#orrori in agguato
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iltuoanon2016 · 1 year ago
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Primo lunedì di agosto '23
Già autunnale il tempo? Non lo so ma ora sembra così... Forse è anche questa stagione italiana, fatta di post-fascisti al potere, di inconcludenti Capitani Verdi e di forzitalici senza più un padrone, a dare un tono autunnale ai miei pensieri.
I ricchi sempre più ricchi e i poveri senza più speranza (né reddito di cittadinanza). Sempre più ricattabili i lavoratori sempre meno tutelate le minoranze: ancora più, schiavi gli sfruttati di ieri; ancor più relegati nell'ombra coloro che sono uomini come me, ma disprezzati per il dio minore che sembra averli partoriti.
La domanda è: quando arriverà veramente l'autunno di questo paese, che cosa saremo costretti a vedere?
Forse il cammino tra i monti ci chiamerà "all'armi", come quegli eroici giovani vecchi, di quasi 80 anni fa...
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claudiodangelo59 · 1 year ago
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CELEBRAZIONE DEL RIMPATRIO DI UN EROE
In data odierna, a Treviso, si ricorda solennemente il 70° anniversario del ritorno, dopo quasi 12 anni di atroce prigionia nell’URSS, dell’eroico Generale M.O.V.M. Enrico Reginato, allora Sten. medico del glorioso Btg. Sciatori “Monte Cervino”.
Di seguito, una emblematica pagina del suo libro di memorie sul trattamento dei prigionieri catturati dall' Amata Rossa dopo lo sfondamento delle difese tenute da Italiani ed alleati sul fiume Don:
"….Krinovaja è un grosso centro a est del Don: vi passa la ferrovia. Ai margini dell’abitato sorge un gruppo di fabbricati in muratura, circondati da reticolati : antiche scuderie.
Dentro questo recinto sono ammassati i superstiti. In quel tragico luogo entrarono trentamila uomini di tutte le nazionalità. Solo tremila, dopo venticinque giorni, uscirono ancora vivi, e in questi pochi giorni il dolore toccò il vertice dell’inumano.
I prigionieri furono ammucchiati nelle varie stalle che erano gremite sino all’inverosimile, l’acre odore della cancrena ristagnava ovunque; la fame distruggeva i corpi, la dissenteria completava l’opera di disfacimento di esseri umani martoriati da fame e sete e da parassiti che brulicavano nelle barbe incolte, sotto le vesti sudice e lacere.
Un buio tragico e ossessionante scendeva su questi orrori sin dalle dalle prime ombre della sera, interrotto ogni tanto da torce agitate da figure umane urlanti che prelevavano uomini al lavoro; poi tornava un cupo silenzio di morte interrotto da grida di dolore, da gemiti, da invocazioni pronunciate nelle più diverse lingue, da preghiere elevate al cielo ad alta voce da qualche cappellano.
Uomini furono visti diventare, per fame, feroci come lupi.
Alle prime distribuzioni di cibo, come colti da improvvisa follia, spettri umani si levavano e si precipitavano urlando, schiacciandosi, uccidendosi, rovesciando a terra ogni cosa, buttandosi al suolo per succhiare il fango impastato col cibo sparso.
Guardiani armati di spranghe di ferro dovevano fare scorta al pane per difenderlo da branchi di uomini in agguato che si avventavano per impossessarsene. Speculatori, in cambio del pane rubato, raccoglievano oggetti d’oro e falsi medici vendevano false polverine contro la diarrea in cambio di anelli ed altri preziosi.
Al centro del cortile si apriva un pozzo profondo. Là dentro, unendo cinghie di pantaloni e stracci di abiti, si calavano barattoli per attingere l’acqua. Gli assetati facevano ressa attorno al pozzo e nel tumulto qualcuno cadeva dentro e vi annegava. Con una pertica si spostavano i cadaveri e si continuava ad attingere.
Poi cominciò a profilarsi e ad estendersi una aberrazione ancora più mostruosa: la necrofagia; ma neppure chi si nutriva di quel macabro cibo si salvava dalla dissenteria e dalla morte.
Pareva che l’umanità avesse fatto d’un tratto un passo all’indietro verso i primordi: civiltà, principi morali, religiosi, sentimenti di carità e di fratellanza sembrava fossero scomparsi per lasciare posto alla brutale violenza di un raffiorare primordiale spirito di conservazione.
Quando tutti ebbero la sensazione di essere condannati dai sovietici a una crudele agonia, fu presa una risoluzione estrema. Il colonnello degli Alpini Scrimin ebbe l’incarico di chiedere al comando russo un pietoso intervento : la fucilazione per tutti. I sovietici trovarono inopportuna la richiesta e consigliarono di attendere…."
Questa era la situazione dei campi di prigionia in Russia. In quel conteso aberrante, il medico Reginato si prodigava senza riserve, amputando arti con un temperino da necessaire o con una comune sega, utilizzando come anestetico la neve o la stessa cancrena. Ma i suoi meriti andavano anche oltre: si spendeva in un continuo, esemplare trasporto di umanità, anzi di carità, nel senso evangelico del termine, che vuole sia elargito amore verso il prossimo, amore non come sensazione, ma come atto di volontà che, a Reginato, faceva vedere – in quei derelitti Soldati di ogni nazionalità, in quei corpi persino repellenti – dei fratelli, dei figli di Dio, così li definiva, così li sentiva. Li assisteva, li ascoltava, li consolava e per tutti aveva un sorriso che era luce in quelle tenebre.
Reginato ci è riuscito, anche in momenti in cui comprimeva la sua commozione al punto di impedirgli di pronunciare parola : parlavano i suoi occhi ed il suo sorriso, la sua mano carezzevole su quei corpi disfatti, finiti. E lo sguardo di quei poveri Soldati, ridotti a larve umane si spegneva, avendo come ultima percezione la luce di quegli occhi e la dolcezza di quel sorriso.
La moria dei prigionieri si attenuò solo dopo il maggio ’43 : in quei 5 mesi la maggior parte erano ormai deceduti. I sopravvissuti, ridotti a larve umane, vennero adibiti a lavori pesanti e dovettero anche sopportare un’accanita, proterva propaganda intesa a convertirli all’ideologia di quel regime. A questa imposizione si ribellò Reginato che, con alcuni altri Ufficiali, non accettò prevaricazioni ed offese, rivendicando le sue convinzioni e la sua dignità di Soldato. Alle intimidazioni seguirono, punizioni, privazioni, sevizie e continui trasferimenti sino a sfociare , negli anni ’50, in un processo basato su accuse false ed infamanti, concluso con la condanna a venti anni di lavori forzati.
Il tempo, intanto, passava e dagli altri stati belligeranti, che avevano catturato Soldati italiani, i prigionieri erano rientrati in patria nella percentuale del 95%, mentre di quelli della Russia non si sapeva nulla, sino a che, grazie alle pressioni internazionali, i superstiti cominciarono a tornare a piccoli gruppi, a scaglioni, in tempi diversi, anche a distanza di anni.
Dei Soldati italiani, su 70 mila catturati durante la ritirata, ne tornarono diecimila, molti fiaccati nel fisico, tutti nell’anima. Restavano gli irriducibili, un gruppo di 28 e, tra questi Reginato, che furono rimpatriari 11 anni dopo l’armistizio del ’43, 9 anni dopo la fine della guerra e, per Reginato, 12 anni dalla cattura. Era il 13 febbraio del ’54. Giusto 70 anni fa.
Volli essere presente al suo ritorno : appena giunse, nella sua uniforme grigioverde, fu portato a spalla in trionfo - tra una moltitudine di persone giunte anche da lontano e che non sapevano nulla dei loro parenti prigionieri, mai più tornati - sino ad una finestra della Prefettura e, così eretto, tentò di ringraziare l' enorme folla per quell’accoglienza. Con poche parole, rotte dalla commozione, non disse nulla dei suoi patimenti, dell’angoscia rinnovata, ogni volta e per anni – nel vedersi escluso dai rimpatri, perché condannato ai lavori forzati solo per aver rivendicato il suo onore di Soldato ribellandosi all’imposizione dell’ideologia marxista. Non accennò a tutto questo, ma – chiedendo scusa per essere tornato vivo e per non aver potuto fare di più come medico – parlò dei Soldati che aveva visto soffrire, agonizzare e morire, perché privati di cibo e di ogni assistenza da chi li deteneva, ai quali aveva rivolto disperatamente le sue cure con mezzi di fortuna e raccogliendo da migliaia di moribondi le ultime invocazioni e l’estremo anelito.
