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#ossidi per ceramica
incoindustriacolori · 4 years
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italiaefriends · 4 years
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I&f Comunica
“Un fascino tutto orientale per un prodotto pregiato”
La Ceramica
A Isernia la produzione della ceramica ha conosciuto un rinnovato sviluppo grazie ad una particolare tecnica che la rende unica in tutta la penisola: il Raku. Si tratta di un procedimento estremamente originale che rivoluziona il metodo classico della lavorazione della ceramica.
Questa tecnica tuttavia è stata introdotta solo in tempi recenti nel mondo occidentale, ed i suoi principi fondamentali ne sono stati stravolti.
Durante il processo di lavorazione della ceramica di Isernia, il pezzo subisce un forte shock termico, ed è quindi necessario utilizzare un'argilla refrattaria. Questo tipo di materiale possiede al suo interno dei granelli di “chamotte”, che conferiscono al prodotto un’elevata resistenza allo shock termico.
I manufatti in argilla refrattaria, dopo esser stati modellati ed essiccati, vengono cotti in appositi forni alla temperatura di 1050 °C e successivamente decorati con ossidi e smalti ceramici.
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Dalla terra al collo, storia di una sfera
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Vi è mai capitato di avere all’improvviso un’illuminazione su una cosa semplice e banale eppure fino a quel momento del tutto ignorata?
A noi si e sull’argomento che più ci è caro in assoluto.
Facciamo ceramica. Bene, per noi è tutto chiaro. Ma siamo sicuri sicuri che tutti sappiano davvero cosa vuol dire fare ceramica?!
La risposta è no.
Durante gli eventi e i mercati, nei quali abbiamo esposto i nostri prodotti, è capitato spesso sentirci rivolgere la seguente domanda:
“Che materiale è?”
Inizialmente ci stupivamo ma col tempo abbiamo capito che non è affatto una domanda scontata, perché la ceramica proprio non te l’aspetti in collane con elementi così grandi e seriali.
La immagini in una tazzina, in un piatto o in un vaso, ma in una maxi sfera per un gioiello è abbastanza inconsueta.
E quando proviamo ad approfondire scopriamo che, fra coloro in grado di riconoscere la materia, ben pochi conoscono in modo corretto i diversi passaggi della lavorazione della ceramica. Forni, cotture, alte temperature, smalti, engobbi e cristallina sono parole che hanno un significato soltanto per una piccolissima parte di persone. Per tutte le altre suonano sconosciute e poco familiari.
Basta.
Oggi ci siamo messi di buona voglia a fare ammenda della nostra presunzione. Questo perché l’oggetto che offriamo è frutto di un lungo procedimento che comprende tanti passaggi:
·        la progettazione della forma
·        la ricerca dei materiali
·        la costruzione dei prototipi e delle forme
·        la sperimentazione dei colori
·        la REALIZZAZIONE delle “palle”
·        l’assembramento della collana
Ok, tutto molto logico e prevedibile, ma come è fatta davvero la sfera in ceramica dei Gualandi?!
Per prima cosa dobbiamo puntualizzare che la nostra pallina è di terraglia bianca, vuota all’interno, quindi leggera, con due fori opposti piuttosto grandi, colorata con smalti che la rendono lucida.
Codesta panciuta pallina, per assumere questa forma e tutte le caratteristiche sopradescritte, impiega circa 9 giorni, dipende dalla stagione, dal caldo, dal freddo, dal secco e dall’umido.
Ecco allora come è fatta la NOSTRA pallina:
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Tutto ha origine da un sacco di creta in polvere (per noi inizia da qui, qualcun’altro prima ha ridotto in polvere dei blocchi di creta secchissima). Grazie all’unione con la giusta dose d’acqua si ottiene un composto cremoso, la cosiddetta argilla liquida o borbottina. A questo composto aggiungiamo un po’ di fluidificante, sodio silicato per l’esattezza, in modo che la creta e l’acqua rimangano unite per sempre e non tendano, ad un certo punto, ad andare ognuna per i fatti suoi: la prima solidificata sul fondo del secchio e la seconda tutta in superficie. Per ottenere l’impasto desiderato occorrono almeno 24 ore fra periodo di posa e giratine varie.
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Il punto due è facile, prendiamo la creta ottenuta e la versiamo nello stampo in gesso.
