#leggenda della maledizione
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pier-carlo-universe · 24 days ago
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La Maledizione di Fossosecco di Corrado Peli: Un Mystery Avvincente tra Storia e Fantasmi. Recensione di Alessandria today
Il primo capitolo della serie La Balotta dei Tramonti esplora i segreti oscuri di un piccolo paese di provincia
Il primo capitolo della serie La Balotta dei Tramonti esplora i segreti oscuri di un piccolo paese di provincia Con La Maledizione di Fossosecco, Corrado Peli ci conduce in un mondo oscuro e misterioso, dove i segreti del passato tornano a galla in una piccola comunità. Pubblicato da Fanucci Editore il 24 novembre 2023, questo romanzo rappresenta il primo volume della serie La Balotta dei…
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donaruz · 1 year ago
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✨I POTERI MAGICI DEL GATTO 🐈‍⬛
✨L’aura del gatto è così grande, che racchiude e ingloba non solo il singolo individuo, ma anche la sua famiglia, la casa e il territorio in cui vive.
✨Il gatto non si limita a proteggere la casa da possibili entità che possono entrare ma protegge anche la casa da energie negative che risiedevano lì prima che arrivasse in casa.
✨🐈La presenza di gatti ti proteggerà anche da qualsiasi malocchio e maledizione. Ma al fine di proteggerti da un malocchio, o durante una conversazione con una persona che sospetti sia “pesante” a livello energetico, è necessario tenere le mani sul gatto, la mano sinistra accarezza il collo, e la destra accarezza la coda.
✨🐈‍⬛I gatti sono condotti di energia cosmica e pertanto la possono portare in casa contribuendo al benessere e alla prosperità di tutta la famiglia.
IL COLORE DEL GATTO IN BASE AI TUOI BISOGNI...
✨🐈Questa breve lista è anche per chi desidera un gatto ma non sa quale gatto scegliere (anche se sono convinta che a prescindere è lui che sceglie te)
✨Nero: stregoneria, poteri occulti, protezione, magia profonda! Nonostante tutte le superstizioni, l’energia negativa viene rimossa dalle difficoltà delle famiglie, garantiscono saggezza e discernimento!
✨Red (rosso): potere maschile, potere del sole, energia Yang. Non importa il sesso del gatto, questo colore porta la magia di ricchezza, denaro, messa a fuoco.
✨Blu (grigio, grigio fumo): Il Gatto di questo colore porta Amore, Felicità, fortuna, così come stabilità emotiva e pace!
✨Bianco: magia lunare, hanno potenti poteri di guarigione! Da’ alle persone un senso di bellezza e di ammirazione, allevia lo stress, dona la guarigione e la ricarica di energia! In America è considerato di buon auspicio.
✨“Colorpoint” (siamese), il colore reale! I gatti di questo colore portano fama e successo, longevità, aiuto nella magia solare, energia Yang!
✨Tre colori: La suprema dea. Solitamente nero, bianco, rossiccio .- marroncino. Questo colore è associato alla triplicità. Portano fortuna sulla terra e in mare, tengono al sicuro la casa e la famiglia dai pericoli, donano felicità e prosperità!
✨Bicolore (bianco e nero, arancio e bianco, grigio e nero): secondo la leggenda, i gatti bicolori sono i più amichevoli. Posseggono l’energia della saggezza, comprensione e buon senso!
✨Tartarugato: la magia delle donne perché questo modello di colore è ereditato solo dalle femmine. Rappresenta il bambino, la pura magia, la chiaroveggenza, la guarigione.
✨Oro, marrone dorato (come l’Abissino): giocoso, saggio, regale, che conferisce la grazia, aiuta a padroneggiare la saggezza antica, magia solare.
✨Strisce: conferisce la fortuna, luce, atteggiamento allegro alla situazione, anche la più critica, ha un umorismo energizzante, divertimento!
( una ricerca mia , giá pubblicato il 7 Aprile 2021!)
🌿Pietre: Bosco e Magia
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Ho letto moltissimo questa estate, alcuni libri davvero deliziosi, ma questo, finito da qualche giorno, mi ha lasciato qualcosa dentro.
Mariamma è una sposa bambina che nell'anno 1900, quando ha solo 12 anni, nella comunità cristiana del Kerala (India sud-occidentale, ma all'epoca era diviso nei tre regni di Thiruvithamcoore, di Kochi e la provincia del Malabar) costretta al matrimonio con un uomo che non ha mai visto, e che ha oltre vent'anni più di lei. Viaggia da sola in barca sul fiume per arrivare alla tenuta del futuro marito, che in un primo momento rifiuta persino visto la sua età, ma che poi la introduce nel suo mondo, un pezzo di terra paludoso e che nessuno voleva, ma trasformato dal lavoro di quest'uomo in un piccolo paradiso di alberi da frutta, coltivazioni, canali navigabili. Si chiama Parambil, e tutta la storia del libro, che si svolge lungo tre generazioni di discendenti della giovane sposa, legano la propria vita a questo luogo, e alle magie che contiene. Fanno i conti soprattutto con la forza della Natura, specialmente dell'Acqua, che sia come fiume che come monsone, domina quelle terre, e ne delinea le fortune. Ma all'acqua è legato anche una sorta di maleficio, il Morbo lo chiama il marito di Mariamma, che segna la loro famiglia, la quale in un prezioso e antico foglio di carta di lino segna un macabro albero genealogico di uomini e donne colpite da questa maledizione. Attraverso lo svolgere degli eventi, che si legano alla storia dell'India (la fine del dominio britannico, l'indipendenza, le fortissime lotte interne a carattere sia religioso sia sociale) si dipana una storia meravigliosa scritta da Verghese con mirabile maestria, secondo un ritmico tempo descrittivo, ricco di particolari e minuziose ricostruzioni, figlio della sua educazione di medico, ai più alti livelli (è attualmente è vicepresidente del Dipartimento di Medicina presso la Stanford School Of Medicine).
Tra comunità religiose che la leggenda vuole fondate da san Tommaso, l'apostolo del dubbio, che si vuole martirizzato a Madras, tra tempeste colossali, viaggi in treni, fascinosi medici scozzesi, la vita degli ospedali indiani, i profumi e i sapori di quei piatti ricchi di spezie, ingredienti, di alberi che sembrano uomini e elefanti dalla sensibilità straordinaria, le oltre 700 pagine filano via senza nessuno sforzo, in un viaggio che sebbene legato alla magia alla fine verrà dipanato dalla scienza e dalla perseveranza dei protagonisti, che di fronte al Male, che appare nelle loro vite in molteplici forme, riescono a costruire sempre più forte la parte migliore di loro stessi. Un libro affascinante e che consiglio davvero per fare un viaggio forte e misterioso, al sapore di curry e di lotta, di frutta succosa e di dolore, per molti versi indimenticabile.
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sorella-di-icaro · 2 months ago
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Tutti gli escape game che mi sono giocata in questi giorni
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1. THE GHOST HOUSE 20 anni fa ci fu un orribile omicidio a Hidden Town e l'assassino non fu mai trovato. Negli ultimi giorni, il detective Ren Larsen ha ricevuto strani segnali dall'aldilà. A quanto pare le anime delle vittime non riescono a riposare in pace e vogliono essere ascoltate. Hanno bisogno che lil responsabile paghi per quello che ha fatto. Ren ha un brutto presentimento, nonostante ciò, qualcosa dentro di lui gli dice di riaprire il caso e risolverlo. Scoprirà chi è l'assassino?
2. ANOTHER SHADOW
Bastian e Carissa si sono trasferiti in una nuova casa dove si verificano eventi paranormali. Ma non è la casa ad ospitare questi spettri. L'ombra di un'antica maledizione è tornata e non se ne andrà finché non avrà ottenuto ciò che vuole: la vita di Bastian, per renderlo schiavo delle tenebre. Bastian è rimasto intrappolato nell'oscurità. Riuscirà Carissa a trovare un modo per riportarlo nel loro mondo?
3. HAUNTED LAIA
Una nuova famiglia è arrivata a Hidden Town, ma dal giorno in cui si sono trasferiti sono stati molestati da strane presenze nella loro stessa casa, fino a quando pochi giorni dopo sono scomparsi senza lasciare traccia. Cosa è successo? Dove sono? Aiuta Laia a risolvere il mistero e svelare i segreti dietro la sua scomparsa.
4. NOWHERE HOUSE
Molto tempo fa una strega viveva a Hidden Town. Gli abitanti del villaggio temevano per le loro vite, quindi la catturarono. Ma il giorno della sua condanna, scomparve misteriosamente e non fu mai più vista. La casa in cui ha vissuto è lì, in cima alla collina. La leggenda narra che se entri in casa sua, rimarrai intrappolato per sempre. Oseresti indagare se la leggenda è vera?
5. THE UNWANTED EXPERIMENT
Uno scienziato è arrivato a Hidden Town. Si dice in giro che stia conducendo esperimenti molto strani. Alcuni abitanti affermano di aver visto creature molto rare vicino al suo laboratorio. Lo scienziato ti ha rapito e ti ha intrappolato nel suo laboratorio. Prova a scappare prima che lui torni e tu diventi una vittima dei suoi test.
6. BEYOND THE ROOM
Un edificio della città è stato abbandonato da sei anni. Nessuno vuole abitarlo a causa del suo passato oscuro. Ci sono storie di rituali, stregoneria e omicidi. Potrebbero essere solo chiacchiere? Darien è molto curioso di entrare ed esplorare il palazzo, ma ha avuto degli incubi ogni volta che si avvicina. Una notte riceve segnali dal quinto piano. Le luci si accendono e si spengono e compaiono misteriose silhouette alla finestra. Sente che qualcuno ha bisogno di aiuto e decide di entrare per indagare. Sarà una buona idea entrare da solo?