Quelle parole, dette con tanta schiva umiltà e tanta tensione morale, mi rivelarono che quell’Uomo, divenuto leggenda, possedeva in modo eccelso, al di là dell’etica e dell’arte medica, il requisito che mi sembrava indispensabile per chi avesse responsabilità di uomini in armi : l’amore per i propri Soldati che vuol dire rispettarli, capirli, aiutarli e proteggerli. E questo tanto più le circostanze siano critiche e disperate. Con quel prezioso viatico, di cui gli sarò sempre grato, in seguito entrai all' Accademia Militare di Modena.
Motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare concessagli:
"Ufficiale medico di battaglione alpino già distintosi per attaccamento al dovere e noncuranza del pericolo sul campo di battaglia, per oltre undici anni di prigionia fu, quale medico, apostolo della sua umanitaria missione e, quale ufficiale, fulgido esempio di fiero carattere, dirittura morale, dedizione alla Patria lontana ed al dovere di soldato. Indifferente al sacrificio della propria vita, si prodigò instancabilmente nella cura dei colpiti da pericolose forme epidemiche fino a rimanere egli stesso gravemente contagiato. Con mezzi di fortuna che non gli offrivano le più elementari misure precauzionali, non esitò ad affrontare il pericolo delle più gravi infezioni, pur di operare ed alleviare le sofferenze dei malati e dei feriti affidati alle sue cure. Sottoposto, per la sua fede patriottica e per l’attaccamento al dovere, prima alle più allettanti lusinghe e, subito dopo, a sevizie, minacce e dure punizioni, non venne mai meno alla dignità ed alla nobiltà dei suoi sentimenti di sconfinato altruismo, altissimo amor di Patria, incorruttibile rettitudine, senso del dovere. – Russia, 1942 – 1954."
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giallofever2 · 5 years ago
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Born on this Day...
In Loving Memory to the Maestro Stelvio Cipriani
(Roma, 20 agosto 1937 – Roma, 1º ottobre 2018)
... è stato un musicista e compositore italiano. Autore di colonne sonore cinematografiche tra i più disparati generi
si trasferì per un breve periodo negli Stati Uniti per perfezionarsi nella musica jazz, trovando l'occasione di essere seguito da Dave Brubeck.
Ritornato in Italia iniziò a comporre colonne sonore (specialmente per film poliziotteschi); ne scrisse oltre duecento lavorando tra gli altri con Steno, Mario Bava, Lucio Fulci, Carlo Lizzani, Stelvio Massi, Dino Risi.
Gli diedero una notevole popolarità le musiche per Anonimo veneziano e La polizia ringrazia, rispettivamente di e con Enrico Maria Salerno.
Compose anche la colonna sonora del primo film di James Cameron Piraña paura.
🇬🇧 Stelvio Cipriani
(20 August 1937 – 1 October 2018)
... was an Italian composer, mostly of motion picture soundtracks.
His first soundtrack was the spaghetti western The Bounty Killer (1966), followed by a well known score for The Stranger Returns (also known as A Man, a Horse, a Gun and Shoot First, Laugh Last) (1967) starring Tony Anthony. Cipriani later composed other spaghetti western scores with Anthony, together with many popular poliziottesco soundtracks.
Cipriani became prolific in the Italian film world and was awarded a Nastro d'Argento for Best Score for The Anonymous Venetian (1970).
One of Cipriani's most famous scores is from the 1973 film La polizia sta a guardare (The Great Kidnapping). The main theme was recycled by Cipriani in 1977 for the score to Tentacoli, and was brought to the public's attention again in 2007 when it was featured in Quentin Tarantino's Death Proof.
Cinema
The Bounty Killer (El precio de un hombre), regia di Eugenio Martín (1966)
Un uomo, un cavallo, una pistola, regia di Luigi Vanzi (1967)
Luana la figlia delle foresta vergine, regia di Roberto Infascelli (1968)
I diavoli della guerra, regia di Bitto Albertini (1969)
Agguato sul Bosforo, regia di Luigi Batzella (1969)
Una su 13, regia di Nicolas Gessner e Luciano Lucignani (1969)
Femina ridens, regia di Piero Schivazappa (1969)
La legge della violenza (Tutti o nessuno), regia di Gianni Crea (1969)
Esotika erotika psicotika (The lickerish quartet), regia di Radley Metzger (1970)
Anonimo veneziano, regia di Enrico Maria Salerno (1970)
Intimità proibite di una giovane sposa, regia di Oscar Brazzi (1970)
La belva, regia di Mario Costa (1970)
Perversione flash (Whirlpool), regia di José Ramón Larraz (1970)
I 7 di Marsa Matruh, regia di Mario Siciliano (1970)
Edipeon, regia di Lorenzo Artale (1970)
Le Mans - Scorciatoia per l'inferno, regia di Osvaldo Civirani (1970)
Se t'incontro t'ammazzo, regia di Gianni Crea (1971)
Deviation, regia di José Ramón Larraz (1971)
Il diavolo a sette facce, regia di Osvaldo Civirani (1971)
A cuore freddo, regia di Riccardo Ghione (1971)
La morte cammina con i tacchi alti, regia di Luciano Ercoli (1971)
Blindman, regia di Ferdinando Baldi (1971)
Rapporto a tre (Cometogether), regia di Saul Swimmer (1971)
Reazione a catena, regia di Mario Bava (1971)
L'iguana dalla lingua di fuoco, regia di Riccardo Freda (1971)
L'uomo più velenoso del cobra, regia di Bitto Albertini (1971)
La lunga spiaggia fredda, regia di Ernesto Gastaldi (1971)
Testa t'ammazzo, croce... sei morto. Mi chiamano Alleluja, regia di Giuliano Carnimeo (1971)
La lunga ombra del lupo, regia di Gianni Manera (1971)
Il sesso del diavolo - Trittico, regia di Oscar Brazzi (1971)
La redada, regia di José Antonio de la Loma (1971)
La tua presenza nuda! (Night Child), regia di James Kelly (1971)
Il magnifico west, regia di Gianni Crea (1972)
Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea, regia di Riccardo Freda (1972)
Il mio corpo con rabbia, regia di Roberto Natale (1972)
Il West ti va stretto, amico... è arrivato Alleluja, regia di Giuliano Carnimeo (1972)
Gli orrori del castello di Norimberga, regia di Mario Bava (1972)
La polizia ringrazia, regia di Steno (1972)
L'assassino... è al telefono, regia di Alberto De Martino (1972)
Maschi e femmine, regia di Francesco Scardamaglia e Augusto Caminito (1972)
Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno, regia di Bitto Albertini (1972)
Racconti proibiti... di niente vestiti, regia di Brunello Rondi (1972)
Timanfaya, regia di José Antonio de la Loma (1972)
Uccidere in silenzio, regia di Giuseppe Rolando (1972)
Incensurato provata disonestà carriera assicurata cercasi, regia di Marcello Baldi (1972)
El más fabuloso golpe del Far-West, regia di José Antonio de la Loma (1972)
Leva lo diavolo tuo dal... convento (Frau Wirtins tolle Töchterlein), regia di Franz Antel (1973)
24 ore... non un minuto di più, regia di Franco Bottari (1973)
...e continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno, regia di Bitto Albertini (1973)
La mano spietata della legge, regia di Mario Gariazzo (1973)
Tre per una grande rapina (Le mataf), regia di Serge Leroy (1973)
La polizia sta a guardare, regia di Roberto Infascelli (1973)
Oi teleftaioi tou Rupel, regia di Grigoris Grigoriou (1973)
Qualcuno ha visto uccidere... (Un par de zapatos del '32), regia di Rafael Romero Marchent (1974)
Squadra volante, regia di Stelvio Massi (1974)
Che matti... ragazzi! (Dschungelmädchen für zwei Halunken), regia di Ernst Hofbauer (1974)
Cani arrabbiati, regia di Mario Bava (1974)
I figli di Zanna Bianca, regia di Maurizio Pradeaux (1974)
La moglie giovane, regia di Giovanni D'Eramo (1974)
La polizia chiede aiuto, regia di Massimo Dallamano (1974)
Processo per direttissima, regia di Lucio De Caro (1974)
Il venditore di palloncini, regia di Mario Gariazzo (1974)
Ordine firmato in bianco, regia di Gianni Manera (1974)
La polizia ha le mani legate, regia di Luciano Ercoli (1975)
Lo straniero di silenzio, regia di Luigi Vanzi (1975)
Frankenstein all'italiana, regia di Armando Crispino (1975)
Un matrimonio immorale (Der zweite Frühling), regia di Ulli Lommel (1975)
Gli angeli dalle mani bendate, regia di Oscar Brazzi (1975)
Che stangata ragazzi (Zwei Teufelskerle auf dem Weg ins Kloster), regia di Ernst Hofbauer (1975)
