#mi scompone
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Ma lui scombina tutti i miei piani. Le mie regole. Le mie geometrie. Sovverte la mia natura quadrata. Lui mi rende un cerchio. A volte un groviglio di linee scomposte. Senza un inizio né una fine.
Roberto Emanuelli, Ora amati
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QUESTA È UNA STORIA CHE NON SO COME COMINCIARE A RACCONTARVI
È una storia triste con un finale velato di speranza che però non riesce a diminuire in me la tristezza, visto che è troppo spesso ripetuta ovunque nel solito loop di solitudine e sofferenza.
Non a caso ho deciso di raccontarla solo adesso e a taluni potrà sembrare che io mi voglia agganciare furbescamente al trend 'femminicidio' e con questo post fare virtue signaling.
Tutt'altro, credetemi.
Questa storia parla del coraggio di una ragazzina di 20 anni, l'unica reale protagonista, mentre noi come famiglia, semmai, abbiamo avuto solo il merito di essere al posto giusto al momento giusto.
Ricordate questo: AL POSTO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO e poi nella chiusa a questo post capirete.
Anche se dubito fortemente che conosciate lei o siate venuti a sapere della sua storia, per un mio senso di riservatezza cambierò molti particolari, senza però far perdere mai il senso di quanto accaduto.
Mia figlia piccola aveva una compagna di studi con la quale era rimasta in contatto anche dopo la maturità e una sera questa ragazza è venuta a cena a casa nostra, su strana insistenza di nostra figlia perché era già tanto tempo che non si vedevano, tranne qualche messaggio con cui lei la teneva informata sullo stato di salute del fratellino di 7 anni, affetto da una forma aggressiva ma curabile di leucemia.
Avevamo capito che era successo qualcosa e infatti questa ragazza, durante la cena, ci confida che lei, la madre e, soprattutto, il fratellino sono da anni vittime di maltrattamenti psicologici e fisici a opera del padre.
E noi, su insistenza di nostra figlia che è riuscita a convincerla, siamo state le prime e uniche persone alle quali trova finalmente la forza di dirlo, visto che il padre aveva costretto la madre a chiudere i contatti con ogni parente e cerchia di amici.
Erano sole, la madre non lavorava e tutti dipendevano da un unico stipendio, quello del padre, che inoltre decideva quando e quanto potessero uscire di casa.
Una storia di abusi familiari come tante, solo che invece di sentirlo in un telegiornale ce le stava raccontando di persona una ragazzina smilza e che sorrideva triste per l'imbarazzo.
E poi ho visto gli occhi di mia figlia, pieni di rabbia e indignazione ma scintillanti anche di qualcos'altro... speranza, anzi, convinzione che noi potessimo aiutarla.
Con un peso enorme nel cuore, le abbiamo allora parlato tutta la sera, l'abbiamo consolata, consigliata e spronata a fare quello che la madre non aveva più la forza di fare: denunciare ai carabinieri e rivolgersi a un centro antiviolenza.
E mentre lei piangeva lacrime di gioia per aver finalmente trovato qualcuno con cui aprirsi, le arriva un messaggio wathsapp sul telefono con una foto.
Una foto da suo fratello.
Che si era fotografato il naso.
Rotto e sanguinante.
E il messaggio sotto diceva 'Papà ha picchiato la mamma e poi me. E poi se n'è andato'.
Un bambino di 7 anni con la leucemia che deve andare a fare la chemio due volte a settimana.
A vederlo scritto pare assurdo pure a me, una di quelle brutte sceneggiature per una fiction rai in prima serata ma il fatto era che stava succedendo di fronte ai nostri occhi e non so come io sia riuscito a non prendere una delle mie asce appese al muro per andare schiantarlo in due come un ceppo marcio.
Lei, però, non si scompone più di tanto e ci dice 'Adesso vado. Ci penso io' con un tono che nascondeva stanchezza e abitudine... ma forse anche qualcos'altro di nuovo.
Vent'anni anni e ci pensava lei, quando noi - cinquantenni - eravamo solo riusciti a dire delle belle parole, tutto sommato inutili.
Prende ed esce, con noi che le andiamo dietro urlandole di chiamare subito i carabinieri e cercando di andare assieme ma lei sembra essere molto decisa, finché le luci posteriori della sua macchina non scompaiono nella notte.
Minuti, decine di minuti e poi ore ad aspettare notizie, senza conoscere il suo indirizzo e senza sapere dove mandare qualcuno a controllare.
