#musica iraniana
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Bologna: si conclude la terza edizione di San Francesco Estate
Bologna: si conclude la terza edizione di San Francesco Estate. Per il terzo anno consecutivo, la rassegna, parte di Bologna Estate 2023, ha animato, a partire dal 23 giugno, ogni fine settimana con un grande successo di pubblico, registrando il sold out tutte le sere. «La grande piazza culturale di San Francesco Estate si riconferma tra i luoghi più amati e frequentati della città – dichiara Elena Di Gioia, Delegata alla Cultura di Bologna e Città Metropolitana – con una vocazione ad essere crocevia di culture, linguaggi e approfondimenti sugli eventi della contemporaneità. Il palcoscenico tra teatro e musica propone anche per il suo ultimo week end una programmazione che intreccia realtà culturali del territorio con la scena nazionale, in un proficuo dialogo culturale». Venerdì 28 luglio alle 21.00 torna sul palcoscenico della Piazza Peppe Voltarelli, cantautore, scrittore e attore di origine calabrese, riconosciuto e apprezzato in Italia e all’estero. In La grande corsa verso Lupionópolis, spettacolo di musica e narrazione nato a marzo 2023 a seguito dell’esperienza a New York in occasione della registrazione di alcuni brani inediti, unisce il canto e la scrittura in dialetto calabrese. Le canzoni e le sonorità mescolano le melodie mediterranee ai ritmi metropolitani, rispettando le leggi delle emozioni del blues: si rivela così un diverso approccio artistico e creativo, generatore di una mappa di sentimenti che non è più recupero, ma rinascita di culture nuove fatte di diversità e complementarietà. La musica accompagna e arricchisce una corposa narrazione, che racconta il cammino verso una meta immaginaria, ovvero una minuscola e sconosciuta località del Paranà in Brasile, dove si celano misteriose e poetiche speranze di riscatto. Sabato 29 luglio alle 21.00 TOMAX TEATRO presenta Femmina, uno spettacolo che ripercorre la condizione della donna attraverso il tempo e lo spazio, partendo da un lontano passato, in cui l’archetipo del femminile era legato a tutti i mali dell’umanità, fino ad arrivare a un vicino presente, in cui si combattono battaglie per la parità dei sessi. A guidare questa indagine sul palcoscenico è una conduttrice televisiva che si destreggia tra le mille difficoltà derivanti dall’essere simultaneamente una mamma e una donna in carriera all’interno di una troupe capitanata da un uomo. Tra i servizi, si susseguono: il mito di Pandora, i casi di femminicidio in Italia, la condizione della donna in Afghanistan, il racconto di un’attivista iraniana. Lo spettacolo è interamente tratto da storie vere: le fonti per l’Afghanistan provengono da alcune testimonianze raccolte da Emergency e pubblicate su “iO Donna”; per l’Iran il documentario Be my voice di Nahid Persson; per l’Italia alcune denunce riguardanti il mondo dello spettacolo e fatti di cronaca nera. Domenica 30 luglio alle 21.00 SAN FRANCESCO ESTATE musica e teatro in piazza si conclude con CREXIDA / Anima Fluò che presenta Tza / Tzi / Ki - Ricette per esploratori dell’anima di Manuela De Meo e Angelica Zanardi. TZA / TZI / KI è un viaggio dentro noi stessi attraverso i sapori di ingredienti semplici o di pietanze esotiche che raccontano storie di paesi lontani. L’atto stesso di cucinare è alchimia che trasforma una serie di elementi in gustosi piatti: stendere la pasta, mescolare una crema, la precisione dell’intenzione nell’elaborare una ricetta e la musica che accompagna la preparazione, sono preludio di un rito intimo e collettivo, una grande festa di condivisione. TZA / TZI / KI è una “degustazione teatrale” in cui si invita a dissipare i pensieri contorti lasciandosi inebriare dai profumi e dai sapori del cibo, che si insinuano in noi liberando i ricordi e le emozioni.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Le canzoni che guidano nella protesta le ragazze iraniane
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Liraz Charhi
ARTISTA ISRAELO-IRANIANA
Liraz Charhi è una cantante e attrice persiano-israeliana, famosa anche per le temerarie attività culturali e politiche.
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Il suo secondo album
"Zan" [donne]
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La sua famiglia emigrò in Israele negli anni ‘70, ma pur essendo nata a Tel Aviv ha mantenuta viva la sua cultura persiana che si è consolidata nei tre anni trascorsi a Los Angeles, dove ha intrapreso la carriera di attrice, ma soprattutto è entrata in contatto con la numerosa comunità di iraniani, circa un milione, che lì vivono. E dove ha conosciuto anche cantanti che furono costrette a lasciare l’Iran per le rigide regole che impediscono alle donne di esprimere liberamente la loro arte: per esempio alle esibizioni delle cantanti è vietata la partecipazione del pubblico maschile.
Questo ha comportato che la scena musicale iraniana pop-rock abbia subito un duro contraccolpo.
A quella scena e alla storia della sua famiglia, si lega "Zan", in lingua farsi “donne”, e proprio delle donne vuole testimoniare il coraggio e la lotta per rompere i rigidi steccati imposti dalla religione islaamica e affermare la propria libertà, come hanno fatto sua madre e sua zia, ma anche tutte le musiciste iraniane costrette al silenzio.
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Nel disco d’esordio Naz, “attraente” in farsi, Liraz ha iniziato il suo percorso musicale nel pop iraniano riallacciandosi alle dive degli anni ‘60 e ‘70 come Googoosh, Pooran, Ramesh.
Ora con il secondo capitolo della sua discografia, si è spinta oltre ed è entrata in contatto con musicisti che vivono in Iran e tramite il web è iniziata una collaborazione vitale attraverso la quale molti hanno potuto suonare nel suo disco, pur essendo costretti all’anonimato.
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Liraz rivendica questo gesto non soltanto dal punto di vista artistico, ma soprattutto come atto politico di ribellione alla censura e di affermazione di libertà.
«Per quanto resteremo in silenzio? Per quanto abbasseremo la testa? Per quanto piegheremo le ginocchia? Insieme faremo una rivoluzione» canta in "Zan Bezan", donne che danzano...
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L’electro pop persiano di Liraz
I due dischi hanno quindi un profondo legame, ma mentre il primo è più incline al pop fiammeggiante e melodrammatico nel racconto di amori spesso infelici, nel suo secondo lavoro, pur restando molto forte il rapporto con quella tradizione, Liraz si spinge più avanti, contamina ancor di più gli arrangiamenti con ritmi dance ed elettronica fondendoli con gli strumenti tradizionali persiani.
