#mantenere il potere con la forza vuol dire averlo già perso
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"Il mio sogno è di essere un giorno nella posizione di poter dare dello stupido a qualcuno senza dovermi preoccupare delle conseguenze".
#... e di essere abbastanza saggia da non farlo#mantenere il potere con la forza vuol dire averlo già perso
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Capitolo 28
Posero la salma della Divina Adelasia sul terreno ghiacciato.
«Mi dispiace che non possiamo preparare una pira, come si conviene.» Julian fissava la sorellastra, il volto in ombra. «D'altra parte, se accendessimo un fuoco, ci sarebbero addosso in un attimo.» Si allontanò di qualche passo dal corpo, mentre Lisandra picchiava tre volte il bastone a terra.
Una serie di cerchi concentrici si aprirono sul terreno, inghiottendo la Divina Adelasia tra le pietre dell'antica fortezza di Ostagar.
«Quando avremo sconfitto Urthemiel, torneremo qui e gli daremo un funerale degno di una Divina. Per il momento, questo terrà l’Orda lontana.» Disse solennemente la maga.
“Quando.” Ellena a malapena riusciva a trattenere lo sconforto che l'aveva pervasa non appena si erano avvicinati alla fortezza. Un esercito di migliaia di uomini era stato spazzato via come foglie, come avrebbero fatto loro a vincere, con un paese diviso dalla guerra civile e così tanti soldati morti?
Oliver. Oliver era stato ucciso in quel luogo, e ora probabilmente giaceva assieme agli altri cadaveri, o peggio, era stato rianimato da Urthemiel, uno soldato fra migliaia di altri. Suo fratello, l'unica famiglia che, scappata da Melwatch, credeva ancora di avere. Ora, guardando la vallata disseminata di morte sotto di loro, ne era certa: non lo avrebbe mai più rivisto.
Tundra le strofinò il naso umido contro la mano.
«Lo so. Manca anche a me.»
Si rimisero in viaggio.
Prima che calasse il buio, erano riusciti ad allontanarsi a sufficienza da Ostagar per accamparsi. Memori della notte precedente, stabilirono dei turni di guardia di tre alla volta.
Mentre mangiavano le provviste contenute negli zaini, Ellena estrasse i documenti trovati nel forziere della Divina. Erano tre lettere, di cui una appariva particolarmente stropicciata.
«Questa è di un certo Vlatian Lusius consigliere dell’Imperatore Julius Mede II dall’Impero Samuren.»
«L'imperatore …» Esclamò Julian.
«Stando a quanto dice, i suoi eserciti sarebbero dovuti arrivare da oriente insieme a mille dei più forti guerrieri della Camarilla.»
«Tipico dell’Impero, non mantenere le promesse!» Sbottò il ragazzo. «Scommetto che vedrebbero volentieri il Khanduras distrutto, pur di cercare di accaparrarsene almeno un pezzo.»
Ellena, per quanto avesse anche lei i suoi dubbi, scosse la testa. «Ti sbagli, sia la Camarilla che l’Imperatore sembrano sinceramente intenzionati ad un'alleanza con la Fratellanza, e in particolar modo con la Divina Adelasia.»
Il Venator afferrò la lettera, rileggendola più volte, incredulo. «Forse hai ragione... i succhiasangue della Camarilla hanno sempre tentato di stipulare un’alleanza con la Fratellanza per mettere fine alle loro lotte interne con il Clan Lasombra. Poi da quello che ho sentito dire, l’Imperatore è un uomo giovane e bello, e Adelasia… beh… era molto giovane e bella…»
«C'è dell'altro.» Lesse lei, prendendo la seconda pergamena. «Questa è del Conte Volkhardt.»
«Il Conte non è mai arrivato con le sue forze ad Ostagar, Adelasia scelse di non aspettare tanto a lungo.» Si intromise Lisandra, avvicinandosi a loro. «Ulfric e tutti i suoi consiglieri erano contrari, ovviamente, ma la Divina era coraggiosa quanto avventata.»
«Non parla soltanto della battaglia, ma della sua preoccupazione per il troppo entusiasmo di Adelasia. Suggerisce alla Divina cautela e prudenza riguardo l’alleanza con l’Imperatore e con la Camarilla.»
