Tumgik
#non piango per Te
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e poi lo sai che non piango per Te.
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ourpierreme · 2 years
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mccek · 4 months
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Tutto è cambiato da quel 2010,
anni passati buttata in un letto, 
salvata per miracolo, le ore sotto i ferri sono state dieci, 
per me sono state eterne, mi sentivo inerme, 
“la paziente ha perso troppo sangue, la situazione é complicata, 
non ho mai creduto a Dio, sempre pregato gli angeli che mandano segnali dal cielo, 
questa vita ti ha maneggiata bruscamente, mai stata delicata,  
ti ha tolto l’uso dei tuoi arti, 
non sapendo che il tuo punto di forza é insito nel tuo carattere, 
quanta forza di volontà, non ti fai mai abbattere, 
ma dimmi un giorno come farò a dimenticarti? 
Conservo con me quel delfino trovato in una giornata triste dentro un cassetto, 
tuo figlio é sempre quello di un tempo, 
un concentrato di ansie e incertezze, 
che scrive i suoi mostri sopra un foglietto,
dicevi “non piangere”, guarda dentro la tasca,
di anni ne avevo 6, a scuola piangevo ogni santo giorno, 
tant’era la paura della solitudine, che chiedevo alle maestre sé fossi rimasto solo, insicuro delle mie stesse insicurezze,
speravo nessuno vedesse, stringevo il delfino, 
chiudevo gli occhi, allontanando quelle paranoie  trasportate dalla burrasca,  
di idee negative succubi di voci “cattive”, 
ti chiedevo “Mamma? 
Perché quando gli altri piangono io stringo loro la mano e sorrido?
Se quando piango loro mi fissano, ridendo a squarciagola come in un grido?”
“Ognuno é fatto a modo suo, 
non tutti hanno un cuore compatibile col tuo”.
“Non ha importanza se nessuno ti ha compreso, 
non ti sei “abbassato”, non hai cercato compassione, per essere accettato”,
Tu come me davi retta a tutti, poi quando c’era bisogno, “ognuno c’ha i sui impegni”, (già!),
strano come poi piangano lacrime di coccodrillo mentre sei disteso su una bara.
Stesso sangue, avvelenato dalla vita, dal pregiudizio inutile di chi fingeva di esserci vicino,
umani come medicine, un giorno ti elevano al settimo cielo, i restanti ti rigettano l’inferno, 
finisci in para, dicono “passerà”, nessuno ci tiene, impara.
Ti sento piangere le notti, 
con due tumori che si fanno spazio nel tuo corpo, silenziosamente, 
mi dici che non molli, anche sei distrutta, “non voglio spegnere quel tuo sorriso”, 
io non ne conosco di altri motti, 
mi guardi, mi stringi, col corpo che trema, la mia anima lo sente, 
io invidio il tuo essere, fragile e tenace, 
tu non vivi, sopravvivi, lotti,
come quando ballavi il tango, 
cambiavi l’atmosfera, 
la tua? La classe di chi soffre senza farlo notare, 
a ogni tuo passo il mio cuore accelera, 
professionisti che dicevano “incantevole, come
una bambina si diverte in mezzo al fango”.
In una vita di spine, senza una rosa,
sei un’artista nel dipingere le mie giornate, 
metti ordine fra miei pensieri come in un quadro a ogni dettaglio i suoi colori, 
siamo io e te e papà, stretti dentro un incubo, sappiamo che ogni giornata potrebbe essere preziosa, 
ho sempre dato tutto per scontato, bastava dirti grazie, rispettare le tue urla, i tuoi dolori.
Quante volte mi hai detto ti vorrei aiutare? 
Ma testardo davo retta solo a me stesso,
capendo che una donna é l’unica soluzione, 
se ti sa guardare dentro, é più erotico del sesso,
ti scrivo le mie lacrime del cuore, 
quelle che nessuno vede, 
mentre dentro sé stessi ogni equilibro cede.
Ti ho detto troppe volte, “se ti spegnessi metterei fine ai miei giorni”, 
tu solo una cosa mi hai risposto “fammi rivivere in quei giorni”.
