#metronotte
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Cuore delle notti
Da un certo punto della vita in poi, inevitabilmente, inconsapevolmente ed incolpevolmente, ci si ritrova col metabolismo dei metronotte. O dei fornai. E l'alba diventa un must.
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Tentato furto di gasolio dai mezzi del cantiere: ladri messi in fuga dai metronotte
Tentato furto di gasolio dai mezzi del cantiere: ladri messi in fuga dai metronotte Ad intervenire sono state due pattuglie precisamente quella che vigila su Casteltermini con il... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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Tricche tracche 652 quinquies
‘sti cagoni hanno una voglia di fare la guerra che la metà basta; si vede che non fanno più l’amore da decenni. L’ultima querelle è iniziata con l’attacco israelita all’ambasciata iranica a Damasco quindici giorni fa con l’uccisione di un generale dei pasdaran: i famosi metronotte della rivoluzione. I pretacci iranici hanno giurato tremenda vendetta, risolta con un lancio di tricche tracche, che…
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Dino Crescenzo - 'O METRONOTTE
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Il massacro del Circeo
Quando si parla del massacro del Circeo ci si riferisce ai fatti avvenuti tra il 29 e il 30 settembre del 1975. Quando due giovani ragazze, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, furono rapite, stuprate e torturate fino alla morte della Lopez. Colasanti, invece, riuscì a salvarsi fingendosi morta.
I tre responsabili del crimine provenivano da famiglie della borghesia romana. Andrea Ghira, 22 anni, era figlio di un imprenditore edile. Angelo Izzo, 20 anni, studiava medicina. Mentre Gianni Guido, 19 anni, studiava architettura. Tutti e tre erano vicini agli ambienti neofascisti e missini.
Ghira e Izzo avevano anche precedenti penali: nel 1973 avevano compiuto insieme una rapina a mano armata per la quale avevano scontato venti mesi nel carcere di Rebibbia. Izzo, un anno prima del Circeo, aveva violentato due ragazzine insieme a due amici ed era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione, mai scontati.
Rosaria Lopez e Donatella Colasanti avevano rispettivamente 19 e 17 anni all'epoca dei fatti. Provenivano da famiglie residenti nel quartiere popolare della Montagnola. Le due conobbero i loro aguzzini qualche giorno prima del massacro, al bar della torre Fungo dell'Eur. In occasione di questo appuntamento, Izzo e Guido proposero alle ragazze di incontrarsi di lì a qualche giorno per una festa.
Nel tardo pomeriggio del 29 settembre i quattro arrivarono a Villa Moresca, di proprietà della famiglia di Ghira, che sorgeva sul promontorio del Circeo, in zona Punta Rossa. Dopo qualche ora passata a chiacchierare e ad ascoltare musica, Izzo e Guido cominciarono a fare esplicite avance sessuali alle ragazze, le quali rifiutarono provocando la reazione furiosa dei giovani.
Ghira tirò fuori una pistola e, minacciandole, disse che apparteneva al Clan dei marsigliesi, un'organizzazione criminale di stampo mafioso dedita a rapimenti e traffico di stupefacenti negli anni ’70. Secondo Ghira, il capo Jacques Berenguer aveva ordinato di rapire due ragazze.
Le due ragazze furono violentate, seviziate, massacrate e insultate dai tre. Furono legate e chiuse in uno dei bagni della villetta dove ruppero un lavandino nel tentativo di liberarsi. Quando i tre scoprirono il tentativo di fuga, decisero di ucciderle.
I tre le drogarono cercando di addormentarle, ma, come raccontò Colasanti nella sua deposizione: “Io e Rosaria eravamo più sveglie di prima e allora passarono ad altri sistemi”. Nel mezzo delle torture, Guido si assentò per cenare a Roma con i suoi familiari, poi in serata fece ritorno al Circeo e si riunì ai suoi amici aguzzini.
Lopez venne trascinata al piano di sopra. Dalla testimonianza di Colasanti: “La sentivo piangere e urlare, poi silenzio all'improvviso. Devono averla uccisa in quel momento”. Si scoprì che la 19enne venne annegata nella vasca da bagno.
Poi si scagliarono contro la 17enne. Le legarono una cintura al collo e la trascinarono sul pavimento nel tentativo di strangolarla. Sentì uno dei tre lamentarsi: "Questa non vuole morire". Fu allora che capì che per salvarsi doveva fingersi morta. Fu colpita con una spranga alla testa e non reagì.
La rinchiusero insieme al cadavere della ragazza nel bagagliaio di una Fiat 127 bianca.
I tre poi partirono verso Roma, intenzionati a disfarsi dei cadaveri. Arrivati in viale Pola, nel quartiere Trieste, i tre decisero di andare a cena. Colasanti iniziò a gridare e a battere colpi alle pareti del bagagliaio.
I rumori attirarono un metronotte che diede l'allarme ai carabinieri.
La ragazza fu portata in ospedale dove fu ricoverata, con prognosi di oltre trenta giorni. Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore, mentre Ghira, messo in allarme da una soffiata, riuscì a fuggire.
