#mille giorni di te e di me
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catastrofeanotherme · 6 months ago
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Chi mi vorrà dopo di te
Si prenderà il tuo armadio
E quel disordine
Che tu hai lasciato nei miei fogli
Andando via così
Come la nostra prima scena
Solo che andavamo via di schiena
Incontro a chi
Insegneremo quello che
Noi due imparammo insieme
E non capire mai cos'è
Se c'è stato per davvero
Quell'attimo di eterno che non c'è
Mille giorni di te e di me
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loveisjustawaytodieblog · 2 months ago
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Chi mi vorrà dopo di te, si prenderà il tuo armadio e quel disordine, che tu hai lasciato nei miei fogli andando via così come la nostra prima scena, solo che andavamo via di schiena
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solocanzoninelleorecchie · 5 months ago
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chi ci sarà dopo di te respirerà il tuo odore pensando che sia il mio
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raccontidialiantis · 30 days ago
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Non desidero altro che te
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Mi sono laureato. Tu ti sei sposata e allora io me ne sono andato: per non soffrire più. Per farmi una parvenza di vita lontano da te. Oltre duemila chilometri, tra noi. Ma le persone te le porti dentro. Tutte quelle che hai incontrato. Una per una. Anche quelle con cui c’è stato solo un breve scambio di battute: magari solo un sorriso o - peggio - soltanto uno sguardo. Intenso. Perché l'incrociare gli occhi, se dura più di due secondi, è più sincero di un raggio laser. Letale. Ti incide il cervello. Le persone te le porti dentro. E tu sei stata la presenza più ingombrante di tutte. Fino a diventare un’ossessione.
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Dopo sette anni di lavoro intensissimo, duro ma produttivo, la settimana scorsa stavo per essere nominato dirigente: stipendio aumentato di molto, benefit vari, tra cui l’auto aziendale di prestigio etc... ma mi sono licenziato! Al buio. Le persone te le porti dentro. L’unica luce che vedevo nella mia mente era quella del tuo sguardo. E allora stasera eccomi qui: lascialo. Non sei felice con lui. Vieni con me. Ti offro di vivere insieme nel vecchio casolare diroccato di mio nonno. Si: quello che ancora si regge per miracolo. Dovremo ristrutturarlo e soprattutto trovare un’occupazione, sia io che te. Lo faremo in un momento, questo, molto difficile per tutti e con occasioni di lavoro sempre più scarse, in Italia.
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Intanto, camperemo con i miei risparmi e con i prodotti che semineremo e coltiveremo. Faremo lievitare ogni giorno insieme il pane e l’amore. Io sono bravo con tutti i lavori manuali; tu sai cucire, cucinare e servire ai tavoli. Venderemo la sovrapproduzione dei nostri prodotti. Faremo mille cose, per mettere insieme il pranzo e la cena. Ti offro una sfida, una svolta drammatica, ardua e coraggiosa. Io mi sono buttato e ho fatto duemila chilometri in una macchina carica di tutto ciò che ho potuto portare; il resto l’ho regalato, venduto o gettato via. La prima cosa che ho caricato comunque, è stato il piccolo Snoopy di pezza che m’hai regalato tu l’ultima volta che ci siamo visti. Mi faceva compagnia la sera, sai? Quando mi lasciasti, me lo desti ed era impregnato del tuo profumo, che ci avevi spruzzato sopra abbondantemente. E anche zuppo delle tue lacrime, che lo hanno bagnato mentre lo tenevi in mano lasciandomi. 
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Perché ti sei sentita obbligata a “sistemarti” e a troncare con “quello smidollato buono a nulla” - parole di tuo padre - per passare la vita intera con uno che non amavi e che non ami. Io lo so. Tu ami me. Ami me, me, me... Anche se mi hai bloccato ovunque per non cedere alla tentazione di provare a essere felice. Anche se cambi sempre discorso, quando ti parlano di me. Me lo dice tua sorella. Le persone te le porti dentro. Anche se il tuo cuore vorrebbe uscire adesso, in questo stesso istante, dalla gabbia toracica per correre incontro al mio e parlargli. Anche se a lui non dai ancora figli, perché in fondo speri in un miracolo. Ma i miracoli li puoi far accadere tu stessa, se solo vuoi. Allora stasera eccomi qui da te. A sorpresa. Non te lo saresti aspettato mai, eh? 
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Non sono ancora andato neppure a casa mia: so bene quello che mi aspetta, se rientro da solo e avendo gettato via tutto ciò che avevo costruito. Dai miei: rimproveri, lacrime, liti e rassegnazione. E il perdono. Loro capiscono. Sempre. Non mi sono potuto fare neppure una doccia e sono distrutto dal viaggio, perché sono partito alle tre di notte e crollo di sonno. Probabilmente puzzo come un caprone. Però ho per te un’unica domanda. Che farai adesso: sceglierai di continuare a portare sulle spalle un rimpianto che pesa una tonnellata e che ti piegherà sempre più per il resto dei tuoi giorni, fino alla fine o prenderai giusto quattro-cose-quattro e verrai via con me proprio adesso, prima che lui torni dal lavoro? 
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Mamma sa che ti amo e che mi ami. Soltanto davanti a lei ho pianto per te. E lei sola sa la vera ragione per cui ho cercato un lavoro lontanissimo: nessun altro. Se vieni tu a casa con me, anche mio padre si ammorbidirà. E solo guardandoti al mio fianco capirà, sono sicuro. Affronteremo tutto insieme: divorzio, problemi, ipocrisie, invidie, cattiverie. I figli tu falli con me. Cresceranno nell’amore. Allora? Vieni o no? Io t’aspetto in macchina.
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RDA
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angelap3 · 28 days ago
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Claudio Baglioni - Mille giorni di te e di me ( dedicato a te.....)
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♥️♥️♥️
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mccek · 1 year ago
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“Nonoo” questa mattina sei venuto a mancare e dopo aver lottato per altri tre mesi, anche se in ospedale ti avevano dato pochi giorni, ininterrottamente non hai mai mollato quel filo sottile che divide la vita dalla morte; anche contro le tue volontà a testa alta col tuo carattere (in cui non mi rispecchiavo) sei riuscito a tenerti vivo, ahimè, purtroppo, la morte vince si tutto, non ha pietà.