Poi squilla il telefono. È lei. Ci racconta che quando è arrivata a casa ha subito controllato che non ci fosse la macchina del padre, è entrata e ha chiuso la porta da dentro lasciandoci le chiavi sopra. E quando il padre, ore dopo, ha provato a entrare e, non riuscendoci, ha cominciato a dare in escandescenze, ha chiamato i carabinieri dicendo loro che aveva picchiato la madre e il fratello.
Carabinieri che, ovviamente, lo hanno beccato mentre prendeva a calci la porta di un appartamento con dentro una donna e un bambino sanguinanti per le botte ricevute.
Nonostante tutto, quella notte non siamo riusciti a dormire.
Il giorno dopo mi arriva un audio su whatsapp (le avevo dato il mio numero per emergenza) e per quanto forse avrei potuto postarvelo qua per farvelo ascoltare, preferisco trascrivervelo
'Ciao, sono E. Ti volevo dire che ieri sera siamo stati al pronto soccorso e io ho insisitito con i medici che facessero tutte le foto a mamma e L. e che poi chiamassero la polizia che c'è dentro. L. è stato coraggioso e ha raccontato tutto, poi anche mia mamma ha trovato il coraggio di parlare. Ora stiamo andando al centro antiviolenza di Parma così ci aiutano con gli avvocati e magari ci trovano anche un altro posto dove andare. Io vi volevo ringraziare perché per la prima volta in vita mia mi sono sentita in una famiglia vera che capiva il mio dolore e la mia paura e con voi ho trovato la forza di parlare. Grazie di essere così meravigliosi'
Io ogni tanto ascolto quell'audio e poi le telefono per sapere come va. Lo ascolto perché, vedete, non mi sembrava che avessimo fatto chissà che cosa ma il tono della sua voce diceva tutto il contrario.
E allora mi sono ricordato di quella vecchia storia del ragazzino con la gamba rotta al quale ho fatto compagnia mentre aspettavamo l'elisoccorso e di come i genitori, mesi dopo, mi hanno riconosciuto in mezzo alla folla e mi sono venuti ad abbracciare come se gliel'avessi riattaccata, quando io mi ero limitato solo a rassicurarlo in attesa dei soccorsi.
Però ero al posto giusto al momento giusto.
Quel posto e quel momento, però, che non sono e non accadono mai a caso alla persona che sa cosa sia la sofferenza.
Se questo mondo non vi ha reso cattivi - e se siete arrivati a leggere fin qua non solo non siete cattivi ma anzi molto pazienti - allora avrete capito che il posto giusto al momento giusto è quello in cui siete ora, nello stesso frammento di tempo in cui decidete di spostare gli occhi dal centro del vostro dolore personale alla consapevolezza di quello degli altri.
Come non mi stancherò mai di dire, una mano protesa salva tanto chi la stringe quanto chi la tende.
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Caro, lo Zibaldone è una miniera di meraviglie. Quando trovo qualche particolare "gemma", la ripongo, trascrivendola, in uno dei tre "cassetti virtuali" che ho creato nel mio blog, tre sezioni per argomento che ricorderanno tre dei tuoi molteplici aspetti. Uno dei tre cassetti si chiama "biografia in filigrana" e riporta quei tuoi pensieri generali nei quali è particolarmente visibile la tua soggettività e che perciò possono essere utili per ricostruire realisticamente la tua personalità e ipotizzare come ti comportavi o avresti potuto comportarti nella vita pratica. Io amo il tuo modo schietto ed evidente di condurre i ragionamenti filosofici, infatti ho dedicato le altre due sezioni a due percorsi della tua filosofia, uno di avvicinamento a Dio, l'altro di allontanamento. Sembrano opposti, ma in realtà sono unificati dalla profonda onestà e intrepidezza della tua mente. Mi affascina il modo in cui una grande intelligenza, posta fra i dolori e le apparenti assurdità della vita, si relaziona alla religione cristiana appresa fin da bambino, la scompone e la distrugge, in un modo che però è sempre costruttivo, perché prima di costruire, bisogna ripulire il terreno. Ho capito cosa mi affascina nel tuo rapporto con il cristianesimo e la religione in genere: tu non hai paura della morte; al contrario, tu la desideri. Tanti pensatori desiderano vivere in eterno, e piegano il proprio pensiero in funzione di questo desiderio. Tu no: non hai alcun bisogno della vita eterna prospettata dalle religioni, e questo rende il tuo pensiero veramente libero. I tuoi non sono pensieri cupi: sono assoluti. Tu rappresenti la vera libertà del pensiero, che non è schiavo di nessun bisogno, che non mendica nulla. Tu sei quanto di umano è più vicino all'idea di puro pensiero.