I quattro del clan dal cuore di pietra (El clan de los Nazarenos), regia di Joaquín Luis Romero Marchent (1975)
Il richiamo del lupo, regia di Gianfranco Baldanello (1975)
Mark il poliziotto, regia di Stelvio Massi (1975)
I sette del gruppo selvaggio, regia di Gianni Crea (1975)
Due cuori, una cappella, regia di Maurizio Lucidi (1975)
Furia nera, regia di Demofilo Fidani (1975)
Il medaglione insanguinato, regia di Massimo Dallamano (1975)
Peccato senza malizia, regia di Theo Campanelli (1975)
Promessa sposa (Pepita Jiménez), regia di Rafael Moreno Alba (1975)
Le deportate della sezione speciale SS, regia di Rino Di Silvestro (1976)
Mark colpisce ancora, regia di Stelvio Massi (1976)
Quelli della calibro 38, regia di Massimo Dallamano (1976)
Storia d'amore con delitto (Blondy), regia di Sergio Gobbi (1976)
Dedicato a una stella, regia di Luigi Cozzi (1976)
Le due orfanelle, regia di Leopoldo Savona (1976)
Mettetemi in galera... ma subito (Babanin Evlatlari), regia di Ernst Hofbauer (1976)
La padrona è servita, regia di Mario Lanfranchi (1976)
Quel pomeriggio maledetto, regia di Mario Siciliano (1977)
Poliziotto sprint, regia di Stelvio Massi (1977)
Torino violenta, regia di Carlo Ausino (1977)
Suor Emanuelle, regia di Giuseppe Vari (1977)
Tentacoli, regia di Ovidio G. Assonitis (1977)
Cara sposa, regia di Pasquale Festa Campanile (1977)
La polizia è sconfitta, regia di Domenico Paolella (1977)
L'avventurosa fuga, regia di Enzo Doria (1978)
Poliziotto senza paura, regia di Stelvio Massi (1978)
Un poliziotto scomodo, regia di Stelvio Massi (1978)
Non sparate sui bambini, regia di Gianni Crea (1978)
Enfantasme (L'enfant de la nuit), regia di Sergio Gobbi (1978)
Memoria, regia di Francisco Macián (1978)
Scorticateli vivi, regia di Mario Siciliano (1978)
Il triangolo delle Bermude (El Triángulo diabólico de las Bermudas), regia di René Cardona Jr. (1978)
La signora ha fatto il pieno (Es pecado... pero me gusta), regia di Juan Bosch (1978)
Provincia violenta, regia di Mario Bianchi (1978)
Bermude: la fossa maledetta, regia di Tonino Ricci (1978)
Malabestia, regia di Leonida Leoncini (1978)
Papaya dei Caraibi, regia di Joe D'Amato (1978)
Solamente nero, regia di Antonio Bido (1978)
Sono stato un agente C.I.A., regia di Romolo Guerrieri (1978)
Piccole labbra, regia di Domenico Cattarinich (1979)
Duri a morire, regia di Joe D'Amato (1979)
Il fiume del grande caimano, regia di Sergio Martino (1979)
Sbirro, la tua legge è lenta... la mia... no!, regia di Stelvio Massi (1979)
La supplente va in città, regia di Vittorio De Sisti (1979)
Midnight blue, regia di Raimondo Del Balzo (1979)
Incontro con gli umanoidi (Encuentro en el abismo), regia di Tonino Ricci (1979)
Torino centrale del vizio, regia di Bruno Vani e Renato Polselli (1979)
Concorde Affaire '79, regia di Ruggero Deodato (1979)
Bersaglio altezza uomo, regia di Guido Zurli (1979)
Libidine, regia di Raniero Di Giovanbattista (1979)
Un'ombra nell'ombra, regia di Pier Carpi (1979)
Pensione amore servizio completo, regia di Luigi Russo (1979)
Lady Lucifera (Polvos mágicos), regia di José Ramón Larraz (1979)
La vedova del trullo, regia di Franco Bottari (1979)
Incubo sulla città contaminata, regia di Umberto Lenzi (1980)
Poliziotto solitudine e rabbia, regia di Stelvio Massi (1980)
Journal d'une maison de correction, regia di Georges Cachoux (1980)
Carnada, regia di José Juan Munguía e Douglas Sandoval (1980)
Buitres sobre la ciudad, regia di Gianni Siragusa (1980)
Mafia, una legge che non perdona, regia di Roberto Girometti (1980)
Orgasmo nero, regia di Joe D'Amato (1980)
Paradiso Blu, regia di Joe D'Amato (1980)
Speed Driver, regia di Stelvio Massi (1980)
Tony, l'altra faccia della Torino violenta, regia di Carlo Ausino (1980)
El poderoso influjo de la luna, regia di Antonio del Real (1981)
Pierino il fichissimo, regia di Alessandro Metz (1981)
L'ultimo harem, regia di Sergio Garrone (1981)
Buona come il pane, regia di Riccardo Sesani (1981)
Desperate moves, regia di Ovidio G. Assonitis (1981)
Il falco e la colomba, regia di Fabrizio Lori (1981)
L'ultima volta insieme, regia di Ninì Grassia (1981)
Piraña paura (Piranha II: The Spawning), regia di James Cameron (1982)
Il sommergibile più pazzo del mondo, regia di Mariano Laurenti (1982)
Porno: situación límite, regia di Manuel Esteba (1982)
La villa delle anime maledette, regia di Carlo Ausino (1982)
Cambogia Express (Angkor: Cambodia Express), regia di Lek Kitaparaporn (1982)
È forte un casino!, regia di Alessandro Metz (1982)
Los líos de Estefanía, regia di Augusto Fenollar (1982)
La vocazione di Suor Teresa (La voce), regia di Brunello Rondi (1982)
La casa del tappeto giallo, regia di Carlo Lizzani (1983)
Un povero ricco, regia di Pasquale Festa Campanile (1983)
Rush, regia di Tonino Ricci (1983)
Sea's woman - La donna del mare, regia di Sergio Pastore (1984)
Maladonna, regia di Bruno Gaburro (1984)
Rage - Fuoco incrociato, regia di Tonino Ricci (1984)
Squadra selvaggia, regia di Umberto Lenzi (1985)
Mercenari dell'apocalisse, regia di Leandro Lucchetti (1986)
3 Supermen in Santo Domingo, regia di Italo Martinenghi (1986)
Penombra, regia di Bruno Gaburro (1986)
Questione d'onore (Rage of honor), regia di Gordon Hessler (1987)
Tango blu, regia di Alberto Bevilacqua (1987)
Uccelli 2 - La paura (El ataque de los pájaros), regia di René Cardona Jr. (1987)
La notte degli squali, regia di Tonino Ricci (1988)
Fuoco incrociato, regia di Alfonso Brescia (1988)
Blu elettrico, regia di Elfriede Gaeng (1988)
Don Bosco, regia di Leandro Castellani (1988)
Taxi killer, regia di Stelvio Massi (1988)
Bangkok... solo andata, regia di Fabrizio Lori (1989)
Presunto violento (Présumé dangereux), regia di Georges Lautner (1990)
Un metro all'alba, regia di Fabrizio Lori (1990)
Grazie al cielo, c'è Totò, regia di Stefano Pomilia (1991)
Voci dal profondo, regia di Lucio Fulci (1991)
Madre padrona, regia di Stefano Pomilia (1991)
Out of Control, regia di Ovidio G. Assonitis e Robert Barrett (1992)
L'urlo della verità, regia di Stelvio Massi (1992)
Mashamal - Ritorno al deserto, regia di Paolo Fondato (1998)
Queen's messenger, regia di Mark Roper (2001)
Orient Express - Viaggio senza ritorno (Death, deceit and destiny aboard the Orient Express), regia di Mark Roper (2001)
She, regia di Timothy Bond (2001)
L'acqua... il fuoco, regia di Luciano Emmer (2003)
Languore, regia di Lorenzo Sportiello - cortometraggio (2004)
Pochi giorni per capire, diretto da Carlo Fusco (2009)
Prigioniero di un segreto, diretto da Carlo Fusco (2010)
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doppisensi · 7 years ago
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non è il tetto che perde, non sono le zanzare non è il cibo meschino: non basterebbe a un cane non è il nulla del giorno che piano sprofonda nel vuoto della notte. Sono le menzogne! che ti rodono l'anima. In agguato, come sempre la paura di morire
Il Teatro degli Orrori, A sangue freddo
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pangeanews · 5 years ago
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Franca Valeri 100 anni! Ritratto di una donna geniale, dall’intelligenza sopraffina, autentico modello di femminilità (altro che Barbie…)
Iniziamo con un aneddoto. Alla morte di Alberto Sordi, nel giugno del 1990, fra le centinaia, migliaia di necrologi, spiccava quello, ironicamente sintetico, di Franca Valeri, che, dalle pagine del “Corriere della sera”, così salutava il collega di tanti set: Ciao, Cretinetti. Con quell’epiteto così sarcasticamente milanese, Elvira Almiraghi/Franca Valeri, l’imprenditrice co-protagonista de Il vedovo (1959), si rivolgeva al marito, interpretato appunto da Sordi, adultero maldestro, affarista di scarse fortune e di ancor più scarso intuito criminale. Ma, nella memoria collettiva, Elvira è solo una delle tante facce della “Franca nazionale” (all’anagrafe Franca Maria Norsa), che il 31 luglio compie cento anni.
