#michael katakis
Explore tagged Tumblr posts
Photo
This is a portrait of Maya Lin (designer of the controversial and beloved Vietnam War memorial in Washington, DC) - taken in 1988 by Michael Katakis, 1988
14 notes
·
View notes
Text
I gatti sono qualcosa di fantastico. Ti ignorano per la maggior parte del tempo, ma quando percepiscono che stai davvero male si avvicinano senza fiatare.
Kawamura Genki - Se i gatti scomparissero dal mondo
Ph Michael Katakis
4 notes
·
View notes
Text
Architect Maya Lin with her cat in her New York studio.
Photo credit: Michael Katakis
0 notes
Text
NEW YORK | AP Exclusive: 2 rarely seen Hemingway stories coming out
NEW YORK | AP Exclusive: 2 rarely seen Hemingway stories coming out
NEW YORK — Two Ernest Hemingway stories written in the mid-1950s and rarely seen since will be published next year.
The director of Hemingway‘s literary estate, Michael Katakis, told The Associated Press recently that “The Monument” and “Indian Country and the White Army” will be included with a special reissue of the author’s classic “For Whom the Bell Tolls.” The new edition also will include…
View On WordPress
#Arizona Republican#controversial publication#HBO documentary#Indian Country#literary estate#michael katakis#news earlier#patrick hemingway#patrick hemingway wrote#spanish civil war#special reissue#terminal cluster#TodayNews
0 notes
Link
Poche vite sono davvero emozionanti. Certamente pochissime tra quelle dei letterati, sempre in giro tra convegni e salotti molto radical in cui stabilire i contatti giusti. Questo non è certo il caso di Ernest Hemingway e della sua esistenza trascorsa in giro per il mondo, dall’America a Parigi, dalla Prima Guerra Mondiale in Italia alla Liberazione in Francia, dalla pesca a Cuba ai safari africani. Per non parlare degli incontri di boxe e delle corride.
In tutto questo vorticoso dinamismo, lo scrittore non ha mancato di farsi immortalare più volte – e raramente seduto a un tavolo davanti alla macchina da scrivere. Ciò è ben documentato nel libro di Michael Katakis, Hemingway. L’uomo, il mito (Mondadori, 2019), che racchiude una selezione dei documenti conservati presso la Hemingway Collection, alla John F. Kennedy Library di Boston. Lo incontriamo da bambino che dà da mangiare a uno scoiattolo. Da collegiale ancora privo di quella sontuosa barba della maturità, o dei baffi che adotterà qualche anno dopo. Spesso lo si vede addirittura a torso nudo, un po’ per via del clima torrido di Cuba, un po’ perché l’autore di Addio alle armi non era certo il genere di maschio che vive con atroci sensi di colpa la propria virilità – dubito che oggi simili ostentazioni di mascolinità sarebbero ben accolte. Ma lui se ne frega: è narcisista e compiaciuto, sensibile ma con un certo gusto per il ruolo da duro.
*
Eppure, non è questo l’aspetto maggiormente interessante del testo. Tra tutte le lettere dello scrittore e le riflessioni del curatore, che vanno a lardellare l’apparato fotografico del testo, vi sono passi che potrebbero tranquillamente costituire un breve corso di scrittura creativa, per così dire a tutto tondo – altro che le scuole varie e avariate che ci sono in giro di questi tempi.
La prima cosa che si capisce è che Hemingway ha un’idea ben precisa di cosa significhi fare letteratura. Il fine è uno solo, raccontare la vita. Nessuna vocazione per l’intrattenimento. Scrivere è altro. Al padre che lo rimbrotta per la durezza – ma meglio sarebbe dire l’onestà – della sua narrativa, il giovane autore esordiente risponde senza alzare la voce, ma con tono fermo: “Devi capire che in tutti i miei racconti sto cercando di cogliere la sensazione della vita vera – non solo di descrivere la vita – o di criticarla – ma di renderla realmente viva. In modo che se leggi qualcosa di mio lo sperimenti davvero. Non si può fare senza metterci dentro anche il brutto e il cattivo oltre che il bello. Perché se è tutto bello non ci puoi credere. La realtà non è così”. E lo scrittore, infatti, si guarda bene dal tenerla a distanza, dall’osservarla in sicurezza, come quelli che oggi chiamiamo radical chic. È lui stesso a descrivere entusiasticamente il suo primo giorno da reporter, presso il “Kansas City Star”: “Mi sto divertendo moltissimo!!! Ho avuto il mio battesimo del fuoco il primo giorno, quando è esplosa un’intera fabbrica di munizioni”. Più avanti dirà a Fitzgerald: “Il motivo per cui ti spiace così tanto di esserti perso la guerra è che la guerra è il miglior soggetto possibile. Raggruppa il massimo del materiale e accelera l’azione e tira fuori cose di ogni tipo che normalmente dovresti aspettare una vita per vedere”. E lui, poco ma sicuro, c’è. La vive da soldato e da reporter, la ripropone poi da narratore – un narratore che vive nel mondo e non fuori da esso. Non come i nostri premi Strega che raccontano un ventennio mai visto, riscrivendo – e pure male – storie di seconda mano. Ernest affronta tutto con senso di virile sopportazione del dolore, anche i rapporti amorosi e le inevitabili delusioni, come quella ricevuta dall’infermiera che lo cura, dopo essere rimasto ferito, durante la Prima Guerra Mondiale (“suppongo che amare faccia bene in ogni caso”).