Eh no, facile un corno!
E dove lo prendiamo lo stampo proprio del pezzo che serve a noi??!! Al supermercato? Dal ferramenta? Dai cinesi all’angolo?
Niente affatto, lo facciamo sempre noi! Ma siccome qui parliamo soltanto di ceramica non approfondiremo, diciamo che sono altre beghe  e non certo da poco!
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Trascorso il giusto tempo rigiriamo lo stampo.
Solo il sapiente ceramista che vive nel corpo di Renato ha l’ambita capacità di decretare il momento giusto, che peraltro varia, come abbiamo già detto, di stagione in stagione.
In questo modo la creta in eccesso, cioè tutta quella che non è solidificata perifericamente, viene eliminata per essere riutilizzata.
Si perché, attenzione, la creta, prima della cottura, è come il maiale: non si butta via niente.
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Estraiamo a questo punto i pezzi dallo stampo e di santa pazienza li rifiniamo uno ad uno.
Togliamo i canali di scolo, arrotondiamo la superfice vicino ai fori, spugnamo per dare alla sfera un effetto ancora più liscio.
Insomma in questa fase tocca essere un pochino precisini. Come avrebbe detto Graziella, colei che tanti anni fa ci ha introdotti in questo mondo, facciamo
”le pippe alle mosche!”
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Le palline a questo punto devono asciugare completamente, è molto importante che tutta l’acqua presente nella creta evapori. Perché?! Perché in fase di cottura, la presenza di aria o di acqua, farebbe esplodere le palline come pop corn in una padella ammaccata!
Finalmente tutto è pronto per la prima cottura che permetterà il passaggio da “crudo” a “biscotto”, si dice proprio così!
La nostra panciuta pallina, insieme a tutte le altre, cuoce per un ciclo di 12 ore ad una temperatura che raggiunge oltre 1000 gradi e rimane nel forno fino a raffreddamento completo, quindi per altre 24 ore.
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La pallina ora non è più fragile e grigiolina ma molto resistente, indeformabile e bianca bianca.
Questo però non vuol dire che sia finita. E’ ancora molto porosa e la dobbiamo colorare. Un acrilico, un po’ di vernice e via, che ci vuole!
Scherziamo??!!
Il biscotto deve diventare lucido e vetroso, un po’ come una crisalide diventa farfalla.
Le tecniche di colorazione sono diverse. Noi usiamo lo smalto, ottenuto con ossidi metallici, coprente e di natura vetrosa. Problematiche particolari?! Mah, giusto qualcuna: non si vede subito l’effetto e la tonalità, correggere è difficile, non si può stendere come un qualsiasi colore ma deve essere “deposto” sul pezzo.
Un cavolo di casino insomma! Ci sono varie tecniche per dare lo smalto, noi usiamo l’aspersione. Cioè versiamo lo smalto liquido sulla pallina, un po’ come fanno i pasticceri con la glassa per le torte.
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La povera pallina a questo punto non ha pace, e pure noi, miseri e tapini, non ce la passiamo bene.
La pallina ricoperta di smalto diventa improvvisamente un oggetto delicatissimo, non può prendere polvere e non può essere toccata perché il contatto asporterebbe via il colore.
Se ne va quindi diretta in forno, appesa con cura a piccole resistenze, su trabattelli di refrattaria, distanziata dalle altre (due palline smaltate che si toccano diventano una cosa sola indissolubile e, in questo caso, del tutto inutile), per finali 24 ore circa di seconda cottura ad oltre 900 gradi.
Aprire un secondo forno è sempre un momento emozionante. Puoi averlo fatto altre cento, mille, ottomila volte, non conta. C’è sempre un alone di mistero dietro quel portellone chiuso, un effetto WOW che ti fa svoltare in meglio la giornata (se non subentra prima l’effetto DOH alla Homer Simpson quando assisti a disastri non preventivati).
Quello smalto opaco, polveroso, di un colore indefinito, dopo la cottura, è diventato lucido, vetroso, impermeabile e lucente. Una vera goduria!
Sono trascorsi circa 9 giorni, giorno più o giorno meno, a seconda delle stagioni, dei tempi di essicazione e raffreddamento del forno. La pallina è finita.