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« qualcuno una volta scrisse "che possano ascoltarmi gli dei degl'inferi in 'sto esatto istante, giacché debba fare un importante giuramento innanzi a loro: che divorino la mia anima tutti i demoni, nel caso in cui io fugga per mera codardia da te e da questo nostro sentimento, che seppur dannato e maledetto, ci scompone in un'essenza nostra e inscindibile" e non vi è stato istante che m'imprimessi queste parole nel cuore, a sangue e fuoco, lasciando che divenissero indelebili persino alla mia anima poiché rispecchiavano quel che sentivo. le divoro anche adesso che fisso una parete e mi chiedo di te. se stai bene, se hai mangiato, se il naso ti pizzica perché vorresti piangere e se mi stai maledicendo per essere stato un emmerito coglione, un ulteriore dolore. vorrei essere lì, sai? non per ricordarti quanto t'amo perché non sfugge questo sentimento ma per accarezzarti lì, tra le scapole, dove racchiudi i tuoi malesseri, stringerti fino ad inglobarti per chiederti ancora scusa e avvolgerti in me così che possa assorbire ogni tuo dolore. non ho mai desiderato tanto assorbire un dolore tanto quanto adesso, e mi dispiace non essere stato all'altezza ieri quando avevi bisogno di me. vorrei poterti dire che sto imparando ad essere come te, ad essere più di testa e meno idiota, ma a volte mi chiedo se mi ami più per l'idiozia di cui sono composto. è da ieri che cammino a spalle dritte nella speranza di vederti appoggiare su di esse, non perché mi sento costretto a dimostrarti qualcosa per essere perdonato, ma per mantenere fede alla promessa che ho fatto a te, a me, a noi, quella di proteggerti nonostante tutto. infatti anche se mi manchi, nonostante mi duole il dito perché volevo ti arrivassero mille di quei cuori da quell'app che non capisco ancora come funziona, volevo avessi qualcosa che non fosse una canzone ma che portasse un po' di me con te, qualcosa che potessi rileggere e che ti consolasse, come uno dei nostri caldi abbracci o una delle mie stupide battute che ti hanno sempre strappato il sorriso. il mondo è spaventoso daniel e persino la persona più forte in questa terra indietreggia. e io sono sempre stato un vigliacco eppure quando torno in me tu sei sempre stato l'unica persona che mi ha teso la mano e l'unica a cui voglio tenderla, persino quando ci troviamo a lanciarci piatti di parole. li ho ordinati sai? stupidi piatti online con le frasi più assurde, come quelle coppie sposate da anni che litigano e si urlano dietro di tutto e di più. nella pubblicità mi era stato assicurato, con questi non avrete più bisogno di sfoderare la vostra fantasia. sto dilungando perché in questo modo posso starti più vicino, è pur sempre un tentativo no? la realtà è che vorrei tenerti fra le braccia per dirti che andrà tutto bene, ma sto cercando di rispettare la tua volontà. la stanza in cui alloggio non dista molto, ho chiesto esplicitamente che fosse disponibile per ogni emergenza. mi vedi correre da te nel cuore della notte? miagolare alla tua finestra come un gatto. dio, devo smetterla di essere così e di parlare troppo. adesso puoi chiudere gli occhi e pensarmi lì che ti stringo, profumato di non ti scordar di me che ti asciugo le lacrime per baciarti il cuore. purtroppo non esistono parole in questi casi e noi che siamo abituati a parlare per placare il dolore ci ritroviamo così, piccoli granelli di sabbia. quindi eccomi con te, tra queste righe che ti abbraccio.
ps: sarò tra la folla, sarò con te.»
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Andate, andate pure. Io resto qui disteso ad aspettarla. In carne, ossa e amore. Lasciatemi impazzire in pace. Lasciatemi ingoiare la ragione. Andate, andate pure Io resto qui ad abbracciarla. E se non parlerà sciogliendole i capelli inizierò a baciarla. E le racconterò di tutte quelle ore passate a bocca aperta a scriver poesie spogliando le parole di tutte quelle ore passate a bocca aperta che senza le sua labbra mi si seccava il cuore. Andate, andate pure. Io resto qui a dipingerle una strada che l’accompagni fin da me. Perché lei è acqua che scorre tra le rughe della terra e quelle della fronte un inchino della luce che scompone l’infinito in tanti piccoli granelli. E non badate ai miei occhi credetemi li ho sempre avuti stanchi. E non badate ai suoi occhi credetemi li ha sempre avuti belli.
