#madonna quel giorno ero fiera come se fosse figlio mio
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Ho freddo quindi mi sono un attimo andata a riguardare le foto del festival del cinema di Roma
#madonna quel giorno ero fiera come se fosse figlio mio#quanto ho pianto#anche tu andrea sei più figlio mio di lui perché c'è la quota compaesano#cioè più o meno#sempre nel senso complicato del termine#vabbè vi amo
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"Ecco Bomba!” Annunciò Sergetto, indicando una figura massiccia che proveniva ciondolando dal corso. Non aveva un bell'aspetto, almeno da lontano. Sembrava stanco, o triste, o incazzato, o tutte e tre le cose insieme. Camminava curvo, con lo sguardo a terra e le mani insaccate per bene nelle tasche dei pantaloni. Non era uno spettacolo che trasmettesse proprio allegria. “Che ti succede, Bomba? hai una faccia!” Chiesi. “Mi girano i coglioni!” “Allora non è un gran danno. Con quelle palline piccole che ti ritrovi, nemmeno dovresti farci caso.” Lo punzecchiò Tonino. Bomba non lo degnò di una risposta, neanche di uno sguardo. La situazione doveva essere grave. Si sedette pesantemente sugli scalini e si prese il viso tra le mani, sprofondando in pensieri che sembravano belli pesanti. Era il momento di farci sentire. Di dimostrargli che il branco era con lui e che non l'avrebbe lasciato solo. Di qualsiasi cosa si trattasse. “Cosa c’è che non va, amico?” Chiesi di nuovo. “Niente va!” rispose rabbioso, “Ieri sera sono tornato a casa mezzo morto dalla fatica. Mezzo morto, ma felice. Sapevo che stavo facendo la cosa giusta. Che stavamo facendo la cosa giusta. Ero fiero di me stesso come non lo sono mai stato e volevo che anche mia madre lo sapesse. Volevo che, in qualche modo, anche lei fosse fiera di me. Di me e di voi, amici miei. Sono entrato in casa e lei era lì, è sempre lì, tutto il santo giorno!” “Lì dove?” Domandò il Tasso per tutti noi. Bomba si voltò a guardarlo, come se fosse la domanda più stupida del mondo, poi realizzò che noi non potevamo sapere, così ce lo spiegò: “Davanti all'altarino di mia sorella, quella che è morta. Ci passa quasi tutta la giornata, sembra sia l'unica cosa che le interessi. E ci parla pure! Parla più con lei che con me. Anzi, con me, evita proprio di parlare, quasi fossi io il morto!” Iniziò a singhiozzare, il pianto stava prendendo il sopravvento, ma non aveva ancora finito di parlare. C'era altra merda da far venire a galla. “l'ho salutata, ho provato a dirle qualcosa, ma, non appena ho aperto bocca, lei mi ha fissato con aria di rimprovero e mi ha fatto segno di tacere. É tornata a parlare con la mia sorellina, le sorrideva anche. In quel momento, incazzato com'ero, sono stato quasi contento che fosse morta. Poi però mi è subito dispiaciuto e mi è venuto da piangere.” “Lo dico sempre che tua madre è una stronza!” disse soddisfatto il Tasso. “Piantala, coglione!” Lo rimproverai cattivo. “No, no, lascialo stare, Pietro, forse ha ragione lui. Poi non ho finito.” Tirò fuori dalla tasca uno di quei fazzoletti di stoffa che, ora, non esistono più, perché estinti a causa di quelli di carta, si asciugò, alla meglio, le lacrime, si soffiò rumorosamente il naso e proseguì:“ Visto che non mi cagava, me ne sono andato in cucina e mi sono preparato un bel panino. mi era venuta una fame della Madonna.” “Cazzo, Bomba, quando ti hanno fabbricato, si sono dimenticati di farti il fondo!” Lo rimproverò Sergetto. “Ma come avevi fame? A casa del Maremmano, se non scappavano, ti mangiavi anche i suoi genitori!” rincarò la dose il Tasso. “Avevo