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bucodiverme · 5 months
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Cesare Pavese a Elena Scagliola, 1932
Sono stato male tutto il giorno a non vederti sulla strada di Crevacuore E., com’è brutta Torino. E il più triste di tutto questo è che ci dimenticheremo, senza esserci quasi nemmeno conosciuti. Non so quel che tu veda in me, ma io indovino in te un miracolo di femminilità e di tenerezza, che, come si è formato avanti agli occhi a poco a poco in tutta l’estate, così ora colla medesima lentezza andrà svanendomi nelle nostre lettere. E., ho paura che i nostri ultimi giorni di - li dimenticheremo mai? - siano stati come una crisi, un punto massimo, oltre il quale non andremo.
Questo per ora è un pensiero che mi dispera, ma il giorno in cui mi lascerà indifferente ci pensi, E.? Non è la disperazione, la sofferenza, che ci deve far paura - questo è nulla, è anzi ciò che ci può rendere più meraviglioso un altro incontro - ma il momento che non soffriremo più, che non ce ne importerà più, questo è il terribile.
E pensare che probabilmente noi tra poco dovremo perderci, senza quasi esserci conosciuti, senza sapere di noi più che uno sguardo, un bacio alle dita, qualche carezza.
Che cosa pensi tu, E.? Perché tremi quando sono con te? Cosa c’è dentro ai tuoi occhi quando mi guardi sorridendo e poi ti fai seria, quasi ostile, e poi torni a sorridere? Queste cose le perderò senza averle mai conosciute.
Io d’amore non so piangere E. - piango a sentire un’ingiustizia, una crudeltà, un dolore di bambino - e non posso nemmeno consacrarti delle lacrime per tutto il dono immenso che hai fatto a me in questi giorni. Piangerò forse quando ripenserò - e sarà tardi - al tesoro di quell’amore sprecato così, per uno che non ne vale la pena: tant’è vero che lo lascia ora morire senza nemmeno commuoversi, senza tentare di far nulla per conservarselo, meritarselo.
Ma che altro potremmo fare? È inutile mentire: in amore conta il corpo e il sangue, conta la stretta, la vita, e noi dobbiamo star staccati, dobbiamo avere giudizio, ragionare; mentre la ragione non conta dinanzi alla vita.
Tu sprechi il tuo amore, E. Io non so di volerti bene se non ti sono stretto vicino, e questo temo voglia dire che non ti voglio quel bene che tu desideri.
Ma di una cosa sarò gioioso, se non temessi che tutto fosse per finire con quello: i nostri pomeriggi a - a guardarci negli occhi e carezzarci. Quelli non li dimenticherò mai. Fa’, E., che tutto non finisca qui: dammi una probabilità di amarti meglio, di esserti più fedele nei miei pensieri, più degno di te!
Se mi scriverai, devi giurarmi che a Bra staremo sempre insieme senza stancarci.
Ma dove andremo a finire E.? C’è qualcosa di più assurdo dell’amore? Se lo godiamo fino all’ultimo, subito ce ne stanchiamo, disgustiamo; se lo teniamo alto per ricordarlo senza rimorsi, un giorno rimpiangeremo la nostra sciocchezza e viltà di non avere osato. L’amore non chiede che di diventare abitudine, vita in comune, una carne sola di due, e, appena è tale, è morto. A pensarci, si viene matti! È inutile, l’amore è vita e la vita non vuole ragionamenti. Ma possiamo noi lasciarci andare giù così alla disperata? Dove andiamo a finire? Non so trovare parole di conforto per te che valgano, se non ricordarti quel giorno che eravamo stretti insieme, in piedi, e pareva che uno dei due dovesse condurlo a fucilare e invece era tutta gioia. Ricordami quell’attimo, E., se mi scrivi, e dimmi di quando saremo a Bra.
Ti bacio così, come vuoi tu, anche se sei stata cattiva a non venire sulla strada di Crevacuore.
