Tumgik
#letture migranti
ideeperscrittori · 2 years
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GIORNALI DEL BAR CHE SPARISCONO
Quella che sto per descrivere è una faccenda poco importante rispetto alle potenziali catastrofi che incombono sull'umanità.
Ma ne parlo lo stesso.
Ore 8.00. Siamo in un bar. I tavoli sono pieni di persone che consumano bevande calde e mangiano qualcosa.
Il bar ogni mattina mette a disposizione della clientela giornali e riviste, così puoi consultare un quotidiano senza comprarlo e questo ti rende felice, perché onestamente è difficile trovarne uno meritevole di pagamento. C'è anche il quotidiano sportivo. Ci sono anche gli inserti dei giornali. C'è persino una rivista d'arte.
A volte capita una cosa strana. Entri nel bar, chiedi un caffé, ti dirigi verso l'angolo in cui sono ammucchiati i giornali, ma non trovi nulla da leggere.
Per un attimo immagini un risveglio collettivo dell'interesse per le letture da sfogliare.
I caratteri stampati con l'inchiostro si sono presi la rivincita sui pixel malgrado la scarsa qualità dei quotidiani italiani?.
No, niente di tutto questo. Non c'è nulla da leggere perché un tizio che sorseggia placidamente un cappuccino ha preso tutte le pubblicazioni (in tutto una ventina) e le ha accatastate sul suo tavolino. Si è accaparrato pure la rivista d'arte, anche se scommetto che il suo interesse per l'argomento e simile al mio per la geologia.
L'ha fatto perché voleva il massimo della comodità.
Perché scegliere una pubblicazione alla volta, quando puoi averle tutte e passare da una all'altra? Dopo due pagine di attualità può venirti voglia delle notizie sportive. E mica si può correre il rischio che il quotidiano sportivo sia nelle mani di altre persone, vero? E anche se così non fosse, saresti comunque costretto ad alzarti per prenderlo. Si sta così bene seduti...
In pratica questo tizio pensa di essere al centro dell'universo.
In questo momento sta sfogliando Il Corsera. Anche io ho voglia di leggere. Mi avvicino, indico la Gazzetta che troneggia sulla cima della catasta cartacea e dico: «Posso prenderla?». E lui: «Ehm, sì». Sa di non potermela negare, dato che non la sta leggendo, ma è visibilimente contrariato.
La storia finisce qui. Ve l'avevo detto che si trattava di una faccenda piccola e marginale. E non è nemmeno una storia così originale. Capita spesso qualcosa del genere. Non si trova nulla e scopri che qualcuno si è preso tutto. Quando va bene sono i giornali del bar, ma a volte sono 49 milioni o pezzi di spiaggia. Il problema è che quella persona poi ti dice: «Non c'è niente per colpa dei migranti e del reddito di cittadinanza».
FINE [L'Ideota]
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personal-reporter · 1 year
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Festival delle Migrazioni 2023 a Torino
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Con settembre torna a Torino il Festival delle Migrazioni 2023, l’evento dedicato all’esplorazione e alla celebrazione del fenomeno migratorio attraverso incontri, arte, teatro e letteratura. Quest’anno il festival si terrà dal 20 al 24 settembre e offrirà un programma tra spettacoli teatrali, concerti, laboratori, mostre e momenti di convivialità a San Pietro in Vincoli, la Scuola Holden, il quartiere Valdocco, l’Ufficio Pastorale Migranti, il Polo del ‘900, il Giardino Pellegrino e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La manifestazione ha come fil rouge Che clima c’è?, che si riferisce non solo alla situazione ambientale del pianeta, ma anche a quella politica. Una delle novità di questa edizione sarà il focus sul Mali, un paese chiave per i cambiamenti politici e sociali dell’Africa sub-sahariana, con gli esperti discutere della situazione attuale e delle prospettive future del paese, oltre a concerti e mostre che offriranno una visione approfondita della cultura e delle tradizioni della zona. Durante il Festival delle Migrazioni, si terranno numerosi incontri e dibattiti su temi legati alle migrazioni e alla politica con Gad Lerner, Massimo Giannini, Marzio G. Mian, Nancy Porsia, Gabriele Proglio e Bintou Touré. Gli incontri affronteranno l’uso dell’acqua e delle risorse alimentari, le migrazioni legate ai cambiamenti climatici, la situazione in Libia e Tunisia, l’antirazzismo quotidiano e la narrazione del fenomeno migratorio. Il Festival inoltre proporrà sette spettacoli che esploreranno il tema delle migrazioni da diverse prospettive, oltre a letture sceniche e performance artistiche. Presso il Polo del ‘900 il Festival delle Migrazioni allestirà la mostra Name climate Change. Diamo un volto al cambiamento climatico, che metterà in risalto l’intensità dei percorsi migratori, evidenziando le scelte di persone comuni, italiane e straniere, che vivono i cambiamenti climatici e si impegnano attivamente per un futuro migliore. Un altro degli appuntamenti più attesi dal pubblico è la Cena delle cittadinanze, che si terrà nella serata di sabato, dove cittadini, istituzioni, operatori e associazioni si riuniranno in un clima di convivialità per condividere cibo e piatti tradizionali provenienti da diverse culture. Il festival offrirà anche una serata con la proiezione di film che affrontano tematiche legate alle migrazioni, oltre a spettacoli di danza e concerti dal vivo, per una panoramica della diversità culturale attraverso le arti performative. Read the full article
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lamilanomagazine · 1 year
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Bari: Torna la Festa dei Popoli dal 26 al 28 maggio al giardino Princigalli
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Bari: Torna la Festa dei Popoli dal 26 al 28 maggio al giardino Princigalli. Universo Diverso è il tema scelto per la Festa dei Popoli 2023, in programma dal 26 al 28 maggio al giardino Princigalli. Da 18 anni la manifestazione celebra a Bari l’incontro tra popoli e culture, con musiche e danze dal mondo. La manifestazione, realizzata dal Centro Interculturale Abusuan e dai Missionari Comboniani con la collaborazione del Comune di Bari, della Regione Puglia e di un’importante rete di associazioni, comunità straniere e istituti scolastici, è stata presentata a Palazzo di Città, dalle assessore alle Culture, Ines Pierucci, e alle Politiche educative e giovanili, Paola Romano, dal missionario comboniano Padre Palmiro Mileto, dalla segretaria generale presso la Camera del lavoro metropolitano e provincia di Bari Gigia Bucci e dal presidente di Abusuan Taysir Hasan. Anche quest’anno la Festa dei Popoli promuove una serie di iniziative finalizzate ad attivare un percorso di ricerca che mira a riconoscere un universo di umanità “multiculturale” che si affida alla musica, alla danza e alle arti per un’evoluzione personale e di riconoscimento. Tra le novità di quest’edizione che, come di consueto, propone un ricco programma di danze, incontri, presentazioni, letture, laboratori, spettacoli e concerti, vi saranno il laboratorio musicale per le scuole condotto da Couliby Mamadou, artista del Burkina Faso, e una campagna di sensibilizzazione della donazione del sangue e del midollo, a cura dell’associazione Fratres, con l’obiettivo di coinvolgere i più giovani. “La Festa dei Popoli compie diciotto anni, e come amministrazione siamo ben felici di condividere con gli organizzatori questo traguardo - dichiara l’assessora alle Culture Ines Pierucci -. Si tratta della manifestazione che per prima ci ha spinti a guardare con occhi nuovi le comunità straniere presenti in città grazie a un appuntamento che, dal suo esordio, ha promosso l’incontro con le diverse culture e tradizioni e il valore di un’integrazione pacifica. Se oggi conosciamo e apprezziamo le musiche, le ricette, i racconti di Paesi lontani, se oggi abbiamo amici africani, palestinesi, armeni, slavi, sudamericani o indiani, è anche grazie al lavoro straordinario condotto dagli