fame e basta! Non mi va di discutere, ora! Avevo appena dato il primo morso che entra in cucina quella testa di cazzo di mio padre. Ogni volta che ti vedo, stai con qualcosa in bocca! Guardati come sei diventato, sei grasso come un maiale. E sei pure sporco e sudato come un maiale, si può sapere dove sei stato? Mi ha detto, con aria schifata. Io non ci volli far caso, nonostante tutto, ero ancora troppo contento per come era andata la giornata. Avevo ancora voglia di raccontare e lo feci, ora so che non è stata una buona idea. Lui si versò un bicchiere di vino e ascoltò tutto, senza fiatare…” “Un bicchiere di vino? Un altro?” Commentò Schizzo. Lo fulminai con gli occhi, avevo proprio voglia di dargli una bella strigliata, sapevamo tutti come stavano le cose, non dovevamo, per questo, sbattergliele in faccia. Era da stronzi. Fui stoppato da Bomba stesso, che mi aveva capito al volo. “Lascia stare, Pietro, Schizzo ha ragione. Sono stanco di far finta di niente e non ho più voglia di difenderlo. Non si merita niente! Ha ascoltato per intero e, quando ebbi finito di parlare, mi ha guardato con compassione e disprezzo. Si è acceso un sigaro e mi ha detto: siamo sicuri che sei figlio mio?” “Ma che bastardo!” mi scappò detto. Me ne pentii subito, in fondo, era sempre suo padre. Bomba non se la prese affatto, mi sorrise, mi cinse le spalle con uno dei suoi enormi braccioni e confermò: “Proprio così: un vero bastardo! Ha anche aggiunto che avrei fatto meglio a starmene zitto, perché solo un idiota come me poteva essere felice di lavorare senza essere pagato. Come me e come voi. Ha concluso dicendo che sarebbe andato a cercare il padre del Maremmano e gliene avrebbe dette quattro a quello sfruttatore di ragazzini.” Aveva ripreso a piangere. Ormai aveva rotto gli argini e, tra le lacrime, arrivava a valle anche una montagna di rabbia repressa. “E tu cosa hai detto?” Chiese Sergetto. “Mi sono incazzato come un lupo! Ero triste, ero deluso, ero impaurito, piangevo anche, ma soprattutto ero incazzato nero! Gli ho urlato che non aveva alcun motivo per trattarmi così e che ci sarei tornato pure oggi. Che nessuno me lo avrebbe potuto impedire. Al che lui mi si è fatto sotto e mi ha mollato una sberla in faccia, dicendomi che io potevo fare solo quello che decideva lui. E lui aveva deciso che non sarei più tornato dal Maremmano, altrimenti sarebbero stati cazzi miei. E anche vostri, visto che mi ci avevate trascinato voi.” “E tu cosa gli hai risposto?” “Niente, non me ne ha dato il tempo. Fatta la sua predica se ne è andato, convinto di aver sistemato le cose.” “Quindi non puoi venire?” “Certo che vengo! E’ questa la mia risposta! Che se ne vada affanculo, lui e i suoi ordini!” Concluse, alzandosi in piedi, determinato come non l'avevamo mai visto prima. Lo abbracciammo tutti, complimentandoci con lui e ripetendogli che era un grande. Stavamo trasformando il senso di impotenza e la rabbia in festa, come solo i ragazzini sanno fare. Fu proprio abbracciati, che ci trovarono il Maremmano e suo fratello quando arrivarono inattesi. “Possiamo unirci anche noi?” Disse Antonio, sovrastando il nostro vociare scomposto. Ci bloccammo all'istante, la nostra attenzione, ora, era tutta per i nuovi arrivati. Non ricordo se fossimo più stupiti, o più felici di vederli. “Cosa stavate festeggiando?” “Non stavamo festeggiando, stavamo consolando Bomba.” Rispose Schizzo. “Consolando? Per cosa?” “Perché suo padre è un pezzo di merda.” Schizzo si guardò in giro con fare distratto, si guardò a lungo le mani, poi aggiunse: “ Anche se, pure il mio, non