#mi rendi migliore
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i-am-a-polpetta · 4 months ago
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madonna Raga appena uscita dalla psico che mi ha detto "sei stata bravissima, mi rendi davvero fiera per i grandi progressi che hai fatto e per la tranquillità e sincerità con cui gestisci rapporti, problemi e difficoltà"
perfetto raga posso crepare felice da persona migliore
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femmenoir-red · 10 months ago
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Tu mi completi e mi rendi una persona migliore. Tutto ciò che amo perde metà del suo piacere se tu non sei là a dividerlo con me ...❤
@femmenoir-red
-emozioni 20*01*24
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becarefulimawitch · 1 month ago
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Pensa che io riesco a vivere benissimamente senza quella Stupida app che hai al primo posto! Ti dico un'altra cosa, sono talmente fiero di non averla mai usata che mi fa sentire molto più intelligente di chi perde gran parte della vita a starci su e ad utilizzarla
Amo io ti stimo sul serio. Continua così, sbattitene dei social e vivi felice, facendosi così rendi il mondo un posto migliore.
No sarcasmo qui, dico sul serio.
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dilebe06 · 1 year ago
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Io voglio dire solo una cosa:
il fumetto di W - della serie W - è uno dei fumetti peggio scritti che io abbia mai letto.
Mentre guardo la serie, certe volte, mi chiedo come sia possibile che quest'opera abbia così tanto seguito tra il finto pubblico della serie.
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Prima di tutto il protagonista è stato creato da una tredicenne. Con tutte le caratteristiche che una adolescente troverebbe affascinanti che si riassumono quindi in un essere perfetto. Il protagonista di W infatti è un super uomo. Bello, ricco, intelligente, simpatico, gentile, amorevole, fedele. Non ha un caz...o di difetto manco se lo cerchi! Lo stereotipo perfetto!
E io qui mi domando: ma nella letteratura che crea protagonisti sfaccettati, umani, sbagliati, fallaci, complessi, pieni di dubbi ed errori, a tratti grigi...come può questo tizio senza macchia e senza paura piacermi? Ma soprattutto perché l'autore del fumetto non ha sfaccettato il protagonista ma a preso pari pari dall'idea della figlia adolescente?
In secondo luogo gli altri personaggi, oltre ad essere pochi per 33 volumi, sono piatti come tavole. Nessuno di loro ha una storia a sé stante ma vivono unicamente per il lead. Non sono interessanti e se al posto della guardia del corpo/migliore amico del protagonista ci mettevi un cartonato, non sarebbe cambiato nulla.
Bocciati tutti i personaggi del fumetto, veniamo alla trama.
La storia parla di questo adolescente figo come non mai che vince le Olimpiadi di tiro con la pistola risultando un vero e proprio fenomeno, l' orgoglio della nazione. Giustamente. L'impianto da tredicenne si sente potente. Tuttavia la gioia a vita breve quando poco dopo la vittoria, un tizio a volto coperto entra in casa del giovane atleta e ammazza TUTTA LA SUA FAMIGLIA. Fratellini compresi. Compiuta la mattanza, l'assassino butta la pistola in un vicolo. Pistola che si rivelerà essere quella dello stesso lead e che lo porterà ad essere accusato dello sterminio della sua famiglia. Mandato in carcere - senza prove sufficienti - viene scaglionato per mancanza di prove - ma dai!. Tuttavia la sua vita è ormai allo sbando: la sua famiglia è morta e viene visto come un reietto dalla comunità. Decide quindi di farla finita e ammazzarsi ... ma mentre sta per compiere l'insano gesto, ci ripensa e decide di dedicare la sua vita a cercare l'assassino della sua famiglia ed ottenere giustizia. Non si sa bene come, diventa ricco, compra un emittente televisiva che collabora con la polizia nel ricercare i criminali e si trasforma in un eroe cittadino. Un personaggio così in vista che viene invitato a cene di Stato, per dire.
Fine.
Dico fine perché a partire da questo momento la trama prende una piega più "umana", diciamo. XD
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Ora, questa trama ha una caterva di problemi per me:
Prima di tutto la storia copre 33 volumi. Trentatré volumi sono - più o meno - la saga dell'Est Blue, Arabasta e la Saga dell'Isola del Cielo di One Piece. Se confronti questi numeri con altri fumetti ti rendi conto che ad esempio con One Piece, copre tre saghe e più.
Mi riesce quindi difficile capire come l'autore abbia spalmato questa storia, fondalmentalmente basic, in 33 volumi rendendola così avvincente da essere un successo strepitoso. Soprattutto se consideri che il villain, dopo la mattanza, sparisce nel nulla.