«Ulfric deve aver letto questa roba, e avrà pensato di ucciderla per evitare un’alleanza tra la Fratellanza e l’Impero!»
«Non è tutto, Julian.» Gli allungò l'ultima lettera, era scritta da un vampiro, e in tono sospettosamente informale. Calò il silenzio, mentre gli altri due leggevano le parole scritte in inchiostro rosso, i caratteri pomposi e svolazzanti.
«Stando a questo Vlatian Lusius, l'Imperatore aveva un piano ben preciso, su come annettere il Khanduras all'Impero, con il supporto di Adelasia.» Commentò Ellena, il disgusto palese nel suo tono. «Ulfric deve aver messo le mani sulle lettere, tirato le somme e deciso di impedire alla Divina di distruggere tutto ciò per cui lui aveva lottato.»
«Uccidendo la Divina e mandando a morire centinaia di Venator e Inquisitori!» Sbottò Julian, facendo sobbalzare tutti.
Ellena non si scompose. «La Divina sta per vendere il Khanduras ad un popolo che per anni ci ha fatto la guerra.»
«Lo stai difendendo?!»
«Nient'affatto!» Perse la pazienza lei. «Sto solo dicendo che ora capisco il motivo del suo tradimento! Non l'avrà fatto a cuor leggero, Julian…»
«Cuor leggero?! Ma che accidenti stai dicendo? La tua famiglia è stata massacrata dal suo tirapiedi, ha lasciato morire migliaia di persone facendo trionfare l’Orda! Che in questo momento sta massacrando persone innocenti. E tu maledizione continui a difenderlo!»
La ragazza represse l'istinto di rifilagli uno schiaffo, si alzò di scatto, furente. «Non hai capito un accidente.» Si andò a sedere al lato opposto del campo, dando le spalle al Venator.
Arsim vicino a lei non le disse nulla, ma le porse una fiaschetta di pelle, con l'aria di chi la sapeva lunga.
Lei si sorprese ad accettare, ringraziandolo.
«Figurati, ne abbiamo tutti bisogno.»
Ne prese un sorso. Il liquido le scese rovente per la gola, scatenandole un attacco di tosse. «Ma che è?» Riuscì a bofonchiare dopo aver ripreso faticosamente fiato.
«Lava di Hirol. Incredibile come in pianura si possa trovare più facilmente che ad Harrogath...»
Ellena si affrettò a restituirgli la fiaschetta, giurando solennemente a sé stessa che non avrebbe mai più accettato da bere dalla fiaschetta di un uomo delle montagne.
«Allora, tra te e il Venator?»
Lanciò uno sguardo risentito alle proprie spalle. «Non volevo litigare.»
«Spesso per chiarirsi serve urlare almeno un po'...»
«Non è esattamente nel mio stile.»
«L'avevo notato.» L’uomo fece tre lunghi sorsi dalla fiaschetta, senza battere ciglio. «Sai, a volte bisogna rompere della roccia per vedere la vena di argento.»
Lo guardò confusa.
«Quello che intendo dire, è che il ragazzo ha un gran bisogno di darsi una svegliata. Vede solo quello che vuole lui, e si comporta come un bambino, correndo dritto per la sua strada a conclusioni affrettate, senza ascoltare i pareri altrui.»
«È anche sotto un'enorme responsabilità...»
«Sicuro. E il fatto che quei due non vadano d'accordo praticamente su nulla, non semplifica certamente loro la vita. Ma dovrebbero entrambi smussarsi dalle loro posizioni, soprattutto se vogliono davvero guidare un esercito contro Urthemiel.»
Ellena annuì. Arsim aveva ragione, ma in fondo, chi tra di loro avrebbe saputo gestire una tale responsabilità? Sulle spalle di due poco più che ragazzini, gravava il peso di un'intera nazione. Sentì una stretta allo stomaco, seguita dal senso di colpa. Julian aveva già così tanto a cui pensare, e lei aveva peggiorato la situazione mettendocisi in mezzo, lasciandosi prendere dai sentimenti.