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E' come se nelle mie giornate avessero messo sopra della polvere. Tutto sembra ovattato ed è difficile guardare sotto questo vetro. Il risveglio è un diadema incastonato ancora nei sogni: a che pro alzarsi dal letto? Cosa succederà di nuovo? Chi mi dirà ancora ''cojona''? Nessuno non aveva nessun occhio, le sirene cantarono e lo addormentarono. Sconfinando le porte obliate, si è aperto un altro messaggio, lanciato con la fune dall'alto salice:
''Sacrificando la tua personalità, hai ricordato di non averne mai avuta una. Questo ha detto lo specchio, e questo ti ripeterà, finché non saprai rispondere per le rime a questo riflesso che scompone ogni volta la tua immagine originaria. Perché l'origine è nella fine dell'esaudito, il colpevole non sarà mai troppo lontano da questa stanza. Tu guardi dentro di te e vedi il buio. Buio allora sarà, finché non usi la chiave. Finché non usi la chiave.''
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Boccia: "Non ho paura delle indagini. Ci sono altre donne in questa storia" AGI - "Non ho paura delle indagini perché ho semplicemente detto la verità. Mi sono sentita messo all'angolo. Io ho rispettato l'uomo e le istituzioni". Maria Rosaria Boccia è ospite della trasmissione "In Onda" su La7 per registrare l'intervista mentre nello stesso momento Sangiuliano inviava la lettera a Giorgia Meloni con cui annunciava le sue dimissioni irrevocabili. Nell'intervista condotta per LA7 da Luca Telese e Marianna Aprile, Maria Rosaria Boccia e i conduttori parlano del "ministro", ormai ex finito al centro dello scandalo per il presunto uso improprio dell'auto di servizio, per una nomina a consulente concessa ma non formalizzata, per messaggi, conversazioni e documenti riservati che sarebbero ora nella disponibilità dell’imprenditrice originaria di Pompei che aspirava a dirigere i grandi eventi del Mic. "Non ho bisogno di soldi, la mia famiglia non ha bisogno di cariche. Ho un lavoro floridissimo. Il ministro lo sa benissimo". Boccia spazza via alcune delle accuse che in questi giorni le sono state rivolte da chi ha preso le difese dell'ex direttore del Tg2: avrebbe montato il caso per ricavarne benefici, di ogni tipo. Sarebbe stata un'arrampicatrice sociale. Piglio deciso, sorriso stampato, tono tranquillo, un rimando continuo al ministro con un "deve spiegarlo lui" rispetto a questioni che richiederebbero un'interpretazione: in un'ora di intervista Maria Rosaria Boccia non perde mai il controllo. Neppure quando le viene chiesto come si è sentita. "Io voglio le scuse dall'uomo, per me e per la mia famiglia. Il ministro poi dovrà scusarsi con il popolo italiano, non con me". Vuole scuse pubbliche? "Mi ci ha messo lui nella pubblica piazza. Io non ero né un personaggio politico né dello spettacolo. La mia vita era fantastica e ora non è proprio semplice". La sua reazione alle dichiarazioni del ministro, in particolare all'intervista rilasciata al direttore del Tg1 Chiocci, l'imprenditrice campana non si scompone: "Ho solo rettificato le bugie del ministro e continuo a farlo. Io non spiavo il ministro. Io lavoravo con il ministro". Sangiuliano ha sbagliato a dimettersi? "Forse oggi dopo tutta la tempesta mediatica che abbiamo vissuto era necessario. Però poteva non farlo dicendo la verità dall'inizio", risponde secca Maria Rosaria Boccia ospite della trasmissione "In Onda" su La7. E neppure sulla natura del rapporto con il ministro, Boccia si scompone: Sangiuliano ha parlato di una relazione affettiva la sua versione è diversa? "Io non faccio un racconto diverso. Io chiedo al ministro di dire la verità. In questa verità sono coinvolte tante donne che per dovere di verità dovrei menzionare". Donne con cui il ministro aveva relazioni? "Non andiamo oltre. Credo - aggiunge rimanendo vaga - che tutta questa situazione si debba spegnere senza fare ulteriore male a nessuno e senza coinvolgere altre persone. Non è rispettoso che il ministro continui a dire cose inesatte allargando sempre più il cerchio della menzogna. Io non voglio essere sfruttata per coprire altre cose", conclude. La vicenda familiare entra prepotentemente nella vicenda istituzionale, quando si vuol ricostruire il perché del ripensamento sulla nomina, con un iter avviato e poi interrotto prima che potesse compiersi. Una delle tesi è che l'intervento della moglie del ministro abbia contribuito in misura rilevante. E Boccia avrebbe ascoltato la voce della signora Sangiuliano. "Io non ero con il ministro quando parlava con la moglie. Questo audio l'ho potuto ascoltare perché il ministro mi ha chiamata lasciando il telefono aperto all'insaputa della moglie e io ho ascoltato il discorso", tra i due. Lo sostiene Maria Rosaria Boccia, aggiungendo che la moglie di Sangiuliano "chiedeva di strappare la nomina. La nomina è stata strappata per il capriccio di una donna o perché non avevo le competenze?", conclude. Ma mentre si preparava l'intervista, arriva la notizia delle dimissioni e Boccia, tono tranquillo e deciso, delude chi si aspettava parole di soddisfazione, come le fanno notare i conduttori: "Non sono contenta, assolutamente, lui meritava quel posto, è una persona molto competente, secondo me è anche una brava persona. Si è trovato in una situazione che non ha saputo gestire, mi dispiace tantissimo perché lui meritava quella carica e secondo me la svolgeva anche in maniera egregia".
