#non so manco perché sono agitata CE HO FATTO TUTTO
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Guido destroy the university pls
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Caro
03:39, 19/07/2017
Caro,
come tu chiami tutti ma a me cara non mi ci hai mai chiamata forse perché alla fine è pure troppo simile al mio nome come vezzeggiativo o forse perché ti ho detto che l’unica volta che io abbia mai chiamato qualcuno “caro” ero ubriaca o si trattava di babbo natale.
Caro, noi ci conosciamo ma non ci conosciamo. Tu di me non sai nulla perché sono molto riservata e io di te non so nulla perché sei molto riservato e io mi sento a disagio a fare domande alla gente anche perché mi dà fastidio che la gente ne faccia troppe a me eppure quella notte quando mi hai iniziato a chiedere delle mie storie passate e del perché fossi arrabbiata con quel ventiduenne mi sono sentita quasi importante però io comunque avevo deciso di non far sentire te troppo importante e di te alla fine ho saputo poco e niente. Però del tuo lavoro sapevo fin troppo dato che me ne parlavi sempre e a me manco mi è mai interessato sinceramente ma mi piaceva il fatto che mi scrivessi più e più messaggi per insultare il tuo titolare.
In un mese non mi sono fatta conoscere e non ti ho conosciuto però già mi stavo innamorando giusto un po’ nonostante il mio caratteraccio eppure poi sei sparito e io ci sono pure rimasta male però devo dire mi stava passando ma oggi ti ho pensato tutto il giorno anche se erano giorni che non ti pensavo e poi stavo pure un po’ fatta e mi è presa a male e ora sono quasi le 4 e sto scrivendo quello che vorrei dirti ma che non ti dirò mai non per nulla ma solo perché ieri ho deciso che io non ti avrei proprio cercato e un po’ anche perché io non parlo praticamente mai e se ti scrivessi una cosa così o un po’ più corta ti spaventeresti.
Allora ora sto ascoltando la stessa canzone che appena l’ho sentita mi son detta oh ma questa qui mi fa pensare a lui e appunto è già la terza o forse sesta volta che si ripete e mi fa pensare a te non per nulla ma perché l’ho ascoltata tra le tre e le sei volte pure prima di vederti per la prima volta. Ovviamente io già ti avevo visto ma tu a me no quindi intendo visti per la prima volta reciprocamente e comunque questa canzone alla fine era un po’ autobiografica con il suo “quando sono con te sento dentro di me un frastuono una musica” perché è così che mi sentivo e non mi ci ero mai sentita se non a nove anni per quel ragazzino che faceva equitazione con me ma allo stesso tempo quelle ore prima di vederti mi sono finita un ventone di marlboro talmente ero agitata e il bello è che nemmeno dovevamo uscire ma dovevo venirti a trovare a lavoro.
In un mese ci siamo visti due orette scarse eppure più volte ti hanno chiesto se fossimo fidanzati che poi il termine fidanzati l’ho sempre usato per quelli che si stanno per sposare o da bambini e quindi mi faceva strano che dicessero così. La prima volta che te l’hanno chiesto hai risposto “no non lo siamo adesso” ed io mi sono quasi sciolta ma ho fatto finta di non sentire la seconda volta invece me la sono persa e la terza hai detto “eh chiedilo a lei” e lo ha chiesto a me e io ho risposto con un no secco ma così secco che non lo so guarda e forse un po’ ci sei rimasto male anche tu come quella volta che mi hai detto che andavi al mare e forse per infastidirmi mi hai detto che insieme ai tuoi amici veniva la tua ex eppure infastidita non ero e ad ora ancora non lo sono perché effettivamente insieme non siamo mai stati e quindi forse per quel “cazzo ti frega” ci sei rimasto un po’ male o forse me lo dico per autoconvincermi e stare un po’ meglio.
Perché comunque era la prima volta che ci provavo con uno che mi piaceva tanto e da tanto e andava tutto bene anche se in realtà era successo anche un’altra volta ma quella volta lì il tipo mi ha fatto perdere interesse in due giorni. Quindi dicevo questa volta stava proprio andando bene e a me quasi non sembrava vero e tutte le mie amiche dicevano che eravamo perfetti l’uno per l’altra perché abbiamo due caratteri simili e brutti anche se il mio è sempre un po’ più brutto del tuo e forse te ne sei accorto anche tu.