Per ora…
perché i Gualandi non dormono sugli allori, anzi, dormono poco e pensano… pensano
per farvi qualche altra sorpresa, senza lesinare sull’applicazione di nuove tecniche di lavorazione.
Stay tuned!
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arredamentolb-blog · 7 years
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CHE COSA È IL COTTO?
è un materiale naturale, appartenete alla grande famiglia della ceramica ,che deriva da un particolare trattamento di cottura dell'argilla, è un prodotto edilizio  totalmente biologico e rispettoso dell'ambiente. Le antichissime produzione del cotto, nel tempo, hanno subito un perfezionamento sempre più crescente, raggiungendo il culmine durante il Rinascimento. Tuttavia, per tanto tempo, il cotto è stato impiegato per il rivestimento di abitazioni povere o di case rurali, ma oggi, esso è entrato a pieno titolo nella tendenza contemporanea di riscoperta dei materiali antichi, cosicché il suo impiego è sempre più richiesto sul mercato.
L'argilla presenta un alto contenuto di silicio (silicati di alluminio, ossidi di ferro, carbonato di calcio, sabbia, ecc.), ma la sua composizione varia in dipendenza della zona di escavazione, cosicché i prodotti finali presenteranno un cromia differente perciò il rivestimento è caratterizzato da uno spettro cromatico molto ampio che va dal giallo ocra, al rosso amaranto.
Le argille dotate di un'alta percentuale di ossidi di ferro daranno vita a cotti rossi, al contrario, una materia prima dotata di calcare, fornirà un risultato finale più chiaro e poroso.
Il cotto, inoltre, è un materiale edilizio che trae la sua origine nella tradizione popolare, dalla quale derivano le differenti denominazioni di Cotto Toscano, Cotto Fiorentino, Cotto Veneto, Cotto Siciliano, Cotto Umbro, Cotto Spagnolo e così via
A seconda delle tecniche di lavorazione, il cotto può essere definito nei seguenti modi:
industriale;
artigianale;
fatto a mano.
Il cotto fatto a mano è uno dei materiali più pregiati, presenti sul mercato, poiché esso viene lavorato senza l'impiego di utensileria, invece per cotto industriale si intende quello che viene trafilato a macchina ed è disponibile in diverse finiture dall'arrotato al rustico, dal liscio al levigato. La produzione industriale consente di ottenere due mattoni, separati da diaframmi, i quali andranno eliminati in fase di separazione, oppure imballati e resi pronti per il mercato. I metodi di lavorazione hanno condotto alla realizzazione di elementi funzionali in cotto, per la risoluzione di specifici problemi di giunzione e finitura, caratterizzate da svariati formati e dimensioni, facilmente reperibili all'interno del mercato:
mattoncino;
lastra;
tavella;
tavellone;
elementi d'angolo;
listelli.
Tali pezzature sono disponibili in differenti finiture da lisce e grezze.
Le principali caratteristiche riconosciute nel cotto sono le seguenti:
resistenza meccanica;
contenuta assorbenza dell'acqua;
buona durevolezza e resistenza al gelo;
resistenza agli aggressivi chimici;
spessori ridotti;
buone doti estetiche (colore e lavorazione superficiale);
impiego anche in caso di ristrutturazione;
ottima lavorabilità;
costi contenuti;
flessibilità d'uso.
Il cotto fatto a mano è dotato di una particolare consistenza, porosità ed assorbimento, con un impasto di grana larga, il quale rende molto difficoltoso il trattamento protettivo per mezzo di film. I COLORI DEL COTTO FATTO A MANO mutano perché dipende da numerosi fattori, primo fra tutti la provenienza del'argilla. Ma a stabilire la colorazione del cotto incidono anche i tempi, la temperatura di cottura e la composizione dell'argilla.
La cottura dei mattoni in argilla avviene all'interno di forni a pozzo, i quali non consentono di distribuire omogeneamente la temperatura su tutta la superficie, ma concentrano la cottura all'esterno e mantengono, dunque, lo strato interno meno cotto.
Il cotto fatto a mano si distingue anche per una serie di fattori legati alla sua naturalezza estetica e alla sua versatilità, tra le quali le seguenti:
la biocompatibilità;
l'elevata durabilità;
la capacità isolante;
la bellezza senza pari.