Il secondo problema inizia a venire fuori quando la storia continua e si ci avvicina al finale ed i nodi vengono tutti al pettine:
Nei 10 anni che passano nel fumetto da quando la famiglia del lead è morta, al suo divenire l'eroe della città, l'assassino non si è mai fatto vedere. Mai. Sparito dalla circolazione. Non ha lasciato un indizio, una pista, una mollica di pane...nulla.
Ed è parlando con l'autore del fumetto che viene fuori il vero motivo del perché quest'opera è terribile per me:
Il cattivo non lascia tracce semplicemente perché non esiste. Lo scrittore infatti ha ammazzato la famiglia del lead per dare un trauma al protagonista.
E basta.
E per farlo ha scritto il delitto perfetto. Un uomo senza volto che appare quando deve apparire e scompare senza lasciare traccia rendendolo impossibile da catturare.
E se posso essere d'accordo con il trauma mi chiedo se è una scelta giusta trasformare il trauma nell'evento, nel punto centrale della storia, impossibile da superare.
Prendiamo le Nozze Rosse di GOT. Quelle sono state un trauma che è servito a tutti i ragazzi Stark ma non è stato mai il punto focale tramite cui si risolve tutta la storia.
Ma se dai al cambiamento emotivo il valore di risoluzione finale rischi in credibilità. Ed infatti, quando nel 9° episodio l'autore spiega come intende finire il fumetto, tira fuori un finale che - cito testuale dall'autore del fumetto: è pieno di buchi - e non ha senso.
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Il tizio che ammazza la famiglia del lead perché geloso del padre del protagonista ha un movente che cozza con il voler incastrare il lead a tutti i costi, usando la sua pistola appositamente. Da come è andata la vicenda si vede subito che il colpevole voleva che il protagonista fosse accusato. L' assassino che ha in casa tutte le prove del suo crimine - venisse mai la polizia a bussare non hanno manco bisogno di frugare tra la roba - dopo che ha compiuto il delitto perfetto, è una presa per il culo. Così come il politico cattivo che complotta per mettere nei casini il lead ma che viene convenientemente tradito dai suoi uomini ed incarcerato. Concludendo con la storia d'amore tra il lead e la segretaria che per 33 volumi non hanno mai dato segno di essere innamorati ma nel finale lui le fa intendere- cosi a caso - che gli piacerebbe tanto uscire con lei.
Ora, mi si potrebbe contestare che questo finale è stato scritto in fretta e furia dall'autore per via delle circostanza poco piacevoli che sta passando nella serie.
Ma dopo averci pensato bene, questo è l'unico finale possibile. Perché per come è stata scritta la morte della famiglia del lead -dando valore emotivo e non narrativo - non c'è modo che il protagonista risolva il crimine se non in questa maniera. D'altronde come catturi un tizio che è stato scritto per non esistere?!
E sapete qual è la cosa che lo rende ancora peggiore? Avere la certezza che lo scrittore non avesse idea di come finire il fumetto. Non ha mai avuto idea di come finirlo, scrivendo in base alla giornata o in base all'umore. Se è felice, il protagonista ha successo. Se è triste e depresso, il lead tenta il suicidio. Semplice.
Che ce frega della logica narrativa, della coerenza, del realismo e credibilità.
Tutto questo si evince ancora di più nella storia d'amore prevista per il fumetto: quella tra il lead e la sua segretaria.
MAI, per tutta la storia si è notato un qualche interesse da parte del lead per questa donna. Sono amici d'infanzia e lei è palesemente innamorata del protagonista. Amore chiaramente non ricambiato visto che non ci sono state parole, sguardi, momenti che facessero pensare a qualche interesse....
Però l'autore pensa di finire il fumetto con una scenetta di 5 secondi dove, una volta che il lead ha catturato il colpevole, s'incontra con la segretaria, si sorridono e si mettono insieme. Così. A membro de cane!
Mi rendo conto che sono cazzate... ma io ci penso di continuo ogni volta che vedo la puntata: come può piacere e avere tutto sto successo un fumetto così?!
Ma oh, il problema sono chiaramente io che mi faccio pippe mentali sulla cosa meno importante di tutta la serie. XD
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tulipanico · 6 months ago
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forse tu nulla, ma quello che posti fa invidia o fa sentire inferiori altre persone, lo dico perché io blocco i blog che ritrovarmi nella home mi fa male in base ai contenuti che vengono postati. è una cosa che non dipende da quei blog, da quelle persone dietro i blog, ma da me. da quanto sono sensibile e fragile io, che vedendo qualcosa di superiore a quello che ho io o che faccio io, inizio a farmi pensieri negativi su quanto sia incapace, brutta, e cose di questo genere. perciò non preoccuparti se ti rendi conto di essere stata bloccata da alcuni, possono esserci vaaaarie ragioni, non per forza perché tu hai fatto qualcosa.