Zan è un disco affascinante, ma anche in sintonia con quanto di meglio si muove sulla scena contemporanea quanto a capacità di coniugare i linguaggi e sperimentare strade nuove.
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L’electro pop in salsa persiana funziona: canzoni piene di energia, con i ritmi che ti catturano e ti inducono anche al ballo come l’iniziale e inebriante Zan Bezan con i suoi bassi profondi e incalzanti, i beat frenetici di Hala, il ridondante pop ossessivo di Injah.
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Altre volte il registro, e questo accade quando si parla d’amore, si fa più melodrammatico e accorato in brani come Shab Gerye fra un violino dolente e una chitarra elettrica jazz o Bia Bia.
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O intimo e malinconico come nella tradizionale ninna nanna Lalei che offre una superba interpretazione vocale di Liraz.
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Appartenenza, identità e femminilità sono tre parole chiave di questo disco in particolare, che racconta una storia, quella degli ebrei iraniani nella persona di Liraz Charhi, in arte Liraz.
Attrice e cantante, Liraz nasce a Ramla in Israele nel 1978 da genitori Iraniani che fecero aliyah (ritorno alla Terra Promessa) nel 1970.
L’arrivo in Israele per gli ebrei iraniani, e mizrahì in generale, rappresentò uno shock culturale trovandosi a dover affrontare un processo di assimilazione in una cultura a loro estranea che li etichettava sprezzantemente come persiani, proprio come in Iran erano etichettati come ebrei.
Si percepisce questo sconforto nelle parole di Liraz, che pur non avendo mai vissuto direttamente in Iran si sente, grazie ai racconti dei famigliari, iraniana.
È negli Stati Uniti che Liraz riesce a connettersi, finalmente, con la grande comunità iraniana di Los Angeles che in tanti chiamano Tehrangeles.
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Nella città risiedono moltissimi musicisti pop Iraniani costretti ad emigrare a causa della rivoluzione del ’79. Qui continuano a produrre la loro musica, distribuita nel mercato nero in Iran con l’appellativo di musica losangelina.
È di questa musica che si innamora Liraz, il genere conosciuto come taraneh, le cui icone più emblematiche, come Googoosh e Delkash, avevano stregato l’Iran prerivoluzionario.
La music di “Zan”, e del precedente “Naz”, può essere vista come un’interpretazione moderna del sincretismo musicale di quegli anni, dove elementi estetici e forme popolari occidentali incontravano ritmi, simbolismo e sonorità iraniane.
Un mix di elementi che fatica ad emergere in Iran causa della censura di stato, ma trova posto nella scena world. Nel disco Liraz collabora, tuttavia, con musicisti Iraniani rimasti anonimi per ragioni di sicurezza, le cui tracce e pagamenti sono stati scambiati segretamente online, passando per stati con posizioni più neutrali nei confronti della Repubblica Islamica. Una produzione accurata e pulita, pop elettronico e strumentazione occidentale incontrano ritmi persiani ed il baglama turco, registrato da un musicista anonimo residente in Iran. “Zan” significa donne in Farsi ed è dedicato alla genealogia al femminile e alle donne ebree di origine iraniana, storicamente escluse dalla produzione culturale e date in sposa appena adolescenti.
Il disco è quindi una battaglia sociale, uno sfogo liberatorio, una rivendicazione e una celebrazione per chi ha combattuto contro tradizioni abusive come la madre e la zia, la famosissima cantante pop Rita.
Ad aprire il disco è “Zen Bezan” dove l’elettronica contemporanea rinforza il sound delle sale da ballo Iraniane dei primi anni ’70 mentre gli archi fanno l’occhiolino agli artisti pop iraniani del passato. Partecipa all’incastro anche una percussionista di Tehran, il cui tombak si unisce alla band di Liraz. “Injah” ondeggia invece su un arpeggiator su cui gli strumenti e la voce si intrecciano in volteggi pittoreschi. Troviamo la stessa oscillazione in “Joon Joon”, brano poliritmico con classiche ritmiche persiane e un’anima disco. Joon è il soprannome della figlia di Liraz che spasso appariva in braccio alla madre durante le conversazioni con l’ospite coinvolto nella traccia. Fantastica l’interpretazione della ballad “Shaab Gerye” di Ebi, uno degli innumerevoli artisti pop ad emigrare, nel suo caso in Spagna. Il gioiello del disco è però “Lalai”, la ninna-nanna che la nonna di Liraz cantava a sua madre, sua madre a lei e lei a sua figlia. Una finestra sul passato che ricostruisce una melodia tramandata di donna in donna. Curiosamente, una ninna-nanna con lo stesso titolo e un arrangiamento incredibilmente simile figura nel disco “Asleep in the Bosom of Childhood” di Maureen Nehedar, che assieme a Liraz è l’unica cantante iraniana che lavora sulle sue radici in Israele. Entrambi i brani sono distesi, accompagnati da suoni atmosferici che ricalcano la tonica come un bordone enfatizzando la modalità e la microtonalità della melodia. Trovo particolarmente curioso che le uniche esponenti musicali della comunità giudeo-persiana siano donne, fatto particolarmente ironico se pensiamo che in Iran le donne non possono cantare in pubblico come soliste. Non solo, anche storicamente le donne erano scoraggiate a partecipare alle attività musicali in Iran in quanto ritenute poco rispettabili sia dai musulmani che dagli ebrei. Le canzoni delle donne si diffondevano nei cortili delle grandi case che ospitavano famiglie estese nei mellah, i quartieri ebraici. Qui si scambiavano racconti e insegnamenti per le più piccole mentre le donne più anziane alleggerivano i loro pensieri con la pratica del ‘dard-e del’ in cui si parla del ‘cuore addolorato’. Questa ninna-nanna è probabilmente figlia di quella tradizione. La musica degli ebrei iraniani è in larga parte scomparsa nel secolo passato. Il lavoro di Liraz, sebbene non mirato al recupero e al restauro di una tradizione scomparsa, diventa fondamentale perché dà voce a una comunità che la voce l’ha perduta. “Zan” è, forse incoscientemente, un simbolo per un gruppo etnico-culturale, una risposta ad un bisogno di rappresentanza e un baluardo identitario. Ci offre una finestra sulla vita di queste persone oggi, in un mondo globalizzato ma in cui le radici continuano a risuonare nelle memorie della gente. Liraz apre questa finestra con la musica, lasciando entrare sonorità elettroniche, pop e rock mentre delle donne cantano i loro mali, raccolte in un cortile.