Il cotto fatto a mano viene realizzato con l'impiego di materiali naturali, semplici, privi di qualsiasi trattamento chimico; l'acqua, l'argilla e il fuoco rappresentano ciò che di più sano l'edilizia contemporanea può possedere, in grado di garantire un'alta traspirabilità.
Il cotto fatto a mano, nonostante la sua grande versatilità, viene impiegato, per la maggiore, in ambienti rustici, oppure per la sostituzione di mattonelle in cotto antico, appartenenti a edifici da ristrutturare. L'impiego del cotto fatto a mano riguarda anche la pavimentazione o il rivestimento di strutture agrituristiche, palazzi antichi, vecchie case importanti, ovvero tutti quegli usi i quali prevedono un adattamento dei materiali moderni ad un ambiente oramai datato.
Il cotto è un materiale molto resistente, ma al contempo anche delicato, poroso e particolarmente soggetto alle macchie e allo sporco. Anche per il cotto, quindi, vale la medesima sorte di altri materiali, i quali se sottoposti a usura intensa, o se posati malamente, possono lesionarsi o rompersi definitivamente.
Una cattiva manutenzione e l'inevitabile passare del tempo, inoltre, provocano un deterioramento delle mattonelle in cotto, le quali dovranno essere ripristinate, al fine di non risultare come una macchia nera su un lenzuolo bianco; le procedure possono riguardare la rimozione e la sostituzione delle mattonelle in cotto, oppure la ristrutturazione delle stesse.
Ripristinare il pavimento rotto di una casa antica è molto più semplice se si ricorre al cotto fatto a mano, in quanto, esso è in grado di riprodurre alla perfezione le anomalie e le tinte del cotto antico. Le moderne aziende di produzione, inoltre, riescono a riprodurre qualsiasi colorazione di cotto antico, così da rendere la sostituzione più semplice e praticamente indistinguibile con i restanti pezzi della superficie.
Il cotto, in pratica, si classifica tra i principali e amati materiali per i rivestimenti edilizi esterni perché le sue tipiche tinte, calde e accoglienti, riescono ad impreziosire ogni ambiente naturale, poiché, alla vista, esse generano un continuum molto apprezzato e delicato; i colori della natura, il verde delle foglie e il marrone della terra, sembrano trovare nelle sfumature del cotto l'abbinamento ideale, così che i mattoni rientrano a pieno titolo tra i materiali più indicati per gli ambienti esterni.
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redazionecultura · 7 years
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sede: Farmacia Meltias (Conselve); cura: Sonia Strukul.
Protagonista è l’arte della ceramica contemporanea con le creazioni nate dall’immaginazione della padovana Daniela Barone.
Daniela Barone crea i suoi oggetti a mano, sperimenta e azzarda per creare pezzi unici e non ripetibili. Creati con le argille, come terraglie, grès, porcellana, terra refrattaria e semi-refrattaria, e decorati con smalti, ossidi e cristallina colorata, i suoi vasi “Fascia” sono diventati pezzi unici da collezione.
La ceramica contemporanea italiana è ricca sia nel numero di artisti che nelle diversità espressive e rappresenta una fusione unica fra grande tradizione e una moderna interpretazione dell’arte. Nel ceramista-artista c’è unità di disegno e di esecuzione, cooperazione tra mani e personalità: designer e artigiano sono la stessa persona. I vasi “Fascia” di Daniela Barone sono sintesi di tecnica e pensiero poetico-intuitivo, come dice l’artista: “Per me la cosa importante è vivere la bellezza nella vita quotidiana” ed è in questo momento che l’arte dell’uomo viene investita di un più ricco significato.
Daniela Barone si è avvicinata al mondo della ceramica più di vent’anni fa, lavorando all’interno di un laboratorio creativo legato al sociale. È partita senza seguire una scuola di pensiero predefinita, ma orientandosi esclusivamente su intuizioni ed ispirazioni del momento. Poco per volta ha appreso le varie tecniche sperimentandosi, con successi e disastrosi fallimenti. Successivamente ha partecipato a diversi corsi di forgiatura e smaltatura a Nove, Faenza e anche a Padova affinando alcune nuove tecniche, che nel tempo ha rielaborato fino a renderle proprie. Da dieci anni con impegno costante lavora nel proprio laboratorio.
