#numeri simbolici
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pier-carlo-universe · 13 hours ago
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L'analisi etnolinguistica delle culture della Corea e dell'Uzbekistan è uno studio comparativo attraverso i valori storici, sociali e culturali
Nota: Questa ricerca sarà dedicata allo studio comparativo delle caratteristiche etnolinguistiche delle culture di Corea e Uzbekistan. Analizza come il progresso storico, la struttura sociale e i valori culturali di entrambi i popoli siano espressi attrav
Nota: Questa ricerca sarà dedicata allo studio comparativo delle caratteristiche etnolinguistiche delle culture di Corea e Uzbekistan. Analizza come il progresso storico, la struttura sociale e i valori culturali di entrambi i popoli siano espressi attraverso la lingua. Nel corso dello studio, le unità linguistiche che riflettono costumi, rituali, credenze e segni simbolici nazionali vengono…
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personal-reporter · 2 years ago
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Origine di "Essere al settimo cielo"
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Il modo di dire "Essere al settimo cielo" è un'espressione comune nella lingua italiana che viene utilizzata per descrivere uno stato di gioia, felicità o euforia estreme. Questa espressione richiama l'immagine di un luogo celestiale, indicando che la persona si trova in uno stato di beatitudine e soddisfazione. Ma qual è l'origine di questa espressione e come si è diffusa nel linguaggio comune? L'origine di "Essere al settimo cielo" può essere ricondotta alle antiche credenze religiose e mitologiche. Nella cosmologia medievale e rinascimentale, si credeva che il cielo fosse composto da una serie di sfere concentriche, ciascuna delle quali rappresentava un pianeta o una sfera celeste. La sfera più esterna, il settimo cielo, era considerata la sfera più alta e vicina a Dio, il luogo dell'estasi divina e della beatitudine suprema. Nel corso del tempo, questa concezione cosmologica ha influenzato il linguaggio e la cultura, dando origine all'espressione "Essere al settimo cielo". L'uso di questa espressione indica uno stato di estasi e felicità così intenso da far sentire una persona come se fosse in una dimensione celestiale, in comunione con qualcosa di divino o trascendente. Essere al settimo cielo rappresenta la massima espressione di gioia e appagamento. L'uso di questa espressione si è diffuso nel linguaggio comune nel corso dei secoli, trovando spazio sia nella conversazione informale che nella letteratura, nella poesia e nella musica. È un modo di dire che riflette l'aspirazione umana a raggiungere stati di beatitudine e felicità estreme. È un modo per descrivere momenti di gioia intensa, come l'amore corrisposto, il successo professionale, la realizzazione di un sogno o un evento che suscita grande entusiasmo. Va notato che l'espressione "Essere al settimo cielo" può avere anche un significato figurato, oltre al suo significato letterale. Può essere utilizzato per indicare uno stato di euforia o estasi derivante da esperienze sensoriali, come la musica, l'arte o la bellezza della natura. Può anche essere usato per descrivere un senso di soddisfazione e felicità profonda che pervade l'anima. In alcune culture e tradizioni, l'uso di numeri per rappresentare stati o concetti simbolici è diffuso. Il numero sette, ad esempio, è spesso associato a perfezione, completezza e divinità. Pertanto, il settimo cielo rappresenta un luogo di perfezione e beatitudine assoluta. È un'espressione che riflette l'aspirazione umana a raggiungere stati di estasi e beatitudine e viene utilizzata per descrivere momenti di gioia intensa nella vita di una persona. È un modo per esprimere e condividere la felicità e la soddisfazione che si prova in determinati momenti speciali. Read the full article
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corallorosso · 4 years ago
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L’ultima, in attesa della prossima, è Silvia. Il marito l’ha ammazzata a coltellate, davanti ai figli, ad Arese, prima di essere arrestato. Sharon invece è stata uccisa con una scarica di proiettili, dall’ex che aveva annunciato tutto su Facebook. E no, non pochi minuti prima, ma già mesi fa. Quasi ogni giorno scriveva un avvertimento esplicito, l’annuncio dell’omicidio. Ma nessuno ha fatto nulla per fermarlo in tempo. Bruna è stata uccisa a fucilate dal suocero, il 2 Giugno, mentre tutti festeggiavamo la Repubblica. Maria Carmina invece cinque giorni prima. Dal marito. Sempre a coltellate. E poi Angela, Ylenia, Emma, Saman, Dorina, Elena, Tina, Tunde, Ornella, Rossella, sprofondando sempre più nell’inferno delle donne uccise dagli uomini nel nostro paese. Con Silvia il conto sale a 30 per il 2021. E non siamo ancora a metà anno. Probabilmente mentre scrivo queste righe un marito, un fidanzato, un ex, sta meditando come e quando portare il conto a 31. E poi 32. E poi 33. A fine anno faremo il conto. E saranno numeri. Solo numeri. Saranno nomi che elencheremo durante qualche convegno sul femminicidio, che adorneremo di belle parole, di gesti simbolici, di scarpe rosse e infiniti appelli. Per poi ricominciare. In italia nel 2020 sono state uccise 278 persone, di cui 91 erano donne ammazzate da uomini. Cioè il 40% degli omicidi in Italia è stato un femminicidio. E allora no, forse codici rossi e leggi attuali non bastano. Forse c’è bisogno di altro. Forse c’è bisogno di garantire alle donne che denunciano, come avviene in Spagna, quel sostegno anche economico che non faccia loro dubitare. Forse c’è bisogno di un rivoluzione pedagogica, che parta dalle scuole, dalla crescita culturale. Dalle istituzioni. Perché questo massacro non è più tollerabile. Questa indifferenza, non è più tollerabile. Cathy La Torre
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Ho sempre avuto una fissazione particolare per i numeri. Non in modo generico. Numeri che per un motivo o per un altro sono stati simbolici ed importanti. Nella mia vita lo è stato e lo è tutt'ora il numero 8. Non è necessario spiegare in profondità le motivazioni dietro di questa particolare predilezione. A volte può nascere dal nulla, per pura simpatia. O per qualche stravagante percorso emozionale. Magari quel giorno il criceto che ho in testa si è messo a correre a perdifiato e in questo suo correre forsennato ha avuto una visione di qualcosa che in realtà non sono riuscito ancora a ben comprendere. In fin dei conti se poggiamo l'otto su uno dei due lati otteniamo il simbolo dell'infinito e quindi questo continuo correre e rincorrere ha un senso di movimento perpetuo ed assoluto. Anche la razionalità ha il suo peso in questa scelta poiché la mia data di nascita sembra una continua moltiplicazione del numero 8 indi per cui anche in questo sembra tutto tornare, magari in modo stravagante, ma tutto torna. Infine poi ci sono gli eventi imponderabili. Quelle cose imprevedibili e travolgenti che ti sommergono il cuore e dove tu ti ritrovi in apnea cardiaca. Dove ti trovi a perdere i battiti. In quei momenti così sconvolgenti ed indelebili hai visioni nitide, nette e sai che non potrai più cancellarle dalla tua mente. A me una cosa del genere è successa e non nascondo l'emozione ogni volta che ricordo quegli attimi. Solo l'intimità del mio cuore ed il granito della fortezza che ho costruito per proteggere la purezza di quei momenti assoluti mi proibiscono di svelare il tutto. In fin dei conti è soltanto una questione privata. Insomma, da quel giorno ho aggiunto un altro numero alla mia esigua collezione di numeri preziosi. Ogni volta che penso a questo numero è come se aprissi un forziere pieno di cose magiche e proibite ai più. Lo scrigno del mio cuore. Ogni volta che penso a quel numero vengo investito da chiaroscuri improvvisi e da una miriade di colori. Sento la seta scorrermi tra le dita e tocco assi di legno appena lavorato. Le sento sotto i polpastrelli. Vengo accecato da una luce lancinante mentre la mia pelle viene accarezzato dallo sguardo della luna e percepisco caldo e freddo allo stesso tempo. Mi sento baciato fino in fondo al cuore da uno stato di grazia che non ha eguali e mai potrà piu esserci nulla di superiore ad essa. Ecco quando mi accade tutto questo mi viene in mente sempre e solo un numero al quale ho associato tutto questo, do per certo il fatto che questo numero me lo porterò addosso per tutta la mia vita. Che questo numero accompagnerà felicemente il mio adorato 8 e che insieme faranno tanta strada. Una coppia stravagante ed irresistibile. Già chi l'avrebbe mai detto pensando a questo numero: Il 74. Io non ho mai creduto che esistano cose ineluttabili. Per mia fortuna l'impressione è sempre dietro l'angolo.