scherza!” Antonio rimase perplesso, logico, non poteva capire. Mica lo sapeva come stavano le cose, così esortai Bomba a raccontare tutto anche a loro; dovevano sapere, c'entravano anche loro. In principio fece resistenza, non voleva starci, si vergognava, aveva paura che si arrabbiassero, o, peggio ancora, che si offendessero. Insistemmo e, alla fine, cedette, si decise a spifferare tutto. Alla fine del riepilogo, Antonio abbozzò un lieve sorriso, anche se, a me, sembrò triste e amareggiato; e aveva tutte le ragioni per esserlo. Abbracciò Bomba, probabilmente facendo attenzione a non stritolarlo, e disse: “Su, caccia via quelle lacrime, amico mio, non dare troppo peso a questa faccenda. Forse tuo padre era stanco, o già arrabbiato per motivi suoi e non ha capito. Io sarei stato fiero di te! Io sono fiero di tutti voi. E sono convinto che il mio fratellino non avrebbe potuto trovare amici migliori.” “Grazie, Antonio, io solo questo volevo. nient'altro. Non c'era neanche bisogno che dicesse qualcosa, figurarsi se mi aspettassi un complimento, o una parola buona..da mio padre. Mi sarei accontentato di una faccia soddisfatta. Una faccia che mi avesse fatto capire che… insomma, che ero stato bravo. Tutto qui. Sono sicuro che i loro padri, quella faccia, l'hanno fatta.” Concluse, indicandoci con il mento. Ci fu un momento di imbarazzo, chi per un motivo, chi per un altro, non avevamo tanta voglia di rispondere; ma ci aveva chiamati direttamente in causa, non potevamo sottrarci. “In effetti, mio padre, mi ha abbracciato e mi ha detto che ero stato in gamba.” Disse sottovoce Tonino, non voleva ferire ulteriormente Bomba, il confronto tra i loro genitori era improponibile. “Il mio, per la prima volta da quando mi ricordo, ha detto che era orgoglioso di me. E di voi. mi dispiace, Bomba.” Sussurrai, quasi a scusarmi del privilegio. “Non devi dispiacerti, Pietro, tuo padre è uno in gamba. Anche tu devi essere orgoglioso di lui.” Rispose, ma si vedeva bene che era ancora triste. “Io con il mio non ci parlo mai. non ho detto niente, tanto sarebbe stato come parlare al vento.” Confessò Sergetto. E lo fece col tono di chi dice qualcosa di scontato, qualcosa che, in fin dei conti, non lo riguarda più di tanto. Il tono del Tasso, invece, viaggiava a metà tra l'esagerato ed il divertito, quando disse: “Adesso ti tiro su io il morale, Bomba! Ieri sera, anch'io, come tutti voi, ero felice e non vedevo l'ora di tornare a casa per raccontarlo a qualcuno. Raccontare di quanto ero stato bravo. Sono entrato di corsa in cucina, ma mia madre non c'era, c'era solo mio padre, stravaccato sulla poltrona, davanti al televisore. Beh, meglio di niente, ho pensato e gli ho detto: papà, lo sai dove sono stato oggi? E lui, senza neanche guardarmi: no! E non lo voglio sapere! Ora togliti dai coglioni, che devo guardare il telefilm! Che dici, Bomba? Si fa a cambio? Mio padre in cambio del tuo, ci stai?” La spontanea e travolgente risata di Bomba fu la più bella delle risposte. Era rimasto solo Schizzo. Era naturale che rivolgessimo la nostra attenzione verso di lui. Schizzo ci guardò ad uno ad uno, poi chiese a bruciapelo: “ E allora? Che cazzo volete da me, adesso?” Inutile dire che ridemmo di nuovo. Tutti, anche il Maremmano e Antonio, che doveva aver iniziato a capire come era fatto quello strano essere. “Su, dicci di tuo padre. Che ti ha detto?” Lo incalzò Tonino. Schizzo fece un salto improvviso e andò a nascondersi dietro l'albero più vicino. Si guardò furtivamente intorno poi chiese a bassa voce: “Dove sta mio padre? Dove l'avete visto? Non posso