Da quando era scappata dopo averlo baciato, nei primi giorni il comportamento del ragazzo era stato più freddo e distaccato, ma piano piano era tornato ad essere il solito Julian, anche se qualcosa tra loro sembrava irrimediabilmente cambiato.
«Vorrei solo...» Si strinse nel mantello, cercando le parole giuste, invano. Scosse la testa.
Arsim annuì, come se avesse capito, senza aggiungere altro. «Beh, direi che vado a chiudere gli occhi, domani avremo un'altra bella marcia nella neve.» Annunciò, un filo di disgusto nel guardarsi attorno. Era chiaro come l'inverno non lo esaltasse.
Ellena rimase da sola a contemplare le Paludi attorno a loro, sovrappensiero.
«Un tè caldo?»
Alzò lo sguardo su Lisandra, un bicchiere fumante in mano. Annuì, riconoscente, mentre la maga le si sedeva accanto.
«Le tue considerazioni su Ulfric sono fondate, sai? Solo, l'odio di Julian verso il reggente non lo fa ragionare. Ha perso una figura importante per lui, ad Ostagar, e le cicatrici sono troppo fresche.»
«Rylan... com'era?» Chiese Ellena, curiosa sull'uomo che aveva reso Julian un Venator.
«L'ho conosciuto appena, quindi non saprei dare un vero giudizio, ma era una persona onorevole, ligio al dovere. Ha cercato di convincere la Divina a non scendere in battaglia, a non dar retta alle vecchie storie di eroi, ma i giovani sono imprudenti e sconsiderati.»
«Castalia ha menzionato come sia stata coscritta a forza nei Venator.»
«Sì, è nelle capacità di un Venator il poter arruolare chiunque tra le loro fila, dai semplici popolani a re e regine. Non è un metodo che usano spesso, come puoi facilmente immaginare, ma quando trovano qualcuno con delle abilità particolari che potrebbero portare grandi benefici alla Fratellanza, sono in grado di superare qualsiasi altra legge e coscrivere anche contro la volontà del reclutato.»
«Sembra orribile.» Rispose la ragazza dopo una breve pausa. Essere portati via a forza dalla propria casa, costretti ad affrontare dei mostri per il resto della vita... «Julian mi ha detto che Rylan aveva usato il Diritto di Coscrizione per portarlo via dagli Inquisitori, contro il volere del Comandante. Però lui era contento di lasciare quella vita.»
«Purtroppo, c'è più bisogno di eroi di quanti si offrano volontari, di questi tempi, e i comandanti devono fare delle scelte difficili, in caso di necessità.» Disse Lisandra. «E un Venator, come un re e molti altri in posizione di prestigio, non possono permettersi il lusso di cedere ai sentimenti.»
Ellena sentì le guance imporporarsi. Sperò che nella fioca luce delle piccole fiammelle bluastre accese dai maghi, non si notasse. «Lo so.»
«Sono stata giovane anche io, un tempo, anche se non si direbbe. So com'è facile innamorarsi di qualcuno, anche quando tutta la nostra ragione ci suggerisce il contrario. Il cuore è capriccioso, ma in molti casi è necessario imbrigliarlo.» Parlava come se stesse rimuginando su qualcosa, accaduto molto tempo prima. Ellena sapeva che le relazioni tra maghi erano viste di cattivo occhio, ma non si era mai interessata al punto di chiedere direttamente ai diretti interessati, complice anche il fatto che a ben pochi maghi veniva concessa la libertà di andarsene in giro. Erano pericolosi, se lasciati fuori dal vigile controllo della Fratellanza, e il mago del sangue che viaggiava con loro ne era la prova lampante.
«Vi siete mai innamorata di qualcuno al punto da immaginare per un attimo una vita diversa? Da voler scappare, anche solo per un poco, alla realtà?»
La maga sorrise con dolcezza, uno sguardo melanconico negli occhi. «Tanto tempo fa, quando ero giovane e avventata.»
«Siete ancora un po' avventata, a viaggiare con noi.»