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dipintiam · 5 years ago
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La Scuola di Atene è un affresco (770×500 cm circa) di Raffaello Sanzio, databile al 1509-1511 ed è situato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro "Stanze Vaticane", poste all'interno dei Palazzi Apostolici. Rappresenta una delle opere pittoriche più rilevanti dello Stato della Città del Vaticano, visitabile all'interno del percorso dei Musei Vaticani.
La scuola di Atene è uno degli affreschi più famosi al mondo, e anche uno dei più ricchi di significati simbolici della storia dell'arte. Raffaello ha dipinto una "scuola filosofica" ideale che rappresentasse la conoscenza e il suo farsi: ben cinquantotto personaggi, ognuno diverso e con una storia da raccontare.
L’affresco che decora la Stanza della Segnatura è conosciuto come "La scuola di Atene", ma questo titolo non è affatto stato attribuito da Raffaello: si diffuse solo a partire dal XVII secolo, e a parere di molti critici esso è incoerente, dato che tecnicamente non è mai esistita una "scuola di Atene". Tuttavia, al di là della effettiva "storicità" dell'affresco di Raffaello, che peraltro ha una forte funzione celebrativa nei riguardi di Giulio II e delle sue politiche e non è quindi puramente rappresentativo, è la prima volta, forse l'unica, che un artista raffigura la filosofia non come rigida icona, ma nel suo "farsi": il movimento dei personaggi, le azioni, i gruppi, fissano il perenne movimento del pensiero attraverso i secoli. Due sono i protagonisti in primo piano, Platone (raffigurato con il volto di Leonardo da Vinci) e Aristotele. Ma il magnifico affresco di Raffaello raffigura, oltre a loro, altri cinquantasei personaggi. Alcuni, quasi sicuramente, hanno un valore solo simbolico e non corrispondono con precisione ad un filosofo, altri sono però sicuramente identificabili.
Averroè
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L'uomo con il turbante, dipinto nel gruppo sulla sinistra di Platone, potrebbe essere identificato con Averroè, filosofo e scienziato arabo spagnolo del XII secolo, famosissimo per aver tradotto e commentato l'opera di Aristotele (suo è il "gran comento" di cui parla Dante nel IV canto dell'Inferno). Molti hanno contestato questa interpretazione, perché secondo l'impianto del dipinto a sinistra Raffaello avrebbe posizionato i platonici, mentre a destra gli aristotelici: Averroè, essendo aristotelico, sarebbe dunque mal collocato, e quindi la figura non dovrebbe corrispondere a questo personaggio. In generale però, l'uomo potrebbe essere considerato anche come un semplice riferimento alla scienza della numerazione, codificata dagli arabi nel X secolo e introdotta in Europa dal celebre "Liber Abaci" di Fibonacci.
Pitagora
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Il personaggio rappresenta un chiarissimo riferimento all'armonia e alla teoria pitagorica dei numeri. Sulla lavagna ai suoi piedi è raffigurato un diagramma che mostra i rapporti musicali, e vi compare il cosiddetto "numero quaternario" pitagorico: la successione aritmetica dei primi quattro numeri naturali, che geometricamente veniva rappresentato nella forma di un triangolo equilatero, simboleggiava per la filosofia pitagorica la perfezione e l'armonia del creato, oltre che essere la base degli studi sull'armonia musicale, simboleggiati dal diapason disegnato anch'esso sulla lavagna. Non ci sono dubbi dunque sul fatto che il personaggio impegnato nello studio dei numeri sia effettivamente Pitagora.
Euclide
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Il filosofo, vestito di un elegante drappo rosso, viene rappresentato con le fattezze di Bramante mentre è impegnato nello studio della geometria. È al centro di un gruppo di cinque giovani geometri, quattro dei quali seguono la spiegazione del maestro, che sta facendo un disegno sulla lavagna: due triangoli sovrapposti che formano una stella a sei punte. Alcuni hanno pensato che si tratti di Archimede, ma il riconoscimento in Euclide appare più significativo: la stella a sei punte potrebbe riferirsi ad una teoria matematica che ha a che fare con la definizione della bellezza artistica e rimanda agli studi sul canone di bellezza formale. L'uomo rosso vestito è per di più simmetrico a Pitagora: Raffaello contrappone, in ottica di complementarietà, il canone musicale e quello artistico, simboleggiati rispettivamente da Pitagora ed Euclide.
Diogene
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Raffigurato semisdraiato sui gradini, Diogene è una figura isolata, ed è chiaramente identificabile sia per la postura scomposta che per la ciotola leggendaria posata al suo fianco: Diogene era un uomo che oggi definiremmo "eccentrico", abituato a vivere in una botte disprezzando qualsiasi bene terreno e materiale. Si racconta che una volta, vedendo un ragazzo bere dall'incavo delle mani abbia distrutto l'unico oggetto che possedeva, la ciotola appunto, rendendosi conto di non averne bisogno per dissetarsi. Diogene visse fra V e IV secolo, contemporaneo quindi di Platone, che lo definì un "Socrate impazzito". Un anarchico, un seguace della legge di natura piuttosto che del percorso teorico indicato dai più grandi filosofi, ma che viene comunque inserito nella polis filosofica dipinta da Raffaello, contrariamente ad esempio agli ellenisti, che non compaiono: nell'affresco mancano anche gli stoici, gli epicurei e gli scettici.