farmi vedere insieme a voi. Dice che non ci state tanto con la testa e che, se continuo a frequentarvi, va a finire che divento scemo pure io!” “Allora vieni qua, idiota, che il danno già è stato fatto!” Gli gridò contro il Tasso. “E sembra pure irreparabile!” Aggiunse Tonino. Antonio se la rideva come fosse uno di noi e dava certe manate sulla pietra della fontana che sembrava volesse ucciderla. D'un tratto si fece serio, ci chiamò a raccolta, aspettò che rientrassimo nei ranghi e ci parlò. “Ho delle cose da dirvi, ragazzi. Il nostro vecchio è rimasto molto impressionato dal vostro gesto. Avete fatto centro. Era davvero commosso e ha deciso di togliere, a Pietro, la punizione. Avete saldato il debito. Non solo, visto che avete lavorato sodo, ha anche deciso che meritate di essere pagati. La paga di un giorno di lavoro nei campi.” Mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni, tirò fuori il portafoglio e ne estrasse un mazzetto di banconote da mille. “Ecco, lui dice che duemila a testa dovrebbero andare bene. altrimenti non vi resta che rivolgervi ai sindacati.” Cazzo, duemila lire? Ciascuno? erano una fortuna! Nessuno di noi aveva mai posseduto quella cifra tutta insieme. A Natale, forse, sommando le mance. Mance che, regolarmente, ci passavano sotto gli occhi e messe via subito dopo dai nostri genitori, per quando ci sarebbero serviti, dicevano. Pure se, a noi, sicuro, sarebbero serviti immediatamente. Restammo a bocca spalancata ed occhi sgranati per un bel po’, offrendo un inaspettato, forse anche gradito, ricovero a tutti gli insetti di passaggio in quel momento. Il primo a riaversi dalla sorpresa fu il Tasso, che si avvicinò ancor di più ad Antonio e disse:“ Fammi capire bene, gigante, tuo padre ti ha dato quei soldi per noi?” “Esattamente, mio giovane amico.” “Duemila lire a testa per quella stronzata di lavoro?” “Questo è ciò che ha stabilito il grande capo bianco. Se vi sembra poco prendetevela con lui, non con me. Io non c'entro, ho solo fatto una commissione.” “Prendermela con te? Ma tu: ti sei mai guardato allo specchio? Cazzo, sarò stupido, ma non fino a questo punto! Non ti direi niente neanche se uccidessi mio padre. Anzi, pur di non farti arrabbiare, ti farei anche i nomi di tutti i miei parenti. Anche i loro indirizzi ti darei! Volevo soltanto dire che, se il tuo vecchio paga così bene, abbandono subito la scuola e vengo a lavorare da voi. Tanto più che la scuola mi fa cagare.” E sembrava che stesse valutando sul serio la possibilità. Antonio si inginocchiò, gli lisciò la testa quadrata e gli disse calmo: “Forse è meglio che continui la scuola, giovanotto, per lavorare c'è sempre tempo. Devi studiare e mettici impegno, così, da grande, non ti farai fregare da quelli che hanno studiato. Ora avvicinatevi tutti, ho da darvi quello che vi spetta. Su, non fatevi pregare!” Certo che non ci facemmo pregare, in mezzo secondo eravamo appiccicati ad Antonio, pronti a ricevere la nostra, inaspettata parte. ci strinse la mano, uno per uno, e ci diede le duemila lire pattuite. L'ultimo era Bomba, quando toccò a lui, il gigante lo fissò, si alzò in piedi, rimise in tasca i soldi e:“A te niente.” Disse. Bomba fece una faccia che… che erano cento facce insieme, con la sorpresa che dominava su tutte le altre. Anche noi eravamo stupiti non poco, come? A Bomba niente? Antonio ci lasciò in sospeso per qualche istante, godendosi le nostre facce smarrite, poi prese il nostro amico per mano e gli parlò. “Andiamo, anche tu, chiaramente, come gli altri, ti sei meritato la tua parte, ma voglio dartela davanti