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Pistoia, la città si prepara a festeggiare il Natale
Pistoia, la città si prepara a festeggiare il Natale. Le festività del Natale si avvicinano e Pistoia inizia a impreziosirsi con addobbi a tema, decorazioni luminose, arredi a verde, ma anche tantissimi mercatini, spettacoli per tutte le età, mostre, concerti e molti altri eventi commerciali e culturali attrattivi per cittadini e turisti. Per le vie del centro è già iniziato l’allestimento delle luminarie e a breve arriveranno anche gli addobbi a verde e il grande abete che porterà aria di festa in piazza del Duomo fino ai primi di gennaio. I privati potranno intervenire realizzando piccoli arredi a verde, espressione dell’eccellenza floro-vivaistica pistoiese, contribuendo a creare un’immagine ancora più accogliente della città. Dopo due anni segnati dall’emergenza sanitaria, in città si punta a riportare un clima di festa, necessario alla ripresa della vita sociale ed economica di Pistoia, con un occhio di riguardo al risparmio energetico. Moltissime, circa un centinaio, le iniziative promosse dal Comune di Pistoia con il programma Natale in città 2022 che prenderà il via il primo dicembre, grazie alla collaborazione di Teatri di Pistoia e il sostegno di Conad, Esselunga e Toscana Energia. Come di consueto, il calendario sarà pubblicato in un libretto realizzato dall’ufficio Attività Culturali del Comune che sarà in distribuzione da fine novembre. Il programma sarà pubblicato anche sul sito internet e sulla pagina Facebook del Comune di Pistoia. Luminarie Le tradizionali luminarie torneranno a impreziosire le vie della città da sabato 3 dicembre fino a domenica 8 gennaio: drappi, mezze lune, tendine e tetti di luce, stelle, foglie alpine, fiocchi di neve, stringhe luminose. L’accensione degli allestimenti è prevista il pomeriggio dalle 17 fino all’una di notte, in una logica di contenimento dei costi per l’energia, che sono a carico della ditta appaltatrice, come previsto nel contratto di affidamento del servizio. Gli addobbi natalizi andranno da piazza del Duomo fino a Capostrada e Pontelungo, attraverso un progetto artistico unitario che comprende appunto luminarie, lucenti selfie-point e illuminazione di monumenti di interesse storico-culturale (come il campanile di piazza del Duomo, il loggiato del Palazzo comunale e l’ospedale del Ceppo in piazza Giovanni XXIII) a tema natalizio. Una stella cometa, uno dei simboli del Natale, sarà presente nei pressi della chiesa di piazza Spirito Santo, della chiesa di San Filippo e in via Sant’Andrea. A occuparsi dell’illuminazione è la Nuova Neon Group, azienda specializzata di Modena, che per due anni (2022 e 2023) si occuperà delle luminarie nel cuore della città e in alcune aree periferiche. Decorazioni e arredi a verde Per proseguire nel percorso di promozione e valorizzazione del territorio intrapreso già da alcuni anni in occasione delle festività natalizie, nei punti più caratteristici della città saranno presenti gli alberelli di Natale, ben addobbati ma non illuminati per rispondere all’esigenza di limitare il consumo energetico. In questo modo, l’Amministrazione prevede un risparmio di circa 20mila euro. La progettazione del decoro sarà curata dai bambini, dalle educatrici e insegnanti pistoiesi, che personalizzeranno gli addobbi grazie alla loro fantasia e creatività. Sono già all’opera nelle scuole Mantellate, il Grillo, Piccolo Blu, area Rossa, Scoiattolo, La Favola, la Filastrocca, Il Sole, la Martin Luther King, Lagomago, Parco Drago, l’Arcobaleno, il Melograno, ITC Marconi-Frosini, ITC Leonardo da Vinci, a Bonelle, nei nidi d’infanzia della cooperativa Intrecci, i nidi C’era una volta, L’Isola che non c’è, Impronta Verde, Dire, Fare, Giocare, Legno Rosso e Cavallo Bianco, il Faro e la scuola dell’infanzia Marino Marini. Gli alberi di Natale saranno in piazza del Duomo, piazza Giovanni XXIII, piazza San Francesco, piazza San Bartolomeo, corso Fedi, San Filippo, viale Adua, in Porta Lucchese, alle Fornaci, a Bottegone, a Bonelle, in Sant’Agostino, in galleria nazionale e in via delle Pappe. L’allestimento a verde del loggiato del Palazzo comunale sarà curato dalla Giorgio Tesi Group, in concomitanza con la mostra allestita dal 17 dicembre al 29 gennaio, nelle sale Affrescate e al Museo civico di arte antica, dal titolo “Pistorienses. Ritratti classici, racconti contemporanei”, realizzata dalla Giorgio Tesi Editrice, in collaborazione con i Musei Civici del Comune di Pistoia. A distanza di quattro anni dalla prima edizione di M’illumino d’inverno, l'associazione culturale Spichisi ha ideato un nuovo progetto per il periodo delle festività natalizie 2022, concentrando l’impegno creativo in una unica location: piazza del Duomo. Si tratta del videomapping “Luci del futuro”, ovvero la costruzione di un nuovo senso di comunità, e del vivere comune, partecipato, che illuminerà la piazza per dieci giorni, tra il 19 e il 28 dicembre, dalle 18.30 alle 23 circa. Mercatini natalizi Novità di questo Natale in città 2022, un’ampia offerta di mercatini a tema. Quasi uno al giorni dal primo dicembre fino quasi alla Vigilia, dislocati in diversi punti della città con proposte diversificate. Si parte il primo dicembre con i banchetti di “900 in via Roma e dintorni”, che si ripeterà giovedì 8, 415, 22 dicembre. Nei fine settimana 2, 3 e 4 dicembre, 8, 9, 10 e 11 dicembre, 16, 17 e 18 dicembre, mercatino natalizio in piazza Giovanni XXIII. Ricchissima di iniziative la giornata di domenica 4 dicembre: la Fiera in piazza San Francesco, il Free Market in via Roma, il mercatino natalizio in piazza Giovanni XXIII, Olio in sala in piazza della Sala, piazzetta dell'ortaggio e piazza dello Spirito Santo. Christmas in Love al parco di Monteoliveto nei fine settimana 9, 10, 11 e 16, 17, 18 dicembre. Due gli appuntamenti con il mercato straordinario di Natale in piazza del Duomo e nelle vie del centro: domenica 11 e 18 dicembre. Il mercato antiquario sarà nella Cattedrale di via Pertini domenica 11 dicembre. Esenzione Cosap per gli arredi a verde allestiti dai privati Anche quest’anno saranno esentati dal pagamento del suolo pubblico tutte quelle attività commerciali e quei professionisti che dal 3 dicembre all’8 gennaio vorranno allestire alberi natalizi addobbati all’esterno della propria attività. Una misura, quella adottata dall’Amministrazione comunale, per rendere Pistoia ancora più accogliente e festosa grazie all’ingegno e alla creatività dei privati che per le festività natalizie potranno installare ulteriori addobbi a verde, senza dover presentare titoli autorizzatori o pagare il canone. Eventi e iniziative culturali Una ricca offerta culturale promossa dal Comune di Pistoia accompagnerà le festività natalizie a partire dal primo dicembre: concerti, mostre, spettacoli, proiezioni, conferenze, incontri, visite guidate e laboratori didattici pensati per i più piccoli e non solo. La Biblioteca San Giorgio, il Palazzo comunale, l’Officina delle opportunità, le sedi espositive cittadine, i teatri, il centro storico: oltre cento gli eventi in calendario. Si inizia giovedì 1 dicembre, alle 17.30, al Piccolo Teatro Mauro Bolognini con “Finalmente... Natale!” di Enrico Spinelli, una produzione Pupi di Stac. Prevista per sabato 3 dicembre, alle 17, l’accensione dell’albero di Natale in piazza del Duomo, un abete che, con le sue luci e gli addobbi, rimarrà in piazza del Duomo fino all’8 gennaio. In risalto la rassegna musicale “Costellazioni” direttamente a cura dell’ufficio Attività culturali, in collaborazione con la Bioblioteca San Giorgio, che prevede per venerdì 16 dicembre, dalle 18 fino a tarda notte, il concerto di Natale “Christmas Swing” a cura di YouLab Pistoia con OsmannGold e Swing Mood. Martedì 20 dicembre, alle 12, al Piccolo Teatro Mauro Bolognini, “Le voci dell’anima”, concerto del Pistoia Gospel Singer, mentre mercoledì 21, alle 21, sempre al Bolognini “The Tentet Is Coming To Town”, concerto di musica jazz e swing di Nico Gori Swing 10tet. Ancora, giovedì 22 dicembre, alle 21, al Bolognini concerto di musica classica per corno e pianoforte con Gabriele Falcioni e Lavinia Cioli. Le note della Filarmonica Borgognoni allieteranno le strade del centro storico venerdì 23 dicembre, a partire dalle 17.30. Il calendario si chiuderà domenica 8 gennaio, dalle 10 alle 20, con l’apertura straordinaria degli spazi monumentali del Palazzo comunale, con visite guidate gratuite a cura degli studenti dell'I.T.C.S. Filippo Pacini partecipanti al progetto PCTO “Ambasciatori dell'Arte”, con la collaborazione dei servizi educativi del Comune, in particolare le aree bambini. Spettacoli dei Teatri di Pistoia Le iniziative di Natale in città 2021 sono arricchite dal calendario di spettacoli proposto dai Teatri di Pistoia, che presentano un progetto che mette al centro la funzione di servizio pubblico del teatro, unendo prosa, danza, musica, teatro ragazzi. Da segnalare, prima di Natale, al Funaro, la “Storia di un corpo” di Daniel Pennac con Giuseppe Cederna, in programma per il primo dicembre. Doppio appuntamento per sabato 3 dicembre: al Funaro, “RI-BELLI - Teatro ragazzi Area 52”, ideazione e interpretazione di Emanuela Belmonte de La Compagnia della Settimana Dopo; al Manzoni, la stagione di prosa con “Dulan la sposa” di Melania Mazzucco, una produzione del Teatro Stabile di Torino. Mercoledì 7 dicembre appuntamento con “Cenerentola”, balletto in un atto per 14 danzatori, una co-produzione Compagnia Nuovo Balletto di Toscana e Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Il 16 dicembre tocca alla stagione sinfonica con Ottavio Dantone al clavicembalo, la direzione Accademia Bizantina e Alessandro Tampieri concertmeister. Come regalo natalizio per la stagione 2022/2023, Teatri di Pistoia propone “Libero”, un carnet di biglietti (condivisibile, perché non nominale) a prezzo speciale per otto o più spettacoli da scegliere da almeno tre delle diverse programmazioni (prosa, Altri Percorsi, La via del Funaro, sinfonica, cameristica, danza), che si svolgeranno al Teatro Manzoni, al Piccolo Bolognini, al Funaro, al saloncino della Musica di Palazzo de’ Rossi e all’Antico refettorio del Convento di San Domenico. Per conoscere il programma completo consultare il sito https://www.teatridipistoia.it Pista di pattinaggio sul ghiaccio e banchetto di dolciumi in piazza San Francesco Nei prossimi giorni, fin dopo la festa della Befana, in piazza San Francesco sarà possibile pattinare nella pista sul ghiaccio, di circa 400 metri quadrati, affiancata dal banchino dei chicchi per i più piccoli. Per le festività natalizie, piazza San Francesco si prepara, dunque, ad accogliere un allestimento adatto sia ai bambini sia agli adulti che vorranno trascorrere una giornata piacevole, di socialità, all’aria aperta.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Fabriano
La città di Fabriano (Ancona) è famosa in tutto il mondo per la fabbricazione della carta quindi, se avete intenzione di visitarla, la prima tappa non può essere altro che il Museo della Carta e della Filigrana che ha sede nell’ex convento di San Domenico. Qui potrete ripercorrere tutte le fasi della produzione della carta grazie alle dimostrazioni dei macchinari e dei mastri cartai.
Interessante da vedere è anche il centro storico che ha conservato la sua struttura medievale raccogliendosi intorno alla Piazza del Comune: la facciata grigia appartiene al Palazzo del Podestà che è uno dei migliori esempi di architettura gotica civile delle Marche; di fronte si trova la fontana rotonda detta Sturinalto, il Palazzo Comunale del XIV secolo e lo spettacolare loggiato di San Francesco con le sue 19 arcate. In Piazza Umberto invece è possibile ammirare il portico in mattone rosso dell’ex ospedale di Santa Maria del Buon Gesù ed il Duomo di San Venanzio. Infine, in Piazza Garibaldi si trova il Portico dei Vasari, unico esempio rimasto della fiancheggiata di portici che caratterizzava la piazza.