Sarà che ho sempre bloccato persone che mi mettevano disagio o creavano fastidio, mi è nuovo questo modo di vedere la cosa. Mi è impensabile immaginare di creare "invidia", perché di base non credo di aver nulla che possa rendermi migliore o superiore ad altri.
Però grazie per aver speso del tempo a spiegarmi una visione diversa🌸
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nuriamonfort · 8 months ago
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Hai reso tutto migliore. Tu rendi il mondo bellissimo, caldo e gentile. Volevo solo dirti grazie, prima che sia troppo tardi.
Io non rendo il mondo bellissimo. Il mondo è bellissimo. Mi hai aiutato tu a vederlo.
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whateverpeoplesayiwas · 8 months ago
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In attesa di un miracolo
Sono in attesa di un miracolo
Io che in fondo non credo
Sono nudo davanti a questo cielo
Che mi giudicherà
Non ho più niente da perdere
Neppure la dignità
Solo la ragione
Canto, urlo, grido
Verso un immenso velo
Mi taglio le vene davanti a te
Dio che sto implorando
Salvami da questo oblio
Tu che puoi tutto
Rendimi questo miracolo
Ho passato la mia vita
Ad essere la versione migliore di me stesso
Ho scoperto di essere diverso
In ogni paio di occhiali
Esiste una rifrazione di me stesso
Questo mostro senza forma
Sono io
Non importa quanti fiori
Ti porterò
Vedrai sempre il mio pianto
Come un lamento
Il mio sguardo con sdegno
Io che ho solo paura
Sono condannato ad essere un scempio
Per te che non sai vedere oltre la mia forma
Mi uccidi ma non ti rendi conto della mia rabbia, della mia gogna
Sono malato, sono rinchiuso in una gabbia, in una fogna
Un mostro senza più un anima né una storia
Mentre mi abbracci
Vedo la tua lama trafiggermi
Sorridi, era tutto ciò che volevi dirmi
Un addio prima di uccidermi
Un bacio di pietà prima di estinguermi
Io che volevo essere amato
Sono qui sventrato
Invoco il mio Dio
In attesa di un miracolo:
La commiserazione.
.
.
.
E in attesa di un miracolo
Io Morirò.
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cardisimo · 1 year ago
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Tu mi completi e mi rendi una persona migliore. Tutto ciò che amo perde metà del suo piacere se tu non sei là a dividerlo con me.
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magicnightfall · 1 year ago
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THANK YOU AND GOODNIGHT
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A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri finali. 
Perché inevitabilmente, quando una serie finisce, ripensi all’inizio e ti rendi conto degli anni trascorsi (tanti o pochi a seconda della benevolenza del network), delle cose che hai fatto e di quelle che sono accadute nel frattempo. E mentre la serie andava per la sua strada, con tutte le tappe della propria vita ben scandite come tacchette su un righello — episodio pilota, prima stagione, notizia del rinnovo, produzione della stagione successiva e via dicendo fino all’epilogo, morte naturale o violenta che sia — tu pure andavi per la tua, ma altro che linea retta, altro che righello: per citare Ennio Flaiano, per te la linea più breve tra due punti è stata l’arabesco.
Così, nei sei anni che separano la Midge Maisel che invade ubriaca il palco del Gaslight e la Midge Maisel che — ‘sto giro sobria — si appropria degli ultimi quattro minuti del Gordon Ford Show, io ho iniziato la pratica forense, sono diventata avvocato, mi sono iscritta e poi cancellata dall’albo, nonna se ne è andata, ho cambiato tanti lavori (certo, uno era uno stage di nove ore al giorno per cinque giorni a settimana a cinquecento euro lordi che la Regione chiamava “tirocinio” perché “servitù della gleba” pareva brutto), sono stata trascinata a battesimi e cerimonie religiose contro la mia volontà, stranamente non ho preso il coronavirus, ho pubblicato due romanzi, ho avuto crisi esistenziali, ho detto addio al mio adorato micio, Floppy, mi sono devastata l’anima coi concorsi pubblici, ho fatto tanti passi avanti e altrettanti indietro, molto più spesso ho girato in tondo.
Ecco, forse non sono mai solo serie: piuttosto, capsule del tempo che racchiudono, nel periodo che delimitano, parte dell’esistenza di una persona.
