#non voglio studiare più
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Credo che l'esame sia andato male
✨✨✨✨ Lets manifest that i pass the exam that i have next week and that i find another job that fits with my career ✨✨✨✨
#perché mi sono inventata una parola#e ne ho scritto una malissimo#ma la struttura del testo era meglio che l'altra volta#e anche le doppie#ma raga piango#voglio già i voti#cosa significa che devo aspettare due mesi minimo#e se lo boccio unaltra volta devo aspettare ancora di più#sono stanca#non voglio studiare più#perfavore dei delle produzioni scritte soltanto voglio un 11/20#piango
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che voglia di andarmene in letargo fino a giovedì
#e invece no devo studiare che sennò st'esame manco a novembre lo riesco a dare#mamma mia sono distrutta non ero più abituata a stare in classe ma sopratutto ho dormito 5 ore e camminato tanto voglio solo dormire#dovrei anche uscire a restituire un libro alla biblioteca dell'università perché il prestito scade oggi ma non ho le forze#piuttosto rischio boh la sanzione? mi bloccano il prestito di tot giorni? ma non esco manco se mi pagano#lo porto domani mattina quando vado a studiare
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aha! motivation.
#skimming through my little (big) italian book for enrichment. i have forgotten many vocabularies‚ but i will remember shortly#mr. asım tanış made it very convinient to easily skim through with the well organized presentation of concepts and words#🌙rambling#voglio studiare l'italiano di più‚ ma la mia motivazione è non esiste. è una situazione molto triste‚ davvero
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Pensavo fosse amore invece era un altro esame alla prostata
Tutto sta andando esattamente come deve andare ovvero molto storto. Niente segue i piani. Ci sono costanti ritardi e io non sono una persona puntuale, mi vanto sempre di avere un'enorme pazienza. Lo dico a ogni ragazza "Non hai idea delle dimensioni della mia pazienza" e poi si sorprendono e confermano "Accidenti, ma è gigantesca, non ne ho mai vista una così grande!" e io sorrido soddisfatto ma oramai mi sono rotto le palle di essere paziente. Lo penso mentre entro in ospedale, un controsenso. Entro perché sono un paziente ma vuoi sia il caldo, vuoi siano i ritardi e i rimandi: sono diventato impaziente.
Mentre ero in bici stamattina faceva fresco, quel bel fresco che di sicuro finisce che mi ammalo. Mi hanno fatto entrare in una sala piena di studenti della mia malattia o affezionati del settore. C'era un dottore giovane al centro, penso stesse cercando di fare colpo sulla classe perché era eccessivamente preciso nel descrivermi gli effetti collaterali della prossima terapia che dovrei iniziare. Questa volta sperimentale, quindi ci sono pochissimi studi al riguardo e io mi sento come un porcellino d'India, uno di quelli spelacchiati però. Aspetto mi riempiano il pancino glabro con pastiglie dai risultati imprevedibili ma sorrido, perché almeno, forse, finalmente, qualcosa si muove. Ho bisogno di una novità o di qualcosa che funzioni. O forse solo di qualcosa che mi distragga? Ecco, penso che sia più che altro questo. Io me lo sarei fatto quel dottore oggi, così, davanti a tutta la sua classe, per insegnare agli studenti che cosa è la disperazione. Che faccia ha. Ma non se ne è fatto nulla, mi hanno mandato via dicendo che è ancora troppo presto e che devo essere ulteriormente paziente. Sicuro se lo limonavo mi infilava il nuovo farmaco nella scollatura.
È vero, ultimamente latito molto da queste parti, sono colpevole. È che sto scrivendo per una specie di magazine online e allora quando voglio spremere la prostata della mia creatività lo faccio laggiù ma mica perché io mi sia scordato di questo luogo, accidenti no. Io vi guardo. Vi spio. Vi ammiro e nel privato, vi desidero. Però laggiù in teoria mi pagano, in pratica mi fanno promesse e io sono un giovane pieno di speranze e sogni che ha imparato a portare pazienza e pazientemente aspetto.
Ieri ho festeggiato due anni di Ernesto, il mio gatto. In pratica un giorno mio fratello suona alla mia porta con un gatto rosso in mano e mi dice "Da oggi tu hai un gatto, io devo partire per le ferie" e da allora quel rosso pezzo di merda controlla la mia vita. Sta male con il pancino, mangia poco, fa la pupù brutta e l'ho portato dalla veterinaria e ho speso più soldi per lui che per la mia salute fisica e mentale. Quanto cazzo costa mantenere un felino? Un altro essere vivente in generale. Cioè, poi mi chiedono perché non ho figli. Ma io ho passioni, ho una carriera da morto di fame da mantere, mica posso permettermi il lusso di far crescere una mia copia in miniatura. Sicuro mi uscirebbe ancora più stronzo del sottoscritto e magari che vuole studiare pure. Ma col cazzo. Una cosa buona di Ernesto è che è stupido come la merda ma bello come il sole. Proprio come suo padre (me).