Fin da piccolo il tuo sogno era di vedermi guidare, cosa che se pur col tempo ho saputo apprezzare non ho mai amato fare come te, prima che l’infarto ti colpisse definitivamente ti avevo fatto una promessa, di portarti a vedere un gran premio di formula uno, da noi tanto amata, questo seppur per evidenti problemi economici non mi avrebbe mai impedito di non farlo, però non avresti avuto le forze, anche se immagino che ti saresti commosso, anche se una persona come te era difficile vederla piangere.
Abbiamo avuto periodi in cui ci costruivamo mentalmente dei muri invisibili e proprio per la differenza del nostro carattere questo ci ha ferito entrambi, fuori sicuramente eravamo orgogliosi ma il problema poi è sempre dentro, quel peso che a lungo andare ti consuma fino a trasformalo in malattia.
Col senno di poi siamo bravi tutti, tu hai le tue responsabilità e io le mie, non esistono santi, nessuno di noi due ha vinto o perso, nonostante abbiamo sofferto, ci siamo riavvicinati pian piano, con più fiducia e lo abbiamo fatto raccontandoci la mia, la nostra infanzia, nostra perchè alla fine hai passato davvero tanti anni assieme a me quando ero piccolo, io non dimentico i tuoi errori nonno, ma nemmeno il bene che mi hai fatto, la tua immensa disponibilità per me e la mamma quando aveva bisogno di essere portata per lunghi anni su e giù in ospedale, sappi che queste cose rimarranno impresse nella mia testa, perché col tempo, forse crescendo, anche se ancora mi vedo, sai, un po’ bambino, quel Mattia che era il tuo idolo, che doveva essere il migliore di tutti, ma che in realtà voleva solo essere come tutti, e che quei tutti avessero il mio stesso cuore, quella bontà che col tempo è pian piano svanita.
Chi si dimentica di tutta quella gente che ci Incontrava in bici la mattina presto?
La tua felicità negli occhi, nel vedere come tutti si fermassero a guardarmi, a parlarmi e a sottolineare il fatto che il sorriso non mi mancasse mai.
Si andava a prendere il pane, ne volevo subito un pezzo, ci fermavamo a vedere tutti i cani della via con la speranza che rispondessero alle mie parole, e restavo lì convinto fino a quando sentivo abbaiare e tu mi davi conferma delle loro risposte.
Che periodi, cercavo sempre mia mamma, purtroppo per via del lavoro per me era come stesse via intere settimane ma in realtà così non era, però tu ben sapevi quanto io sia legato a mamma, e tranquillo ricorderò sempre quanto anche tu lo fossi, anche se spesso avevi qualcosa da ridere per via del tuo carattere ricorderò le tue ultime parole: “La mamma è la donna più intelligente che ho conosciuto, fin troppo buona e disponibile per tutti, voglio che lei lo sappia”.
Potrei scrivere un libro, non un poema su ciò che abbiamo vissuto insieme, sei stato la mia infanzia, il mio periodo preferito, lo rivivrei mille volte, nonostante il tuo modo di essere, ma chi sono io per giudicare? Certo, quello che penso lo dico, come hai sempre fatto tu, ma allo stesso tempo non mi nasconderò mai come non giudicherò mai!
Ora stai vicino alla nonna, e assieme fatemi il regalo più grande, che non sono i soldi, non sono una vita di successi, ma la speranza di vedere vostra figlia, mia mamma, stare un po’ meglio.
Solo questo.
Il pensiero rimbomberà sempre nella mia testa, fra cose belle e cose brutte, ma per vivere di questi tempi, bisogna affidarsi solo all’amore, lo sai nonno no?
Quella piccola parte di odio che io ho sempre avuto verso la mia generazione, e tu, verso chi ben sapevi, era molto simile, però se fossi qui so che con un sorriso, e magari una lacrima, diresti: “Qua te ghe rason”.
Ciao caro nonno, ti voglio bene❤️
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ma-pi-ma · 2 months ago
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Amo la bellezza,
l'equilibrio, l'universo,
i grandi girasoli
di Van Gogh, gialli,
i canali scuri
di una Venezia rosa,
la luce sugli alberi
del tuo freddo paesaggio.
Adoro le magnolie
e il bizzarro unicorno,
gli efebi, Mykonos,
la magia dei giorni,
il cuore selvaggio
del Brasile verde scuro,
il suono di Cuba,
con il son e la salsa.
Amo il canto profondo,
la giava, le sonate,
quasi tutte le fughe
di Bach e Scarlatti,
Vivaldi, Mozart, Mahler,
Honegger, Stravinskij,
Ravi Shankar, I Beatles
e Chavela fuori orario.
E mi piacciono le arie
di Puccini e il canto
di qualsiasi uccello raro
A me sembra musica.
Adoro i dipinti
di Goya e Kandinskij,
di Chagall, Klee, Rubens,
Picasso, gli egizi,
i loro templi misteriosi,
le sfingi, le piramidi,
il mondo geroglifico
delle loro pareti color crema,
le città degli Inca,
gli Aztechi, i Maya,
Parigi, il quartiere latino
negli anni Sessanta,
l'esistenzialismo
di Kierkegaard, Brassens,
Piaf, Greco, le poesie
di Prévert, il mistero.
Adoro i poeti
della mia terra e la sua gente,
i cantanti liberi
quando rischiano la penna.
Amo mille eccetera,
il silenzio, il teatro
e il cinema d'essai
compreso Visconti.
E amo me stessa
e te, quando lo permetti.
Ana María Drack,  da A due a due, 1996
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canesenzafissadimora · 11 months ago
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È l’ultima lettera d’amore che ti scrivo.
È stato un lungo cammino, da quel primo giorno che sono entrata nello studio della psicologa.
Ero arrabbiata, delusa, incazzata con il Mondo e con me stessa, ho preso un sacco di decisioni di merda e la serenità sembrava così lontana, da diventare impossibile da raggiungere.
Eppure oggi, mi ha dato un foglio, una penna e mi ha detto “ora, sei pronta a dirle addio”.
Sai, in fondo ho sempre saputo che sarebbe finita così… ed è per questo e per altri mille motivi, che non sono mai riuscita a dirti “ti amo”.