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Occidentalismo: come gli artisti orientali vedono noi e la nostra storia dell'arte
I grandi viaggi e le colonizzazioni degli esploratori occidentali hanno aperto alla strada a quello che chiamiamo orientalismo o esotismo.
Nato dai commerci e dagli scambi, soprattutto di spezie e stoffe preziose, l’orientalismo rappresenta sia un anello importante nelle relazioni tra Paesi sia un’occasione di mescolanze e variazioni negli stili della cultura, soprattutto per quanto riguarda realtà evolute come Cina e Giappone.
La raccolta di novelle Le Mille e una Notte, scritte in arabo e poi tradotte in francese, determina una vera e propria ebbrezza estetica in età napoleonica e successivamente vittoriana.
Per l’Occidente, l’Oriente è altro, oggetto di discriminazione, quando non di persecuzione vera e propria; è espressione delle differenze culturali, con alti e bassi nella natura politica, sociologica e individuale. Basti pensare a Il Mercante di Venezia di Shakespeare, di “vago” sapore antisemita.
Letteratura, arti figurative, costume e decorazione di ambienti, alimenti, tutto ne fa parte portandosi dietro un fascino che solo successivamente verrà integrato con nuovi approfondimenti.
Tuttavia è interessante ricoprire la ricostruzione di luoghi e costumi nelle pellicole americane dei più famosi colossal (un esempio è Cleopatra di Joseph L. Mankiewicz). Nell’arte il fenomeno è ampiamente sviluppato e descritto ad esempio nel “rovinismo” (ovvero i ruderi Italiani e orientali delle prime scoperte archeologiche), la passione per il paesaggio con ponti e templi o la visione dell’Oriente in un artista come Delacroix.
La moda e la musica ovviamente non sono esenti da suggestioni e citazioni: dalla Marcia turca di Mozart, ai pantaloni “alla turca” di Paul Poiret.
Più complesso è parlare del fenomeno opposto: l’Orientalismo, saggio di Edward Said, cerca di approfondire il rapporto tra Europa e Oriente. L’impero dei segni di Roland Barthes, parla del suo viaggio in Giappone.
Grazie a una mostra dell’artista cinese Chen Zhen all'Hangar Bicocca di Milano, possiamo avere uno spunto per capire la relazione tra Occidente e Oriente. La relazione storica tra natura e cultura, mondo contemporaneo, consumo di massa, fanno parte della sensibilità di questo artista che ha dimostrato a convergenza tra i due mondi. Le sue opere trasmettono un’atmosfera “trans intercontinentale”, tra passato e recenti esperienze, tra Oriente e Occidente; come Cristal Landscape of Inner Body del 2000, undici organi umani di cristallo, che sembrano simboleggiare la morte.
Molti anni prima, nel secondo dopoguerra, un gruppo di artisti giapponesi era stato individuato dal critico Michel Tapié. Era il Gruppo Gutai, che conduceva una ricerca a trecentosessanta gradi, coincidendo molto spesso con quella degli artisti europei.
Altri artisti importanti sono: Hidetoshi Nagasawa, che scoprì l’Occidente grazie a un epico viaggio in bicicletta; Shirin Fakhim, artista iraniana che crea bambole a grandezza naturale con evidenti influenze occidentali; Ai Weiwei, artista, designer e architetto che opera a New York. Questi alcuni esempi, di un nomadismo culturale che incontra, nelle arti visive, un intreccio di sensibilità concettuale, oscillante tra Pop e spiritualità.
tratto da Finestre sull'Arte
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A Sueca-Iraniana Ayelle Lança Novo Single "Still a Boy". 》A Faixa R&B Com Fusões De Pop e Eletrônico A Cantora De Voz Suave Está Apaixonada Por Um Novinho e Deixa a Dualidade Se É Novo de Idade Ou Maturidade. Já Em Todas As Plataformas Digitais. #ayelle #musica #2021 #slavesofpop https://www.instagram.com/p/CS9G_SrLm7C/?utm_medium=tumblr
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TIME ZONES 2021 XXXVI edizione Bari 10 settembre 16 ottobre
Chiostro Santa Chiara,Teatro Kismet,Auditorium Vallisa.
Il festival che partirà il 10 settembre ha immaginato questa sua XXXVI edizione come una sorta di riflessione post-pandemica andando a declinare molte delle proposte musicali in stretta connessione con la parola. La sezione Literature dove ormai da parecchi anni la musica incontra la letteratura con produzioni originali , quest'anno si snoda intorno ad alcune narrazioni sceniche ispirate a quattro testi particolarmente significativi. Il 10 settembre Marco Bechis cileno di nascita,ma argentino d'adozione (regista di Garge Olimpo) racconterà in prima persona la sua avventura di prigioniero e candidato desaparecido nell'Argentina di Videla alla fine degli anni 70.Lo farà con le pagine del suo primo lavoro da scrittore”La solitudine del sovversivo”(2021 Guanda) e con i ruvidi suoni della band italo-irlandese dei Magpies. Il 26 settembre il testo che é stato definito come la perfetta metafora del lockdown”Questa é l'acqua “ del compianto David Fostert Wallace,sarà nella potente ed accattivante voce dell'attore Totò Onnis e nella chitarra elettrica di Alberto Parmegiani. Il carteggio epistolare tra J.P.Sartre e S.De Beauvoir tra voce e suoni dal 22 al 29/9.(P.Panaro& The Morleo . L'8 ed il 9 ottobre invece la tenera e sconquassante favola della scrittrice indiana Arundhati Roy”Il Dio delle piccole cose”(Guanda 1997) in una suggestiva combinazione di
immagini(Pit Campanella) ,interpretazione(Teresa Ludovico) e grande musica composta per l'occasione (Time Zones Ensemble diretto dal maestro Sanjay Kansa Banik Alla fine di Literature “Nella perfida terra di Dio”(Adelph2017) il truculento capolavoro western pugliese di Omar di Monopoli con l'attore ,ormai stabilmente dedito al barbonaggio teatrale,Ippolito Chiarello,ed i suoni del giovane compositore Go Du Gong.
In Underzones ,lo spazio/ricerca del festival spazio a giovani band come Botaniqve e Redroom ed elettronica di ogni tipo:Si va dal duo di New Orleans i Budokan Boys(25/9),alla sound artist iraniana Rojin Sharafi(8/10) dal producer canadese T.Gowdy(9/10)al compositore egiziano Maurice Louca16/10) passando per il chitarrista e percussionista australiano di origini irachene Oren Ambarchi(15/10).