Ho lavorato per quasi un mese e mezzo in una cucina. Ho fatto l'aiuto cuoco. Ricordo che undici anni fa, quando mi trasferii a Vienna, ero pieno di sogni e speranze ma al tempo stesso ero consapevole dei limiti umani di cui soffrivo (essere stupido come la merda, che è una condizione più grave delle mie malattie croniche) e allora me l'ero già messa via e ricordo che andavo in giro per ristoranti di finti italiani (una cosa che ho imparato vivendo all'estero: più grande è il tricolore, più ossessivamente il locale è decorato con la bandiera italiana, meno i proprietari saranno della penisola, una volta bazzicavo in questa pizzeria chiamata "Pizzeria il Vesuvio da Mario" che era un'accozzaglia di stereotipi e il proprietario era un mistro tra un panda, Lino Banfi e un libanese e c'erano poster delle Marche ovunque, cioè chi cazzo appende poster delle Marche pensando sia una buona idea? Solo questa chimera più occhiaie che talento nel fare la pizza) (dove ero rimasto?) (ah sì) andavo in giro per ristoranti a pretendere di venire assunto solo per via delle mie origini. Non portavo manco un curriculum, dicevo: "Sono italiano, sicuro sono più bravo di voi a cucinare". Undici anni fa credevo davvero un sacco nelle mie scarse potenzialità nonostante l'essere stupido come la merda. Beh, all'epoca nessuno mi assunse e invece oggi, pensate un po'? No, nemmeno oggi mi hanno assunto. Mi hanno usato per sostituire uno che se ne doveva andare e invece alla fine non se n'è più andato. Però ragazzi, quante cose ho imparato lavorando in cucina. Tipo a tagliare i datteri! Oppure che altro, ah sì, a farmi le foto sembrando uno che ci sa fare con i coltelli. Il tutto perché sto guardando la terza stagione di The Bear e se prima ho detto che mi sarei limonato il dottore che c'era oggi in ospedale beh, non avete idea di cosa farei a quel cuoco modello di Calvin Klein.
Insomma, ho migliorato le mie capacità culinarie. A resistere allo stress. A tagliare. Oramai taglio che è un piacere e perché, con quale fine, se non fare da mangiare al mio gatto del cazzo che ha la diarrea da una settimana e se non gli preparato il tacchino magro con le verdurine poverino non mangia? Ecco cosa sono diventato, il cuoco personale del mio felino. Tornerei anche domani a lavorare in cucina perché, per una volta, il mio cervello era in pausa. Non avevo tempo per dargli ascolto, c'erano troppe cose da fare contemporaneamente. Ora capisco perché tutti ci infiliamo in lavori del cazzo: perché dobbiamo stare lontani dai discorsi che il nostro cervello si mette a fare.
Io al mio cervello gli voglio bene. Ma non siamo fatti l'uno per l'altro.
Qualche giorno fa mi è stato chiesto qual è la parte del mio corpo che mi piace di più e io non ho saputo rispondere. Non c'è una singola parte di me che mi piace. Ok, mi ritengo una divinità scesa sulla terra per via di una punizione ma al tempo stesso, questo corpo terreno, mi disgusta. Una volta avrei detto "il mio cervello" ma oramai neanche quello. Ha troppi problemi. È un vecchio motore a scoppio che cerca di restare al passo con i tempi ma viene lasciato indietro da tutto. C'è stato un periodo in cui siamo andati d'accordo ma ora non fa altro che sabotare ogni cosa bella che mi accade e amplificare le cose brutte e distrarmi dalle cose importanti e soprattutto non mi fa smettere di cercare carte Pokémon. Dai, io già non ho soldi, perché mi fai questo? Avessi un figlio e non un gatto sono sicuro che prenderebbe la mia collezione di carte e ci vomiterebbe sopra. Almeno Ernesto mi vomita solo su i pavimenti. O nelle scarpe. O nello zaino. Per questo motivo sono andato a lavorare in cucina, per migliorare e farlo smettere di vomitare ovunque. Ha funzionato? Aspettate un attimo che pulisco il vomito dal tappetino della cucina e ve lo dico.
Il bello del passato, quando è veramente passato e smette di fare male, è che puoi ricordare selettivamente solo le parti che ti fanno comodo e pensare che poi, alla fine, non sia stato così una merda. Che gli anni di psicanalisi siano quasi stati divertenti perché ehi, sono passati! Per questo torna il fascismo e l'ignoranza e la demenza e persino io che sono stupido come la merda me ne rendo conto che qualcosa non torna. Il passato è passato e così deve restare ma se siete come me, una persona che è costretta a portare pazienza da tutta la vita, allora il passato sembra un luogo fantastico. È il momento in cui le cose non andavano così male. Il presente mi fa paura. Mi fa ancora più paura pensare al domani, con una terapia nuova che magari non funziona e un gatto che vomita e caga ovunque e io senza un lavoro decente ma una una collezione di carte Pokémon da fare invidia a qualche bambino alle soglie della pubertà. Poi anche lui andrà incontro al mio stesso destino, scoprirà la figa e Pikachu andrà a farsi fottere fino al momento in cui pure la figa perderà il suo potere e penserà "Oddio sono finalmente libero!!!" e invece no, torna Pikachu e 'sto giro costa il triplo.