7. THE GIRL IN THE WINDOW
La gente di Hidden Town ha paura. Stanno accadendo cose molto strane. I residenti affermano di aver visto la figura di una ragazza che guarda fuori dalla finestra di una delle case. Il che è molto strano, perché quella casa è stata abbandonata 20 anni fa.
8. ESCAPE FROM THE SHADOWS
Il detective Ren Larsen ha ricevuto una strana richiesta da Carissa: riportare Bastian dall'aldilà. Bastian è stato rapito dalle ombre e portato in un altro mondo: deve essere salvato il prima possibile o diventerà un'ombra per sempre. I dettagli sono scarsi, hai solo 2 indizi per iniziare: una capanna la cui posizione è sconosciuta e un luogo chiamato Penumbra, di cui non si sa nulla. Riuscirà il detective Larsen a riportare Bastian nel nostro mondo?
Io ho giocato a questi giochi che trovate facilmente sullo store del vostro dispositivo android, ma io li ho emulati sul mio portatile perché mi veniva più facile giocare
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chiediloallapolvere · 6 months ago
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L'Ombra e la Signora dei Sogni
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Nel cuore di una landa desolata, circondato da rovi intrecciati e alberi spogli, sorgeva un antico lazzaretto. In questo luogo oscuro e solitario viveva Neirin, il custode dei morti. Con il suo volto pallido e i suoi occhi profondi e color muschio pareva una creatura delle tenebre. Silenzioso come la notte,si muoveva tra le tombe, la sua figura avvolta in un mantello nero che ondeggiava come un'ombra vivente.
Al lazzaretto, dimora di anime tormentate e spiriti inquieti, regnava Honey, la Mastro dell’ospedale. Era conosciuta come la Signora dei Sogni, una figura eterea che portava conforto e sollievo ai malati e ai moribondi. I suoi occhi, preziosi come l’ametista,  brillavano con una luce sovrannaturale, capace di penetrare i cuori più oscuri. Aveva un'aura mistica, come fosse un'emanazione del luogo stesso, con la sua bellezza antica e il sorriso enigmatico.
Neirin, l'ombra che vegliava su di lei, la seguiva in silenzio, attratto irresistibilmente dalla sua presenza luminosa. Ogni notte, nascosto tra le pieghe del sipario delle tenebre, la osservava con devozione, incapace di distogliere lo sguardo. Honey sapeva della sua presenza, sentiva il suo sguardo su di lei come un soffio di vento freddo e trovava conforto in quella strana compagnia silenziosa.
In una notte di tempesta il lazzaretto sembrava avvolto in un incubo vivente. Le finestre tremavano sotto il vento ululante e la pioggia batteva furiosamente contro le mura. Honey, inquieta, camminava tra le tombe, quando una figura si stagliò nell'oscurità: Neirin. La sua presenza, per quanto sinistra, le offrì un rifugio. Senza dire una parola la condusse in un mausoleo abbandonato dove il fuoco di una lanterna danzava come un'anima perduta.
In quel rifugio macabro, per la prima volta, Neirin e Honey si parlarono. Le parole di Neirin erano poche ma cariche di un'intensità che solo chi vive nelle tenebre può conoscere. Honey scoprì un'anima tormentata ma profondamente leale. Lui, a propria volta, trovò in Lei la luce che tanto aveva cercato, una luce che non lo accecava ma lo guidava.
Purtroppo però il lazzaretto era avvolto da un'antica maledizione, un'ombra che minacciava di spegnere la luce di Honey. Determinato a salvarla, Neirin consultò vecchi tomi polverosi e parlò con spiriti inquieti, scoprendo che solo un amore vero poteva spezzare la maledizione e liberarla dal suo destino.
In una notte di plenilunio, sotto la fredda luce della luna, Neirin e Honey si incontrarono al centro del cimitero. L'aria era densa di presagi e il silenzio rotto solo dal sussurro dei morti. Lui, con il cuore colmo di speranza e disperazione, prese la mano di lei e, con una voce tremante ma sincera, le dichiarò i suoi oscuri sentimenti. Le sue parole riecheggiarono tra le tombe, un incantesimo di passione che sfidava le ombre circostanti. Improvvisamente una luce argentea avvolse Honey, risplendendo come un faro nel buio. La maledizione si frantumò, dissolvendosi come nebbia al sole e scacciando l'oscurità che minacciava di inghiottire tutto.
Da quel giorno, Neirin e Honey continuarono a vivere insieme nel lazzaretto, trasformando quel luogo di dolore e sofferenza in un rifugio di pace e serenità. L'Ombra e la Signora dei Sogni erano inseparabili, due anime complementari che si trovavano nel punto più oscuro della notte e brillavano insieme come stelle nel firmamento. Il villaggio raccontava la loro storia come una leggenda, un'epopea di amore e redenzione che attraversava le generazioni. E così, Neirin e Honey vissero felici, uniti per sempre, dimostrando che anche nell'oscurità più profonda può nascere una luce eterna.
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tacabanda · 1 year ago
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(via Leggende contemporanee. La maledizione della Nona Sinfonia - FEDERICO BERTI)
La #leggenda della maledizione della Nona Sinfonia si è formata nell’Ottocento per una serie di coincidenze storiche, interpretazioni personali e superstizioni diffuse. Beethoven, Bruckner, Spohr, Schubert, sono morti mentre scrivevano la loro nona sinfonia Mahler provò a ingannare il fato dissimulando la forma sinfonica in una sua opera, morì nel comporre la decima. Cosa può esserci di 'vero' in questo racconto? Scopriamolo insieme.
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LA MALEDIZIONE DEL PONTE “ROTTO” A TRASTEVERE
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Chi è interessato a visitare Roma e a passeggiare sul Lungotevere, presso Trastevere potrà imbattersi nel Ponte “Rotto” della maledizione, chiamato anticamente Pons Aemilius , in onore di Marco Emilio Lepido che lo fece costruire nel 241 a.C..
Marco Emilio Lepido aveva pensato per la prima volta di edificare questo ponte in pietra, andando a sostituire un ponte vicino di legno. Il punto strategico in cui venne poi costruito fu utile per il trasporto di merci e persone dalla parte ovest della città alla parte est. La storia di questo ponte è legata ad una leggenda o meglio dire una maledizione : La ragione risiede nel numero di volte che la struttura subì danni da parte dell’irruenza del fiume e che ne hanno originato tanti restauri e rifacimenti. Purtroppo, anche se in posizione strategica, la costruzione non venne studiata esattamente bene in quanto venne scelto un punto del fiume piuttosto pericoloso a causa della turbolenza dell’acqua. Infatti nel corso degli anni, dalla sua costruzione ad oggi, ha subito ogni volta dei danni differenti, arrivando addirittura agli ultimi restauri del XIII secolo , quando poi crollò. Fu ricostruito in circa 20 anni a metà del Cinquecento ma fu nuovamente danneggiato da un’alluvione. Rimase solo la parte destra del ponte che venne usata come una sorta di giardino pensile fiorito fino alla fine del Settecento quando, inagibile, rimase in totale abbandono. A metà dell’Ottocento al Ponte Rotto vennero tolte due delle tre arcate arrivando fino ad oggi così come si mostra.
La sua bellezza sarà dovuta forse al senso di potenza che trasmette pur essendo rimasto solamente un pezzo di rudere; oppure per via di quell’atmosfera che infonde una dolce malinconia.  
Per poter ripercorrere la storia del Ponte Rotto, puoi venire a visitarlo soggiornando a Roma in uno dei nostri B&B Roma adatto a te! Ci trovi nel B&B Roma centro, a pochi passi dai principali monumenti (e anche da Trastevere!); potrai trovare B&B and breakfast Roma centro.
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occhietti · 2 years ago
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In certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita. Era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa.
Italo Calvino, Lezioni Americane
Ekran Duvar Kağıdı art - Medusa
Medusa è una creatura mitologica greca. Secondo la leggenda Poseidone il Dio del mare e dei terremoti, si innamorò di Medusa e la portò con sé nel tempio di Atena. La Dea però si vendicò dell’affronto subito trasformando i capelli della ragazza in serpenti. Inoltre per via della maledizione gli occhi di Medusa avrebbero trasformato in pietra chiunque li avesse guardati.
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asterargureo · 2 years ago
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Esco dal mio buco nel terreno per dire che mi mancano le ridenti avventure di Macs e del suo fido Mattia. Quest'estate Macs avrà portato Matty a mangiare il caciucco a lume di candela a Porto Mediceo? Kaio Jorge esiste davvero o è solo una leggenda raccontata nei corridoi del JMedjugorje tra un'opera di restaurazione e l'altra? Il mondo ha bisogno di sapere.
Purtroppo Mattia si è infortunato proprio prima del viaggio di nozze della tournée americana e Macs ha ritrovato in Pogba l'amore perduto.
Però a Torino è rimasto anche cavallo pazzo e con i potenti mezzi di mamma Veronique,Adrien e Mattia hanno lanciato una maledizione su Pogba che si è ovviamente rotto.
Appena Mattia lo ha saputo ha chiamato Macs per esprimergli tutta la sua solidarietà per la perdita. Per fortuna non era una videochiamata perché Mattia aveva questa faccia 😈
Kaio lo hanno scongelato solo per la gitarella a Villar Perosa. Ovviamente è stata un'idea di Landucci perché come al solito Macs ha avuto un'amnesia.
-Kaio? Landucci chi ci dobbiamo portare dietro? Non ho capito. È dell'under 23?
- No! Kaio Jorge. Quel ragazzetto con le guanciotte che si è infortunato proprio contro l'under 23
- E perché lo portiamo con noi? Ha mai giocato con la prima squadra?