#viaggi#fabriano#carta#fabbricazione della carta#mastro cartaio#piazza del comune#palazzo del podestà#sturinalto#palazzo comunale#loggiato di san francesco#piazza umberto#ex ospedale santa maria del buon gesù#duomo di san venanzio#piazza garibaldi#portico dei vasari
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PALA DI SANTA LUCIA DEI MAGNOLI
Nome🍃: Pala di Santa Lucia dei Magnoli
Autore🍃: Domenico Veneziano
Data🍃: 1445
Materiale e tecnica🍃: tempera su tavola
Stile e descrizione🍃: L'opera è uno degli esempi più antichi di tabula quadrata et sine civoriis cioè di pala moderna senza gli scomparti e senza il fondo oro tipico dei polittici medievali. Nonostante ciò l'ambientazione, anche se possiamo parlare solo di una suggestione. L'edificio in cui è composta la scena è infatti trattato secondo le più avanzate conoscenze della prospettiva geometrica, con tre punti di fuga dove convergono tutte le linee orizzontali, comprese quelle del complesso pavimento intarsiato di marmi. Il dipinto si configura così come un perfetto equilibrio tra modernità e tradizione, suggerito anche dall'uso di arcate diverse: a sesto acuto in alto ed a tutto sesto nelle nicchie classicheggianti, tra le quali quella centrale inquadra perfettamente la Madonna in trono col Bambino, sebbene essi si trovino in realtà davanti al loggiato. La luce è un elemento fondamentale dell'opera, che si stende tenue sulle architetture e sui personaggi, entrando dall'alto, dal cortile scoperchiato dietro il quale si stende un giardino, come fanno intendere i rami di tre aranci sullo sfondo del cielo azzurro. In particolare si tratta di una luce chiara e diffusa ma inclinata , che ricorda fedelmente quella del mattino. La cornice originale, andata perduta, doveva sottolineare questo effetto "finestra". I santi presenti sono San Giovanni Battista e San Zanobi, protettori della città di Firenze e della sua diocesi, Santa Lucia, titolare della chiesa, e San Francesco.
Collocazione attuale🍃: uffizi, firenze
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In una zona collinare ricca di vigneti, situato su un’altura che domina la vallata sottostante in cui scorre il torrente Parma, si erge una delle migliori architetture fortificate d’Italia: il Castello di Torrechiara. Affiancato dal borgo omonimo, frazione di Langhirano in provincia di Parma. Voluto dal conte di San Secondo, nonché condottiero al servizio dei Visconti e degli Sforza, Pier Maria Rossi, come strumento di difesa e controllo ma anche come dimora per sé e la sua amata Bianca Pellegrini da Arluno. Dal 1911 il Castello è monumento nazionale italiano. Breve descrizione del castello Venne costruito sulle rovine di un più antico fortilizio, tra il 1448 e il 1460. Il maniero è sito ad una quota di circa 280 m s.l.m. e dispone di un doppio fossato e originariamente due ponti levatoi. Altri elementi di difesa sono le quattro torri angolari e le tre cerchia di mura. La natura residenziale del maniero si evince invece dagli ambienti interni, curati da artisti come nel caso del ciclo di affreschi attribuito a Benedetto Bembo nella Camera d’Oro. La stanza prende il suo nome dalle foglie d’oro zecchino che un tempo ricoprivano le formelle alle pareti che presentano gli stemmi dei due amati. Le scene sono l’unico esempio di dipinti medievali incentrati sull’amore cortese tra due personaggi realmente esistiti. Le altre sale del castello sono altrettanto riccamente affrescate, alcune delle quali sono opera di Cesare Baglione, come ad esempio la sala del Giove, quella della Vittoria, del Velario e del Pergolato. Al primo piano anche il salone degli Acrobati ascritto anche a Giovan Antonio Paganino. I temi sono quelli naturalistici, fantastici e a grottesche. Ci sono poi il cortile loggiato, un porticato e l’oratorio di San Nicomede. Il castello di Torrechiara e il cinema IL maniero è stato utilizzato come set cinematografico di diverse produzioni tra cui “Ladyhawke”, film del 1985 diretto da Richard Donner con Rutger Hauer, Michelle Pfeiffer e Matthew Broderick. Nel film il castello è la casa del cattivissimo vescovo nonché lo sfondo di bellissime riprese in cui i protagonisti attraversano i prati verdi e le colline nei dintorni. Una curiosità rispetto al film riguarda appunto l’ambientazione. Francesizzato il nome de L’Aquila che nella pellicola diventa Aguillon, in realtà la maggior parte è stato girato in Italia. Oltre a Torrechiara, c’è Castell’Arquato sempre in Emilia-Romagna, Campo Imperatore e Rocca Calascio in Abbruzzo, Soncino in Lombardia, Misurina in Veneto. Inoltre l’interno di San Pietro a Tuscania (Viterbo) è stata ricostruita a Cinecittà. Ladyhawke narra la storia di un sortilegio e di un amore. Il un borgo del Medioevo francese, un malvagio vescovo si invaghisce di Isabeau, la fidanzata del capitano Navarre e colpisce la coppia con una maledizione. Di giorno lei si trasforma in un falco mentre lui di notte, diventa un lupo. Un ladro evaso dalle segrete, insieme ad un vecchio frate aiuteranno la coppia a rompere l’incantesimo. L’atmosfera magica del castello di Torrechiara compare però anche in altre pellicole, come ad esempio quella di Bertolucci del 1981, La tragedia di un uomo ridicolo o nella più recente serie televisiva del 2014, i Borgia di Tom Fontana. E poi, la miniserie televisiva La certosa di Parma di Cinzia Th Torrini e in televisione in una puntata del programma Ulisse – il piacere della scoperta nella puntata dedicata ai Castelli nel tempo. Castello di Torrechiara: la leggenda Come ogni costruzione storica e misteriosa che si rispetti, anche questo maniero ha la sua leggenda. Ovviamente legata ad una storia d’amore, sembra infatti che il fantasma del conte Pier Maria Rossi si aggiri per il castello, ritornando spesso sul Rio delle favole, la strada che conduce alla fortezza, pronunciando una frase, un motto, dedicato all’amata Bianca: “nunc et semper”, ora e sempre. Le stesse parole riportate anche nella Camera d’Oro. Il borgo di Torrechiara Il delizioso borgo di Torrechiara offre altri siti da visitare oltre il castello. Ci sono infatti la Badia di Santa Maria della Neve, luogo sacro, restaurato negli anni’70 che conserva un dipinto quattrocentesco attribuito al pittore Francesco Tacconi, parliamo della “Madonna col trono col Bambino”. Affreschi di varie epoche sulle pareti e un laboratorio apistico utilizzato dai monaci per la produzione di creme, unguenti e tisane. C’è poi la Chiesa di San Lorenzo, in origine in stile romanico, resa barocca nel XVIII secolo. Oltre alla visita a luoghi di interesse artistico, escursioni sulle colline, nelle cittadine intorno e itinerari lungo gli splendidi vigneti, dove regalarsi altri panorami incredibili ma anche una coccola culinaria: il prosciutto, il parmigiano reggiano e molto altro. Per organizzare bene un’eventuale gita in questi luoghi o un weekend insolito, vi segnaliamo l’orario. Castello Torrechiara orari Aprile, maggio, giugno, settembre, ottobre: feriali 8.10-13.50, domenica e festivi 10.00-19.00. Luglio e agosto: feriali 8.10-13.50, domenica e festivi 10.00-16.00. Dal 1 novembre, il castello osserverà i seguenti orari: feriale dalle 8.10 alle 13.50, domenica e festivi dalle 10.00 alle 16.00. La cassa chiude 30 minuti prima. La prima domenica del mese è gratuita come per gli altri siti grazie all’iniziativa ministeriale #iovadoalmuseo. Una fortificazione con finalità difensiva ma ricca anche dell’eleganza residenziale. Proprio Pier Maria Rossi scelse le parole “altiera et felice” per l’iscrizione del Castello di Torrechiara. https://ift.tt/37mNQZU Alla scoperta del Castello di Torrechiara in Emilia Romagna In una zona collinare ricca di vigneti, situato su un’altura che domina la vallata sottostante in cui scorre il torrente Parma, si erge una delle migliori architetture fortificate d’Italia: il Castello di Torrechiara. Affiancato dal borgo omonimo, frazione di Langhirano in provincia di Parma. Voluto dal conte di San Secondo, nonché condottiero al servizio dei Visconti e degli Sforza, Pier Maria Rossi, come strumento di difesa e controllo ma anche come dimora per sé e la sua amata Bianca Pellegrini da Arluno. Dal 1911 il Castello è monumento nazionale italiano. Breve descrizione del castello Venne costruito sulle rovine di un più antico fortilizio, tra il 1448 e il 1460. Il maniero è sito ad una quota di circa 280 m s.l.m. e dispone di un doppio fossato e originariamente due ponti levatoi. Altri elementi di difesa sono le quattro torri angolari e le tre cerchia di mura. La natura residenziale del maniero si evince invece dagli ambienti interni, curati da artisti come nel caso del ciclo di affreschi attribuito a Benedetto Bembo nella Camera d’Oro. La stanza prende il suo nome dalle foglie d’oro zecchino che un tempo ricoprivano le formelle alle pareti che presentano gli stemmi dei due amati. Le scene sono l’unico esempio di dipinti medievali incentrati sull’amore cortese tra due personaggi realmente esistiti. Le altre sale del castello sono altrettanto riccamente affrescate, alcune delle quali sono opera di Cesare Baglione, come ad esempio la sala del Giove, quella della Vittoria, del Velario e del Pergolato. Al primo piano anche il salone degli Acrobati ascritto anche a Giovan Antonio Paganino. I temi sono quelli naturalistici, fantastici e a grottesche. Ci sono poi il cortile loggiato, un porticato e l’oratorio di San Nicomede. Il castello di Torrechiara e il cinema IL maniero è stato utilizzato come set cinematografico di diverse produzioni tra cui “Ladyhawke”, film del 1985 diretto da Richard Donner con Rutger Hauer, Michelle Pfeiffer e Matthew Broderick. Nel film il castello è la casa del cattivissimo vescovo nonché lo sfondo di bellissime riprese in cui i protagonisti attraversano i prati verdi e le colline nei dintorni. Una curiosità rispetto al film riguarda appunto l’ambientazione. Francesizzato il nome de L’Aquila che nella pellicola diventa Aguillon, in realtà la maggior parte è stato girato in Italia. Oltre a Torrechiara, c’è Castell’Arquato sempre in Emilia-Romagna, Campo Imperatore e Rocca Calascio in Abbruzzo, Soncino in Lombardia, Misurina in Veneto. Inoltre l’interno di San Pietro a Tuscania (Viterbo) è stata ricostruita a Cinecittà. Ladyhawke narra la storia di un sortilegio e di un amore. Il un borgo del Medioevo francese, un malvagio vescovo si invaghisce di Isabeau, la fidanzata del capitano Navarre e colpisce la coppia con una maledizione. Di giorno lei si trasforma in un falco mentre lui di notte, diventa un lupo. Un ladro evaso dalle segrete, insieme ad un vecchio frate aiuteranno la coppia a rompere l’incantesimo. L’atmosfera magica del castello di Torrechiara compare però anche in altre pellicole, come ad esempio quella di Bertolucci del 1981, La tragedia di un uomo ridicolo o nella più recente serie televisiva del 2014, i Borgia di Tom Fontana. E poi, la miniserie televisiva La certosa di Parma di Cinzia Th Torrini e in televisione in una puntata del programma Ulisse – il piacere della scoperta nella puntata dedicata ai Castelli nel tempo. Castello di Torrechiara: la leggenda Come ogni costruzione storica e misteriosa che si rispetti, anche questo maniero ha la sua leggenda. Ovviamente legata ad una storia d’amore, sembra infatti che il fantasma del conte Pier Maria Rossi si aggiri per il castello, ritornando spesso sul Rio delle favole, la strada che conduce alla fortezza, pronunciando una frase, un motto, dedicato all’amata Bianca: “nunc et semper”, ora e sempre. Le stesse parole riportate anche nella Camera d’Oro. Il borgo di Torrechiara Il delizioso borgo di Torrechiara offre altri siti da visitare oltre il castello. Ci sono infatti la Badia di Santa Maria della Neve, luogo sacro, restaurato negli anni’70 che conserva un dipinto quattrocentesco attribuito al pittore Francesco Tacconi, parliamo della “Madonna col trono col Bambino”. Affreschi di varie epoche sulle pareti e un laboratorio apistico utilizzato dai monaci per la produzione di creme, unguenti e tisane. C’è poi la Chiesa di San Lorenzo, in origine in stile romanico, resa barocca nel XVIII secolo. Oltre alla visita a luoghi di interesse artistico, escursioni sulle colline, nelle cittadine intorno e itinerari lungo gli splendidi vigneti, dove regalarsi altri panorami incredibili ma anche una coccola culinaria: il prosciutto, il parmigiano reggiano e molto altro. Per organizzare bene un’eventuale gita in questi luoghi o un weekend insolito, vi segnaliamo l’orario. Castello Torrechiara orari Aprile, maggio, giugno, settembre, ottobre: feriali 8.10-13.50, domenica e festivi 10.00-19.00. Luglio e agosto: feriali 8.10-13.50, domenica e festivi 10.00-16.00. Dal 1 novembre, il castello osserverà i seguenti orari: feriale dalle 8.10 alle 13.50, domenica e festivi dalle 10.00 alle 16.00. La cassa chiude 30 minuti prima. La prima domenica del mese è gratuita come per gli altri siti grazie all’iniziativa ministeriale #iovadoalmuseo. Una fortificazione con finalità difensiva ma ricca anche dell’eleganza residenziale. Proprio Pier Maria Rossi scelse le parole “altiera et felice” per l’iscrizione del Castello di Torrechiara. Il Castello di Torrechiara è il posto ideale per trascorrere un weekend insolito e scoprire la magica leggenda che ispirò il celebre film LadyHawke.