Te lo dico ora, perché ti amavo.
Ti amavo perché eri come uno di quei giorni di fine marzo, che è Estate sotto i raggi del Sole ed è ancora Inverno, quando ti ritrovi all’ombra.
Ti amavo, perché ti guardavo quando eri distratta. Quando lavoravi, guardavi il telefonino, rullavi una sigaretta o ti perdevi nella collezioni dei tuoi mostri e mi rendevo conto, che per averti accanto, qualcosa di buono nella vita, l’aveva fatta.
Ti amavo, perché sentivo il bisogno di coniugare i verbi al futuro ed i sogni al plurale.
Che di notte, mentre dormivi, alzavo le coperte per vedere se respiravi e mi rendevo conto, che da soli si diventa forti, ma in due si diventa un po’ più felici.
Avrei potuto cancellarti, mandarti a quel paese, non risponderti al telefono, voltarti le spalle, dimenticarti, non pensarti, non prendere treni in piena notte, ricordarmi i dettagli, ma non l’ho potuto fare, perché non ci capivo più niente. Ti amavo e basta.
Amavo le tue battaglie perse, l’inchiostro che usavi meglio di me, la voce che era sabbia rotta dalle onde del mare, il modo in cui ti facevano male i sogni, le cazzate che dicevi pur di non dire delle stupide verità.
Allora, ti auguro di circondarti di “persone medicina”
L’ho letto in una stupida poesia, che fa così
“ Nonna diceva che esistono persone che hanno le tisane dentro gli occhi
Camomilla nello sguardo
Che tu le vedi e ti si tranquillizza il respiro, i pensieri.
Diceva che esistono persone che non si spaventano dei tuoi dolori
Che non hanno paura di abbracciarti i traumi
Che sanno dove metterti dentro le parole giuste
Persone che hanno imparato a frequentare così bene il Sole
Che sanno addirittura accompagnarti fino al tuo tramonto “
Lascio a te la rabbia, ascoltare chi voleva solo distruggerci, i punti e le virgole che mancano nelle mie parole, il dolore che ti ha coperto gli occhi e le labbra, rendermi sostituibile, perché io non lascio più sporcare i ricordi e la memoria, a nessuno.
Neanche da me stessa.
E racconterò di noi, alla gente che incontrerò, alla persona che amerò dopo di te, ti ritroverò nei miei progetti per aiutare gli altri, nei film che ti scavano dentro, nei tramonti visti dal finestrino della macchina, nei viaggi dove scoprirò qualcosa di nuovo e negli sguardi dei bambini che non sanno chiedere aiuto.
Tu, porta rancore anche al posto mio.
E ti diranno che è tutto prestabilito, che fa parte di quel rapporto tossico che ti hanno messo in testa, che di buono non ho nulla, che io sono il lupo e tu Cappuccetto Rosso, che sono un fake, che ho rubato, mentito, ma sai, queste parole non sono per riaverti, ma per rendere libera me.
Da tutto questo.
Fatti ancor più carina, un filo di trucco, lascia i capelli sciolti, spruzza il profumo, mettiti quei jeans che ti fanno il culo da paura, sali in macchina, accendi la radio, ma che sia la tua voce la canzone più bella e vatti a prendere tutto il buono di questo Mondo.
Questa è l’ultima lettera d’amore che ti scrivo, se senti un cigolio, è la porta del mio cuore, che si chiude e ti dice addio.
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#Ale
Tuttodunfiato
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volumesilenzioso · 7 months ago
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è devastante trascorrere intere giornate in solitudine e guardare il soffitto mentre i pensieri corrono così veloci da lasciarmi indietro, chiedermi più e più volte cosa ci sia di tanto sbagliato in me, perché niente va come vorrei, chi mi piacerebbe essere, cosa mi piacerebbe fare, perché non ho più interessi, perché sono la persona che sono. mi devasta la consapevolezza che la mia stessa mente mi stia remando contro, che mi convinca di non essere abbastanza, di essere sbagliata. quando ogni rapporto che provi ad instaurare va in frantumi, anche in tempi piuttosto brevi, smetti di vedere gli errori delle persone con cui ti relazioni perché inizi a dare per scontato di essere te il problema, di essere tu quella sbagliata. questo è uno dei miei pensieri più frequenti da un mese a questa parte, proprio perché ho visto il rapporto con una persona che ritenevo importante andare in frantumi, svuotarsi e lasciare dentro di me il suo vuoto. la chiusura di quel rapporto mi ha distrutta totalmente, forse anche perché è avvenuta in concomitanza di altri eventi piuttosto spiacevoli, e non sono stata io a voler chiudere, ha deciso l’altra persona, che fino a qualche giorno prima professava il suo amore per me. la rottura in sé non è stata colpa mia, ma non posso fare a meno di chiedermi se la decisione di chiudere i rapporti sia stata causata in qualche modo da me, se ho sbagliato qualcosa, se non sono stata abbastanza per la persona che avevo al mio fianco. anzi, queste cose me le sono chieste i primi due giorni seguenti la rottura, dal terzo giorno ho iniziato a dare per scontato che sia stata colpa mia, perché se tutti se ne vanno, il problema devo essere io, non ci sono altre spiegazioni. e allora mi chiedo: cos’ho di sbagliato? cos’è che spinge gli altri ad andarsene? non sono abbastanza, lo pensavo già da bambina. non sono abbastanza e non lo sarò mai. forse dovrei smettere di chiedermi cosa ci sia di sbagliato in me ed accettare il fatto di non dover cercare qualcosa di sbagliato in me, perché sono tutta sbagliata. non ci dormo la notte, perché a questi pensieri se ne aggiungono altri mille, e da quei mille ne nascono altri cento, e quei cento si riproducono, e alla fine non trovo un attimo di tempo per chiudere gli occhi e simulare la morte come una persona normale. odio la mia mente, sarebbe bellissimo se si potesse spegnere il pensiero, solo per qualche ora, solo per avere qualche breve ma intenso istante di tranquillità
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nonna-tutto-okay · 2 months ago
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Bangkok: sei un bel casino
È successo!
Con poche ore di sonno e qualche foglia d’alloro ancora sulla testa, abbiamo finalmente posato i piedi in terra thailandese.