Eraclito
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L'uomo in primo piano dipinto con le fattezze di Michelangelo rappresenta Eraclito. Il personaggio non appare sul cartone preparatorio dell'affresco, ed è stato presumibilmente aggiunto in un secondo momento, o su invito di papa Giulio II o come tributo di Raffaello a Michelangelo, dopo la sua visita ai lavori della Cappella Sistina nel 1511. L'identificazione con Eraclito è basata soprattutto sull'atteggiamento "asociale" che ben corrisponderebbe al personaggio che la tradizione ci racconta, come pure la postura tipica del "melanconico". Conosciuto già in epoca antica come pensatore criptico ed oscuro, nel Medioevo Eraclito veniva detto il "filosofo del pianto". Nel rappresentarlo Raffaello riutilizza una figura che ricorda molto da vicino quella dipinta da Dürer nella sua "Melancholia".
Zoroastro
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Il profeta iranico, conosciuto anche come Zarathuštra, viene rappresentato da Raffaello mentre tiene in mano un globo celeste: all'epoca era ritenuto il fondatore dell'Astronomia, e autore degli Oracoli caldaici. Informazioni che si riveleranno sbagliate: la notizia che l'uomo fosse inventore delle arti magiche e autore dell'opera venne veicolata durante il Rinascimento, dunque probabilmente ne era al corrente anche Raffaello, ma in realtà numerose sono le controversie riguardo questo personaggio, storicamente documentato ma ancora poco conosciuto a livello dottrinale: la critica contemporanea è concorde nel riconoscerlo come autore dell'Avesta, il testo sacro iranico, e quindi, come l'ispiratore dello Zoroastrismo.
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andreasiobhan · 6 years ago
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☁️ ; 𝟏𝟗.𝟎𝟔.𝟐𝟎𝟏𝟗 / 𝑜𝑛𝑒 𝑦𝑒𝑎𝑟. ( https://www.youtube.com/watch?v=GlPlfCy1urI ) 𝑪𝒂𝒓𝒐 𝑯𝒐𝒘𝒂𝒓𝒅, Se il mio vocabolario fosse abbastanza vasto da poter mettere nero su bianco tutti i miei sentimenti nei tuoi confronti senza risultare ripetitiva, probabilmente a quest’ora ti avrei scritto più di mille lettere. Ho pensato, prima di iniziare questa dedica, che mi sarebbe piaciuto rinascere scrittrice, poetessa o musicista per poterti donare il mio cuore attraverso tante parole diverse, ma sempre pregne di significato e ricche di emozioni. Sono brava con i numeri e compenso la mia mancanza di parole con dei gesti simbolici che per mia fortuna tu sei sempre riuscito a captare e a custodire nel tuo cuore. Tuttavia questa volta ho deciso di fare un passo più lungo, di andare oltre i miei limiti, di spingermi al di fuori della mia “comfort zone”, perché in un anno sono accadute tante cose e ritengo opportuno renderle indelebili. Anche quando saremo vecchi e i nostri ricordi inizieranno a diventare sfocati e flebili – specialmente i miei –, avremo questo mio scritto che ci permetterà di rivivere i nostri primi momenti insieme. So già che mi terrai la mano in quel momento e che sarò io a leggere, perché tu sarai molto più anziano di me e riserverai ogni tua energia per potermi sorridere e sussurrare nell’orecchio che mi ami tanto e che non smetterai mai di farlo.
Mi sono innamorata di te fin dal primo istante. A volte temo di dirlo pubblicamente o di raccontarlo, anzi, penso proprio di non averlo mai detto sul serio prima d’ora. Poche persone credono davvero nell’amore a prima vista, il restante giudica fatti che non gli riguardano ed è la parte che più mi disturba e mi rende insicura, quindi per evitare di sentirmi in difetto o presa in giro, sto zitta e vivo la mia vita con te e basta. Tu mi dici sempre di fregarmene, perché le considerazioni altrui non sono importanti quanto ciò che penso io di me stessa, mi sproni ad essere ciò che sono anche al di fuori della nostra bolla e mi aiuti a respirare quando mi spingo troppo oltre e mi sento a disagio. Oggi voglio fare questo passo avanti anche per dimostrarti che ti ascolto e che il tuo aiuto è ciò che di più prezioso mi sia mai stato dato. Ti sei offerto di tendermi la mano fin dai primi giorni in cui ci siamo conosciuti. Non ti ho pregato o implorato - come ho fatto con altre persone in precedenza - di starmi accanto, di ascoltarmi, di darmi importanza. Non ti ho chiesto di aiutarmi, di considerarmi o di condividere con me delle opinioni ed esperienze. Hai deciso tu stesso di esserci, di rimanere. Ti sei seduto di fronte a me in una caffetteria alle tre di notte e mi hai osservato il viso come se ci fosse davvero qualcosa di bello da guardare. Mi hai chiesto di farti vedere il tatuaggio del sole che ho sul polso ed eri contento di poterlo vedere finalmente dal vivo. Mi hai rivolto uno sguardo dolce e sincero quella notte ed era solo la prima delle tante notti che eravamo in procinto di vivere insieme. È accaduta a poca distanza dal giorno in cui mi hai scritto, quindi mi sono subito ritenuta fuori di testa, pazza e infantile, perché non credevo fosse normale e possibile ritenerti giusto e perfetto per me senza conoscerti davvero. Eppure, tra tentennii e scetticismo, mi sembrava di aver già trovato la mia persona e non avevo alcun timore a chiederti di uscire alle tre di notte. Sebbene i primi tempi io sia rimasta in silenzio riguardo il nostro rapporto che volevo fuoriuscisse come semplice amicizia, voglio che tu sappia che non vi è mai stato un momento in cui io abbia pensato di vergognarmi di te. Il mio voler attuare un comportamento da ninja è sempre stato per custodire il più possibile il nostro rapporto, perché è personale, intimo, solo nostro da vivere e di nessun altro. Ogni mia insicurezza riguardante la differenza d’età o un’altra relazione da dover affrontare dopo innumerevoli disfatte, è svanita nel momento in cui mi hai guardata negli occhi o baciata con estrema cura. La stessa cura che hai avuto nel non mancare di dolcezza ogni qualvolta mi rivolgevi (e rivolgi) la parola, nell’evitare di posare le tue mani sul mio corpo troppo presto, aspettando pazientemente il momento giusto e, soprattutto, aspettando con garbo e rispetto il mio consenso. Hai avuto cura non solo della mia mente, della mia sanità, delle mie ansie e delle mie nuvole nere, ma anche del mio corpo. Hai saputo sfiorare ogni centimetro della mia pelle con morbidezza e mi hai sempre stretta al tuo corpo come per dirmi “Se stai qui, sei al sicuro, perché non ti farò mai del male e non permetterò neanche ad altri di fartelo”. Ho cambiato quattro appartamenti, ma te lo dico e te lo dirò sempre che le tue braccia ed il tuo calore corporeo sono la casa migliore in cui io mi sia mai trasferita. E non voglio andarmene né ora, né mai, perché sei l’amore della mia vita e in questo titolo non vi è solamente un semplice connotativo da fidanzati che si amano e si dedicano delle belle parole. Sei l’amore della mia vita perché rappresenti tutto ciò che per me risiede nel significato più profondo del termine “amore”. Rappresenti