*
A questa presenza così incisiva nel panorama cinematografico, televisivo, ma anche teatrale (senza dimenticare che da molto tempo Franca Valeri si dedica con successo alla regia di opere liriche) Aldo Dalla Vecchia dedica Viva la Franca. Il secolo lieve della Signorina Snob (Graphe.it), agile volumetto che ripercorre le tappe della carriera di questa figura così poliedrica, a partire dall’infanzia, con la fascinazione precoce per la lirica: “I miei primi sei anni furono pieni di avvenimenti: cambiammo indirizzo e i miei mi portarono per la prima volta alla Scala a vedere Il Trovatore. L’opera mi piacque subito. Non capivo molto, ma vedere il sipario, le scene, i cantanti, e poi la musica ha sempre avuto su di me sempre un potere irreversibile: mi sembrava di aver varcato la soglia di un mondo migliore”.
*
Riservata, educata, elegante e melomane fin da bambina, la piccola Franca ha già nell’infanzia il teatro nel sangue, e un mito sopra tutti: Ettore Petrolini, di cui la piccola conosce tutte le battute, e che una sera, dopo lo spettacolo, di fronte alla dichiarazione di ammirazione della giovanissima fan, la prende addirittura in braccio, per la gioia della bambina. Un incontro che segna, insomma. Dopo il liceo, e gli orrori della guerra, Franca si dedica al teatro: a conti fatti, fu forse una fortuna che, dopo aver sostenuto un provino nei panni di Elettra di Les Mouches di J.-P. Sartre per entrare nell’Accademia Silvio D’Amico, Franca non fosse stata ammessa. A questo punto, infatti, diventerà fondamentale l’esperienza del romano Teatro Arlecchino, dove la Valeri, lavorando insieme ad altri giovani artisti, prenderà sempre più coscienza dei suoi straordinari mezzi espressivi. Da lì verrà poi l’avventura parigina del Teatro dei Gobbi, in cui, insieme ad Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli, inaugurerà un tipo di spettacolo dal vivo ancora sconosciuto in Italia, fatto di sketch brevissimi, dialoghi fulminanti, battute a raffica, ritmo frenetico, grande uso di mimica ed espressività corporea: e, sullo sfondo, invece delle elaborate scenografie in auge nel teatro del tempo, un semplice fondale.
*
E se poi pensiamo ai film, vediamo attuarsi l’assoluto paradosso che racchiude l’unicità di Franca Valeri: i film da lei interpretati si concentrano negli anni Cinquanta, con uno strascico nel 1961 e 1962 (in cui ella interpretò rispettivamente Leoni al Sole e Parigi o cara). Il suo anno d’oro è il 1955, in cui girò ben cinque pellicole, con il primo ruolo da protagonista in Piccola Posta, di Steno. Qui Franca Valeri compie un doppio salto mortale attoriale, nel ruolo della eccentrica baronessa Eva Bolasky, “polacca per parte di madre”, dall’incredibile chioma platinata, curatrice della rubrica di consulenza sentimentale di “Lady Eva” su un noto rotocalco, dalle cui pagine, dall’alto delle sue esotiche ascendenze nobiliari, consiglia le lettrici in ambasce per patemi amorosi. In realtà, la baronessa polacca si chiama Filomena Cangiullo e vive in una casetta della periferia romana in compagnia della madre, che la aiuta a smaltire la montagna di missive ricevute dalle lettrici. Nel film, le vicende dell’esotica e inesistente baronessa si intrecciano con quelle di Rodolfo Vanzino Castelfusano d’Arezzo, intrepretato da Alberto Sordi, che alla fine, nella classica scena risolutiva al commissariato, si scoprirà essere un millantatore e truffatore, specializzato in colpi ai danni di ingenue vecchine.
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Ma è Il segno di Venere, di Dino Risi, pure del 1955, a far brillare il genio peculiare di Franca Valeri, che, in questa pellicola interpreta Cesira, cugina di Agnese, interpretata da una ventunenne Sophia Loren. Le due ragazze vivono a Roma con il papà di Agnese, interpretato da Peppino De Filippo, e con una zia, una strepitosa Tina Pica. Intorno ad Agnese, bellissima e procace, ma anche attorno alla più dimessa Cesira si crea una girandola incredibile di situazioni imbarazzanti e grottesche, grazie anche a una serie di personaggi maschili molto caratterizzati, fra i quali Vittorio De Sica (il poeta truffatore), Raf Vallone (l’onesto vigile del fuoco) e Alberto Sordi (il faccendiere aduso a vivere di espedienti). La sceneggiatura, scritta quasi solo da Franca Valeri, con alcuni consigli di Edoardo Anton ed Ennio Flaiano, rivela tutto il genio di questa donna: Cesira, infatti, non è il solito personaggio di contorno, nonostante al suo fianco brilli la solare imponenza della Loren. Cesira, protagonista del film e “motore” di tutti gli incontri, è un’autentica romantica, ridimensionata dalla conoscenza dei propri limiti e dalle batoste a getto continuo: Cesira è rimasta al palo, ma, tuttavia, continua a provarci. Questo fa de Il segno di Venere il film che rivela la sommersa, cinica malinconia dell’attrice. Poi, venne Il Vedovo: e quale donna non vorrebbe avere l’intelligenza pragmatica, l’asciutta capacità di azione, la decisione di Elvira?
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Gli anni Sessanta si aprono invece con due grandi film: Leoni al sole (1961) e Parigi o cara (1962). Il primo, diretto da Vittorio Caprioli, che era allora compagno di Franca Valeri, interpretato da Caprioli stesso insieme a Carlo Giuffré e Philippe Leroy, riflette sui temi del cameratismo maschile, dello scollamento fra l’immagine ideale di eterno conquistatore che ogni uomo accarezza e l’impietoso passare del tempo, accennando anche – particolare temerario per l’epoca – la tema dell’impotenza. Nella seconda pellicola, la coppia Caprioli-Valeri si spinge anche più in là: Franca Valeri interpreta una donna eccentrica, Delia, che veste abiti incredibili e si acconcia con parrucche sempre diverse, la quale da Roma si trasferisce a Parigi per raggiungere il fratello. Ma i suoi sogni di gloria si infrangeranno contro la dura realtà della vita in una metropoli: Delia finirà per vivere in un appartamentino claustrofobico e con le finestre murate nella squallida periferia cittadina, e vedrà la Tour Eiffel solo quando starà sulla via del ritorno, accingendosi a rientrare in Italia con il pizzaiolo (interpretato da Vittorio Caprioli) da sempre innamorato di lei, ma rinunciando anche a tutti i suoi sogni di gloria. Il film è modernissimo, con dialoghi magnifici, e pervaso da un’estetica camp straordinaria, presenta anche, con le dovute cautele data l’epoca e la censura sempre in agguato, il tema dell’omosessualità, grazie alla figura del fratello di Delia, interpretato da Fiorenzo Fiorentini.
