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#oggettini
teredo-navalis · 6 months
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Anche oggi abbiamo fatturato
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trowelsandteacups · 2 years
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Signore dammi la forza di finire di mettere in ordine queste benedette librerie
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Svegliarsi in due, con i corpi che si cercano, mani che si intrecciano e labbra che si sfiorano. Fare colazione lentamente, senza fretta che tanto il mondo fuori aspetta. Passare la domenica in giro, con calma. In qualche mercatino delle pulci a comprare oggettini vari per la casa, in qualche località nuova persa nel verde, nei miei boschi o al mare. Stare insieme e stare bene.
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randomia00 · 2 years
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Cute, messy studio!🧸
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Sono usciti i nuovi kit di The Sims 4 e sapevo che mi sarebbero piaciuti, ma non così tanto! Soprattutto quello degli oggettini quotidiani è super utile e versatile, mai più senza!
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t-annhauser · 2 years
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Il ministero della natalità
Un ministero della natalità me lo immagino pieno di oggettini sexy, tipo un consultorio di pratiche sessuali non convenzionali, ma forse corro troppo con la fantasia e invece qui si tratta piuttosto di incoraggiare le pratiche sessuali convenzionali, tipo tu sopra e lei sotto, con l'unico scopo di fare bambini. Mi sono sempre chiesto come si fa a fare bambini senza pensare a cose sporche, come ha fatto la Regina Vittoria che ne ha avuti nove. Per nove volte la regina Vittoria si concesse al marito, e per nove volte fissò imperturbabile la tappezzeria. E cosa avrà pensato il marito per farsi trovare pronto tutte le nove volte? È pur vero che mentre si fa l'amore vengono in mente un sacco di cose che non c'entrano, tipo se hai chiuso il gas o che devi sostituire la sabbietta del gatto, però è pur vero che si sta commettendo un atto impuro. Nel frattempo cento vacche sono state offerte per invitare a procreare, ma sono state rifiutate: cominciamo male.
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cinquecolonnemagazine · 4 months
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Memorie di noi
Mi trovò così, seduta sul pavimento e persa in mille e mille pensieri. «Mamma getta via tutto, sono cose vecchie ed inutili!» Mi aveva ripetuto da giorni mio figlio. «Ricordi? Serve lo scaffale dello stanzino per riporvi le scorte ed i rifornimenti che sono nell’armadio fuori al terrazzo. Di questo passo, non ci libereremo mai di quel mobile per fare spazio al dondolo...». Rimandando, mio malgrado, l’operazione ormai da lungo tempo e, finalmente decisa ad accontentare le insistenti richieste, la mia mente aveva divagato, assorbita, pervasa, travolta da infiniti ricordi, remore e tentennamenti. Su un ripiano, dalla scatola dei vecchi cellulari, spuntava in pole position quello che mamma mi aveva regalato in occasione del viaggio di nozze, soprannominato scherzosamente da un’amica “cabina telefonica portatile”. Il dono aveva consentito alla mia mamma di trascorrere un po’ più tranquilla i giorni del mio soggiorno all’estero, fiduciosa di potermi contattare in qualsiasi momento lo desiderasse. Accanto, uno scatolino con un minuscolo Napoleone Bonaparte, una statuina in porcellana, discretamente rifinita, che in passato aveva fatto la sua figura sulla scrivania di mio padre. Non era un oggetto di valore ma, per il mio genitore, comunque un caro ricordo di suo padre, mio nonno. Poco più in là, un cofanetto di velluto rosso a costine con telaio in argento raccoglieva un certo quantitativo di bomboniere, reperti storici eredità di comunioni, cresime, matrimoni o altre occasioni. Ovviamente, costituivano la memoria viva di cerimonie e feste trascorse con parenti, amici o conoscenti. Di cristallo, acciaio, ceramica o di argento, cianfrusaglie in vero, erano anch’esse degne custodi di reminiscenze ed affetti. Dallo scaffale, in alto, sporgeva uno scatolo dai fiori sbiaditi con sopra una scritta: foto. La dicitura, in realtà, ragguagliava