Ho bisogno di certezze se voglio dare certezze ma al momento l'unica cosa che riesco a dare è la certezza di non starci con la testa. Da fuori sembro anche capace di controllare tutto ma se entrate un secondo dentro il cranio ci sono le matasse di pelo di Ernesto e la polvere. Io pensavo che dopo il libro tutto sarebbe stato in discesa e invece manco per il cazzo. Dopo che realizzi il tuo sogno ti rendi conto che la bestia di insicurezze che hai dentro non si placa. Il mio mostro vuole di più, non si accontenta e io come posso spiegargli che per me è già abbastanza così, vivere con la consapevolezza delle mie copie vendute sentendomi in colpa per non essere stato migliore delle mie aspettative. La mia bestia interiore è più vorace di Ernesto davanti a una scatoletta Gourmet Gold (mica cazzi per lui spendo) e poi divora e smembra e aspetta io mi volti soddisfatto per rigurgitare ogni brandello sul pavimento, fissarmi con i suoi occhi a feritoia per sfidarmi dicendomi "Voglio di più, ancora, meglio, questo non era abbastanza".
Ci ho riflettuto e io sono un figlio degli anni 80. Sono nato in un'epoca in cui ci hanno inculcato, come verme distruttivo, il pensiero che se non riesci a ottenere una cosa è solo perché non stai lavorando abbastanza. Devi lavorare di più e la otterrai. Fottuto verme del cazzo, io vorrei solo dormire la notte e avere una terapia che funzioni. A me, dei tuoi desideri non importa una sega. Però sai com'è, nella mia testa ci sei tu e io non sono un pozzo di intelligenza, sono stato cresciuto così dalla televisione e da quarant'anni di Berlusconi e dai fottuti americani e i loro film del cazzo e mi sono sempre identificato nell'eroe inaspettato, colui sul quale nessuno avrebbe mai scommesso e alla fine porta a casa il risultato e la partita e vince tutto e io cosa ho vinto? Ho più paranoie che parole e se siete arrivati a leggere fino a questo punto vi state rendendo conto dell'abisso. Il successo, la realizzazione del noi è un'utopia. La calma, la pace, il silenzio del verme nel cervello è l'obiettivo. Anche il proprio gatto che smette di avere diarrea e vomitare è un altro obiettivo ok.
Sono stato bene per un periodo e ora aspetto solo di avere nuovi sogni che accuratamente cercherò di non realizzare per tornare a stare bene.
Quando mi guardo intorno cerco di capire se sono il più vecchio nella stanza. Sono a quel punto dell'età dove non è facile capirlo. La maggior parte dei miei coetani appare vecchia come un 56k e io li guardo e penso "Cristo ma faccio schifo come loro?" e magari loro hanno una copia di se stessi che sta crescendo e che costa un sacco più del Giratina V che tanto desidero mentre io invecchio e basta e i miei tatuaggi sono stupendi perché ho una pelle magnifica ma il verme in testa mi ripete quanto dovrei fare (invece di bere solo alcolici che saranno controproducenti per la prossima terapia) è solo l'ennesimo prodotto del capitalismo che è servito ai nostri genitori per comprare casa quando avevano vent'anni mentre a noi cosa resta? Portare pazienza. Ecco cosa ci resta.
Il mio amico Matteo (che non sono io, è un altro Matteo, Matteo è un nome molto comune) mi ha detto che da quando ha divorziato ha perso interesse nell'uscire e conoscere nuove persone e mettersi in gioco perché ritiene di aver scopato abbastanza per questa vita. Lo invidio molto. A me scopare piace ma io, se c'è una cosa che metterei da parte per questa vita, è continuare ad avere sogni e desideri. Ne ho avuti abbastanza. Tutti figli del capitalismo e di una realizzazione di sè che non ha senso.
Finisco il mio ultimo vino, rileggo quello che ho scritto e maledico questo posto dove riesco, mio malgrado, a essere la versione di me stesso che vorrei essere sempre.
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Viviamo in un’epoca di grande ipocrisia. La follia umana sta raggiungendo un livello veramente esagerato. Attivisti verdi che sporcano di vernice le opere d’arte e gli edifici di importanza storica e culturale; adolescenti che invece di studiare a scuola, e capire che l’energia elettrica non nasce dal nulla, gridano sputando saliva di rabbia che dobbiamo salvare il nostro pianeta passando all’ energia alternativa. I centri storici sono pieni di spacciatori, che vendono l’erba. Ma non possiamo legalizzarla! No! Viviamo in un paese cattolico, dicono. Abbiamo il Vaticano…Ogni ragazza sogna di vendere il suo corpo o le sue immagini nude, invece di studiare e diventare un’insegnante o un dottore. Ma riaprire le case chiuse!- guai! Cosa dirà la chiesa?! Siamo tutti pieni di rabbia e invece di trovare soluzioni, trasciniamo questo mondo verso una terribile ed inevitabile fine.
Non sono né un profeta né un scienziato, ma anche con la mia scarsa preparazione posso e devo ricordare a tutti che esiste da tanti anni un modo per produrre l’energia, sostituire la plastica e ridurre al minimo l’inquinamento. Tutto quello che dobbiamo fare è togliere l’etichetta del demonio dalla cannabis! Immagino che qui mi accuseranno della propaganda della droga, ma non abbiate fretta con il vostro giudizio. Vi rinfresco la memoria, raccontando un po’ di fatti riguardo al nemico del popolo: la Cannabis.