E il fatto che The Marvelous Mrs. Maisel sia la storia di una ragazza che, dopo una batosta improvvisa, cerca di trovare la sua strada, rende forse la connessione tra spettatore e personaggio ancora più evidente, e più solida.
Che in effetti, se non la serie in sé — che a parte i rallentamenti dovuti al Covid è andata dritta per dritta — quanto meno è stato il personaggio di Midge ad avere i suoi begli arabeschi, il cui bandolo solo in apparenza è stato districato nel series finale (ma gli arabeschi hanno i bandoli? Probabilmente no, ma poi mi salterebbe tutta la metafora e allora famo finta che ce l’hanno). 
Perché se finalmente la vediamo sfondare come comica, il meritato coronamento di anni di sforzi, la sua vita privata è più ingarbugliata che mai. Anzi, più che ingarbugliata: tragica. Durante tutta la stagione i numerosi flashforward ci hanno dato un assaggio del tetro futuro che l’aspetta: un rapporto inesistente con i figli nel migliore dei casi, conflittuale nel peggiore; una collezione di matrimoni falliti; un ex marito (a cui è sempre rimasta affezionata) in galera, i genitori ormai trapassati e remoti — ma vabbè, erano anziani, ci sta — e Lenny Bruce pure (ma lui per un’overdose, e ci sta un tantino meno). E quel che è peggio, perché alla fine sticazzi di figli e mariti, è stato vedere le condizioni in cui versava l’amicizia con Susie e scoprirla — l’amicizia, eh, non Susie — più estinta di un dodo.
Diciamo che la netta virata sul tragico della quinta e ultima stagione della serie mi ha lasciata un po’ F4 basita. Non che nelle stagioni precedenti non ci siano mai state situazioni — se non proprio tragiche — quantomeno drammatiche (sopratutto nell’accezione narrativa del termine): dall’incidente scatenante (il tradimento di Joel e il conseguente divorzio) alla difficile relazione con i genitori, che né approvavano né comprendevano la sua carriera di comica e ancor meno le istanze di indipendenza (morale ed economica) che essa implicava, passando per tutte le difficoltà e gli ostacoli che Midge ha dovuto affrontare e superare in quanto novellina e in quanto donna, e tutte le varie ed eventuali che stanno nel mezzo. Semplicemente, tutte le situazioni infauste e le difficoltà delle precedenti stagioni erano nel presente, e pertanto non destavano particolari preoccupazioni perché chiunque si sarebbe aspettato che per la fine della serie — io la scena finale me l’ero immaginata con tremila persone ad applaudire Midge al Carnagie Hall, ovviamente con Abe e Rose in prima fila — sarebbero rimaste nel passato. La quinta stagione, invece, ci ha tenuto a dirci che il futuro sarebbe stato meno idilliaco di così. Certo, i problemi di un tempo si sono risolti e al loro posto ne sono arrivati di nuovi, d’altronde così è la vita, ma era necessario farcelo sapere? Era davvero necessario mostrarci Midge a settant’anni suonati vacillare all’idea di avere un martedì libero in un calendario di impegni di lavoro altrimenti fittissimo, perché oltre alla carriera — e a Susie, con la quale per fortuna si è riappacificata ma che però adesso vive in un diverso continente — non ha nient’altro?
Lei stessa — nel suo monologo finale in quegli ultimi gloriosi quattro minuti del Gordon Ford Show — con una certa lucidità arriva a intuire una possibilità di futuro che noi, in effetti, sappiamo essersi avverata: dubita, per esempio, che una relazione stabile sia scritta nel suo destino, e crede che sia inevitabile che i figli la odieranno da grande (e se per le relazioni, vabbè, amen, la questione dei figli è già più delicata anche solo perché saranno loro a scegliere la casa di riposo).
Badate, la mia in realtà non è proprio una lamentela, perché in effetti queste note agrodolci — più agre che dolci — del finale (e di tutta la quinta stagione) mi sono piaciute, è più una riflessione del tenore: già che la vita è miseria e poi si muore, è chiedere troppo che mi venga concessa l’illusione che a Midge Maisel sia andato tutto bene, che sia riuscita ad avere tutto senza dover rinunciare a niente? No? E vabbè.
Ciononostante, l’episodio è finale è stato tutto quello che speravo che fosse, cioè un degno tributo. Il monologo stesso, sia nel ripercorrere gli eventi salienti della carriera ancora in fieri di Midge, sia nello spronare le donne a credere in quello che fanno e a prendersi quello che gli spetta, invitandole a lavorare per far accadere le cose anziché attendere passivamente che accadano da sole, è un po’ il testamento morale del personaggio.