*
Ma non finisce qui perché, oltre a questa poetica – purtroppo scarsamente adottata oggigiorno dagli scrittori –, il testo fornisce indirettamente le migliori regole di scrittura possibili ancora adesso. E lo fa semplicemente riportando quelle a cui Hemingway dovette conformarsi, quando iniziò a lavorare in un giornale. Tali regole sono state poi, in fondo, la cifra fondamentale del suo stile: “La prima norma di stile del quotidiano recitava: ‘Usare frasi brevi. Usare paragrafi d’apertura brevi. Usare un inglese energico’. Altre norme del manuale avrebbero stimolato Hemingway a costruire le frasi della sua narrativa in modo così rivoluzionario da apparire totalmente nuovo. ‘Evitare l’uso di aggettivi’ diceva un’altra; e ancora: ‘Eliminare ogni parola superflua’”. E qui potrebbe idealmente chiudersi qualunque corso di scrittura creativa. Il resto lo fa il talento, nella migliore delle ipotesi il genio. Naturalmente ci vuole anche una visione del mondo, qualcosa da dire, qualcosa di vero e onesto. Ernest ce l’aveva (“Non devi far altro che scrivere una sola frase vera. Scrivi la frase più vera che conosci”). Come disse John Steinbeck: “Lui aveva un solo tema – uno solo. Un uomo si scontra con le forze del mondo, chiamate destino, e le affronta con coraggio”. A uno scrittore non serve che questo: il coraggio per andare incontro alla tragedia dell’esistenza e accettare la sconfitta.
1 note
·
View note
Text
Another!! Tag!!!
Honestly y’all going to be sick of me after all these tags but they’re!! so!! fun!!
(once again thank you @mamaopal for tagging me!!)
Name: Bo
Star sign: Taurus (sun) (for the astrology enthusiasts out there I’ve also got Virgo and Gemini as the other important ones) (I’m keeping a little mystery by not telling you which is which)
Height: still don’t know but I’m taller than my mum
Middle name: I have three (woah exotic) and y’all not knowing any of them
Put your music on shuffle and write down the first four songs that come on:
- The Run and Go (twenty one pilots)
- Amanaemonesia (Chairlift)
- All the Little Lights (Passenger)
- America (Imagine Dragons)
Grab the nearest book and turn to page 23, line 17:
Okay so I’m outside so there’s no books but I went and sat on my bed where I spend most of my time and found the nearest book.
“‘Go on, read it,’ Kris pressed.” - A Thousand Shards of Glass by Michael Katakis
100% understates the book. It’s actually non-fiction (which is rare for me) and it’s like mini essays about his experience of America, centring around his wife who died from cancer and how he had to navigate the health care system. Very interesting so far, I’ve read about half.
Ever had a song/poem written about you:
I don’t think so?? No one’s ever told me anyway. I’ve written a few poems about my experiences with people/for people??
When was the last time you played air guitar:
Uh I don’t think I ever have. I mean I love guitars and all but I’m also severely self-conscious even when I’m alone so??? Sorry to make this serious... I’m also very much a lyrics person and prefer to sing along more than play along.
Who is your celebrity crush:
Whoops... I’m a bit aromantic for this. I also don’t really keep up with celebrities, it all kind of overwhelms me.
The sounds you love and hate:
Love - early morning city sounds like birds chirping and breeze blowing and the occasional car passing. Bass so deep you can feel it in your heart. A thousand people singing together. Happy/content sounds like human laughter or animal noises (from animals). Isochronic tones.
Hate - I mean all the usuals; nails on chalkboard, fork on plate. Loud sudden noises make me panic so those (like trucks on a main road kind of thing). Sounds of pain/frustration.
Believe in ghosts:
A little.
And aliens:
Yes.
Do you drive:
Nope, I get too much anxiety.
If so have you ever crashed:
Nope. I have been in a very very minor crash. So minor we barely noticed.
What was the last book you read:
I don’t finish a lot of books so the last one I finished was The Raw Shark Texts (pretty good, four stars); and the last one I read was uh maybe the one I mentioned before?? A Thousand Shards of Glass?? But I can’t be sure. This is of course discounting Deep Water by @hbeloved7 on ao3 which I follow religiously as it gets updated.