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SONO AGGRAPPATA A TE
Sono aggrappata a te Con tutte le forze che ho Mentre mi lavo le mani La vita si scompone Sono aggrappata a te Con le braccia, con l'amore Ti prego, non andare ancora via
Io sono aggrappata a te Mentre scende acqua e sapone Dall'innocenza delle tue parole Io sono aggrappata a te Alle tue spalle senza pudore All'odore di carta bruciata sulla candela
Mi sembra di impazzire L'amore è tutto in testa? Oppure è nel vino a tavola O in un vecchio che muore in pace? Mi sembra solo di capire Che tutto quello che ho fatto Mi ha portato a te E a me che comunque scappo Perché son debole di cuore Perché son debole di cuore
Sono aggrappata a te Il tempo scorre sui miei fianchi Io vado di fretta anche quando mi manchi Perché sono aggrappata a te Mentre ti muovi in mezzo al sonno Come su un'auto da corsa che gira e rigira nella mia testa Nella benzina bruci la mia testa
E la mia anima, il mio calore umano Li ho messi in frigo in un bicchiere di vetro di fianco al basilico Per non lasciare che il mio restare in bilico Potesse mettere a rischio tutto quello che ho dentro Quindi lasciami pure questo è il mio corpo freddo È solo un mezzo per sentire dolore Per poter correre via dalla confusione in tempo
Quindi lasciami andare che tanto è inutile star qui a chiedersi scusa Per poi fare le fusa come i gatti ruffiani Come gli animali che solo per fame si avvicinano a te Per non morire di fame, io mi avvicino a te Ringhiando come un cane, mi avvicino a te E poi mi lascio andare e resto aggrappata a te Io, io, io sono aggrappata a te (Sono aggrappata a te)
Mi sembra di impazzire L'amore è tutto in testa? O in una ferita che sanguina O nelle chiese sconsacrate? Mi sembra solo di capire Che tutto quello che ho fatto Mi ha portato a te E a me che comunque scappo Perché son debole di cuore
Oh, mi sembra di impazzire L'amore è tutto in testa? Oppure è nel cielo, oppure è per terra Oppure è di chi se lo immagina? Mi sembra solo di capire Che tutto quello che faccio mi porta a te E a me he comunque scappo Perché son debole di cuore Perché son debole di cuore
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Maniche Corte
l’odore del mare si fa largo dai buchi dell’avvolgibilesi mischia con l’odore di fogna del vicoloe qualcosa di pesante trema nel vuotocome una stella spenta.la luce si scompone appenacome una grattugia ele parole fanno rugginecome l’acqua ristagna.keith Jarrett a braccetto con Cagedisegna un profilo nella penombraPoi il vento mi invia una cartolinasopra c’è scritto: …”tanti Saluti”:perfino le…
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Patti Campani Testo di presentazione al catalogo: Pietro Meletti La spirale degli eventi Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba allí - El dinosaurio - Augusto Monterroso
"Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì" - questo è il racconto di Augusto Monterroso: quello che Calvino indica come il più breve racconto nella storia della letteratura. Una visione completa in sé, ma aperta; separata dal resto dell’universo, ma in grado di comprenderlo tutto; un frammento capace di suggerire l'esistenza di ciò che sta fuori di lui non attraverso il riferimento, ma attraverso la propria instabilità. E il tutto diventa possibile. E da qui parto per la mia breve presentazione a Spirale degli eventi per decifrare la chiave di lettura dell’operare artistico di Pietro Meletti. La sua produzione si è articolata nel tempo per Cicli, sperimentazioni su materiali diversi, installazioni, performance, ricerca musicale, testi, un interscambio continuo dei linguaggi e delle scritture sempre sostenuto dalla imprescindibile necessità di creare. Del resto è proprio da un suo breve appunto affidatomi che Meletti dichiara la sua kunstwollen: Banalmente e sottilmente direi che il fine della