Da 1 ettaro di canapa si ricava tanta carta quanto da 4 ettari di bosco. 1 ettaro di canapa emette tanto ossigeno quanto 25 ettari di bosco. I tessuti di canapa superano persino il lino nelle loro proprietà. La canapa è una pianta ideale per realizzare corde, funi, tessuti , borse e cappelli. Ciò che è anche molto importante: tutti i prodotti in plastica possono essere realizzati con la canapa, la ‘plastica’ di canapa è ecologica e completamente biodegradabile. Questo è solo un piccolo elenco delle qualità uniche della canapa: un'altra cosa- la canapa cresce in soli quattro mesi e un albero in 20-50 anni. Può essere coltivata in qualsiasi parte del mondo con poca acqua, inoltre è in grado di difendersi dagli insetti parassiti, non ha bisogno di pesticidi. È davvero un paradosso? Perché stiamo ancora abbattendo le foreste? Stiamo usando la plastica dannosa per sconvolgere l'equilibrio del pianeta? Sì, perché la società dei consumi giova solo ai problemi, non alle loro soluzioni.
E della Hemp Body Car creata da Henry Ford in 1937 vogliamo parlare?!… Ma finché ci sono l’interessi di compagnie petrolifere non vedremo mai queste macchine sulle nostre strade. Il Dio denaro sta comandando questo mondo e costringe ognuno di noi a fare le scelte che porteranno sempre più verso la distruzione. Dobbiamo pensarci e tutto può cambiare!
Adesso, dopo questa introduzione, che ho cercato di fare più breve possibile, voglio condividere con voi la mia esperienza personale. Perché non c’è niente più convincente e dimostrativo, come la prova tecnica.
Ho una grande passione per i mercatini delle pulci. Una volta, facendo la mia ricerca dei tesori ad un mercatino mi sono imbattuto in rullo del tessuto. Non sapevo cosa era, ma l’aspetto estetico e le caratteristiche tattili di questa stoffa mi hanno fatto battere il cuore! Per fortuna avevo davanti a me un venditore, che sapeva tutto su questo grande rullo tessile. Si trattava di canapa lavorata a mano negli anni ’50. E si è accesa subito la lampadina della mia creatività! Da anni volevo farmi fare un abito chiaro, non solo bello , ma soprattutto comodo e leggero. Un abito che fa fresco d’estate e che mi dà il sollievo in questo clima padano. Inizialmente ero concentrato sul procurarmi un pezzo di lino, il classico intramontabile per ogni gentiluomo. Ma dopo avere visto la Grande Bellezza dell’ antico manufatto in canapa non avevo più i dubbi. Comprato il rullo pesante di canapa dal felice venditore, ad un prezzo veramente simbolico di 20 € mi sono recato direttamente dal mio sarto, il signor Franco Parmelli, un sarto che ha più di 80 anni, la maggior parte di quali trascorsi nell’ accumulare un’impagabile esperienza nel campo di creazione di abiti su misura. La bellezza della stoffa che ho portato ha commosso il vecchio Maestro e abbiamo iniziato subito la realizzazione di questo progetto che io ho chiamato “ Legalize it!” Si tratta di un un completo fatto di pantaloni, pantaloncini corti, gilet e giacca a due bottoni, naturalmente di canapa. É un po’ bizzarro, lo so, ma proprio questi elementi di guardaroba possono essere giocati durante l’estate con il massimo piacere e conforto, senza rinunciare all’eleganza. Un taglio semplice e classico, i bottoni in madre perla e poco altro. Ed ecco a voi il risultato finale. Un abito così comodo e bello non l’ho mai avuto in vita mia! E’ diventata la mia seconda pelle. Sicuramente dà un po’ nell’occhio, in mezzo alla massa di infradito, pinocchietti e t-shirts… Ma preoccuparmi di cosa ne pensano gli altri di me non è stato mai per me un problema. Mi sentirò un combattente della piccola armata di uomini eleganti e a testa alta continuerò di vestirmi e non coprirmi… e a contribuire a salvare il pianeta!
Photos by https://www.instagram.com/giovannigarritano_ph?igsh=MTE2anU5d3BsZ2owdA==
#dandy shoe care#alexander nurulaeff#art#style#bespoke#shoemaker#menswear#design#shoes#canapa#bespoke suits#элегантныезаписки
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Mia madre, 48 anni, terza media.
È stanca del suo lavoro, non le piace più. Ha molti problemi di salute, e il suo lavoro la stanca ancora di più. Era un po' che voleva un lavoro d'ufficio, ma con il suo percorso scolastico, diciamocelo, le possibilità di assunzione sono pari a 0. Dopo mesi e mesi si decide, vuole tornare a studiare. Oggi è stata contattata dalla scuola, a numero chiuso, è stata selezionata. Inutile dire che è emozionatissima. Sembra una bimba a Natale.
"Domani andiamo a pranzo io e te, festeggiamo, perché sei stata tu a convincermi a tornare a scuola."