Do you like the smell of gasoline:
Uh, idk what that smells like, I’m assuming like a servo (service station) but it’s been a while since I’ve smelt one. I feel like I don’t mind it but I wouldn’t go looking.
What was the last movie you saw:
Mary Shelley - good movie I thought although it’s got a kind of bad rating. I didn’t know much about her life or the time period so that might affect what I think.
Do you tend to hold grudges against people who have done you wrong:
No, I have an innate inability to hold grudges for more than a day.
Do you have any obsessions right now:
I don’t think so?? I don’t really obsess over things. I mean I go research frenzies every now and then usually for a story idea but outside of that not really. Of course I’m a fan of things but I don’t know if I’d call those obsessions. I’m not good at commitment can you tell.
In a relationship:
Whoops again.
Goodness okay so same as always you have complete free reign over whether you do this or not. Sorry for tagging you once again. Have fun!!
@nikialekseev @melekseev @hbeloved7 @just-another-eurofan @pinkphoeniixx @vivere-militare-est-1991
1 note
·
View note
Link
'Hemingway' tackles the writer in a documentary as big as his tumultuous life Seeking to bring the written words to life, the filmmakers have in their showiest flourish enlisted Jeff Daniels to provide Hemingway’s onscreen voice, reading from his letters and published works, in an understated fashion that conveys the power of their simplicity. In some cases, that includes long passages from his books, augmented by actresses (among them Meryl Streep) speaking for the author’s four wives. The third-party observers are equally showy, from a bevy of academics to the late John McCain, an ardent admirer of Hemingway’s writing and “For Whom the Bell Tolls” in particular. Perhaps foremost, “Hemingway” — which will play over three successive nights — seeks to convey the various contradictions that surrounded him, as well as the extent to which the larger-than-life persona that he embodied, and the macho image that he studiously cultivated, were swept up in the man himself. “It became very exhausting to be Hemingway,” says writer Michael Katakis, who observes early on that “the man is much more interesting than the myth.” Not surprisingly, the documentary is filled with noteworthy little details, like the 47 versions of “A Farewell to Arms” that Hemingway wrote before he was satisfied with the ending, the real-life characters that inspired “The Sun Also Rises,” or his casual use of racial slurs in a letter lambasting another writer to his editor. The personal material includes Hemingway’s relationship with his parents — labeling his father “a coward” for dying by suicide, before later emulating him — and his own children, one of whom, Patrick, is among those interviewed. By necessity, the story spans the globe, from the wars that Hemingway covered as a journalist to the extended time he spent in Paris, Africa and Cuba, and how each of those locales informed and influenced his work. Again narrated by Peter Coyote, the documentary states upfront that Hemingway “remade American literature,” which doesn’t make him, bluntly, any less of a jerk, as much in his dealings with those close to him as the world at large. “They’ll be reading my stuff long after the worms have finished with you,” Hemingway is quoted as saying to one of his wives, war correspondent Martha Gellhorn, underlying the cruelty that was part of his complex makeup. Hemingway enjoyed such dazzling success early in his life that his last act — captured in rare video that shows him haltingly reading interview responses off cards, including the punctuation — feels especially tragic. As McCain notes, his excesses and vices served as a reminder of his human fallibility, and journalist Edwin Newman is shown eulogizing Hemingway as “an intensely American writer.” If there’s one oversight, perhaps, it’s in the relatively limited discussion of Hemingway’s cultural legacy, from imitation Hemingway competitions to Hollywood’s efforts to adapt his books. “I just nail words together, like a bloody carpenter,” Daniels, as Hemingway, explains at one point. PBS has faced criticism for relying too heavily on Burns’ output, but once again, the trio of Burns, Novick and writer Geoffrey C. Ward have erected their own detailed scaffolding, earning their reputation as the gold standard for historical programming. And while many documentary series drags on these days, “Hemingway” chronicles a life with so many pieces that six hours, in this case, doesn’t feel like too much to ask. “Hemingway” will air April 5-7 at 8 p.m. ET on PBS. Source link Orbem News #'Hemingway'review:KenBurnstacklesthewriterwithaPBSdocumentaryasbigashistumultuouslife-CNN #Big #documentary #entertainment #Hemingway #life #tackles #Tumultuous #Writer
0 notes
Text
'Hemingway' tackles the writer in a documentary as big as his tumultuous life
New Post has been published on https://appradab.com/hemingway-tackles-the-writer-in-a-documentary-as-big-as-his-tumultuous-life/
'Hemingway' tackles the writer in a documentary as big as his tumultuous life
Seeking to bring the written words to life, the filmmakers have in their showiest flourish enlisted Jeff Daniels to provide Hemingway’s onscreen voice, reading from his letters and published works, in an understated fashion that conveys the power of their simplicity. In some cases, that includes long passages from his books, augmented by actresses (among them Meryl Streep) speaking for the author’s four wives.