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Gli anni Settanta porteranno meno ruoli cinematografici, ma memorabile è la spassosa caricatura di una regista, chiaramente ravvisabile in Lina Wertmüller, che la Valeri offrirà in quel cult che è Ultimo tango a Zagarol (1973), in cui ella interpreta l’equivalente che nel film di Bertolucci è il giovane Jean-Pierre Léaud. L’ultimo suo ruolo al cinema è nel 1983, in una commedia all’italiana; ma nel frattempo Franca Valeri ha capito, con intelligenza sopraffina, il potere sempre crescente che ha la televisione: sul piccolo schermo ella aveva debuttato fin dal 1956, con Idillio villereccio di G. B. Shaw, diretta da A. Falqui e in coppia con Caprioli, e memorabile sarà nel 1968 il suo ritorno al teatro in TV con Felicita Colombo, commedia brillante di G. Adami. Ma nemmeno negli show veri e propri manca la zampata della Valeri, a partire da La regina e io (1957), curioso prototipo del salotto televisivo con Nilla Pizzi: e poi arriveranno Stasera Rita, Studio Uno, Sabato sera, sino a Magazine 3 e La posta del cuore negli anni Novanta, in cui Franca Valeri perfeziona e dipana il suo personale repertorio di personaggi, dalla Signorina Snob alla Sora Cecioni a Cesira la manicure. Per chi, come me, era adolescente negli anni Novanta, Franca Valeri poi è stata la presenza fissa di tante fiction (Norma e Felice, nel 1995, con Gino Bramieri; Caro Maestro e Caro Maestro 2; Linda e il Brigadiere nel 2000).
*
Guardando all’intelligenza di questa donna così moderna sin da quando, negli anni Cinquanta, alle ragazze si proponeva quasi esclusivamente il modello femminile dell’Angelo del focolare, viene da chiedersi se un vero modello per la donna italiana del tempo – e anche di oggi – non sia proprio questa attrice dal talento proteiforme, capace di reinventarsi mille volte e di attraversare un secolo con la sua creatività. Certo, Franca Valeri, per nascita, educazione, gusti, non era propriamente un modello alla portata di tutti; ma magari le ragazze degli anni Venti del ventunesimo secolo, invece di correre dal tatuatore e dal chirurgo plastico per essere tutte uguali a un unico modello (Barbie?), pensassero a costruire se stesse come una opera d’arte frutto di creatività e intelligenza!
Silvia Stucchi
    L'articolo Franca Valeri 100 anni! Ritratto di una donna geniale, dall’intelligenza sopraffina, autentico modello di femminilità (altro che Barbie…) proviene da Pangea.
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thewhitesoulblow · 7 years ago
Text
My white soul.
Such a long time, such a massive difference. 
My white soul. There’s nothing similar to this in me anymore. The white soul. Without decisions, that’s why it was white. No big sins, no bad decisions, no mistakes.
When the white soul went out to that door, oh Gosh, everything changed.
Tarnish soul. 
Un peccato, due peccati, tre peccati, quattro peccati, cinque peccati.
Errore, infantile, giovanile, stupido, superficiale errore. La superficialità non fa per me, il vuoto non fa per me, il privo di senso non fa per me, l’insignificanza non fa per me, il sesso non fa per me, l’uomo non fa per me.
Mentire. Menzogna, tradimento, doppia faccia, meschinità, bruttura, falsi sorrisi, maleducata. Non fa per me.
Incertezza. Non fa per me. Freddo poi caldo, prima poi dopo, tanto poi niente. Mi detesto.
Incertezza, ancora, di nuovo. Perché? Tutti uomini e donne certi, sicuri, dei sentimenti propri, altrui. Hanno la verità in mano, sanno, capiscono, comprendono. Io no. Incertezza, di nuovo, ragazzo.
Non rispetto. Del mio corpo, dei miei sentimenti, della mia anima. Schifo, ribrezzo, deforme. Orrore.
Quello verso di me. Odio. Il peccato peggiore. Castigo. Il peccato peggiore. Me lo merito. Il peccato peggiore. Cattiva ma per potermi amare, non per dovermi distruggere. L’anima bianca è sempre lì, in agguato. L’anima è ormai macchiata. Non serve pulirla.
Amore. Comprensione. Rispetto. Crescita. Decisioni.
E’ la vita. Errori, orrori, indecisione, menzogne tutto per cambiare e crescere. Non per distruggersi. Amati. Lo farò.
Non per distruggersi, almeno questo so di meritarmelo, tutti se lo meritano di vivere.
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giallofever2 · 5 years ago
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Born on this Day...
In Loving Memory to the Maestro Stelvio Cipriani
(Roma, 20 agosto 1937 – Roma, 1º ottobre 2018)
... è stato un musicista e compositore italiano. Autore di colonne sonore cinematografiche tra i più disparati generi
si trasferì per un breve periodo negli Stati Uniti per perfezionarsi nella musica jazz, trovando l'occasione di essere seguito da Dave Brubeck.
Ritornato in Italia iniziò a comporre colonne sonore (specialmente per film poliziotteschi); ne scrisse oltre duecento lavorando tra gli altri con Steno, Mario Bava, Lucio Fulci, Carlo Lizzani, Stelvio Massi, Dino Risi.
Gli diedero una notevole popolarità le musiche per Anonimo veneziano e La polizia ringrazia, rispettivamente di e con Enrico Maria Salerno.
Compose anche la colonna sonora del primo film di James Cameron Piraña paura.
🇬🇧 Stelvio Cipriani
(20 August 1937 – 1 October 2018)
... was an Italian composer, mostly of motion picture soundtracks.
His first soundtrack was the spaghetti western The Bounty Killer (1966), followed by a well known score for The Stranger Returns (also known as A Man, a Horse, a Gun and Shoot First, Laugh Last) (1967) starring Tony Anthony. Cipriani later composed other spaghetti western scores with Anthony, together with many popular poliziottesco soundtracks.
Cipriani became prolific in the Italian film world and was awarded a Nastro d'Argento for Best Score for The Anonymous Venetian (1970).
One of Cipriani's most famous scores is from the 1973 film La polizia sta a guardare (The Great Kidnapping). The main theme was recycled by Cipriani in 1977 for the score to Tentacoli, and was brought to the public's attention again in 2007 when it was featured in Quentin Tarantino's Death Proof.