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La Loggia dei Mercanti Ascoli Piceno - Marche - Italia 🇮🇹 Se state passeggiando in Piazza del Popolo e state per entrare nella chiesa di San Francesco dal suo portale laterale, avvicinatevi all’incrocio del Cardo (strada principale Nord-Sud) e del Decumano (Est-Ovest), le odierne Via del Trivio e Corso Mazzini: qui si eleva la Loggia dei Mercanti, una elegante costruzione terminata nel 1513. La potente Corporazione dei Mastri Lanai (o Lanari) ne commissiona la realizzazione per potervi esporre i propri manufatti. I lavori vengono seguiti dapprima da Bernardino da Carona poi da Francesco Rubei da Villagona. Per quanto riguarda il disegno, si sono fatti numerosi nomi (Cola dell’Amatrice, Benedetto da Maiano), ma quello che risulta evidente è lo stile bramantesco del loggiato che si sviluppa su cinque ariose arcate sorrette da colonne a loro volta poggianti su alti dadi. Tutto ciò contribuisce a creare un effetto armonioso e leggero. Murata sulla parete accanto al portale laterale della Chiesa di San Francesco, sotto la loggia, è ben visibile una lastra di travertino con le misure del materiale edile, stabilite nel 1568. L’ordinanza, firmata dal Governatore Giovan Battista Baiardi di Parma e dagli Anziani, si era resa necessaria perché i fornaciari facevano “lavori scarsi” e “di minor misura”. La multa era di dieci scudi! https://www.instagram.com/p/COr0WWyFra7_26bFrYtPhLgGV34EFD-Z6qCPD00/?igshid=18t4uowonl2qx
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-Nome: Storie di San Francesco
-Artista: Giotto
-Data: 1292-1296
-Luogo: basilica superiore di Assisi, Assisi
-Materiale e tecnica: affresco
-Descrizione: Per Giotto invece lo spazio pittorico doveva ricreare un volume tridimensionale e giustificò l'interruzione tra le scene tramite una serie di colonne che simulano un loggiato, sviluppando un'idea già usata, ad esempio nei mosaici della cupola del battistero di Firenze.
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Nuovo post su https://is.gd/INxfUy
Il castello di Francavilla (seconda parte)
di Mirko Belfiore
Nel 1739, l’ultimo principe di Francavilla Michele IV Junior apportò le modifiche più tarde, facendo demolire delle botteghe addossate lungo il perimetro Nord e alcune colonne che reggevano un pergolato posizionato dinanzi al portone d’ingresso e commissionando, infine, quell’elegante balaustra che ancora oggi cinge il fossato.
Alla morte di questi nel 1782, il palazzo fu incamerato tra i beni del Regno demanio nonostante che il Principe avesse nominato erede il cugino di terzo grado Vincenzo, marchese di Latiano. Dopo una lunga vertenza con il Regio Fisco, Vincenzo ottenne solo i beni mobili presenti nel palazzo (arredamenti, libreria, mobili, gioielli e le attrezzature del teatro) e il titolo di Principe di Francavilla. L’edificio rimase inutilizzato e abbandonato a sé stesso fino al 1821 quando divenne proprietà del Comune, il quale si occupò di ripristinare gli spazi interni apportando modifiche che in parte privarono la struttura di molti degli elementi originari.
Oggi lo ritroviamo in tutta la sua magnificenza grazie ai recenti restauri che oltre a preservarne le forme di età moderna ne ha ripristinato il valore di massimo emblema della città, assieme alla Chiesa matrice. A tutto ciò si è aggiunta una posizione di primo piano nella nuova politica di valorizzazione turistica che vede lo stesso assumere il ruolo non solo di contenitore culturale (allestimento del MAFF, il Museo archeologico di Francavilla Fontana) ma anche come punto di partenza per la riscoperta della storia della città e del suo centro storico.
1 Castello-Residenza Imperiali, Francavilla Fontana (Foto Alessandro Rodia)
Analizzandolo dal punto di vista architettonico, il complesso si sviluppa su tre piani distribuiti in maniera asimmetrica, con una stretta relazione fra le strutture murarie preesistenti e gli elementi ornamentali tipici del periodo Barocco.
Facciata sud con portale d’ingresso (Foto Vanessa Nacci)
Tutta la linea esterna è scandita da due linee marcapiano che si sviluppano lungo i quattro lati della struttura e che sono conclusi in alto da una possente merlatura guelfa e in basso da una muraglia a scarpa. La decorazione a dentelli rinascimentali e quella ad archetti concorrono insieme alle incorniciature aggettanti delle finestre del primo piano a vivacizzare la facies di tutto il prospetto, sfumando il ricordo dell’antica fortezza quattro-cinquecentesca.
Ai quattro angoli dell’edificio si collocano quattro stemmi araldici riproducenti un’aquila con le ali spiegate, sormontati da una corona e sorretti da mascheroni tufacei diversi per ogni spigolo, testimoni della proprietà della famiglia Imperiale.
Araldo della famiglia Imperiali posto sull’angolo sud-est (Foto Vanessa Nacci)
L’edificio è inserito in un ampio e profondo fossato che da una funzione difensiva si è evoluto in una piccola oasi floreale fatta realizzare fra il XVII e XVIII secolo e che al mutare delle stagioni si impreziosisce di un cromatismo unico.
La residenza nobiliare ha due varchi d’accesso: uno sul lato meridionale posto su via del Municipio e uno secondario sito sul lato settentrionale e prospiciente via Barbaro Forleo. L’ingresso principale si apre su un elegante slargo a forma ovoidale, preceduto da due possenti colonne barocche e che introduce il visitatore al ponte di pietra, sostituto dell’antico ponte levatoio in legno.
Portale d’ingresso lato sud, particolare (Foto Vanessa Nacci)
Lo splendido portale che adorna il varco d’ingresso è racchiuso fra due colonne con capitelli compositi ed è ornato da un cornicione a tutto sesto fortemente aggettante che accoglie un raffinato encarpo con foglie d’alloro, due rosette e, in chiave di volta, lo stemma degli Imperiale.
Portale d’ingresso facciata nord, particolare (Foto Vanessa Nacci)
Più sobrio ma non per questo meno raffinato è il portale sito sul lato opposto, introdotto sempre da due imponenti colonne barocche e sormontato da una balconata in ferro dal profilo a petto d’oca che secondo Fulgenzio Clavica e Regina Poso, ricalca in parte il disegno di Mauro Manieri per l’accesso del Seminario di Brindisi e per il palazzo Imperiale poi Filotico di Manduria.
Loggiato barocco facciata est (Foto Alessandro Rodia)
La facciata orientale collocata su Corso Umberto I è contraddistinta da una splendida loggia seicentesca in pietra locale e da molti attribuita a Pietro Antonio Pugliese, maestro scalpellino di Nardò, cresciuto nella bottega di Francesco Antonio Zimbalo e autore, fra il 1614 e il 1615, del magnifico altare di San Francesco di Paola collocato nella Basilica di Santa Croce a Lecce. Il manufatto si inserisce in posizione rientrante rispetto alle parti aggettanti ed è composto da quattro arcate, le quali risultano scandite da coppie di semicolonne quadrate con arcate a tutto sesto a cui si aggiungono quattro timpani spezzati di forma triangolare e altrettante finestre.
Nella parte sommitale troviamo una ricca trabeazione recante bassorilievi riproducenti grappoli d’uva e foglie di vite, colture rilevanti per la produzione agricola dell’area, oggi come allora. A questa si unisce un’estesa decorazione con soggetti di natura zooformi e fitoformi che in maniera uniforme si dipana lungo tutta la superficie del loggiato: la foglia di palma sezionata verticalmente e racchiusa da caulicoli, il motivo dei viticci che si avvolgono sinuosi intorno al fusto delle colonne e le rosette che in maniera geometrica si dispongono lungo le arcate. Questi particolari sottolineano l’esperienza del Pugliese per un gusto tutto leccese che non può che risalire agli insegnamenti dello Zimbalo e del Riccardi. Infine, un’elegante balaustra composta da colonnine di gusto classico e pilastrini squadrati – uno dei quali, al centro, accoglie lo stemma degli Imperiale – poggia naturalmente su una fila di mensoloni robusti, di cui ritroviamo corrispondenze con i ballatoi di alcuni palazzi di Oria, Manduria e nella stessa Francavilla (Palazzo Giannuzzi-Carissimo).
Loggiato barocco facciata est, particolare (Foto Alessandro Rodia)
Durante i lavori di ripristino sono stati riscoperti una serie di ambienti ormai dimenticati e posti sotto l’attuale piano di calpestio. Tramite un passaggio posto lungo il lato occidentale del fossato si può ancora accedere a quelli che erano gli antichi locali che ospitavano le stalle e le rispettive mangiatoie dei cavalli. Sempre a questo livello ma sul lato opposto un medesimo ingresso introduce ad altri locali, probabile luogo di stoccaggio per le derrate alimentari poi divenuti in tempi recenti carceri mandamentali. Qui si conservano mercanzie di vario genere, una fra tutte il sale proveniente dalle saline presenti a Torre Columena (nei pressi di Avetrana) e di proprietà della famiglia Imperiale.
Locali stalle con mangiatoie, lato ovest piano interrato (Foto Alessandro Rodia)
Locali Magazzini, lato est piano interrato (Foto Alessandro Rodia)
Per la prima parte:
Il castello di Francavilla Fontana (prima parte)
#castello di Francavilla#famiglia Imperiale#Francavilla Fontana#Francesco Antonio Zimbalo#Michele Imperiale#Mirko Belfiore#Pietro Antonio Pugliese#Monumenti di Terra d’Otranto#Spigolature Salentine
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Convento di S. Maria delle Grazie
A poca distanza dall'antico borgo di Vinacciano,arroccato in cima al suo colle, una strada sterrata e in cattive condizioni si inerpica nel bosco, lasciandosi alle spalle gli oliveti e gli ultimi casolari di campagna.
fonte : https://www.reportpistoia.com/.../71351-il-convento-di...
Si percorrono curve e tornanti tra una vegetazione sempre più fitta, finchè d'improvviso il bosco sembra aprirsi, e fare da cornice, in una radura, a quel che resta dell'ex convento di Santa Maria delle Grazie, complesso religioso oggi in totale rovina, divenuto negli anni preda dell'incuria e del vandalismo, ma la cui storia secolare merita di essere raccontata e riportata alla luce. Le origini risalgono al 1468, quando i Padri Domenicani di Pistoia avviarono i lavori per la costruzione di un ospizio-romitorio nel territorio di Vinacciano.
Nel 1784, per effetto delle riforme del vescovo giansenista Scipione de’ Ricci, i Domenicani furono allontanati dalla città e il convento di Santa Maria delle Grazie con le sue terre fu venduto a Francesco Maria Tolomei, prete dell'oratorio pistoiese di San Filippo Neri, membro di questa nobile e potente famiglia pistoiese, che eseguì importanti lavori di restauro e di ampliamento del complesso. Riacquistato dai frati nel 1928 al loro rientro a Pistoia, il convento fu destinato, negli anni Trenta e Quaranta, a luogo di soggiorno estivo dei giovani seminaristi dell’Ordine, per poi essere definitivamente ceduto ai privati negli anni Settanta e iniziare il suo lento ma inesorabile declino.