The third-party observers are equally showy, from a bevy of academics to the late John McCain, an ardent admirer of Hemingway’s writing and “For Whom the Bell Tolls” in particular.
Perhaps foremost, “Hemingway” — which will play over three successive nights — seeks to convey the various contradictions that surrounded him, as well as the extent to which the larger-than-life persona that he embodied, and the macho image that he studiously cultivated, were swept up in the man himself.
“It became very exhausting to be Hemingway,” says writer Michael Katakis, who observes early on that “the man is much more interesting than the myth.”
Not surprisingly, the documentary is filled with noteworthy little details, like the 47 versions of “A Farewell to Arms” that Hemingway wrote before he was satisfied with the ending, the real-life characters that inspired “The Sun Also Rises,” or his casual use of racial slurs in a letter lambasting another writer to his editor. The personal material includes Hemingway’s relationship with his parents — labeling his father “a coward” for dying by suicide, before later emulating him — and his own children, one of whom, Patrick, is among those interviewed.
By necessity, the story spans the globe, from the wars that Hemingway covered as a journalist to the extended time he spent in Paris, Africa and Cuba, and how each of those locales informed and influenced his work.
Again narrated by Peter Coyote, the documentary states upfront that Hemingway “remade American literature,” which doesn’t make him, bluntly, any less of a jerk, as much in his dealings with those close to him as the world at large.
“They’ll be reading my stuff long after the worms have finished with you,” Hemingway is quoted as saying to one of his wives, war correspondent Martha Gellhorn, underlying the cruelty that was part of his complex makeup.
Hemingway enjoyed such dazzling success early in his life that his last act — captured in rare video that shows him haltingly reading interview responses off cards, including the punctuation — feels especially tragic. As McCain notes, his excesses and vices served as a reminder of his human fallibility, and journalist Edwin Newman is shown eulogizing Hemingway as “an intensely American writer.”
If there’s one oversight, perhaps, it’s in the relatively limited discussion of Hemingway’s cultural legacy, from imitation Hemingway competitions to Hollywood’s efforts to adapt his books.
“I just nail words together, like a bloody carpenter,” Daniels, as Hemingway, explains at one point.
PBS has faced criticism for relying too heavily on Burns’ output, but once again, the trio of Burns, Novick and writer Geoffrey C. Ward have erected their own detailed scaffolding, earning their reputation as the gold standard for historical programming. And while many documentary series drags on these days, “Hemingway” chronicles a life with so many pieces that six hours, in this case, doesn’t feel like too much to ask.
“Hemingway” will air April 5-7 at 8 p.m. ET on PBS.
0 notes
Text
Reconhecimento. Depois da fotografia que Michael Kataki fez de Maya Lin, outras cores e um outro gato. (acrílica sobre tela 50x40 cm, 2020)
1 note
·
View note
Photo
#MayaLin redefined the conventional notion of a heroic war monument with her understated and controversial design for the Vietnam Veterans Memorial. Lin has gone on to have a successful career as an architect who specializes in civil memorials and continued to gain international attention for works including large-scale installations such as @stormkingartcenter Wavefield. . 📷: Maya Ying Lin by Michael Katakis (1988) © Michael Katakis #APAHM http://bit.ly/2YDoMJ2
0 notes
Text
“Perché se è tutto bello non ci puoi credere. La realtà non è così”. A scuola di scrittura da Ernest Hemingway: andare incontro al destino con coraggio ed evitare aggettivi superflui
Poche vite sono davvero emozionanti. Certamente pochissime tra quelle dei letterati, sempre in giro tra convegni e salotti molto radical in cui stabilire i contatti giusti. Questo non è certo il caso di Ernest Hemingway e della sua esistenza trascorsa in giro per il mondo, dall’America a Parigi, dalla Prima Guerra Mondiale in Italia alla Liberazione in Francia, dalla pesca a Cuba ai safari africani. Per non parlare degli incontri di boxe e delle corride.
In tutto questo vorticoso dinamismo, lo scrittore non ha mancato di farsi immortalare più volte – e raramente seduto a un tavolo davanti alla macchina da scrivere. Ciò è ben documentato nel libro di Michael Katakis, Hemingway. L’uomo, il mito (Mondadori, 2019), che racchiude una selezione dei documenti conservati presso la Hemingway Collection, alla John F. Kennedy Library di Boston. Lo incontriamo da bambino che dà da mangiare a uno scoiattolo. Da collegiale ancora privo di quella sontuosa barba della maturità, o dei baffi che adotterà qualche anno dopo. Spesso lo si vede addirittura a torso nudo, un po’ per via del clima torrido di Cuba, un po’ perché l’autore di Addio alle armi non era certo il genere di maschio che vive con atroci sensi di colpa la propria virilità – dubito che oggi simili ostentazioni di mascolinità sarebbero ben accolte. Ma lui se ne frega: è narcisista e compiaciuto, sensibile ma con un certo gusto per il ruolo da duro.