Cinema
The Bounty Killer (El precio de un hombre), regia di Eugenio Martín (1966)
Un uomo, un cavallo, una pistola, regia di Luigi Vanzi (1967)
Luana la figlia delle foresta vergine, regia di Roberto Infascelli (1968)
I diavoli della guerra, regia di Bitto Albertini (1969)
Agguato sul Bosforo, regia di Luigi Batzella (1969)
Una su 13, regia di Nicolas Gessner e Luciano Lucignani (1969)
Femina ridens, regia di Piero Schivazappa (1969)
La legge della violenza (Tutti o nessuno), regia di Gianni Crea (1969)
Esotika erotika psicotika (The lickerish quartet), regia di Radley Metzger (1970)
Anonimo veneziano, regia di Enrico Maria Salerno (1970)
Intimità proibite di una giovane sposa, regia di Oscar Brazzi (1970)
La belva, regia di Mario Costa (1970)
Perversione flash (Whirlpool), regia di José Ramón Larraz (1970)
I 7 di Marsa Matruh, regia di Mario Siciliano (1970)
Edipeon, regia di Lorenzo Artale (1970)
Le Mans - Scorciatoia per l'inferno, regia di Osvaldo Civirani (1970)
Se t'incontro t'ammazzo, regia di Gianni Crea (1971)
Deviation, regia di José Ramón Larraz (1971)
Il diavolo a sette facce, regia di Osvaldo Civirani (1971)
A cuore freddo, regia di Riccardo Ghione (1971)
La morte cammina con i tacchi alti, regia di Luciano Ercoli (1971)
Blindman, regia di Ferdinando Baldi (1971)
Rapporto a tre (Cometogether), regia di Saul Swimmer (1971)
Reazione a catena, regia di Mario Bava (1971)
L'iguana dalla lingua di fuoco, regia di Riccardo Freda (1971)
L'uomo più velenoso del cobra, regia di Bitto Albertini (1971)
La lunga spiaggia fredda, regia di Ernesto Gastaldi (1971)
Testa t'ammazzo, croce... sei morto. Mi chiamano Alleluja, regia di Giuliano Carnimeo (1971)
La lunga ombra del lupo, regia di Gianni Manera (1971)
Il sesso del diavolo - Trittico, regia di Oscar Brazzi (1971)
La redada, regia di José Antonio de la Loma (1971)
La tua presenza nuda! (Night Child), regia di James Kelly (1971)
Il magnifico west, regia di Gianni Crea (1972)
Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea, regia di Riccardo Freda (1972)
Il mio corpo con rabbia, regia di Roberto Natale (1972)
Il West ti va stretto, amico... è arrivato Alleluja, regia di Giuliano Carnimeo (1972)
Gli orrori del castello di Norimberga, regia di Mario Bava (1972)
La polizia ringrazia, regia di Steno (1972)
L'assassino... è al telefono, regia di Alberto De Martino (1972)
Maschi e femmine, regia di Francesco Scardamaglia e Augusto Caminito (1972)
Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno, regia di Bitto Albertini (1972)
Racconti proibiti... di niente vestiti, regia di Brunello Rondi (1972)
Timanfaya, regia di José Antonio de la Loma (1972)
Uccidere in silenzio, regia di Giuseppe Rolando (1972)
Incensurato provata disonestà carriera assicurata cercasi, regia di Marcello Baldi (1972)
El más fabuloso golpe del Far-West, regia di José Antonio de la Loma (1972)
Leva lo diavolo tuo dal... convento (Frau Wirtins tolle Töchterlein), regia di Franz Antel (1973)
24 ore... non un minuto di più, regia di Franco Bottari (1973)
...e continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno, regia di Bitto Albertini (1973)
La mano spietata della legge, regia di Mario Gariazzo (1973)
Tre per una grande rapina (Le mataf), regia di Serge Leroy (1973)
La polizia sta a guardare, regia di Roberto Infascelli (1973)
Oi teleftaioi tou Rupel, regia di Grigoris Grigoriou (1973)
Qualcuno ha visto uccidere... (Un par de zapatos del '32), regia di Rafael Romero Marchent (1974)
Squadra volante, regia di Stelvio Massi (1974)
Che matti... ragazzi! (Dschungelmädchen für zwei Halunken), regia di Ernst Hofbauer (1974)
Cani arrabbiati, regia di Mario Bava (1974)
I figli di Zanna Bianca, regia di Maurizio Pradeaux (1974)
La moglie giovane, regia di Giovanni D'Eramo (1974)
La polizia chiede aiuto, regia di Massimo Dallamano (1974)
Processo per direttissima, regia di Lucio De Caro (1974)
Il venditore di palloncini, regia di Mario Gariazzo (1974)
Ordine firmato in bianco, regia di Gianni Manera (1974)
La polizia ha le mani legate, regia di Luciano Ercoli (1975)
Lo straniero di silenzio, regia di Luigi Vanzi (1975)
Frankenstein all'italiana, regia di Armando Crispino (1975)
Un matrimonio immorale (Der zweite Frühling), regia di Ulli Lommel (1975)
Gli angeli dalle mani bendate, regia di Oscar Brazzi (1975)
Che stangata ragazzi (Zwei Teufelskerle auf dem Weg ins Kloster), regia di Ernst Hofbauer (1975)
I quattro del clan dal cuore di pietra (El clan de los Nazarenos), regia di Joaquín Luis Romero Marchent (1975)
Il richiamo del lupo, regia di Gianfranco Baldanello (1975)
Mark il poliziotto, regia di Stelvio Massi (1975)
I sette del gruppo selvaggio, regia di Gianni Crea (1975)
Due cuori, una cappella, regia di Maurizio Lucidi (1975)
Furia nera, regia di Demofilo Fidani (1975)
Il medaglione insanguinato, regia di Massimo Dallamano (1975)
Peccato senza malizia, regia di Theo Campanelli (1975)
Promessa sposa (Pepita Jiménez), regia di Rafael Moreno Alba (1975)
Le deportate della sezione speciale SS, regia di Rino Di Silvestro (1976)
Mark colpisce ancora, regia di Stelvio Massi (1976)
Quelli della calibro 38, regia di Massimo Dallamano (1976)
Storia d'amore con delitto (Blondy), regia di Sergio Gobbi (1976)
Dedicato a una stella, regia di Luigi Cozzi (1976)
Le due orfanelle, regia di Leopoldo Savona (1976)
Mettetemi in galera... ma subito (Babanin Evlatlari), regia di Ernst Hofbauer (1976)
La padrona è servita, regia di Mario Lanfranchi (1976)
Quel pomeriggio maledetto, regia di Mario Siciliano (1977)
Poliziotto sprint, regia di Stelvio Massi (1977)
Torino violenta, regia di Carlo Ausino (1977)
Suor Emanuelle, regia di Giuseppe Vari (1977)
Tentacoli, regia di Ovidio G. Assonitis (1977)
Cara sposa, regia di Pasquale Festa Campanile (1977)
La polizia è sconfitta, regia di Domenico Paolella (1977)
L'avventurosa fuga, regia di Enzo Doria (1978)
Poliziotto senza paura, regia di Stelvio Massi (1978)
Un poliziotto scomodo, regia di Stelvio Massi (1978)
Non sparate sui bambini, regia di Gianni Crea (1978)
Enfantasme (L'enfant de la nuit), regia di Sergio Gobbi (1978)
Memoria, regia di Francisco Macián (1978)
Scorticateli vivi, regia di Mario Siciliano (1978)
Il triangolo delle Bermude (El Triángulo diabólico de las Bermudas), regia di René Cardona Jr. (1978)
La signora ha fatto il pieno (Es pecado... pero me gusta), regia di Juan Bosch (1978)
Provincia violenta, regia di Mario Bianchi (1978)
Bermude: la fossa maledetta, regia di Tonino Ricci (1978)
Malabestia, regia di Leonida Leoncini (1978)
Papaya dei Caraibi, regia di Joe D'Amato (1978)
Solamente nero, regia di Antonio Bido (1978)
Sono stato un agente C.I.A., regia di Romolo Guerrieri (1978)
Piccole labbra, regia di Domenico Cattarinich (1979)
Duri a morire, regia di Joe D'Amato (1979)
Il fiume del grande caimano, regia di Sergio Martino (1979)
Sbirro, la tua legge è lenta... la mia... no!, regia di Stelvio Massi (1979)
La supplente va in città, regia di Vittorio De Sisti (1979)
Midnight blue, regia di Raimondo Del Balzo (1979)
Incontro con gli umanoidi (Encuentro en el abismo), regia di Tonino Ricci (1979)
Torino centrale del vizio, regia di Bruno Vani e Renato Polselli (1979)
Concorde Affaire '79, regia di Ruggero Deodato (1979)
Bersaglio altezza uomo, regia di Guido Zurli (1979)
Libidine, regia di Raniero Di Giovanbattista (1979)
Un'ombra nell'ombra, regia di Pier Carpi (1979)
Pensione amore servizio completo, regia di Luigi Russo (1979)
Lady Lucifera (Polvos mágicos), regia di José Ramón Larraz (1979)
La vedova del trullo, regia di Franco Bottari (1979)
Incubo sulla città contaminata, regia di Umberto Lenzi (1980)
Poliziotto solitudine e rabbia, regia di Stelvio Massi (1980)
Journal d'une maison de correction, regia di Georges Cachoux (1980)