Oggi la struttura si presenta in uno stato di abbandono pressoché totale, con il tetto interamente crollato, porte e finestre divelte, muri scrostati, travi e pietre spezzate, con numerose zone dell'edificio ormai coperte da una fitta vegetazione.
L'eremo consisteva in un oratorio ad aula unica con volta a botte e pareti ripartite da lesene, con accanto una abitazione a più ambienti, preceduti da un loggiato a otto arcate con colonne in pietra. L'altare maggiore, di cui resta solo l'intonaco, ospitava una preziosa immagine sacra della Vergine, oggetto di devozione popolare, che rendeva il convento mèta di pellegrinaggi locali, e che le fonti indicano come dipinta ad affresco da un ignoto artista tra il 1469 e il 1479, sotto il patrocinio del padre Cristoforo Boccacerasa da Viterbo.
Purtroppo la preziosa opera è andata perduta, così come tutte le suppellettili e ogni altro materiale edilizio, a causa dall'incessante opera di ladri che nel corso degli anni hanno razziato e trafugato dall'ex convento tutto ciò che potesse essere smurato, sottratto e riutilizzato altrove, dagli scalini dell'ingresso in pietra serena alle decorazioni dell'oratorio, dalle pianelle in cotto agli infissi delle finestre.Lo stato di colpevole abbandono, l'incuria, le intemperie e soprattutto l'azione di continua “ripulitura” del convento ha ridotto quello che fino alla metà del secolo scorso era un importante centro di spiritualità della collina del Montalbano a un ammasso informe di rovine.
Operazioni di restauro e recupero appaiono difficili e costose; all'escursionista, all'appassionato di storia locale o al semplice curioso resta la vista, a tratti inquietante e un po' spettrale, ma sicuramente affascinante, dell'antico complesso che compare, selvaggio e inaspettato, in mezzo al bosco.
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BIAS 2020 SEMPRE PIÙ INTERNAZIONALE: da Sicilia e Sardegna al resto del mondo
Accanto ai ginepri e ai graniti, tra le vie strette del borgo di Porto Rotondo, dopo il successo del vernissage di Palermo presso il Loggiato di San Bartolomeo e in altre location siciliane di assoluto livello, anche la Sardegna ospita le opere dell’ottava tappa BIAS - Biennale Internazionale di Arte Sacra Contemporanea, partita da Venezia lo scorso giugno 2020 e giunta alla sua terza edizione. Col Patrocinio del consorzio di Porto Rotondo e di vari enti, promossa, tra gli altri, dalla Prm srl, dalla Fondazione Donà dalle Rose e da Wish. Le sculture e le installazioni rimarranno nel borgo fino a Novembre di quest'anno.
Arte sacra, ovvero spirituale, con una visione trasversale del mondo, della vita e di tutto ciò che è atto creativo.
L'installazione delle 20 opere di 5 artisti internazionali BIAS 2020 en plein air richiama l'arrivo della famiglia veneziana fondatrice di Porto Rotondo, nelle persone di Niccolò e Francoise Dona' delle Rose, e ricrea i punti d’incontro con la città veneta.
È ciò che spiega la stessa contessa Chiara Modica Donà dalle Rose, direttrice della BIAS: «la mostra Biennale matura sulle orme di quella di Venezia, che negli anni ha dato riconoscimenti storici ed è figlia del nostro secolo pur guardando all’artista da un punto di vista nazionalistico, con i padiglioni che richiamano i vari Paesi».
Per la sua terza edizione BIAS porta alla ribalta 100 artisti worldwide.
Cinque di essi espongono per l'appunto sulla darsena portorotondina, con la supervisione di Rosa Mundi, artista di cui si conoscono le opere ma non il volto.
Come specifica la contessa Chiara Dona' dalle Rose, direttrice BIAS e moglie del Conte Francesco Dona' dalle Rose: «Puntiamo i riflettori sardi sui fratelli Cristiano e Patrizio Alviti, rispettivamente scultore e pittore, meglio noti al grande pubblico come “ALVITIART”, le artiste Camilla Ancilotto e Margherita Grasselli, grandi promesse femminili nel panorama contemporaneo e ovviamente la celebre Rosa Mundi. Tutte personalità con esperienze importanti e che hanno perfettamente centrato il tema di quest'anno su Gioco e Tempo. Notevole è anche il legame delle opere che hanno prodotto con con Porto Rotondo, riuscendo a fondere la storia del luogo tra passato e presente. Il tutto inserito a pieno nella lunga tradizione di collezionismo e mecenatismo della famiglia Donà dalle Rose che perdura da seicento anni al fianco di artisti di ogni genere ed epoca».
Prossimi step? L' apertura di un Museo del Mare che possa raccontare al mondo la vera storia di Porto Rotondo e delle famiglie che l'hanno resa possibile.
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Camera degli sposi, Andrea Mantegna, 1465-1474, affresco. Il tema generale è una celebrazione politico-dinastica dell'intera famiglia di Ludovico II Gonzaga, con l'occasione dell'elezione a cardinale del figlio Francesco. Mantegna studiò una decorazione che investiva tutte le pareti e le volte del soffitto, adeguandosi ai limiti architettonici dell'ambiente, ma al tempo stesso sfondando illusionisticamente le pareti con la pittura, come se ci si trovasse al centro di un loggiato o di un padiglione aperto verso l'esterno. Motivo di raccordo tra le scene sulle pareti è il finto zoccolo marmoreo che gira tutt'intorno nella fascia inferiore, sul quale poggiano i pilastri che suddividono le scene in tre aperture. La volta è affrescata suggerendo una forma sferoidale e presenta centralmente un oculo, da cui si sporgono personaggi e animali stagliati sul cielo azzurro. Attorno all'oculo alcuni costoloni dipinti dividono lo spazio in losanghe e pennacchi. I costoloni vanno a terminare in finti capitelli, a loro volta poggianti sui reali peducci delle volte, gli unici elementi a rilievo di tutta la decorazione, assieme alle cornici delle porte e al camino. Ciascun peduccio (esclusi solo quelli in angolo) appoggia in corrispondenza di uno dei pilastri dipinti. Il registro superiore delle pareti è occupato da dodici lunette, decorate da festoni e imprese dei Gonzaga. Alla base delle lunette, tra peduccio e peduccio, corrono figuratamente le aste che fanno da cursore ai tendaggi, che sono raffigurati come scostati per permettere la visione delle scene principali. Questi drappi, che realmente coprivano i muri delle stanze del castello, simulano il broccato o il cuoio impresso a oro e foderato d'azzurro, e sono abbassati sulle pareti sud ed est, mentre sono aperti sulla parete nord (la Corte) e ovest (l'Incontro). Il tema generale è la celebrazione politico-dinastico dell'intera famiglia Gonzaga, anche se decenni di studi non sono riusciti a chiarire univocamente un'interpretazione accettata da tutti gli studiosi. Probabilmente l'ideazione del complesso programma iconografico richiese varie consulenze, tra cui sicuramente quella del marchese stesso. Numerosissimi sono i ritratti, estremamente curati nella fisionomia e, talvolta, nella psicologia. Sebbene un'identificazione certa di ognuno di essi è impossibile a causa della mancanza di testimonianze, taluni sono tra le opere più intense di Mantegna in questo genere. La stanza collocata nel torrione nord-est del Castello di San Giorgio (Mantova).
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PESARO – Il programma espositivo della Fondazione Pescheria – Centro Arti Visive di Pesaro, in collaborazione con Sistema Museo, prosegue con: Fabio Barile e Domingo Milella: Le forme del tempo. Un dialogo per immagini, seconda mostra di ricerca sulla fotografia contemporanea a cura di Alessandro Dandini de Sylva, che ha inaugurato al pubblico sabato 2 marzo e sarà visitabile fino al 9 giugno 2019.
L’oggetto del dialogo tra Fabio Barile e Domingo Milella è il senso del tempo. Entrambi utilizzano la fotografia per trasporlo, ridurlo e costruirne un’immagine. Le misure sono differenti: il primo riflette sul tempo geologico mentre il secondo sul tempo storico, ma ambedue compongono immagini che ne descrivono le forme.
Il lavoro di Domingo Milella, Indexing 2001/2016, racchiude le principali destinazioni di quindici anni di ricerca durante i quali l’autore ha raccolto immagini e segni di genti e culture svanite, abbastanza antiche da essere a noi straniere e spesso non decifrate. Il viaggio di Milella è cominciato nella periferia di Bari, la città in cui è cresciuto, ed è proseguito prima verso Oriente e poi verso Occidente segnando una mappa in cui l’uomo, spesso fisicamente assente, lascia comunque tracce della sua presenza.
Il lavoro di Fabio Barile, An Investigation of the laws observable in the composition, dissolution and restoration of land, consiste nell’analisi dei complessi e intricati elementi che caratterizzano il paesaggio in cui viviamo, attraverso evidenze geologiche, sperimentazioni con materiali fotografici e simulazioni di fenomeni. Il suo intento è di stabilire un dialogo con la storia profonda del nostro pianeta che, eroso, compresso e plasmato, nel corso di miliardi di anni di trasformazioni, ha generato l’illusoria stabilità del paesaggio cui siamo abituati oggi.
Lo spirito di viaggiatori nel tempo è la cifra e l’impronta della ricerca dei due autori. La giustapposizione delle loro fotografie negli spazi del Loggiato e dell’attigua Chiesa del Suffragio, si traduce in un percorso a ritroso che è una discesa nell’ignoto, un viaggio nel cuore dell’umano, dal tempo presente fino al tempo profondo.
In una famosa lettera indirizzata a un collega americano, Charles Darwin dichiarò che pensare all’evoluzione dell’occhio lo faceva rabbrividire. L’autore dell’Origine delle specie si serviva di questo strumento retorico quando introduceva i lettori al concetto di evoluzione; un processo naturale che supera la nostra immaginazione per la sua ampiezza, ubiquità e (nella maggior parte dei casi) estrema lentezza. Nessuno osservando un paesaggio in campagna può farsi un’idea dell’evoluzione in atto, proprio come nessuno, guardando il cielo pieno di stelle, può farsi un’idea delle dimensioni dell’intera galassia. È giusto dunque aspettarci qualche brivido.
In occasione della mostra Le forme del tempo, la Fondazione Pescheria Centro Arti Visive di Pesaro rinnova la felice collaborazione con la Fondazione Malaspina di Ascoli Piceno, già avviata per Qualsiasità, la prima mostra di ricerca fotografica curata da Alessandro Dandini de Sylva, nel 2017/18. L’obiettivo è di realizzare iniziative in comune e favorire la diffusione delle proprie attività e produzioni in istituzioni culturali nazionali e internazionali.
Il risultato di quest’ultima collaborazione sarà una pubblicazione che raccoglierà una selezione dei lavori esposti in Pescheria, insieme a due conversazioni con gli artisti, e sarà presentata alla Biblioteca San Giovanni di Pesaro alla presenza dei due autori e del curatore.
Domingo Milella (Bari, 1981) ha vissuto a Bari fino all’età di 18 anni. Dopo essersi trasferito a New York, ha studiato fotografia alla School of Visual Arts sotto la guida di Stephen Shore. I suoi lavori sono stati esposti alla galleria Brancolini Grimaldi di Londra, presso Tracy Williams a New York, al Foam Museum di Amsterdam, al MACRO di Roma, alla 54° Biennale di Venezia e a Les Rencontres de la Photographie di Arles. Le sue opere sono state inserite in importanti collezioni nazionali e internazionali tra cui la Margulies Collection di Miami e la Borusan Contemporary di Istanbul.
Tra le mostre personali si ricordano quelle presso Grimaldi Gavin (Londra, 2015), Tracy Williams Ltd (New York, 2014), Brancolini Grimaldi (Londra, 2012), e la mostra Orli Estremi di Qualche Età Sepolta curata da 3/3 presso Palazzo Coiro (Castelmezzano, 2011). Tra le collettive cui l’artista ha preso parte Italy Inside Out presso Palazzo della Regione (Milano, 2015), Esprit Mediterranéen presso la Pinacoteca di Bari (2011), Giovane fotografia di ricerca in Puglia presso la Fondazione Museo Pino Pascali (Bari, 2011), Egosistemi – Nature Becomes Art presso Palazzo Panichi (Pietrasanta, 2011). Nel 2014 pubblica con Steidl il suo primo libro, Domingo Millella, e nel 2015 è tra i curatori della mostra Tempo al Tempo presso Roman Road (Londra).