*
Eppure, non è questo l’aspetto maggiormente interessante del testo. Tra tutte le lettere dello scrittore e le riflessioni del curatore, che vanno a lardellare l’apparato fotografico del testo, vi sono passi che potrebbero tranquillamente costituire un breve corso di scrittura creativa, per così dire a tutto tondo – altro che le scuole varie e avariate che ci sono in giro di questi tempi.
La prima cosa che si capisce è che Hemingway ha un’idea ben precisa di cosa significhi fare letteratura. Il fine è uno solo, raccontare la vita. Nessuna vocazione per l’intrattenimento. Scrivere è altro. Al padre che lo rimbrotta per la durezza – ma meglio sarebbe dire l’onestà – della sua narrativa, il giovane autore esordiente risponde senza alzare la voce, ma con tono fermo: “Devi capire che in tutti i miei racconti sto cercando di cogliere la sensazione della vita vera – non solo di descrivere la vita – o di criticarla – ma di renderla realmente viva. In modo che se leggi qualcosa di mio lo sperimenti davvero. Non si può fare senza metterci dentro anche il brutto e il cattivo oltre che il bello. Perché se è tutto bello non ci puoi credere. La realtà non è così”. E lo scrittore, infatti, si guarda bene dal tenerla a distanza, dall’osservarla in sicurezza, come quelli che oggi chiamiamo radical chic. È lui stesso a descrivere entusiasticamente il suo primo giorno da reporter, presso il “Kansas City Star”: “Mi sto divertendo moltissimo!!! Ho avuto il mio battesimo del fuoco il primo giorno, quando è esplosa un’intera fabbrica di munizioni”. Più avanti dirà a Fitzgerald: “Il motivo per cui ti spiace così tanto di esserti perso la guerra è che la guerra è il miglior soggetto possibile. Raggruppa il massimo del materiale e accelera l’azione e tira fuori cose di ogni tipo che normalmente dovresti aspettare una vita per vedere”. E lui, poco ma sicuro, c’è. La vive da soldato e da reporter, la ripropone poi da narratore – un narratore che vive nel mondo e non fuori da esso. Non come i nostri premi Strega che raccontano un ventennio mai visto, riscrivendo – e pure male – storie di seconda mano. Ernest affronta tutto con senso di virile sopportazione del dolore, anche i rapporti amorosi e le inevitabili delusioni, come quella ricevuta dall’infermiera che lo cura, dopo essere rimasto ferito, durante la Prima Guerra Mondiale (“suppongo che amare faccia bene in ogni caso”).
*
Ma non finisce qui perché, oltre a questa poetica – purtroppo scarsamente adottata oggigiorno dagli scrittori –, il testo fornisce indirettamente le migliori regole di scrittura possibili ancora adesso. E lo fa semplicemente riportando quelle a cui Hemingway dovette conformarsi, quando iniziò a lavorare in un giornale. Tali regole sono state poi, in fondo, la cifra fondamentale del suo stile: “La prima norma di stile del quotidiano recitava: ‘Usare frasi brevi. Usare paragrafi d’apertura brevi. Usare un inglese energico’. Altre norme del manuale avrebbero stimolato Hemingway a costruire le frasi della sua narrativa in modo così rivoluzionario da apparire totalmente nuovo. ‘Evitare l’uso di aggettivi’ diceva un’altra; e ancora: ‘Eliminare ogni parola superflua’”. E qui potrebbe idealmente chiudersi qualunque corso di scrittura creativa. Il resto lo fa il talento, nella migliore delle ipotesi il genio. Naturalmente ci vuole anche una visione del mondo, qualcosa da dire, qualcosa di vero e onesto. Ernest ce l’aveva (“Non devi far altro che scrivere una sola frase vera. Scrivi la frase più vera che conosci”). Come disse John Steinbeck: “Lui aveva un solo tema – uno solo. Un uomo si scontra con le forze del mondo, chiamate destino, e le affronta con coraggio”. A uno scrittore non serve che questo: il coraggio per andare incontro alla tragedia dell’esistenza e accettare la sconfitta.
Matteo Fais
L'articolo “Perché se è tutto bello non ci puoi credere. La realtà non è così”. A scuola di scrittura da Ernest Hemingway: andare incontro al destino con coraggio ed evitare aggettivi superflui proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2Otu8X3
0 notes
Photo
'EKU TOHINOA 'A 'O HOKU 'AHO MALOLO VACATING 'A E PALANITE KO MAMANI (KAU AI 'EKU FETAULAKI MO SIHOVA MAFIMAFI 'O e 'OTUA, PEA KO HA 'ANGELO 'A e 'OTUA MAFIMAFI).