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i-am-a-polpetta · 6 months
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mi sento triste, tanto. continuo a ritenere le motivazioni per cui mi sento così: solo capricci.
sto facendo i capricci per il lavoro per i soldi per la macchina per i miei problemi per il cibo per le spese e per i regali di compleanno. mi sento addosso un odio viscerale che non riesco a spiegare. lo stesso odio che provi per l'ultimo minuto sul timer della lavatrice che dura sempre, come minimo, cinquanta secondi in più di un minuto normale. quella sensazione di attesa infinita. mi sento così: ferma a fissare il cazzo di timer che non scatta mai mentre il mondo attorno a me continua ad andare veloce. siamo al 15 marzo, come ci siamo arrivati? io non me ne sono accorta. ferma bloccata dentro la mia bolla in cui mi dissocio dal mondo.
ogni sera piango in silenzio perché sono triste. la mia ragazza mi chiede perché mi senta così ma io non glielo lo so spiegare il perché. le rispondo che sono triste di default. mi hanno fatta triste da impostazione di casa madre.
in tutto ciò sono passati undici mesi.
giuro che se non fosse per te e giusto qualche amico anima buona che mi sta vicino, non sarei nemmeno qui a dirti che sono triste.
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singinthegardns · 7 months
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"Però, sai? Forse ti sto dimenticando. Non piango più dopo averti parlato, né dopo averti visto parlare con un'altra, e nemmeno dopo che i nostri occhi si sono incontrati. Certo, il tuo nome mi smuove ancora qualcosa dentro, certo, quando penso a cosa eravamo, e non siamo più, ho ancora il vuoto allo stomaco, certo, quando passo davanti la tua classe spero ancora di vederti sulla soglia, certo, fa male vederti trattare le altre come trattavi me, certo, a volte mi tornano alla mente tutti quei ricordi, certo, ogni tanto li rileggo i tuoi messaggi, e continuo a sorridere, certo, lo controllo ancora il tuo ultimo accesso, certo, quando qualcuno dice una frase che avevi detto tu, mi viene un po' di malinconia, certo, non riesco ancora a guardare nessun ragazzo senza pensarti, certo, continuo a sognarti ogni notte, certo, qualche volta mi capita di sentire ancora la tua notifica, e ci rimango un po' male quando apro il telefono e non c'è un tuo messaggio, e mi sento stupida ad averci sperato, certo, continuo a scambiare qualche passante per te, certo, se mi dicono "amore" continuo a pensare ai tuoi occhi, certo, ogni tanto ho quei momenti in cui mi butto sul letto, ti penso, e mi prende la nostalgia, certo, cammino ancora per i corridoi di scuola con quella strana ansia d'incontrarti, certo, nessun ragazzo regge mai il confronto che faccio con te, certo, ti penso ancora appena mi sveglio, prima di dormire, e anche per tutto il resto della giornata, certo, ho ancora una nostra foto come sfondo, certo, ho ancora la tua chat fissata in alto, certo, mi manchi ancora un po', forse, un po' di più di un po', certo, ogni tanto mi viene da piangere, ma ho imparato a ricacciare le lacrime indietro. Però, sai? Forse non ti sto dimenticando, per niente, però ci provo, me lo impongo, me lo sono imposta più volte, "basta lui mi ha dimenticata, devo farlo anch'io", poi però torni tu, torna il tuo ricordo, torna quell'assurda speranza nel tuo ritorno, e non ci riesco, o forse non voglio, non voglio dimenticare cosa sei stato, né cosa saresti potuto essere,no, non voglio proprio dimenticarti, anche se fa male, fa malissimo, ma il problema è che dimenticarti, mi fa più male di continuare ad amarti. Quindi aspetterò, e forse ti dimenticherò, un giorno, forse mai,ma infondo mi va bene così, forse è così che deve andare, no? Tu che sorridi a un'altra, e io che cerco di trattenere le lacrime. E forse un giorno ti dimenticherò, dimenticherò la ragione dei miei sorrisi, dei miei pianti, delle mie ansie, delle mie paure, e di tutte quelle cose, che solo tu sei in grado di provocare, e mi chiederò che ci vedevo di speciale in te. Poi forse, sarà un giorno di sole, o magari di pioggia, forse di nebbia, grandine, forse sarà autunno, o forse primavera, forse sarà al mare, magari in montagna, o, perché no? In città, sotto la luce del sole, o sotto uno spicchio di luna, forse mentre sarò presa dai miei pensieri, forse dopo una lunga giornata, forse di prima mattina, forse quando sarò in vacanza, ma insomma, poco importa, del perché, del quando, e del dove, ma succederà, che la vita, dolce amara per com'è, mi ricorderà di te, dei tuoi occhi, dei tuoi lineamenti, mi ricorderà di chi sei, probabilmente non ricorderò più il tuo nome, non è quello l'importante, o forse sì, anzi, sicuramente lo ricorderò, e mi ricorderò di te, dei sorrisi, e dei pianti, delle insicurezze e le paure, dei "vaffanculo", dei baci, dei "ti odio", della voglia che avevo di dirti "ti amo", degli abbracci, di quel posto in cui mi hai portata quella sera, delle cazzate, delle giornate no, della tua presenza a migliorarle, dei sabati sera trascorsi insieme, e di quelli passati a sentire la tua mancanza, dei messaggi, delle chiamate, dei "va via", che tradivano voglia soltanto di abbracciarti, mi ricorderò di tutto ciò che abbiamo passato, e che ho passato, dell'inizio e della fine, e mi ricorderò che ci vedevo in te, e mi riinnamorerò di te, anche se tu non mi vorrai, per poi scoprire, di non aver mai smesso di amarti."