- Ma sì
- E com'è?
-Ehmmhhn
- Landucci perché fai questi suoni da cetaceo in agonia?
- Mister,dai...
- Vabbè portiamolo con noi. Magari si trova bene con l'under 23,fa amicizia,sbaglia pullman e cambiamo la serratura all'armadietto
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bibliotecasanvalentino · 3 years ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica @valentina_lettrice_compulsiva Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ (a darci l'idea è stata @misstortellino con il suo progetto #indiebooks).
La casa editrice di questo mese è: @polillo
Buona lettura a tutti!
L’enigma della stanza impenetrabile di Derek Smith
“Con la locuzione enigma della camera chiusa o mistero della camera chiusa viene indicata una particolare varietà di romanzo o racconto poliziesco in cui l'indagine si svolge intorno a un delitto compiuto in circostanze apparentemente impossibili come quello scoperto in una camera chiusa dall'interno” (Wikipedia).
In questo tipo di romanzo poliziesco, lo scopo del lettore non è tanto quello di scoprire chi sia l’assassino, ma di capire in che modo il delitto sia avvenuto. La prima impressione è che il criminale sia svanito nel nulla, tanto che gli investigatori coinvolti nell’indagine brancolano nel buio; poi, man mano che l’inchiesta procede, ciò che a prima vista sembrava impossibile trova una spiegazione del tutto razionale. Ovviamente, lo scrittore dev’essere leale con il lettore, non può e non deve ingannarlo usando trucchi come finte pareti o passaggi segreti.
Tra gli esempi più famosi del genere ricordiamo Dieci piccoli indiani di Agatha Christie in cui la camera chiusa viene sostituita da una piccola isola, Il mistero della camera gialla di Gaston Leroux, Le tre bare di John Dickson Carr e il misconosciuto L’enigma della stanza impenetrabile di Derek Smith.
Questo romanzo, pubblicato nel 1953, nonostante sia poco noto ai più, è considerato un libro di culto dagli appassionati del genere, poiché presenta ben due delitti a prima vista impossibili da risolvere. Il primo riguarda Roger Querrin, figlio maggiore di una ricca famiglia inglese, proprietario di un’antica dimora alla quale è legata un’oscura maledizione. Lo scettico e incauto giovane, infatti, a pochi giorni dalle nozze con l’affascinante Audrey Craig, decide di trascorrere la notte proprio nella stanza in cui, secondo la leggenda, aveva trovato la morte un suo antenato. Il fratello Peter e Miss Craig, estremamente preoccupati per Roger, incaricano il giovane investigatore Algy Lawrence di occuparsi delle misure di sicurezza, nonostante le quali, allo scoccare della mezzanotte un urlo terrificante riecheggia per la casa. Il secondo delitto, strettamente legato al primo, avviene poco tempo dopo. Il finale lascerà anche il lettore più scaltro ed esperto senza parole.
COSA MI È PIACIUTO
Il romanzo è molto ben strutturato. Un capitolo dopo l’altro il lettore accompagna il detective Lawrence nella sua indagine, ed è impossibile non fare congetture sul nome dell’assassino e sulle modalità in cui sono avvenuti i delitti. Il finale è davvero sorprendente, in grado di lasciare senza parole il lettore più smaliziato. Ho apprezzato anche l’ambientazione che, per molti aspetti, mi ha ricordato la dimora in cui si svolge “L’assassinio di Roger Ackroyd” di Agatha Christie, uno dei miei gialli preferiti.
COSA NON MI È PIACIUTO
Quando leggo un romanzo, di qualunque genere sia, uno degli elementi che per me fa la differenza, è l’introspezione psicologica che qui, ahimè, è assente. I personaggi sono poco caratterizzati poiché gli elementi fondamentali del libro sono gli omicidi e l’indagine che ne consegue. Nonostante questo, è impossibile non empatizzare con il detective Lawrence, un giovane simpaticissimo e dalle spiccate doti investigative.
L’AUTORE
Derek (Howe) Smith (1926-2002), nacque a Lambeth, South London. Dalle scarse notizie biografiche si apprende che trascorse l’intera vita nella casa in cui era cresciuto e non si sposò mai. Arruolato verso la fine del secondo conflitto, venne colpito da una malattia polmonare che, dopo il congedo, lo costrinse a una lunga degenza in sanatorio. Scritto durante la convalescenza, "L’enigma della stanza" impenetrabile era stato concepito come un tributo a John Dickson Carr e Clayton Rawson, celebri specialisti dei delitti della camera chiusa. Il libro, uscito con una tiratura limitata, ebbe poca fortuna. Dovette passare oltre mezzo secolo prima che venisse ripubblicato e ricevesse la dovuta consacrazione.
LA CASA EDITRICE
Marco Polillo Editore (o Polillo Editore) è una casa editrice italiana fondata nel 1995 da Marco Polillo e la moglie Leslie Calise. Il suo catalogo spazia dal giallo al rosa, fino alla letteratura umoristica. La collana I Bassotti presenta una selezione di romanzi dell’età dell’oro del giallo, soprattutto dagli anni Venti ai Quaranta del Novecento. La collana I Mastini, invece, ripropone opere introvabili o inedite del filone poliziesco statunitense. Infine, la collana I Jeeves presenta romanzi di stampo umoristico.
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corallorosso · 3 years ago
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Il mistero del vaso di Basano Sapevate che uno degli oggetti più infestati al mondo è italiano? Si tratta del vaso di Basano e a causa della sua maledizione è stato messo in un luogo sconosciuto… speriamo di non ritrovarlo! Questo vaso è stato realizzato nella seconda metà del XV secolo ed è realizzato in argento. La leggenda racconta che era il regalo per una sposa di un paese vicino Napoli, ma la donna fu assassinata durante la notte di nozze. Venne ritrovata mentre stringeva il vaso e giurava vendetta prima di morire. Il vaso passò in eredità di famiglia in famiglia e in ognuna di esse avvennero morti in circostanze mai chiarite. Si decise dunque di sotterrare il vaso affinché non facesse più vittime ed effettivamente, una volta posto in un luogo sicuro, non avvennero più morti. Questo fino al 1988 quando una persona, notando qualcosa luccicare nel suo giardino, decise di vedere di cosa si trattava. Quando portò alla luce il reperto si rese conto che era un vaso d’argento. All’interno venne trovato un biglietto con scritto "attenzione, questo vaso porta morte" ma invece di distruggerlo o sotterrarlo di nuovo decise di venderlo. Venne messo all’asta dove se lo aggiudicò un farmacista per la cifra, a quel tempo importante, di 4.000.000 di lire. Tre mesi più tardi il farmacista morì. La famiglia decise di disfarsene e un chirurgo alquanto scettico riguardo la maledizione decise di comprarlo. Grandissimo errore, perchè, due mesi, più tardi morì anche lui nonostante la giovane età di 37 anni. Anche questa volta venne venduto e l’acquirente fu un archeologo che voleva lo splendido vaso per la sua collezione. Anch’egli morì tre mesi più tardi di un’infezione sconosciuta. La famiglia dell’archeologo cercò di vendere il vaso ma, dopo tutti questi fatti raccapriccianti, fu davvero difficile. Nonostante ciò trovarono un acquirente, anche se lo pagò meno dei 5 milioni di lire sborsati dall’archeologo. Anche questo sfortunato acquirente morì nel giro di un mese e la famiglia, esasperata, prese il vaso e lo gettò da una finestra. Il vaso quasi colpì un poliziotto in testa e per questo alla persona che lo gettò venne fatta una multa. La famiglia pagò ma non rivolle assolutamente il vaso. La polizia cercò quindi di donarlo a dei musei ma nessuno ormai, dopo la brutta fama che aveva, lo volle accettare. Decisero quindi di metterlo in un luogo sicuro affinché nessuno lo ritrovasse mai. Si dice che sia stato riposto in una cassetta di piombo e sotterrato in un vecchio cimitero, nella speranza che nessuno lo ritrovi mai. Emadion
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tma-traduzioni · 4 years ago
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MAG 042 - Caso 0131103 - Grifter’s Bone
[Episodio precedente]
[pdf con testo inglese a fianco / pdf with english text on the side]
[CLICK]
ARCHIVISTA
Dichiarazione di Jennifer Ling, riguardo una performance musicale dal vivo alla quale ha assistito a Soho. Dichiarazione originale rilasciata il 3 novembre 2013. Registrazione audio di Jonathan Sims, Capo Archivista dell’Istituto Magnus, Londra.
Inizio della dichiarazione.
ARCHIVISTA
Chiunque abbia scritto di musica abbastanza a lungo ha sentito parlare di Grifter’s Bone. Una leggenda metropolitana, non del tutto uno scherzo, non del tutto qualcosa di vero. A volte sono un gruppo, a volte solo una persona. Se la storia li presenta come un gruppo, allora l’unico di cui i vecchietti conoscono il nome - perchè sono sempre i vecchietti a raccontare queste storie - è un tipo chiamato Alfred Grifter. Alcuni giureranno solennemente che sia il suo vero nome, altri ti daranno solo uno sguardo d’intesa e chiederanno se ti sembra vero. Il fatto è che nessuno sa un accidenti di lui tranne il nome con cui si fa chiamare, quindi sono tutte storie e chiacchiere, ma ce n’è in abbondanza per tutti.