ogni mia vittoria, conquista e felicità. Rappresenti la difficoltà dell’andare d’accordo con un altro essere umano, perché per quanto siamo compatibili, i momenti di sconforto li viviamo anche io e te. E sappiamo entrambi che molto spesso siamo ad un passo dal distruggerci con parole forti che neanche pensiamo. Rappresenti la mia voglia di esistere, di fare, di esserci nel mondo. Rappresenti ogni viaggio che abbiamo intrapreso per vedere altre parti del mondo che hanno arricchito le nostre conoscenze con culture nuove, diverse, particolari e meravigliose. Rappresenti ogni mio sorriso, in quanto sento di avere più ricordi felici da quando ho conosciuto te rispetto a quando sono nata. Rappresenti la mia capacità di amare, quella che credevo di non avere e che non fosse intrinseca nel mio Io, quella che temevo di non poter mai conoscere perché ogni qualvolta mi avvicinavo ad una persona, questa tendeva a volare via lontano da me. Tu non sei volato via, ti sei avvicinato sempre di più fino a farmi percepire le tue braccia intorno al mio corpo anche quando per ben due volte ti hanno spedito in Afghanistan in missione. Ti ho sentito vicino anche in quei giorni e in quelle notti. È forse lì che ho pensato di amarti davvero con tutta me stessa, è lì che ti ho nominato “l’amore della mia vita�� con estrema disinvoltura, perché per quanto tu possa dirmi che ti dispiaccia avermi addossato questa responsabilità di stare con un Tenente dell’esercito americano, io questa responsabilità non l’ho mai sentita. Ho sentito solo un nodo in gola e tante pugnalate allo stomaco perché il pensiero di non rivederti faceva più male di qualsiasi altra cosa, ma il nodo l’ho ingoiato e ho messo un’armatura per proteggere il mio stomaco: ho accettato il mio ruolo in quelle situazioni ed è sempre stato più importante sostenerti, supportarti e starti vicino anziché farti vedere le mie lacrime e farti sentire in colpa per qualcosa che in realtà tu non hai voluto. Ed io ti amo profondamente per questo tuo modo di essere. Ciò che ti rimane della tua professione è quella di volermi proteggere, tenere tutto sotto controllo ed impedire che la tua famiglia stia male. Metti da parte te stesso costantemente per far sì che io sia al primo posto, ma hai trovato una persona più testarda di te. Hai trovato una ragazza a cui importa sul serio di te e ti sei sentito spaesato all’inizio, forse ti senti spaesato anche ora, ma mi piace l’idea di essere quella ragazza, mi piace sconvolgerti i piani e sorprenderti quando mi impunto e ti obbligo a metterti al primo posto, perché io non potrei mai tollerare di vederti al secondo. Sei l’amore della mia vita per una miriade di ragioni oltre a ciò che ho già citato e sono certa che mi verranno in mente solo dopo averti dato il permesso di leggere ciò che sto scrivendo, ma abbiamo una lunga vita davanti e potrei scriverti un’altra lettera quando avrò trovato il modo di raggirare diversamente le parole rispetto a queste che sto usando al momento, così da non farti pensare “Ma scrivi sempre le stesse cose?”. In realtà non me lo diresti mai, saresti il mio primo fan anche se copiassi e incollassi tutto questo il prossimo anno, sarò sempre io quella ipercritica e fastidiosa, pronta a buttarsi giù per il minimo errore. Ma non è di certo questo ciò di cui voglio trattare oggi, perché la morale di questa lettera è la seguente: sei l’amore della mia vita, perché quando ci siamo conosciuti non mi hai derisa, mi hai ascoltata e mi hai promesso che mi avresti portata in mezzo all’oceano per poter osservare le balene da vicino. Hai aggiunto anche che se non le avessimo viste, io sarei stata ugualmente felice perché mi avresti portata nel loro habitat e avrei saputo di stare vicino a loro. Alla fine le balene le abbiamo viste, hai mantenuto questa promessa per ben due volte e non posso far altro, dunque, che associarti all’oceano, che per me è sinonimo di libertà.
Con tutta me stessa, Grazie.
𝑨𝒏𝒅𝒓𝒆𝒂.
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levysoft · 5 years ago
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Oltre a essere ricca di riferimenti mitologici e simbolici, la saga di Hunger Gamescontiene al suo interno tutta una serie di allusioni e riferimenti linguisticidavvero interessanti. Ecco i più significativi:
PANEM Nonostante la nazione di Panem sia situata in quello che un tempo era il Nord America, la parola Panem non è una parola inglese. Deriva, infatti, dall’espressione latina ‘Panem et Circenses’ (maggiori approfondimenti qui). Panem è il termine latino per ‘pane’, pane che tradotto in francese moderno diventa pain, e tornando all’inglese pain significa dolore. Coincidenze?
HUNGER Il nome dei Giochi assume multiple interpretazioni: letteralmente è la fame, intesa come bisogno di cibo e la strenua ricerca di esso da parte degli abitanti dei Distretti più poveri, come Katniss, ma potrebbe anche indicare la fame dei cittadini di Capitol City per l’intrattenimento o il bisogno dei partecipanti ai Giochi di sopravvivere ad ogni costo.
TRIBUTI I ragazzi mandati agli Hunger Games sono chiamati tributi. La scelta del nome rievoca il Mito di Teseo e il Minotauro, ma anche un tipo pagamento dovuto dai cittadini verso il governo e il conseguente esercizio di potere da parte di un ente sovrano. Ma usando la parola tributo per descrivere le persone offerte in pagamento a Capitol City, si vuole anche sottolineare la perdita di identità e umanità delle stesse, la completa spersonalizzazione di chi viene mandato a gareggiare nei Giochi, trattato al pari di cose, di denaro.
I DISTRETTI Un’altra interessante scelta linguistica sono i nomi associati ai Distretti. Identificando i Distretti semplicemente attraverso i numeri, dall’1 al 13, ancora una volta l’intento è quello di far perdere a essi e ai loro cittadini ogni tipo di personalizzazione e individualità, mostrando la loro subordinazione al regime di Capitol City. Gli unici tratti distintivi dei Distretti sono racchiusi in quello cheproducono, ad esempio, il pesce per il Distretto 4, il legno per il 7 o il carbone per il Distretto 12. Inoltre, un’altra caratteristica che li contraddistingue sono le tradizioni culturali e culinarie, come i vari tipi di cerimonie per il matrimonio o il modo di cucinare il pane.
LA MIETITURA La mietitura (in inglese Reaping, da reap – raccogliere, mietere), l’occasione in cui vengono estratti i tributi annuali degli Hunger Games, ha un chiaro riferimento al processo di raccolta delle colture. Pensando all’azione stessa della mietitura, l’attrezzo usato per questo scopo è la falce, non a caso simbolo da sempre associato alla morte. Per fare un esempio, il Tristo Mietitore (Grim reaper), la personalizzazione allegorica della morte, è appunto armato di falce. Il destino inesorabile che grava sui tributi scelti è, dunque, presente in ogni momento della Mietitura e anche nella parola stessa.