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becarefulimawitch · 14 days
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La verità è che non riesco a dormire perché continuò a piangere e a pensare a me e a Khalid. Mi chiedo se mai mi ha amato o se amava l’idea di amare qualcuno. Ci stavo male quando non mi chiamava o non trovavo nessun messaggio da parte sua dopo 13 ore di lavoro che facevo e lui a casa a fare niente. Ci stavo male quando mi diceva che ero fat o quando indicava una ragazza che faceva attività fisica e mi diceva “quanto vorrei che quella fossi tu”. Tante volte mi sono sentita inadeguata quando ero insieme a lui e piano piano ho cominciato a perdere rispetto nei suoi confronti.
Piango, piango fortissimo come una bambina e ho anche il singhiozzo.
Forse non mi ha amato mai e ora mi chiedo se mai qualcuno lo farà. Le mie amiche mi dicono che dovrei uscire con altri ragazzi o magari scopare un po’ in giro ma sinceramente non riesco a farlo. Non voglio fare più sesso con nessuno mai più in vita mia finché non avrò un corpo perfetto, magro, scolpito.
Vaffanculo a lui, alla sua testa di cazzo e di merda, vaffanculo a quella principessa di merda che si aspettava che io facessi l’uomo della situazione in qualsiasi situazione, vaffanculo alle sue mini palle di fare l’uomo perché lui un uomo non lo è mai stato. Vaffanculo alle sue battute di merda che non facevano mai ridere. Che veramente gli morissero tutte le connessione cerebrali che ha e che diventi un cazzo di ritardato. Porco dio. Vaffanculo veramente a quel aborto mancato che l’unica cosa che faceva nella sua vita, l’unico hobby è l’unico obiettivo che aveva nella sua esistenza di merda era guardare reels su Instagram e ascoltare podcast del cazzo dove non imparava mai niente. Questo per almeno 12-15 ore al giorno. Ma Dio cane fatti una vita. Vattene a fare in culo seriamente che sono meglio di te in tutto e più avanti di te anni luce.
E io sono qui a piangere per un coglione autistico senza palle che non mi ha mai amata e si è NOTATO solo che non aveva mai avuto il coraggio di lasciarmi perché “andava con il flow”, nel mentre io disperata a chiedergli attenzioni e non capire perché facesse così.
MA VATTENE A FARE IN CULO PEZZO DI OMINO SCHIFOSO.
So che sarò amata prima o poi Dio cane da un uomo con la U maiuscola che mi tratterrà come una principessa perché è quello che sono un un fiorellino carino e coccoloso che ha bisogno di essere trattato come tale. Punto.
Bom
Vado a dormire.
Ciao.
Sono arrabbiata.
Ciao.
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francesca-70 · 9 months
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Ciao,
sono seduta sui nostri ricordi e ti penso.
Si, lo so, non ti cerco ma non è per orgoglio.
È la paura del rifiuto che mi prende ogni
volta che vorrei scriverti, telefonare.
Ascolto i rumori del passato: assordanti ed impietosi.
Vorrei vederti, sapere come stai.
Starai bene di sicuro.
Avrai con te un nuovo amore. Dimmi:
hai dei sogni? Nuovi progetti?