La storia racconta di un musicista mediocre che brama di più, che si dà alle arti oscure, di solito adorazione del diavolo o stregoneria, ma fa un errore. Ne ho sentito parlare come di una maledizione, di un desiderio formulato male o persino di un diavolo che semplicemente si arrabbia per essere stato evocato e lo picchia fino a che le sue mani non funzionano più. Il finale però è sempre lo stesso: la sua musica è così stridente, così orribile da far rivoltare le budella, che lui, o a volte la sua band, sono costretti a imbucarsi ai concerti per suonare non annunciati a qualsiasi pubblico possano trovare. E la musica è tremenda, una cupa cacofonia di disaccordo e rumore, troppo da sopportare. Puoi sempre capire quando i Grifter’s Bone hanno suonato, ti diranno, a causa di tutte le orecchie strappate. Non si sbagliano completamente.
È da un po’ che scrivo per Earful. Prima ero solo io che scrivevo i miei pensieri sulla musica su un blog, ma qualche anno fa il mio allora-amico, adesso-capo Tommy Moncreef mi disse che stava mettendo su un sito musicale e mi chiese se volessi scrivere per esso. Ovviamente dissi di sì, ed eccomi ora a gestire i suoi contenuti video. Earful.com esiste da soli tre anni circa ma a essere sinceri nel mondo dei siti musicali ciò ci dà un pedigree abbastanza decente. Tommy viene dalla vecchia scuola - ha scritto per dozzine di riviste musicali, ai tempi degli alberi morti, prima che la stampa diventasse un imbarazzante parente sempre più vecchio che proprio non si decide a morire. Il punto è che conosceva molti vecchi contatti e scrittori, la maggior parte dei quali ha coinvolto per Earful. Il che vuol dire che sono stata rapidamente aggiornata su decenni di chiacchiere sulla scena musicale di Londra da uomini bianchi di mezza età che indossano solamente magliette di gruppi finiti tragicamente. Ed è stato allora che ho iniziato a sentire parlare di Grifter’s Bone.
Ogni volta che qualcuno stava ascoltando qualche proposta sotto la media, o anche qualche loro musica non ben vista, uno dei vecchietti, di solito Mike Baker, gli gridava “Vedo che hai il nuovo album di Grifter’s Bone!” o “Non sapevo che i Grifter’s Bone fossero tornati insieme!” o qualcosa del genere. Era seccante da morire, ma non l’ho mai veramente menzionato. E dopo aver sentito ogni possibile variazione della storia da una mezza dozzina di scrittori ubriachi alla nostra festa di Natale, ho più o meno deciso di lasciar stare.
Non ci ho più pensato molto fino all’inizio di quest’anno. C’è un tipo che lavora per Earful di nome Lee Kipple. Il suo titolo ufficiale è ‘Editore delle proposte’, anche se noi lo chiamiamo in modo un po’ più volgare, e il suo lavoro è ascoltare tutta la musica che ci viene mandata spontaneamente. CD, MP3; recentemente c’è stata una strana moda di mandarci musica su chiavette USB gadget. Lui la ascolta tutta. Come potete immaginare, la maggior parte di essa è tremenda. Comunque, Lee è praticamente il tipo più gentile che io abbia mai conosciuto, e non penso di averlo mai sentito lamentarsi. È alto, un po’ allampanato, con capelli lunghi e biondi che gli coprono le orecchie. E gli occhi se non sta attento.
A causa del suo lavoro, Lee ovviamente riceve molti commenti riguardo l’ascoltare musica schifosa, e se è uno dei vecchietti potete scommettere che menzionerà Grifter’s Bone. Mi ci è voluto un po’ a notare quanto la sua reazione fosse strana quando questo succedeva. Mentre la maggior parte dello staff fingeva di ridere, sospirava o imprecava un po’, Lee si irrigidiva. Annuiva delicatamente e allungava la mano a grattarsi le orecchie, ancora per la maggior parte coperte dai capelli. Nessuno sembrava notarlo.
Ho continuato a guardarlo e il comportamento ricorrente si ripeteva ogni volta che il gruppo veniva menzionato. Non so quando mi sono convinta che doveva aver visto Grifter’s Bone esibirsi dal vivo, ma l’ho fatto. E oltre a quello, ho deciso che doveva avere orecchie finte, essendosi strappato le sue quando aveva visto il concerto, ed era per questo che teneva i capelli lunghi per coprirle. Non ci credevo davvero, ovviamente. Era solo una piccola teoria divertente con la quale mi piaceva giocare. Ma più guardavo Lee, più sembrava che davvero cercasse di tenere le sue orecchie coperte intenzionalmente.
Alla fine, circa un mese fa, ho deciso semplicemente di chiederglielo. Eravamo tutti usciti a bere qualcosa, e ammetto che potrei avere bevuto qualche vodka tonic in più di quanto sarebbe stato saggio, ma quando tutti gli altri se ne erano andati a casa ed era rimasto solo Lee, ho deciso che era il momento. Gli ho chiesto se fosse terribile come tutti dicevano. Lui è sembrato confuso, e io mi sono avvicinata. “Grifter’s Bone”, ho detto. Lui si è immobilizzato, completamente fermo. Ho aspettato che si toccasse le orecchie, ma invece mi fissava soltanto, senza muoversi. Ha cominciato a balbettare qualcosa riguardo non sapere di cosa parlassi, ma io l’ho interrotto. Ce l’aveva scritto su tutta la sua faccia terrorizzata; l’aveva visto.
L’ho guardato mentre decideva se cercare di scappare o no. C’è stato un momento in cui sono stata sicura che sarebbe letteralmente sfrecciato verso la porta, ma invece ha sospirato e annuito. Era stato quattro anni prima, mi ha detto, al The Good Ship a Kilburn. Lee aveva guardato un gruppo metal emergente il cui nome non si ricordava più - erano stati discreti, un po’ deludenti, quindi era dell’umore di finire il suo drink e andarsene. Il resto del pubblico sembrava pensarla allo stesso modo, quindi nessuno ha notato quando un uomo è salito sul palco e ha montato una piccola tastiera.
L’uomo era basso, così ha detto Lee, e spiacevolmente magro, con indosso un logoro completo marrone che gli stava addosso come, nelle parole di Lee, “lembi di pelle mal calzante”. I suoi capelli neri radi erano tirati indietro, e la sua faccia aveva una strana aria di crudeltà. Quando posava le dita sul suo strumento lasciava macchie rosso scuro sui tasti bianchi. Lee ha detto che non aveva mai sentito parlare di Grifter's Bone prima di quel momento, ma in qualche modo sapeva cosa stava guardando. E poi la musica era cominciata.
Dopo aver detto questo, Lee si è zittito. Era chiaro che si stava concentrando molto. Ho aspettato, non volendo interromperlo, ma alla fine ha solo scosso la testa. Ha detto di non riuscire a ricordare la musica. Ha provato, ma c’era solo il vuoto. Quando era tornato in sé stava vagando per le strade di Kilburn quasi due ore dopo, la sua maglietta inzuppata di sangue. Per la maggior parte di sangue suo. Detto questo Lee si è sbottonato la camicia e mi ha mostrato una serie di vivide cicatrici tagliate sul suo petto. L’ospedale gli ha detto che era probabilmente stato un taglierino di qualche tipo, ma lui non ne aveva memoria.
A questo punto sembrava sull’orlo delle lacrime, ma io non potevo lasciare stare. Gli ho chiesto delle sue orecchie. A questo in realtà ha riso e ha detto che no, non se le era strappate. Portando su la mano, Lee ha tirato indietro i suoi lunghi capelli biondi, scoprendo un orecchio che a prima vista sembrava normale. Guardando più da vicino però ho visto che indossava dei tappi per le orecchie color carne in modo che non fossero evidenti, e incrostato ai loro bordi c’era un anello di sangue secco. Ha detto che era l’unico modo che aveva trovato per farlo smettere di colare e rovinargli le camicie.
A questo sono rimasta un po’ sconvolta. Comprensibilmente, immagino, anche se era completamente colpa mia, e gli ho detto che doveva vedere un dottore se le sue orecchie non smettevano di sanguinare. Lee ha solo scosso la testa, dicendo che aveva visto abbastanza dottori da sapere che non lo potevano aiutare e che aveva imparato a conviverci. Abbiamo bevuto il resto della notte in silenzio prima di andare per le nostre rispettive strade.
Lo so che avrei dovuto lasciare stare dopo ciò, e di sicuro non ho più seccato Lee. Ma ho scoperto che io, io proprio non potevo lasciar perdere. O Lee era pazzo, o i Grifter’s Bone esistevano davvero. Ho cominciato a fare ricerche online. C’erano un po’ di siti che ne parlavano come di una leggenda metropolitana. C’era un duo punk in Oregon che annunciava orgogliosamente di essersi dato il nome Grifter’s Bone come “il Jack lo Squartatore della musica del Regno Unito”. C’erano molti post su blog musicali da novellini dell’ambiente che chiedevano cosa fosse Grifter’s Bone. Ma da nessuna parte c’era niente di minimamente simile alla storia di Lee.
Alla fine, avendo più o meno esaurito le forze, ho messo insieme le mie scoperte in un piccolo articolo di approfondimento e l’ho mandato a Tommy, che lo ha approvato come richiesto. Ho pensato che avevo speso abbastanza tempo sull’argomento da poterlo almeno utilizzare per qualcosa di decente per il sito. È andato abbastanza bene, anche se non ha avuto abbastanza successo da giustificare il tempo perso su di esso. Lee non lo ha menzionato quando ne abbiamo parlato la volta dopo - gli avevo chiesto se potevo scrivere della sua esperienza dopo averla resa scrupolosamente anonima, e lui aveva fatto spallucce e detto va bene. Tutto sommato, sembrava che qualsiasi cosa mi avesse presa all’amo fosse finito e io non ci stavo troppo male.