Comunque io continuo a illudermi e a sperare che tu mi scriva che io con te volevo andare al lago e metterci sotto un albero perché tu non puoi prendere il sole che hai il tatuaggio appena fatto e io non posso prendere il sole perché non mi piace e quindi poi metti magari inizia a tirare un po’ di vento e magari inizia a far fresco e stiamo in costume e magari sono anche bagnati e allora ti appoggi al tronco e io mi appoggio a te mentre mi fumo una sigaretta che poi non so nemmeno se ti dia fastidio l’odore del fumo. E quindi volevo fumarmi una sigaretta in costume abbracciata a te mentre guardiamo il lago e poi magari farci un giro in macchina e andare dove vuoi te perché per me alla fine finché sto con te mi va bene tutto basta che sia un posto tranquillo dove posso guardarti per bene.
Effettivamente un po’ che non funzionasse me lo sono sempre sentito e infatti quelle due orette passate insieme le ho passate a fissarti gli occhi il viso le mani e non solo e forse ero un po’ inquietante e quando mi parlavi infatti distoglievi lo sguardo da me che invece ti guardavo dritto negli occhi ma che ora comunque non saprei dire se siano marroni o neri e quale sfumatura però tu con me ti sei complimentato dei miei occhi e anche questa volta mi sono un po’ sciolta. Io spero che tu mi pensi ogni tanto magari non dico in pieno giorno in compagnia ma magari a quest’ora quando siamo svegli solo tu ed io e infatti era questa l’ora in cui parlavamo sempre e di tutto anche perché era l’ora in cui staccavi ed io ti aspettavo anche se il giorno dopo c’era scuola anche perché un paio di volte mi sono addormentata e mi hai fatto capire che ci sei un po’ rimasto male. Eppure come ci dovrei rimanere io dopo che sei sparito così proprio quando mi stavo per innamorare?
Non ti manderò mai tutto questo non per mancanza di coraggio ma per orgoglio e magari lo leggerai senza sapere che è da me per te o magari ti capiterà sotto gli occhi e nemmeno lo leggerai tutto e lo capisco quindi sappi che ti perdono ma intanto il tuo nome qui non lo scrivo perché non devi capire che è da me per te che altrimenti sembro una disperata ma in fondo in fondo un po’ lo spero che tu lo capisca e mi scriva e mi dica “oh ma riprenditi” oppure “oh ma usciamo” col tuo fare acido più acido di me e ce ne vuole.
Sappi però che per un mese ti ho quasi voluto bene e mi sono pure affezionata e che io ci stavo quasi credendo in noi ma alla fine io e te non siamo stati proprio nulla se non un paio di incontri al bar davanti un euro e ottanta di caffé con me che canticchio la mia musica completamente diversa dalla tua e l’unico contatto fisico lo abbiamo avuto solo quando ti ho passato quei due euro ma giuro che poco fa ci stavo ripensando a quel momento in cui ci siamo quasi sfiorati e allora ti ho voluto bene un po’ di più.
Ciao caro.
04:26, 19/07/17
- Chiara
@schiacciaplay
#tumblr italia#lettera#lettera d'amore#lui#amore#frasi d'amore#frasi tumblr#ti voglio bene#ti voglio qui#ti voglio con me#ti voglio ancora#ti amo#scusa
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ogni singola volta che torno da un viaggio, piango.
piango sempre, c’è poco da fare, ci provo a trattenermi, ma niente.
ho questa capacità di non piangere per mesi e poi scoppiare tutta d’un botto.
come quella volta che sono andata alla national gallery, stavo lì, col naso all’insù e la bocca spalancata, incantata come una bambina la mattina di natale, quando trova tutti i pacchi sotto l’albero e non capisce come ci siano finiti.
giro, schivo la gente, vago senza meta e poi sbam! qualcosa chiama il mio sguardo, mi giro, il mio corpo va da solo verso un quadro, uno di turner che vi giuro, è piccolo di un piccolo che più piccolo non si può. ma io vado lí.
non faccio in tempo a guardarlo che il mio labbro superiore inizia a tremare, gli occhi mi si riempiono di lacrime come dei palloncini per gavettoni, apro i rubinetti e inizio a dar sfogo a tutte le emozioni.
continuo il giro, singhiozzando come non so cosa, me ne frego delle persone che mi guardano, anzi, in realtà non mi si filava nessuno, come fosse normale. a me sembra normalissimo piangere.