Carnada, regia di José Juan Munguía e Douglas Sandoval (1980)
Buitres sobre la ciudad, regia di Gianni Siragusa (1980)
Mafia, una legge che non perdona, regia di Roberto Girometti (1980)
Orgasmo nero, regia di Joe D'Amato (1980)
Paradiso Blu, regia di Joe D'Amato (1980)
Speed Driver, regia di Stelvio Massi (1980)
Tony, l'altra faccia della Torino violenta, regia di Carlo Ausino (1980)
El poderoso influjo de la luna, regia di Antonio del Real (1981)
Pierino il fichissimo, regia di Alessandro Metz (1981)
L'ultimo harem, regia di Sergio Garrone (1981)
Buona come il pane, regia di Riccardo Sesani (1981)
Desperate moves, regia di Ovidio G. Assonitis (1981)
Il falco e la colomba, regia di Fabrizio Lori (1981)
L'ultima volta insieme, regia di Ninì Grassia (1981)
Piraña paura (Piranha II: The Spawning), regia di James Cameron (1982)
Il sommergibile più pazzo del mondo, regia di Mariano Laurenti (1982)
Porno: situación límite, regia di Manuel Esteba (1982)
La villa delle anime maledette, regia di Carlo Ausino (1982)
Cambogia Express (Angkor: Cambodia Express), regia di Lek Kitaparaporn (1982)
È forte un casino!, regia di Alessandro Metz (1982)
Los líos de Estefanía, regia di Augusto Fenollar (1982)
La vocazione di Suor Teresa (La voce), regia di Brunello Rondi (1982)
La casa del tappeto giallo, regia di Carlo Lizzani (1983)
Un povero ricco, regia di Pasquale Festa Campanile (1983)
Rush, regia di Tonino Ricci (1983)
Sea's woman - La donna del mare, regia di Sergio Pastore (1984)
Maladonna, regia di Bruno Gaburro (1984)
Rage - Fuoco incrociato, regia di Tonino Ricci (1984)
Squadra selvaggia, regia di Umberto Lenzi (1985)
Mercenari dell'apocalisse, regia di Leandro Lucchetti (1986)
3 Supermen in Santo Domingo, regia di Italo Martinenghi (1986)
Penombra, regia di Bruno Gaburro (1986)
Questione d'onore (Rage of honor), regia di Gordon Hessler (1987)
Tango blu, regia di Alberto Bevilacqua (1987)
Uccelli 2 - La paura (El ataque de los pájaros), regia di René Cardona Jr. (1987)
La notte degli squali, regia di Tonino Ricci (1988)
Fuoco incrociato, regia di Alfonso Brescia (1988)
Blu elettrico, regia di Elfriede Gaeng (1988)
Don Bosco, regia di Leandro Castellani (1988)
Taxi killer, regia di Stelvio Massi (1988)
Bangkok... solo andata, regia di Fabrizio Lori (1989)
Presunto violento (Présumé dangereux), regia di Georges Lautner (1990)
Un metro all'alba, regia di Fabrizio Lori (1990)
Grazie al cielo, c'è Totò, regia di Stefano Pomilia (1991)
Voci dal profondo, regia di Lucio Fulci (1991)
Madre padrona, regia di Stefano Pomilia (1991)
Out of Control, regia di Ovidio G. Assonitis e Robert Barrett (1992)
L'urlo della verità, regia di Stelvio Massi (1992)
Mashamal - Ritorno al deserto, regia di Paolo Fondato (1998)
Queen's messenger, regia di Mark Roper (2001)
Orient Express - Viaggio senza ritorno (Death, deceit and destiny aboard the Orient Express), regia di Mark Roper (2001)
She, regia di Timothy Bond (2001)
L'acqua... il fuoco, regia di Luciano Emmer (2003)
Languore, regia di Lorenzo Sportiello - cortometraggio (2004)
Pochi giorni per capire, diretto da Carlo Fusco (2009)
Prigioniero di un segreto, diretto da Carlo Fusco (2010)
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pangeanews · 6 years ago
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“Ho indole sgualdrina, io vivo per sentito dire. A Céline preferisco Pelè e Maradona è meglio di Proust”: dialogo con Cataldo Dino Meo
Un poeta d’altro schianto, eventualmente canonico – a patto che esistano ancora i compilatori di antologie già postume –, Giancarlo Pontiggia, dieci anni fa, scriveva che “siamo confinati – da troppo tempo – nell’ansa di un fulminato, sospeso, stupefatto quattrocentodieci della storia del mondo; ciò che sarà, della poesia e dell’uomo, ancora non sappiamo”. Nel 410 i Visigoti, come si sa, prendono Roma, era agosto, sbeffeggiarono le statue dei Cesari, uccisero gli dèi occidentali – ma una strana paura impedì ai ‘barbari’ di predare e disintegrare i templi. Vandalica, questo libro-non-libro scritto a precipizio da Cataldo Dino Meo, in qualche modo, parte da quel “quattrocentodieci della storia” – siamo ancora qui, trapanati in una fine che ghigna, che non ci degna – per schiantare ogni afflato di verità, ogni affiliazione al liturgico, ogni fratellanza con l’uomo. Fin dal gesto ‘oggettivo’ Vandalica si pone in obliquo, a obliare la ‘cultura’, ad archiviare la ‘poesia’ come atto vacuo, arcano al niente: prodotto da Video Alok in Milano nel 2018, in copie numerate, senza prezzo, è connesso a un “Indice video” che dilata la parola scritta in esperienza musicale, catatonica, si spera. Ad ogni modo, la vandalizzazione lirica di Cataldo Dino Meo, grave di spine filosofiche (“Se proprio deve essere vita, che lo/ sia davvero, senza esclusioni/ di colpi, digrignando i denti, contro/ leggi impresse nel sopruso dalla/ mente lapidea riflettente”; “Non siamo attrezzati per/ la visione univoca, per noi è impossibile/ vedere la vita tutti quanti per/ quella che è, anche perché ciò che è,/ non sappiamo cosa sia”, è scritto in Acatalepsia, in devozione allo scetticismo di Pirrone), è buona anche da leggere, corroborante e corrosiva (gli sketch dedicati a Ipazia, Eliogabalo e alla Visione di Lev Jascin hanno stigma di bellezza). Data la visione radicale della poesia come maglio per provare la tensione dell’uomo che ne abusa, ho invitato al dialogo Cataldo Dino Meo. Ecco l’esito. (d.b.)
Intanto. “Vandalica”. Come se la poesia fosse atto vandalico, fosse la vandalizzazione della poesia, i Vandali che prendono d’assedio Roma, che assaltano l’Africa sotto la tiara di Sant’Agostino. Dimmi. 
Non solo la Poesia dovrà manifestarsi come atto vandalico ma, senza farsi travolgere da facili  isterismi iconoclasti, credo debba fare molto di più: creare scandalo intorno alla concezione della centralità umana a tutti i costi, affrontare a spada tratta il dogma della procreazione, il suo indiscutibile e assoluto valore nel generare morituri. La Poesia si occupi del crudele narcisismo da testosterone. Questo è il vero assedio di Roma: Consiglieresti la vita a chi ancora non è venuto al mondo? Dopo Teognide di Megara, Esopo, Erodoto, Leopardi, Nietzsche, Cioran, l’arte tutta non può continuare a eludere lo shock primigenio, deve trovare la forza e il coraggio di guardare negli occhi la nostra realtà allucinata, affrontare il mostro tremebondo che si annida negli anfratti della nostra prosopopea, penetrare con lama affilata l’assurda superstizione che la vita generi vita. Nello splendore tragico della sua totale incoscienza la vita fornisce solo animali alla greppia, produce la follia dello schiavismo euforico.  Dostoevskij sostiene che “La filosofia è la stessa cosa che la poesia”. Siamo alla resa dei conti, la questione ci assedia, ci mette con le spalle al muro: è possibile vivere in questo mondo senza essere pazzi?
A proposito. Che rapporto ha la tua poesia con la Storia. Sembra scaturire dal sottosuolo del tempo presente, ma poi scrivi di Ipazia, di Pericle, di Apocalypse Now, di Lev Jascin..
La Storia è tavola apocrifa incisa dai prepotenti i quali ogni volta vorrebbero farci credere che l’umanità può trarre beneficio dall’esperienza di fatti accaduti, salvo poi ritrovarci tutti insieme senza aver capito la lezione e a commettere sempre gli stessi orrori. Io sono appassionato di personaggi. Li utilizzo a partire dalla loro biografia, intorno a questa però creo uno sviluppo inventivo tutto mio, uno spazio che possa liberare l’attitudine per la visione psichedelica, surreale, immaginifica, in cui il protagonista s’incrocia e si espande come fosse sceneggiatura cinematografica o composizione da concerto Rock.
Quale ispirazione anima il tuo scrivere, infine – e perché?