Lisandra ridacchiò, riprendendo il racconto. «Come saprete, le relazioni tra maghi non sono incoraggiate, men che meno il matrimonio, perché produrrebbero molto probabilmente figli con capacità magiche. E qualunque figlio di maghi residenti in un’Accademia, viene cresciuto dalla Fratellanza e, se a sua volta in grado di usare la magia, mandato in un'altra Accademia diversa.»
Realizzò finalmente ciò che doveva essere successo. «Vi è stato portato via, quindi.»
La maga annuì. «Era per il suo bene, ma il padre cercò di dissuadermi, sollevò un polverone per mandare il bambino alla famiglia di sua sorella, almeno per i primi anni...»
«Era un mago?»
«No, non era un mago, era un Inquisitore. E forse ciò rese ancora più difficile gli anni a seguire. Dopo essere stato allontanato per un anno dalla Torre, tornò un uomo diverso, più freddo. Non credo mi abbia mai perdonata di non aver lottato per il nostro bambino, ma sapevo che era la scelta giusta. Ne sono ancora convinta.»
Cadde il silenzio. Ellena non riusciva nemmeno ad immaginare quanta forza di volontà servisse a lasciar andare il proprio figlio, a non rivederlo più, sapendolo nelle mani di sconosciuti. «Non vi siete più sentiti?»
Lisandra scosse la testa. «A che servirebbe? Gli arrecherei soltanto altro dolore, adesso è anche lui un Incantatore Anziano di una prestigiosa Accademia a Sud, non c'è bisogno di aprire vecchie ferite.»
La ragazza si morse la lingua per non ribattere. Non era giusto, magari il figlio avrebbe voluto sapere qualcosa sulle proprie origini. Sapere di avere una famiglia, da qualche parte. Tuttavia, non erano affari suoi, e la maga sembrava soffrire abbastanza senza che lei ci mettesse del proprio.
«So che vi sembra assurdo ed egoista da parte mia.»
Ellena scosse la testa. «Non sta a me intromettermi nei vostri affari.»
La maga ridacchiò. «Siete così educata! Ai miei tempi, avrei fatto fuoco e fiamme, a sentirmi fare la ramanzina da una vecchia rompiscatole.»
«Non dite così!»
Risero entrambe.
«Ho notato gli sguardi tra voi ed Julian.» Proseguì l'anziana. «E, se posso permettermi, credo stiate facendo la cosa giusta. Avete entrambi troppe responsabilità, e troppo grandi, per potervi permettere di innamorarvi a cuor leggero.»
Ellena distolse lo sguardo, bevendo ciò che restava del tè caldo. «E se non volessi fare sempre la cosa giusta?» Ripensò alle labbra morbide di Julian, alla sua schiena forte, alle braccia muscolose che l'avevano stretta per un attimo, il suo profumo...
«So che può sembrare spietato da parte mia, ma l'amore è un lusso che nessuno di voi può permettersi. L'amore è egoista, e impone di scegliere l'altro sopra qualsiasi cosa. Occupa la mente e il cuore, impedendo di concentrarsi sui propri doveri. Potreste trovarvi davanti a delle scelte difficili, e sarà molto più arduo se uno di voi due fosse coinvolto personalmente.»
Le parole erano dure, ma Ellena sapeva che era la verità. La maga voleva solo proteggerli, finché erano ancora in tempo, dal finire in una situazione simile a quella che era capitata a lei.
«Questo è solo il mio consiglio, però.» Concluse Lisandra amaramente. «La scelta finale sta a voi, ma mi sembri abbastanza matura da capire i pericoli che correte.»
«Avete ragione.» Ammise a malincuore la ragazza. «Se fossimo stati due persone diverse, magari in tempi di pace...» Scosse la testa. «No, cosa dico. Ho sempre saputo che mi sarei sposata con qualcuno di nobili origini, e un Venator non sarebbe mai stato preso in considerazione, nemmeno se figlio illegittimo di qualche Re, o fratello della Divina in persona. E nella mia attuale situazione, sono l'ultima dei Von Meyer. Spetta a me portare avanti il nome della mia famiglia, e riprendermi ciò che è mio. Julian ha un compito importante, ma Urthemiel non è il solo che minaccia il Khanduras, e il miglior modo per stabilire un'alleanza tra le casate nobiliari, è sempre stato il matrimonio.» Realizzò con sgomento quanto assomigliasse alla madre, in quel momento. Aveva sempre sognato di sposarsi per amore, con un figlio di qualche nobile casata alleata, in una grande festa dove il padre l'avrebbe accompagnata dal futuro marito con un sorriso sul volto, attorniati dalle famiglie di entrambi.