MOCKINGJAY Mockingjay, la ghiandaia imitatrice simbolo della ribellione, è un uccello creato dall’immaginazione di Suzanne Collins. In realtà, in natura esiste il Mockingbird,il mimo o tordo americano, un particolare tipo di volatile che imita il verso e i suoni di altri animali e uccelli, proprio come fa la ghiandaia imitatrice. La ghiandaia chiaccherona, invece, l’uccello geneticamente modificato per spiare e riportare le conversazioni dei dissidenti dei Distretti alla capitale, in inglese è la parola Jabberjay, unione di jabber, verbo che significa chiacchierare, e jayghiandaia.
AVOX Un altro vocabolo inventato da Suzanne Collins è avox, termine usato per indicare quelle persone a cui è stata asportata la lingua e che sono diventati dei servi al servizio di Capitol City, in modo da essere puniti per i crimini commessi. La scelta di questa parola è molto semplice: la a è una a privativa, un prefisso di origine greca che significa senza, mentre vox è la parola latina per voce. Da qui la traduzione italiana in senza-voce.
I NOMI Suzanne Collins usa i nomi dei suoi personaggi per differenziare i loro status e appartenenza sociale e culturale. I nomi degli abitanti dei distretti hanno spesso origini pastorali, basti pensare a Primrose (Primula) e Rue (Ruta) che ricordano i nomi di piante o sono in qualche modo legati all’agricoltura e ai prodotti della terra, come Thresh, il tributo del Distretto 11, il cui nome significa trebbiare. Tutti distretti in cui il compito degli abitanti è di rifornire di cibo e materie prime la capitale. Il nome Katniss, inoltre, ha un suono forte e il suono ‘niss’ finale è sibilante e richiama quasi un rumore felino, rappresentativo della sua fierezza e forza e della sua natura di cacciatrice.
In netto contrasto con i nomi dei Distretti, ci sono i nomi dei cittadini di Capitol City, nomi antichi che rievocano l’antica Roma o, alcuni casi, l’antica Grecia. Da notare anche che i nomi dei tributi del Distretto 2, Cato, Brutus, Enobaria, seguono la convenzione della capitale, proprio come nell’Impero Romano i nobili davano ai loro figli nomi di personaggi importanti per ingraziarsi il governo.
Per un approfondimento completo sull’etimologia dei nomi dei personaggi vi invitiamo a leggere la nostra sezione dedicata.
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tmnotizie · 5 years ago
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SAN BENEDETTO – Ad 80 anni e da pochi giorni è scomparso l’artista di fama internazionale Germano Celant. Questo il ricordo di Mario Vespasiani.
“A livello grafico il 2020 doveva essere l’anno perfetto, per via di quell’abbinamento cronologico che dona alla forma dei suoi numeri un calcolo facile e pulito, un alternarsi fluente, che serpeggia nel due e si placa nello zero, formando un uroboro immobile ma in eterno movimento, simbolo dell’energia universale che si consuma e rinnova continuamente nella natura ciclica delle cose.
Quattro numeri che sovrapposti come amanti com-baciano e perfino spariscono l’uno nell’alto, forse portando con sé troppi amici e conoscenti  e con essi la libertà di far ciò che ci pare, di andare ovunque e con chi si vuole. Siamo entrati in tempo rallentato, ansioso e sospettoso, che magari condurrà a nuove riflessioni, forse più mature e indipendenti, rispetto alla bulimica voglia di popolarità e di quelle esperienze che sembravano non avere fine.
Dal volere tutto al vedere tutto siamo adesso ognuno col nostro sguardo, che quando evade dal monitor, prosegue e insegue quel panorama che si scorge dalle proprie case, ultimi luoghi sicuri della terra, che resistono agli assalti di un nemico assurdo che predilige le persone fragili, provate e chi ha compiuto buona parte del suo cammino.
Impossibile lavorare con questo clima, soprattutto quando si ha la possibilità di poterlo fare, perché avviene il paradosso in cui mente e corpo si oppongono, anche se si è in piena forma, perchè entrambi percepiscono che l’energia è cambiata e ora va indirizzata altrove, con precisione. Ma principalmente va armonizzata dal pensiero che si muove tra acque agitate e dal futuro gesto fisico da compire, per ritrovare la sua efficace naturalezza.
In una tale riappropriazione del rapporto uomo-natura su cui riflettevo con Mara nei giorni scorsi, netta come la doppia cifra del 2020 ci è apparsa la figura di Germano Celant, scomparso in queste ore in un altro numero pieno, 80 quello dei suoi anni, per via di quel virus che divide e disorienta. Nel 1997 da giovanissimo studente dell’Istituto d’Arte andai a vedere la sua Biennale di Venezia e negli anni a venire acquistai per la mia biblioteca una serie di corposi cataloghi da lui curati.
Critico d’arte, fondatore di quel movimento che evidenziava nell’ importanza del gesto artistico una chiara presa di posizione rispetto a un’arte patinata e consumista che stava prendendo piede alla fine degli anni ’60.  Fece quello che oggi sembra impossibile, visto il solipsismo di critici e artisti, raccogliere intorno a sé un gruppo di artisti e tutti italiani: siamo nella sua Genova alla galleria La Bertesca e ci sono  Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini , uniti nell’abbraccio di un termine “Arte Povera” da lui teorizzato e di cui si sarebbe parlato a lungo.
Attraverso l’utilizzo di materiali di fattura umile, organici o deperibili e privi di valore intrinseco, prese avvio una narrazione che si sarebbe collocata in opposizione alla mercificazione dell’artista e della sua opera. Il movimento rifiutando quell’arte luccicante, derivata dal boom economico e da una società sempre più organizzata e sviluppata tecnologicamente, puntava al recupero dell’azione e del fattore contingente, della concezione antropologica e di un’attitudine poetica, con un occhio al minimalismo e alla land art americana, ma con una spinta mediterranea.
Nato nel 1940 Celant è diventato nel corso della sua lunga carriera di critico militante (guerrigliero anche nell’aspetto) uno dei maggiori curatori al mondo, lo ricordo a Venezia e nelle collaborazioni con la Fondazione Prada, nel suo tipico stile bianconero, lo si distingueva già da una certa distanza per via del contrasto della sua chioma d’argento (Argento anche il nome del figlio) in rapporto al completo scuro, spesso di pelle, arricchito da una serie di ornamenti che come amuleti indossava al polso e sulle dita, debitrici nel gioco del biliardo di quelle geometrie, che come lui ammetteva, lo avevano in qualche modo formato, nel saper dosare abilità e invenzione.
Durante questi anni abbiamo vissuto una trasformazione totale della società, la quale sembra oggi essere la paradossale produttrice dell’uomo e di conseguenza dell’arte, che subisce l’ordine delle cose. Ed anche se ribelle, provocatoria, dai contenuti espliciti deve comunque rimaner confinata all’interno del sistema, come una forma di intrattenimento, in cui perfino i più intransigenti si sono adattati alle regole del mercato.