Che fai, quando non volendo, entro nei tuoi pensieri?
Ti ricordi ancora di noi o sono rimasti solo
rancore e rabbia?
Vorrei che mi raccontassi del tuo amore.
Dimmi: ti ama davvero tanto?
Se sì ne sono davvero felice.
Io sono qui da allora ed immagino di riabbracciarti senza
se, senza ma, senza dire una sola parola
perché le parole dette non tornano mai
indietro; restano lì, come pietre.
Il tempo passa veloce e a me non resta più molto.
Sto diventando vecchia e la paura di non
fare in tempo mi strugge.
Ricordi ancora di noi?
Siamo stati felici poi è successo
quello che è successo.
Sono seduta sui nostri ricordi e piango e rido: mi senti?
No, non puoi e non vuoi sentirmi.
Sono lontano fisicamente ma il mio cuore è lì
con te. Abbine cura.
E se un giorno volessi restituirmelo lo rifiuterei
perché ti appartiene.
Portalo in giro per il mondo
e quando ti sarà di peso fallo volare in cielo,
come le rondini e,
come le rondini,
tornerà a casa.
Mi manchi.❤️
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giuseppe frascà
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e-ste-tica · 23 days
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bella l’estate, bello il mare, grazie alla fortuna che mi ha dato la possibilità di godere il sole e la montagna, però mi manca la mia famiglia. quella che ho scelto, le persone di cui mi prendo cura e che si prendono cura di me quando siamo lontani dai parenti di sangue. le persone con cui piango, rido, che mi fanno sentire sempre amato senza nessun dubbio, i miei fratelli e le mie sorelle che mi hanno visto in lutto, innamorato, lasciato, laureato, ubriaco. A che mi porta i cioccolatini quando studiamo insieme e mi abbraccia quando meno me lo aspetto. J che è un organo interiore che non potranno mai asportarmi con cui ho vissuto qualsiasi gamma emotiva dallo scopare all’essere fratelli. Miele che è un orso zuccone testardo che mi urla cose amorose come fosse un soldato tenerone e mi avvolge con le sue braccia. conqui S che è la persona più empatica che conosco, di cui sappiamo un po’ tuttə che sono mezzo innamorato perché è tra le persone più belle del mondo. C che sparisce ma quando torna per me è sempre una festa, e anche se non ci raccontiamo sempre cosa ci succede ci capiamo con una battuta. io mi chiedo da tanto tempo se l’amore romantico e sessuale che mi hanno insegnato a rincorrere (e che mi fa dannare tanto) è davvero la cosa più importante, quella che ti fa stare meglio nella vita. non lo so se mi piace che devo faticare per sentirmi realizzato nel lavoro intellettuale e accademico. a me l’unica cosa che importa alla fine della fiera è essere abbracciato e poter vedere i miei amici, che chiamo famiglia perché è quello il nome che dai alle persone che ti portano le medicine se stai male, che ti rassicurano quando li chiami di notte in preda alla paranoia, che corrono da te se gli succede qualcosa, di cui sai gli orari degli antidepressivi e gli ricordi di prenderli. mi manca la mia città d’elezione perché mi mancano i miei parenti scelti. e nessun partner o lavoro mi pare comparabile alla fortuna che è averli nella mia vita.
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pettirosso1959 · 1 year
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29 APRILE
Mi chiamo Sergio Ramelli e nel 1975 avevo 18 anni, vivevo a Milano ed ero un tifoso dell’Inter. Giocavo a pallone nella squadra di calcio dell’Oratorio S. Carlo, a centrocampo con il mio amico Giuseppe.
La mia famiglia era composta da mia mamma, mio papà, mio fratello e la mia sorellina più piccola. Vivevamo tutti insieme in un piccolo appartamento della periferia milanese.
Ero uno studente dell’istituto Tecnico “Molinari” e un giorno del 1974 il nostro docente di lettere ci assegna un tema libero, e io lo scrivo contro la violenza delle Brigate Rosse.
Non so come, ma questa mio tema pervenne agli estremisti di sinistra che allora imperversavano nell’istituto “Molinari” e io da subito mi trovai a subire quotidianamente processi popolari, angherie, sputi, schiaffi, aggressioni. Un giorno mi rifugiai all’Ufficio di Presidenza, mi venne a prendere mio papà e insieme a lui uscii di scuola tra due ali di studenti che ci calciavano.