amici di Abusuan e dai Missionari Comboniani in questi anni. Un lavoro che ha reso la nostra città più accogliente e più aperta”. “La Festa dei Popoli - sostiene l’assessora alle Politiche educative e giovanili Paola Romano - rappresenta ogni anno uno straordinario momento educativo non solo per la partecipazione di tante scuole, sempre più numerose, ma soprattutto perché celebra la diversità delle culture che vivono e attraversano la nostra città arricchendola e proiettandola nel futuro. Specie per i più piccoli una manifestazione come questa costituisce un’esperienza formativa fondamentale, che li apre al mondo e alla bellezza della diversità”. “Teniamo particolarmente alla Festa dei Popoli - commenta l’assessora al Welfare Francesca Bottalico che non è potuta intervenire alla presentazione - perché rappresenta concretamente il processo di dialogo e costruzione coltivato quotidianamente dalle istituzioni, dalle varie comunità e dal territorio e che quest’anno assume una forte valenza, anche politica, alla luce del tentativo in atto di indebolire il sistema di protezione e accoglienza dei migranti. In questa direzione è più che mai importante sostenere e rilanciare quanto di straordinario accade nelle nostre città, come questo appuntamento, per il quale ringrazio Abusuan e i Comboniani che con grande tenacia e lungimiranza lavorano da sempre per promuovere conoscenza e inclusione”. “Da diciotto anni la Festa dei Popoli, simbolo di fratellanza e incontro tra genti e culture, è diventata patrimonio di Bari, città moderna ed europea che ogni giorno la politica e i cittadini contribuiscono a costruire pezzo dopo pezzo. Per questo - sottolinea Taysir Hasan, presidente di Abusuan - abbiamo deciso di intitolare l’edizione 2023 Universo Diverso, per affermare il percorso collettivo di umanità multiculturale che si rafforza attraverso la musica, la danza e l’arte in generale con una grande festa, aperta a tutti, nello splendido villaggio colorato allestito nei Giardini Princigalli”. Di seguito il programma completo della Festa dei Popoli: Festa dei Popoli 2023 prende il via venerdì 26 maggio, alle ore 18.30, nel giardino Princigalli, con una grande festa dedicata alle scuole con le esibizioni degli studenti dall’Istituto Comprensivo “Nicola Zingarelli-Anna Frank”, Scuola Secondaria “Tommaso Fiore”, Scuola “Amedeo D’Aosta”, CPIA Bari, Istituto comprensivo “Massari-Galilei”, S.S. “Riccardo Monterisi” di Bisceglie. A seguire danze indiane a cura dell’associazione Bollywood Bari e nell’area incontri racconto dell’esperienza della Fondazione, presieduta dal Premio Nobel per la Pace, Jody Willimas, nel campo dell’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo, attività per promuovere i diritti umani e la sostenibilità ambientale e sociale a cura della “Fondazione Città della pace per i bambini” - Basilicata. Sabato 27 maggio dalle ore 18.30 sono previste attività rivolte ai giovani in occasione Giornata della donazione del sangue e del midollo, a cura dell’associazione Fratres, e “Danze in cerchio dal mondo”, a cura dell’associazione “Alma Terra” di Mola di Bari. Nell’area incontri in programma “Cantastorie da tutto il mondo”, storie, leggende, tradizioni e folklore a cura di “Squola Senza Confini-Penny Wirton” di Bari, “Il profumo dei giacinti selvatici”, la presentazione del libro di Rosa Maria Vinci (Giacovelli - agosto 2021), a cura dell’associazione “Le Aquile di Seta” di Bari, con la moderazione di Anna Lattanzi, capo redattrice di “Albania Letteraria”. Esibizione finale del laboratorio musicale “Scuola ensemble”, a cura di Couliby Mamadou, con gli studenti dell’istituto comprensivo “Massari-Galilei”, Istituto Comprensivo “Nicola Zingarelli-Anna Frank” e Scuola Secondaria di primo grado a indirizzo musicale “Amedeo D’Aosta”. A seguire danze albanesi, a cura della comunità albanese e dell’associazione le Aquile di Seta, danze indiane, a cura dell’associazione Akshara, danze popolari albanesi di Meli Hajderaj, “Spoken Music”, a cura dell’Associazione la Casa sull’albero di Roma. A chiudere la serata musica e mondi sonori differenti con i concerti di Colpa Delay, Malva, Maltesi (tributo a Fabrizio De Andrè), Pimienta Sound e Fabula Rasa. Domenica 28 maggio dalle ore 18.30 “Danze in cerchio dal mondo”, a cura dell’associazione “ArtiDea cultura” di Bari, “Danze in cerchio dall’Ucraina”, a cura dell’associazione “Uniti per l’Ucraina” di Bari, e “Giochi dal mondo”, a cura dell’associazione “Circondario” di Bari (per ragazzi dai 9 ai 14 anni). Nell’area incontri “Racconti dal mare” con ascolto di podcast, letture e testimonianze di esperienze di viaggio vissute da donne e uomini partiti dai propri Paesi, a cura del “Gruppo Educhiamoci alla Pace” di Bari, “Contribuire alla trasformazione sociale”, con riflessioni e condivisioni per diventare protagonisti dello sviluppo della comunità a cura della “Comunità Baha’i” di Bari, “I giovani possono smuovere il mondo: l’educazione e l’Istituto di formazione”, con riflessioni sull’importanza dell’educazione nel lavoro di costruzione di comunità a cura della “Comunità Baha’i” di Bari, descrizione e presentazione del “Sikh turbante”, a cura dell’associazione Arshara, e il ciclo di letture “Promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne” e “ Chi educa una bambina educa un popolo”, a cura di Aps Gianni Ballerio Ets. Infine i concerti di “In.. Canti di Donne Odv”, opere teatrali e poesia a cura dell’associazione “Mali Kura” Bari, Dub Fever, Ctrl+Z, Tin, Quid, C.a.m.a-L.i.l.a., gruppo musicale Let’s Funk! Under the Disco, a cura di Aps Gianni Ballerio Et e Couliby Mamadou con il sassofonista Roberto Ottaviano.     ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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gregor-samsung · 2 years
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“ Principe partì in un bollente pomeriggio d'estate. In quel treno c'ero anche io. Era la vetturina delle Ferrovie del Sud Est — che noi chiamiamo «la Suddest» — strabordante di studenti in partenza per Bari, dove si andava a cercare un posto letto a buon prezzo per l'anno accademico che sarebbe iniziato a settembre. Giovanni fece finta di non vedermi seduto negli unici due divanetti di prima classe. Fu un «liscio» maldestro, ma umiliante. La Suddest non era una semplice ferrovia, era una scuola di pensiero, affrontare due ore per fare appena sessanta chilometri nascondeva ragioni sotterranee, quasi massoniche. La mia principale era quella di guardare, senza quasi mai far nulla per conoscerle, due splendide studentesse che salivano tra Locorotondo e Putignano e in particolare una ragazza dagli occhi neri di grafite, il naso squadrato con la punta d'un brillante e i tratti spigolosi come un Picasso. Era inusitata e bella, non ebbi mai il coraggio di avvicinarla e per tutti questi anni mi crogiolerò nel rimorso: l'attesa di vederla salire a Putignano con il suo golf blu ogni lunedì mattina, con sotto braccio le dispense di letteratura inglese e uno sguardo diffidente, è minuzia che nascondo nella soffitta delle nostalgie. La Suddest anni Novanta era un viaggio dentro il tempo. La campagna aveva i toni della calce color latte, scorreva come rapide diapositive: truffi levigati dal vento e filari d'uva immersi in macchie d'ulivi. Era una campagna disegnata come in un quadro impressionista, colori accesi e contorni indefiniti. Alberi di albicocche come gambe di donne, mandorli innevati dai germogli color tramonto e poi un enorme fusto di magnolie, poco dopo Castellana Grotte, sfavillante di petali rosa. Giovanni in quell'unico viaggio aveva la testa alzata e lo sguardo fisso nel vuoto, l'espressione più appropriata per non salutare nessuno. Andava a Bari, dove avrebbe cambiato treno per Modena e lì fare fortuna, dimenticare tutto e tutti, dimenticare il paese e i suoi maligni compagni di vita. “
Mario Desiati, Foto di classe, Laterza (collana Contromano), 2009¹; pp. 76-77.
