Tumgik
#nonvita
burattinai · 2 years
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Racconto i disordini alimentari di mia madre (ed i miei)
Mia madre ha da sempre sofferto di disordini alimentari. Parlo di disordini e non di problemi, perché nulla le è mai stato diagnosticato, perché mai ha provato a farsi aiutare da qualcuno e mai è riuscita ad ammetterlo.
Non si può dire con certezza cosa abbia indotto in lei questi meccanismi autodistruttivi, ma lo si può facilmente immaginare. 
Mia madre appartiene ad una di quelle generazioni passate in cui dei problemi individuali o dei problemi psicologici non si parla. Aimè, sono sfortune oppure non sono veri problemi, ma capricci di persone poco “concrete”. 
Così, si finisce a trascorrere un’intera esistenza nella negazione e nell’odio verso il proprio corpo e verso le proprie inutili paranoie. 
Col tempo, arrivano gli anni in cui si è troppo grandi ormai per accettare consigli o prediche, ormai ci si è come abituati alla propria malattia e si crede perfino di non poter più viverne senza. Ma nessuno si salva da solo. 
Mia madre, da ragazza, non era grassa. Non era neppure giunonica. Era piuttosto bassa, con cosce rotonde e polpacci sodi. Un seno grosso, che nessuna di noi sorelle ha poi ripreso. 
In casa le dicevano che lei era “grossotta”, che prendeva facilmente peso rispetto alla sorella. I vecchi, come mia nonna, non davano peso alle parole, si pensava che quelli non fossero problemi. 
Nella sua testa si era istaurato uno strano meccanismo per cui mangiare voleva dire ingrassare, il cibo era soltanto grasso, mai piacere e lei era nata sfortunata, con un fisico che tratteneva tutto.
Col tempo ha iniziato a togliere sempre più alimenti dalla sua vita: la carne, il pane, la pasta, il cioccolato, l’olio. Questi, nella sua mente disordinata, sono gli alimenti “cattivi”. 
Lei appartiene anche a quella generazione che per prima ha schedato gli alimenti come “buoni” o “cattivi”, come “magri” o come “grassi”. 
Quando io e mia sorella eravamo piccole ci portava con lei alle conferenze sulla dieta “Dukan” e tante altre di cui neanche ricordo il nome. Ci diceva di mangiare lentamente per non ingrassare, nell’età in cui non si pensa ancora a queste cose.
Qualche anno fa trovai un suo diario in cui appuntava cose durante la giornata, e fu lì che iniziai a capire realmente i suoi problemi col cibo. Paure, sensi di colpa, rabbia, rigetto. Giornate intere passate a pensare al cibo, come fosse un nemico instancabile. 
Delle tre figlie, io sono quella che ha sofferto di più della sua malattia. Su di me, ha trovato da subito una valvola di sfogo, una via di fuga o forse una persona con cui dividere il dolore. 
Mi diceva che ero come lei, che non potevo mangiare come le altre, che certi alimenti non potevo proprio mangiarli io, perché ero grassa. Che se non fossi dimagrita non avrei mai trovato qualcuno nella mia vita o un lavoro. Ero solo una bambina.
Un 25 dicembre, avevo circa nove anni, ero seduta sulle gambe di qualcuno a cui era toccata la sventura di travestirsi da Babbo Natale. Mentre prendevo i miei regali, lei si scusò con lui perché ero troppo pesante. Mi chiusi in camera a piangere per ore. 
Da piccola, le credevo, come si crede a un genitore: ciecamente. Poi, col tempo, ho iniziato ad odiarla, a maledirla.
Mi vergognavo di farmi vedere nuda da lei, che mi guardava cogli occhi folli di chi non riesce a controllare i pensieri malati nemmeno contro i figli. 
Mi stavo ammalando, esattamente come lei alla mia età. Allo specchio mi vedevo grassa e brutta. Mi abbuffavo di nascosto, mentre davanti a lei fingevo di non mangiare per non sentire il peso dei rimproveri. 