Io rispondevo sempre, ma ero sempre solo. Non c’era mai nessuno con me. Per cercare protezione decisi di iscrivermi al Fronte della Gioventù. Non ne ero molto convinto, ma non vedevo alternative, cercavo solo qualcuno che potesse stare con me.
Mia mamma era molto preoccupata, io la tranquillizzavo rispondendole che non avevo mai fatto nulla di male a nessuno, quindi non avevo nulla da temere.
Il 13 marzo 1975 in via Paladini, vicino a casa, vengo aggredito da due sconosciuti della mia età che impugnano chiavi inglesi “hazet 36” del peso di tre chilogrammi e mezzo l’una. Il commando era composto da circa 8-10 persone che durante la mia aggressione controllavano che dalle vie adiacenti non provenissero poliziotti in mio soccorso.
Il 14 marzo l’infermiera dell’Ospedale dice a mia madre che in tanti anni di lavoro non ha mai visto ferite così devastanti in una scatola cranica.
Il 1 aprile miglioro, ma non riesco a parlare e a muovere il mio corpo.
Il 5 aprile viene a trovarmi il mio allenatore di calcio dell’Oratorio S. Carlo e mi dice che mi aspetta al campo. Piango.
Il 17 aprile ho provato a parlare per la prima volta con mia mamma e le ho chiesto una Coca-Cola e i libri della maturità.
Il 21 aprile ho la pleure.
Il 29 aprile 1975 alle ore 10 non ci sono più.
Nel 1985, dieci anni dopo la mia morte, il giudice Salvini, un uomo di sinistra, grazie alla confessione degli autori, identificò i responsabili della mia morte nel servizio d’ordine di Avanguardia Operaia della facoltà di Medicina dell’Università Statale di Milano.
Alcuni erano diventati medici affermati, altri avevano fatto carriera politica.
La lapide in mio ricordo sotto la casa della mia famiglia venne negli anni più volte distrutta e poi sempre riparata, e per tante volte venne gettata l’immondizia sul marciapiede ove ero stato aggredito.
Per molto tempo, mia mamma Anita avrebbe ricevuto telefonate e lettere anonime, nelle quali veniva definita “una vacca, perché solo da una scrofa come te poteva nascere un maiale come tuo figlio”.
Mio fratello fu costretto ad andare a vivere a Lodi, perché a Milano continuava a ricevere minacce.
Mio papà morì nel 1979 di dispiacere.
Mia mamma Anita è morta nel 2013 senza mai pronunciare alcuna parola di odio contro nessuno.
Mi chiamo Sergio Ramelli e nel 1975 avevo 18 anni, vivevo a Milano ed ero un tifoso dell’Inter. Giocavo a pallone nella squadra di calcio dell’Oratorio S. Carlo, a centrocampo con il mio amico Giuseppe.
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chouncazzodicasino · 8 months
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Potessi togliere qualcosa a me per darlo a te, lo farei subito.
Mi viene da pensare a questo, mi viene da pensare a come, romanticamente forse (illusa come una merda per dirlo in modo meno romantico), non riesco ad abbandonare il pensiero della persona che sei e sei stata nella mia vita e che adesso è come una tenera bimba, capricciosa come poche dobbiamo ammetterlo Nonna. Però ti faccio sempre sorridere e finché riesco a farti ridere un po' a me va bene, me lo faccio bastare. Basta che mi sorridi e ti tiri i baci in aria che a me si annulla tutto. Quasi. Poi non mi basta sempre, lo sai. Oggi sei meno presente del solito e la cosa mi lacera... Potessi togliere qualcosa a me per darlo a te, lo farei subito. Mi strapperei, la pelle, i capelli, gli occhi e le unghie, i muscoli delle cosce, le spalle e il costato, senza una smorfia di dolore per darli a te. Ora siamo stese sul letto mentre tu fai la pennichella, con la mano sul mio polso e mi "sfruculi" con questo movimento involontario che è diventato costante, ma almeno lo fai a me e non lo fai a te. E piango. Allontano incazzata i ricordi di anni fa perché non è il loro momento, sono ricordi egoisti e vaffanculo stronzi che cazzo volete, non devono venire adesso, non è giusto, adesso cerco di crogiolarmi in questa pennichella, ti guardo e ti accarezzo le sopracciglia come si fa con i bimbi per farli addormentare.