Fabio Barile (Barletta, 1980) ha studiato fotografia presso la Fondazione Studio Marangoni. Nel 2007 è selezionato fra i quindici finalisti del concorso Atlante Italiano 007 e le sue immagini esposte al MAXXI di Roma. La sua prima personale, Diary n°0 – Things that do not Happen, è inclusa nel circuito del Festival Internazionale di Roma del 2009. Nello stesso anno, il progetto Among è incluso nelle collettive Tempi Osceni al Foto Festival di Atene e Moments de la photographie contemporaine italienne II al Centre d’Art Dominique Lang.
Dal 2010 entra a far parte dell’archivio fotografico Documentary Platform, A Visual Archive. Nel 2012 il dummy Soli Finti è selezionato per il Dummy Award del Photobook Festival ed esposto a Le Bal (Parigi). Nel 2015, il suo lavoro Homage to James Hutton è esposto al al MACRO di Roma come parte della collettiva principale del Festival Internazionale di Fotografia di Roma. Nel 2017 in seguito alla personale presso la galleria Matèria (Roma), espone parte del suo lavoro An investigation of the laws observable in the composition, dissolution and restoration of land all’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma, in dialogo con l’archivio fotografico. Le sue opere sono state inserite nelle collezioni della Fondazione MAST di Bologna e dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma.
Alessandro Dandini de Sylva (Roma, 1981) è artista e curatore. I suoi lavori sono stati esposti in istituzioni pubbliche e private tra cui la Flowers Gallery a Londra, la Humble Arts Foundation a New York, il Bund 33 Art Center a Shanghai, l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi e Operativa Arte Contemporanea a Roma. È stato premiato con il Premio Shanghai, un programma di residenze per artisti emergenti italiani e cinesi, e con Les Promesses de l’Art, un programma di residenze per artisti italiani a Parigi, e selezionato come finalista per il Talent Prize e per il Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee.
Il suo primo libro d’artista, Paesaggi, è stato acquisito nella collezione dei libri d’artista della Tate Library. Dal 2011 al 2016 è stato curatore di FOTOGRAFIA Festival Internazionale di Roma. Tra il 2012 e il 2016 ha curato un ciclo di mostre dedicato alla fotografia sperimentale al MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma. Nel 2013 e nel 2014 è stato curatore ospite alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma e alla Fondazione Ermanno Casoli di Fabriano. Dal 2016 è direttore artistico alla Fondazione Malaspina a Ascoli Piceno e dal 2017 curatore ospite alla Fondazione Pescheria Centro Arti Visive di Pesaro. Il suo ultimo lavoro, Vuoti e bruciature, è stato presentato nel 2017 da Operativa Arte Contemporanea a Roma e poi esposto nel 2018 presso Limone a Londra e alla Fondazione Francesco Fabbri a Pieve di Soligo.
In collaborazione con Fondazione Malaspina, Doppelgaenger, Matéria Sponsor tecnico Cantine Offida
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FABRIANO, 20 ottobre 2018 – Terza giornata di Salone internazionale dell’artigianato e Remake Festival. Tra workshop, eventi dedicati ai bambini in biblioteca e conferenze per discutere di come si organizzi un evento musicale e la tecnologia e l’innovazione nel mondo del cinema.
Diverse le location scelte per ospitare il complesso ed articolato programma: il Teatro Gentile da Fabriano (che ospiterà il live di Raphael Gualazzi la sera di sabato 20 ottobre, e che viaggia verso il sold out), l’Oratorio della Carità, la Biblioteca Multimediale R. Sassi, il Loggiato di San Francesco, il Palazzo del Podestà, l’Oratorio del Gonfalone, il Complesso Monumentale San Benedetto, il Mercato Coperto ed ovviamente lo spazio di coworking del complesso Le Conce.
Un programma che partirà dalle ore 10, in centro storico con l’apertura dell’area espositiva e con i primi eventi che inizieranno alle 10.30.
Il programma da scaricare
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A Concludere la giornata la musica con la musica di Raphael Gualazzi (che suonerà in trio all’interno del Teatro Gentile a partire dalle ore 21) . Cambio di location e dalle ore 23 ecco Dj Mexican Guy e Larssen Industrie per un live dj-set all’interno dei giardini del poio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
FABRIANO / SALONE INTERNAZIONALE DELL’ARTIGIANATO E REMAKE FESTIVAL: TERZA GIORNATA FABRIANO, 20 ottobre 2018 - Terza giornata di Salone internazionale dell’artigianato e Remake Festival. Tra workshop, eventi dedicati ai bambini in biblioteca e conferenze per discutere di come si organizzi un evento musicale e la tecnologia e l’innovazione nel mondo del cinema.
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L’incantevole Offida in provincia di Ascoli Piceno, tra le valli dei fiumi Tesino e Tronto. Parte del circuito dei Borghi Più Belli d’Italia nel 2008, non si fatica a capire i motivi del suo ingresso nell’esclusivo club: è sufficiente osservare la quiete bellezza che Offida emana, mentre si staglia da uno sperone roccioso solcato dal torrente Lama. Il centro storico di Offida è racchiuso da mura di cinta risalenti al XV secolo e dalla sua posizione privilegiata il paese offre vedute meravigliose: dai belvedere del borgo si possono ammirare il monte Ascensione, i Monti Sibillini ed il monte dei Fiori e nelle giornate limpide è possibile persino scorgere l’Adriatico, la Maiella ed il Gran Sasso. Colpito purtroppo nel 2016 da un tremendo terremoto, il paese è stato capace di riprendersi con forza ed offre oggi ai suoi visitatori meraviglie da vedere e da gustare. Cosa vedere a Offida Il fulcro del borgo di Offida è Piazza del Popolo, dall’originale forma triangolare, sulla quale si affacciano sia la Chiesa dell’Addolorata che il raffinato Palazzo Comunale, un capolavoro architettonico risalente al XI-XII secolo ed arricchito da un elegante loggiato. È proprio da lì che si accede allo spettacolare Teatro Serpente Aureo, un teatro all’italiana dalle suggestioni barocche realizzato nel 1820 su progetto dell’architetto Pietro Maggi. Il punto del teatro che più attira lo sguardo è la sua volta affrescata rappresentante Apollo circondato dalle Muse, opera di A. Allevi. Una curiosa leggenda dà inoltre il nome alla struttura: si narra infatti che un serpente d’oro attraversò la città di Offida in senso longitudinale, percorrendo quella la strada principale del paese che oggi viene appunto chiamata Corso Serpente Aureo. L’evento è raffigurato sul proscenio in un dipinto di Giovanni Battista Magini. Tra gli edifici di culto di Offida si trova la Collegiata di Santa Maria Assunta, costituita da una commistioni di stili greco, barocco, romano e lombardo: i suoi interni interni decorati da eleganti stucchi e volte a cassettoni custodiscono i resti di San Leonardo, santo patrono di Offida. È però la Chiesa di Santa Maria della Rocca il vero gioiello medievale della città, risalente al XIV e costruita a strapiombo su un’alta rupe. Mentre i panorami dai dintorni della chiesa sono a dir poco meravigliosi, l’edificio nasconde un tesoro inestimabile: la chiesa ingloba le rovine di quello che un tempo era un complesso comprendente un castello ed una chiesa, i resti della quale sono oggi visibili della cripta di Santa Maria della Rocca. Ricca di colonne e arcate, lo spazio ospita preziosi dipinti del Maestro di Offida (sec. XIV-XV), di Ugolino di Vanne da Milano e di Fra Marino Angeli da S. Vittoria. Altri edifici religiosi da vedere sono la Chiesa del Suffragio e della Morte, così chiamata perché nella nicchia conserva un finto scheletro in legno rappresentante la Morte, il Santuario del Beato Bernardo, l’ex Convento di Sant’Agostino e la Chiesa di San Marco con l’annesso Convento. La sede di quella che oggi è la caratteristica Enoteca Regionale delle Marche era un tempo il convento di S. Francesco, edificato nel XIII per volontà delle monache Clarisse, di cui oggi è possibile ammirare gli antichi ambienti, armoniosamente occupati dall’Enoteca. Offida è nota anche per le sue bellissime fontane dallo stile unico: tra queste sono da annoverare la Fontana Grande o della Dea Flora e la Fontana del Mietitore. Il gruppo scultoreo della Fontana delle Merlettaie, situata all’ingresso del paese, oltre che essere stupenda architettonicamente è anche iconica rappresentazione di una delle tradizioni artigianali più antiche e sentite di Offida ovvero l’arte del merletto a tombolo. Ancora oggi tra le vie del borgo è possibile cogliere le donne offidane concentrate nel complicato intreccio di fili che da vita a magnifici capolavori artistici. A questa antica disciplina è anche dedicato un museo: il Museo del Merletto a Tombolo, ospitato all’interno del Palazzo De Castellotti-Pagnanelli, dove oltre ad ammirare piccoli tesori artigianali si possono apprendere le principali tecniche di lavorazione. Quello del merletto non è l’unico museo che le sale del Palazzo De Castellotti-Pagnanelli ospita. In questo edificio, fulcro di elevata importanza culturale, si trovano anche il Museo delle Tradizioni Popolari, che ricostruisce antiche botteghe artigianali e attrezzi agricoli, ed il Museo Archeologico che espone invece importanti ritrovamenti effettuati nel XIX secolo dall’archeologo Guglielmo Allevi. Tra le gallerie da non perdere anche quella dedicata ad Sergiacomi, scultore della Fontana delle Merlettaie, che ad Offida visse ed operò. Il Carnevale di Offida Tra gli eventi paesani, quello di maggiore vivacità è senza dubbio il Carnevale di Offida, un tripudio di colori e vive tradizioni davvero indimenticabile. All’interno dell’evento che coinvolge l’intera popolazione, particolarmente originali sono le due manifestazioni del «Lu Bov Fint» e quella dei Vlurd. Durante la prima, gli abitanti del paese inseguono la sagoma di un bue per le vie di Offida, mentre durante la seconda centinaia di partecipanti mascherati sfilano per il paese portando sulle spalle fiaccole incandescenti, per gettarle poi in un grande falò a suggellare la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima. Cosa mangiare a Offida Offida tenta la gola con delizie dolci e salate di ogni sorta alle quali è impossibile resistere. Tra le più caratteristiche i chichì ripieni, ovvero gustosissime focacce farcite con tonno, carciofini, alici e peperoni, ed i funghetti, dolci preparati con farina, zucchero, acqua e semi di anice. Tra i prodotti tipici di Offida ci sono anche il coniglio in salsa ed i taccù, grossi tagliolini cucinati in brodo con soffritto di cipolla e pancetta oppure con sugo di pomodoro. Di derivazione contadina e tremendamente deliziosi sono anche i maccheroncini della trebbiatura ed il pollo ncipp nciapp, ovvero spezzatino rosolato in padella, con aglio e rosmarino. Numerosi sono poi i rinomati vini locali come l’Offida DOC, il Percorino, il Falerio o il Terre di Offida. I piatti di Offida uniti a quelli caratteristici della cucina marchigiana in generale rendono queste zone d’Italia una tentazione unica per gli amanti dei tour enogastronomici di qualità. https://ift.tt/2uijB7E Cosa fare e cosa vedere nel bellissimo borgo di Offida L’incantevole Offida in provincia di Ascoli Piceno, tra le valli dei fiumi Tesino e Tronto. Parte del circuito dei Borghi Più Belli d’Italia nel 2008, non si fatica a capire i motivi del suo ingresso nell’esclusivo club: è sufficiente osservare la quiete bellezza che Offida emana, mentre si staglia da uno sperone roccioso solcato dal torrente Lama. Il centro storico di Offida è racchiuso da mura di cinta risalenti al XV secolo e dalla sua posizione privilegiata il paese offre vedute meravigliose: dai belvedere del borgo si possono ammirare il monte Ascensione, i Monti Sibillini ed il monte dei Fiori e nelle giornate limpide è possibile persino scorgere l’Adriatico, la Maiella ed il Gran Sasso. Colpito purtroppo nel 2016 da un tremendo terremoto, il paese è stato capace di riprendersi con forza ed offre oggi ai suoi visitatori meraviglie da vedere e da gustare. Cosa vedere a Offida Il fulcro del borgo di Offida è Piazza del Popolo, dall’originale forma triangolare, sulla quale si affacciano sia la Chiesa dell’Addolorata che il raffinato Palazzo Comunale, un capolavoro architettonico risalente