Odiavo quando nei giorni “più lucidi” mi diceva che stavo meglio, ero dimagrita e mi baciava la guancia soddisfatta. Mi venina il vomito e volevo solo urlare o svenire o sparire. 
Non sopportavo quell’odio che provavo verso mia madre. Volevo solo che lei guarisse. Per me, l’unica guarigione era la sua guarigione. Quel legame con la me bambina mi diceva “se lei ce la fa, ce la farai anche tu”. 
Delle tre, io sono quella che ha sofferto di più perché, se una parte di me la odiava, un'altra continuava a vederla come la cosa più simile a me. 
Adesso ho quasi 23 anni, non sono ancora guarita, ma so lucidamente di avere un problema col cibo. Non amo il mio corpo e non mi voglio bene, ma ci sto lavorando e sto ricostruendo non uno, ma due passati, per guarire.
Mia madre non guarirà mai. Dentro di me temo che, se non morirà con la sua malattia, morirà della sua malattia. 
Io non voglio diventare così. 
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goodbearblind · 5 years
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A nulla sono valse le proteste dei compagni solidali di @stopmacromataderob Stop macromatadero de Binéfar e la solidarietà internazionale di ambientalisti, animalisti e antispecisti. Pini ha aperto e 30mila vite al giorno chiuderanno dopo una nonvita di stenti e crudeltà. L'operazione imprenditoriale è vista dai più come un successo e l'occasione per tanti operai di lavorare...al prezzo di un olocausto che permetterà imperterrito l'accumulo di capitali a scapito della vita di animali, umani e ambiente. ----------- "Da Manerbio migra in Spagna Pini apre il «maxi macello» In Aragona, realizzato in 11 mesi, tratterà 8 milioni di suini all’anno Aveva diviso, creato dibattiti e polemiche, acceso speranze e alimentato timori. Ambientalisti contro produttivisti, Regione contro amministrazioni locali. Vi ricordate di Pietro Pini? Correva l’anno 2013, primavera inoltrata. Dopo due anni di scontri, di passi avanti e di rinvii abortiva ufficialmente il progetto dell’imprenditore di Sondrio di costruire un «maxi macello» di suini che, almeno sulla carta, avrebbe creato nell’area da 100 mila metri quadrati acquistata fronte A21 800 posti di lavoro per un investimento di 50 milioni di euro. All’epoca, Pini - che aveva anche creato un’azienda ad hoc denominata Hamburger Pini e che già ne gestiva una ben più grande in Polonia... Continua a leggere qui: https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/19_luglio_12/da-manerbio-migra-spagna-pini-apre-maxi-macello-60a81dc0-a484-11e9-8190-c38885ca4abc.shtml?refresh_ce (presso Binéfar, Spain) https://www.instagram.com/p/Bz2Mzh2iOMr/?igshid=lutbznpjwbtk
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ahlia77 · 6 years
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The Wyvern Nest - The stolen Prince
Ciar, the Lasombra of the Storm pack, Kidnaps the poor Michail and his chaperone Sophie Bellegarde under Sonya's request. Well...as she's cornered, Sonya prefers breaking her promise rather than watching one of the most valuble cainite she has ever met during her whole non-life burn to ash. In doing so, she stoops to deprive him of his sovereignity and not to allow him that sacrifice.
Ciar, il Lasombra del branco di Storm, che rapisce dietro richiesta della stessa Sonya il povero Michail e la sua accompagnatrice Sophie Bellegarde. Ebbene… messa alle strette, piuttosto di veder andare in cenere uno dei cainiti che ha più stimato in tutta la sua lunga nonvita.. Sonya infrange la sua parola abbassandosi a privarlo della sua sovranità per non consentirgli quel sacrificio.