Poi qualcuno ha lasciato un commento sul mio articolo. Diceva solo “Stasera. Soho.” Non ci avrei prestato molta attenzione se non fosse stato per la seconda riga: “Non sono necessari tappi per le orecchie”. I tappi per le orecchie di Lee, e la ragione dietro a essi, erano stati l’unica cosa che lui aveva richiesto di tralasciare nell’articolo. L’ho menzionato a Tommy, e lui ha detto solo qualcosa riguardo ai perditempo, e a come io avessi di meglio da fare che passare una serata a vagare per Soho ed entrare in sale concerto a caso.
Probabilmente dice qualcosa di veramente deprimente sulla mia vita personale il fatto che davvero non avessi niente di meglio da fare. Quindi quel pomeriggio ho fatto precisamente quello. Vagare per le strade di Soho, prendere nota di tutti i musicisti in scaletta per suonare quella sera. Come mi aspettavo, nessuno di essi aveva in lista che avrebbe suonato Grifter’s Bone, ma ne ho preso nota comunque. Non era molto tardi ma era già buio, il mondo illuminato dal bagliore colorato delle insegne e dalle vetrine di Soho. Il vento era debole nelle strette strade, ma attraversava comunque il mio sottile cappotto di lana mentre vagavo, cercando un piccolo uomo dall’aria crudele con un logoro completo marrone.
Ho continuato la mia osservazione per forse un’ora quando ho visto qualcuno che mi fissava dall’entrata di un piccolo negozio. L’insegna al di sopra non aveva un nome chiaro, diceva solo “Cristalli. Libri. Tarocchi.” Era alto, scuro e segnato, con profonde linee di preoccupazione impresse su un altrimenti attraente viso. Quando ha visto che lo guardavo, ha cominciato ad avvicinarsi a me, ancora con quello sguardo intenso. Ho fatto qualche passo indietro e chiesto se lo potevo aiutare. Lui ha scosso la testa come se non fosse sicuro di cosa dire, poi mi ha chiesto che cosa stessi ascoltando. Un brivido mi ha attraversata quando mi sono resa conto che stava fissando le mie orecchie.
Io gli ho detto che non stavo ascoltando niente, e che non indossavo cuffie, e gli ho chiesto che cosa volesse. Lui ha scosso la testa di nuovo, e ha borbottato qualcosa riguardo il proteggere il mio udito. Si è poi girato e ha cominciato a dirigersi di nuovo nel negozio. Stavo per seguirlo quando ho visto un piccolo gruppo di persone girare l’angolo.
Era difficile essere sicuri dei loro lineamenti nel buio, ma a camminare davanti, trascinando una custodia per tastiera su ruote, era un uomo basso e magro in un completo marrone troppo largo. Le tre figure dietro di lui erano tutte molto più alte di lui, ma ognuno era magro come uno stecchino e si muoveva con un’andatura a scatti. Ho guardato di nuovo verso dove era stato lo strano uomo che mi fissava, ma si era ritirato nel suo negozio, e le luci erano spente adesso, perciò ho cominciato a seguire l’uomo che pensavo essere Alfred Grifter mentre lui e i suoi compagni si muovevano lungo la strada. Anche tutti gli altri portavano custodie da strumenti, e nessun altro per strada sembrava prestar loro alcuna attenzione, neppure quando il più alto ha letteralmente spinto via un uomo dal suo tragitto.
Alla fine hanno girato giù da una rampa di scale, in un jazz bar seminterrato che non ho riconosciuto. Dopo qualche secondo li ho seguiti. Il bar era poco illuminato e silenzioso, con luci rosse e arancioni che gli davano un’atmosfera calda e fumosa. Gli avventori stavano lì bevendo e chiacchierando. Ne ho contati undici in tutto. Ricordo che ho notato il numero a causa di quanto vuoto fosse il posto. La maggior parte sembravano vestiti per una serata di jazz, ma ho notato che alcuni di loro sembravano indossare pesanti cappotti o giacche e uno, un uomo anziano con una massa di capelli argentati, sembrava indossare un accappatoio di seta. Dietro di loro, sul palco, i Grifter’s Bone stavano preparando i loro strumenti.
Ora, nonostante tutto ciò che è successo fino a ora sembri mostrare il contrario, io non sono un’idiota. Mi ricordavo della storia di Lee chiaramente infatti, e non avevo intenzione di rimanere per lo spettacolo. Invece, ho tirato fuori il mio cellulare, ho fatto partire una registrazione video e l’ho posizionato in una piccola nicchia vicino all’entrata con una buona vista del palco. Ho controllato che il microfono funzionasse, e poi me ne sono andata. Sono stata in piedi in cima alle scale di quello squallido jazz club e ho aspettato.
Dopo qualche minuto a rabbrividire nel freddo, ho pensato di aver fatto un errore. Le strade erano deserte, e la notte di novembre prima mite aveva assunto un gelo da entrare nelle ossa. Poi l’ho sentita. Smorzata dai muri, ma chiaramente crescente fino a dove stavo, una nota. Una singola, chiara nota, da quel che sembrava un violoncello. Le se ne sono unite altre, una tastiera, una chitarra, e al di sopra di tutte il puro squillante suono di un flauto. Era bellissimo. Era una delle musiche più struggentemente bellissime che io abbia mai sentito. Poi sono cominciate le urla.
Non c’è stato nessun crescendo fino alle urla; nessuna crescita graduale che spieghi l’improvviso scoppio di suoni di agonia. Ci sono stati anche schianti, suoni di urti e, una o due volte, qualcosa che suonava come lacerazioni. Durante tutto ciò, di sottofondo, suonava quella bellissima musica. Io stavo lì in piedi, pietrificata sul posto, non volendo scendere laggiù ma incapace di fuggire, mentre di sotto tutto quello che riuscivo a sentire era musica inquietante e massacro.
Ho fatto per tirare fuori il mio cellulare per telefonare alla polizia, ma ho realizzato che lo avevo lasciato laggiù a registrare il jazz club. Avevo finalmente preso la decisione di correre a cercare aiuto quando i rumori sono cessati bruscamente, e c’è stato silenzio. Mi sono guardata intorno cercando chiunque potesse aver sentito le urla di dolore e panico, e che potesse star venendo in soccorso, ma non c’era nessuno. Solo io. Ho cominciato lentamente e con cautela a farmi strada verso il seminterrato. Se chiunque fosse stato lì sotto avesse voluto uccidermi, sarebbe stato piuttosto facile trovarmi con le informazioni sul mio telefono. In un modo o nell’altro ero alla loro mercè.
Quando ho aperto la porta è stato difficile capire esattamente cosa stavo vedendo. Nella fioca luce rossa, i resti lacerati e straziati delle persone che avevo visto vive meno di mezz’ora prima erano quasi indistinguibili dal tappeto e dall’arredamento. Sul palco, i musicisti stavano rimettendo via con calma i loro strumenti. Non avevano la minima macchia di sangue su di loro. Quello con il completo marrone, che immaginavo essere Alfred Grifter, ha guardato su. Ha guardato dritto nei miei occhi e ha detto, “Un bis?”. Ho afferrato il mio cellulare e sono scappata.
Non ho telefonato alla polizia. Avevo troppa paura di cosa potesse succedere. Ho guardato le notizie ossessivamente, aspettandomi di vedere qualsiasi cosa sul massacro, ma non c’era niente. È passata quasi una settimana, e non ho sentito niente. Non sono riuscita ad accedere al video di quella sera. Il mio telefono dice che è formattato male per qualche motivo, ma continuerò a provare. Sono tornata al jazz club, ma non ho trovato nessun segno di violenza, nessun segno dei Grifter’s Bone, e nessun segno delle undici persone morte quella notte.
ARCHIVISTA
Fine della dichiarazione.
Le nostre investigazioni personali sul gruppo “Grifter’s Bone” hanno ricavato poco che la signorina Ling non abbia già incluso nel suo notevolmente esaustivo articolo “Spaventi e assoli: racconto pizzicato di Grifter’s Bone”. La sua dichiarazione sembra di sicuro essere il resoconto più dettagliato di un incontro con il gruppo, supponendo che le si possa credere. Il jazz club di Dean Street nega energicamente che qualsivoglia violenza si sia svolta nel suo locale durante le date in questione, e non ci sono verbali della polizia che sembrino coincidere con la descrizione della signorina Ling.
Beh, immagino che non sia completamente vero. Secondo i verbali della polizia, durante il mese di Ottobre 2013, ci sono state un totale di undici morti violente nell’area metropolitana di Londra. Non è possibile far corrispondere i dettagli di tutte in base alle informazioni nella dichiarazione della signora Ling, tranne di una delle vittime, il signor Albert Sands, 67 anni, picchiato a morte in casa sua. Anche se è successo due settimane prima degli eventi in questa dichiarazione, secondo la polizia stava indossando una vestaglia di seta quando è stato brutalmente ucciso.
Sfortunatamente non siamo in grado di ottenere un seguito dalla signorina Ling; sembra che circa due settimane dopo aver dato questa dichiarazione abbia attaccato Agatha Norrell, la sua anziana vicina, con un martello da carpentiere. La signorina Norrell è rimasta in un coma dal quale non si è ripresa, mentre la signorina Ling ha rivolto il martello contro se stessa. Nel tempo che la polizia ha impiegato ad arrivare, aveva danneggiato la sua testa così tanto che… non c’è stata nessuna speranza di salvarla. Ho la sgradevole sensazione che possa aver finalmente fatto funzionare quel video.
Fine della registrazione.