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collettivovoci-blog · 6 years
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"è un Samurai..." Il brano è tratto da "Appunti per un naufragio" di Davide Enia.A leggerlo il grande Massimiliano Calamelli
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storytellingita · 7 years
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Alessandro Baricco legge "Furore" di J. Steinberg "Quando hai bisogno, quando stai male vai dalla povera gente, solo loro ti danno una mano, solo loro" #storytelling #narrazione #jsteinbeck #furore #migranti #letture #reading #piedmont #autori #americans #ig_piedemont #turin #torinolamiacittà (presso Mirafiori, Piemonte, Italy)
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paoloxl · 4 years
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Esiste una linea nazionale che accomuni le realtà conflittuali in tempi di contagio? Al di là delle letture, spesso ideologiche e consolatorie, della realtà quella che manca è proprio una visione complessiva che permetta di individuare obiettivi e pratiche comuni. I limiti appena descritti non riguardano solo le singole organizzazioni, non tutte ma quasi, o i coordinamenti che vorrebbero presentarsi dal basso quando poi sono frutto di realtà, magari piccole, organizzate e di quadri sindacali. Ben vengano i tentativi di ricomposizione reale che non siano tuttavia la ennesima iniziativa per portare acqua alle singole organizzazioni o per inseguire la retorica dell'unità quando poi materialmente si lavora alla divisione,  poi c'è chi pensa di andare ad assemblee e congressi nazionali per scindere l'atomo alla ricerca della purezza assoluta, incapaci di costruire perfino una lettura univoca e dare supporto alle realtà locali, per intenderci chi sui territori fa il vero sindacato a contatto ogni giorno con la forza lavoro. La coerenza non è mai abbastanza specie se ogni giorno strilli contro gli accordi sottoscritti da altri, quanti criticavano la sudditanza del sindacato alla politica oggi non sapendo piu' cosa dire per giustificare la propria presenza straparlano di assenza del soggetto politico. O se urli ai quattro venti che con certe organizzazioni non firmerai mai nulla salvo poi ritrovarti (magari a ragione una volta tanto) a sottoscrivere piattaforme. Insomma si naviga a vista cambiando pelle e analisi per auto assolversi e giustificare il proprio operato. Ma tutto ciò può bastare? Sicuramente no. Molti delegati\e raccontano di essere stati letteralmente abbandonati, basti ricordare dei lavoratori licenziati per avere violato i codici etici e di comportamento aziendali quando invece hanno solo denunciato l'assenza di dpi in azienda e il rischio concreto di ammalarsi e morire. I vari uffici legali potrebbero costruire una rete di supporto valida erga omnes ma invece si va in ordine sparso. Dietro a molti proclami di vittoria ci sta semplicemente la nostra impotenza, alcuni risultati importanti sono stati conquistati perché tutti, perfino settori confederali, hanno marciato nella medesima direzione guadagnando perfino il sostegno dei Consulenti del Lavoro come nel caso degli assegni familiari negati ai beneficiari del Fis. Ma a nessuno è venuto in mente che gli ammortizzatori sociali attuali poi sono gli stessi ridotti a brandelli dal Governo Renzi, anderebbero ripensati per una platea decisamente piu' ampia e in tempi dilatati rispetto agli attuali, dovremmo intervenire nel merito della questione costringendo le imprese a non ricorrere ai soldi pubblici per affrontare la riduzione della domanda quando poi dividono utili a più cifre tra gli azionisti. Ma sugli ammortizzatori sociali poco o nulla è stato fatto, si sono trovate (per fortuna) intese sul reddito di quarantena ma da qui a tradurre la proposta in iniziativa politica, sociale, sindacale e culturale corre grande differenza. Del resto perfino sul reddito di cittadinanza non siamo riusciti a dire qualcosa di significativo, sarebbe stato sufficiente proporre dei lavori socialmente utili con copertura previdenziale al posto del reddito decidendo in partenza interventi e opere necessarie per la cittadinanza e il settore pubblico. Ma anche nel caso del reddito non siamo usciti dalla vulgata liberista o l'abbiamo contrastata in termini ideologici con ideologie ormai avulse dal sentire comune. E tra qualche mese si scatenerà la guerra tra poveri con i settori più a rischio a rivendicare maggiore salario giudicando chi si è fermato o è finito a casa con gli ammortizzatori sociali una sorta di privilegiato. Un altro terreno dove misurare la nostra iniziativa dovrebbe essere quello dei buoni alimentari ma non siamo andati oltre comitati spontanei che vanno in cerca di cibo dai negozi per distribuirlo gratuitamente ai bisognosi (iniziativa importante ovviamente) o alla critica verso i criteri decisi dai singoli Comuni funzionali a favorire qualche area sociale a discapito di altre. Ad esempio alcuni Enti locali di centro destra hanno inserito criteri a favore dei lavoratori autonomi, altri invece hanno fatto prevalere il rapporto tra entrate in famiglia e il numero dei componenti per strizzare l'occhio alla Chiesa cattolica e alle famiglie numerose. Sui buoni alimentari abbiamo perso l'occasione di entrare nel merito di cosa sia oggi la povertà e degli interventi necessari per contrastarla, chi siano i nuovi poveri e dove si trovano, non ci risulta poi che le amministrazioni locali abbiano ripensato il lavoro, ad esempio favorendo progetti e servizi nuovi in smart working o recuperando le mense scolastiche come supporto reale per la consegna di pasti caldo a domicilio. È poi mancata una iniziativa comune nelle aziende e fabbriche aperte anche nei momenti più drammatici del contagio, gli scioperi sono stati locali e spontanei, per lo più ove non corre l'obbligo dei servizi minimi essenziali. Ma una piattaforma comune e trasversale, unità minima di intenti, sarebbero stati indispensabili per non abbandonare le singole Rsu ad un confronto impari con i datori di lavoro. Perfino sulla regolarizzazione dei migranti in agricoltura non c'è stata l'iniziativa necessaria, eppure l'esempio del Portogallo dovrebbe indurre ad alcune riflessioni. E infine sulla fase due del contagio, la cosiddetta ricostruzione che vedrà a capo della task force un manager, qualche idea di come affrontare il nemico di classe dovremmo pur averla senza far finta che nulla sia cambiato da fine 2019. Tra poche settimane ci ritroveremo con aziende e realtà aperte e andare in ordine sparso senza neppure alcune idee comuni non sarà di aiuto a quanto resta delle aree sindacali, sociali e politiche conflittuali. Se cogliamo noi, dalla periferia, i limiti e le contraddizioni, immaginiamoci quale potrà essere la reazione delle classi subalterne che vengono da anni di ubriacatura liberista e al di là della retorica generica dell'unità non sono da anni abituati a ragionare e ad agire insieme. Qualcosa possiamo fare ma serve un cambio di passo e di cultura politico sindacale. E qui iniziano le vere difficoltà, è inutile nascondere la testa sulla sabbia o fare fughe in avanti, la realtà, bella o brutta che sia, va sempre compresa ed affrontata.