Il resto del programma :il 25 settembre la violoncellista newyorchese Julia Kent,il 1 ottobre la violinista giapponese Aska Kaneko ed il pianista Michele Fazio. Il 2 ottobre caro Endrigo un inedito omaggio al grande Sergio Endrigo che proprio a Time Zones fece nel 2001 uno dei suoi ultimi concerti prima della scomparsa nel 2005,Una rilettura con riarrangiamenti e lettura di suoi testi inediti. Infine un esperimento per costruire con una mappa di suoni identitari della città di Bari, una sorta di Bari Soundscape affidato ai field recording dell'Associazione Folklore Elettrico.
Calendario Time zones 2021 XXXVI Edizione
10 settembre Chiostro Santa Chiara Bari
La solitudine del sovversivo di e con Marco Bechis Musiche composte ed eseguite Magpies band
17_19 settembre Parco Princigalli
Challenge Underzones
25 settembre Chiostro Santa Chiara -Budokan Boys in concerto -Julia Kent in concerto
26 settembre Chiostro Santa Chiara -Questa é l'acqua (D.Foster Wallace )Totò Onnis voce &Alberto Parmegiani musica -Limpe Fucks Concerto per sculture sonore
27-30 settembre Auditorium Vallisa
-Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir: contrappunti di una relazione
1ottobre Teatro Kismet -Aska Kaneko in concerto -Michele Fazio Trio in concerto
2 ottobre Teatro Kismet -Caro Endrigo Dario Schepisi 4tet -Gianni Ciardo Musiche da teatro
8 ottobre Teatro Kismet -RojinSharafi in concerto -Il Dio delle piccole cose Teresa Ludovico,Time Zones Ensemble,Sanjay Kansa Banik
9 ottobre Teatro Kismet -T.Gowdy in concerto -Il Dio delle piccole cose Teresa Ludovico,Time Zones Ensemble,Sanjay Kansa Banik
15 ottobre Teatro Kismet -Maurice Louca in concerto -Bari Soundscape “Rumori e Suoni di una città”.Concerto
16 ottobre Teatro Kismet -Oren Ambrachi in concerto - Le ragioni dei topi.La Prefazione. Omaggio a Franco Cassano Alessandra Celletti piano ,Adriana Gallo voce
www.timezones.it
Accesso con green pass
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O Irã é um país enorme e percorrer longas distâncias de bicicleta por ele com o visto de turismo de apenas 30 dias é bem difícil, por isso renovamos nosso visto na cidade de Hamedan. Com mais 30 dias chegamos tranquilamente na cidade de Isfahan, conforme contamos no Trecho 2.
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Isfahan foi a cidade que mais gostamos no Irã, ela tem seu charme e lugares muito interessantes para visitar. É conhecida como uma cidade romântica e concordamos com isso. Durante o dia apresenta muitos lugares bonitos para visitar e a noite a centenária ponte Sio Se, iluminada atravessando o rio Zayandeh apresenta um charme todo especial. Visitamos o bairro armênio, o centro histórico e alguns parques também. Chegamos na cidade nos dias de comemoração do final do Ramadan e os lugares estavam movimentados, mas entrar na cidade de bicicleta foi tranquilo e algumas ruas menores e arborizadas nos protegeram do sol forte. Muitas belezas, bazares, história e riqueza cultural reunidas em uma cidade.
Si-o-se Pol, também conhecida como Ponte dos 33 Arcos ou como Ponte Allah-Verdi Khan, é uma das onze pontes que cruzam a cidade de Esfahan, no Irã. Foi erguida no ano de 1602 durante o reinado do xá Abbas I. Considerada um dos principais símbolos da Dinastia dos Safávidas (1502-1722), a ponte passa pelo Rio Zayandeh, servindo de represa para o rio que corta a cidade. Abriga uma renomada e muito conhecida casa de chá em seu interior. É uma das atrações turísticas mais conhecidas e tradicionais da região, principalmente à noite, quando fica iluminada. A ponte tem 295 metros de comprimento por 13,4 m de largura e é formada por duas fileiras de 33 arcos, construídos em pedra e ladrilhos.
Levamos um notebook conosco na viagem, esta meio detonado e com a tela quebrada, mas segue suprindo nossas necessidades. Em isfahan ele começou a “morrer”, parou de carregar a bateria. Buscando um lugar para consertá-lo, fomos sortudos em encontrar uma loja enorme que reparava todos os tipos de computadores. O dono da loja foi muito marcante em nossa passagem por Isfahan, ele representava totalmente a hospitalidade iraniana. Bem humorado e muito atencioso, ele consertou nosso computador, ofereceu almoço para nós, nos levou de carro para resolvermos algumas pendências e ainda explicou várias coisas sobre seu país, tudo isso de forma muito espontânea e natural. Mais uma das pessoas incríveis que gravam momentos especiais em nossa memória e nos fazem pensar muitas coisas.
Demos entrada no nosso visto do Turcomenistão em Tehran para pegá-lo em Mashhad. De Isfahan, onde fomos pedalando desde que entramos no país até Mashhad seriam aproximadamente mais 1200 km, ou seja, mais 1 mês pedalando e não tínhamos este tempo no nosso visto renovado. Além disso, esta região entre as duas cidades é a porção de deserto do centro do Irã, o que não teria muitos atrativos e pontos de parada. Devido a tudo isso, desmontamos a bicicleta, embalamos as coisas e compramos passagens de ônibus de Isfahan a Mashhad (tentamos o trem mas não havia mais cabines). O ônibus é chamado V.I.P. bus, mas será que é mesmo??
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As propagandas dos ônibus noturnos V.I.P. no Iran mostram ônibus bonitos, tudo novinho e relatos maravilhosos, mas no nosso caso, assim com com outros cicloviajantes que encontramos, não foi bem assim. Com a economia detonada, o Iran esta com muitas coisas com preços bons, incluindo os transportes, porém com qualidade questionável. Chegamos com 2 horas de antecedência na rodoviária e fomos até o ônibus do empresa Royal Safar Iran. Chegando lá, o funcionário encarregado de colocar as malas no ônibus olhou com cara feia quando viu a bicicleta e resmungou o tempo todo. O ônibus estava cheio e lotado de bagagens, então a única maneira foi colocar a “Minhoca”, nossa amada bicicleta no teto do ônibus. Que dor no coração que deu nessa hora. Além disso o motorista do ônibus cobrou cerca de 8 dolares para levar a bicicleta. Entramos no ônibus e vimos que ele não era muito V.I.P. como tentam vender nas propagandas. As poltronas não reclinavam muito, tudo estava um pouco velho e o ônibus não tem banheiro. Cerca de 1 hora depois da saída é servido uma marmita até que saborosa de jantar e pronto, começa um filme iraniano bem velho na TV do ônibus, que só é desligada quase meia noite. O motorista fumava dentro do ônibus e ouvia musicas no rádio, empatia zero com os passageiros. Finalmente depois de 16horas sacudindo e dormindo mal, chegamos a Mashhad. Tiraram a “Minhoca” do teto do ônibus. Para nossa alegria, chegamos todos são e salvos. De V.I.P., apenas o nome. Conversamos com outros cicloviajantes que tiveram experiências boas e tranquilas, outros um pouco desastrosas e outros dos quais a bicicleta caiu do teto do ônibus inclusive.