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E a proposito di questo, già solo la scena in cui Midge vede il microfono, la telecamera inizia e girare e tutto si fa silenzioso, con lei che avverte Susie che sta per fare un ultimo folle gesto e Susie che è pronta ad affondare con tutta la nave, ecco, già solo questa scena ha fatto passare in secondo piano qualsiasi remora o perplessità io possa avere mai avuto.
E poi c’è stata la consacrazione, con la menzione esplicita del titolo della serie. Non sempre accade, e quando accade è qualcosa di grosso, un vero e proprio cambio di paradigma: tipo Rick Grimes che nella quinta stagione (sarà una cosa delle quinte stagioni, dunno) dice finalmente “We tell ourselves that we are the walking dead”. Così, quando Gordon se ne esce con “May I present the magnificent, the magical… the marvelous Mrs. Maisel” è la chiusura del cerchio. E anche del sipario.
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Adesso mi sento un po’ come quegli studenti che — a detta del preside di In viaggio con Pippo, ma lui era evidentemente un mitomane — non hanno idea di cosa fare per non sprecare l’estate ora che la scuola è finita. Solo che il mio problema non è con l’estate mai coi venerdì, perché dopo una settimana di lavoro tornare a casa e dare il via al weekend con The Marvelous Mrs. Maisel era bello. Più che bello: era giusto. Per carità, di roba da vedere ne ho a carriolate, quindi ai miei venerdì uno scopo glielo ritrovo uguale, però, a prescindere, di signora Maisel ce n’era una.
E allora niente: thank you, Midge, and goodnight.
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mynameis-gloria · 2 years ago
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Cena non propriamente prevista da amici, dovevo andare nel pomeriggio a portare un pensierino per un compleanno appena trascorso a questa coppia di signori con cui son rimasta in rapporto, anche dopo la fine del mio penultimo lavoro, ed è finita che mi son dovuta fermare a cena, obbligatoriamente perché: "un no non è valido come risposta", per il compleanno di un terzo ospite!
Serata abbastanza piacevole anche se iniziata non nel migliore dei modi, era da tempo che non li vedevo e forse son cambiata io, loro, oppure semplicemente siam sempre stati così, ma è proprio vero che di certe cose te ne rendi conto solo con il tempo e la conoscenza e vedi tutto un pò più nitido, lucido e allora certe parole ti fanno storcere il naso e ti chiedi se certi atteggiamenti li vuoi ancora accettare. Se sentirti dire determinate parole sia davvero necessario e faccian davvero ridere e soprattutto se quel rapporto faccia davvero così bene. Questi davvero sono scritti ripetutamente apposta e sempre per davvero non ho risposte a queste riflessioni ma un pò credo d'esser cambiata e sinceramente non posso che esserne fiera, perché sento di rispettarmi di più e volermi bene, di proteggere e tutelare ciò che sta al mio interno, milza e cuore annessi! Ma mi riferisco a valori e contenuti per cui il mio corpo non debba sempre subire tutto ciò che accade ed esser sempre quello che acconsente, fingere che sia ok.
Oramai sono su questo post da mezz'ora e il mio cervello sta già andando offline, perciò concludo qui queste riflessioni, in sospeso o meno, non importa. Volevo solo imprimere e ricordare
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gallo00 · 1 year ago
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Ti amo perché mi rendi migliore, però io non ti rendo migliore...
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letenebremihannoavvolto · 2 years ago
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Caspar David Friedrich, Un uomo e una donna in contemplazione della luna, 1819, olio su tela, cm 34 X 44. Berlino, Alte Nationalgalerie.
A Silvia di Giacomo Leopardi
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventú salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io, gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu, pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dí festivi
ragionavan d’amore.
Anche peria fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negâro i fati
la giovanezza. Ahi, come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
questo è quel mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
Il nome "Silvia" è ispirato alla ninfa protagonista della Aminta di Tasso. Simbolo di tutti i sogni di gioventù infranti da una morte prematura.
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oretsim-mistero · 1 year ago
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Alla fine Andrea cosa ti porta a pensare che le persone dovrebbero avere un interesse nei tuoi confronti?