mia urgenza creativa è la vita…ovvero, rileggendo la mia vita, l’urgenza creativa è il fine della mia vita. In questo senso mi pare evidente che siamo di fronte ad una narrazione che si sforza di svilupparsi aderente alla vita dell’artista stesso che si prefigge nella sua espressione di tradurre un modo di pensare in un modo di vivere e viceversa naturalmente. E questo filo rosso discreto e privato, ma universale e potente, non l’ha mai abbandonato lungo tutto il corso dei suoi progetti. In questo senso la chiave di lettura, il codice da cui partire, mi pare racchiusa nella ricerca costante e continua di un possibile alfabeto espressivo fruibile e riconoscibile. Alfabeto che Meletti attinge a piene mani dal patrimonio di immagini facilmente reperibili e riproducibili dalle attuali tecnologie. Per questo penetra nelle immagini, le riconosce, le frammenta, le scompone, se ne appropria: si tratta della costruzione di un vocabolario e così lo rende pronto, ready made, all’uso; ridefinisce la sequenza e le parole sono lì pronte per essere usate. Crea il frammento instabile e vibrante di infinite possibilità che mi ha condotto a Monterroso.
Radici profonde e storiche ha l’uso del frammento che è stato oggetto della costante sperimentazione formale e linguistica teorizzata e praticata in campo artistico nel corso di tutto il 900. In questo la poetica di Meletti ha basi intellettualmente forti. Se posso dare un riferimento in questo senso direi che il termine Bildidee - idea figurale – teorizzato da Albe Steiner, possa essere considerato il generatore della ricerca espressiva di Meletti. Un motivo ad un tempo formale e significativo, ancora allo stadio potenziale, che costituisca gli elementi base, i frammenti dell’alfabeto espressivo appunto, necessari alla creazione di un costrutto linguistico autosufficiente: l’opera.Ogni risultato è sempre pensato, vissuto e creato come atto comunicativo. Dichiarato a volte nel coronamento del gioco linguistico: il titolo che può contenere i rimandi o le citazioni svelate o segretamente autobiografiche. Qui, in Spirale degli eventi, troviamo saldi tra loro i ritagli di dieci anni di vita: momenti privati, vita passata, letture, eventi, progetti, opere degli ultimi due anni, lo scritto Melettiano - che ci rende con parole ed in modo perfetto l’intera genesi del progetto - e il più recente a la suite de Max Bill.Ci muoviamo all’interno di questo nuovo racconto sempre condotti dallo sguardo dell’artista a sonda del reale: una visione attenta ai particolari e in grado di isolarli prelevandoli dal loro contesto per renderceli con una nuova identità significativa che è quella propria dell’autore. La funzione della memoria, del recupero e della sua trasformazione sono ben lontane da un riuso acritico, sono piuttosto una sempre nuova definizione dettata dal fare artistico. L’ingresso in questa memoria di reperti visuali, in questo archivio di immagini crea un tracciato , una migrazione degli elementi iconografici in infinite versioni e varianti, condotta su segni di tensione emotiva e culturale imprevedibile ma mai casuale. E così in questo diario senza una continuità temporale, ci viene consegnata quell’identità sostenibile che mi è permessa - riportando proprio le parole di Meletti -, l’unica possibile anche per noi. Ma naturalmente anche questo non è che un altro Frammento di una storia vista dall’artista. E qui ringrazio per le parole perfette - e che ho rubato - Gianfranco Baruchello, intravisto con mia gioia tra le letture citate e gli artisti amati presenti in Spirale degli eventi di Pietro Meletti. Patti Campani
#patti campani#pietro meletti#arte#arte contemporanea#artecontemporanea#arte italiana#scrittura#arte e cultura#scritti d'arte
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gentile professore, come si scompone un vettore tangente in un punto?