Il processo iniziò nell’estate del 1976. La famiglia Lopez rinunciò a costituirsi parte civile dopo aver accettato un risarcimento di cento milioni di lire dalla famiglia Guido. Donatella Colasanti scelse di andare a processo sostenuta da centinaia di attiviste femministe, rappresentata dall'avvocata Tina Lagostena Bassi.
Izzo e Guido furono condannati all’ergastolo in primo grado. Dopo un tentativo di evasione nel 1977, in appello nel 1980 la condanna di Guido venne ridotta a 30 anni. Riuscì comunque a evadere nel 1981 e a fuggire in Sud America. Fu rintracciato nel 1994 a Panama ed estradato in Italia. Ha concluso la sua detenzione nel 2009 godendo di uno sconto di pena grazie all'indulto.
Nel novembre del 2004 Izzo conquistò la semilibertà. Il 28 aprile 2005, rapì e uccise Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere a Campobasso. Nel 2007 Izzo fu nuovamente condannato all’ergastolo per il duplice omicidio premeditato.
Ghira riuscì a fuggire in Spagna e adottò il falso nome di Massimo Testa de Andres. Nel 2005 un cadavere sepolto a Melilla nel 1994 venne identificato come quello di Ghira, ma le famiglie delle vittime non credettero a questa ricostruzione. Nel corso degli anni, presunti suoi avvistamenti sono stati segnalati in Brasile, Kenya, Sudafrica e nel quartiere romano di Tor Pignattara.
Donatella Colasanti è morta il 30 dicembre 2005, all'età di 47 anni, a Roma a causa di un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita trenta anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo. Non smise mai di chiedere giustizia. Le sue ultime parole furono: "Battiamoci per la verità".
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LE GUARDIE NOTTURNE IN UN LIBRO DIMENTICATO
Quando nacquero i metronotte? Vediamolo. Storia, qualche considerazione e un libro dimenticato.
https://www.giornalepop.it/guardie-notturne-in-un-libro-dimenticato/
#donnici #ilvigilenotturno #metronotte #storia #libridimenticati #giornalepop #teacblanc
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100anni e non sentirli #cremona #vigilanza #metronotte #ordinedelcorpodeivigili #rappresentanza #prefetto #prefetturadicremona #auto (presso Cremona, Italy) https://www.instagram.com/p/B55PYOeo9VIvnYZubXBncQ60tNzuy4gpyYr1hA0/?igshid=z4755pf95qlq
#cremona#vigilanza#metronotte#ordinedelcorpodeivigili#rappresentanza#prefetto#prefetturadicremona#auto
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Sì, lavoriamo di notte Come guardie giurate, come metronotte
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La notte, solo la notte
La notte è una convenzione di corridoi che s’intersecano a formare il labirinto. Facile, troppo facile parlare della notte nella notte, vestiti di sola oscurità, con tutti, o quasi, impegnati nei propri silenzi o nelle proprie assenze. Lo sa bene il metronotte, impegnato col suo registro delle presenze al contrario, oppure il il fornaio che eroicamente spennella i suoi pensieri sul pane quotidiano.
La notte in fondo è un po’ puttana, ci sta con tutti: con me, con te, con loro. Tanto non apparterrà mai a nessuno; di notte non abbiamo bisogno di essere, perchè inesorabilmente siamo e a discapito di noi stessi. La notte è una simulazione di morte che si ripete, perché morire una volta soltanto, non sarà mai abbastanza per nessuno.
I.S.A.
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Matteo factotum
Salvini pacifista mi mancava. Ero rimasto a Salvini metronotte.
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Tentano furto all’interno del liceo scientifico: ladri messi in fuga da carabinieri e metronotte
Tentano furto all’interno del liceo scientifico: ladri messi in fuga da carabinieri e metronotte Ignoti ladri hanno tentato di intrufolarsi all’interno del liceo scientifico "Sciascia" di... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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14 gennaio 1980: FPLP e l'arresto di Pifano | Palestina Rossa
Giorgio conosce bene "Fausto", con il quale aveva collaborato anni addietro in più occasioni per la raccolta di medicinali da inviare nei campi profughi palestinesi, da sempre bersaglio delle rappresaglie aeree degli israeliani. Questa volta, Giorgio deve recuperare d'urgenza una grossa cassa depositata in un punto preciso dell'autostrada Roma – Pescara e trasportarla ad Ortona, in provincia di Chieti. Per farlo decide di farsi aiutare dal altri due compagni di Via Dei Volsci, Daniele Pifano e Luciano Nieri, con i quali imbocca il casello dell'autostrada Roma – Pecara intorno alle 21,30. Giorgio, che nella fretta ha dimenticato a casa tutti i documenti, patente compresa, è alla guida di un camper piuttosto malandato insieme a Luciano, mentre Daniele guida una fiat 500.