"Dove vuoi andare?"
"In quel sushi di cui tanto parlano"
"Sei sicura mamma? È sempre affollato.. tu.. non ami stare in mezzo alla gente, ne hai paura"
"Voglio andare. Se ho avuto il -coraggio- per iscrivermi a scuola, posso trovare il coraggio per pranzare in mezzo alle persone"
La amo. Non la riconosco. Amo la forza che sta trovando in sé stessa per cambiare vita. Mi commuove vedere quest'uragano sorridente. Erano anni che non la vedevo così felice.
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Mi voglio molto male perché non sto riuscendo a studiare, mi viene da piangere, ma non posso. Sento che proprio non ce la faccio. Domani provo ad andare in biblioteca e vediamo come va, magari mi faccio anche una bella doccia prima. Mi sento tanto brutta tanto stanca e tanto stupida. Basta per favore io non ce la faccio più davvero :ccc
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sai tutto quello che è successo ieri mi ha fatto pensare ad una cosa…
per contesto: vivo nel sud della Svizzera, nell’unica area italofona, anche se sono italiano. Ho iniziato a riflettere su quanto queste dinamiche italiane si riflettano anche qui in Svizzera, anche se i problemi non sono nemmeno paragonabili a quelli che il sud deve affrontare. Però anche solo pensando alla percezione che quelli più a nord (o come piace a loro chiamarsi “della Svizzera centrale”) hanno di quelli al sud, in particolare del cantone italiano, quello più al sud di tutti i cantoni (che sono come le regioni), ti fa capire quanto ottusi gli uomini siano. Quanto idioti e bigotti. Quanto ripetitivi nel loro pensare. Il sud della Svizzera è percepito anche lui come una “spiaggia a basso costo con buon cibo”. Questo è quello che siamo per loro. Siamo quelli esotici che non si comprendono, perché in italia è una questione di dialetti (o comunque di lingue come il napoletano che hanno avuto una metamorfosi a partire dal latino in parallelo al volgare italiano), ma qui è una questione di lingue. Non mi sento di screditare la parte francese, spesso sono molto educati e sanno parlare sicuro anche il tedesco e l’inglese, ma spesso ti sorprendono e sanno anche l’italiano. Però gli svizzeri tedeschi (secondo me da distanziare totalmente dai tedeschi di Germania) oh poveri noi. Loro lo sanno di essere la maggioranza (non badano molto allo studio di altre lingue) e lo sanno che il nostro futuro dipende tanto dalla capacità di esprimerci nella loro lingua, che per nota personale: la odio. Suona così male, soprattutto lo svizzero tedesco (che è il loro dialetto, molto diverso dal tedesco che impari a scuola). Esiste una unica università italiana in Svizzera, la quale non ha una gamma ampia di corsi. Se vuoi fare il medico, il fisico, il chimico, letteratura straniera, psicologia e non so quanti altri devi studiare o in tedesco (miglior scelta, perché è dove ci sono le università più prestigiose) oppure in francese. E lo so che ora penserai: beh studia in italia. E ti rispondo subito dicendo: non dopo tutta quella fatica che uno fa per prendere una maturità svizzera. Perché se in italia tanti bocciano il primo anno di università, qui il vero ostacolo è il primo anno di liceo (dove mediamente quasi il 40% non ce la fa). I programmi sono diversi, ma ora non voglio scendere troppo nei dettagli. Inoltre studiare in italia per fare l’avvocato in Svizzera non funziona. Devi studiare per forza in un’altra lingua (e per forza parzialmente in tedesco, perché alcuni codici sono solo in tedesco). Molte persone della mia età se ne sono andate in altri cantoni, a settembre perderò le mie ultime amicizie del liceo di qui. La “fuga di cervelli” c’è anche qui. Eccome se c’è. Ci sono i salari più bassi, mentre le spese aumentano e la nostra lingua viene sempre messa da parte a favore del tedesco (nel nostro stesso cantone intendo). Ci sono tutti questi problemi, tutte queste dinamiche, ma poi oltre passo il confine e le carte si girano, improvvisamente gli stereotipi si invertono. Perché non parlo più una lingua estranea, solo l’accento cambia. Dei pregiudizi calano e nuovi sorgono.
Non ha letteralmente senso. Sono tutti persi in un bicchier d’acqua. Volevo concludere dicendo che queste separazioni sono assurde ed è assurdo pensare di imporre un modello del genere in Italia. Di frantumare il sogno secolare dell’unità. Chi sono queste persone contro ogni figura storicamente importante della tradizione che credeva in questo ideale? Non verranno mai ricordate e dovrebbero sperare che vada così, perché in caso contrario non sarà per buone ragioni. la Svizzera funziona con i cantoni come cantoni sovrani (qui c’è tanta indipendenza), ma funziona perché non c’è mai stato un’altro modello. L’Italia non è stata pensata così. Mi spiace per tutto quello che sta succedendo, spero in colpo di fortuna.