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libero-de-mente · 10 months
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Minù per sempre
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Mancano due giorni al tuo compleanno cara Minù, due giorni e arriverai alla tua doppia cifra. Dieci anni.
Mancavano poche ore Minù, pochissime. Ma tu come molte attrici del passato, che così hanno conservato la loro bellezza per sempre in uno scatto fotografico, te ne sei andata prima. Il tuo cuore malandato nella notte ha ceduto.
Non me l'aspettavo che nel giro di dodici ore, dall'essere la Minù di sempre, ti sia trasformata in una palla di neanche due chili inerme.
Ti ricordi qualche settimana fa? Ti dissi di non aver paura, che ne avrei avuta io per entrambi. Ho le spalle larghe.
Ecco, ora non ho più paura ma un vuoto spaventoso, resta di te l'ultimo contatto. Quando prendendoti in braccio come un neonato, dopo averti baciato sulla nuca, hai infilato la tua testolina sotto il mio mento. Cercando protezione e calore.
Quel contatto che cercavi sempre appena ci si sdraiava sul divano o sul letto, occupavi poco spazio su di noi. Eppure il calore del tuo amore scaldava.
Incredibile come un esserino come te riempisse così tanto.
Sei nata nella notte di Santa Lucia, sei stata un dono per molte cose. Ci lasci Tea la tua bimba che ora girovagherà da sola senza più una mamma-amica compagna di giochi.
Ho sentito dire che alcune eminenze dicono che i cani non hanno un'anima. Vero o falso non l'ho so, ma sono certo che tu la mia anima l'hai rasserenata e aggiustata la dove gli umani con l'anima certa, non ci sono riusciti. Anzi.
Ora che dire, sei sul ponte o lo avrai attraversato non lo so. Una cosa è certa, con la tua innata curiosità lo starai facendo con le orecchie dritte e in piena attenzione.
Mi diranno di non piangere che un cane non è un essere umano, che lei non aveva coscienza della morte e che tutto come ogni fatto della vita passerà.
Evidentemente non hanno mai visto te starmi vicino quando avevo l'ansia, guardarmi con i tuoi occhioni compassionevoli mentre piangevo oppure i discorsi che ti facevo sul divano. Si molto probabilmente quelli ti annoiavano, visto che ti addormentavi su di me.
Se tu non avevi un'anima allora sei stata in gamba, anzi in zampa, a far crescere la mia. Io credo che un'anima molto più grande del tuo piccolo corpo ce l'avevi. Eccome.
Tranquilla, piango ora che è mattino presto, al buio, così non mi vedrà nessuno. Neanche la tua piccola Tea che ti sta aspettando alla porta d'ingresso.
Addio mia piccola Minù. Un bacio sulla testina piccina.
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idettaglihere · 3 months
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domenica dovrò dirgli addio, ma tutto si ridurrà in una frase come: "mi raccomando prenditi cura di te, ciao", come se il cuore non mi si spezzerà in due secondi, come se non vorrò abbracciarlo e stare tra le sue braccia per un pò. è stata una bella parentesi, breve, strana e come sempre finirà con me che piango rannicchiata nel letto.
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greatmoonballoon · 5 months
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A te che non leggerai mai le mie parole.
Sappi che mi manchi da morire. Mi manca sentire la tua voce, mi manca parlare con te, mi manca sapere cosa fai e come ti senti. Non sono perfetta ma ho cercato di amarti fino all'ultimo giorno in cui siamo stati insieme. Adoravo averti nella mia vita, osservavo e amavo ogni piccolo particolare e stupidaggine di te. Davvero. E non avrei voluto perderti. Odio che tu non ci sia più nella mia vita.
Se potessi dirti tutto quello che provo lo farei ma ormai è troppo tardi.
So solo che non ti ho dimenticato. Non cancello con un colpo di spugna qualcuno così facilmente soprattutto quando è stato davvero importante per me. Non mi vergogno di questo anche se chi sa mi dice sempre che devo cercare di superarla. Come se non lo sapessi...