Non mi è chiaro cosa intendi, cerca di elaborare un po’ meglio
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Elenco
Sto cercando, come il piccolo, di fare la mia scatola dei tesori delle vacanze. Dalla Sardegna mi porto via la sabbia e il mare di Cea, quel turchese color vetro romano, che l’onda scompone senza rompere. Mi porto via l’odore del vermentino, la corteccia tagliata delle sughere, le rocce punteggiate dai lecci, gli olivastri nodosi, il vento indifferente. Mi tengo in tasca i pesci che ho visto,…
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JUNKION CRASHBAR ( Deluxe ) Generations Legacy EVOLUTION
Ammetto che l'entusiasmo iniziale per i Junkion di Legacy Evolution, dopo il buon Scraphook, un po' mi si era smorzato, ed ho esitato a prendere al volo pure il secondo uscito, ovvero questo CRASHBAR, poiché è vero che i personaggi nuovi sono come acqua nel deserto nelle linee celebrative stile Generations, ma è pur vero che i soliti noti alla fine brillano a prescindere proprio per il loro decennale carisma, mentre le "new entry" per certi versi sono un po' anonime e devono sgomitare non poco per farsi apprezzare anche da fan dalla mente aperta come il sottoscritto.
A spronarmi a riprendere con entusiasmo la collezione di questi Junkion è stata la notizia trapelata semi ufficialmente sul fatto che questi Evolution colleghi dello storico Wreck-Gar si potranno unire in un eccentrico tipo di Combiner, ma già avere Crashbar fra le mani è bastato a cementificare ulteriormente l'hype per questa tipologia di Transformers, e dopo l'exploit di Scraphook come camion attrezzi, il nostro esibisce LA modalità alternativa più iconica per questa razza di Cybertroniani, ovvero una bella MOTOCICLETTA, sempre in stile post apocalittico.
E in effetti col più famoso Wreck-Gar condivide non solo la modalità di moto ed i colori, anche se riassortiti con il beige reso principale insieme al grigio scuro, ma pure il disegno della fiammata sul serbatoio, anche se coi colori oro e rosso invertiti. Per il resto il design è diverso, e sopratutto le ruote risultano come proporzioni più piccole, e sebbene abbia i suoi tocchi di particolari dipinti, come le spine rosse ed i faretti piccoli gialli sul manubrio, magari avrebbero giovato qualche altro tocco colorato, come il faro frontale grande o le altre spine sui parafanghi.
Per il resto la moto è assai giocabile, anche se la ruota anteriore gira un po' a fatica, ma sopratutto aiutano i ben 3 fori per lato, per le armi, e quello dietro il sellino, più i fori posteriori sui zaini laterali o le spine ai lati di questi. Volendo ci sono delle spine anche sulla parte anterioe dei tubi di scappamento, dato che insieme ai zaini laterali sono gli accessori staccabili del giocattolo.
Senza questi la moto è lo stesso "guardabile", ma sopratutto i zaini laterali servono più a tenere in posizione la ruota posteriore, ma senza queste vengono allo scoperto altri 2 fori per lato; come già il collega Scraphook, anche Crashbar qui si scompone in tre moduli, e anche qui la parte centrale resta un po' inutilizzata senza delle spine, ma ora che abbiamo due di questi Junkion post Weaponizer, la giocabilità inizia a farsi sentire maggiormente, potendo scambiare i moduli o agghindando l'uno o l'altro veicolo con i pezzi dell'altro ( esempio più semplice è creare una sorta di sidecar con una parte del muso di S.H. ).
Ma il bello di questi abitanti di Junk è quello di potersi TRASFORMARE senza scomporsi, quindi, riassemblato il nostro Crashbar, gli si estendo le parti anteriore e posteriore, rivelando le cosce nascoste, ruotando la parte centrale che diventa il bacino, e quindi con il serbatoio che diventa la gamba sinistra e viceversa il sellino. Le braccia sono poi ripiegate dietro la schiena, così come la testa spunta da dentro il petto.
Una trasformazione carina insomma, per un ROBOT niente male anch'esso, bello variopinto ora con l'arancio su spalle, avambracci e casco, tre fari tondi sul petto a ricordare la sua modalità di moto e sopratutto l'asimmetria delle gambe, fatalità questa già vista proprio sul primo Wreck-Gar Generations del "lontano" 2010!
Carina anche la faccia, coi mustacchi da biker e visore / occhiali, così come i cornini sul casco, i tocchi di rosso e oro chiaro sul petto, ed un po' di asimmetria anche sugli spuntoni frontali sulle spalle, uno a sinistra e 3 a destra.