L'unica cosa che posso aggiungere è che la Svizzera è schifosamente ricca e ogni cantone può autonomamente sostenersi da solo, anche quello "più povero", in Italia se lo fai condanni alla povertà oltre la metà del paese e ALL'INEFFICENZA l'altra, perché la Lombardia in questi anni ci ha dimostrato di essere un disastro, e dall'autogestione s'incasinerà ancora di piu.
Per il resto per carità capisco, ma tieni conto che i problemi della Svizzera in Italia sono quintuplicati e ci sto andando piano, e non è per sminuire quello che passate voi lì ma santo iddio qua stiamo vivendo un incubo e stiamo valutando l'emigrazione
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Sono donna anche oggi, anche se non è l'8 marzo e nessuno mi porta una mimosa.
Sono donna anche oggi, che non ho nessuna serata in discoteca con uomini nudi che dovrebbero farmi divertire ballando e invece, poveretti, mi fanno solo pena...loro e chi ci va quel maledetto 8 marzo.
Sono donna ogni giorno, quando mi alzo e ho la forza di dire ''tocca a me'', senza nessuno che mi impone qualcosa o senza obblighi legati ad ormai morte tradizioni ed usanze.
Mi piace essere donna, non sono una femminista sfegatata che difende ad ogni costo e ad oltranza il mio genere, perché le stronzate le facciamo anche noi e non siamo sante, almeno io aureole in testa non ne vedo proprio a nessuno, ma mi piace la mattina pettinarmi i capelli, mettere il mascara e perdere quegli intramontabili venti minuti davanti ad un armadio, sempre pieno di cose che a me in quel preciso istante non piaceranno.
Mi piace essere donna, perché in quel lontano 1907 e poi 1909 e infine in quel 1910 qualcuno finalmente capì che anche io ho un pensiero, e posso renderlo libero come ogni altro maschietto del tempo stava facendo; mi piace essere donna perché mi piace esser come tutti gli altri, in fondo cosa cambia?
Al posto di averle in basso due palle, le ho appiccicate sul petto.
Non voglio dire frasi e luoghi comuni come "grazie a noi avete i vostri figli, uomini", perché a riguardo nessuno ha un merito superiore, perché se qualcuno ci ha creati entrambi siamo complementari e non subordinati.
Se qualcuno ha lottato per una parità di diritti, se esiste questa benedettissima uguaglianza voglio lottare e conquistarla ogni giorno, voglio esser donna anche quando le cose si metton male e c'è da rimboccarsi le maniche, voglio esser donna quando c'è da lavorare anche se non si tratta di gonna sexy ma di una tuta grigia e sporca di nero a fine giornata, voglio essere donna e voglio combattere tenacemente in una società "evoluta" e dinamica, in una società dal libero pensiero e dalla mentalità aperta che ancora boicotta l'espressione di ogni genere e di tutti i generi.
"Dichiarazione universale dei diritti umani" e "Dichiarazione dei diritti umani di Vienna", 1945 prima e 1993 poi... vi dice nulla? A me sì, e dice che se io voglio studiare, laurearmi e lavorare in un'azienda e starne a capo, posso farlo perché ho la stessa brama, grinta e forza che avrebbe il mio collega dalle palle attaccate in basso che il colloquio non lo ha superato. Mi dice anche che la mia mansione non è esclusivamente accudire i figli e sfornare lasagne e torte al cioccolato per il mio amato maritino che, povero, al rientro dal suo faticoso lavoro deve trovare qualcosa in tavola e il figlio che già dorme, pulito e profumato. No. Non sono una serva, una schiava, un'allevatrice e macchina di procreazione. Gli antichi romani si sono estinti e siamo nel ventunesimo secolo.
Io sono donna e ho diritto di vivere, io sono donna e ho diritto, io sono donna, io sono. Io. Quell' "io" promotore di soggettività, indipendenza ed esistenza. Non esiste moralmente, eticamente, metaforicamente (chi più ne ha, più ne metta) UOMO e DONNA, esiste io. E quest'ultimo devo ogni giorno, ora, minuto confermarlo senza che altri io prendano il sopravvento.
Io sono donna anche oggi, che non è l'8 marzo, ma in ogni attimo della mia esistenza pretendo reciproco rispetto e fedeltà, detengo la mia dignità e manipolo senza vincoli i fili di un burattino chiamato Vita.
Silvana Blasco
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guardando video di studio/gestione del tempo ecc… noto questa cosa che spesso la gente che studia tanto: studia a casa. Io non ho questa possibilità perché studiare a casa significa che per fare ogni cosa devo prima occuparmi di altri e essere alla loro mercé ed è impossibile concentrarmi. Se voglio studiare io devo andare in biblioteca cosa che mi costa un’ora di viaggio per andare e un’ora per tornare senza contare i vincoli degli orari dei bus, le corse che saltano e altre rogne. Inoltre queste persone non mi sembra che si prendino cura di altri, nel senso proprio di curare, io nel mio tempo devo curarmi anche di fratellino (lavarlo, vestirlo, magiare, lavare i denti ecc ecc…) e ho come l’impressione che ognuno viva nella maniera più indipendente possibile con un numero di imprevisti minimi, mentre io mi ritrovo a fronteggiare mille imprevisti ogni giorno anche solo la mattina per uscire e non ho mai pieno controllo su nulla e nessuno. Ovviamente sono impressioni limitate, ma invidio quelle condizioni.