Portanto a dica é não esperar muito das companhias, ter paciência e aceitar que talvez terá que pagar alguma “taxa de transporte”, com a possibilidade da bicicleta ir amarrada ao teto do ônibus se o bagageiro estiver muito cheio.
Depois de remontarmos a bicicleta ali na rodoviária de Mashhad mesmo, seguimos pedalando até a casa dos nossos anfitriões, warmshowers. O plano era seguir pedalando os poucos cerca de 180 km até a fronteira com Turcomenistão, e seguir desbravando este novo país que nos esperava e doa qual não tínhamos nem ideia de como seria.
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Há alguns meses estávamos seguindo e trocando mensagens com os cicloviajantes iranianos Ehsan e Shima. Eles viajaram o Irã durante 8 meses com o pequenino e gracioso Arsalan, o bebezinho deles. Uma viagem cheia de aventuras e lindas histórias e queríamos muito conhecê-los pessoalmente. Mais uma vez tivemos muita sorte, quando estávamos indo para a cidade de Mashhad eles estavam lá e nos hospedaram por três noites. Foi incrível, eles tem muita vivência do Iran, histórias divertidas e são muito animados. Nos sentimos parte da família com eles. Eles são muito atuantes no cicloturismo e cicloativismo no país e adoramos conhecê-los pessoalmente. Quem quiser acompanhar a aventura deles pelo Irã, vale muito a pena (@ourlifecycle3).
Em Mashhad pegamos o visto do próximo país depois do Iran. Para nós, o “desconhecido” Turcomenistão. Demos entrada na embaixada em Tehran e pegamos no consulado em Mashhad, telefonamos alguns dias antes e quando soubemos que nosso visto foi aprovado seguimos o plano e compramos a passagem de ônibus para Mashhad (a aprovação parece funcionar como “roleta” e os requisitos para ser aprovado ou não são desconhecidos. Sorte talvez?). Nosso plano B caso não fosse aprovado seria pegar um transporte até o Azerbaijão e então seguirmos de Ferry Boat até o Cazaquistão, entrando por aí na Ásia Central.
A cidade é uma das mais sagradas para a comunidade xiita muçulmana. Ali se encontra a tumba do imã al-Rida (765-c.818), um dos sucessores legítimos do profeta Maomé, segundo os xiitas. Um mausoléu foi construído para o imã e reconstruído várias vezes ao longo dos séculos. Cerca de 20 milhões de turistas visitam o mausoléu de al-Rida anualmente. Em 30 de outubro de 2009 (aniversário da morte do Imã Reza), o então presidente Mahmoud Ahmadinejad declarou Mashhad como a “capital espiritual do Irã”. Nós fomos visitar a Mesquita e é realmente muito bonita, principalmente a noite. A Flavinha teve que se cobrir toda com o Chadôr para entrar. Ficamos uns 15 minutos lá dentro, sentados vendo a movimentação e ouvindo as rezas.
Depois de Mashhad começou o nosso último trecho pedalando no Irã. Cerca de 180 km nos separavam da fronteira com o Turcomenistão. Como não se pode entrar antes do dia que consta no visto, fomos com calma, afinal de contas no Turcomenistão o rítmo seria muito mais frenético. Depois de cerca de 60km, próximos a um pequeno vilarejo chamado Abravan, avistamos uma mesquita e fomos até lá perguntar se poderíamos dormir por alí. Fomos recebidos pelo simpático Sr Abdullah, que acostumado a receber cicloviajantes que vão sentido Turcomenistão, nos ofereceu uma salinha reservada para passarmos a noite e o melhor, com ventilador, afinal o calor estava com força total.
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Depois de uma subida, vem a descida para saborearmos. As estradas iam ficando cada vez em menores altitudes, o calor aumentava e a paisagem mais desértica conforme nos aproximávamos do Turcomenistão.
Há certos dias onde buscamos privacidade, pois estamos cansados e queremos dormir sem barulhos, ou não queremos falar com ninguém ou simplesmente não estamos de bom humor. Pouco antes da cidade de Sarakhs, completamos 19000 km pedalados e buscamos um lugar quieto e isolado para acamparmos, evitando ao máximo curiosos. Queríamos ficar somente nós dois alí, sem visitas. Quando a estrada estava sem carros, rapidamente empurramos a bicicleta para o meio de algumas dunas, onde carros ou motos dificilmente chegariam, nos afastamos da estrada e nos escondemos em meio a algumas pequenas colinas, lá, fora do ângulo de visão da estrada e escondidos, passamos um final de tarde tranquilo e uma noite silenciosa com um céu estrelado. Para dizer que ninguém nos achou, pela manhã, antes de desmontarmos a barraca havia uma aranha que teceu sua teia do lado de fora.
Usar véu não estava sendo fácil para a Flavinha com o calor que estava fazendo no Irã com a proximidade do verão. Este foi o último dia de pedal com véu no Irã. Chegamos a cidade de Sarakhs, na fronteira com o Turcomenistão, no meio da tarde. Fazia muito sol e calor e a Fla estava toda suada e já cansada de ter que pedalar toda coberta.
O Irã sem sombra de dúvidas foi um país muito intenso para nós em todos os sentidos. Muitas coisas diferentes, choque cultural e muito aprendizado. Infelizmente o país está passando por um mal momento político-econômico e com quase dois meses percorrendo o país e tendo muito contato com as pessoas, pudemos sentir e vivenciar as alegrias e tristezas do povo iraniano. Conhecemos pessoas incríveis neste país, hospitaleiras e bondosas. Visitamos lugares bonitos, dançamos, comemos comidas diferentes para nosso paladar e aprendemos muito nestes quase dois meses no país. As diferenças culturais também testaram nossa paciência algumas vezes e nos fizeram repensar muitas coisas. Neste dia encerramos o ciclo em terras persas e nos preparamos para uma maratona de cruzar em no máximo 5 dias aproximadamente 500 km no Turcomenistão, outro país totalmente desconhecido por nós.