Ti porti dietro quelle frasi da una vita "mi manca tanto" "quella è mia migliore amica" "ci siamo divertite un sacco" "mi rendi felice", tutte quelle frasi in cui il fatto che non si riferiscano e non si siano mai riferite a te, ti ferisce in un modo disumano; è proprio per questo che ti sei annullata dalla vita sociale, stufa di essere sempre di meno di tutti, quella persona che chiami solo quando tutti ti danno buca; stai passando la tua vita da sola, da tanto tempo; io non chiedo di essere sopra ogni cosa, chiedo solo di contare un po' di più; "oh è una settimana che piango perché devo salutare tutti e non andrò più a fare le scampagnate", ma scusa, siamo andate domenica scorsa "eh ma quella era corta, a me piacciono quelle più lunghe e impegnative, quelle che tu non fai"; la storia si ripete in un loop continuo, come quando a scuola mi sceglievano sempre per ultima quando facevano le squadre per giocare a qualcosa.
Alla fine l'opportunità di essere qualcosa di più per una persona, la ho, ma perché devo accontentarmi? Perché devo sempre accontentarmi?
Accontentarmi della paga bassa; del modo in cui vengo trattata da deficiente dalle persone che mi circondano, perché il fatto che io faccia la persona simpatica in una costante ricerca della approvazione degli altri, porta tutti a credere che io non abbia un cervello; perché tutte quelle insicurezze e dubbi, beh, se non li avessi sabbe tutto diverso;
Accontentarmi del primo che capita, perché ehy, abbiamo tante cose in comune, ma perché, ma perché, ma fai un passo indietro, no? Fai un passo indietro e ricominciamo dall'inizio, perdio;
Accontentarmi delle uniche due amiche che ho, perché loro due si preferiscono senza dubbio, luna con l'altra, a me, ma io alla fine sono solo quel pezzo in più che non sai dove mettere o cosa farne e te lo porti dietro, nel caso serva a qualcosa.
Quindi ehy, come ti senti oggi? Fa tutto schifo, perché il mondo è brutto, le persone sono cattive, il mio titolare mi ha appena chiesto se vado ad aiutarlo, perché ehy a quanto pare il locale è mio e mi interessa se è allagato o no; dio dio dio
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gcorvetti · 1 year ago
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Il futuro?
“Un'orchestra sinfonica oggi costa meno di un calciatore, quale eredità ci aspettiamo di lasciare ai nostri figli? La cultura non esiste per fare profitto, ma per educare. Se questo non cambia, nelle generazioni future prevarranno persone superficiali e molto pericolose”.
Ricardo Muti
Questa frase del maestro Muti è solo un esempio di lucidità su cui si dovrebbe riflettere, ma la società in cui viviamo, non solo in Italia, è sull'orlo del fallimento a livello umano perché si tende a valorizzare il superfluo e l'inutile. Ancora non siamo alla deriva totale, ma non manca molto, la frase che spesso scrivo come commento a comportamenti da primitivi è "Stiamo scivolando su un piano inclinato verso Idiocrazy", avete presente quel film geniale dove una coppia uomo/donna vengono ibernati per un esperimento militare di un anno ma si risvegliano dopo 500 anni, perché l'ufficiale in capo all'esperimento si fa coinvolgere in un giro di prostituzione e viene arrestato e l'esperimento chiuso ma loro vengono dimenticati? Il film è apparentemente demenziale a tratti molto divertente ma quello che traspare in realtà è che la società sta involvendo sempre di più, questo è reale non un film di fantasia se pur geniale. Ci sono vari aspetti che riconducono alla pellicola, come prima cosa l'impoverimento del linguaggio nelle nuove generazioni, per fare un esempio negli stati uniti (se vedi i tweet dei ragazzi americani ti rendi conto) si usano una infinità di acronimi, loro sono abituati a ridurre tutto per risparmiare tempo, ma facendo così si perde a lungo andare la proprietà delle parole; questa pratica oramai è di uso comune anche in Europa tra i giovani, anche in Italia. Premetto che non è tutto così e che ci sono giovani con la testa sulle spalle che fanno buon uso del linguaggio, ne conosco parecchi. La superficialità di cui parla Muti è segno della mancanza di interesse verso qualcuno o qualcosa, che è spesso figlia della competizione perché nello sminuire il prossimo per passare per più bravi si usano le scorciatoie del cervello, anche perché così sottovaluti il tuo avversario pratica già di per se sbagliata perché si può ritorcere contro di te quando si evidenzia il fatto che le tue sono solo parole e non fatti. La pericolosità invece l'abbiamo vista sullo stupro di gruppo a Palermo, quei bravi ragazzi non hanno empatia e per loro era un gioco, ho letto che uno diceva nella loro chat privata che cose del genere le aveva viste solo sui pornazzi, non demonizzo internet ma purtroppo quando si ha una tecnologia così potente e la si usa male può causare distorsioni mentali, appunto come quella. Ci si interroga sugli errori e si inizia a puntare il dito contro le famiglie, ma siamo sicuri che i loro genitori siano colpevoli quanto loro? Cioè non sappiamo neanche che tipo di situazione sti trogloditi hanno in casa, ma subito i giornali tutti a prendersela con mamma e papà che magari si fanno un mazzo così per dare a sti idioti un futuro migliore, di sicuro c'è altro oltre al nucleo familiare, ma non voglio scendere in particolari visto che la vicenda è abbastanza pesante, dico solo che in una nazione dove non si hanno punizioni esemplari per chi viola le leggi, non solo in questo caso, è ovvio che chiunque si prende la briga di delinquere sapendo che non gli accadrà nulla, il berlusca starà ridendo pensando di aver fatto un buon lavoro. Questo discorso è lungo e intricato, la società si è trasformata in qualcosa di completamente lontano da quello che era negli anni 80 e 90, secondo me regredendo, per via di comportamenti sempre meno umani, la competizione è l'inizio di una guerra, la disgregazione di quel tessuto sociale che ci univa attraverso la separazione sempre più piccole categorie ci ha allontanati e sappiamo che per i potenti più siamo divisi meglio è perché l'unione fa la forza, chiedetelo a Maria Antonietta. E ci sarebbe molto ma molto altro da scrivere, ma ho altro da fare e mi fermo.