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non voglio più studiare non voglio più lavorare non voglio fare niente se non chiacchierare al sole per tutta la vita giuro sono esaurita
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Dal diario di https://www.tumblr.com/ultimaluna
ho finito “una vita come tante” e vorrei strapparmi il cuore dal petto per il dolore provato in questi mesi leggendolo e quindi è il momento di passare a una lettura più leggera, voi direte, e invece ho già sul comodino pronto “il conflitto arabo-israeliano”: sempre stata autolesionista
questa domanda non mi lascia pace: come si fa a capire cosa si vuole fare nella vita? fino ai venti anni per me era tutto chiaro, poi ho iniziato a studiare di più, a informarmi, a capire, a viaggiare, a conoscere e vedo solo caos. mille porte che voglio aprire senza avere la chiave, chiave che non riesco a trovare perché non so quale porta voglio aprire: sono persa
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“Quanti anni hai?”
La domanda che ciclicamente mi viene rivolta, qui e su altre piattaforme virtuali, è sempre la stessa: “Quanti anni hai?”. Da una parte la comprendo: la curiosità è donna, pertanto è normale che una donna sia portata a chiedermi quanti anni ho. Peraltro non è mica un segreto, eh, se una mi scrive in privato glielo dico. Ma non è questo il punto: quello su cui voglio soffermarmi è il ben poco significato di questo quesito. Peggio: la superficialità che ne permea la richiesta. Io negli anni mi sono confrontato con tante ragazze su Internet. Non centinaia, ma comunque parecchie. L’ho fatto perché mi piace studiare la psiche umana, mi piace conoscere, approfondire, ragionare, far lavorare la mente. La richiesta dell’età anagrafica è quasi sempre avvenuta, da parte di ambo le parti, in una fase successiva. Prima s’è iniziato a parlare, a confrontarsi, a raccontarsi. E poi tutto il resto. Cosa voglio dire? A volte sembra di stare su Tinder (che io non ho e non voglio avere). Purtroppo il pensiero che trasmettete, di solito, è: “Cerco un compagno e voglio vedere quanti anni ha, così se ne ha troppi o troppo pochi passo direttamente oltre”. È un po’ squallido come ragionamento, se posso. Lecito, ma squallido. Alla fine dipende tutto dalle intenzioni. Ma io l’ho detto subito, però: prendete questo blog come un libro, anche se dietro c’è una persona, in carne e ossa. Mi si dovrebbe contattare per uno scambio di opinioni, non per cercare la storia d’amore della vita. Anche perché io, all’amore, nemmeno ci credo più come prima. Vi interessa approfondire un concetto? Va benissimo, eccomi. Volete fare una critica? Vi ascolto. Ma chiedermi a caso quanti anni ho, alla ricerca di chissà cosa, è molto sciocco. Non mi offendo, ci mancherebbe. Dico solo che si potrebbero porre domande più interessanti, secondo me. Credo che l’obiettivo primario debba essere quello di trovare una forma di comunicabilità rispettosa e matura. E questo lo si può fare a qualsiasi età. Qualche anno fa parlavo amabilmente con una ragazza, andò avanti per un po’ di tempo. Poi, una volta scoperto che ero più grande di lei, scappò via. Ammetto che ci rimasi male. E vi giuro che non c’era reale motivo. Non v’erano scambi di foto e cose strane, ma discorsi molto normali, puliti. Eppure, nulla. Cerco sempre di comprendere tutto, ma l’amaro in bocca rimase per del tempo. Ecco, oramai io invito a priori le ragazze a non contattarmi, se tanto poi deve andare a finire così. Non mi piace essere abbandonato (a chi piace?), specialmente se mi comporto molto bene. Probabilmente l’opzione per porre domande in anonimato, qui, l’ho attivata proprio per questo: per mettervi più a vostro agio, per consentirvi di scrivere e chiedere qualsiasi cosa senza portare il peso dello svelamento, e quindi l’imbarazzo che può derivarne. È un blog particolare il mio, dedicato a un pubblico adulto pur non essendoci traccia di foto o video pornografici. Ma così, diciamo che avete mano libera. E io la libertà la amo sempre.
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Ho appena finito di vedere la diretta di Andrea Colamedici sul discorso del ministro della cultura Giuli.
Devo essere sincera, io la politica la sto seguendo pochissimo (a mia discolpa) anche perché cerco di usare Instagram (la mia unica - purtroppo - fonte di informazione sull'Italia) massimo 1h 30min al giorno, quindi mi sono vista qualcuno di quei meme ma non li capivo (tanto ormai mi capita spesso).
Dopo aver letto il suo post e visto la diretta, ho capito tutto e mi trovo in gran parte d'accordo con lui. Ma, a parte questo, quei 2 min di discorso "altolocato" (?) di Giuli spiegato da Colamedici mi ha fatto pensare di nuovo a quanto sono ignorante, a quante cose volevo leggere dopo l'università e a quanto poco sto leggendo (zero assoluto), a quanto avrei voluto studiare altra filosofia e a quanto sono lontana dalla conoscenza che vorrei avere, a quanto mi sento schiava di questo sistema disonesto e a quanto dovrei ottimizzare i miei tempi per riuscire ad essere chi vorrei essere. Ma ottimizzare i tempi in parte mi sembra un altro imperativo capitalista a cui non voglio cedere e quindi mi ripeto che va bene usare quel poco di tempo libero per oziare però dall'altra parte se in quel tempo ozio non ho più nessun altro tempo per fare quello che vorrei fare per diventare meglio di come sono, ed è un cane che si morde la coda già da un anno e ne voglio uscire ma non ci riesco.