L’arte ha da tempo perso la qualità visionaria ed iniziatica, che io invece inseguo costantemente nel mio lavoro. Mi auguro che la scomparsa di Celant aiuti a rimettere al centro l’autenticità e le differenze di ciascuno di noi, ognuno col proprio aspetto e stile, con le singole interpretazioni del presente, le quali non devono essere popolari e condivise, né volte alla ricerca del consenso. Al concetto commerciale di “nuovo” dovremmo sostituire quello epico di “originale”, concedendo più tempo alla creazione e ancor più alla comprensione dell’opera, che non può più avere la stessa velocità di assimilazione di un’immagine pubblicitaria e neppure l’appeal appariscente per spiccare tra migliaia nello stand e nel brusio di una fiera.
Così come le opere d’arte devono ritrovare i loro contenuti simbolici, così l’artista deve rintracciare se stesso e riconoscersi in modo netto: dote che apprezzai immediatamente in Germano Celant. Mi appariva misterioso e difficile, sfuggente e garbato, e dall’impostazione che prendevano le cose, individuavo subito che c’era lui e non un altro”.
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italianaradio · 6 years ago
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COMITATO UNDICI GIUGNO L’appello: “Quel giorno tutti a Locri per la Calabria umana”
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COMITATO UNDICI GIUGNO L’appello: “Quel giorno tutti a Locri per la Calabria umana”
COMITATO UNDICI GIUGNO L’appello: “Quel giorno tutti a Locri per la Calabria umana”
R. & P. Uno spettro si aggira per l’Europa, con radici antiche ma all’altezza della sfida dei nostri tempi, in un contesto ancora grande e terribile in cui avanzano forze ispirate da vecchi e nuovi fascismi e razzismi. È lo spettro dell’utopia concreta, quell’utopia di un altro mondo possibile che ha trovato reale attuazione nel piccolo borgo di Riace, situato nel meridione d’Italia, nel cuore delle Calabrie. In una zona, la locride, in cui la criminalità organizzata si esprime con la forza della violenza intimidatoria e con l’uso di legami perversi con pezzi importanti dello stato; in cui ogni speranza di riscatto e di cambiamento che emerge ciclicamente viene ostacolata e depotenziata attraverso le più svariate forme d’interdizione. Abbiamo la sensazione che alcuni potentati abbiano deciso, attraverso la demolizione politica e giudiziaria dell’esperienza di Riace e di Mimmo, di portare avanti un processo di sconfitta della Calabria democratica ed umana. E siamo preoccupati rispetto ai ripetuti tentativi di forzare le regole dello stato di diritto, perché non vogliamo continuare ad assistere ad una rappresentazione di questa regione solo come luogo in cui spadroneggia la ‘ndrangheta, anche attraverso la disintegrazione di ciò che ha pure rappresentato una concreta applicazione di pratiche di antimafia sociale. Infatti, molti potenti e prepotenti si sono coalizzati in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro e contro Mimmo Lucano, l’uomo che ha reso possibile ed applicato questa nuova speranza di convivenza sociale tra diversi, ispirato dagli ideali di giustizia sociale e solidarietà tra e con gli ultimi della terra, i numeri zero, appunto. Pezzi dello stato, ministri senza scrupoli e razzisti, funzionari statali proni a chi comanda pur di far carriera, potentati del territorio, inquirenti potenti adusi ad ambire ad alti incarichi politici: in tanti vogliono stritolare in una morsa giudiziaria kafkiana l’uomo divenuto il simbolo degli zero e, ancor di più ma attraverso di lui, vogliono stritolare i suoi ed i nostri ideali. Non vogliamo né possiamo permetterlo, sapendo di poter contare su una solidarietà straordinaria e contagiosa giunta loro da diversi paesi europei e da tutt’Italia e su una giustizia che ha già in parte dimostrato di avere scienza e coscienza per sapere discernere tra l’abnormità delle accuse e la insussistenza dei fatti realmente accaduti. Per questo, in occasione dell’udienza del processo che si terrà a Locri il prossimo 11 giugno, chiamiamo ad una forte mobilitazione i cittadini liberi e tutti coloro che credono fortemente nella necessità di restare umani, per stringerci intorno a Mimmo ed all’esperienza di Riace: così da far sentire loro la nostra totale e piena solidarietà, per contribuire a svincolarli dall’accerchiamento e dare nuova linfa vitale alle loro ed alle nostre speranze. Chi può e vuole, si organizzi e venga a Locri, alle ore 9 in Piazza Tribunale, chi non può esserci manifesti nei luoghi simbolici ritenuti più idonei della propria città. COMITATO UNDICI GIUGNO Per adesioni, mail: [email protected]
R. & P. Uno spettro si aggira per l’Europa, con radici antiche ma all’altezza della sfida dei nostri tempi, in un contesto ancora grande e terribile in cui avanzano forze ispirate da vecchi e nuovi fascismi e razzismi. È lo spettro dell’utopia concreta, quell’utopia di un altro mondo possibile che ha trovato reale attuazione nel
Gianluca Albanese
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pjxell · 7 years ago
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Il post ufficiale della nostra Amata Squadra - la @violareggiocalabria - non lascia spazio alle interpretazioni... nei volti della Famiglia APICELLA presente al gran completo l’amarezza per quanto accaduto, e naturalmente non ci riferiamo a quei numeri a questo punto meramente simbolici che appaiono sotto di noi bensì a quest’ultimo mese... Questa SQUADRA, questi UOMINI meritavano fossimo lì a sostenerli e ringraziarli...perché noi siamo la #ViolaReggioCalabria e, da sempre, per nostra stessa natura #ViolaControTutti... Per me, anzi per noi, resterà per sempre una serata speciale, perché non c’è niente di più bello che condividere la propria passione con le persone che si amano, in particolar modo nei momenti “particolari” come questo...e sempre insieme, cara VIOLA, continueremo a sostenerti e fare il tifo per te!!! #ForzaViolaReggioCalabria #lnpsocial #seriea2oldwildwest #oldwildwest #GameDay #LaNostraPassione #TreviglioViola (presso PalaFacchetti)
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corallorosso · 6 years ago
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Gli sbarchi continuano. Solo che sono un segreto di Stato di Giulio Cavalli No, non è un’isola felice. È un’isola che prima stava su tutte le pagine dei giornali, nazionali e internazionali, e ci rendeva fieri in tutto il mondo. La Lampedusa di Giusi Nicolini era, a suo modo, quella solidarietà architrave della democrazia (parole del presidente Mattarella) che dimostrava al mondo come l’Italia non avrebbe mai permesso che ne sarebbe morto nemmeno uno nel Mediterraneo per colpa dell’inerzia della politica europea. Oggi Lampedusa ha un nuovo sindaco, opposto a Giusi Nicolini, e in molti da quelle parti avevano creduto allo spot elettorale di chi continua a urlacciare stop agli sbarchi eppure finisce ogni giorno sepolto dalle sue bugie. Il nuovo sindaco, Totò Martello, non è un buonista e nemmeno di sinistra, anzi avrebbe voluto essere proprio di quella parte che prometteva di alzare muri, seppur simbolici, per tenere lontani gli stranieri. E invece? E invece niente. Totò Martello dall’inizio dell’anno ha contato sette sbarchi (l’ultimo nella notte tra il 7 e l’8 marzo) quando sono arrivati in 46, tra cui sei donne e due bambini di tre anni. Non ne avete sentito parlare? No, vero? E no, perché non bisogna parlarne. Bisogna illudere e illudersi davvero che i porti chiusi (che non sono chiusi) siano una realtà e non solo un patetico slogan del ministro dell’Interno. E invece niente. Ah, poi ci sono quelli del 2018: oltre 300 sbarchi per oltre 3500 persone, solo a Lampedusa, secondo i numeri dati dal sindaco stesso, attenzione, mica