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Supplemento. Ho osservato Martin. È stato molto attento ai miei bisogni e alla mia ripresa da quando sono tornato al lavoro, quasi al punto di trascurare i suoi compiti. Precedentemente avrei potuto attribuire tali cure alla sua etica lavorativa alquanto permissiva, ma nello stress dell’attacco di Prentiss, sono sicuro di aver notato momenti di competenza, o addirittura di astuzia, che sono al di là di quanto le sue azioni precedenti indicherebbero. Sta facendo il finto tonto? Sta venendo meno ai suoi compiti di proposito per ritardare od ostacolare le mie investigazioni? È possibile. Ha anche mostrato notevole interesse nelle mie teorie su chi abbia ucciso Gertrude. Per adesso l’ho sviato dicendogli che credo sia stato qualsiasi cosa si aggiri nei tunnel di sotto, ma sembra… non soddisfatto da questa risposta.
Sono felice che si sia trasferito fuori dagli Archivi, visto che ciò mi dà la possibilità di lavorare senza la sua presenza costante. Anche perché è riuscito a lasciarsi dietro alcune delle sue cose, per la maggior parte solo qualche libro di poesie relativamente tremende. Ce ne sono alcune che potrebbero quasi essere emozionanti se il suo stile non fosse così palesemente influenzato da Keats, ma c’è una lettera non finita indirizzata a sua madre nel Devon, nella quale menziona di essere preoccupato “che gli altri scoprano che ho mentito”.
Potrebbe non essere nulla, qualche irrilevante raggiro o altro - dopotutto, è palesemente indirizzata a sua madre - ma se avesse in realtà intenzione di inviarla a qualcun altro… Terrò d’occhio Martin.
Fine del supplemento.
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[Traduzione di: Cate]
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eiry-crows · 4 years ago
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Ophrys Apifera - Donovan's Cove
La famiglia Abadeer era temuta e rispettata da tutti quelli che avevano un po' di buonsenso e odiata e disprezzata da tutti quelli che invece, non avevano idea di cosa fosse, il buonsenso.
Le chiacchiere su questo antico e potente casato nobiliare erano molte e di varia natura; in giro si diceva che tutti gli Alpha di questa famiglia fossero dotati di una straordinaria forza e di un grande intelletto e che invece, tutti gli Omega fossero tra i più robusti e fertili del mondo.
La linea dinastica procedeva tra Alpha e Omega senza mai deviare, perdendosi nelle piaghe della storia.
Si diceva persino, con esagerazione, che il primo Alpha sulla faccia della terra, fosse stato proprio un Abadeer.
Questi e altri succosi pettegolezzi erano all'ordine del giorno nella cittadina di Donovan' s Cove.
Donovan's Cove, come suggeriva il suo nome, sorgeva accanto ad una baia.
La leggenda voleva che questo paesino, fosse stato fondato da un pirata che per amore aveva smesso di solcare i mari e dalla sua ciurma di fedelissimi.
E si narrava, che il pirata avesse seppelito un enorme tesoro lì da qualche parte; tesoro che, però, nessuno aveva ancora mai trovato.
Con gli anni il piccolo villaggio di pescatori si era adattato al cambiamento, trasformandosi secondo le esigenze dei tempi e dopo il boom economico, Donovan's Cove era diventata una splendida città turistica che conservava tuttavia, parecchie vecchie tradizioni.
Non era perciò un caso se la notizia dell'arrivo di una famiglia così importante come la Abadeer fosse accolta da tutti con la stessa eccitazione e con lo stesso fervore con cui si aspettava l'arrivo di una celebrità.
C'era un alone di mistero che circondava la famiglia e il maniero che possedevano; intrighi, avvelenamenti, giochi di potere,
nessuno che portasse quel cognome passava inosservato agli occhi di Donovan's Cove.
Uno degli argomenti preferiti dalle vecchie comari riguardava infatti la vecchia casa sul promontorio che circondava la baia; non facevano altro che discutere e parlare dell'unico membro della casata Abadeer che aveva deciso di trasferirsi lì, trecento o duecento anni prima.
Negli anni, la vecchia magione era passata in eredità alle generazioni successive che però non ci erano mai andati ad abitare e che anzi, avevano provato a vedere, senza ottenere risultati.
Per questo e per altro, si diceva che la villa disabitata, fosse in realtà abitata dagli spiriti degli antenati della famiglia che trovavano rifugio tra quelle mura e che fosse questo il motivo principale per cui qualsiasi Abadeer che avesse ereditato la casa, avesse l'obbligo di prendersene la massima cura.
Sembrava che fosse una delle tradizioni antichissime della famiglia.
Quella dimora doveva essere sempre ben conservata e pronta a qualsiasi uso, in qualsiasi momento.
Si speculava che fare andare il maniero in rovina, avrebbe attirato la furia degli antichi spiriti familiari e che una potente maledizione si fosse abbattuta su chi avesse infranto questa legge non scritta.
Disonorare la casa sarebbe stato come disonorare la memoria dei capostipiti e dei loro figli, delle generazioni passate che avevano portato gloria e onore.
I racconti e i miti che circondavano la villetta erano tanti; alcune storie sembravano vere, altre un po' meno. Non a caso i giovani di Donovan's Cove trascorrevano, soprattutto in inverno, intere giornate davanti ai cancelli della villa, inventando tantissime storielle di demoni e fantasmi.
Niente sfuggiva ai loro occhi attenti, perciò non fu una sorpresa quando uno di loro disse di aver notato qualcosa di strano, attirando immediatamente l' interesse di tutti.
Nel maniero abbandonato era tornata la vita.
Da quella mattina in poi, era stato tutto un susseguirsi di voci, sussurri e grida, riguardo ad un possibile ritorno degli Abadeer in città.
Voci ritenute false e di pura fantasia, almeno fino all'arrivo di quel giorno.
Un corteo di macchine mai viste prima attraversò la città, attirando l'attenzione di buona parte della popolazione e risalì verso il promontorio.
All'interno dell'ultima auto nera, la piccola Marie appoggiò le mani sul vetro, guardando il panorama con occhi sgranati.
Non aveva mai visto il mare prima d'ora.
Aveva letto, di nascosto, di avventure marine e terribili tribù cannibali ma la descrizione sommaria che aveva avuto del mare non era niente al confronto di quella vista così spattacolare da toglierle il fiato.
Era una distesa così infinita che si perdeva verso l'orizzonte, unendosi al cielo oltre il suo sguardo.
Una grande tavola blu che scintillava come i gioielli di sua madre, contrapposta alla grande infinità del cielo azzurro, pieno di candide e soffici nuvole.
Si sporse leggermente cercando di catturare quella visione e di imprimerla nella sua memoria.
Era bellissimo vedere le onde infrangersi nelle rocce lasciando dietro solo la spuma bianca.
E ne era sicura, sarebbe stato bellissimo passeggiare sulla spiaggia di sabbia dorata che aveva visto dall'altra parte.
Ovviamente, le dispiaceva per la salute della madre; erano lì principalmente per quello, dato che le era stato ordinato dal suo medico privato.
Ma nonostante tutto, Marie era abbastanza sicura che si sarebbero divertiti in quella città sconosciuta così lontano da casa.
Aveva a disposizione l'intera estate per fare quello che voleva.
Forse lì sarebbe stata più libera.
Forse lì non sarebbe stata costretta a stare a casa a studiare violino o pianoforte.
In fondo lì, nessuno la conosceva.
- Marie Hana Elizabeth Dorothea Therese. - La richiamò sua madre occhieggiandola per qualche breve secondo.  - Togli le mani dal vetro e comportati da brava signorina. - Le raccomandò prima di portarsi teatralmente la mano sulla fronte. - La mia emicrania sta peggiorando, caro. Manca molto? -
L'uomo accanto al guidatore non sollevò neanche lo sguardo dal giornale. - Lo sento e me ne dispiaccio, mia adorata. Ma per fortuna non manca che qualche chilometro. -
L'Omega fece un piccolo sospirò e si abbassò leggermente gli occhiali da sole tondi, lanciando un'occhiata veloce fuori dal finestrino.
Fece una smorfia e li rimise immediatamente su.
Mormorò qualche parola che la bambina non riuscì ad interpretare e si rilassò contro il sedile.
Marie osservò di sottecchi sua madre e tentò di imitare la sua postura piuttosto composta, chiedendosi se sarebbe mai riuscita ad eguagliare la sua raffinatezza.
Anche la mise che aveva scelto per il viaggio mostrava tutta l'eleganza della donna.
Indossava una camicetta color panna con un grande fiocco al collo e una lunga gonna turchese fino alle caviglie; le braccia nascoste dalle maniche a sbuffo erano incrociate sul grembo e le dita pallide, in contrasto con il rosso delle unghie, tamburellavano nervosamente sulla coscia.
Marie riusciva a percepire la sua impazienza dall'intensità unica della sua scia. Un miscuglio non ben definito di vaniglia e frutti di bosco con una nota sanguigna data dall'unione con il marito.
La bambina si soffermò ad esaminare il viso nascosto dagli occhiali scuri.
Sua madre aveva gli occhi rossi, come lei, come suo padre e come alcuni dei suoi cugini.
Le avevano sempre detto che era un'esclusiva della loro casata, una caratteristica che veniva trasmessa in linea Alpha, con rarissime eccezioni.
Da quello che sapeva era abbastanza raro che un Omega possedesse questo tratto;  la maggior parte degli Abadeer Omega, aveva solo dei riflessi rossastri.
Sua madre sembrava essere l'unica che li avesse dopo secoli.
Ma a quanto pare anche i suoi "occhioni da bambina" come li chiamava sempre Nancy, avevano una particolarità che per anni non si era vista.
Li avevano definiti occhi da demone; sembrava infatti, che fossero in grado di scrutare i recessi più oscuri nascosti dentro l'anima.
Marie non aveva capito molto ma le era diventato  un po' più chiaro osservando le altre persone della sua famiglia.