“Khoda Hafez Iran”… desejamos um futuro mais feliz para este país cheio de pessoas bondosas.
<- trecho 2
Iran – Viajando de bicicleta por terras persas. Hospitalidade e história. Trecho 3, Da cidade de Isfahan a fronteira com o Turcomenistão, misto de ônibus e bicicleta . (for other languages please use the website or browser translator). O Irã é um país enorme e percorrer longas distâncias de bicicleta por ele com o visto de turismo de apenas 30 dias é bem difícil, por isso renovamos nosso visto na cidade de Hamedan.
#2fortrips#bicicleta#Bicycle#cicloturismo#cycle touring#Iran#irã#tandem#travel#viagem#viagem de bicicleta
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Torna dal 24 al 30 luglio l’OSS, Ortigia Sound System
“Holidays” è il tema della quarta edizione del festival che unisce world music, pop ed elettronica. Con alle spalle un’edizione caratterizzata da un grande incremento di pubblico e di risonanza a livello mediatico, Ortigia Sound System torna dal 24 al 30 luglio 2017 negli incantevoli scenari dell’isola di Ortigia, Patrimonio Unesco.
Continuare a crescere, rimanendo fedele alla propria identità, è l’obiettivo di OSS che, anche per questa quarta edizione, proporrà un cartellone selezionato e variegato capace di unire mondi musicali diversi come quelli della world music, del pop e dell’elettronica.
Una delle novità di quest’anno è la collaborazione con la prestigiosa Red Bull Music Academy (www.redbullmusicacademy.com) l’istituzione internazionale che dal 1998 promuove la creatività musicale attraverso concerti, dj-set, workshop, conferenze e sessioni di registrazione in studio.
Un incontro di generi che riflette l’anima multietnica di Ortigia, da sempre luogo di incontro tra le culture e le popolazioni del Mediterraneo.
LINEUP Oltre le barriere, oltre i generi, oltre gli stili, la programmazione di Ortigia Sound System 2017 riflette la natura multiculturale del luogo, indagando la musica elettronica di oggi, in tutte le sue sfumature e influenze. I Mount Kimbie, che hanno rilasciato proprio oggi un nuovo singolo con James Blake, sono tra i primi nomi confermati della lineup di #OSS17, in esclusiva italiana.
MOUNT KIMBIE (ITALIAN EXCLUSIVE) Considerati tra gli iniziatori del cosiddetto “post-dubstep”, Dominic Maker e Kai Campos sono autori di un’elettronica intima fondata su un eclettico mix di influenze che parte dalla club culture e giunge nei territori sonori più vari.
SEVDALIZA (ITALIAN DEBUT) Sospiri che contrastano con linee di basso marcate, atmosfere sensuali e dark che si tingono di malinconia. Nella musica della cantante di origine iraniana, R&B, pop ed elettronica dialogano parlando il linguaggio della contemporaneità.
PAQUITA GORDON Ambasciatrice del suono analogico in giro per l’Italia e l’Europa, organizzatrice di eventi a Milano e in Sicilia, Paquita Gordon si distingue per i suoi set di house e techno dalle forti influenze soul, jazz, funk e disco.
PALMS TRAX Sangue inglese ma cuore americano, il berlinese d’adozione Palms Trax è noto per la sua miscela di house e techno in stile Chicago/Detroit, con synth interstellari che si annidano all’interno di un drumming percussivo.
AVALON EMERSON Dal deserto dell’Arizona a Berlino, passando per San Francisco. Luoghi che si incontrano anche nella sua musica, che riflette l’amore per il design sonoro della new wave, il futurismo della techno, l’anima della house americana e l’esuberanza della scena rave.
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Melovaz, niente più donne sulle copertine musicali
#Melovaz, la piattaforma di #musica #streaming #iraniana censura le donne protagoniste sulle copertine degli album, da #Beyoncè a #LadyGaga
Melovaz, una nota piattaforma di musica streaming iraniana ha messo un veto oscurantista sulle donne protagoniste delle copertine degli album
Da sempre i dischi, sia compact che vinili, sono considerati oggetto di vero feticcio per i fruitori musicali. Non soltanto per la corporeità rispetto ad un file di bit ma anche per il loro packaging. Infatti, spesso, nella storia evolutiva della musica…
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CANZONETTE OF THE WEEK
La rubrica settimanale fatta dai ragazzi di Vista Mare per i tuoi momenti di musica.Tutte le migliori uscite degli ultimi mesi le curiosità sui nuovi artisti e i nuovi suoni del mondo contemporaneo.
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Baro - PRETTY Baro AKA Baz Richie, è Australiano , la sua musica è un intreccio di più generi e ha una voce magnifica. Sappiamo praticamente nulla di lui, ma di sicuro lo continueremo a seguire da oggi!
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Ok Go - Obsession Quei bravi ragazzi degli OK GO li consciamo tutti più per i loro video, che per la loro musica. Nei loro lavori ogni volta c'è un oggetto di riferimento che usano in svariate varianti, hanno usato tapis roulant, bidoni, assenza di gravità, macchine e per questo video clip stampanti. Non si può dirgli niente, sono bravi!
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YOMBE - nothing new to me Il duo italiano attivo dal 2015 esce pochi giorni fa col nuovo album "GOOOD". Mischiano suoni elettronici, Hip Hop a melodie vocali soul e R'n'B. Il loro suond è sicuramente più maturo e strutturato rispetto al primo lavoro "EP" del 2016, un disco piacevole e ben fatto. Un vero piacere vedere un tale Made in Italy.
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Björk - blissing me Attrice, discografica, compositrice, attivista e cantautrice, insomma artista completa attiva dal "lontano" 1977. Conosciuta proncipalmente per la sua musica, un mix di elettronica, trip pop, sperimentale che va a creare ambientazioni minimaliste di grande avanguardia. Una delle artiste più riconosciute degli ultimi anni anche per la scelta degli abiti e per la complessità dei video clip. Il suo Ultimo album "utopia" è uscito pochi giorni fa e vi consigliamo di ascoltarlo assolutamente.