'I he Lepupelika Fakatemokalati Neil Leslie Kilipati.-Uiliamisi-Jacksnephew ('I LEA FAKA-TONGA)
POU 'E UA
'Oku (Neil Leslie Kilipati.-Williams-Jacksnephew) pe 'alu ki ai 'a e Siasi 'o 'Ingilani St Michael 'a, Mass. Croydon ('i he malumalu 'o e taiosisi 'o e Southwark)
'I he lahi 'o e 'aho ni, ne u fanongo ki Tamai Philip fakamatala'i 'i he folofola ko ha me'a fekau'aki mo e: ' fa'e Mele 'a e 'Otua: mo 'Imanuela ko Sisu Kalaisi 'a e 'Eiki hotau Ko e 'Otua,' ('A ia na'e toe pehe foki 'e Timothy 'a e Tamai 'i he konga 'e taha).
Toe foki ki he 1980's. 'I he taimi 'oku kei si'i 'oku ou manatu'i 'a e konga 'o e folofola (fa'e Mele 'a e 'Otua: 'Eiki ko Sisu Kalaisi mo 'Imanuela hotau 'Otua) 'i he taimi 'oku fakamatala ki ai 'a e Vicar 'o e taimi ko ia 'i he 'a St Sitiveni 'a St Stephen kau, 'Ingilani Lonitoni SW8 1DH, 'Iunaiteti pule'anga (Vicar Helen) 'i he ngaahi lotu 'a e Siasi , 'a ia na'e puputu'u kiate au 'i he Siasi 'a St Sitiveni 'a St Stephen 'Iunaiteti kau, 'Ingilani Lonitoni SW8 1DH, pule'anga, pea 'oku kole 'e he Reverend 'o St Stephens Siasi 'a St Stephen kau, 'Ingilani Lonitoni SW8 1DH, 'Iunaiteti pule'anga (Reverend Christopher);
' 'Oku pehe 'e he Tohi Tapu 'i he Tohi 'a Senesi fai 'e he 'Otua Mafimafi 'a e mamani! ka na'e fa'ele'i 'a 'Eiki Jesus Kalaisi-'Imanuela 'i he mamani 'i he (fakafuofua) 'aho 25 Tisema 'i Petelihema 'i Siutea, 'i he feitu'u fakatonga 'o Palesitaine 'i he fuofua fa'ahita'u fakatolau 'o e B.C.E 2 [https://www.jw.org/en/bible-teachings/questions/when-was-jesus-born]. Ko ia, 'e anga fefe nai 'a e 'Eiki ko Sisu Kalaisi mo e 'Imanuela 'ai e mamani mo e Hinga 'a e fa'ahinga 'o e tangata kapau ko e 'Otua Mafimafi, 'o hange na'e fa'ele'i 'a 'Imanuela ko Sisu Kalaisi 'a e 'Eiki 'i he kamata'anga 'o e 2 B.C.E?`
Reverend Christopher 'omi kiate au ha malimali mo ha talitali Peleseni, ko hono fakaafe'i au ke ma'u ha fakapapau. Na'a ku tali anga'ofa ki ai. Na'e kole 'e Reverend Christopher ko e ha te u tali ai 'a e hilifakinima. Ne u talaange na'a ku fie hoko ko ha Kalisitiane 'iloa hange ko ia 'oku ou tui. 'Oku fakamatala'i 'e he Reverend Christopher 'oku 'i he momeniti ko ia na'a ne lava ke fakamatala'i 'i he lahi 'o e ngaahi lea, ka na'a ne kole fakamolemole atu fekau'aki mo e konga ko ia 'o e potufolofola ko 'eni pea ne fakaha mai 'a 'ene fakakaukau fakatautaha 'i ha ngaahi tefito'i kalama. ('Oku fakamatala'i 'e Reverend Christopher ko e matu'aki loto mamahi, mo e 'ita 'aki 'a kinautolu 'oku nau ako'i ta'etaau 'i he lotolotonga 'o e ngaahi me'a kehe). Na'a ne fakahikihiki'i au kole hoku fehu'i, mo e Na'e faka'ata au ke fakamo'oni kiate ia 'a e fai ha fokotu'utu'u ke fe'iloaki mo hono Vicar. Vicar Helen, ne nau toki sio tonu Reverend Christopher tokoni au e fakamatala malie 'i he'eku fakalea; tui (lelei loto ke fakapapau'i 'oku 'oku 'uhinga ia: tui = 'oku ou tui ki he mafimafi 'o e 'Otua).