BLOG delegati e lavoratori indipendenti Pisa
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pleaseanotherbook · 4 years
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#BlackLivesMatter: un mio punto di partenza informativo
Sono giorni difficili questi, giorni che ci sbattono di nuovo sotto gli occhi le fragilità del nostro sistema socio-economico, giorni che ci impongono di essere più vigilanti che mai. Non siamo nuovi ad episodi di razzismo estremo eppure l’omicidio di George Floyd avvenuto lo scorso 25 maggio a Minneapolis durante un arresto violento, ha messo in luce ancora una volta come nessuno dei nostri paesi sia immune al potere esercitato nei confronti di comunità più svantaggiate, più deboli, oppresse, non capite. Le immagini delle proteste che imperversano per le strade di molte città americane fanno il giro del mondo, contrastate da un Presidente, Trump, che sembra non avere nessun tipo di scrupolo, ma i cittadini protestano a sostegno della campagna che sta facendo ancora una volta il giro del mondo “Black Lives Matter”.  Black Lives Matter (BLM, letteralmente "le vite nere contano") è un movimento attivista internazionale, impegnato nella lotta contro il razzismo, perpetuato a livello socio-politico, verso le persone nere. È stato fondato nel 2013 dopo l’assoluzione di George Zimmerman che ha sparato al diciassettenne afroamericano Trayvon Martin il 26 febbraio 2012. Negli ultimi anni il movimento è sempre intervenuto a sostegno di episodi di violenza e non solo perpetrati contro le comunità più colpite e discriminate.
Nel frattempo, a Washington DC, sono state spente tutte le luci della Casa Bianca, sembra ci sia stato un blackout delle comunicazioni e nessuna notizia/video è stato fatto uscire da Washington. E non si sa ancora nulla su quello che sta succedendo nella capitale americana. Vi lascio le tendenze di Twitter da cui sto cercando di reperire informazioni al momento.
Anche qui da noi non ci risparmiamo e anche se non se ne parla non è vero che non esiste. In Puglia, nel foggiano, imperversano le proteste dei braccianti per la raccolta dei pomodori e non solo. I migranti, uomini arrivati qui in cerca di fortuna e a cui in pochissimi pensano, lavorano ore e ore al giorno senza diritti e senza tutele. E non se ne parla abbastanza.
Più cerco di informarmi su queste questioni, più mi sento piccola e insignificante e più mi chiedo cosa possiamo fare noi nel concreto, noi che queste lotte non le viviamo direttamente sulla pelle, ma che indirettamente le viviamo tutte. Che cosa possiamo fare concretamente per essere d’aiuto? La prima cosa che mi è venuta in mente è naturalmente essere informati dei fatti, leggere, guardare, approfondire notizie, eventi, quello che insomma succede nel mondo. Sembra di dover fare la caccia al tesoro a volte per reperire le notizie, ma cercare giornali e/o notiziari che ci sembrano affidabili e uscire dalla confort zone dovrebbero essere un passo necessario. Più siamo consapevoli dei problemi più riusciamo a non essere impotenti perché non siamo a conoscenza dell’argomento. E poi fare da cassa di risonanza a chi di quelle questioni ne sa più di noi. Io mi rendo perfettamente conto che non se so abbastanza, che tutto questo post sembra un accumulo di nozioni scomposte e che non servono a niente. C’è gente che muore ogni giorno, è vero, però secondo me combattere la disinformazione può essere un buon modo per contrastare il razzismo dilagante che accompagna le nostre vite. Fare da rete di protezione nei confronti dei più deboli non è mai un gesto errato. Allungare una mano fa sempre bene. Donare alle famiglie in difficoltà, nei limiti del possibile, aderire a campagne, è importante, ce ne sono diverse in giro per il web, qui potete trovarne alcune raccolte.
Nello specifico in questo post del tutto sconclusionato volevo mettere un po’ di spunti su materiale da leggere che può essere interessante da recuperare. Un punto come un altro da cui partire, non ho nessuna verità in tasca, anzi, solo tanta voglia di fare qualcosa, anche se completamente impotente. L’idea è creare una lista di letture interessanti che trattano tematiche legate alla comunità nera e al razzismo, per capire meglio le problematiche che hanno affrontato o affrontano. Letture che io non ho ancora iniziato ma che vorrei prendere in mano per approfondire un tema che per me è importante. Questo non vuole che essere un punto di inizio, non smettiamo mai di studiare e cercare di comprendere meglio ciò che è distante da noi, più comprendiamo più riusciamo ad essere d’aiuto.
- Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie: la Adichie è una donna nigeriana che vive in America e in questo libro racconta la storia di Ifemelu che dal suo paese di origine si ritrova catapultata in America e deve fare i conti con ogni aspetto di sé.
- The Hate U Give di Angie Thomas (esiste anche la trasposizione cinematografica Il coraggio della verità): la protagonista di questo romanzo Starr vive a cavallo tra il perbenismo americano di una scuola prestigiosa e il quartiere malfamato e deve fare i conti con l’uccisione del suo migliore amico per mano della polizia.
- When They Call You A Terrorist: A Black Lives Matter Memoir di Patrisse Khan-Cullors e Asha Bandele: racconta la nascita del movimento Black Lives Matter. Non ho trovato traduzioni in italiano.
- Why I’m No Longer Talking to White People About Race di Reni Eddo-Lodge: Una raccolta di saggi nata dalla frustrazione provata nei confronti delle conversazioni su temi razziali, anche di questo non ho trovato la traduzione in italiano.