Bangkok ci ha accolte alle 6 del mattino, offrendoci un assaggio della sua umidità e mostrandoci fin da subito le sue mille sfumature.
Dopo tre giorni nella città posso affermare di averne esplorato: meno di un decimo. 
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Nonostante ne abbia conosciuta una parte irrisoria, mi sono innamorata della Bangkok più autentica e genuina, con le sue viuzze dove a tratti sembra di essere stati catapultati negli anni ‘80.
Quartieri in cui eravamo le uniche straniere, con le casette di lamiera e la porta aperta che ci regalava uno sguardo sull’intima quotidianità degli abitanti. 
Ma Bangkok ha molteplici facce ed è così che si alternano quartieri di vita semplice e povera, a grattacieli e viali immensi. 
Ci sono strade così ampie e vuote che mi ricordano gli enormi spazi dell’Oman, e affianco puoi trovare aree così dense di persone che diventa difficile respirare.
È una città che cerca di stare al passo con la modernità e che tenta di adattarsi ai ritmi frenetici e alla domanda dei turisti, ma che trova ancora spazio per la fascia più povera della popolazione.
Tra Tuk-tuk e motorini, tempi buddhisti ed induisti,  qualche varano e qualche blatta, l’umidità che ti stende, gli innumerevoli 7 eleven e la gentilezza dei suoi abitanti, ringraziamo Bangkok che stiamo per salutare per il momento.
Questa città ha mille contraddizioni, e forse mi piace così tanto perché in questo è così simile a me.
Ma adesso, è ora delle menzioni d’onore per:
~ Pan, il maestro delle elementari conosciuto al tempio del Buddha che sorride, che ci ha mostrato come fare una piccola preghiera.
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~ Thai Airway, volo comodo e cibo okay, ma soprattutto quante cavolo sono belle le divise del personale di volo con vestiti tradizionali!!!!!
~ La capacità dei thailandesi di dormire in qualunque luogo e in bizzarre posizioni, incuranti degli sguardi altrui, con la maglietta sollevata sulla pancia.
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~ Turistica ma interessante, ChinaTown a Bangkok non ha niente a che vedere con quella di Milano.
~ Il compleanno del defunto Re Rama IX celebrato il 5 dicembre, grazie al quale le autostrade sono gratuite per un giorno e le strade sono piene del suo faccione (forse però queste ci sono tutto l’anno). 
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~ Khao Sao Road…che dire…più che una via è sembrato di stare in un buco nero. Venditori di ragni fritti che te li sventolano sotto il naso, spogliarelliste, coccodrilli squartati, PR che ti assaltano, musica altissima. È stata un’esperienza bizzarra, 100% turistica ma pur sempre un’esperienza.
~ Chailoy - probabilmente non si scrive così - la nostra guida spirituale all’ostello Here Hostel, con uno stile pazzesco e una dolcezza meravigliosa.
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Infondo, Bangkok è come questa signora che vende ravioli…
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…sembra che quel piccolo dito ti stia mandando a fanculo, ma se guardi con attenzione sta solo indicando se stessa per ricordarti quando sia graziosa e speciale. 🌺🌿
PS: Non ho ancora ben imparato a contrattare, ma ci sto lavorando. Seguiranno aggiornamenti.
CIAO!!!!!! 
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wutternach · 1 year ago
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amour de l'après-midi
Oggi mi occupo di te. Quante volte lo ho voluto fare senza potertelo dire, quante volte ho sentito il desiderio di farti ascoltare la mia voce nel silenzio delle pareti nascoste dalle librerie di legno chiaro. Ascoltare, questo devi fare, sentire entrare nella testa le parole. Chiudere gli occhi e lasciare che io solo possa vedere la luce del sole del tardo pomeriggio entrare dalle tapparelle a metà. La polvere che si muove lenta, le mani che si occupano della tua pelle calda.
Oggi mi occupo dei tuoi pensieri, li prendo tra le dita e li muovo lenti, confondendoli, accarezzandoli, trasformandoli da sacri a profani, da disillusi a speranzosi. Oggi le mie mani ti prendono la carne, te la rendono morbida, te la rendono cambiata. Con il tempo che ci vuole a vivere il piacere, a farlo entrare dalla schiena, a farlo passare nelle scapole, sentirlo sfiorare il collo. Il tuo collo da scoprire, il tuo collo da annusare, da sfiorare con le dita e accompagnare con le mani aperte.
Senti il calore sui palmi, senti il calore negli occhi. Oggi lascia fare, lasciati fare, lasciati amare, lasciati toccare, lasciati baciare, lasciati accarezzare, lasciati prendere, lasciati andare. Oggi lascia le mie mani sui tuoi fianchi sinuosi, sui tuoi spigoli scoperti, lascia la tua pelle davanti ai miei occhi, preda del mio desiderio, oggetto delle mie dita. Lascia che il mio piacere di dare diventi il mio piacere di dire, che il tuo godere del desiderio diventi piacere delle parole ascoltate. Con cura, con delicatezza, con sfrontatezza. Oggi ti parlo dei segreti che ho custodito nella mia mente, ti confesso pensieri irrealizzati e sempre più forti, mentre ti scopro la pelle ambrata. Oggi ti dico tutti i miei veri desideri su di te, sulla tua bocca, sul tuo seno che ogni giorno è più bello, sui tuoi capezzoli che diventano ogni ora più invitanti. Oggi ti parlo della mia voglia con le mani ferme sul tuo culo nudo, così senti nelle orecchie e senti nella pelle. Oggi ti lecco la schiena e ti parlo di noi, dei giorni passati e di quelli futuri, delle idee più segrete, delle volte che mi hai fatto godere, delle volte in cui ti ho fatta godere, delle mille volte in cui ti farò godere solo entrandoti nei pensieri, nei momenti più improbabili. Senti la mia bocca come si occupa della tua tranquillità? Senti la mia lingua che ti lecca i brividi, che ti succhia le scapole? Pensa tutti i momenti in cui avresti voluto essere nuda davanti a me, esibire il tuo corpo erotico al mio sguardo estatico. Ricorda tutte le volte in cui hai voluto osare, in cui hai voluto superare il limite per vivere l’orgasmo che ti prende la testa, prima che il corpo. Ripensa ai giochi proibiti, voluti, preparati, dimenticati e poi vissuti, alle mani che hai desiderato addosso, tra le gambe, sulla fica, nella bocca aperta, con gli occhi fissi nei tuoi. Mani di un altro, mani di un’altra. Vivi le mie carezze che diventano strette, le mie mani dolci che diventano forti. Senti il piacere del sentirsi toccata, esplorata, avvinghiata. Girati, esponiti, apri il tuo desiderio segreto alle mie labbra. Fatti leccare la pelle, il calore, l’odore, fatti annusare il sapore, fammi succhiare il bisogno di sentirti amata, presa, desiderata, voluta come se fossi l’unica cosa al mondo, come se fossi la più attraente, desiderabile, invitante, eccitante, arrapante persona che c’è. Fammi prendere quello che sei per me, oggi, fattelo sentire addosso, piena di un desiderio senza confini, senza paure, senza freni. Riempi le mie mani, la mia bocca, le mie labbra, regalami tutta la tua passione.  E io ti farò sentire l’amore sotto la pelle.