a tuo padre, che sappia anche lui quanto sei stato in gamba.” Fece per muoversi, ma si bloccò subito dopo. si guardò in giro con aria smarrita e domandò: “ Dove lo troviamo tuo padre? Dov'è che lavora?” “Lavorare? Il padre di Bomba? Cazzo, Antonio, questa si che fa ridere di battuta!” lo prese in giro il Tasso. “Piantala, coglione!” Ruggì Bomba, recuperando, vai a capire da dove, un pizzico di amore filiale. “Visto che ti piace fare lo stronzo, perché non ci dici dove lavora il tuo di padre?” Il Tasso non rispose subito, si grattò la testa, poi il mento, poi le orecchie, con tutte due le mani, voleva farci credere che ci stesse pensando su, ma, a noi, sembrò soltanto che avesse la rogna. Il Tasso che pensava, chi mai ci avrebbe creduto! “Un po’ qui e un po’ là.” rispose, “Ma la maggior parte del tempo la passa con tuo padre. Diciamo pure che sono colleghi!” “E dove li posso trovare?” Insistette Antonio. “Al loro cantiere preferito. Al Bar di Piazza. Tressette e vino bianco, si fanno certe sudate!” “Bene, allora andiamo dal tuo genitore, giovanotto. Sistemiamo questa faccenda.” Disse ancora il gigante, avviandosi e tenendo sempre Bomba per mano, che sembrava un filo imbarazzato. “Possiamo venire anche noi?” Chiese Schizzo con una vocetta supplicante. “Grazie dell'aiuto, ma non è necessario. Possiamo farcela anche da soli.” “Eccome se è necessario!” si intromise di nuovo il Tasso, “Casomai tu, per spiegargli bene le cose, fossi costretto a suonargliele, io voglio esserci!” “Ma io non devo picchiare nessuno. Voglio soltanto far capire al papà di questo ometto che figlio in gamba che ha.” “Si, ma ammettiamo che proprio sia duro, che proprio non voglia capire e tu debba aiutarti con qualche sganassone, io devo esserci, non ci sono santi! Devo perché, almeno, potrei indicarti anche mio padre, vorrei che spiegassi la stessa cosa anche a lui. E con lo stesso metodo!” “Bene, mi arrendo, non posso farcela contro di voi. Ma avete la mia parola che non ci saranno violenze. Non servono. Tra persone civili, bastano le parole.” E ci fece segno di seguirlo. Certo, facile per uno come lui, pensai, chi era quel matto che avrebbe voluto farci a pugni? Meglio parlarci, perdio! Molto meglio! Come previsto, li trovammo al bar, a giocare a carte. C'erano sia il padre di Bomba, che quello del Tasso, più altri due anziani che conoscevamo solo di vista. Purtroppo Antonio aveva ragione: niente violenza. niente cazzottoni, o tavoli sfasciati in testa, come nei film di Bud Spencer. Bastò la sua ingombrante presenza a far si che si cagassero sotto; tutti e quattro. Non potevo certo dar loro torto. Il gigante si presentò, strinse loro le mani e, credo, esagerò un po’, vista la faccia sofferente che fecero. Ci venne da ridere, ma ce ne guardammo bene dal farlo. Una volta ottenuta l'attenzione, si piazzò di fronte a quel fifone tremolante del padre di Bomba, elogiò a lungo il nostro amico e lo ringraziò pubblicamente, il messaggio era chiaro: chi lo toccava avrebbe dovuto, necessariamente, fare i conti anche con lui. Alla fine, a scanso di equivoci, pretese di pagarlo. Lì, di fronte a tutti. Non ci furono obiezioni. Salutò cordialmente, offrì un giro di bevute ai presenti e uscì con molta calma dal locale. Noi dietro, come fedeli cagnolini, scodinzolando festosi e al sicuro. “Certo, Bomba, che tuo padre ha fatto una gran bella figura di merda!” Sibilò, felice, il Tasso. “Perché il tuo, invece, che figura ha fatto?” “Di merda! Anche il mio! Ma, a me, fa più ridere quella che ha fatto tuo padre!"
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