Reverend Christopher na'e / 'oku 'ata'ata, peluki mai ka fefeka mo falala'anga. Ne u tupu 'i he tui. Ne u kole kapau 'oku 'i ai ha'aku ngaahi fehu'i. Ne u tali ange 'aki ha'o fehu'i ange pe 'oku kei mo'ui 'a e 'Otua Mafimafi, pea ko Siosefa na'e 'iloa ia ko e 'Eiki ko Sisu Kalaisi 'Imanuela Tamai kapau na'e fakatupu ia 'e he 'Otua Mafimafi.
Na'e meimei talamai: mo 'Imanuela ko Sisu Kalaisi 'a e 'Eiki ko e 'Alo 'o e 'Otua Mafimafi (ko e tau kotoa pe 'a e 'Otua Mafimafi 'a e hako) fa'ele'i 'o e taupo'ou ko Mele, pea ko e toenga ko ia te u ako 'i he Lautohi Faka-Sapate pea 'i he Siasi, 'a ia 'oku meimei ko e faiako mei he Tohi Tapu.
'Oku fakamanatu mai kiate au pea ma'u ha tali 'i he 'alo'ofa (pehe hili 'a e ma'u me'atokoni):
"Tau fakamalo koe koe'uhi ko ho'o lelei kotoa. 'Oku mo'ui 'a e O' e 'Otua Mafimafi, mo e pule 'o ta'engata. Pea 'e lava e ngaahi laumalie 'o e kakai tui faivelenga na'e mavahe, 'a e 'alo'ofa 'a e 'Otua, 'a e fiemalie 'i he melino, 'emeni"
'Oku lave ki ai he ngaahi 'aho kuo hili, 'oku 'oku ne 'i he kulupu 'o ha 'angelo 'a e 'Otua ('a ia ne ha 'a e tangata 'o fakatatau ki he faka'uhinga 'o e lea faka-Pilitania ki he ngaahi folofola), 'a ia na'a ne foaki kiate au ha 'aho malolo / malolo 'eve'eva (tamate'i 'o e palanite mamani) 'o fakafou 'i he 'u. 'Oku 'iloa 'a e kau 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi ke I Ko e naunau fakatelesitiale tepi ko e. (Te u fakaha ange kimui ange).
Na'e vave ange 'i ha fa'ahinga vave 'o e vakapuna na'a ku 'ilo'i mei munomuna fakasaienisi polokalama 'o hange ko e fetu'u fononga fakafehulunaki vave 'a e vave ange 'o e puna. (Te u fakaha lahi ange 'i he 'aho 'e taha). Lolotonga 'eku 'aho malolo / malolo 'eve'eva, ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi mo talanoa. 'I ha vaha'a taimi fakalongolongo 'o 'eku folau, ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'eke mai kapau 'oku 'i ai ha fa'ahinga fehu'i pe. Ne u lahi, neongo na'a ku kole ki he kapau 'e 'ilo 'e ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'a ia ko e 'Otua Mafimafi, pea kapau 'oku kei mo'ui 'a e 'Otua Mafimafi. Na'e ha tali kapataa ifi'i 'e ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi mo pehe leva ke u (Neil Leslie Kilipati.-Williams-Jacksnephew) te u 'ave koe ke vakai vave pe ia.
'I he momeniti ko ia he'eku a'u atu ki ai, ('a ia na'e 'ikai taimi pe ko ia mei he'eku fehu'i ki ha 'angelo 'o e God_ 'i ha vaha'ataimi ko e ngaahi houa lahi) ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi pehe, ko 'eni 'a e toko taha koe tangata ui 'a e 'Otua Mafimafi. Na'a ku fakakaukau 'i he taimi ko ia; 'Oku mo'ui 'a e 'Otua Mafimafi 'a e 'Otua (te u fakaha lahi ange 'i ha 'aho 'amui ange)
Ko e taha 'o 'eku ngaahi manatu faka'osi 'i he 'aho malolo / malolo 'eve'eva atu palanite ko e mamani, na'e fehu'i mai 'a ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi kapau na'a ku fie 'alu ki he la'aa. Ne u fakakaukau 'e 'ikai ke nau mo'ui hange ko ia 'oku mahulu hake hot, ka 'oku ou falala ai ki ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi, pea u talaange 'io. 'I he'ema a'u atu ('oku fusi 'a e ongo nima 'o e 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'a ('o hange ko e puna 'a ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi / kuo kapakau (ofi taha ki he liliu 'a e lea faka-Pilitania ki he ngaahi folofola)) ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi na'e fakafe'iloaki au ki he 'aleso 'angelo, 'a ia na'e tangutu ('i he fakanofonofo) 'i he ngata'anga 'i he tu'a 'o e la'aa ( 'a ia 'oku hange ha maama lahi ko e feitu'u ko ia 'o e ulo founga ngalikehe maau hange ha tohi (tu'unga) 'i loto 'i ha sio'ata swivel. (Te u fakaha lahi ange 'i ha 'aho 'amui ange).