#Giuli#Andrea Colamedici#filosofia#pensieri notturni#impoverimento intellettuale#ottimizzazione dei tempi#imperativi capitalisti
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è passato così tanto tempo dall'ultima volta che presi i miei spazi, è da un po' che non scrivo di me.
ma partiamo dall'inizio o dalla fine.
21 luglio 2023
un giorno d'estate come tanti, ancora inconsapevole dei molteplici cambiamenti che sarebbero avvenuti da lì ai mesi successivi.
rapporti d'amicizia chiusi.
rapporto chiuso con quel ragazzo che non sai nemmeno come definire il rapporto, in cui si è sempre disposti a fare funzionare le cose, e poi non funzionano, prendendocela con noi stesse, quando alla fin fine, nessuno ha colpe, semplicemente non è quella persona per cui ne vale la pena davvero dedicare il nostro tempo.
aver ripreso un rapporto d'amicizia con una ragazza d'infanzia, l'unica amica che ho tutt'ora.
aver deciso di non uscire più, solo il minimo indispensabile, come andare al lavoro, all'università e a fare spesa.
aver deciso di non postare più nulla sui social, tranne su tumblr, l'unico social diverso, lo sappiamo tutti.
aver deciso di chiudermi nella mia zona confort, che equivale ad alternare studio e lettura, tutto accompagnato da una buona tazza di thè caldo prima di andare a letto.
aver deciso di non intraprendere più nuove conoscenze.
aver deciso di dedicare tutta la mia pazienza e sforzi nel lavoro.
aver deciso di mettere al primo posto mia mamma e mio fratello.
aver deciso di non commettere gli stessi errori, per poi essere di nuovo punto e a capo.
tutto un “aver deciso di” e giustamente la prima domanda che una persona si pone è il fatidico “perché? perché queste scelte? sei così giovane”
non sono solita a criticare o giudicare certi stili di vita, eppure ogni volta che mi si pone questa domanda, la mia risposta è sempre la stessa “non voglio perdere tempo a divertirmi, voglio perderlo per costruirmi un futuro ed essere indipendente”
è così sbagliato?
è così sbagliato lavorare nel settore che più ti piace anche se la paga non è granché?
è così sbagliato lavorare per non avere quel macigno nel petto che porta il nome di “le mie spese sono tutte alle spalle dei miei genitori” ?
è così sbagliato studiare per avere un titolo che mi permetta di lavorare sempre nel settore che mi piace, ma allo stesso tempo avere uno stile di vita più appagato e un buon stipendio?
è così sbagliato essere selettivi con le persone, per il semplice fatto di non volermi circondare di nuovo da persone meschine, egoiste e false?
è così sbagliato mettere al primo posto la propria famiglia perché vuoi che stiano bene?
è così sbagliato voler rimanere a casa il venerdì sera o il sabato sera, anziché andare a ballare e ubriacarmi, solo per il pensiero di risparmiare soldi?
ripeto, non giudico certi stili di vita, ma perché giudicare la mia?
è così sbagliato tutto questo? porsi degli obbiettivi, fare progetti, è sbagliato?
siamo arrivati ad oggi, 4 marzo 2024.
in cui ho capito che stare da soli fa bene, ma starci per troppo tempo fa alquanto male.
in cui ho capito che avere soltanto due amici in croce è meglio che averne dieci di cui non puoi fidarti.
in cui ho capito che se voglio una cosa, la ottengo, con pazienza, determinazione e dedizione, ma la ottengo.
in cui ho capito che se una cosa non la faccio oggi, ma il giorno dopo, non succede nulla, basta farla, ovviamente dipendentemente dalle circostanze.
e siamo attivati ad oggi, 4 marzo 2024, in cui ho capito di stare finalmente bene dopo tanto tempo, così bene che ogni tanto durante la giornata mi chiedo “dov'è la fregatura?”
perché si sa, ogni momento di quiete prima o poi verrà spazzato via dalla tempesta.
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Da due giorni o poco più sono davvero stanca all'estremo e non riesco a studiare perché sento tutto spento come se fossi malata (anche se stanotte ho dormito 10 ore)
Io non bevo caffè normalmente, in questi giorni sono obbligata ma persino tre non mi svegliano. Sono assonnata ma ho solo più ansia.
Oggi potrei però fate una doccia (quella sono quasi sicura che mi possa svegliare) e provare a studiare fuori o fare almeno una passeggiata.
Voglio studiare 40 paginine. Finire questo capitolo è molto importante perché è il più caotico di tutti e non c'è un argomento centrato o lineare. Per me è molto molto difficile così. Per ora vorrei solo che questa stanchezza andasse via.
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