poco sul contenuto e, sicuramente, non lasciava prevedere l’immensa ricchezza che conteneva. Al suo interno, accuratamente raggruppate e rilegate con spaghi, vi erano fotografie dell’epoca passata. Nonni, bisnonni, trisavoli, zii, cugini e parenti d’oltralpe rivelavano, con i loro abiti, le acconciature, le case e le suppellettili d’epoca un mondo antico, certamente più semplice e meno pretenzioso dell’attuale. Per le strade, vuote ed attraversate solo da qualche nobile carrozza, da autovetture di bassa cilindrata o da qualche più povero mezzo di locomozione o carretto trainato da bestie stanche e malandate, la vita appariva calma e assai diversa da quella caotica e logorante delle odierne vie cittadine, investite da traffico e spesso assordanti rumori. Non mi sarebbe dispiaciuto appartenere a quei tempi lontani. A destra, sul terzo ripiano dello scaffale erano visibili alcune copie, le ultime dieci, del mio primo romanzo. La mia aspirazione a diventare una scrittrice di successo era rimasta sospesa, come una frase conclusa con puntini sospensivi. La voglia era stata forte, anche la dedizione, ma era mancata l’occasione e , forse, anche una manciata di buona fortuna, che in questi casi è di grande aiuto. In fondo, però, la speranza è l’ultima a morire, ci si ripete per consolazione. Un contenitore di metallo, un po’ arrugginito, conteneva un bel groviglio di chiavi; grandi e piccole, di ferro e di ottone, antiche e moderne. Di varia grandezza, dalla più piccola di appena un paio di centimetri, forse destinata ad aprire un lucchetto, alla più grande probabile strumento per sbloccare un vecchio cancello e, poi, quelle di normale amministrazione, che un tempo aprivano porte di casa e portoni, ben diverse dalle tipologie che oggi sono predisposte non tanto per far accedere i proprietari quanto, soprattutto, per scongiurare l’accesso ad estranei indesiderati. Su un altro ripiano, più in basso, uno scatolone era pieno di oggetti ed oggettini vari. Soprammobili? Piccole sfere, parallelepipedi, cubi, piramidi, eccetera; minuscoli solidi di onice e di alabastro, graziose cianfrusaglie lisce al tatto, parti di un gioco da tavolo che eravamo soliti fare in famiglia, la mia di origine; quando, tanti anni fa, ci riunivamo piacevolmente dedicando del tempo, molto prezioso, ad incontri di svago e di reciprocità. Molto in alto, sull’ultimo ripiano ritrovai i fatidici trenini di mio padre: locomotive d’epoca, locomotori, carrozze passeggeri, vagoni cisterna benzina, carri bestiame e così via, rigorosamente alloggiati nei loro scatolini. E poi, ancora, binari dritti e a curva, curve a gomito, scambi, ponti, gallerie, stazioni: quanti ricordi! Percorsi tortuosi e, ogni volta diversi, venivano predisposti da mio padre e mio fratello su un tavolo o sul pavimento, quando insieme si divertivano ad inventare nuovi scenari per far sfrecciare veloce il mezzo di locomozione approntato; verosimile scusa per trascorrere gioiosi momenti, ritagliati tra gli impegni, e sorridere e ridere anche come bambini. Per terra, più in là, avevo intravisto una cassetta di legno. Sempre più curiosa, vi avevo guardato dentro. Dai! La cassa conteneva seghe, seghetti, trapani, squadrette, saldatori, piccoli torni, scatoline di stagno e grandi quantità di pinze, giraviti, viti, chiodi e bulloni. Con essi il mio papà si era spesso improvvisato elettricista, falegname, fabbro, miniaturista, ecc. per hobby o per necessità, qualora qualche piccolo disagio domestico o richiesta di noi figli l’avessero richiesto. Testimonianze, legami con un passato antico o recente. Quanti oggetti, quante cose! Inutili certo, ma utili per ricordare.... Pregnanti di memorie, pulsanti di vita. Come liberarmene? Perché liberarmene? In fondo, chi può dire cosa è inutile e cosa è utile per un’altra persona? Risvegliata quasi dal torpore nel quale ero scivolata, e richiamata alla realtà dalle parole di mio figlio, mi sentii dapprima smarrita, poi confusa, imbarazzata e, infine, non giustamente costernata. «Mamma, non hai gettato via ancora niente!». Mi apostrofò, cercando probabilmente di incutere in me moti di pentimento o addirittura di vergogna. Neanche il tempo di rispondere alle invettive, e si udì la voce di mio marito che ci chiamava a rapporto. «Venite, sono arrivate le pizze!”». E poi ancora «Presto, o si raffreddano!». Approfittando dell’impellenza che l’occasione richiedeva, mi alzai dal pavimento, un po’ anchilosata perché alloggiata lì da qualche ora; guardai mio figlio, aveva il viso corrucciato e deluso. A disagio, ma non troppo, mormorai, proferii, sciorinai una piccola bugia: «Mi dispiace, ti prometto che lo farò domani». Foto concessa da Laurentia Mannelli per Cinque Colonne Magazine Read the full article