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SEVDALIZA - Hear my pain heal Iraniana trasferitesi all'età di 5 anni in Olanda e poi a 16 in Germania per ragioni di studi, è attiva sul panorama musicale dal 2013. Il suo primo album "Ison" uscito ad aprile scorso, è un mix sensazionale di elettronica e alternative R&B, un suo esperimento tutto nuovo, che a noi fa impazzire. Hear my pain heal, è l'ultima traccia del suo disco e il video è uscito pochissimi giorni fa, GODITELO!
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Modena, "Leggere Lolita a Teheran" nella giornata della donna
Modena, "Leggere Lolita a Teheran" nella giornata della donna. È ispirato alle donne iraniane che lottano per essere libere, il recital “Leggere Lolita a Teheran” in scena al Teatro Storchi, mercoledì 8 marzo alle 20.30, per celebrare la Giornata internazionale della donna che la città di Modena, con un programma dal titolo “8 marzo tutto l’anno!”, dedica a tutte le donne che ogni giorno combattono per il diritto ad autodeterminarsi. Il programma è proposto dal Comune di Modena e dal Tavolo comunale delle associazioni per le pari opportunità e la non discriminazione, in collaborazione con enti e associazioni femminili, culturali e sportive, e, come di consueto, prosegue per tutto il mese di marzo con performance teatrali e reading, presentazioni di libri, mostre e proiezioni, seminari, incontri e passeggiate culturali. Il programma per la Giornata della donna è stato presentato questa mattina, mercoledì 1 marzo, in Municipio dall’assessora alle Pari opportunità del Comune di Modena Grazia Baracchi con una conferenza stampa alla quale è intervenuto anche Franco D’Ippolito in rappresentanza di Emilia Romagna Teatro-Ert che cura lo spettacolo al Teatro Storchi. Come ha sottolineato l’assessora Baracchi, il programma proposto prevede quasi quaranta appuntamenti “costruiti insieme con numerose realtà del territorio, momenti di riflessione e condivisione per rappresentare la grande ricchezza del pensiero femminile in città, collaborare alla creazione di una cultura delle pari opportunità per tutte e per tutti, costruire insieme una città inclusiva”. Lo scorso settembre Mahsa Amini morì dopo essere stata arrestata a Teheran dalla cosiddetta polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. Da allora, le proteste guidate dalle donne, sostenute per la prima volta anche da tanti uomini, soprattutto giovani, hanno infiammato l’Iran. La serata allo Storchi, che riprende la tradizione dello spettacolo a ingresso gratuito su prenotazione fino a esaurimento dei posti, racconta questa nuova “rivoluzione” attraverso il recital, le immagini fotografiche e la musica, le testimonianze di quanto sta accadendo raccolte da Amnesty International. I biglietti, validi per una persona, possono essere ritirati (per due persone al massimo) alla biglietteria del Teatro Storchi, il martedì e il sabato dalle 10 alle 14 e dalle 16.30 alle 19; il mercoledì, giovedì e venerdì dalle 10 alle 14 (informazioni: biglietteria telefonica Teatro Storchi: 059 2136021; www.emiliaromagnateatro.com). Lo spettacolo, tratto dal romanzo di Azar Nafisi e messo in scena da Ert, è recitato da Cinzia Spanò che darà voce ad alcuni estratti del libro, accompagnata dalle composizioni originali della pianista Roberta Di Mauro e dal coro delle donne di Amigdala; sullo sfondo, le foto di Marinka Masseus, tratte dal progetto “My stealthy freedom Iran”. Il recital si conclude con un momento di approfondimento costituito da testimonianze di donne iraniane lette da donne modenesi, con interventi di Tina Marinari, di Amnesty, e della stessa Cinzia Spanò. “Leggere Lolita a Teheran” nasce dall’esperienza di Azar Nafisi che, nell’autunno del 1995, fu costretta a lasciare il suo incarico di docente universitaria a causa delle pesanti pressioni della Repubblica Islamica sui contenuti delle lezioni e, in generale, sulla vita privata delle persone, in particolare delle donne. Nafisi rispose aprendo il suo salotto di casa a sette studentesse che ogni settimana si riunivano per parlare di letteratura. Sebbene dalla rivoluzione iraniana siano passati più di quarant’anni, le parole e le vicende del romanzo di Nafisi risuonano vive e attuali, ancora di più oggi, con le proteste in corso in Iran. Il reading si propone come un ideale prolungamento del salotto di Nafisi, per portare il romanzo oltre la letteratura, in altri spazi e contesti, dai teatri alle scuole, con l’obiettivo di amplificare la voce femminile della resistenza e mettere in connessione donne provenienti da differenti paesi, situazioni ed epoche.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Milano Music Week: con Linecheck Music Meeting and Festival si balla e si parla dal 20 al 26 novembre
Come scrive Ansa.it, la Milano Music Week spinge forte (...)
"... dal 20 al 26 novembre 2017. Il programma presentato oggi conta 200 artisti, 100 concerti, 57 dj-set, 16 talk, 112 panel per una rassegna che tocca 70 luoghi della città in una serie di appuntamenti a ingresso gratuito o a pagamento tra popstar, professionisti del settore e nomi di culto: "Se alla Design Week la gente fa la coda per un comodino, noi speriamo di suscitare la stessa curiosità diffusa sulla musica: ogni giorno ci sarà qualcosa di bello da vedere" dice il curatore, Luca De Gennaro..."
E visto che siamo su AllaDiscoteca.com, cosa si balla di bello? L'epicentro di tutto è il Base, ovviamente a Milano, per meeting molto interessanti.
Thundercat nella sua unica data italiana (sabato 25, in collaborazione con Jazz:Re:Found), l’hip-hop di Freddie Gibbs (domenica 26).
Martedì 21 novembre dal Circolo Magnolia di Segrate c'è il live dell'artista iraniana Sevdaliza...
Tutto il programma dei concerti e dei meeting in ambito dance elettronica & co, decisamente interessante, è disponibile sul sito di Linecheck http://www.linecheckfestival.com
Tra i tanti appuntamenti eccone uno che riguarda direttamente la dance, il 20 novembre al SAE, dalle 16 alle 18. E' un bel dibattio: l tema è Musica e comunicazione: old e new media. Parlano tre simboli di m2o, ovvero Manuela Doriani, Andrea Mattei e Maurizio Molella e con loro modera Daniele Spadaro (giornalista DJ Mag Italia e ufficio stampa storico del clubbing italiano).