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Daniela Barone. Spontaneo quotidiano sede: Farmacia Meltias (Conselve); cura: Sonia Strukul. Protagonista è l'arte della ceramica contemporanea con le creazioni nate dall'immaginazione della padovana Daniela Barone.
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condizionatorinet · 7 years
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Zephir Multicombi: la nostra opinione
http://tinyurl.com/m2p5s2r Chi è ancora alla ricerca di un condizionatore cui delegare la funzione di schermo alle punte di calore toccate dalla stagione estiva, dovrebbe riservare grande attenzione anche alla proposta di Westim, uno dei nomi più noti nel settore della termoclimatizzazione residenziale. La proposta del brand si fonda in particolare sulla linea Zephir, ormai da tempo in grado di calamitare il gradimento della parte più accorta di utenza, quella che non si ferma davanti al risparmio, ma intende conseguire il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo. Un rapporto che Zephir rende possibile per effetto di un catalogo estremamente variegato di prodotti che riescono a mixare design moderno e piacevole, livelli tecnologici avanzatissimi e grande capacità di comprimere consumi ed emissioni nocive. Caratteristiche che trovano l’ennesima conferma nel sistema Zephir Multi Combi, il quale consente di abbinare ad una singola unità esterna (di capacità frigorifere diverse), più unità interne, sulla base degli ambienti che si intenda climatizzare. Per le unità interne, possono essere combinate Cassette e Impianti Canalizzati, oltre ai classici Split da parete. Da sottolineare come le configurazioni iniziali possano a loro volta essere espanse in ogni momento, sino ad un massimo di quattro unità interne. Gli Zephir Multi Combi sono tutti rigorosamente in classe A, un livello reso possibile dal rispetto della normativa ambientale e dall’adozione di tecnologie di ultima generazione, per mezzo delle quali è possibile conseguire elevati livelli di comfort ambientale. Naturalmente anche in questo caso il punto di partenza è rappresentato dalla tecnologia Inverter, che garantisce la modulazione della potenza erogata dal condizionatore in maniera del tutto proporzionale alla effettiva richiesta di freddo o caldo. Proprio per questa via diventa quindi possibile ottimizzare i consumi, impedendo che il motore attacchi e stacchi in continuazione, come accade nel caso della tecnologia On/Off, con risparmi che possono toccare anche il 60%. Dal punto di vista del design, va poi rilevato il suggestivo effetto ottico creato dal display del condizionatore, posizionato sotto il pannello bianco e la cui lettura può avvenire in trasparenza dopo l’accensione del dispositivo. Altra caratteristica di grande rilievo dello Zephir Multi Combi è l'ecodisplay, ovvero  il dispositivo che monitora in automatico la qualità dell'aria nell'ambiente circostante assegnando il punteggio per mezzo di una icona, una foglia verde, misurando allo stesso tempo il livello di umidità dell’ambiente. Va poi sottolineato come il rivestimento dell'unità esterna in ABS sia più resistente all'erosione impressa dagli agenti atmosferici, a partire dalla salsedine presente nelle zone prossime al mare. A contribuire in maniera decisiva è soprattutto il processo di doppia galvanizzazione cui sono tradizionalmente sottoposte le unità esterne dei condizionatori Zephir, basato sull'applicazione di uno o più strati di zinco sull'acciaio. In tal modo si fornisce una completa protezione alla superficie evitando gli attacchi della ruggine e permettendo al condizionatore di mantenere una estetica piacevole. Il metodo usato si chiama Sendzimir (galvanizzazione a caldo continuo) e comporta il rivestimento del metallo delle unità esterne con uno strato di zinco fuso che può raggiungere sino a 700° di temperatura. Strato che viene contenuto in una vasca ceramica a al quale si aggiunge di solito piombo in qualità di elemento fluidificante e alluminio cui è affidato il compito di favorire l'aderenza dello zinco all'acciaio. Prima che passi nello zinco, la lamiera è a sua volta sottoposta ad un trattamento di sgrassatura tesa ad eliminare le impurità superficiali, per poi essere decapata in acido cloridrico, in modo da eliminare gli ossidi di ferro. Proprio la estrema resistenza garantita da questo processo, rappresenta un’ulteriore prova dell’ottimo livello qualitativo che contrassegna lo Zephir Multi Combi, facendone uno dei prodotti top di gamma.
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