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lorenzospurio · 8 months
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N.E. 01/2023 - "Un fiammifero nel buio" di Giuseppe Napolitano
Non va in pensione (il poeta) ma nemmeno in ferie – lavora ostinato al suo compito: dare luce (un fiammifero nel buio!) a chi non sa come godere dei giorni il bene delle ore che nell’ombra indifferente svaniscono perdute Artigiano paziente si accontenta di oggettini che sappiano stupire lo sguardo pigro di chi vive l’abitudine e incontentabile vorrebbe nuovi giochi A quale prezzo e…
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scripty79 · 1 year
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Una nuova playlist sul mio canale yotube
Ho creato una nuova playlist sul canale dedicata alle attrezzature e agli accessori per videomaking e con questo video unboxing ho anticipato un pò di oggetti che vi farò vedere prossimamente! Come promesso nel Vlog post natalizio, ecco il primo episodio della playlist dedicata alle attrezzature con cui giro i miei video ma anche a tutti quegli oggettini da nerd, utili a migliorare le esperienze…
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claudiotrezzani · 1 year
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Sapete, sono addivenuto ad una risoluzione drastica, draconiana, manichea:
non apporre più il rituale "mi piace" alle fotografie - anche quelle che m'aggradano assai -  dell'eccellente Roberto Besana, quando corredate dalla dicitura - un vero e proprio leit motiv in Roberto - "con il cane e lo smartphone".
Bene, benissimo per il cane.
Male, malissimo per lo smartphone.
D'altronde s'ha da agire "ne dehonestaretur", come direbbe Tacito.
Od esclamare "o tempora, o mores!" con Cicerone.
Solo che lo strale non è scagliato verso Verre o Catilina.
Verso il summentovato smartphone, e piuttosto.
Ma siamo in una frase di transizione.
In "non senza fedora" m'occupavo di gloriose ed ingombranti grandi formato a pellicola impiegate per la fotografia di strada.
No, non più quelle.
Ma no, non ancora smartphone.
Sapete, una volta vi erano fotografi che non solo erano organici a redazioni giornalistiche, ma avevano la stessa attrezzatura pagata dal giornale.
Magari contrattualmente inquadrati come operai, ma con l'Imperiturità  dell'Aulico Tempo Indeterminato.
Oggidì, talvolta i giornalisti li mandano fuori da soli.
Senza fotografo, eccioè.
Ecco allora la funzione del sì appellato smartphone:
darlo a loro.
Che spendano pure più di mille euro, o contrattino l'oggetto in guisa di fringe benefit.
Certo, dovranno sopportare in tasca quegli oggettini con la  fastidiosa gobbetta (tre o quattro obiettivi moderatamente sporgenti, sulla falsariga delle vecchie cineprese a torretta), ma poi il dispositivo li affrancherà da ogni preoccupazione.
Non sapranno neanche quando la macchina cambia obiettivo, loro.
Basterà fare un gesto, a loro.
Nè sapranno se il mutare della focale sarà da imputare al succitato cambio, o se invece si tratterà di un intervento digitale.
Epperò così "porteranno a casa il risultato", loro.
Brutale espressione per brutale operazione, la loro.
Anche più di qualcuno, già lo fa.
Il caporedattore non protesta, anzi li ha mandati lui, loro.
Ma che non dicono "mi manda la BBC", loro.
Perché esistono ancora sacrari, baluardi di civiltà quando mala tempora currunt.
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Claudio Trezzani
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Viterbo, 19 Febbraio 2023 - Domenica
Ali, you thirsty on Twitter
Ci siamo.
Non vedo l'ora.
Servirebbe un piccolo recap in realtà.
Ci sono posti dove non sto più andando, come per scandire il mio saluto.
Al Bistrot del Teatro, il primo giorno era qualche giorno prima dell'esame di semantica e pragmatica quindi diciamo seconda metà di Settembre e la seconda metà di Febbraio quella in cui con un cappuccino, li ho salutati.