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thebadplot · 8 years
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a volte sulla riva della nonvita capita un pezzetto d'amore ma chi non vive galleggia in mezzo al fiume che scorre sempre uguale e non arriva a un mare
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francesca-fra · 4 years
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Chi non ha cuore, forza e coraggio per buttarsi, e soffrire, e soffrire, e soffrire, millemila e più volte per un amore grande e per sempre, per sempre vivrà una vita piccola. Una nonvita. L'amore è audacia. Perdono. Tagli sulle mani, tagli sulla faccia. Tagli sul cuore. L'amore è anche rabbia e delusione. L'amore è anche sentirsi feriti. L'amore è avere tutto il mondo che ti dice che non ne vale la pena quando tu dentro di te sai che invece è l'unica cosa che abbia saputo renderti davvero felice. Anche solo per una frazione di secondo. Questo è l'amore. Ecco perché serve coraggio! Ecco perché...
#adessolosai #robertoemanuelli
Se lo dice Roberto Emanuelli....
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il-fisioterapirla · 10 years
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Ore trascorse a guardare le vite degli altri, trascurando la mia...
il-fisioterapirla
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Quando tutt'antratto, da umore allegro, passi a presomale.. come se una nuvola nera si adagiasse sulle tue spalle, con temporali e piogge, portando sconforto e non voglia di fare assolutamente nulla. 
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lettereadunafuturame · 12 years
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So di essere una persona noiosa
Lo sono sempre stata, sin da piccola. Ero la tipica bambina che cercava di fare la leader, ma che le veniva piuttosto male perché si faceva accoltellare alle spalle ed escludere da ogni iniziativa extrascolastica (che all'epoca erano i compleanni per la maggior parte). La tipica bambina di cui gli insegnanti erano contenti, ma non sapevano che dietro la mia apparente intelligenza ci stavano ore e ore passate in casa da sola, cosicché gli unici miei amici cominciarono a essere i libri (e lì mossi i primi passi come scrittrice). Ero la tipica bambina che non si divertiva alle feste e non era nemmeno divertente. Ero così noiosa che fui fra le prime ad indossare gli occhiali in classe e nemmeno prendermi in giro a lungo andare fu divertente.  Credo che la solitudine e l'abuso di lettura abbia reso di me una persona estremamente noiosa. I miei coetanei mi rifuggono pressoché in massa, per non parlare dei miei compaesani. Per loro sono la tipica "nerd" con dei problemi mentali, la scema del villaggio per intenderci. Quella che non saluti nemmeno per strada perché non ti accorgi che è lì. Sono così noiosa che in vent'anni della mia vita non ho trovato un ragazzo che fosse interessato a me come persona. Tutti quelli che ho trovato e di cui mi sono "innamorata" mi usavano come test. O ripiego. O per provare a se stessi chissà cosa. Noiosa tanto da non meritare nemmeno una storia. O una relazione. L'altro sesso manco si accorge che esisto: sono solo l'amica di quella carina. Addirittura non si ricordano nemmeno il mio nome. Sono così noiosa che la gente non si ricorda nemmeno di invitarmi ai compleanni o a delle uscite a due metri da casa mia. Sono così noiosa che mi annoio da sola.
E scommetto di essere così noiosa da aver annoiato pure voi.  
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iregne · 12 years
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Society #3
A volte penso di dover andare via da tutto per riflettere, capire, crescere. Poi tornare e incominciare una vita nuova, una vita vera.
Ma il coraggio di farlo davvero, chi ce l'ha?
Continuare a vivere senza rischi nella cella di sicurezza che mi costruisco da tutta una vita è sicuramente più facile. Mi comporto come ogni uomo, donna e bambino di questa società: rifiuto la vita, scelgo la non-vita, scelgo le convenzioni, scelgo un'esistenza decisa da altri.
«Bi-biip! Bii-biiip! Bii-biiip!!» Suona la sveglia, il tempo di sognare è terminato. Basta, è ora di addormentarsi.
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