Non scrivo per ispirazione, ma per ricerca. Nel senso dei Vandali Coltivatori di Rose: creando scenari blasfemi, scongiurando imbarazzanti complicità, consapevole che la vita è cripta vuota, senza ossigeno, vivendo da disadattato. Sono bagascia beffarda infatuata d’inconcepibile. Fango su fango, senza compenso, senza ritorno. Ho fulgori onnipotenti , capaci d’aizzare il pitbull in agguato nella mia rabbia suburra. Il fine è quello di scrivere da nemico pubblico, ricreare adrenalina pericolosa sugli argomenti, diffondere sabotaggi nel prevedibile, cercare di reinventare la mente logica scagliandola nel delirio. Per me la scrittura deve creare il terrore dal punto di vista del pensiero, essere giostra di morte per pendagli da forca. Scrivere non sia più salario dei docili alla tavola del collaborazionismo culturale. Il mio scetticismo mi ha salvato da Cultura, esecutrice testamentaria d’ogni fanatismo. Nello scrivere nessun harakiri da artisti incompresi, esangui piscia letto postumi.  Ma la scrittura non è l’aspetto più singolare della mia attività, molti scrivono. Dove mi distinguo invece è nella collaborazione con Video ALOK Milano, fondato e diretto da mio fratello Antonio Meo, che nel 2004, con il Video “Caravaggio“, girato a Chicago, dà inizio a una nuova possibilità per la Letteratura pur non avendo mai scritto un solo rigo, un solo verso. Egli realizza una serie di produzioni che prendono spunto dai video clip musicali inserendo nel loro specifico linguaggio la Poesia. Per cui, non più video poesie con la voce narrante fuori campo, ma il poeta prende il posto del cantante, dice il testo di persona, con musica e immagini costruite e strutturate con lo stesso criterio dei video clip musicali. Occorre sottrarre la Poesia all’insufficienza della parola stampata. L’originalità del mio libro Vandalica è quella di essere la sola raccolta poetica che contiene anche un Indice Video.Per chi fosse interessato al libro, ai video e anche alle mie esibizioni live, suggerisco di visitare, gratuitamente, il mio sito: www.cataldodinomeo.it.
Denomina le fonti. Detto di Lautréamont e di Cioran, che hai denunciato spesso, hai parlato, in altre interviste, di Benjain Fondane e di Lev Sestov. Cosa ti accomuna all’eccentricità di questi pensatore, dove li hai scoperti e sperimentati?
Impossibile elencare tutte le fonti ispiratrici di una vita lunga come la mia. Posso dire di non aver frequentato alcuna scuola. Ho conseguito la licenza media inferiore all’età di diciotto anni per manifesto straripamento anagrafico. Per cui mi sono arrangiato come ho potuto. Comunque sin da ragazzino ho sempre avuto la passione per la Letteratura e la Poesia. Ovviamente il testo letterario per me era anche la canzone, quindi Bob Dylan, The Doors, Jimi Hendrix, Billie Holiday, ma anche Leo Chiosso con Fred Buscaglione, Luigi Tenco. Nel campo letterario invece quando avevo quattordici anni una ragazza di cui ero innamorato, e che aveva più anni di me, mi mise in mano l’edizione in due volumi dell’Idiota di Dostoevskij, per non fare brutta figura con lei lo lessi tutto. Avevo rotto il ghiaccio. Anche la mia famiglia iniziò a vedere, per la prima volta, dei libri in casa. Trascorso un inutile periodo d’infatuazione per la Beat Generation, sono giunto ai Filosofi, alle Tragedie e alla Mitologia Greco-Romana, quindi Shakespeare, Jeane Genet, Sade, Isidore Ducasse, Rimbaud, Nietzsche, Leopardi, Cioran, il solo di cui ho letto tutto, e poi Pessoa. Di Benjamin Fondane non ho letto nulla, lo conosco come amico ebreo-romeno di Cioran, il quale cercò di salvarlo in tutti i modi dal Campo di Sterminio di Auschwitz. Di Lev Sestov ho letto un solo libro. Con questo capirai che non sono autori che mi appartengono. Invece mi appartengono influenze cinematografiche come il Neorealismo Italiano, il grande Cinema francese, il Cinema leggendario americano con i suoi grandi attori a cominciare da Gary Cooper, Marlon Brando, James Dean. Ma anche stimoli che potrebbero sembrare meno attinenti col plasmare una coscienza e che invece per me possiedono la medesima valenza di ciò che normalmente siamo abituati a riconoscere come formativo. La Rovesciata Cielo di Pelè mi ha sedotto più dei libri di Céline. L’epica magia di Maradona che, partendo da centro campo, s’invola verso la porta avversaria saltando tutti i giocatori inglesi è un miracolo più esaltante dell’intera Recherche di Proust. Per come la vedo io i cento rigori parati in carriera da Lev Jascin dovrebbero apparire splendenti nella volta della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo. L’indimenticabile fremito che mi ha davvero modellato il carattere al cospetto del maratoneta Abebe Bikila che vince la Maratona a piedi scalzi nella notte romana illuminata appena dalle torce, egli avanza col suo passo felpato negli Annales di Tacito. Così come l’incedere divino di Fausto Coppi proiettato lungo le suggestioni interstellari dei bastioni di Orione. E poi come trascurare il lubrifico fervore, il brivido smisurato, la feroce idolatria, che il corpo femminile ha sempre scatenato nelle mie vene in subbuglio. Il Corpo Femminile è la sola, autentica prova che, anche privi di fede, si può assurgere a preghiera.
“Non so cosa farmene di me”; e poi “Sono equivoco impeccabile, embolia/ subdola/ abiura sfibrata/ verve/ cauterizzata nel capestro”: cosa intendi? Intendo: non c’è il rischio, in questa poesia senza scuse, della posa da ‘maledetto’, da radioso radicale, da unico che dilapida l’ego?
Come indicare con precisione il confine tra vanità, posa, radiosa radicalità? Penso di essere tutto questo e, con ogni probabilità, anche qualcos’altro. Vorrei essere Proteo che non solo cambia immagine ogni giorno, ma anche idea, pensiero, convinzione. Sono un intransigente trattabile. Pirrone di Elide mi ricorda però che non siamo in grado di stabilire e di conoscere come stanno le cose nella loro radicale, insita natura. Egli la chiama acatalepsia. Noi ignoriamo la corretta realtà, non condividiamo alcun dato pragmatico. Ciò che c’è tra di noi accade per convenzione. Ognuno osserva, vede le cose della vita dal suo punto di vista. Non ne abbiamo un altro. Per cui l’oggettivo diventa esercizio di dure controversie, sistematici muri contro muri invalicabili, sappiamo vivere soltanto asserragliati nei bunker asimmetrici delle nostre verità. È una maledizione, non sappiamo nulla di noi, di certo possiamo dire che siamo fatti della stessa sostanza dell’odio e che siamo incompatibili gli uni con gli altri, l’ambiente circostante ci è ostile, l’esistenza stessa non ci vuole. Della mia vita mi è sembrato di aver potuto percepire solamente la sua probabilità, il vago sentore. Ringraziando il cielo ho indole sgualdrina. Io vivo per sentito dire.
Che rapporto hai con la letteratura del tempo presente? Ti interessa? Cosa leggi, come ti muovi?
La letteratura del tempo presente non la cerco nei libri, la scovo nei film, nella musica, nelle serie televisive, su Internet, oppure You Tube, sui Social. Lo so molti storcono il naso quando sentono parlare di Social. Io non ho preclusioni, sono convinto che si debba sempre utilizzare qualsiasi mezzo a disposizione. Si obietta che i Social moltiplicano l’invadenza degli imbecilli. Dato che gl’imbecilli sono in maggioranza ovunque, comprese le Accademie e le Biblioteche, niente di più facile che trovarseli davanti. Anche il telefono è un mezzo di comunicazione se io lo uso per sparare cazzate è colpa del telefono o mia? Non leggo romanzi da anni, mi ammorbano, troppe parole, il prolisso mi devasta. Ho necessità di sintesi, stringere i tempi, scoccare la parola come freccia dritta al bersaglio. L’ultimo romanzo che ricordo mi abbia fulminato è stato “Il Profumo” di Patrick Süskind, racconto dall’atmosfera dark che riporta a Sade e a Isidore Ducasse. Leggo principalmente biografie. In questi ultimi tempi qualcosa di poesia. Il libro per me non ha più l’attrattiva di un tempo, proprio in questo periodo sono stato ben felice di lasciare a giovani amici i volumi accumulati negli anni. Ai Narratori chiedo la cortesia di non scrivere romanzi fiume, ma di attenersi, rigidamente, allo stesso numero di pagine che servirono a Kafka per La Metamorfosi. Se avete davvero qualcosa da scrivere sono certo che basteranno. I libri non li vuole più nessuno, serve il gesto eclatante per incuriosire, incrementare le vendite, trattenere l’emorragia di lettori in fuga: gli Autori potrebbero organizzare finte fucilazioni di massa nelle maggiori Piazze, anche i tentati suicidi in Streaming sarebbero utili alla causa.
L'articolo “Ho indole sgualdrina, io vivo per sentito dire. A Céline preferisco Pelè e Maradona è meglio di Proust”: dialogo con Cataldo Dino Meo proviene da Pangea.
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