Come se fosse facile...
Mi sento spenta da quando non sei più nella mia vita. L'avevi resa migliore. Adesso anche se sorrido i miei occhi non hanno più luce e il mio cuore sanguina. Piango da mesi.
Ma la vita va avanti e così devo fare anche io. Senza di te.
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papesatan · 11 months
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Un insetto capovolto si trascina a fatica fuori della mia finestra. L’osservo un po’, ma penso a me. Alla rabbia che sento, quella che mi fa urlare pazzo invasato, quando mi mancano di rispetto, pretendendo tutto senza dare niente. Una volta ho spaccato una sedia per questo. Un bambino pestifero di nome Dachi aveva preso a infastidire una compagna, tirandole grumetti di colla nei capelli. Ripreso più volte, il birbone aveva continuato le sue pratiche vessatorie, ghignando strafottente, come se nulla fosse. All’ennesimo reclamo della povera Carlotta, mia intoccabile protetta, mi alzo, bollendo di sangue demonio e, raggiunto il banco a balzi, sferro un tracotante calcione all’incolpevole sedia accanto a Dachi, disintegrandola completamente. “La prossima volta al posto della sedia ci sarà la tua testa!” urlo odiandomi fuori di me. Dachi mi fissa morto in volto, silenzio ovunque intorno, ne godo la pace per un istante, sentendomi a pezzi come la sedia, so d’aver esagerato, fa sempre male cavar fuori il lupo. A fine serata, mi siedo accanto a Dachi e dico: “Mi dispiace per quello che è successo. Perché fai sempre il monello e mi fai arrabbiare? Ciò che è successo è una cosa brutta, te ne rendi conto, vero?” “Sì… le sedie costano” “Ma no, non c’entra la sedia, quella si ricompra. Usare la violenza non è mai bello. Non è una soluzione, capisci? Credi mi diverta spaccare sedie? Non serve a niente e fa solo male. Ed io non ti farei mai del male, lo sai, vero?” annuisce “Mi prometti che d’ora in poi mi ascolterai e farai il bravo?” annuisce ancora, prima di lasciarsi andare a un ghigno birichino. Una causa persa, ma rido anch’io, carezzandogli i capelli. La sedia avrei dovuto incorniciarla a monito perenne, invece ahimè, l'ho buttata.
Guardo fuori della finestra: l’insetto arranca ancora a testa in giù, verso la cieca sopravvivenza. Non posso fare nulla per salvarlo, mi dico, non sono Dio e non mi piace quando l’uomo interferisce con la natura, anche se a fin di bene, giocando alla somma divinità. Applico il distacco e penso alle guerre, Russia, Ucraina, Palestina, non posso farci niente, non è affar mio. Torno ai fatti miei, ai miei lividi, al lupo e alla rabbia, alle catene e alle ferite autoinflitte, mi perdo nel dolore, dopo qualche minuto torno alla finestra: arranca ancora, sempre più stanco, resiste ancora. Niente, basta, apro la finestra e con la punta di una matita m’avvento a raddrizzarlo, ma mentre lo volto smette di muoversi. Lo fisso per un po’, aspettandomi qualcosa, un movimento, la vita. Niente, lui resta lì, morto. Getto la matita e piango di sconforto, inutile, mi son deciso troppo tardi... Mi volgo alla finestra. Non c’è più. Se lo sarà portato, funebre, il vento? O m’ha preso in giro per furba tanatosi?
Spero la seconda, sarebbe più facile perdonarmi. 
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silvyysthings · 1 year
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Io lavoro e penso a te Torno a casa e penso a te Le telefono e intanto penso a te
“Come stai?” E penso a te “Dove andiamo?” E penso a te Le sorrido, abbasso gli occhi e penso a te
Non so con chi adesso sei Non so che cosa fai
Ma so di certo a cosa stai pensando
È troppo grande la città Per due che come noi Non sperano però si stan cercando... cercando...
“Scusa, è tardi” e penso a te “T’accompagno” e penso a te Non son stato divertente e penso a te
Sono al buio e penso a te Chiudo gli occhi e penso a te Io non dormo e penso a te...
YUKYK
❤️❤️❤️
Noooooo😭😭😭😭anon piango tantissimo , le parole 😭😭😭
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