#microbiomaintestinale
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Batteri ibridi con materiali sintetici per la cura del cancro
I batteri cyborg che sopravvivono in un ambiente ostile. Potrebbero combattere tumori e risolvere problemi ambientali. Ottenute in laboratorio le prime cellule ‘cyborg’: sono batteri ibridi, a metà tra naturale e artificiale, cioè cellule in cui sono stati introdotti materiali sintetici. La trasformazione mantiene intatte tutte le funzioni principali e le caratteristiche di una cellula vivente, ma permette ai batteri di acquisire nuove capacità e di resistere a condizioni altrimenti mortali. Il risultato, pubblicato sulla rivista Advanced Science, è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori guidati dall’Università della California a Davis e apre la strada ad applicazioni in moltissimi campi: da nuove cure anti-cancro ai problemi ambientali, da trattamenti per il microbioma intestinale ai biosensori.
Ottenuti i batteri cybord capaci di sopravvivere in condizioni ostili (fonte: Pixabay) © ANSA/Ansa Per realizzare le cellule-cyborg, i ricercatori guidati da Luis Contreras-Llano hanno assemblato una rete di idrogel all’interno delle cellule batteriche, rendendole incapaci di dividersi e moltiplicarsi ed eliminando quindi ogni rischio. Le cellule ibride hanno dimostrato di avere ancora molte funzioni di base attive, come quelle metaboliche, la capacità di produrre proteine e di mantenere fluida la propria membrana esterna, ma allo stesso tempo hanno acquisito molte nuove abilità: in particolare, sono state in grado di sopravvivere ad alti livelli di pH, ad alte concentrazioni di perossido di idrogeno (noto anche come acqua ossigenata) e all’attacco da parte di antibiotici, tutte condizioni che avrebbero ucciso un batterio normale.
A sinistra le cellule batteriche naturali, al centro e a destra quelle 'cyborg' (fonte: Contreras-Llano et al, 'Engineering Cyborg Bacteria Through Intracellular Hydrogelation', Advanced Science) Secondo gli autori dello studio, le cellule-cyborg potrebbero diventare una nuova classe di terapie, a metà tra quelle basate su cellule e quelle basate su sostanze artificiali. I ricercatori, infatti, hanno dimostrato che le loro cellule ibride sono in grado, grazie a particolari proteine chiamate invasine, di attaccare e invadere cellule tumorali del neuroblastoma (un tumore del sistema nervoso) e dell’adenocarcinoma, un tumore maligno che si sviluppa dalle ghiandole e può interessare diversi organi. Read the full article
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Il Lactobacillus reuteri presente nell'intestino aiuta la memoria
Se i batteri intestinali influenzano anche il cervello. La propria passione più recente è approfondire come i batteri intestinali non solo influenzino lo stato di salute e di malattia (perché vi siamo legati esattamente ‘finché morte non ci separi’), ma abbiano un importante effetto sul comportamento e sulle malattie mentali. Ora una nuova ricerca ha tracciato una serie di connessioni che collegano il percorso del microbioma intestinale e la memoria, chiamando in causa quindi anche le facoltà cognitive. Per farlo hanno usato un nuovo modello di topo modificato con l’ingegneria genetica al fine di simulare la diversità genetica della popolazione umana. Imitando la variabilità umana, i ricercatori sono partiti da 29 famiglie (ceppi) diverse di cavie. Ogni gruppo è stato messo sotto esame con una batteria di test mnemonici.
Lo studio, apparso sulla rivista Microbiome (53 del 17 aprile 2020), ha così permesso di indagare come alcuni fattori genetici possono influenzare i ricordi tramite l’azione di metaboliti prodotti nell’intestino. Che intestino e memoria fossero collegati non era sfuggito agli scienziati ma in questo caso l’osservazione è stata fatta da una diversa angolazione, chiamando in causa la genetica e, come nella migliore tradizione, a tutti i topolini sono stati dati dei voti. Sono stati poi studiati i roditori che avevano ottenuto i voti più alti identificando due SET di 135 geni collegati alla capacità di ricordare e che non erano mai stati associati prima a capacità cognitive. Il passo successivo è stato guardare cosa succedeva a livello intestinale, nel microbiota. E proprio da questa analisi sono emerse affascinanti informazioni, ossia che i Lattobacilli erano correlati alla memoria migliore e la specie Lactobacillus reuteri in particolare, era associata a ricordi più solidi e stabili. Ma per ogni operazione che si rispetti è necessaria una controprova, quella ‘prova del 9’ che ci ha ossessionati alle elementari e che concettualmente è pane quotidiano nella ricerca scientifica, dove ogni scoperta deve essere confermata. Sono stati quindi selezionati topi con l’intestino privo di germi (tecnicamente germ-free) a cui è stato somministrato il L. reuteri. Anche in questo caso i topolini si comportavano come piccoli ‘Pico della Mirandola’. L’associazione tra componenti intestinali e memoria risiede in particolari processi molecolari che si possono così riassumere: tutti i ceppi di lattobacilli producono come principale metabolita il lattato. Se ad una cavia smemorata viene somministrato il lattato, mostra un miglioramento rapido nella capacità di ricordare. Il lattato ha quindi un interessante ruolo in processi cognitivi e si ritiene che sia in grado di superare la barriera emato-encefalica, fatto che convaliderebbe l’ipotesi che agisca direttamente sui circuiti deputati alla memoria. Read the full article
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