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- Miriam Stellino Arrestati e mantenuti in isolamento da novembre, sono stati rilasciati solo pochi giorni fa i due giovani membri della band iraniana "Confess", di 23 e 21 anni, dietro pagamento di una cospicua cauzione. Su di loro, tuttavia, secondo quanto riportato da Metal Nation News, pendono ancora le pesanti accuse di blasfemia; propaganda contro il sistema; promozione si musica considerata satanica; scrittura di testi ateistici, antireligiosi ed anarchici; rilascio di interviste a radio straniere proibite. [ 175 more words ] http://ift.tt/2pLlUbv
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sede: MAC – Maja Arte Contemporanea (Roma); cura: Daina Maja Titonel.
In esposizione sei opere (cinque dipinti e una scultura) di Isabella Ducrot, Angelo Titonel, Leila Vismeh, Janine von Thüngen, Gaetano Zampogna che rendono omaggio al compositore austriaco Arnold Schönberg e agli artisti Pablo Picasso, Edward Hopper, Constantin Brancusi e Francis Bacon.
In tre dipinti il tema dell’omaggio è dichiarato già nel titolo, come nel caso di “Omaggio a Bacon” di Gaetano Zampogna, che recentemente ha tenuto una personale alla Fondazione Umberto Mastroianni. Ispirato alla celebre fotografia di John Deakin, tra le trame di un tessuto a fondo verde con stampe di elefanti, emerge – in forte contrasto – la sfocata e drammatica figura in bianco e nero di Francis Bacon. Il dipinto fa parte del ciclo “Le macellerie” a cui Zampogna sta lavorando dal 2015. Bacon stesso affermava di essere stato sempre colpito dalle immagini di mattatoi e di carne macellata: “Che altro siamo, se non potenziali carcasse? Quando entro in una macelleria, mi meraviglio sempre di non essere io appeso lì, al posto dell’animale”.
Esposta nel 2008 a Roma alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, l’opera di Isabella Ducrot (olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati) è dedicata ad Arnold Schönberg e fa parte del ciclo “Variazioni” (2006-2007), una serie di ritratti di famosi musicisti, generalmente di cultura russa, ma anche italiani come Scelsi e Panni, i quali dal patrimonio musicale della propria terra di origine, hanno attinto ispirazione e hanno convertito vecchie canzoni contadine e nenie religiose in “musica colta”.
Dipinto nel 2011 da Angelo Titonel come si trattasse di un negativo fotografico, e restituito con un ingrandimento spinto, provocatorio e simbolico, il volto di Picasso – mano alla fronte – fissa intensamente lo spettatore e lo cattura. L’opera fa parte di un ciclo di lavori in cui, nell’uso del ribaltamento dell’immagine, l’artista scopre un’ulteriore dimensione della figura, una identità introspettiva volta a cogliere “l’altra faccia” del ritratto. Di Angelo Titonel è esposto un secondo dipinto, “La biglietteria”, del 1980. In quest’opera l’artista veneto congela in un istante infinito di sospensione la biglietteria di una stazione ferroviaria. L’eco di un silenzio profondo e l’atmosfera malinconica contribuiscono a corroborare una visione di solitudine e irrealtà (o realismo magico). Un’atmosfera così specifica, che potremmo definire “hopperiana”. Non a caso Picasso affermava: “Noi, i pittori, siamo i veri eredi, coloro che continuano a dipingere. Siamo eredi di Rembrandt, Velázquez, Cézanne, Matisse. Un pittore ha sempre un padre e una madre; non nasce dal nulla. ”
E’ di Janine von Thüngen, scultrice tedesca attiva a Roma dal 2000, la testa dormiente in vetroresina. La bocca arcuata, la fronte levigata e tondeggiante sono di brancusiana eleganza. In questa opera l’artista ci conduce nella sua esperienza di madre che osserva il sonno del neonato, sospeso in una dimensione impenetrabile. Janine fissa per sempre quel momento nella sua scultura, a protezione una teca in vetro come una bolla amniotica. Esposta nel 2011 alla Biennale di Venezia nella sua versione in bronzo, l’opera fa parte dell’installazione “WasserKinder” (2003).
L’arte è citazione, sembrano dire le opere esposte. Come nel dipinto “Please smile” (2014) della pittrice iraniana Leila Vismeh che presenta un lavoro all’esposizione “Art Capital” al Grand Palais di Parigi. Una giovane madre, forse una contadina, tiene in braccio un neonato, accanto a lei il primogenito veste un costume rosso a pois bianchi, la bocca imbronciata. Sul fondo un mare azzurro si confonde con il cielo. E tornano alla mente e agli occhi – come un contrappunto – alcuni dipinti di Giulio Aristide Sartorio dove il mare di Fregene faceva da sfondo ai ritratti della elegante moglie con i figli sulla spiaggia; e ancora, per assonanza di quel mondo rurale, rivediamo la pastorella di michettiana memoria.
“Non temo di prelevare da altre arti, credo che gli artisti l’abbiano sempre fatto” aveva detto Lichtestein in un’intervista degli anni Sessanta, convinto che non ci fosse immagine che rielaborata, non potesse rinascere a nuova vita.
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TIME ZONES 2021
XXXVI edizione
Bari
Dal 10 settembre al 17 ottobre
Chiostro Santa Chiara, Teatro Kismet, Auditorium Vallisa
La XXXVI edizione di Time Zones nasce come momento di riflessione sugli accadimenti di questo sciagurato periodo non ancora esaurito. Gran parte delle produzioni che sono in cartellone quest'anno vedono accanto alle varie declinazioni musicali una stretta connessione con la parola.
La Sezione Literature ne è la prova più evidente. Infatti stabilmente vede l'incrocio della musica con la pagina scritta.
Quest'anno ben 5 produzioni originali, cinque narrazioni sceniche con al centro testi letterari particolarmente significativi su quello che deve essere il ruolo della cultura e della proposta culturale ai tempi del post pandemia.
Da segnalare soprattutto, il 10 settembre, la drammatizzazione di ”La solitudine del sovversivo” (Guanda2021), il duro romanzo di Marco Bechis, il regista di “Garage Olimpo”che ora anche con le parole ricorda le nefandezze del regime militare argentino. Sarà la sua voce ad incrociare i suoni della giovane band italo irlandese dei Magpies.
Poi c’è la sezione Underzones dove trovano spazio produzioni inedite di giovani band ed elettronica (producers, compositori per la scena, deejay). Si va dal duo di New Orleans Budokan Boyss, alla producer iraniana Rojin Sharafi, il sound artist canadese T.Gowdy della mitica Constellation Records, le colonne sonore del compositore egiziano Maurice Louca, gli esperimenti dell'australiano di origini irachene Oren Ambrachi e la grandissima violoncellista Julia Kent.
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