- La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead: «La ferrovia sotterranea» è il nome con cui si indica, nella storia degli Stati Uniti, la rete clandestina di militanti antischiavisti che nell’Ottocento aiutava i neri a fuggire dal Sud agli stati liberi del Nord. In questo la trasforma in una vera e propria linea ferroviaria operante in segreto, nel sottosuolo, grazie a macchinisti e capistazione abolizionisti.
- Il buio oltre la siepe di Harper Lee: Atticus Finch è incaricato della difesa d’ufficio di un afroamericano accusato di aver stuprato una ragazza bianca. Riuscirà a dimostrarne l’innocenza, ma questo non basta a salvarlo dalla popolazione che non lo accetta, perché ha la pelle di un colore diverso.
- Uomo invisibile di Ralph Ellison: la definizione della condizione di un intero gruppo, non solo un uomo.
- L'origine degli altri di Toni Morrison: Che cosa è la razza, e perché le diamo tanta importanza? Che cosa spinge gli esseri umani a costruire «un altro» da cui differenziarsi? Perché il colore della pelle ha avuto nella storia un peso così negativo? Perché la presenza dell'altro da noi ci fa così paura?
- Citizen: una lirica americana di Claudia Rankine: venire immersi completamente in cosa significa razzismo.
- Non dimenticare chi sei di Yaa Gyasi: quanto forti sono i legami di sangue? Una storia sulle infinite strade che può percorrere il destino. Una storia sulla ricerca delle proprie radici. Una storia sull’amore che dà il coraggio di trovare risposte. Perché il futuro nasce dal passato. E solo conoscendo le nostre origini possiamo incamminarci verso il nuovo giorno.
 Se avete altri libri da tenere in considerazione e avete voglia di suggerirmeli mi farebbe molto piacere e li aggiungerò alla lista. Uniti siamo sempre più forti.
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viaggiatricepigra · 5 years
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Opinione: Libia, di Francesca Mannocchi e Gianluca Costantini
Un reportage a fumetti che dà notizia di una Libia diversa da quella dei telegiornali e dei post sui social. È la Libia dei libici, la Libia delle code fuori dalle banche per procurarsi una moneta che non ha più valore. La Libia dei ragazzi che hanno combattuto il regime di Gheddafi e ora lo rimpiangono.
«Un’opera di graphic journalism che dà voce a chi vive una realtà dilaniata dalla guerra, segnata da ricatti e abusi quotidiani» – Robinson
Da circa un decennio la questione libica divide profondamente l'opinione pubblica italiana. Da un lato chi è stato favorevole all'intervento armato nel 2011, dall'altro i contrari. Da un lato – soprattutto – chi pensa che il flusso dei migranti verso le nostre coste vada fermato con ogni mezzo, e che i centri di detenzione "legali" e illegali in Libia siano una soluzione, dall'altro chi ritiene che i migranti imprigionati in Libia abbiano il diritto di fuggire ed essere salvati da trafficanti e sfruttatori. Bianco o nero; pieno o vuoto; tutto o niente. Ma come sempre la realtà è più complessa. Occorre conoscerla. Questo volume dà notizia di una Libia diversa da quella dei telegiornali e dei post sui social. È la Libia dei libici, la Libia delle code fuori dalle banche per procurarsi una moneta che non ha più valore. La Libia dei ragazzi che hanno combattuto il regime di Gheddafi e ora lo rimpiangono perché almeno, "quando c'era lui", si sentivano sicuri; e non mancavano soldi, corrente elettrica, benzina. La Libia delle madri ferme alla finestra in attesa di figli che non torneranno. La Libia degli anziani che hanno attraversato decenni di dittatura e si guardano sempre le spalle. La Libia della gente comune che subisce ogni giorno ricatti dei militari, abusi, rapimenti, e vive perennemente nel terrore.
È davvero difficile mettersi davanti al pc e riuscire a scrivere qualcosa su questa Graphic Novel, anche perché smuove rabbia. Non verso di "loro", ma verso di "noi", in particolare verso chi si prende diritto di parola davanti una delle situazioni più assurde e drammatiche (e complesse) degli ultimi anni, con la faccia tosta di criticare sempre e solo i più deboli. Perché è più facile, ammettiamolo. Informarsi e prendersela con chi ha creato tutto questo, è davvero troppo per queste "persone".  Questo insieme di storie si legge in pochissimo, ma lascia dentro dubbi e domande che vanno oltre quelle pagine, già comunque ricche e che riescono ad instillare molte cose diverse ad una semplice e veloce lettura. Chi ne sa qualcosa, si troverà ad approfondire qualche argomento. Chi, non avendo mai avuto tempo e/o voglia di scavare per trovare la verità fra mille testate "giornalistiche", potrà scoprire ancora di più ed iniziare ad avere un occhio più critico, per distinguere realtà da...altro. In linea molto generale, sappiamo dove si trova la Libia. Cosa succede lì.  Banalmente, tutti noi italiani, sappiamo che è legata ai clandestini. Ai barconi che affrontano il mare. Gente disperata che rischia la vita per una speranza, un sogno. C'è chi li definisce così, come (ahimè) ci sono molti che indirizzano solo odio verso queste persone che hanno avuto la sfortuna di esser nati lì.  Perché è sfortuna, nessuno può scegliere. Se ne parla spesso e di nuovo aggiungo un enorme purtroppo, poiché c'è tantissima disinformazione intorno alla vicenda mentre viene raccontata. Si strumentalizzano le persone, indirizzando un enorme odio senza motivo che parte dalla politica più becera che sfrutta ignoranza e che scende fino al cittadino (analfabeta) comune. Si, analfabeta, perché (per mia esperienza) crede ad ogni bufala e prova un risentimento assurdo, senza però aver mai riflettuto sul perché odia "loro" e non altri.  Anche se non gli cambia molto. L'importante è odiare. Chi, non importa.  Non migliora la loro vita, ma non comprendono.  Sto divagando, scusate... Si divide in sei racconti.  Parte dal massacro di Abu Salim (1996). Nasce tutto da una rivolta carceraria, dove i prigionieri chiedevano il cambiamento della situazione disumana in cui erano costretti a vivere. Ci fu un breve negoziato, che però non andò a buon fine. Seppur i carcerati tornarono nelle loro celle volontariamente, vennero poi mandati in un cortile ed ammazzati a colpi d'arma da fuoco. 1270 morti. Solo molto più tardi si scoprì tutto. (Mai pretese indagini. Mai avuta giustizia). Ci parla di questo uno dei sopravvissuti, rinchiuso per più di vent'anni, solo per aver avuto una fede diversa. Attraverso i suoi occhi vediamo la vergogna, la voglia di dimenticare, quasi di lasciarsi sopraffare purché con ciò possa esser lasciato in pace. La rassegnazione (e distruzione) di un uomo. Come tanti altri.  Si passa ad accennare alle migrazioni, finendo in un centro di detenzione.  Era il 2014 ed erano "ospitate" 1200 persone a Zwiya, dove Francesca riesce ad entrare e ce ne parla.  Condizioni disumane, sovraffollamento, niente cibo né aria,...e tanta puzza. La giornalista fa una riflessione estremamente potente partendo da questo dettaglio:
Ma come si fa? 