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dannicolaterali · 2 days ago
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William Shakespeare diceva:
"Mi sento sempre felice, sapete perché? Perché non mi aspetto nulla da nessuno; aspettarsi qualcosa fa sempre male. I problemi non sono eterni, hanno sempre una soluzione; l'unica cosa che non ha rimedio è la morte. Non permettere a nessuno di insultarti, umiliarti o diminuire la tua autostima. Le urla sono lo strumento dei codardi, di chi non pensa.
Incontreremo sempre persone che ci considerano colpevoli dei loro problemi, ma ognuno avrà ciò che merita. Dobbiamo essere forti e risollevarci dalle cadute che la vita ci impone, ricordandoci che, dopo il tunnel buio e pieno di solitudine, arrivano cose molto belle.
Prima di discutere... respira.
Prima di parlare... ascolta.
Prima di criticare... esamina te stesso.
Prima di scrivere... pensa.
Prima di ferire... guarda.
Prima di arrenderti... prova.
Prima di morire... vivi!
La migliore relazione non è quella tra persone perfette, ma quella in cui ciascuno impara a vivere con i difetti dell’altro e ad ammirarne le qualità.
Chi non apprezza ciò che ha, un giorno si lamenterà di averlo perso, e chi oggi soffre, un giorno riceverà ciò che merita.
Se vuoi essere felice, rendi felice qualcuno; se vuoi ricevere, dona un po' di te stesso; circondati di persone buone e sii uno di loro. Ricorda: a volte, quando meno te lo aspetti, ci sarà qualcuno che ti farà vivere esperienze meravigliose!
Non rovinare mai il tuo presente per un passato senza futuro.
Una persona forte sa come mantenere la propria vita in ordine. Anche con le lacrime agli occhi, riesce ad adattarsi e a dire con un sorriso: STO BENE."
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lollyhabits · 6 months ago
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𝐂'𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐦𝐚𝐥𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐞𝐝 𝐞̀ 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐨𝐧𝐨 ✔
𝐀 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐬𝐢 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐞 𝐞 𝐬𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐞, 𝐢𝐥 𝐫𝐢𝐬𝐮𝐥𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐝𝐚 𝐚𝐝𝐮𝐥𝐭𝐢 𝐞̀ 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐦𝐚𝐧𝐢. 𝐒𝐜𝐞𝐠𝐥𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐝𝐮𝐫𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐚𝐝𝐨𝐥𝐞𝐬𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐡𝐢 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐝𝐚 𝐚𝐝𝐮𝐥𝐭𝐢, 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐞 𝐥𝐨 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐨𝐬𝐬𝐞𝐫𝐯𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐜𝐡𝐢 𝐜𝐢 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚.
𝐂𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐦𝐚𝐥𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐚𝐥𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 (anche a noi stessi, non solo come etica di rispetto degli altri) 𝐝𝐢𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐬𝐚𝐩𝐩𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐧𝐨𝐢 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢;𝐥𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐦𝐨, 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 affatto 𝐮𝐧 𝐦𝐚𝐥𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐞𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐨 - e non può essere intesa come lesione personale, o offesa, quella sofferenza egoistica che si può notare nei genitori e nella generalità delle persone immature, ottuse (a cui non interessa nemmeno ascoltare le ragioni altrui), che ci viene esternata, palesata, buttata in faccia anche con livore, quando non rispettiamo le loro aspettative, vivendo secondo le nostre aspettative - cioè ciò che i conservatori indicano, dandogli connotazione ghettizzante, dispregiativa e colpevolizzante, come 𝗱𝗲𝘃𝗶𝗮𝗻𝘇𝗮, riferendosi ad un giovane o un meno giovane come ad un individuo malato, che non sta percorrendo una fantomatica "via maestra", di cui gli ottusi si sentono promotori; un individuo che, in realtà, non è affatto malato, ma semplicemente non sente e non riscontra alcun beneficio per se stesso nel rispettare una moralità dominante, ma vuole vivere secondo Etica.