A livello di fori per armi siamo oltre lo standard dei WfC, dato che ci sono pure ulteriori fori nelle parti interne di avambracci e gambe, e pure ai lati dello stomaco: gli accessori si dispongono indicativamente con i tubi di scarico dietro la schiena e gli zaini che diventano cannoni impugnabili, ma ovviamente visti i cotanti fori, ci si può sbizzarrire a volontà.
Un'altra arma, non citata nelle istruzioni ma perlomeno illustrata sul retro della scatola, è la ruota posteriore, che si stacca e diventa una sorta di scudo con tre lame estrabili, davvero una bella aggiunta questa, anche perchè complessivamente il nostro un po' sfigura rispetto al collega Scraphook in quanto a numero di accessori, ma 4 più la ruota direi che è una buona media per un Weaponizer, dai.
Anche Crashbar si scompone come Scraphook, ovvero staccandosi le braccia e le gambe sotto le ginocchia, laddove stavolta l'immagine sul retro della confezione depista non poco, dato che nella foto illustrativa dei vari "pezzi" del nostro, le braccia sono attaccate al busto mentre è staccata... la testa!, cosa fattibile, volendo, in quanto attaccata tramite balljoint, ma non a livello di spina da 5 mm come da standard. ^^'
Se Scraphook supera Crashbar per numero di accessori, almeno con quest'ultimo ci si rifà a livello di combinazione con il piccolo gestalt dei Dinobot Core, sbandierato nelle live promozionali Hasbro, dato che finalmente gli arti della moto Junkion possono sistemarsi bene nel corpo del Volcanicus piccino, sopratutto le gambe, laddove invece con Scraphook si faceva un po' fatica.
Insomma, un altro bel modellino, giocabilissimo e ben fatto, appagante in tutte le sue modalità, minato magari da un po' dal fatto che è un personaggio e non adeguatamente pubblicizzato dai media ma che di suo ha carisma da vendere anche solo come giocattolo, se solo gli si da la possibilità. ^^
-Bio ufficiale codice QR:
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Il corpo non è fatto solo per soffrire, ma per soffrire e gioire. Nell’innocenza della sofferenza come nell’innocenza della gioia, il corpo si realizza, vulnerabile e solenne.
Salve, mio corpo, mia struttura per vivere e compiere i riti dell’esistenza! Amo le tue imperfezioni e le tue meraviglie, le amo con gratitudine, pena e rabbia alternate. In te mi sento diviso, campo di battaglia senza vittoria per entrambe le parti e soffro e sono felice a seconda di quello che il caso mi offre.
Sarà questo stesso caso, sarà la legge di Dio o del dragone che mi scompone in pezzetti? Il mio corpo, il mio dolore, il mio piacere e la trascendenza. E alla fine il mio essere intero e unico.
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Carlos Drummond de Andrade
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Alessandro Cecchi Paone: «Sono un maestro della massoneria, nei nostri riti di iniziazione usiamo il cappuccio» Alessandro Cecchi Paone, giornalista, conduttore, politico, attivista lgbt, ospite del podcast “2046” di Fabio Rovazzi e Marco Mazzoli, con la partecipazione di Enrico Ruggeri, parla della sua appartenenza alla massoneria: “Io sono un massone del massimo grado, io sono un maestro massone, e in più sono un maestro architetto del rito simbolico che è un'ulteriore crescita di grado di potenza massonica. E questo è nella storia della mia famiglia. Perché tu puoi essere cattolico, puoi essere ateo, puoi essere tante cose. Se sei massone credi nella libertà, nell'uguaglianza, nella fraternità, nel progresso, nei diritti umani, nei diritti civili. In Italia la massoneria è stata fondata da Mazzini e Garibaldi, credo di non dover dire altro.Sono massone e sono orgoglioso di esserlo e non mi nascondo”. Il rito di iniziazione Mazzoli reagisce sorpreso: “Uno si immagina i massoni che fanno i sacrifici con il cappuccio”. E Cecchi Paone non si scompone: “Il cappuccio ce l’abbiamo in alcuni casi, ma i sacrifici non li facciamo”. Rovazzi gli chiede a che serve, e il giornalista spiega che “usiamo un cappuccio con il buco negli occhi. Per non farci riconoscere. In certe fasi non possiamo dire tutto. Se arriva un profano, come in questo caso siete voi – e non è un'offesa - prima che il profano si confermi massone e venga accettato non deve sapere chi sono gli altri. Ma poi a un certo punto c'è un bellissimo gesto, quando finisce il rito di iniziazione noi facciamo tutti insieme 1-2-3, via il cappuccio. Ed escono le facce”.
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