Ora, ciò che probabilmente l'aspettava era un matrimonio basato sulla convenienza, mentre l'uomo che amava, anche nell'eventualità che fosse sopravvissuto alla guerra contro l’Orda, sarebbe partito per chissà dove al servizio dei Venator, senza poterlo vedere mai più.
Con un nodo alla gola, si voltò verso Julian, che ignaro di tutto si era messo a dormire, praticamente sepolto sotto la coperta in cui si era avvolto, russando leggermente. «È la cosa giusta da fare.» Ripeté, più a sé stessa che a Lisandra.
«Vi ho sgridato abbastanza per stasera, andrò a riposarmi.»
Guardò la maga allontanarsi. Presto, calò il silenzio.
Dall'altra parte del campo, incrociò lo sguardo triste di Castalia, gli occhi verdi velati di lacrime che riflettevano la luce delle fiammelle del falò. Kamal, che era di guardia con loro, era di spalle, immobile.
Un fruscio la fece sobbalzare, ma dalle fronde degli alberi si librò in volo un uccello, scheletrico e dall'aspetto malaticcio.
Sperò che la notte passasse in fretta, non vedeva l'ora di allontanarsi dalle Paludi.
Il giorno dopo, partirono all'alba, sperando entro sera di raggiungere la strada maestra per Bowerstone. Verso mezzogiorno, Castalia annunciò che avrebbe preso una deviazione.
«Sei impazzita?» Esclamò sgomento Julian.
«Devo occuparmi di una cosa.» Fu l'unica risposta che riuscirono a cavarle, e la Druida fu irremovibile. A nulla servirono i tentativi dell'altro Venator di farla ragionare, sembrava che le Paludi infestate di mostri non la preoccupassero affatto. Permise soltanto a Ichabod e Kamal di accompagnarla e, dopo aver annunciato che li avrebbe raggiunti a Bowerstone entro breve, si allontanò senza salutare.
«Avrei dovuto fermarla.»
«Julian, per l'ennesima volta, non c'era nulla che tu potessi fare.»
«Avrei potuto prenderla di peso e trascinarla fino a Bowerstone.»
Ellena represse l'istinto di alzare gli occhi al cielo. «Ti avrebbe probabilmente staccato un braccio. A morsi...»
Il Venator emise un gemito affranto. «Si caccerà in qualche guaio. Non la vedremo più. Probabilmente sta pensando di affrontare Urthemiel da sola.»
«Julian, abbi un po' di fiducia. Se l'è cavata piuttosto bene, a Birchwood.» Cercò di confortarlo Lisandra.
«Oh, non dire che ti senti bene sapendola in viaggio con un guerriero del Kehjistan dagli istinti assassini e un mago del sangue!»
«Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, sembra che con quei due vada d'accordo. E poi, le hai ceduto tu il comando, non ricordi?» Lo rimbeccò la maga.
«E anche se non l'avesse fatto, dubito che Castalia si sarebbe fatta dare ordini da qualcuno...» Bofonchiò Ellena, a voce abbastanza alta perché i suoi compagni di viaggio potessero sentirla.
Arsim ridacchiò, completamente estraneo alla loro preoccupazione. «Da quanto ho potuto vedere, la ragazza è in gamba. Smettetela di preoccuparvi.»
«È solo che non capisco dove sia andata! Cosa ci può essere nelle Paludi di così importante?»
«Magari c'è qualche rovina Nephilim, o cose così.»
Il Venator le rivolse uno sguardo scettico. «Sì, l'archeologia mi sembra un valido motivo per mettere in secondo piano una guerra civile e un Orda di Risvegliati.»
Ellena si strinse nelle spalle. «Qualsiasi cosa sia, ormai è inutile, è andata. E tornerà, come fa ogni volta.»
Julian borbottò qualcosa, cupo, ma lasciò cadere la conversazione.
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