arrivo da van gogh e niente, stessa scena, uguale a prima, con la differenza che stavolta sono stizzita. c’è troppa gente e non riesco a vedere bene. scappo via, potrei dare di matto.
continuo il giro, convinta che a questo punto io sia abbastanza al sicuro da pianti improvvisi. giro un paio di angoli, con un alone di malinconia addosso, ma è gestibile.
sono quasi all’uscita quando, di nuovo, i miei piedi vanno da soli, un quadro mi sta chiamando ed eccolo lì, il motivo della mia crisi di pianto più grande degli ultimi mesi. un quadro di un artista mai sentito, mai visto, mai studiato, in cui vi è rappresentato san giorgio che uccide il drago.
quando ero piccola andavo sempre al paese dei miei nonni siciliani e, vicino alla spiaggia, c’era questo quadro del protettore del paese, ovvero san giorgio, davanti al quale passavo intere ore, senza muovermi, guardando e basta, in totale contemplazione facendo a volte preoccupare tutta la sfilza di parenti perché non mi si trovava.
forse è stato proprio questo ricordo a farmi piangere tanto, però io sto lì, non mi muovo, piango e basta. vorrei mettermi seduta, evitare che altri mi si piazzino davanti per vederlo, vorrei fosse mio, mio e solo mio. ma mi limito a esercitare il moccio per le prossime olimpiadi de “il pianto più lungo della storia”.
a un certo punto scappo via, cerco i miei amici, li trovo seduti, arrivo da loro e andrea mi fa “come va?”. io, che ho appena smesso di piangere, con due occhi da pesce palla, il naso di rudolf e le spalle pronte per la disco dancing, mi giro, lo guardo, e inizio a piangere.
il giorno dopo, british museum. io gasata come un bambina il primo giorno della prima elementare, mi faccio il giro col mio migliore amico.
passa la sezione egizia, quella assira e quella babilonese. sto discutendo con lui della raffinatezza dei dettagli delle sculture di questi popoli antichi e nel frattempo camminiamo.
a un certo punto, a tradimento, ma a tradimento vero, giro l’angolo e mi ritrovo davanti una statua greca. mezzo secondo e niente scoppio a piangere. emi mi guarda preoccupata e in quel momento vedo andrea e irene e scrocco nuovamente un fazzoletto a andre. non ce la sto facendo. singhiozzo come quando avevo cinque anni e facevo i capricci.
si lo so, sembra che io non faccia altro che piangere. ma non è finita qui.
la sera dopo sono all’o2 a vedere il concerto di john mayer. sto lì sulla mia bella poltroncina numero 175 e vedo alla perfezione il palco, siamo un po’ lontani è vero, ma amen io e i miei amici siamo qui per il concerto e basta.
i minuti passano, l’arena si riempie, noi ci facciamo i nostri selfie di rito, contenti come pochi. a un certo punto si spengono le luci, parte una proiezione sul maxi schermo, inizia lo spettacolo.
appena lo vedo lì, in carne e ossa a poche entrate da me, inizio a piangere e a ridere come una pazza isterica. non mi sembra vero.
il concerto va avanti, io mi ripiglio, l’unica cosa che vorrei è ballare ogni singola canzone.
pausa. mi giro verso i miei friends e siamo tutti increduli, emozionati, spaventati dalla seconda parte. scommettiamo sulla scaletta e mentre ancora ci guardiamo totalmente smarriti, john ricomincia.
mi fanno male le mani, un po’ per gli applausi, un po’ perché sto giro andò alla piccola batterista sulle mie cosce. domani sarò piena di lividi, lo so già.
una, due, tre canzoni, ma quella che aspetto io non arriva.
uno dei suoi musicisti fa un pezzo cantato meraviglioso, io lo ascolto, totalmente rapita, mi perdo nei miei pensieri tanto che non mi accorgo che ha finito di cantare. realizzo appena in tempo per sentire la prima nota della canzone che voglio sentire, anzi no l, che fremo di sentire live da tutta la vita.
alla seconda nota sono già faccia spalmata sui palmi, e piango. piango tantissimo, non respiro, cerco di essere silenziosa, non voglio perdermi nulla, ma non riesco a guardare il palco, continuo a piangere e piango, piango, sempre, fino alla fine. otto minuti di canzone e io li piango tutti, dal primo all’ultimo.