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solocanzoninelleorecchie · 4 months ago
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io mi nascosi in te, poi ti ho nascosto
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raccontidialiantis · 29 days ago
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Quanto mi piace
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Mi fai sentire un oggetto, un pezzo di carne. Un tuo attrezzo, un cucciolo di donna che hai contribuito ad allevare e svezzare solo per ricavarne in futuro del piacere sessuale. Un investimento erotico ed emotivo, il tuo. Forse inizialmente la tua attenzione era solo per mia madre, una donna bellissima ancora oggi a cinquant’anni. M’hai accolta in Italia con lei quando siamo venute dalla Romania, diversi anni fa. Devo riconoscere che sei stato sempre generosissimo. Mamma continua a esserti utile, in casa. Pulisce, cucina, fa la spesa. Ma non la scopi più tanto, da quando hai scoperto che la figlia è più “sfiziosa” come dici tu. Hai iniziato da poco, da quando un mese fa t’ho detto che m’ero fidanzata. Hai voluto sapere cosa mi facesse il mio ragazzo: dovevo dirti tutto. Poi, giorno dopo giorno, con la scusa di insegnarmi le cose dell’amore, m’hai chiesto di fare sempre di più. E io ci stavo: quanto mi piaceva, ricevere finalmente le tue attenzioni di uomo maturo.
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Non ero più la ragazzina rompiscatole. M’hai incatenata, ho dovuto indossare solo per i tuoi occhi dell’intimo sexy, poi delle cinghie che mi bloccavano, la gag-ball in bocca. M’hai legata in mille maniere. M'hai abituata al collare e a camminare a quattro zampe, come una tua troia al guinzaglio. Alla fine, dopo una decina di giorni non hai più resistito e un pomeriggio hai alzato il tiro. M’hai ordinato di spogliarmi tutta nuda, m’hai presa, buttata sul letto e m’hai direttamente sverginata. Ero impaurita, terrorizzata. Non ero preparata. Si, confesso di essere stata molto maliziosa a mia volta e di averti stuzzicato a lungo. Forse sono stata anche un po' una maliziosa puttanella: t’avevo svelato, fatto leccare ed esplorare tutto il mio corpo. Anche se giovanissima, sapevo bene che così facendo sarebbe presto arrivato il momento di farmi scopare da te. Mia madre, molto pragmatica e capendo ciò che stava accadendo, m’aveva istruita di non contrariarti e di compiacerti sempre.
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Ero anche un po’ curiosa, francamente. Sentivo che il sesso stava diventando concreto, che presto sarei diventata una vera donna. Completa. Desiderata. Quanto me lo sognavo un vero uomo, un maschio che non desiderava altro che infilare l'uccello nella mia passera, nel mio culo. Da succhiare e divertirmici come una vera puttana, finalmente! Da gustare quando sborra, socchiudendo gli occhi per il piacere puro provato nell'inghiottire. Da sentirlo che vibra di piacere mentre eiacula nel mio corpo il suo prezioso nettare. Si: una donna vera! Così d'improvviso ti sei deciso e m’hai presa. Senza alcuna delicatezza. Un toro infuriato, sembravi. Volevi mangiarmi, mentre mi scopavi. Urlavo. Non ti volevo con così tanta violenza. Avrei apprezzato un approccio più dolce. Mamma è accorsa, ma le hai detto senza mezzi termini che se non se ne fosse andata subito in cucina avresti buttato fuori entrambe. E lei è uscita dalla stanza in lacrime.
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Aveva il sangue agli occhi. T’avrei ucciso. L’hai annientata in un sol colpo: come donna e come madre. Intanto mi stantuffavi dentro senza pietà, con la tua tipica prepotenza maschile, grufolando e godendo in modo animale. Violandomi la fica con l'uccello e l'ano con le dita, a sfregio. Per rendermi totalmente tua. Mi hai letteralmente sfondato la fica e il posteriore. Uno, due, tre dita e infine tutto il pugno nel culo. Dio, che male! Un dolore acuto in tutta la zona, dall’inguine all’ano; una pena che pian piano col tempo poi s’è stemperata e trasformata in dolcissima schiavitù al tuo cazzo. E alle tue mani. Mi sono accorta da subito che comunque essere scopata mi piaceva. Oh, quanto mi piaceva! Non contento, dopo avermi usata per una buona mezz’ora, tranne una pausa brevissima in cui io piangevo calde lacrime, comunque sorridendo tra me e me, senza pietà d’un tratto m’hai presa, hai aperto la mia bocca con forza e mi hai ficcato l’uccello fino in gola.
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A momenti vomitavo. All’inizio quindi ho faticato ad accoglierti e mi venivano i conati, di continuo. Però almeno per questo hai avuto tanta pazienza, nel farmi adattare al supplizio. Lì ho capito quanto mi convenisse imparare a succhiartelo con cura e quanto mi piacesse essere dominata e usata da un maschio. In particolare da te. Ti amavo. Si: ti amavo e ti volevo. Ho imparato presto a lavorarti il cazzo dolcemente, a succhiarlo, a farti sborrare e a ingoiare. La natura è perfetta. Amo moltissimo leccarti l’asta e le palle con la massima passione. Eri sorpreso inizialmente da tanta spontanea dedizione. Si: da subito m’avevi finalmente domata. Ero diventata tua. Quando nella mia impegnativa iniziazione finalmente mi hai sborrato l’ultima volta in bocca t’ho ingoiato rapida e golosa, dopodiché ho atteso il tuo rilassamento nella mia gola; quindi t’ho sorriso e baciato in bocca: a lungo e con tanto amore.
