciarmi sulla bocca e sul collo per poi risalire fino all’orecchio dove mi sussurri un “grazie, sei davvero speciale”, per la bravura che dimostro nel condurre il nostro gioco.
Per tutta risposta ti invito a entrare nel negozio di scarpe, cosi potrò regalarti un’altra sorpresa.
Un commesso ci accoglie, pronto a servirci; mi siedo sul divanetto in attesa e ti faccio cenno di sistemarti di fronte a me; una volta seduta apro leggermente le gambe e attraverso lo spacco, ormai quasi inguinale, ti puoi rendere conto che non porto neppure le mutandine.
Hai capito, mi fai un cenno col capo a indicare il commesso che sta tornando.
Infatti mi alzo in piedi per provare i sandali di fronte allo specchio che mi sta a fianco.
Guardandoti, come per chieder un parere, sposto un lembo del vestito apparentemente per permetterti di apprezzare meglio le calzature, in verità per un attimo lo alzo oltre il “livello di guardia”, lasciando intravvedere il paradiso.
Nello stesso istante noto l’espressione del commesso cambiare da ammirata a sbalordita -lo specchio, penso, ha visto tutto anche lui-
Ora lascio scendere l’abito con naturalezza come non fosse successo nulla, mentre il ragazzo con aria imbarazzata ti chiede se l’articolo è di tuo gradimento; tu, fingendo una calma che non provi affatto , rispondi che comprerai quei sandali costosi che mi stanno così bene, belle scarpe per una splendida donna…
Lui ti guarda dritto negli occhi, perplesso e tu di rimando gli chiedi se anche lui è d’accordo sul fatto che la sua compagna sia una gran bella donna; balbettando un sì imbarazzatissimo prende la scatola che gli stai porgendo e si avvia verso la cassa.
Una volta fuori stravolti, incapaci di aspettare ancora, voliamo alla macchina dove depositiamo gli acquisti appena fatti e ci avviamo correndo verso la spiaggia.
Cerchiamo un posto riparato, dietro agli scogli, che conosciamo benissimo e ci lasciamo cadere per terra, uno sull’altro, ansanti, ridendo.
Io slaccio gli ultimi bottoni, davvero pochi quelli rimasti allacciati.
Riprendi a baciarmi mentre le tue mani brancolano sul mio corpo, cominci ad accarezzarmi lentamente dappertutto, dalle cosce risali ai seni, alle labbra, al viso; io cerco il tuo sesso ma mi fermi chiedendomi di lasciarti fare.
Mi lecchi i capezzoli strappandomi un sospiro, mentre con la mano scivoli in mezzo alle cosce ad accarezzarmi lì dove sono bagnata e calda; intanto con la lingua scendi fino al ventre elastico, baciando e mordendo.
Quando mi accorgo che la tua eccitazione è al livello di guardia, ti salgo sopra e ti guido dentro di me, lentamente, mentre i miei fianchi danzano una giga perfetta con i tuoi.
Ci guardiamo dritti negli occhi: tutti e due siamo bravi nell’Ars amandi.
Ora abbandoni all’indietro la testa, gemendo, mentre io mi impongo di non venire, non ancora.
Quando mi mormori che non riesci più a trattenerti , ti sibilo nell’orecchio:
“Vieni”
è un ordine, un desiderio irrefenabile, nel miscuglio dei nostri umori tu diventi me, io divento te.
Mi stringi convulsamente i fianchi e mi affondi nel ventre con sempre maggior vigore.
Dopo pochi istanti sei travolto da un orgasmo violento, che ti lascia senza fiato.
Scivoliamo sulla sabbia e restiamo così, esausti e allacciati, in silenzio, respirando il mare; odoriamo di sesso e di sudore, così decidiamo di fare un bagno prima di rivestirci e tornare a casa. Sguazziamo e giochiamo in acqua fino a quando non ci sentiamo intirizziti.
Quando torniamo alla spiaggia per rivestirci, ci accorgiamo della strana luce che ci circonda: è quasi l’alba .
E’ bello vedere sorgere il sole; ci sediamo vicini, abbracciati, per goderci lo
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