la canzone finisce, io sono disperata, guardo emi, lui senza dire nulla, mi abbraccia, mi accarezza la testa e piange, più composto di me. non abbiamo nemmeno un minuto di tregua da quello strazio dilaniante, che il concerto riprende, e noi con lui.
usciamo. morale sotto i piedi, gioia tanta. io cerco un bagno, devo fare pipì e sciacquarmi la faccia. sembro un panda. ho il trucco nero che è arrivato fino al collo.
esco, trovo gli altri, cerchiamo un bus per tornare a casa. faccio fatica a parlare, sono troppo immersa nelle mie emozioni.
arriviamo a casa, una fame della madonna, mi metto ai fornelli e faccio una pasta per me e emi, andre e ire si mangiano due cagate e vanno a letto.
mangiamo, facciamo due chiacchiere, ci laviamo e ci mettiamo a letto anche noi. io ho sonno zero e così costringo quel povero cristo di emiliano a rimanere sveglio con me, anche se la cosa non sembra dispiacergli.
si fanno le quattro, propongo uno shot di vodka ghiacciata di frigo, il mio compagno di bevute preferito accetta di buon grado. spariamo due cazzate in cucina e torniamo in camera.
ho un macigno sullo stomaco, me ne devo liberare, do fiato alla bocca.
chiedo scusa a emi per tutto, per non avergli risposto, per averlo ingorato, per non avergli detto come stanno le cose, quanto sono agitata per l’università, la mia continua spirale di depressione, i litigi con mia sorella, lui che mi manca da dio perché si è trasferito.
mi salgono le lacrime, sto per fare come gli altri giorni, come qualche ora prima, sto per aprire tutta la diga di sentimenti che trattengo molto, troppo spesso.
gli ripeto quanto mi manca, quanto non so vedermi senza di lui a due passi da casa, anche se in realtà non ci vediamo praticamente mai. però ecco mi sembra bello sapere che una persona sta lì e che al limite basta suonare a un campanello. adesso no, adesso lui sta a chilometri e chilometri da me, e nonostante fino a qualche anno fa la cosa era al contrario, ora mi sembra che c’è qualcosa fuori posto. gli dico che lui è il mio centro, il mio punto fisso e ora è come se la mia stella polare si fosse spostata, facendomi perdere in un mare sconfinato di tristezza.
sono arrabbiata con lui perché mi ha lasciata sola.
lui mi abbraccia, mi accarezza la schiena, i capelli, mi coccola e mi culla, quasi fossi una bambina impaurita, mi sento piccola piccola vicino a lui. gli infradicio la maglietta, continuo a piangere, non riesco a fermarmi, finché non so se per il suo respiro calmo o il ritmo crescente del suo battito cardiaco, riesco piano piano a riprendermi.
mi dice che anche a lui manco molto. mi aggiusto fra le sue braccia, fino a che le nostre labbra si sfiorano. lui le appoggia delicatamente sulle mie e iniziamo a baciarci. sono baci di consolazione, dolcissimi, assomigliano molto al primo bacio, il primo in assoluto, che non sai come funziona ma lo fai, totalmente guidato dall’istinto.
mi scende ancora qualche lacrima, ma continuo a baciarlo, ormai troppo presa per smettere. ad essere sincera non voglio smettere. io lo voglio, lo voglio con tutta me stessa. i baci cambiano ritmo, si fanno le sei, ci mettiamo a dormire, io ho smesso di piangere e lui ha iniziato a russare. mi addormento felice.
il giorno dopo non piango, mai, mi rattristo forse, ma non piango. strano ma vero.
oggi siamo tornati a casa. abbiamo fatto notte bianca e io sono collassata sul volo. mi sveglio una volta atterrati. mi viene da piangere, piango. gli altri non mi vedono, direi anche menomale perché la cosa potrebbe risultare patetica, quantomeno per andre e ire, per emi no, mi rimprovera sempre quando dico di essere patetica se piango.
usciamo dall’aeroporto, mi accompagnano al treno.
ogni singola volta che torno da un viaggio, piango. non importa se è stato lungo, breve, stancante, divertente o deprimente. io piango, sempre.
piango perché lascio i posti, saluto le persone, il clima, le abitudini, insomma devo salutare tutto.
devo salutare i miei compagni di viaggio, il che mi uccide sempre. fosse per me vivrei solo con i miei amici. sempre.
ogni singola volta che torno da un viaggio, piango.
come adesso, che sono due ore che sto sul treno, e ho bisogno di un idraulico perché sto piangendo come una disperata.
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