Gelateria Gelart, che mi ha fatto capire che il gelato è buono se lo sai fare e non devi per forza andare da Bonocore a Capri. Preso un Tre meraviglie cono piccolo con doppia panna come mamma mi insegna.
Adieau anche al pizzicarolo sotto casa che è una vita che mi guarda male che pago con la carta, ma dal quale sono riuscita ad assaggiare la mozzarella di Cioffi, stra buona davvero.
Molto probabilmente è stato un saluto anche quello dato ieri al Pokeriño dove quelle tipe non si sa perché mi mandano bad vibes, ma forse hanno solo i cazzi loro.
E sicuramente anche all'Ipercoop, che mi ha vista piangere forte.
Un ultimo saluto in realtà anche al B-Side, che mi ha conosciuta coi capelli+sopracciglia decolorati a caso da sola, fatto in quel Giovedì in cui mi avevano passata a determinato e lì ero davvero sola.
Sono state dolcissime, lo sono state davvero tanto.
Anche la Yogurteria ed il bar Marconi anche se per puro caso è un adieau.
Saluto coperte, cuscini e lenzuola che lascerò qui.
Saluto tutti i piccoli oggettini che regalo a questa casa che mi ha dato tantissimo.
Questo piccolo grande luogo con un'energia enorme mi ha dato tantissimo per davvero.
Mi ha fatta stare bene quando tutto intorno a me non stava andando bene, mi ha fatta respirare quando non ero più capace a respirare.
Mi ha vista fare e disfare valigie, ha visto persone e cose nuove.
Ho dormito e litigato con persone conosciute qui, mi ha sentita piangere e gridare, mi ha sentita ridere, mi ha vista in videochiamata, scrivere, studiare, pensare, piangere soprattutto.
Ha ascoltato la mia musica.
E i miei monologhi.
E ci sono cose mai andate in porto come le sedie o il mobile della sala da pranzo.
Soprattutto mi ha vista fare le unghie hahahahahhaha
E ricevere pacchi Amazon.
Ed iniziare serie tv e psicofarmaci.
Probabilmente altri posti dove non andrò più saranno Il Monastero, 13Gradi, La Cantina dei Papi, Il Labirinto, via dell'Industria, Omu Sushi, Grandori di p.zza della Rocca.
Ci sono posti che mi hanno dato già.
L'Università.
Il 77, che ha toccato il suo fondo ormai (ahimé).
Persone che toglierò dai followers as soon as me ne vado via da sto posto.
Mi ha dato proprio tanto sta Viterbo.
E l'ho odiata come poche cose nella mia vita, ma tanto come sempre, i tempi tecnici li immagini solo a show pronto.
A parte che deve venirmi il ciclo e mi son sparata due EllaOne a differenza di forse 10gg l'una dall'altra pertanto a sto punto non escludo nemmeno che salti e vabbè, la percentuale è davvero bassissima insomma vabbè questo è quanto.
Mi piace un sacco A. e mi fa ridere che anche lui si chiami A. ed è il quarto e boh che dire.
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teredo-navalis · 6 months
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voglio solo dipingere e creare oggettini (e poi dipingerli)😭
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Delizioso Segnaposto Pasquale a forma di Coniglietto Personalizzabile con Cartellino in Legno con nome inciso. Crea un’atmosfera pasquale sulla tua tavola: con questi fantastici oggettini ognuno riuscirà a trovare il suo posto e la tua tavola sarà più gioiosa che mai! 🐰🐣 • • For order: 📲 whatsapp +39 3206139569 📩 [email protected] ✈️ worldwide shipping 🛒 10% sconto newsletter • • #portiamolapuglianelmondo #lafavolaincantata #WeAreinPuglia #fattoamano #bombonierefood #handmade #pugliafactory #madeinitaly #tuttofattoamano #artigianato #bonsaiulivo #creazioniartigianali #artigianatoitaliano #fattoamanoconamore #fattoconilcuore #foodbomboniere #visitpuglia #instacreazioni #instacreazioniartigianali #viamagazine #italianstories #segnapostioriginali #creazionihandmade #wellmade #segnapostipersonalizzati #blogger #creazionipersonalizzate #bomboniere #segnaposto #maestroartigiano — view on Instagram https://ift.tt/StCGsI2
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veesunderthetree · 2 years