Nessun altro aveva gli occhi uguali ai suoi, nemmeno tra gli Abadeer.
La bambina sollevò lo sguardo e indugiò sul grande cappello a tesa larga preferito dalla madre.
Un'altra caratteristica della famiglia, che però era di tutti, erano i folti capelli neri. Suo padre li aveva scuri come l'inchiostro, sua madre invece li aveva più chiari con riflessi marroni.
E come diceva sempre lui, erano motivo di orgoglio.
Era stato, perciò, uno scandalo quando la zia Constance si era presentata ad una cena di famiglia con i capelli biondi asserendo che fossero alla moda.
Marie non sapeva perché fosse tanto grave il fatto che la zia avesse colorato i capelli ma sapeva che era questo il motivo per cui non la invitavano più.
Sua madre aveva dichiarato che la zia era troppo rivoluzionaria, che non si meritava di avere quel cognome e che stare al passo con i tempi non significava diventare un hippie.
Marie aveva cercato di chiedere alla sua tata cosa significasse esattamente ma non aveva ottenuto una risposta.
Le aveva solo scompigliato i capelli e le aveva detto che erano questioni di adulti.
-Camille, potresti calmarti? La tua agitazione mi distrae. - Suo padre smise di leggere e si girò leggermente verso la donna con un sopracciglio inarcato e i baffi a manubrio che nascondevano parte delle labbra sicuramente piegate in una smorfia di disappunto.
- Albert, caro. - Rispose lei per nulla infastidita.  - Mi calmerò non appena scenderò da questo trabiccolo. -
Proprio in quel momento l' auto si fermò davanti al portone principale.
- Marchesa - L'autista scese dall'auto e aprì lo sportello della donna, facendole poi un lieve inchino.
Camille scese, rifiutando l'aiuto dell'uomo e alzò lo sguardo sul maniero mentre anche il marito scendeva e le si affiancava.
- Un po' retrò. - Osservò, lasciandosi prendere a braccetto dal suo Alpha, per poi incamminarsi impettita verso la porta principale.
Marie aprì di scatto lo sportello e si fiondò fuori dalla macchina prima che l'autista usasse verso di lei lo stesso riguardo.
Si guardò intorno con un leggero sorriso e fece un respiro profondo, assaporando l'aria salmastra sulla punta della lingua.
Quell'insolito odore le solleticò il naso, facendola starnutire.
- Lady Marie. - La tata si avvicinò a lei, reggendo in mano un maglioncino leggero che ben si intonava al vestito rosso che aveva indossato per l'occasione.
Le sorrise e le fece una riverenza non troppo profonda.
- Buon giorno Nancy! - Rispose lei indossando immediatamente il maglioncino. - Sei molto bella anche oggi. - Disse rispondendo con un cenno del capo al piccolo inchino.
Nancy era la sua tata da sempre ed era stata sempre con lei da quando ne aveva memoria.
Era una ragazza piuttosto spigliata e gentile che però sapeva come farsi rispettare.
Qualche volta era severa e anche un po' rigida, ma Marie le voleva bene, come se fosse una seconda mamma.
La adorava, proprio perché era molto diversa da Camille.
Nancy ridacchiò leggermente e inarcò un sopracciglio. - Lady, vuole chiedermi qualcosa per caso? -
Marie annuì. - In realtà gradirei fare una passeggiata in riva al mare, se è possibile. -
Il loro era un bel rapporto; Nancy non la vedeva solo come la Abadeer che avrebbe ereditato tutto e non la trattava come una bambina. In cambio lei non la trattava solo come una tata o una domestica.
Il sorriso sul viso della tata morì in fretta. - Marie… - Iniziò seria, mettendo da parte ogni tipo di scherzo.  - Tua madre ha già preparato un dettagliato programma da seguire e ho l'ordine di portarti nella tua camera; hai lezione tra qualche ora. -
- Ma sono appena arrivata! E non sono stanca! - Potestò Marie, dimenticandosi per un attimo le maniere che si addicevano ad una persona del suo rango. - Nancy, per favore! -
La ragazza scosse con forza la testa castana. - Non fare i capricci Marie. - Disse risoluta. - Tua madre ha solo paura che ti possa accadere qualcosa. -
Marie alzò lo sguardo sulla tata, cercando di non dargliela vinta. - E mio padre? - Domandò.
La tata esitò leggermente. - Anche il duca avrà sicuramente le sue ragioni.-
L'espressione sul viso della piccola Lady divenne improvvisamente malinconica.
Nancy odiava vedere quella bimba così triste ma non poteva contravvenire ad un ordine così diretto; ne avrebbe parlato con la marchesa ma per ora non poteva fare nient'altro che ubbidire.
Marie si voltò di scatto verso la scogliera, ammirando lo spettacolo della natura con occhi inquieti.
Sentì la mano della tata poggiarsi leggera sulla spalla, ma non si girò.
- Lady Marie - Tentò Nancy - lei è un' Alpha, l'Alpha che un giorno prenderà in mano le redini dell'intero casato, è di vitale importanza che stia al sicuro. -
-Lo so. - Ribatté lei, abbassando le spalle, sconfitta.
Lo ripetevano in continuazione da quando aveva cinque anni e adesso che ne aveva undici, le cose non erano affatto cambiate.
All'inizio era divertente essere una principessa ma ben presto aveva iniziato a capire cosa significasse in realtà.
Aveva dei protocolli da applicare e regole ben precise da seguire.
Aveva una istitutrice privata, esattamente come l'avevano avuta i suoi genitori prima di lei e i suoi nonni, per cui non doveva andare a scuola come tutti quelli della sua età.
Non poteva uscire con le amiche e non poteva uscire quando voleva.
Sollevò il mento e raddrizzò la schiena, scivolando via dalla presa gentile della Beta. - Andiamo dentro. -
Gettò un'ultima occhiata al mare poi si voltò e si diresse verso l'entrata della sua nuova abitazione.
Nancy aveva ragione e non aveva senso insistere ancora.
Pensava sinceramente che lì le cose sarebbero state diverse, un po' più facili.
Ma lei era un' Alpha ed era una Abadeer.
Non era di certo come tutti gli altri.
Avrebbe dovuto chiedere il permesso prima di poter andare dove desiderava.
Non sarebbe stato adeguato gironzolare in mezzo ai comuni cittadini senza avere alcun tipo di protezione.
Come suo padre diceva sempre, i tempi stavano cambiando e non necessariamente ciò implicava un miglioramento.
A discapito di ciò che credevano, Marie sapeva esattamente cosa volesse dire; era una bambina, non una stupida.
I nobili non erano visti più di buon occhio come nei vecchi tempi; pochissime persone ormai potevano portare quel titolo senza attirare l' odio della gente.
Entrò nella villetta e immediatamente fu rapita dall'enorme quantità di dettagli che vi erano all'interno.
Marmi bianchissimi risplendevano sotto la luce delle grandi arcate che fungevano da finestre, statue classiche di eroi lontani impegnati nelle più ardite gesta, sotto un soffitto pieno di affreschi illusori.
Non era retrò come l'aveva definita sua madre, era un vero e proprio scrigno pieno di tesori nascosti.
Nancy rimase in completo silenzio, lasciando che la bambina osservasse l'ingresso per tutto il tempo necessario poi si schiarì leggermente la voce.
-Lady Abadeer - la richiamò la Beta - da questa parte - le indicò con un ampio gesto la grande scala marmorea ma la bambina non le rispose, né si mosse di un millimetro.
-Vorrei ricordarle della lezione programmata. - Ribadì allora la tata.
Marie abbassò freddamente gli occhi sulla Beta. - Me ne ricordo. - Disse soltanto. - Se non chiedo troppo, vorrei vedere la sala biblioteca. Ho sentito dire che è molto grande. - Inarcò un sopracciglio.  - O mi è vietato anche questo? -
Nancy rimase per qualche istante in silenzio, perplessa.
Si girò da una parte poi dall'altra, cercando di ricordare la pianta della magione.
- È una villa piena di stanze e di sale - disse dopo aver fatto un lieve sospiro - la collocazione della biblioteca mi sfugge ma posso informarmi, se lo desidera. -
La bambina si rilassò leggermente e le sorrise di rimando. - Per cortesia, Nancy, lo faccia. -
La tata annuì e sparì in uno dei due corridoi laterali.
L'espressione di Marie mutò nuovamente.
Era stancante cercare di seguire le regole, essere sempre gentile e cortese quando in realtà aveva solo voglia di scappare via e di fare quella passeggiata in riva al mare.
Era una bambina dopotutto.
- Lady Abadeer - Una delle donne di servizio si profuse in un ampio inchino prima di tornare a svolgere le sue mansioni.
Marie la guardò di sottecchi, chiedendosi da quanto lavorasse per loro.
La maggior parte delle persone al servizio della sua famiglia, le era sconosciuta; a parte Nancy, la signora Williams, la governante e il signor Smith, il maggiordomo.
Si era sempre chiesta perché le avessero proibito di avere contatti con i domestici ad esclusione di quei pochi e di questi brevi momenti.
-Marie! - Nancy sbucò dallo stesso corridoio in cui era scomparsa con un sorriso raggiante sul volto. - Ho trovato la biblioteca! -
La bambina guardò un' ultima volta quel soffitto pieno di persone e nuvole poi aspettò che la tata la raggiungesse e che la conducesse nella sala.
Osservò ogni particolare del tragitto con interesse, memorizzando tutto ciò che poteva; vasi, quadri, tende, qualsiasi cosa che potesse permetterle di ritrovare la strada se mai ne avesse avuto bisogno.
Nancy rimase in silenzio, soddisfatta di aver potuto almeno esaudire quella richiesta e accompagnò Marie fino alla grande porta di legno.