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T’ho sussurrato all’orecchio il mio ringraziamento per il fatto di avermi fatta diventare una donna. Poi, mamma con la sua saggezza infinita m’ha comunque consolata. Dicendo che in breve mi sarei abituata. E aveva ragione: ho scoperto che posso essere santa fuori e puttana con te. Al mio ragazzo non concedo che toccatine sul seno; se mi gira, gli faccio infilare le dita nei miei slip. Lo masturbo, lo faccio venire nelle mie mani. Ma null’altro, per adesso. Faccio pratica con te: sto imparando a prendere tutto il tuo uccello fino alla radice e a ingoiare quando sborri senza lamentele. Il giorno del suo compleanno gli farò provare il paradiso. Spero non si domandi dove io abbia imparato a fare dei pompini in modo così divino. Intanto la notte nel letto matrimoniale tu ormai vuoi sempre e solo me. Mamma dorme in camera mia. Quanto mi piace sentire le tue mani che mi cercano, mi frugano, mi palpano ovunque.
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Mi desideri. Mi vuoi da impazzire. Ti piace la mia carne giovane e soda. I miei seni sono la tua ossessione. I miei capezzoli la tua droga. Si, certo: ogni tanto scopi anche mamma. Devi pur darle un contentino. Lei capisce e accetta, al fine di non perderti. E io devo assistere! Glielo hai chiesto in modo molto determinato e lei ha dovuto dire che per lei andava bene, che ormai ero una femmina fatta e adulta. Inoltre, ha affermato che io avrei avuto da imparare, da lei: solo guardando come fotte una donna di cinquant'anni comunque si impara molto. All’inizio era imbarazzatissima, povera donna. Arrossiva tutta. Poi però s’è sbloccata. Cazzarola: non avrei mai immaginato che mia madre fosse così porca ed esperta! Ti trattiene e ti stimola, ti dice che glielo devi dare tutto. Poi ti succhia il cazzo come una disperata e quando stai per venire, come si usa dalle nostre parti, ti infila una carota o una zucchina nel culo e tu perdi ogni ragione e vieni; ti fa urlare, dal piacere!
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E ogni tanto la umili, la degradi e inseme a noi due le fai fare pure una cosa a tre! Ma... a lei piace un sacco! Che vera puttana, mia madre! Solo guardandola al lavoro e tenendo a mente i trucchi che adopera, capisco meglio come farti godere di più e come acquisire su di te sempre più potere. Perché inizio a realizzare solo adesso che ormai sei totalmente innamorato. Del mio culo, della mia fica e dei miei seni piccoli, sodi e giovani. Usando la mia bocca, ottengo ciò che voglio, da te. E mia madre intanto è ogni giorno sempre più serena. Finalmente.
“Sai, tesoruccio: in centro ho visto una mansardina per me che mi piacerebbe tanto tu acquistassi. Mi tornerebbe molto utile come punto d’appoggio, sia quando vado a scuola che quando sono in giro a far compere col mio ragazzo...”
Ripeto: ottengo ciò che voglio, da te!
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RDA
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mucillo · 11 days ago
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"Amo mille eccetera"
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AMO LA BELLEZZA
Amo la bellezza,
l'equilibrio, l'universo,
i grandi girasoli
di Van Gogh, gialli,
i canali scuri
di una Venezia rosa,
la luce sugli alberi
del tuo freddo paesaggio.
Adoro le magnolie
e il bizzarro unicorno,
gli efebi, Mykonos,
la magia dei giorni,
il cuore selvaggio
del Brasile verde scuro,
il suono di Cuba,
con il son e la salsa.
Amo il canto profondo,
la giava, le sonate,
quasi tutte le fughe
di Bach e Scarlatti,
Vivaldi, Mozart, Mahler,
Honegger, Stravinskij,
Ravi Shankar, I Beatles
e Chavela fuori orario.
E mi piacciono le arie
di Puccini e il canto
di qualsiasi uccello raro
A me sembra musica.
Adoro i dipinti
di Goya e Kandinskij,
di Chagall, Klee, Rubens,
Picasso, gli egizi,
i loro templi misteriosi,
le sfingi, le piramidi,
il mondo geroglifico
delle loro pareti color crema,
le città degli Inca,
gli Aztechi, i Maya,
Parigi, il quartiere latino
negli anni Sessanta,
l'esistenzialismo
di Kierkegaard, Brassens,
Piaf, Greco, le poesie
di Prévert, il mistero.
Adoro i poeti
della mia terra e la sua gente,
i cantanti liberi
quando rischiano la penna.
Amo mille eccetera,
il silenzio, il teatro
e il cinema d'essai
compreso Visconti.
E amo me stessa
e te, quando lo permetti.
ANA MARÍA DRACK (da A due a due, 1996)
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libero-de-mente · 2 years ago
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𝗪𝗲𝗲𝗸𝗻𝗱 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗼
Weeknd avete letto bene, no non è un errore. Niente titolo di un film del 1989. Weeknd è un cantate e il morto sono io.
Ora mi spiego.
Figlio 2 insieme alla sua Rebecca decidono di andare a un concerto, il concerto di Weeknd a Milano per l’appunto, in una serata di luglio rinfrescata dalle tempeste monsoniche dei giorni precedenti.
- Pa’
- Dimmi Gabriele
- Domani c’è il concerto, potresti venirci a prendere?
- Ci mancherebbe certo che sì
Furono le mie ultime parole famose, del resto lasciare due ragazzi diciottenni in piena notte ostaggio dei mezzi pubblici, non proprio vicino casa, non mi andava.
I ragazzi si alzano presto, l’andata al concerto sarà autonoma: treno, metro e poi una camminata di mezz’ora. Partenza la mattina presto, ore 7:00, per un concerto che inizierà alle ore 21:00.