𝐕𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐞𝐭𝐢𝐜𝐨 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚 𝐟𝐫𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚, 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐛𝐞𝐧 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐢𝐧𝐠𝐮𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐨 𝐬𝐩𝐚𝐳𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐞 𝐝𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐚𝐭𝐨 (𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐢𝐥 𝐝𝐨𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐫𝐞, 𝐬𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐮𝐧 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨, 𝐞 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐞𝐝𝐢) 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐨𝐛𝐛𝐞𝐝𝐢𝐫𝐞 - 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐥'𝐨𝐛𝐛𝐞𝐝𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐬𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚; 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐨𝐛𝐛𝐞𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐮𝐨𝐥 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞, 𝐦𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐥'𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐬𝐮𝐛𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐭𝐚, 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐫𝐞 𝐦𝐚𝐢 𝐧𝐞𝐦𝐦𝐞𝐧𝐨 𝐥'𝐮𝐭𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐨 𝐦𝐞𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐬𝐢𝐚𝐬𝐢 𝐧𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐞.
Ogni persona è una persona unica, e visivamente indipendente nella forma: nessuno di noi rappresenta una estensione fisica o metafisica degli altri; nessuno di noi ha il dovere di vivere secondo le ragioni degli altri; ogni persona ha diritto ad auto-determinarsi, a decidere in modo svincolato dalle aspettative familiari la strada che vuole intraprendere; ogni persona ha diritto di vivere secondo le propensioni positive e le aspettative positive che la riguardano; gli altri, familiari o meno, cari o meno, amati o meno, non hanno nemmeno il diritto di sentirsi delusi quando ci allontaniamo dalle loro aspettative per la nostra vita, perché è una violenza psicologica: "O fai come dico io (genitore, compagno, amico, educatore....), o mi rattristi (o rendi triste una divinità inesistente)" è un ricatto morale - e il miglior modo per rovinare la vita altrui; di rappresentare per gli altri qualcosa di solo deprimente e opprimente (niente di sano ed educativo).
𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗰𝗶 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶, 𝗹𝗲 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲 𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝗶𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗳𝗮𝗻𝗻𝗼 𝘁𝗲𝘀𝘁𝗼, 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗺𝗮𝗶 𝗻𝗼𝗶; 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘃𝗶𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹'𝗶𝗱𝗲𝗮 𝗱𝗶 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗰𝗶𝗼̀ 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗳𝗮𝗿𝗲𝗺𝗺𝗼 𝗮 𝗻𝗼𝗶 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗶, 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗻𝗼𝗶 𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝘃𝗶𝘃𝗼𝗻𝗼, 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗼𝗻𝗼, 𝗲 𝗿𝗲𝗮𝗴𝗶𝘀𝗰𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝘃𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗼𝘀𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘁𝗶 𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗱𝗮𝘁𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮𝘁𝗶.
Questo è ciò che uno specialista offre, con una visione statistica e macroscopica degli individui a chi ha difficoltà a capire chi è; ma questo è anche ciò che direbbe una persona risolta, equilibrata, che non ha interesse a opprimere nessuno coi suoi "comandamenti", perché ha maturato una personalità stabile, e una indipendenza tale, da non sentire in alcun modo che gli usi, gli stili di vita privati altrui, diversi dai suoi, possano mettere a repentaglio le sue sicurezze o addirittura la sua identità.
Chi si sente in pericolo quando i costumi sociali si evolvono in meglio (riconoscendo sempre più diritti e servizi utili a rendere efficaci nella pratica quei diritti umani) è soltanto chi non sa chi è - cioè chi non ha ancora chiaro che la sua identità è slegata dagli altri, e che niente e nessuno può togliercela (a parte la morte, in quando momento in cui scompariamo del tutto, corpo compreso).
C'è un solo modo di relazionarsi con gli altri senza rappresentare un malessere ed è riconoscere che gli altri esistono, ma non sono noi e non saranno mai noi; anche quando esiste una linea genetica che rende parenti (nel caso dei figli), l'altro, una volta uscito dal tuo corpo, non ha il dovere alcuno di diventare un tuo clone, la tua fotocopia, il tuo io di riserva, perché non lo è.
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