In un gesto a dire loro: Tu puzzi.
Perché le consigliano di mettere una mascherina per coprire l'odore, ma lei ne è inorridita. Gente che scappa dalla fame, dalla guerra, dal terrorismo,...arrestata senza motivo e rinchiusa in un posto del genere, senza dignità ne rispetto. Una mascherina sarebbe l'ennesimo affronto.  E ci introduce ad uno dei problemi centrali della Libia: le forze armate. Che torneranno più avanti.  Si passa a parlare del traffico di esseri umani. Di come la Guardia Costiera di Garabulli (sessanta chilometri ad est di Tripoli), dove moltissimi barconi partono, non ha nessun mezzo né per fermare, né per aiutare chi parte. Vediamo la drammaticità di uno Stato a cui non importa. Vediamo le forze armate che minacciano chi tenta di fermare e/o soccorrere, perché il traffico di esseri umani porta loro soldi. Scopriamo un pezzetto in più riguardo la rete che mette insieme la gente, organizza i viaggi, e manda in mare i disperati. Una catena difficile da spezzare.  Si parla della figura dello scafista. Che non esiste. Chi organizza questi viaggi sa benissimo cosa rischia e non mette la sua vita in pericolo. "Addestra" una delle persone che salirà a bordo e stop.  Gente che non si sente colpevole, perché è così che ha scelto di vivere. Attribuendo colpa ai nostri governi che non guardano, perché non fa comodo.  Un indifferenza generale che fa rabbrividire.  Ci viene presentata Wered, una ragazzina di sedici anni, eritrea, poverissima, a cui la famiglia da i soldi per andarsene, per lasciare l'Africa e poterli aiutare economicamente. E lei parte. Affronta il deserto, sofferenze atroci, un viaggio terribile. E finisce nelle mani dell'ISIS. Violenza e soprusi. Liberata dai libici, torna in carcere. Vuole uscire, ma non ha dove andare. L'unica via sarà il mare, sperando di non morire.  Viene mostrata parzialmente la condizione delle donne, prigioniere di guerra e strumenti di sfogo per i carcerieri. Di come lo stupro stia tornando come metodo punitivo verso avversarie e/o prigioniere (già affrontato in alcuni articoli quando si parla delle donne Curde che combattono l'ISIS).  Si parla di soldi. Di come uno Stato ricchissimo, abbia in realtà pochissimo denaro per i cittadini. Spesso minacciati dalle milizie, che "chiedono" una parte dei soldi per poter velocizzare i prelievi alle banche.  Qui viene affrontato e spiegato, almeno in parte, questo problema che è un po' il fulcro di tutto.  Senza un Governo forte abbastanza da distruggere le milizie, hanno preso il controllo e nessuno vuole fermarle. E fra i cittadini non c'è voglia di ribellarsi, visto che dall'ultima volta che lo hanno fatto la situazione è precipitata e si chiedono se possa ancora andare peggio.  Un tema delicato e davvero complicato, che non ho proprio la facoltà di saper riassumere.  E per ultimo si torna a riaffrontare la vergogna di chi ormai ha abbassato la testa. La rassegnazione che ha avvolto molti fra quelli che si erano ribellati e che non sono riusciti a trasmettere questa voglia di libertà ai figli. Per paura e rassegnazione, un misto che non può che far riflettere chi legge: 
se fossimo noi al loro posto?
Ed in un certo senso, "lo siamo". Sicuramente non abbiamo milizie armate fuori dalle porte, ma abbiamo già gente che inneggia alla violenza quotidianamente su troppi fronti per citarli brevemente, che la usa come metodo per affrontare i problemi, che distrugge il "nemico" quando questo vuole solo giustizia. Che pretende di avere ragione e alza il pugno per ottenerla, spesso solo in casa o verso i deboli, e/o fa gruppo ed assalisce in massa l'avversario, perché la frustrazione viene da chi poi non sa affrontare nessuno nella vita comune in modo civile e maturo. Qualunque siano le sue idee.  Siamo anche noi parte del problema.  Siamo stati zitti troppo a lungo. Siamo anestetizzati alla violenza.  Siamo stati "educati" a guardare chi sono vittima e carnefice, prima di emettere opinione.  Siamo circondati da bestie che esultano quando muore della gente innocente.  Siamo in un paese di incivili ed ignoranti, che continuano ad aumentare e credere che il numero sia indice di aver l'idea giusta.  Sarà banale, ma possiamo nel nostro piccolo cambiare le cose anche solamente informandoci e diffondendo le notizie corrette.  Questo è un piccolo volume, ma può fare tanto.  Semplice, ben creato e con idee interessanti da analizzare, permette di capire almeno "qualcosa" per iniziare a spiegarlo a chi vorrà ascoltare. O per tentare di spiegarlo a chi crede di aver l'unica verità in tasca, ma (ahimè) ennesimi articoli "clickbait".  Se vi incuriosisce, compratelo!  Se vi va, fatemi sapere se lo avete letto o pensate di farlo.  Se conoscete altre letture per approfondire il tema (leggère, non riesco proprio a star dietro a saggi; più forte di me e me ne vergogno). O semplicemente se vi va di parlarne... Scrivetemi pure.  from Blogger https://ift.tt/2u3eRCA via IFTTT
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naturalistadibordo · 5 years
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Letture estive per crescere. Oggi San Cristoforo sposerebbe la causa di Carola e di chi salva migranti in mare.
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fotopadova · 5 years
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”Riaperture 2019” a Ferrara
di Cristina Sartorello
 --- Si parla del “Futuro” a Ferrara per due weekend il 29, 30, 31 marzo e il 5, 6, 7 aprile 2019 dalle ore 10 alle 19, dove la fotografia riapre gli spazi chiusi della città: questo è lo scopo della edizione 2019 di “Riaperture” Photofestival a Ferrara che porta le immagini in luoghi abbandonati.
Le fotografie sono esposte in otto spazi facilmente raggiungibili a piedi situati in centro città e ben collegati tra loro con la ben fatta brochure esplicativa ed il foglio mappa degli eventi.
Si parte dalla “Factory Grisù”, ex Caserma dei Vigili del Fuoco in Via Poledrelli 21, zona stazione ferroviaria, dove troviamo la buona e già conosciuta mostra in bianco e nero  “Venezia e le Grandi Navi” di Gianni Berengo Gardin  in cui la città lagunare rischia di diventare “un giocattolo, uno di quei  suoi cloni in cartapesta come a Las Vegas”, travolta dal turismo di massa, negli scatti di Berengo che ti portano le navi da crociera ad un cm dal naso, come con un grandangolo spinto, ma non è una distorsione ottica sono loro dei grandi mostri.
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                                                                    ©Gianni Berengo Gardin
Inoltre lì sono esposti il lavoro “Solo” di Marika Puicher, un progetto sul rapporto affettivo di due giovani ragazze a Casablanca, dove l’omosessualità è proibita, poi  “Futuri prossimi” un interessante laboratorio di 15 persone partecipanti, tra cui cittadini residenti a Ferrara e migranti provenienti da tutto il mondo, con nove fotografie ciascuno più il loro autoritratto, con scatti della loro casa, del lavoro, dei loro documenti, delle loro passioni, della famiglia e di come pensino il loro futuro.