Come sempre i messaggi su WhatsApp durante il giorno piovono a catinelle. In realtà da parte mia, da parte sua sporadici messaggi da decifrare. Manco stesse usando un dispositivo elettromeccanico di scrittura crittografata degna della famosa “Enigma”. Così si succedono risposte del tipo:
“Ben”
“Ok, arrivat”
“A post”
“Fa hot”
“Cojon”
“So seduto”
“Mo eating”
“Mo drinking”
“Mo piscing”
“Mo ‘nizia”
Mi sembra di chattare con Cattivik, il personaggio di un fumetto che si mangiava le lettere finali, eppure studia, ha anche dei bei voti, ambisce alla carriera lavorativa nel campo della medicina.
Mi immagino se fosse medico: “Rott falang, mo gess e ripos così impar. Statt attent la pross volt, cojon”.
La sera parto con anticipo per andare con calma e senza correre a recuperare Gabriele e Rebecca. Autostrada e arrivo alla zona del concerto a Milano abbastanza tranquillo. Mi posiziono fuori dall’auto appoggiandomi a essa, si sente chiaramente il concerto. Sono molte le auto parcheggiate in quella zona, tutte contengono almeno un genitore in attesa.
Li vedi subito quelli abituati ai concerti, hanno l��aria sicura e scommetto che hanno preparato il giusto ristoro e il kit da viaggio di rientro per i ragazzi che attendono (cosa che ho capito dopo e lo leggerete). Poi ci sono quelli social, che condividono l’attesa facendosi selfie e go go, oppure postando storie dove riprendono sullo sfondo le luci e i suoni del concerto. Si sentono giovani.
Poi ci sono quelli come me. I novelli. Quelli che si chiedono se la posizione trovata è strategica, se si fosse potuto fare di meglio. Mille dubbi.
Mentre osservo questo mi si avvicina un padre della mia categoria
- Scusa sai se il concerto è da quella parte? – darsi del tu in queste occasioni è alla base per sopravvivere all’ansia della prima volta.
- Si si, è di là.
- Ho usato questa diavoleria della geo localizzazione su WhatsApp mi troveranno?
- Fidati, quelli vivono di geo localizzazione. La usano anche per trovarsi in casa “Dove sei?”, “In cucina, aspetta che mi geo localizzo”.
- Davvero? – occhi sbarrati.
- Ma no scherzavo, ti troveranno questi sono il loro metodi per ritrovarsi anche in paese.
- Ah certo, noi dovevamo girare per le vie della città col motorino per trovare la compagnia se arrivavi in ritardo, te lo ricordi anche tu?
- Si, solo che io non li trovavo mai.
- Perché?
- Perché si nascondevano da me.
- Ah ah ah, bella questa. Sei un tipo a cui piace scherzare.
- Sono serio – il suo volto si pietrifica come se fosse stato colto da una paresi. Il suo imbarazzo e percepibile.
- Ehm, io ho qua due figlie tu?
- Figlio 2 maschio e la sua compagna.
Ed è in quel momento che dalle mie spalle, zona concerto, si sente un fortissimo “Grazie MiLLanoH!”.
Ok, il concerto è finito, io e l’altro genitore vergine di concerti ci guardiamo. Come a dire sei pronto? Con cenni da Marines, in silenzio indichiamo da dove potrebbero arrivare.
Passano pochi minuti e i primi ragazzi che hanno partecipato al concerto si palesano. Arrivano da lì, ma anche da là e pure da quell’altra parte. Siamo circondati. In breve l’orda di gnu che attraversa il Serengeti è arrivata.
Cominciamo a girare con la testa come se fossimo gufi, lui si alza sulle punte dei piedi.
Lo guardo, mi guarda – Sembri Roberto Bolle sulle punte – gli dico.
- Eh, le mie ragazze non sono molto alte, tuo figlio è alto?
- Non l’ho più misurato ma credo che sia 1,87 cm – dico con orgoglio.
Ma lo sguardo di quel padre che mi squadra come a dire “l’altezza non è il tuo forte, di sicuro avranno preso da tua moglie”, mi mette in ginocchio.
Arriva Gabriele e saluto padre ansioso un po’ stronzo con la mia altezza, augurandogli buona fortuna.
- Pa’ diciotto minuti di cammino, non potevi avvicinarti? – le prime parole di Gabriele
- Gabriele era tutto strapieno, anche il parcheggio di Lampugnano era pieno.
Ripartiamo.
Percorro cento metri. E lì ci rimango per un’ora abbondante, tutto bloccato sia sulla mia carreggiata che sull’altra. I ragazzi dopo avermi raccontato, soprattutto Rebecca, del concerto crollano nel sonno più profondo. Neanche lo strombazzare di genitori impazienti e arrabbiati li sveglia. Cavolo suonano il clacson, la coda non ha fine con chi se la prendono? Con un semaforo o un incrocio che crea colonne di traffico a due chilometri?
La gente continua a sfilare camminando sulla destra, dalla sinistra e pure in centro tra le due corsie di marcia. Alcuni ragazzini molto giovani sono stati accompagnati al concerto dai genitori. Li vedo molto provati sul volto.
Se lo avessi fatto io sarei sembrato Bob Dylan al concerto di Gigi D’Alessio. Un estraneo.
Sono stanco, stanco morto quando finalmente ho raggiunto la tanto agognata tangenziale.
L’ingresso all’Autostrada è chiuso per lavori in corso. Rabbia.
Deviazione su altra autostrada ma per arrivarci devo percorrere una tangenziale trafficatissima dove una corsia è chiusa per lavori in corso.
Sono più morto di prima.
Esco nelle zone di Monza. La circumnavigo e per altre chiusure per lavori notturni viaggio per paesi e comuni diversi attraverso strade provinciali. Vedo strade da 50 Km all’ora, prostitute, gente che barcolla ubriaca e l’orologio che indica le 3:00 del mattino.
Ricordo il tempo delle strade secondarie percorse il mattino presto e di musica condivisa con amici, mentre si tornava dalla discoteca. Avevamo ancora voglia di spaccare il mondo. Oggi vorrei spaccarmi a letto.
Arriviamo a casa che sono le 3:35, penso che alle 6:00 dovrò svegliarmi. Sveglio i ragazzi, e Gabriele nota subito l’orario – Papà perché così tanto tempo? –
- È stato un viaggio un po’ complicato. Domani ti spiegherò. Ora andate a dormire? – più che una domanda era una preghiera.