FU'U POU 'E TAHA
Kuo toki 'oku ke fakahu 'a e fu'u pou ko 'eni. Kataki 'o lau mo kapau 'Oku fie ma'u fakamatala. Ke 'iate kimoutolu kotoa pe 'a e melino!
Ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi ('ataa 'a'ahi ki he naunau fakatelesitiale) ko au (Neil Leslie Gilbert) 'i he Siasi 'Ingilani 'a ST STEPHEN Siasi, 'a ST STEPHEN kau, LONITONI SW8 1DH, 'i he malumalu 'o e taiosisi 'o Southwark Tolu Taha'i 'Otua fale, 4 FALELOTU FAKAMAAU'ANGA, hala ma'olunga 'o e BOROUGH, 1HW SE1 LONITONI. ('i he Ko e me'a lahi hake he taha 'i he 1980's. 'I he taha 'o ha 'angelo 'a e ngaahi 'a'ahi 'a e 'Otua Mafimafi, 'oku fakafe'ao ai 'e ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi ki hoku ngaahi fa'ee kimu'a 'api 24 LAFALAFA he fale 'a e LULWORTH, DORSET hala, hiva ELMS, LONITONI, SW8 1DR ('a ia 'oku nofo ai 'eku fa'ee mo e tuonga'ane). Tu'uta ki he 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'a na'e siotonu parishioners kehekehe mo e Reverend ('i he taimi na'e / teiti) Christopher Guinness pea mo e Siasi 'o e Vicar 'o e St Stephens.
Na'a ma lue mei St Stephens Siasi (St Stephens Terrace) 'i he hala Bolney ke LAFALAFA 24 Lulworth fale ('a ia 'oku fakamo'oni'i 'e he kakai 'o e feitu'u). (Neongo ka tau hu atu ki he ngaahi feitu'u kehekehe 'a ia te u fakaha 'i he 'aho 'e taha, (kau ai 'a e hala fakakavakava 'o e Vasiholo, 'a ia ko e feitu'u Her faka'ei'eiki e kuini - 'Ilisapeti II / Her faka'ei'eiki e kuini - ko 'Ilisapeti II # [BUCKINGHAM PALASI, LONITONI SW 1W0 e 'ofisi 'o e Her faka'ei'eiki e kuini] lea ki au ('i he 'ao 'o ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi)-kole kapau na'e sai pe ia mo e ngaahi tefito kehe pe.
Te u fakaha lahi ange fekau'aki mo 'eku fetaulaki mo ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'i ha taimi 'e taha, ka 'i he taimi 'oku mo ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi mamata'i pea talanoa ki he ni'ihi kehe, na'e lava ke fakamo'oni mo fakaha mai 'e he Siasi 'a e fale ('aleso mo e 'esia'i taa 'a e matapa sio'ata mo e fakaikiiki kehe) 'o e chur 'Oku langa 'a e 'a e CH fa'unga, / langa 'i he tatau 'o ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'a fakapuli & vala ngaholo mo 'a e fa'unga 'o e polokalama.
Ko ia, 'oku lava ke fakapapau'i 'oku kotoa pe, 'oku 'i hono fakamo'oni'i ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi pea mo e fokotu'utu'u 'o ha 'angelo 'a e 'Otua Mafimafi 'o-to'o kiate au 'o fakafou 'i he 'u / vaka ke 'a'ahi ki he 'Otua Mafimafi ('oku ne mo'ui pea mo e pule 'o ta'engata), ko e kau Kalisitiane ko ia pea mo e ni'ihi kehe kotoa pe, 'oku totonu ke tui ki he 'Otua Mafimafi Ko e 'Otua, 'a ia 'oku ta'e shunned ko 'Imanuela-Sisu Kalaisi kiate kitautolu.
'Oku ou ongo'i fu'u langilangi'ia mo monu'ia ke lotu 'i ha Siasi he Siasi Faka-'Ingilani ko e fale 'o e Siasi
MA'ONGO'ONGA SAMITA HALA LONITONI SW1P 3AZ, pe ko e Siasi Katolika ('i he malumalu 'o e Siasi Katolika 'o 'Ingilani & Uelesi 39 ECCLESTON SIKUEA LONITONI SW1V 1BX).
n
0 notes
Photo
Remarkable and deeply pause-giving read on the value of a compassionate lie, particularly for those of us who staunchly deplore deception and hold truth as a supreme moral good.
214 notes
·
View notes
Photo
Michael Katakis, Maya Lin with her cat in her New York studio, 1986
565 notes
·
View notes