da qualche pericolosa Ong. E infatti il sindaco ha perso la pazienza e si è lasciato andare a parole pesantissime intervistato da Vita: «È evidente che tutto ciò che viene detto agli italiani non tiene conto di quanto accade a Lampedusa, che è stata cancellata moralmente e geograficamente da questo governo. Eppure negli anni abbiamo svolto un’azione non indifferente per l’Italia e per l’Europa». Nascondere la realtà. Banalmente. Semplicemente. In modo criminale, ovviamente, senza nessuna etica verso i cittadini. E così ci si accorge che nella pagina del ministero su sbarchi e accoglienza in realtà Lampedusa non viene calcolata. Sapete cosa significa? Che l’isola praticamente è stata cancellata. Non esiste. E allora quanto potrebbero essere affidabili quei dati che vengono continuamente sventolati come una delle vittorie più importanti di questo governo? Niente. Zero. Lo spiega benissimo il sindaco Martello: «Il fatto che siamo stati cancellati dal cruscotto del ministero dell’Interno ha due chiavi di lettura: dimostrare agli italiani che non ci sono più sbarchi e toglierci i fondi che ricevevamo in quanto eravamo tra i comuni italiani interessati dagli sbarchi. Dal 2011 – prosegue Martello – avevamo ricevuto la sospensione delle tasse che era inserita nel decreto Milleproroghe, un’esenzione che è stata abolita per il 2018 e il 2019, quindi fra qualche giorno a tutti gli imprenditori lampedusani arriveranno le cartelle esattoriali e saranno falliti. Su questo abbiamo informato il governo, abbiamo scritto a Tria, al ministero dell’Interno, a Conte, ma nessuno si è fatto vivo. Un governo che si definisce del popolo non può non rispondere a un’istituzione che rappresenta il popolo, siamo un’isola mortificata dallo Stato». Ora decidete voi. Quanto vi farebbe incazzare litigare su dati che non esistono? Ecco tutto.
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italianaradio · 6 years ago
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Earth hour, Wwf: luci spente per salvare il pianeta anche in Calabria
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Earth hour, Wwf: luci spente per salvare il pianeta anche in Calabria
Earth hour, Wwf: luci spente per salvare il pianeta anche in Calabria
Sabato 30 marzo alle 20,30 torna l’appuntamento mondiale con l’Ora della Terra. In centinaia di Paesi, Italia compresa, 60 minuti simbolici di buio e tante iniziative per un futuro sostenibile. L’evento centrale italiano sarà a Matera con l’Earth Hour Concert di Danilo Rea. Earth Hour è la più grande mobilitazione planetaria in tema di cambiamenti climatici. Quest’anno lo slogan è #Connect2Earth a significare lo stretto legame tra uomo e natura, tra cambiamenti climatici e perdita di biodiversità, il capitale naturale sul quale poggia la nostra stessa vita. Gli obiettivi concreti sono fermare la perdita di biodiversità e dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 a livello globale. L’evento WWF, giunto alla sua dodicesima edizione, lo scorso anno ha fatto registrare numeri da record: 188 paesi coinvolti, 18.000 monumenti storici o simboli spenti, oltre 3 miliardi di messaggi veicolati sui social, più di 250 Ambasciatori e influencer votati alla causa. In Italia sono stati più di 400 i comuni che hanno partecipato, spegnendo le proprie luci grazie alla collaborazione di centinaia di volontari sul territorio e la preziosa collaborazione di ANCI. Quest’anno l’appuntamento centrale per l’Italia si svolgerà a Matera, città Capitale Europea della Cultura 2019 e già sito Unesco dal 1993, dove l’evento è realizzato in collaborazione con il Comune. Anche quest’anno le Organizzazioni Aggregate del WWF in Calabria hanno aderito alla manifestazione internazionale con una serie di iniziative che vedranno impegnati i volontari dell’Associazione ambientalista, mentre in numerosi centri della regione, grazie all’adesione dei rispettivi Sindaci, all’ora stabilita (le 20,30) saranno spente simbolicamente le luci di monumenti, strade, vie o palazzi pubblici per ricordare a tutti la necessità e l’urgenza di contribuire concretamente, prima di tutto con il risparmio energetico a tutti i livelli, alla riduzione della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Gli attivisti della provincia di Crotone hanno dato appuntamento presso il Centro di Educazione Ambientale di Santa Severina per le 15,30, e a San Leonardo di Cutro, presso il Centro di Educazione alla Legalità e all’Ambiente (CELA) alle 17,00: in entrambi i casi si parlerà dei mutamenti climatici e dei comportamenti virtuosi che ciascuno può adottare per limitare al massimo il nostro impatto sull’ecosistema Terra. A Reggio Calabria, presso il Santuario Sant’Antonio di via Don Orione, dopo l’incontro con la stampa previsto per le ore 20,00 e lo spegnimento simbolico di alcune luci della città, alle 20,35 i musicisti del Conservatorio “F.Cilea” della Città dello Stretto si esibiranno in un concerto insieme al coro “Divina Provvidenza” della parrocchia ospitante, diretto da Marina Cuzzola e al coro polifonico “Cantorion” sotto la direzione di Freida Becker. Alle 21,30, dopo la riaccensione delle luci, verrà proiettato un filmato sui rischi ambientali dei mutamenti climatici e sulla necessità di tutelare la Terra e le sue biodiversità. Catanzaro vedrà invece volontari e simpatizzanti riunirsi alle 18,30 a Villa Margherita per una suggestiva passeggiata con lanterne fino al “Caffè delle Arti”, a cui farà seguito la visita alla mostra fotografica “Pianeta vs Plastica” allestita negli stessi locali, con proiezione finale di filmati del WWF sulle emergenze ambientali del pianeta connesse all’effetto serra. Il WWF “Calabria Citra” organizza un incontro ecosolidale presso l’Agriturismo “Il Giardino”, in contrada ITI a Rossano Calabro, con inizio alle 20,30. La manifestazione prevede lo spegnimento di tutte le luci e dei cellulari, una cena al lume di candela e l’esecuzione di musiche e canti della tradizione popolare. L’evento centrale in provincia di Vibo Valentia si svolgerà a Monterosso Calabro con un programma che si articolerà in diversi momenti, a cominciare dal trekking per le vie del centro (ore 18,00), per proseguire (ore 19,30) all’interno della sala del consiglio comunale con una relazione sul problema dell’effetto serra e dei mutamenti climatici a cui seguirà la premiazione dei lavori sul tema svolti dai ragazzi delle scuole locali. Alle 20,30 e fino alle 21,30, durante” l’Ora della Terra” saranno spente le luci del Palazzo Municipale e di via Margherita. La manifestazione si concluderà con un concerto dedicato alla Terra, a cura delle bande e di artisti locali. In tutta Italia sono già centinaia i comuni che hanno aderito a Earth Hour 2019 con eventi e spegnimenti simbolici che, come ogni anno, mirano a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei decisori politici sull’urgenza di agire per fermare il cambiamento climatico. Hanno già aderito tra gli altri Milano, Palermo, Napoli, Bologna, Firenze, Venezia, Trieste, Reggio Calabria e Perugia. “Per l’Italia il 2018 è stato l’anno più caldo da quando esistono le registrazioni scientificamente attendibili nel nostro paese (dal 1800 cioè da 219 anni). A livello globale, gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi mai registrati. Serve una forte inversione di rotta per fermare sia il cambiamento del clima, sia il declino dei sistemi naturali che supportano la vita di noi tutti. Siamo la prima generazione che ha una chiara idea del valore della natura e dell’enorme impatto che abbiamo provocato sul funzionamento degli ecosistemi e sulle singole specie. Possiamo però essere anche l’ultima in grado di agire per invertire questo trend” ha detto Donatella Bianchi, Presidente WWF Italia.