al XI-XII secolo ed arricchito da un elegante loggiato. È proprio da lì che si accede allo spettacolare Teatro Serpente Aureo, un teatro all’italiana dalle suggestioni barocche realizzato nel 1820 su progetto dell’architetto Pietro Maggi. Il punto del teatro che più attira lo sguardo è la sua volta affrescata rappresentante Apollo circondato dalle Muse, opera di A. Allevi. Una curiosa leggenda dà inoltre il nome alla struttura: si narra infatti che un serpente d’oro attraversò la città di Offida in senso longitudinale, percorrendo quella la strada principale del paese che oggi viene appunto chiamata Corso Serpente Aureo. L’evento è raffigurato sul proscenio in un dipinto di Giovanni Battista Magini. Tra gli edifici di culto di Offida si trova la Collegiata di Santa Maria Assunta, costituita da una commistioni di stili greco, barocco, romano e lombardo: i suoi interni interni decorati da eleganti stucchi e volte a cassettoni custodiscono i resti di San Leonardo, santo patrono di Offida. È però la Chiesa di Santa Maria della Rocca il vero gioiello medievale della città, risalente al XIV e costruita a strapiombo su un’alta rupe. Mentre i panorami dai dintorni della chiesa sono a dir poco meravigliosi, l’edificio nasconde un tesoro inestimabile: la chiesa ingloba le rovine di quello che un tempo era un complesso comprendente un castello ed una chiesa, i resti della quale sono oggi visibili della cripta di Santa Maria della Rocca. Ricca di colonne e arcate, lo spazio ospita preziosi dipinti del Maestro di Offida (sec. XIV-XV), di Ugolino di Vanne da Milano e di Fra Marino Angeli da S. Vittoria. Altri edifici religiosi da vedere sono la Chiesa del Suffragio e della Morte, così chiamata perché nella nicchia conserva un finto scheletro in legno rappresentante la Morte, il Santuario del Beato Bernardo, l’ex Convento di Sant’Agostino e la Chiesa di San Marco con l’annesso Convento. La sede di quella che oggi è la caratteristica Enoteca Regionale delle Marche era un tempo il convento di S. Francesco, edificato nel XIII per volontà delle monache Clarisse, di cui oggi è possibile ammirare gli antichi ambienti, armoniosamente occupati dall’Enoteca. Offida è nota anche per le sue bellissime fontane dallo stile unico: tra queste sono da annoverare la Fontana Grande o della Dea Flora e la Fontana del Mietitore. Il gruppo scultoreo della Fontana delle Merlettaie, situata all’ingresso del paese, oltre che essere stupenda architettonicamente è anche iconica rappresentazione di una delle tradizioni artigianali più antiche e sentite di Offida ovvero l’arte del merletto a tombolo. Ancora oggi tra le vie del borgo è possibile cogliere le donne offidane concentrate nel complicato intreccio di fili che da vita a magnifici capolavori artistici. A questa antica disciplina è anche dedicato un museo: il Museo del Merletto a Tombolo, ospitato all’interno del Palazzo De Castellotti-Pagnanelli, dove oltre ad ammirare piccoli tesori artigianali si possono apprendere le principali tecniche di lavorazione. Quello del merletto non è l’unico museo che le sale del Palazzo De Castellotti-Pagnanelli ospita. In questo edificio, fulcro di elevata importanza culturale, si trovano anche il Museo delle Tradizioni Popolari, che ricostruisce antiche botteghe artigianali e attrezzi agricoli, ed il Museo Archeologico che espone invece importanti ritrovamenti effettuati nel XIX secolo dall’archeologo Guglielmo Allevi. Tra le gallerie da non perdere anche quella dedicata ad Sergiacomi, scultore della Fontana delle Merlettaie, che ad Offida visse ed operò. Il Carnevale di Offida Tra gli eventi paesani, quello di maggiore vivacità è senza dubbio il Carnevale di Offida, un tripudio di colori e vive tradizioni davvero indimenticabile. All’interno dell’evento che coinvolge l’intera popolazione, particolarmente originali sono le due manifestazioni del «Lu Bov Fint» e quella dei Vlurd. Durante la prima, gli abitanti del paese inseguono la sagoma di un bue per le vie di Offida, mentre durante la seconda centinaia di partecipanti mascherati sfilano per il paese portando sulle spalle fiaccole incandescenti, per gettarle poi in un grande falò a suggellare la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima. Cosa mangiare a Offida Offida tenta la gola con delizie dolci e salate di ogni sorta alle quali è impossibile resistere. Tra le più caratteristiche i chichì ripieni, ovvero gustosissime focacce farcite con tonno, carciofini, alici e peperoni, ed i funghetti, dolci preparati con farina, zucchero, acqua e semi di anice. Tra i prodotti tipici di Offida ci sono anche il coniglio in salsa ed i taccù, grossi tagliolini cucinati in brodo con soffritto di cipolla e pancetta oppure con sugo di pomodoro. Di derivazione contadina e tremendamente deliziosi sono anche i maccheroncini della trebbiatura ed il pollo ncipp nciapp, ovvero spezzatino rosolato in padella, con aglio e rosmarino. Numerosi sono poi i rinomati vini locali come l’Offida DOC, il Percorino, il Falerio o il Terre di Offida. I piatti di Offida uniti a quelli caratteristici della cucina marchigiana in generale rendono queste zone d’Italia una tentazione unica per gli amanti dei tour enogastronomici di qualità. Quello di Offida è uno dei borghi più belli delle Marche, ricco di edifici storici come il Teatro del Serpente Aureo e di edifici religiosi da visitare.
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Bott. piacentina fine sec. XV-inizio sec. XVI, Capolettera miniato, Piacenza, Museo di S. Antonino
PIACENZA – Un nuovo allestimento museale e una grande mostra per valorizzare il Duomo di Piacenza le sue bellezze nascoste e la sua lunga e affascinante storia. Sabato 7 aprile 2018 Kronos – Museo della Cattedrale si presenta con un nuovo percorso, con un ingresso autonomo da via Prevostura, che permetterà di accedere, per la prima volta, dai giardini sul retro delle absidi. Per l’occasione, si apre anche la mostra I MISTERI DELLA CATTEDRALE. Meraviglie nel labirinto del sapere, che fino al 7 luglio 2018 riporterà alla luce alcuni dei più preziosi codici miniati medievali, come il Libro del Maestro o il Salterio di Angilberga appartenenti al patrimonio archivistico piacentino, di assoluto rilievo nel panorama europeo.
PERCORSO TRA CAPOLAVORI – Ad accogliere i visitatori nel rinnovato Museo ci sarà la proiezione di un video che racconterà la storia del complesso vescovile piacentino dal IV sec. fino alla costruzione dell’attuale cattedrale. La sala delle sculture, quella degli argenti e quella delle suppellettili lignee faranno da introduzione alla piccola pinacoteca in cui saranno conservate alcune preziose pale d’altare, come I diecimila martiri crocifissi di Elisabetta Sirani, la Madonna dello Zitto di Giovanni Battista Tagliasacchi, Morte di San Francesco Saverio di Robert De Longe, il San Gerolamo e l’angelo di Guido Reni in dialogo con un Achrome di Piero Manzoni della collezione MCM Mazzolini.
Vista dalla galleria del tamburo, Piacenza, Cattedrale di S. Maria Assunta, ©Marco Stucchi
Nell’anticamera delle sagrestie superiori, un video, con un’intervista a Valerio Massimo Manfredi, introdurrà alle cinque sezioni della mostra dei codici.
La prima tappa – transitando nel coro del presbiterio da cui si potrà ammirare, da posizione ravvicinata, il grande polittico sopra l’altare (XV secolo), il coro ligneo e le volte – sarà nella sala dell’archivio storico capitolare dove all’interno dell’architettura, formata dai grandi armadi lignei del XVIII sec., sarà ospitata la sezione musicale.
Codice 18, Archivio capitolare della Cattedrale di Piacenza
PROTAGONISTI I CODICI MEDIEVALI – La visita alle restanti sezioni della mostra continuerà nelle sagrestie superiori; qui si potranno ammirare gli antichi libri provenienti dalla Biblioteca Ambrosiana, dalla biblioteca Braidense, dall’Archivio di Stato di Parma, dall’Archivio di Stato di Piacenza, dagli Archivi Capitolari della Cattedrale e di Sant’Antonino, dall’Archivio Storico Diocesano di Piacenza e Bobbio, e dalla Biblioteca Passerini Landi. Straordinari capolavori dal IX al XV secolo raccontano la storia civile e religiosa del territorio con particolare accento su Piacenza e Bobbio con il suo Scriptorium, secondo solo a Montecassino. All’interno di un anfiteatro multimediale saranno presentate immagini ad alta risoluzione delle pagine più preziose.
In un piccolo vano della cattedrale sarà riprodotto uno scriptorium dotato di tutti gli strumenti che i monaci utilizzavano per la produzione dei libri e un video racconterà le fasi di lavorazione dalla preparazione della pergamena alla rilegatura finale.
Giorgio da Muzano-Taddeo Prete (1492), Miniatura con Santo Stefano, Piacenza, Museo di S. Antonino
Giorgio da Muzano-Taddeo Prete (1492), Lettera H, Piacenza, Museo di S. Antonino
Giorgio da Muzano-Taddeo Prete (1492), Miniatura con Natività, Piacenza, Museo di S. Antonino
LE MINIATURE DEL LIBRO DEL MAESTRO – Lungo il percorso di salita, l’ultima sezione sarà interamente dedicata al Libro del Maestro, un totum liturgico che dal XII secolo è stato modello e tesoro per la liturgia e che costituisce una summa culturale, secondo la concezione medievale. Il Libro del Maestro è il volume più importante e misterioso dell’archivio della Cattedrale, la cui stesura ebbe inizio al principio del XII secolo. Al suo interno conserva nozioni di astronomia e astrologia, usi e costumi della popolazione legata ai cicli lunari e al lavoro nei campi. Il codice illustra, attraverso splendide miniature e formule melodiche (dette tropi), i primi drammi teatrali liturgici medievali, rappresentati in chiese e conventi, come primi strumenti di comunicazione delle storie della Bibbia.
Il libro del Maestro, XII secolo (da 1142), Codice 65, Ms. perg., mm 483 x 340
Il libro del Maestro, XII secolo (da 1142), Codice 65, Ms. perg., mm 483 x 340
Il libro del Maestro, XII secolo (da 1142), Codice 65, Ms. perg., mm 483 x 340
Il libro del Maestro, XII secolo (da 1142), Codice 65, Ms. perg., mm 483 x 340
Il libro del Maestro, XII secolo (da 1142), Codice 65, Ms. perg., mm 483 x 340
Il libro del Maestro, XII secolo (da 1142), Codice 65, Ms. perg., mm 483 x 340
I visitatori vi accederanno nella penombra di una prima sala, accolti da una voce e immagini che illustreranno la genesi del Libro del Maestro; le persone saranno poi invitate ad accedere alla “Macchina del Tempo”: una experience room prodotta da Gionata Xerra, dove verranno accompagnate, grazie a proiezioni, in un fantastico viaggio nel Medioevo, in una biblioteca virtuale da cui prende vita il racconto del Codice. Schermi touch-screen consentiranno di sfogliare virtualmente le pagine del Libro del Maestro ad altissima risoluzione e alcune applicazioni permetteranno, attraverso il gioco, di interagire con varie sezioni del codice, tra cui le tabelle medievali per il calcolo delle feste mobili.
ANTICO E MODERNO – Raggiunta la cupola, i visitatori saranno invitati a indossare cuffie wi-fi e a entrare nel loggiato. Dopo lo show di luci creato da Davide Groppi, si potrà procedere lungo tutto il perimetro della cupola, ammirando da vicino il ciclo affrescato dal Guercino, composto dai sei scomparti con le immagini dei profeti Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea, Geremia, e dalle lunette in cui si alternano episodi dell’infanzia di Gesù – Annuncio ai Pastori, Adorazione dei pastori, Presentazione al Tempio e Fuga in Egitto – a otto affascinanti Sibille e il fregio del tamburo, cui si aggiungono i due spicchi della cupola che raffigurano i profeti Davide e Isaia, dipinti da Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone.
Camminamento della cupola, Piacenza, Cattedrale di S. Maria Assunta, particolare, ©Marco Stucchi
LA STANZA SEGRETA DELL’OROLOGIO – Ridiscendendo sul lato nord, nel matroneo s’incontrerà la sezione relativa ai lavori di restauro della cattedrale attuati alla fine dell’800 con esposizione dei reperti allora smantellati tra cui torcieri, sculture, lapidi, parti di altari. Si accederà quindi all’interno del campanile per poterne ammirare dal basso l’imponente struttura lignea e accedere a una stanza segreta dove sono ancora conservati gli ingranaggi dell’orologio anticamente posto in facciata.