Sento la sua voce, quella di Rebecca che si rivolge a me sempre come se fossi un padre. La figlia che non ho me la ritrovo in lei – Io ho un po’ di fame – mi dice scusandosi con i suoi dolci occhi.
Hanno fame, si vede. In casa tutti gli altri esseri viventi dormono di un sonno profondo, preparo loro da mangiare e li saluto. Guardo l’orologio. Due ore. Me le farò bastare. Perché per loro mi farei anche la notte in bianco, morto (di sonno) ma felice.
Cerco di fare pensieri felici prima di addormentarmi e penso a loro due. Penso alla battuta di Gabriele che rivolgendosi a Rebecca gli ha detto – Mio padre quando andava ai concerti suonava ancora Beethoven.
Beethoven, me lo immagino a un suo concerto in chiave moderna:
- Siete caldi?
- Siiiiiiì!
- Non vi sento!
- Siiiiiì!
- Non vi sento, sono sordo! Ahahahahah!
Ok meglio dormire. Sono morto di sonno con Weeknd. Può bastare.
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cullaperfidie · 15 days ago
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Quel messaggio che ancora non ho mandato e non so se lo manderò:
Non so come iniziare, quindi ti dirò: spero che il tuo esame sia andato bene (perché anche se sto scrivendo sta roba qualche giorno prima aspetterò a mandarti il messaggio perché non mi va di creare disturbo o disordine o qualsiasi cosa che possa deconcentrarti dallo studio) sono sicura che sia andato bene, ti ho visto studiare, sei in gamba, hai fatto il tuo, spero che tu sia soddisfatto come dovresti. Lo dico davvero. Detto ciò, non ha un fine questo messaggio, forse banalmente sono solo una serie di flussi di incoscienza che hanno voglia di uscire, pensieri che mi ronzano in testa da giorni e diventano pesanti e quindi più che un ronzio leggero producono il fastidioso suono di mille elicotteri e credo che mollarli un po' li farà atterrare, forse è così, forse no. Quindi sentiti liberissimo di non leggere oltre, da qui in poi sarà tutto confuso, prolisso, inconsistente, e ci sta tu non voglia appesantirti. Nel caso tu ti fermassi qui, ancora tanti auguri per il tuo esame
non so se riceverai mai questo messaggio, mi chiedo se sia giusto raccontarti quello che mi frulla dentro, che paradossalmente è proprio il motivo per cui hai deciso quello che hai deciso, e potresti pensare che non te ne frega niente ora, ci sta ma tanto se ti frega anche solo poco sei qui a leggere altrimenti ti sei fermato prima, quindi nessun disturbo, spero. magari leggi per curiosità, chi lo sa, non lo saprò mai, va beh. Ho paura che sia davvero troppo lungo quindi probabilmente farò tagli qua e là e alla fine sembrerà un insieme di frasi sconclusionate che non vanno da nessuna parte, ma questo è l'unica cosa certa di questo messaggio, non vuole andare a parare da nessuna parte. Mi manchi, mio malgrado, vorrei essere arrabbiata con te, ma non lo sono, un po' incredula direi, sento amarezza sì, e altre belle robe affini; mi è capitato di rileggere i messaggi che avevo messo trai i preferiti, di quelli che mi hai mandato (consiglio non richiesto: non ha niente di sano e utile fare sta roba) e tra questi c'era uno mandato il 2 dicembre che diceva "l'idea che tu possa conoscermi un po' per volta è la cosa che mi piace di più e viceversa, ovviamente" e la cosa mi ha fatto sorridere, perché almeno la volontà c'era di conoscersi un po' per volta, però evidentemente la intendevamo in due modi diversi? o forse valeva solo per te e non per me, o banalmente a parole è facile ma nei fatti essendo persone fragili vogliamo tutto e subito, ed a seguito di questi pensieri che l'iniziale sorriso ha lasciato spazio ad un profondo sospiro un po' salato delle lacrime che ho deciso di non versare, per una serie di motivi infantili che non starò qui a raccontarti. Vorrei scriverti con rabbia, ma non riesco, piuttosto ti scrivo con un nodo alla gola sapendo che tra quando lo scrivo e quando leggerai (se leggerai) saranno passati giorni e quando lo riceverai in modo completamente randomico io magari sarò indaffarata in qualche attività delle mie, o starò a fare un pisolino, o conoscendomi ti manderò il messaggio prima di fare un'attività social e stra immersiva così da dimenticarmene, perché ho bisogno di dimenticarmi che ti sto scrivendo. Mi faceva stare tranquilla, la sicurezza che avevi delle tue insicurezze come se fossi cosciente al 100% dei difetti di fabbrica che ognuno si porta a spasso, ma proprio grazie a questa consapevolezza sapevi come aggiustarli o perlomeno gestirli; quello che più mi ha ferito di tutto, non è stato tanto il perché, ma il fatto che non ci sia stata la voglia di essere chi dicevi di essere, quando sapevi benissimo che potevi farlo. E allora mi chiedo perché farsi vedere così tanto se non eri pronto a vedermi? Farsi vedere non implica anche vedere l'altro? e perché nel momento in cui mi mostro decidi di non mostrarti più? Ho pensato di non essere abbastanza, di non valerne la pena, che se la persona "più paziente al mondo" e comprensiva non riesce a comprendermi allora devo essere davvero problematica, però guardandomi indietro ho avuto tante persone, amici e non che hanno fatto lo sforzo di capirmi e chi più e chi meno ci so riusciti, perché valevo la pena per loro. Non sono problematica o difficile, ne più ne meno di chiunque altro, sono solo una persona fragile, ed è questo che mi fa rabbia, la mia fragilità non è stata legittimata, quindi forse non c'era la voglia, e vorrei dire va bene così ma non va bene, mi chiedo solo come ho fatto a non accorgermi che non c'era. Come dicevamo all'inizio scherzando "dobbiamo razionalizzare" adesso devo farlo davvero. Ci sono altre mille cose che sicuramente avrei da dire ma sono più confuse delle precedenti e non avrebbe senso andare oltre, quindi ancora una volta, mi manchi, sono felice se l'esame ti sia andato bene.
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