Sabato 30 marzo alle 20,30 torna l’appuntamento mondiale con l’Ora della Terra. In centinaia di Paesi, Italia compresa, 60 minuti simbolici di buio e tante iniziative per un futuro sostenibile. L’evento centrale italiano sarà a Matera con l’Earth Hour Concert di Danilo Rea. Earth Hour è la più grande mobilitazione planetaria in tema di cambiamenti climatici. Quest’anno lo slogan è #Connect2Earth a significare lo stretto legame tra uomo e natura, tra cambiamenti climatici e perdita di biodiversità, il capitale naturale sul quale poggia la nostra stessa vita. Gli obiettivi concreti sono fermare la perdita di biodiversità e dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 a livello globale. L’evento WWF, giunto alla sua dodicesima edizione, lo scorso anno ha fatto registrare numeri da record: 188 paesi coinvolti, 18.000 monumenti storici o simboli spenti, oltre 3 miliardi di messaggi veicolati sui social, più di 250 Ambasciatori e influencer votati alla causa. In Italia sono stati più di 400 i comuni che hanno partecipato, spegnendo le proprie luci grazie alla collaborazione di centinaia di volontari sul territorio e la preziosa collaborazione di ANCI. Quest’anno l’appuntamento centrale per l’Italia si svolgerà a Matera, città Capitale Europea della Cultura 2019 e già sito Unesco dal 1993, dove l’evento è realizzato in collaborazione con il Comune. Anche quest’anno le Organizzazioni Aggregate del WWF in Calabria hanno aderito alla manifestazione internazionale con una serie di iniziative che vedranno impegnati i volontari dell’Associazione ambientalista, mentre in numerosi centri della regione, grazie all’adesione dei rispettivi Sindaci, all’ora stabilita (le 20,30) saranno spente simbolicamente le luci di monumenti, strade, vie o palazzi pubblici per ricordare a tutti la necessità e l’urgenza di contribuire concretamente, prima di tutto con il risparmio energetico a tutti i livelli, alla riduzione della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Gli attivisti della provincia di Crotone hanno dato appuntamento presso il Centro di Educazione Ambientale di Santa Severina per le 15,30, e a San Leonardo di Cutro, presso il Centro di Educazione alla Legalità e all’Ambiente (CELA) alle 17,00: in entrambi i casi si parlerà dei mutamenti climatici e dei comportamenti virtuosi che ciascuno può adottare per limitare al massimo il nostro impatto sull’ecosistema Terra. A Reggio Calabria, presso il Santuario Sant’Antonio di via Don Orione, dopo l’incontro con la stampa previsto per le ore 20,00 e lo spegnimento simbolico di alcune luci della città, alle 20,35 i musicisti del Conservatorio “F.Cilea” della Città dello Stretto si esibiranno in un concerto insieme al coro “Divina Provvidenza” della parrocchia ospitante, diretto da Marina Cuzzola e al coro polifonico “Cantorion” sotto la direzione di Freida Becker. Alle 21,30, dopo la riaccensione delle luci, verrà proiettato un filmato sui rischi ambientali dei mutamenti climatici e sulla necessità di tutelare la Terra e le sue biodiversità. Catanzaro vedrà invece volontari e simpatizzanti riunirsi alle 18,30 a Villa Margherita per una suggestiva passeggiata con lanterne fino al “Caffè delle Arti”, a cui farà seguito la visita alla mostra fotografica “Pianeta vs Plastica” allestita negli stessi locali, con proiezione finale di filmati del WWF sulle emergenze ambientali del pianeta connesse all’effetto serra. Il WWF “Calabria Citra” organizza un incontro ecosolidale presso l’Agriturismo “Il Giardino”, in contrada ITI a Rossano Calabro, con inizio alle 20,30. La manifestazione prevede lo spegnimento di tutte le luci e dei cellulari, una cena al lume di candela e l’esecuzione di musiche e canti della tradizione popolare. L’evento centrale in provincia di Vibo Valentia si svolgerà a Monterosso Calabro con un programma che si articolerà in diversi momenti, a cominciare dal trekking per le vie del centro (ore 18,00), per proseguire (ore 19,30) all’interno della sala del consiglio comunale con una relazione sul problema dell’effetto serra e dei mutamenti climatici a cui seguirà la premiazione dei lavori sul tema svolti dai ragazzi delle scuole locali. Alle 20,30 e fino alle 21,30, durante” l’Ora della Terra” saranno spente le luci del Palazzo Municipale e di via Margherita. La manifestazione si concluderà con un concerto dedicato alla Terra, a cura delle bande e di artisti locali. In tutta Italia sono già centinaia i comuni che hanno aderito a Earth Hour 2019 con eventi e spegnimenti simbolici che, come ogni anno, mirano a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei decisori politici sull’urgenza di agire per fermare il cambiamento climatico. Hanno già aderito tra gli altri Milano, Palermo, Napoli, Bologna, Firenze, Venezia, Trieste, Reggio Calabria e Perugia. “Per l’Italia il 2018 è stato l’anno più caldo da quando esistono le registrazioni scientificamente attendibili nel nostro paese (dal 1800 cioè da 219 anni). A livello globale, gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi mai registrati. Serve una forte inversione di rotta per fermare sia il cambiamento del clima, sia il declino dei sistemi naturali che supportano la vita di noi tutti. Siamo la prima generazione che ha una chiara idea del valore della natura e dell’enorme impatto che abbiamo provocato sul funzionamento degli ecosistemi e sulle singole specie. Possiamo però essere anche l’ultima in grado di agire per invertire questo trend” ha detto Donatella Bianchi, Presidente WWF Italia.
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