Il progetto è promosso dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio, in collaborazione con la Fondazione Piacenza e Vigevano, il Comune di Piacenza e l’Archivio di Stato di Piacenza, col sostegno della Regione Emilia-Romagna, di Crédit Agricole Cariparma e della Camera di Commercio di Piacenza.
INFORMAZIONI
I MISTERI DELLA CATTEDRALE. Meraviglie nel labirinto del sapere Cattedrale di Piacenza e Kronos – Museo della Cattedrale 7 aprile – 7 luglio 2018
Orari: martedì, mercoledì e giovedì: 9.00 – 20.00 (ultimo ingresso alle 18.00; ultima salita in cupola alle 19.00) venerdì e sabato: 9.00 – 23.00 (ultimo ingresso alle 21.00; ultima salita in cupola alle 22.00) domenica: 9.00 – 20.00 (ultimo ingresso alle 18.00; ultima salita in cupola alle 19.00) lunedì chiuso
I BIGLIETTI SI POSSONO ACQUISTARE ANCHE ONLINE DAL SITO: www.cattedralepiacenza.it
Intero € 10,00 (museo + mostra codici) € 15,00 (museo + mostra codici + salita alla cupola)
Ridotto € 8,00 (museo + mostra codici) € 12,00 (museo + mostra codici + salita alla cupola) Riduzioni: visitatori con meno di 18 anni o con più di 65 anni; Gruppo Cariparma Credit Agricole (clienti + dipendenti); Soci Touring Club; FAI; ACI; ARCI; Archistorica; Italia Nostra; AVIS; Camera di Commercio di Piacenza (dipendenti); Carta Castelli del Ducato; possessori biglietto Pordenone
Gratuito Portatori di handicap (con problemi di deambulazione) e accompagnatore; bambini con meno di 6 anni (solo per la mostra dei codici); giornalisti muniti di tessera; soci ICOM.
Scuole € 5,00 (museo + mostra codici) € 7,00 (museo + mostra codici + salita alla cupola)
Informazioni: Tel. 331.4606435; 0523.308329 Mail: [email protected] Sito: www.cattedralepiacenza.it
#Piacenza "svela" il #Duomo, i suoi codici miniati e le sue meraviglie: grande #mostra e nuovo allestimento per il #Museo della #Cattedrale [#FOTO] #medioevo PIACENZA - Un nuovo allestimento museale e una grande mostra per valorizzare il Duomo di Piacenza le sue bellezze nascoste e la sua lunga e affascinante storia.
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Le Isole Borromee con Isola dei Pescatori
Isola Bella, Isola Madre e altri isolotti
il regno dei Borromeo
Le Isole Borromee con in primo piano l’ Isola dei Pescatori e dietro Isola Madre
Isola dei Pescatori, è parte delle Isole Borromee, anche se non più di proprietà della nobile e importante famiglia, è l’unica ad essere abitata, avendo questa caratteristica è anche una delle più belle, perché viva e carica di storia comune, di vita giornaliera scandita, una volta, dalle gesta dei pescatori, oggi rimasti in pochi.
I Borromeo di origine toscana, furono nel lontano fine 1300, esiliati dall’Italia Centrale e stabilitisi nell’alto novarese, intorno alle sponde del Lago Maggiore, ricrearono la fortuna della famiglia, con il nuovo Stato Borromeo, acquistando terreni, avviando le costruzioni di ville, giardini e della splendida Rocca di Angera.
Le Isole Borromee, composte da tre isole, l’ Isola dei Pescatori, Isola Bella, Isola Madre, un’Isolino quello di San Giovanni e dallo Scoglio della Malghera, chiamato anche l’Isolino degli Innamorati per la sua piccola e romantica spiaggia, situato dietro a Isola Bella e completamente disabitato, raggiungibile solo in barca.
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L’arcipelago delle Isole Borromee e l’ Isola dei Pescatori
Isola dei Pescatori il nome deriva dall’attività degli abitanti, è la più piccola delle Isole Borromee, ha una superficie di 100 metri di larghezza per 350 di lunghezza, ed il suo “vero” nome, è Isola Superiore, situata nella parte nord dell’arcipelago, sopra a Isola Bella.
Anticamente sull’ Isola dei Pescatori vivevano circa 300 famiglie e tutte dedite alla pesca, oggi ne risiedono stabilmente 50 a portare avanti, quella che è la tradizione lavorativa del posto, rifornendo i ristoranti di buon pesce di lago, per la preparazione dei gustosissimi piatti tradizionali.
Isola dei Pescatori nell’arcipelago delle Isole Borromee
L’isola è caratterizzata da un piccolo borgo, fatto di strette stradine con le casette aventi balconi stretti e lunghi, usati una volta, per essiccare il pescato e dalla Chiesa di San Vittore, che spunta tra i tetti di colore rosso.
Merita una visita, la Chiesa di San Vittore, risalente all’anno mille venne ricostruita nel corso del ‘600 e del ‘700.
All’interno della chiesa si trovano affreschi cinquecenteschi e l’altare con i busti rappresentanti quattro vescovi, Sant’Ambrogio, San Gaudenzio, San Francesco di Sales e San Carlo Borromeo.
Visitata per otto mesi all’anno, da turisti provenienti da tutto il mondo, l’ Isola dei Pescatori è considerata la più visitata delle Isole Borromee, caratteristico è il suo mercatino di antiquariato, il piccolo cimitero dietro la chiesa, dove sono seppelliti i pescatori, abitanti dell’isola, con le loro lapidi, che portano ognuna il modellino di una barca.
I ristorantini, che offrono pesce fresco, nei vari piatti della tradizione del lago e le feste, tra le quali citiamo la festa di Ferragosto, caratterizzata da una processione di barche illuminate che omaggiano la statua di Santa Maria Assunta, mentre fa il giro dell’isola, Carnevale, dove si allestisce una lunga tavolata e gli isolani si riuniscono per mangiare un’ottima polenta e bere un buon bicchiere di vino e la sera della vigilia dell’Epifania, quando tutti i bambini sono impegnati a svegliare la Befana con la “carga vegia“, correndo per tutta l’isola trascinandosi dietro, legati ad una corda, lattine, marmitte, coperchi e tutto ciò che rotolando produce rumore.
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Isola Madre
La più grande delle Isole Borromee, di proprietà della famiglia Borromeo, a cui si deve la sua bellezza.
Intorno al 1500 iniziò la trasformazione dell’isola, con la costruzione della residenza privata della famiglia, larga 220 metri e lunga 330, è occupata da alcune costruzioni e soprattutto dal giardino botanico.
Palazzo Borromeo residenza sull’Isola Madre
Gli ambienti del Palazzo, furono allestiti a partire dal 1978, con arredi provenienti dalle varie dimore della famiglia Borromeo, offrono numerose opere d’arte, quali arazzi, mobili e quadri, al suo interno si ripropone, anche con l’ausilio di manichini vestiti con i costumi dei secoli passati, lo stile di vita dell’epoca.
La pianta del palazzo è a forma di L, vi si accede attraverso due approdi, situati rispettivamente sulla sponda settentrionale e su quella meridionale, da quest’ultimo si arriva al piazzale detto “della Cappella”, da dove risalendo una scala, che porta al livello superiore, si arriva all’ingresso principale dell’edificio.
Mentre da quello a nord, varcato un cancello, si trova una gradinata che consente di attraversare l’intera isola e di giungere al piazzale dove si affaccia il palazzo.
Il piano terra, caratterizzato, come il primo piano, da un loggiato ad archi, affiancati da aperture quadrate.
Isola Madre con Palazzo Borromeo e i Giardini
Le sale del piano terreno presentano una copertura a botte, a ombrello e a padiglione, una scala collega con il primo piano, dove gli ambienti hanno i soffitti a cassettone o con travi di legno.
La sala posta a sud-est è decorata a tromp-d’oeil, con pergolati, fiori e piante rampicanti, una delle sale più importanti è il Salone di Ricevimento che reca alle pareti quadri di soggetto biblico di Stefano Danedi, detto il Montalto, Ercole Procaccini il Giovane e Giovan Battista Costa, la Sala delle Stagioni è dominata da un’imponente arazzo, la Sala delle Bambole conserva un’importante collezione di bambole ottocentesche, provenienti dalla Francia e dalla Germania, insieme ad una bellissima e singolare collezione, quella di marionette e teatrini risalenti ai secoli XVII, XVIII e XIX.
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I giardini dell’isola
I giardini che attorniano il Palazzo Borromeo, definiti dallo scrittore francese Gustave Flaubert “Un Paradiso Terreste”, sorgono su un’area di circa 8 ettari, fu progettato su un precedente frutteto, poi uliveto e infine agrumeto, che rimase produttivo sino alla fine del settecento.
Ospita, essenze vegetali rare ed esotiche, originarie da ogni parte del mondo, il clima mita ha permesso l’insediamento di una flora sorprendente e difficilmente reperibile in altri luoghi, come aceri, banani, camelie, eucalipti, palme, fra le quali si aggirano multicolori pavoni, pappagalli e fagiani.
Famosa è la “scala dei morti“, arricchita con un’importante collezione di Wisteria o più comunemente glicine.
Isola Bella
Anche questa di proprietà della famiglia Borromeo, fa parte dell’arcipelago, subito sotto l’ Isola dei Pescatori, con tra le due, lo Scoglio della Malghera o Isolino degli Innamorati.
L’isola, quasi di fronte a Stresa, non è molto grande, misura 320 metri di lunghezza e 180 di larghezza, in gran parte occupata dal giardino all’italiana del palazzo Borromeo, che occupa la costa dell’isolotto.
Lo Scoglio della Malghera o isolino degli innamorati e sullo sfondo Isola dei Pescatori
Come l’Isola Madre, la sua storia è legata ai terreni acquistati dai Borromeo, dopo l’esilio dalla Toscana e l’insediamento nell’alto novarese.
Qui Carlo III Borromeo, iniziò la costruzione del Palazzo, per la moglie Isabella d’Adda ma il completamento avvenne per opera dei figli, il Cardinale Gilberto III e Vitaliano VI.
L’isola venne ristrutturata con le sembianze di una fantastica nave, il Palazzo era la prua e la parte dei giardini a terrazze, su quello che viene identificato come anfiteatro o castello, la poppa.
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Il Palazzo dell’Isola Bella
La villa divenne luogo di feste sontuose e rappresentazioni teatrali, per la nobiltà europea, furono illustri ospiti, da Napoleone con la moglie Giuseppina di Beauharnais, la principessa del Galles, Carolina Amalia di Brunswick, Stendhal, famoso fu anche l’incontro a Isola Bella, fra Mussolini, Pierre Laval e MacDonald, per la Conferenza di Stresa, indetta per far durare l’ordine politico a favore dell’Anschluss tedesco, stabilendo i gli “accordi di Stresa”.
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La sala dove si tenne la Conferenza di Stresa
La Sala delle Medaglie
La Sala degli Arazzi
L’imponente facciata del Palazzo, è lunga circa 80 metri, con al centro il salone d’onore, che si sviluppa come una sporgenza curvilinea, occupando in altezza la bellezza di due piani.
L’estensione verso il centro dell’isola, parte perpendicolarmente a questa porzione e assume la forma di una T.
Le sale principali sono tutte poste al primo dei quattro piani, che si diramano attorno al Salone, con copertura a cupola e decorazioni, ultimate tra il 1948 e il 1959, mentre nella parte inferiore si trovano le grotte, ambienti artificiali, accessibili tramite una scala elicoidale del ‘600 e decorate da rievocazioni di ambienti marini e ricoperti di pietre e conchiglie di una infinita varietà di tipi, in una delle grotte è custodita una piroga preistorica, ritrovata ad Angera a fine Ottocento.
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Isola Bella ideata come una nave il Palazzo come prua e i Giardini a poppa
Facciata del Palazzo Borromeo Isola Bella
Una delle sale delle Grotte di Palazzo Borromeo
La Sala delle Colonne, la Sala della Musica, la Sala delle Medaglie, dove sono conservate dieci medaglie in legno dorato rappresentanti gli avvenimenti più importanti della vita di San Carlo Borromeo, insieme alla Galleria degli Arazzi, con i sei preziosi arazzi fiamminghi del ‘500, sono le sale al piano nobile, deputate al ricevimento e rappresentanza.
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I Giardini
Oltre al sontuoso Palazzo, colpiscono i meravigliosi Giardini all’italiana, che formano la poppa di un’immaginaria nave, composti da dieci terrazzamenti sovrapposti a forma piramidale, con statue, fontane, essenze arboree rare, piante esotiche, magnolie e camelie profumatissime.