Invece il Concorso fotografico Futuro ha visto vincitrice Claudia Corrent con il progetto “Per te, per ricordarti spesso” e Lorenzo Mini per la foto singola “Amarcord”; al Factory Grisù sono esposti i primi tre premiati, con lavori estremamente interessanti, innovativi, non fotocopie di progetti già visti, selezionati da una giuria presieduta da Francesco Cito.
A Palazzo Prosperi-Sacrati in Corso Ercole I d’Este, 23 di fronte al Palazzo dei Diamanti, che ha una straordinaria scala interna ed un loggiato creato da Biagio Rossetti, purtroppo in condizioni di degrado, è esposta la mostra “How far is a lightyear? del giovane autore austriaco Simon Lehner premiato a Paris Photo 2018, che ha visto per la prima volta suo padre nel 2005 all’età di nove anni ed allora la prima cosa che gli ha chiesto è stata: “quanto dura un anno luce?  Un lavoro di ricerca interiore davvero ben fatto.
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                                                                               ©Simon Lehner
Lì vicino in corso Porta Mare, 9 a Palazzo Massari, sede del Museo Boldini, chiuso per restauro dopo il sisma del 2012, ora sono esposte due mostre: “Alps” di Ettore Moni, sulla situazione delle nostre montagne invase dal turismo, con esasperata antropizzazione che porta ad una alterazione drammatica del paesaggio, e Mattia Balsamini con “Risorse disponibili”, un progetto di decomposizione di ricordi sul lavoro, sul futuro delle nuove tecnologie, che parte dai ricordi di un bambino.
Nella Salumaia dell’Hotel Duchessa Isabella, situata in via Palestro 10 è visibile il buon lavoro “Sex Robots” della fotografa messicana Tania Franco Klein, commissionato dal New York Magazine, sugli oggetti sessuali artificiali per creare soddisfazioni corporee; il progetto è buono assai e pertinente al tema del festival, purtroppo esposto in un luogo buio e decisamente slegato con le locations delle altre mostre.
Sempre in centro in via Garibaldi, 3 in un negozio ex sede di attività commerciale, troviamo le fotografie di Claudio Majorana in “The lost generation”, un lavoro realizzato per un’inchiesta di Repubblica sui “Neet”, cioè giovani non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione, un viaggio in un limbo di sensazioni: tutti gli scatti sono in bn in un tempo che gira a vuoto, mandando un messaggio durissimo.
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                                                                            ©Claudio Majorana
Spostandoci verso sud est si arriva in via Cisterna del Follo, 10 dove si è riaperta la caserma 'Pozzuolo del Friuli, enorme edificio nel centro della città, inaugurata nel 1930 e chiusa dal 1997. Gli spazi della caserma, e la cavallerizza, ospitano alcune mostre e la seconda biglietteria del festival. È la novità dei luoghi della terza edizione, è il futuro che con la fotografia si riaccende, anche solo per sei giorni all'anno.
In questa sede la fa da padrone Francesco Cito con l’ottimo lavoro “Il muro di Israele”, scatti in bn che raccontano la barriera difensiva che divide Israele ed i territori palestinesi, un muro che è stato eretto per acquisire altro territorio oltre il confine, 13 km al di là, per cui non ci sono più strade, ma percorsi alternativi che durano ore, non scuole o ospedali, infiniti controlli per passare da una parte all’altra del muro, però non ci sono più kamikaze.
Francesco Cito mi ha detto che ha un certo amore per quel territorio sia Israele che Palestina, ma per lui la cosa peggiore sono tutte le religioni;   mi ha raccontato che mentre faceva gli scatti lì, ha sempre spiegato cosa stesse facendo ed ha fatto due mostre in Palestina.
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                                                                              ©Francesco Cito
Un’altra buona esposizione è quella di Fabio Sgroi “Post Euphoria. Post Europa” un viaggio iniziato più di venti anni fa in quattordici paesi dell’Europa dell’Est, rigorosamente a pellicola in bn; mentre il percorso “Getting closer, becoming mother” di Elinor Carucci dal 1993 al 2012 è noioso e poco pertinente, con grandi foto personali, autoritratti che non ti coinvolgono e lasciano il tempo che trovano e per me devono essere rigorosamente private, non sono di pubblico dominio.
Eugenio Grosso ci propone “Kurdistan memories” un interessante progetto a colori di questo giovane fotografo che ha viaggiato per sei mesi in Iraq nelle aree abitate dalla popolazione curda, effettuando un ben riuscito reportage; mentre Zoe Paterniani con “Discovery” ci porta in Medio Oriente con fotografie sovrapposte, che si possono sollevare.
Interessante il lavoro fatto dagli studenti del Liceo Artistico Dosso Dossi di Ferrara con cinque scatti per un futuro possibile, alla ricerca di una città in divenire per tredici alunni che restituiscono il loro viaggio futuro.
Attraversando l’area scoperta dietro alla Caserma si arriva alla Cavallerizza “Pozzuolo del Friuli”, in via Scandiana, 18 un immenso capannone in stile liberty dove è esposta la particolare mostra “Sentinelle” di Claudia Gori, vincitrice del premio Voglino 2018 come miglior portfolio proprio con questo progetto, in cui la fotografa dà voce a persone che soffrono di ipersensibilità ai campi magnetici, circa il tre per cento della popolazione mondiale, con grandi fotografie a colori di forte impatto emotivo ed un accompagnamento sonoro decisamente ingombrante.
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                                                                            ©Claudia Gori
E per finire in bellezza la mostra nel centro di Ferrara “Displacement”, 10 anni dopo L'Aquila in un abbraccio che da Ferrara arriva a L'Aquila, due città unite da ricordi comuni: un sisma, lo spaesamento innescato, la mostra con fotografie di Giovanni Cocco e i testi di Caterina Serra, con teli cerati sospesi in via Garibaldi, ben inseriti nel contesto delle case in cotto, che racconta come hanno vissuto il post terremoto cittadini della capitale abruzzese, perché c'è ancora bisogno di chiedersi, quale sia il peso dei cittadini sulle città che abitano, per accorgersi di quanto gli abitanti abbiano sempre meno a che fare con i luoghi che li ospitano. “Nel cielo del centro storico di Ferrara, fino al 28 aprile, ci sono persone, anime, vite scosse che vogliono” solo riconoscersi, finalmente, dopo dieci anni di spaesamento: ascoltiamole”.
Inoltre gli ospiti di Riaperture 2019: Gianni Berengo Gardin, Francesco Cito, Francesco Zizola ed altri ancora, il Caffè con gli autori, altra novità del festival negli hotel della città al sabato e la domenica alle ore 10, appuntamento davanti a una tazza di caffè, per dialogare con i fotografi e ospiti di Riaperture. Prenderanno un caffè:  Fabio Sgroi, Zoe Paterniani, Marta Viola, Francesco Zizola, TerraProject, Eugenio Grosso ed Edicola 518.