La cassa viene recuperata in autostrada e portata nella piazza di Ortona dove sarebbe dovuto avvenire lo scambio, la stessa piazza dove, pochi giorni prima, era stata rapinata una banca. E' per questo motivo che un metronotte, insospettito dalla presenza dei tre, decide di avvisare i carabinieri locali; Giorgio, Daniele e Luciano vengono così fermati poco prima dello scambio senza che la perquisizione dei due veicoli risulti positiva e portati in questura per accertamenti dal momento che Giorgio era sprovvisto di documenti. Il nome di Pifano, comunicato in centrale, fa sì che venga richiesto un controllo più accurato: a questo punto nel camper viene rinvenuta la cassa contenente due lanciamissili SA-7 Strela. Insieme ai tre militanti viene anche arrestato Saleh Abu Anzeh, militante dell'FPLP incaricato di gestire il travagliato passaggio di mani dei lanciamissili.
L'episodio fornì lo spunto per far sbizzarrire tutti gli organi di stampa e i soliti policanti, primo fra tutti il Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, soddisfatto di poter finalmente avvallare, con la complicità dei servizi segreti e del nucleo speciale del generale Dalla Chiesa, il teorema del definitivo passaggio di Autonomia Operaia alla lotta armata. Le ipotesi più bizzarre si susseguirono senza sosta nei giorni successivi agli arresti: secondo alcuni i missili sarebbero serviti per attentare alla vita del papa, secondo altri per colpire l'aereo di Kossiga, altri ancora pensavano ad un assalto ad una base Nato o ad un carcere speciale. La realtà, come sempre, è a dir poco lontana dalle ingegnose ipotesi dei media e dalle congetture fantapolitiche di chi vedeva nella diffamazione il modo più semplice per screditare la lotta politica di un intero movimento. Certo, trovarsi tra le mani tre esponenti di spicco di Via dei Volsci che trasportavano missili terra-aria faceva comodo a tutti, perché l'ipocrisia del potere può tollerare che certi traffici vengano compiuti dai partiti, dai sindacati o da chiunque altro non si professi a favore dell'internazionalismo proletario, dei movimenti rivoluzionari a favore dei popoli oppressi e soprattutto, che lo riveli apertamente con la propria militanza politica. Ancora più imbarazzanti furono le prese di posizione dell'area anarco-sindacalista romana, a metà fra il sarcasmo e la stizza, soprattutto nel momento in cui vennero pubblicamente smentiti dopo aver diffuso un volantino in cui si accusava, senza mezzi termini, il collettivo di Via dei Volsci di essere "amico di Mosca" (a causa dei due missili di fabbricazione sovietica).
Fu così che nel mezzo del processo ai quattro imputati, Giorgio Baugartner, Luciano Nieri, Daniele Pifano e Saleh Abu Anzeh, iniziato ufficialmente il 14 gennaio 1980 dopo svariati rinvii, arrivò, per mezzo dell'avvocato Mauro Mellini, la smentita ufficiale dell'FPLP alle innumerevoli ipotesi che erano state avanzate dopo il 7 novembre. Nel comunicato si assicurava che i missili erano di proprietà del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che si trattava di missili inefficienti, in quanto rotti, il cui utilizzo in territorio italiano non era mai stato contemplato; si precisava inoltre che la presenza di Pifano e Nieri non era stata richiesta dall'FPLP, il quale aveva contattato esplicitamente solo Giogio Baumgartner, e che queste informazioni furono recapitate al Governo Italiano pochi giorni dopo l'accaduto. Si chiedeva infine l'immediata liberazione dei quattro detenuti.

Al termine della sua requisitoria, il Pm Abrigati richiese 10 anni di reclusione per ogni imputato, su cui pesavano le accuse di introduzione nel territorio nazionale e detenzione e trasporto di armi, anche se dal primo reato, il più grave, gli imputati furono assolti per insufficienza di prove. La sentenza definitiva, emessa il 25 gennaio, con un'insolita efficienza della macchina giudiziaria italiana, condannò tutti e quattro gli imputati a sette anni di reclusione, provocando più di una polemica in ambienti giudiziari poiché il capo d'accusa solitamente non prevedeva più di cinque anni. Una sentenza già scritta da tempo, volta a colpire non solo l'Autonomia romana, ma tutto il movimento rivoluzionario, compresi gli stessi compagni Palestinesi, rei di non aver mai smesso di lottare per la liberazione della loro terra.
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Ci devi stare, ci devi stare sempre, in modo costante. Come il metronotte che negli anni 70 passava in bicicletta diverse volte a controllare i negozi chiusi lasciando bigliettini sotto le serrande.. @ilpianistasultetto
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#metronotte #marlboro #mailbox #bell #door #keyhole (presso Agnone, Italy)
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Foto nell'obitorio. Le precisazioni della Metronotte
Foto nell'obitorio. Le precisazioni della Metronotte #Corato #Foto #lostradone #Metronotte #obitorio #Procura #Ruvo
Pubblichiamo di seguito una nota trasmessa dalla Metronotte s.r.l. in merito alla notizia relativa alle foto ritraenti alcune Guardie Giurate nell’obitorio del cimitero di Ruvo di Puglia. La Metronotte diffonde i seguenti chiarimenti.
La Metronotte Srl, visto il clamore mediatico suscitato dalla recente pubblicazione di una fotografia che ritrae una sua guardia giurata all’interno dell’obitorio…
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