L’anfiteatro dei Giardini di Palazzo Borromeo
La parte più in alto dei giardini, è chiamata “anfiteatro”, dove si tenevano le rappresentazioni e sormontata dal liocorno, stemma della casata Borromeo.
Il Lago Maggiore, uno stralcio della storia, cultura e arte italiana, uno dei nostri beni, a volte dato per scontato ma che merita una conoscenza più approfondita e una visita con occhio diverso, dal solito giro al lago o un pic-nic sulle sue sponde, in una bella giornata di sole.
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Isola dei Pescatori Isola Bella Isola Madre le Isole Borromee Le Isole Borromee con Isola dei Pescatori Isola Bella, Isola Madre e altri isolotti il regno dei Borromeo…
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L’incantevole borgo di Campli è un piccolo gioiello d’Abruzzo, situato in provincia di Teramo. È uno di quei luoghi dove le tradizioni secolari sono parte integrante della vita degli abitanti, poco più di 7000 anime, e nel quale il tempo sembra scorrere a ritmi piacevolmente rallentati. Uno scrigno di arte e storia, arroccato sulle colline Teramane a circa 30 chilometri dall’Adriatico. Le origini di questo insediamento si perdono in tempi antichi. Come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti in quest’area, il territorio di Campli era abitato sin dal VIII secolo a.C.: gli scavi effettuati nella necropoli della vicina Campovalano hanno riportato infatti alla luce centinaia di tombe appartenenti ad un arco temporale che va dall’età del bronzo alla conquista romana. È solo nel Medioevo però che Campli acquisisce importanza e prestigio, fino a vivere il suo momento di massimo splendore, fermento artistico e vivacità politica tra il XVI ed il XVIII secolo quando a governare la città è la famiglia Farnese. Oggi Campli si offre ai suoi visitatori orgogliosa delle sue bellezze e consapevole del suo fascino. Fiera inoltre di essersi rialzata con incredibile forza dal devastante terremoto che nel 2009 ha colpito la regione Abruzzo. Cosa vedere a Campli Campli è facilmente raggiungibile in auto ed il modo migliore per godere delle sue atmosfere è quello di perdersi senza fretta tra le sue vie, passeggiando a piedi e scovando ogni scorcio del borgo abruzzese. È proprio camminando lungo Corso Umberto I, il lungo viale che taglia in due la città, che i più attenti e curiosi potranno scoprire un piccolo tesoro celato all’interno di un cortile. Si tratta della Casa del Medico e dello Speziale, un idilliaco palazzo che ha nei secoli cambiato più volte la sua funzione passando da essere un edificio religioso, adibito tra le altre cose a luogo di accoglienza e cura dei neonati non voluti dalle famiglie, a prestigiosa residenza nobiliare. Le ambientazioni dei suoi cortili e del suo loggiato sono decisamente da non perdere, per un bagno di quiete e relax. Proseguendo poi verso la piazza principale del paese, Piazza Vittorio Emanuele ci si ritrova circondati da due dei luoghi di interesse principali di Campi. Sulla destra si erge la Chiesa di Santa Maria in Platea, un sito carico di spiritualità e custode di importanti opere artistiche. La cattedrale prende il suo nome dalla statua in essa alloggiata, ritraente una Madonna col Bambino che rivolge lo sguardo alla piazza della città, ed ha saputo resistere alle scosse sismiche che l’hanno colpita anni fa. Sulla sinistra di Piazza Vittorio Emanuele svetta invece il Palazzo del Parlamento, chiamato anche Palazzo Farnese, uno dei palazzi civici più antichi di tutto l’Abruzzo, ed oggi sede del Municipio cittadino. Nella parte nord del paese sorgono uno accanto all’altro la Chiesa di San Francesco e l’importante Museo Archeologico di Campli. La Chiesa San Francesco è stata edificata nel 1227 ma ha purtroppo subito ingenti danni a seguito del terremoto, ed è rimasta per lungo tempo chiusa ed ammirabile solo dall’esterno. Il Museo Archeologico invece ha sede negli ambienti dell’antico convento di San Francesco e raccoglie i numerosissimi reperti archeologici rinvenuti nell’area di Campli e dintorni, molti dei quali provenienti da Campovalano. Campli tra spiritualità e usanze antiche Una delle particolarità di Campli è il suo forte legame con il mondo spirituale e proprio dietro Palazzo Farnese si nasconde un luogo legato a doppio filo con la sentita religiosità degli abitanti del borgo: la Scala Santa. Costruita XVIII secolo, la celebre Scala si trova a ridosso della Chiesa di San Paolo, ed è una scalinata di 28 gradini in legno di quercia intrisa di religiosità e misticismo. Secondo un’usanza in vigore fin dal 1772, i fedeli che la percorrono in ginocchio raccolti in silenziosa preghiera e passano attraverso i dipinti che ricoprono le pareti laterali della gradinata, rievocazioni della Passioni di Cristo, vedono perdonati tutti i loro peccati. Un’Indulgenza Plenaria insomma, di espiazione e rinascita, che precede la scalinata per la discesa, percorribile in piedi accompagnati invece da affreschi rappresentanti simbolicamente la Resurrezione. Un rituale imperdibile, da mettere in atto in prima persona o semplicemente da osservare con rispetto. Eventi e sagre a Campli: buon cibo e genuinità La regione Abruzzo è sinonimo anche di buon cibo e tradizioni gastronomiche d’eccellenza. Il ricco palinsesto di sagre paesane di Campli è spesso legato alla sue migliori offerte culinarie, e tra le vie del paese genuinità e socialità si uniscono in un calendario di manifestazioni popolari dal fascino autentico. Imperdibile se si passa da Campli nel mese di agosto è la Sagra delle Porchetta Italica: un vero concorso tra i produttori di questo squisito prodotto di carne suina, durante il quale gli estimatori dei panini caldi farciti di succulenta carne alla brace vivono momenti paradisiaci per le papille gustative. Il tutto accompagnato da concerti, parate e intrattenimento di vario genere. L’estate di Campli è fatta anche di Festa della Pizza e di Sagra del Tartufo di Campovalano, altri due cavalli di battaglia del menù di ricette tradizionali: tra le bancarelle delle fiere paesane o comodamente seduti nei numerosi ristoranti della zona, non fatevi scappare nemmeno un assaggio delle altre specialità camplesi, come il timballo teramano, le acciughe sottolio cotte nell’aceto, i calcioni, la frittata di basilico o la pasta al sugo di lepre. E per deliziare anche l’udito, Campli è palcoscenico di interessanti momenti musicali come il Campli Music Festival o altri eventi dedicati ai più svariati generi e gusti, che colorano la bella stagione del borgo abruzzese. https://ift.tt/2O3cXZN Cosa a vedere nel bellissimo borgo di Campli L’incantevole borgo di Campli è un piccolo gioiello d’Abruzzo, situato in provincia di Teramo. È uno di quei luoghi dove le tradizioni secolari sono parte integrante della vita degli abitanti, poco più di 7000 anime, e nel quale il tempo sembra scorrere a ritmi piacevolmente rallentati. Uno scrigno di arte e storia, arroccato sulle colline Teramane a circa 30 chilometri dall’Adriatico. Le origini di questo insediamento si perdono in tempi antichi. Come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti in quest’area, il territorio di Campli era abitato sin dal VIII secolo a.C.: gli scavi effettuati nella necropoli della vicina Campovalano hanno riportato infatti alla luce centinaia di tombe appartenenti ad un arco temporale che va dall’età del bronzo alla conquista romana. È solo nel Medioevo però che Campli acquisisce importanza e prestigio, fino a vivere il suo momento di massimo splendore, fermento artistico e vivacità politica tra il XVI ed il XVIII secolo quando a governare la città è la famiglia Farnese. Oggi Campli si offre ai suoi visitatori orgogliosa delle sue bellezze e consapevole del suo fascino. Fiera inoltre di essersi rialzata con incredibile forza dal devastante terremoto che nel 2009 ha colpito la regione Abruzzo. Cosa vedere a Campli Campli è facilmente raggiungibile in auto ed il modo migliore per godere delle sue atmosfere è quello di perdersi senza fretta tra le sue vie, passeggiando a piedi e scovando ogni scorcio del borgo abruzzese. È proprio camminando lungo Corso Umberto I, il lungo viale che taglia in due la città, che i più attenti e curiosi potranno scoprire un piccolo tesoro celato all’interno di un cortile. Si tratta della Casa del Medico e dello Speziale, un idilliaco palazzo che ha nei secoli cambiato più volte la sua funzione passando da essere un edificio religioso, adibito tra le altre cose a luogo di accoglienza e cura dei neonati non voluti dalle famiglie, a prestigiosa residenza nobiliare. Le ambientazioni dei suoi cortili e del suo loggiato sono decisamente da non perdere, per un bagno di quiete e relax. Proseguendo poi verso la piazza principale del paese, Piazza Vittorio Emanuele ci si ritrova circondati da due dei luoghi di interesse principali di Campi. Sulla destra si erge la Chiesa di Santa Maria in Platea, un sito carico di spiritualità e custode di importanti opere artistiche. La cattedrale prende il suo nome dalla statua in essa alloggiata, ritraente una Madonna col Bambino che rivolge lo sguardo alla piazza della città, ed ha saputo resistere alle scosse sismiche che l’hanno colpita anni fa. Sulla sinistra di Piazza Vittorio Emanuele svetta invece il Palazzo del Parlamento, chiamato anche Palazzo Farnese, uno dei palazzi civici più antichi di tutto l’Abruzzo, ed oggi sede del Municipio cittadino. Nella parte nord del paese sorgono uno accanto all’altro la Chiesa di San Francesco e l’importante Museo Archeologico di Campli. La Chiesa San Francesco è stata edificata nel 1227 ma ha purtroppo subito ingenti danni a seguito del terremoto, ed è rimasta per lungo tempo chiusa ed ammirabile solo dall’esterno. Il Museo Archeologico invece ha sede negli ambienti dell’antico convento di San Francesco e raccoglie i numerosissimi reperti archeologici rinvenuti nell’area di Campli e dintorni, molti dei quali provenienti da Campovalano. Campli tra spiritualità e usanze antiche Una delle particolarità di Campli è il suo forte legame con il mondo spirituale e proprio dietro Palazzo Farnese si nasconde un luogo legato a doppio filo con la sentita religiosità degli abitanti del borgo: la Scala Santa. Costruita XVIII secolo, la celebre Scala si trova a ridosso della Chiesa di San Paolo, ed è una scalinata di 28 gradini in legno di quercia intrisa di religiosità e misticismo. Secondo un’usanza in vigore fin dal 1772, i fedeli che la percorrono in ginocchio raccolti in silenziosa preghiera e passano attraverso i dipinti che ricoprono le pareti laterali della gradinata, rievocazioni della Passioni di Cristo, vedono perdonati tutti i loro peccati. Un’Indulgenza Plenaria insomma, di espiazione e rinascita, che precede la scalinata per la discesa, percorribile in piedi accompagnati invece da affreschi rappresentanti simbolicamente la Resurrezione. Un rituale imperdibile, da mettere in atto in prima persona o semplicemente da osservare con rispetto. Eventi e sagre a Campli: buon cibo e genuinità La regione Abruzzo è sinonimo anche di buon cibo e tradizioni gastronomiche d’eccellenza. Il ricco palinsesto di sagre paesane di Campli è spesso legato alla sue migliori offerte culinarie, e tra le vie del paese genuinità e socialità si uniscono in un calendario di manifestazioni popolari dal fascino autentico. Imperdibile se si passa da Campli nel mese di agosto è la Sagra delle Porchetta Italica: un vero concorso tra i produttori di questo squisito prodotto di carne suina, durante il quale gli estimatori dei panini caldi farciti di succulenta carne alla brace vivono momenti paradisiaci per le papille gustative. Il tutto accompagnato da concerti, parate e intrattenimento di vario genere. L’estate di Campli è fatta anche di Festa della Pizza e di Sagra del Tartufo di Campovalano, altri due cavalli di battaglia del menù di ricette tradizionali: tra le bancarelle delle fiere paesane o comodamente seduti nei numerosi ristoranti della zona, non fatevi scappare nemmeno un assaggio delle altre specialità camplesi, come il timballo teramano, le acciughe sottolio cotte nell’aceto, i calcioni, la frittata di basilico o la pasta al sugo di lepre. E per deliziare anche l’udito, Campli è palcoscenico di interessanti momenti musicali come il Campli Music Festival o altri eventi dedicati ai più svariati generi e gusti, che colorano la bella stagione del borgo abruzzese. Campli è un bellissimo borgo dell’Abruzzo che, nonostante il terremoto del 2009, conserva la sua bellezza nei palazzi d’epoca e nei monumenti.
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