Ecco le letture portfolio di Riaperture Photofestival Ferrara 2019: Francesco Zizola (World Press Photo), Claudia Gori (Premio Voglino 2018), Silvia Taletti (Art Director gruppo editoriale Sprea), Giada Storelli (redattrice Il Fotografo), Rocco Rorandelli (TerraProject), Teodora Malavenda – Yourpictureditor (photo consultant e curatrice).
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Per informazioni: https://riaperture.com -  [email protected]
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agathaandrea · 3 years
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Segnalazione: Storia di un numero di Davide Rossi
Segnalazione: Storia di un numero di Davide Rossi
Ciaso, oggi vi segnalo un libro che si sviluppa in Africa e parla del viaggio di un migrante attraverso le rotte dei trafficanti, alla ricerca di una nuova possibilità di esistenza. Buona lettura 🙂 Storia di un numero Scheda libro Titolo:      Storia di un numero Autore:    Davide Rossi                                                  Genere:        …
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lamilanomagazine · 2 years
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Verona, eventi per i 150 anni dalla nascita di Berto Barbarani
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Verona, eventi per i 150 anni dalla nascita di Berto Barbarani. Mostre, incontri, docufilm. Verona ha scelto di festeggiare così, fino al 4 dicembre, i 150 anni dalla nascita di Berto Barbarani. È grande l'affetto che lega i veronesi al Cantore che, attraverso la sua poesia, ha saputo dare voce, tra il 1800 e 1900, a speranze, gioie e sofferenze del popolo veronese, descrivendo con versi indimenticabili gli angoli più suggestivi dell’amata città.   Ampio il programma di iniziative per ricordarlo, con appuntamenti rivolti a tutta la cittadinanza, organizzati in luoghi e con modalità diverse. Si va dalla mostra fotografica online dedicata a ‘Berto a colori’, all’incontro in sala Farinati alla Biblioteca civica "I va in Merica. Berto Barbarani, il cantore dei nostri migranti", con la partecipazione di Gian Antonio Stella, giornalista Corriere della Sera.   La manifestazione è stata presentata questa mattina dalle assessore alla Cultura Marta Ugolini e alle Politiche educative Elisa La Paglia. Presenti la dirigente ad interim delle Biblioteche civiche Margherita Bolla, per larenadomila.it e Comitato di San Rocco Andrea Toffaletti, per la Band di folk dilettante Semi Acustici Alberto Fogli e per "Voria cantar Berto" Mauro Dal Fior.   "Berto Barbarani è un vero monumento della città e della cultura" – spiega l’assessora Ugolini – "Per celebrarne degnamente il 150° anniversario dalla nascita, che cade il prossimo 3 dicembre, in città si è lavorato in molte direzioni, coinvolgendo e mettendo in rete fra loro associazioni diverse. Grazie a questo lavoro abbiamo creato un palinsesto di eventi che comprendono, oltre a mostre, letture e conversazione, anche spettacoli e visite alla scoperta dei luoghi legati al poeta".   "Un programma frutto delle sinergie" – sottolinea l’assessora La Paglia –" È grazie alla rete del Patto della Lettura che è stato possibile realizzare un calendario cosi fitto di eventi. In collaborazione con l’Assessorato alla Cultura è stata portata avanti l’idea di condividere questo anniversario con tutte le altre realtà culturali della città, che avrebbero comunque fatto attività per la speciale ricorrenza. Questa iniziativa vuole avere una dimensione corale, per aprirsi e coinvolgere tutta la città".   Programma iniziative. Mercoledì 30 novembre: alle ore 16 - Centro Servizi Città di Verona, via Anselmi, 7 - San Massimo, "Voce a Berto Barbarani Letture e interpretazione dei versi del poeta" a cura de Il Circolo dei Lettori di Verona. Alle 21, evento online "Berto a colori Inaugurazione della mostra fotografica online” a cura di Andrea Toffaletti - www.larenadomila.it.   Venerdì 2 dicembre: alle ore 20.57 - San Rocco, sala Rettore, via San Rocco n. 3 Quinzano La conferenza a cura di Andrea Toffaletti "BERTO 150, curiosità nella poesia barbaraniana", nell’ambito del calendario culturale del Comitato San Rocco 2022-2023. Alle ore 2 al Teatro Modus, piazzetta Orti di Spagna (ingresso via Re Pipino, 3) il docufilm ‘Il poeta di Verona: la vita di Berto Barbarani” di Anna Lerario, con Antonio Casella e Andrea Castelletti.   Sabato 3 dicembre: alle ore 10 alla Biblioteca Civica di Verona, Protomoteca inaugurazione della mostra documentaria "Barbarani 150. Berto Barbarani e la Verona dei suoi tempi (1872-1945)" a cura di Giovanni Piccirilli. Alle 11 alla Biblioteca Civica di Verona, sala Farinati "I va in Merica". Berto Barbarani, il cantore dei nostri migranti. Conversazione con Gian Antonio Stella, giornalista Corriere della Sera. Alle ore 14.30, iniziativa ‘A spasso con Berto’ visista guidata gratuita nel quartiere di San Zeno. Su prenotazione a cura del C.T.G. La Fenice e di Andrea Toffaletti. A seguire, omaggio poetico a cura di Alverio Merlo e Andrea Toffaletti. [email protected] o [email protected] Alle ore 16.15 alla Soc. Coop. Al Calmiere, vicolo Broglio 3, la conferenza "Berto 150, la vita" a cura di Andrea Toffaletti. L'iniziativa è inserita nelle attività del Patto di Verona per la Lettura - Verona città che legge. Alle ore 21, al Teatro Modus, piazzetta Orti di Spagna (ingresso via Re Pipino, 3) il recital "Voria cantar...Berto!" di Mauro Dal Fior con Claudio Moro e Giuliana Bergamaschi.   Domenica 4 dicembre alle ore 18.30 al Teatro Ss. Trinità, il Concerto della band di folk dialettale Semi Acustici "I 150 anni di Berto Barbarani".  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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gregor-samsung · 2 years
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Roberto Saviano e Asaf Hanuka, Sono ancora vivo, Bao Publishing, 2021.
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collettivovoci-blog · 6 years
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Neonbible legge "Migranti, i racconti dei viaggi estenuanti". Il brano è “Meglio morire una sola volta che tutti i giorni” di Enrico Fierro e Lucio Musolino
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In ogni parte del globo, le persone si spostano più o meno per le stesse ragioni di carattere economico, che sono fonte di profitto per una ristretta minoranza e di impoverimento per una grande maggioranza. Ovunque, il sovrappopolamento che ne consegue, accresce gli stessi problemi: la precarietà, la povertà, le epidemie, la violenza. Al momento di entrare nel terzo millennio, ho voluto mostrare le persone “in cammino” e rendere omaggio alla loro volontà di inserirsi, al loro coraggio nell’affrontare lo sradicamento, alla loro incredibile capacità di adattarsi in situazioni spesso molto difficili. Ho voluto mostrare che tutti contribuiscono con il loro spirito d’iniziativa e la ricchezza delle loro differenze. Agli albori del XXI secolo, ho cercato di far comprendere la necessità di rifondare la famiglia umana sulla base della solidarietà e della condivisione.
Dalla mia Terra alla Terra, di Sebastiao Salgado
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