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ITA Entry 1 “Ho paura di non valere niente”. Bly navigava nel buio ad occhi chiusi, le mani tese per non scontrarsi con qualcosa, e il sudore freddo che gli colava lungo la schiena e le guance. “Ho paura di non essere nient’altro per loro. Gadget ed oggettini. Solo uno strumento... per altri strumenti”. Portò una mano al cuore a quel pensiero straziante. Dall’oscurità emerse una mano che non poteva vedere ma che strinse la sua con forza. “William, non sei solo.” “...Monocolo?” La domanda rieccheggiò nella sala vuota, sapendo di sorpresa. Poi di tristezza e ancora, di sale. Bly si morse un labbro ma le lacrime non smettevano di sgorgare dalle sue guance, in un misto tra delicato stupore e amarezza. “Non puoi essere tu, ci hanno divisi. Mi hanno... mi hai lasciato solo.” “Un uomo che piange dev’essere forte il doppio. Me lo hai detto tu, sai?” La stretta tra le dita si strinse del doppio. Erano uniti, ma al tempo stesso lontani. “Sei stato portato via da me. Ed io non sono nessuno per gli altri.” “Non sei le tue creazioni, William.” “E tu, Monocolo? Non sarei te? Non sei tu forse, una mia creazione?” “La Dea ci ha uniti.” “Mi ha lasciato dentro un vuoto incolmabile!” Un singhiozzo lo scosse, i capelli brinati dal sudore gli si appiccicarono alla fronte. Sentì la mano staccarsi, poi una carezza sulla spalla. “Non ci siamo mai lasciati. Anche se hai deciso di spezzare la tua maschera per me, non mi hai perso.” “Ma tu non ci sei più nella realtà di ogni giorno, ogni singolo giorno... ogni maledetto giorno, sento il vuoto allargarsi, incolmabile.” “Fare esplodere ciò che ti circonda non ti aiuterà a colmarlo.” “E allora dimmi come! Come posso sentirmi così solo, anche se ci sei?” “Perchè non sei l’unico. Perchè anch’io mi sento come se una barriera oscura e invalicabile fosse stata messa tra noi e posso solo osservarti da lontano, ma sono qui, poco meno che vicino, a qualche dito di distanza.” Un altro singhiozzo convulso. “William, ascoltami. Ora siamo insieme, non devi più preoccuparti di fare finta o scambiarti con me, di evitare le tue paure. Ora possiamo affrontare qualsiasi cosa. Insieme.” Il suo doppio si avvicinò; avvertì lo spostamento d’aria. Un lieve bacio sulle labbra a bocca chiusa, poco più di un fruscio. Un frullo d’ali nel vento. Bly si irrigidì. “Ora sei libero: siamo liberi. Non hai bisogno di questi incubi. Perciò...” “No, no, no ti prego, non farlo, non lasciarmi di nuovo!” “Svegliati”. Il buon Dottore si sollevò di scatto dal letto, madido di sudore, portandosi una mano alla tempia. Terrorizzato, sentì il proprio respiro bollente condensarsi nel freddo della notte viennese. Il suo petto si alzava e abbassava velocemente, ma presa la razionalità per un attimo, gli intervalli si prolungarono fino a diventare dei lunghi respiri. Si asciugò le lacrime, sposto le gambe sullo scendiletto e urtò senza volerlo la sua mascheda dorata. Composto, ma ancora tremante nell’animo, si alzò quasi urtando la scrivania. Cercò convulsamente tra le cose accatastate al buio, poi trovò finalmente quello che cercava: un pacchetto di sigarette. Ne prese una, se la portò alla bocca e accese un’unica, flebile fiamma con un cerino che ben presto si spense, agitato. Un sottile alone di fumo si sollevò dalla cicca appena accesa, la brace che rischiarava la triste realtà dopo quel sonno agitato. Inspirò, espirò ed il fumo gli uscì dalle narici disperdendosi nella camera da letto buia e confortevole, piena di libri e materiale per i suoi studi.
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enkeynetwork · 2 years
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sfumaturedicipria · 3 years
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Segui la nostra pagina @i_noleggi_di_sfumaturedicipria per scoprire i #props e gli #oggettini particolari che selezioniamo per voi ed i vostri allestimenti ♥️ (presso SFUMATUREDICIPRIA) https://www.instagram.com/p/CPaSCUMsK-8/?utm_medium=tumblr
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mynameis-gloria · 4 years
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Domenica
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