-Ooh - Lady Marie emise un piccolo verso di stupore, rapita dalle splendide raffigurazioni sulla porta.
Nove ritratti di donna erano scolpiti, con grande maestria, ad altorilievo sui battenti, in nove ovali che servivano ad incorniciarli.
Ogni donna aveva il proprio nome scritto su un cartiglio che si trovava all'interno della parte superiore dell' ovale e ognuna di loro, aveva uno strumento diverso che la caratterizzava.
-Sapevo che ti sarebbero piaciute - gongolò Nancy, sfiorandone una - sono Muse. -
Marie guardò estasiata i ritratti di quelle giovani donne completamente diverse tra loro ma vestite in modo similare.
Erano impegnate in attività differenti ma una in particolar modo attirò la sua attenzione; era rivolta verso un immaginario pubblico per tre quarti è una corona di mirti e rose le cingeva la testa, lasciando cadere fuori dall'elaborata acconciatura, qualche ciuffo ribelle di capelli ondulati.
Teneva una lira in una mano e un plettro nell'altra, pronta ad esibirsi per chiunque lo desiderasse.
C'era qualcosa nel suo viso che la attirava; forse il sorriso misterioso o gli occhi che la fissavano smaliziati.
Nancy girò la chiave nella serratura e spinse il battente, ridendo. - Non vuole entrare? -
Marie fece per risponderle quando un suono insistente la distrasse.
-È il campanello? - Chiese infastidita dal trillo stridente e sgraziato. - Il signor Smith avrà moltissimo lavoro da fare -
Nancy guardò preoccupata l'orologio che aveva al polso. - Oh, Lady Marie - Disse - è tardi e lei dovrebbe già essere in camera sua pronta per la lezione. - La guardò mortificata. - Forse il colonnello ha anticipato la visita per parlare con il duca? -
La bambina sbuffò leggermente. - Ancora lezione di tattiche militari? - Si lamentò piano.
Nancy scosse la testa e la sospinse lievemente verso il corridoio da cui erano venute. - Andremo in biblioteca un altro giorno, adesso devo portarla in camera e prepararla per la lezione. -
Marie strinse i denti ma non disse nient'altro.
Odiava dover partecipare a quelle lezioni ma purtroppo sapeva anche che sarebbero state necessarie per il suo futuro e non voleva deludere nessuno, specialmente il duca.
Ma il suo scontento non era passato inosservato perché Nancy la fermò per qualche istante per darle un abbraccio leggero.
Organizzerò qualcosa di speciale per domani. - Le promise, sciogliendo immediatamente il contatto. - Oggi, accontenti il desiderio dei suoi genitori. -
Marie sospirò lievemente poi prese una delle ciocche indisciplinate e la riportò tra i ranghi in mezzo alle compagne.
-Sarà meglio andare - disse - non bisogna far aspettare gli ospiti. -
Nancy le diede un piccolo buffetto sulla guancia e la riportò verso lo scalone principale.
Era sicura che ci fossero delle scorciatoie in quella casa ma era lì da poco più di tre giorni e non aveva idea di dove fossero.
In quel momento però le avrebbero fatto decisamente comodo.
-Nancy - Marie la tirò leggermente dalla camicetta e lei si voltò per chiederle cosa volesse, ma prima che potesse farlo, andò a sbattere contro qualcuno, finendo per terra a causa dell'urto.
La borsa che l'uomo teneva in mano cadde sul pavimento e si aprì, facendo rotolare fuori alcuni dei vasetti di cui era piena.
Fortunatamente, non si ruppe nulla e i vasetti furono immediatamente ripresi dal bambino che accompagnava il nuovo ospite.
-Ah! Chiedo scusa!- Nancy si rimise in fretta in piedi e si inchinò più e più volte di fronte all'Alpha, chinandosi per restituire la valigetta al proprietario. - Mi dispiace! Sono mortificata! -
L'uomo riprese seraficamente la borsa, la spazzolò lievemente e sorrise. - Gli incidenti capitano - disse con voce bassa e tranquilla. - piuttosto, sta bene? -
Nancy arrossì lievemente e annuì.
Marie guardò l'uomo con lieve interesse.
C'era qualcun'altro che aveva attirato la sua più completa attenzione.
-Per fortuna! - L'uomo sorrise e porse la mano libera alla ragazza. - Mark Gardner. - Si presentò - Sono il nuovo medico della marchesa. -
Nancy strinse con forza la sua mano. - Avrei dovuto dedurlo dal camice. - Scherzò.
-Papà! - La voce squillante del bambino interruppe la conversazione. - Le medicine! - Lo avvertì mostrando i vasetti che aveva recuperato.
L'uomo aprì la borsa e li rimise dentro.
E questo marmocchio è mio figlio Theo. Mi accompagna perché anche lui vorrebbe diventare un medico un giorno. -
Marie era rimasta in disparte per tutto il tempo, stravolta da quello che le stava succedendo.
Non appena aveva visto quel bambino le era successo qualcosa che non sapeva definire ed era per questo che aveva trattenuto Nancy.
Un brivido intenso l'aveva fatta rabbrividire e adesso la stava riscaldando.
Non sapeva dire cosa fosse ma tutto era scomparso.
C'era lei e quel ragazzino dal profumo di orchidea così tremendamente intenso da scuoterla.
Lui non aveva niente che potesse attirare la sua attenzione, eppure si era ritrovata a fissarlo ad occhi sgranati.
Non c'era niente di particolare in lui, a partire dai capelli biondo miele spettinati oltre ogni modo, agli occhi scuri verde foresta.
Conosceva persone ben più belle ma qualcosa in quella persona la attirava inesorabilmente.
Indietreggiò nel panico più totale.
Come poteva un bambino della sua età farla tremare così? Che trucco stava usando?
Il bambino si accorse di lei e le sorrise ampiamente.
Gli mancava un dente ma Marie trovò quel sorriso bellissimo nella sua imperfezione.
Alzò la mano per salutarla ma lei non ebbe il coraggio di rispondere a quel gesto. Sembrava avesse perso qualsiasi barlume di razionalità.
Si costrinse a voltarsi e scappò via.
Ripercorse il corridoio e si nascose sotto uno dei tavolini che aveva visto.
Lei, un'Abadeer .
Lei, un'Alpha.
Indietreggiava davanti a un ragazzino e si nascondeva, con il cuore che bombardava il suo petto.
Si strinse il maglioncino e deglutì.
Il dolcissimo profumo delle orchidee sovrastò di nuovo i suoi sensi e lei si rannicchiò, nascondendo il volto tra le mani.
Era buono, anche se ancora immaturo.
Mai prima di adesso la scia di qualcuno l'aveva colpita in questo modo.
Che cosa diamine le stava succedendo?
Non lo sapeva, ma per la prima volta aveva paura.
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avrahamsinai · 4 years ago
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Non molti sanno che il castello di Glamis, situato a Tayside in Scozia, è una delle dimore più infestate di Europa e dintorni.
Fantasmi e dame bianche a parte, il castello appartiene tutt'oggi alla famiglia Strathmore, su cui graverebbe un'impronunciabile maledizione.
Tutto iniziò nel XVII secolo, quando il castello di Glamis fu ereditato dal conte Patrick Strathmore. Costui, uomo violento, vizioso e dedito ad ogni peccato, era ossessionato dal gioco, il bere e le donne. Fu proprio per quest' ultimo vizio che mise incinta accidentalmente una servetta, dalla quale nacque un figlio deforme. Il bambino, si dice, era privo del collo ed aveva gli arti rattrappiti, eppure era dotato di una forza sovrannaturale. Patrick, terrorizzato, non osò liberarsi del sangue del suo sangue, e lo rinchiuse in una misteriosa stanza che celò a tutti se non alle persone più vicine. La morte del "mostro di Glamis" sarebbe avvenuta addirittura attorno al 1921.
In questa fantomatica stanza, inoltre, sarebbero stati rinchiusi una decina di membri appartenenti ad un clan che aveva chiesto asilo al conte Strathmore. Patrick, non volendo parteggiare né per loro né per gli avversari, li condannò semplicemente a morire di stenti, lavandosene le mani. Gli sventurati arrivarono a divorarsi tra di loro, e l' ultimo rimasto impazzì e si cibò dei propri arti.
L' ultima leggenda riguardante la stanza è quella che mise fine alla vita del dissoluto conte Strathmore.
Una sera Patrick era particolarmente ubriaco, ed aveva invitato alcuni briganti nella suddetta camera degli orrori, per giocare una lunga partita a carte. La fortuna sembrava girare a suo pro ed ormai tutti gli invitati se n'erano andati ripuliti ed infuriati, ma il conte pareva insaziabile, ed obbligò persino un servitore a giocare. Il pover'uomo tentò di dissuaderlo, ma il conte esclamò "Non mi fermerò mai. Dovessi giocare anche contro il Diavolo in persona!". Detto fatto. Un misterioso straniero, alto ed ammantato di nero, si presentò alla sua porta ed iniziò un'accanita partita contro il conte. La posta del gioco era rimasta un mistero, ma successe che Patrick perse la partita, e dopo quella notte di lui (e del nero forestiero) non si ebbero più notizie.
Ovviamente la sua anima era già dannata da molto tempo, per cui si può dire che non perse molto.
Ma la cosa più interessante è la misteriosa maledizione che grava sulla famiglia Strathmore, un segreto che deve essere tramandato solo ed esclusivamente dai padri ai figli, una volta che questi hanno compiuto 21 anni.
Agli inizi del '900 la moglie dell'allora conte Strathmore, in sua assenza, organizzò con alcuni ospiti una specie di caccia al tesoro, in cui si doveva raggiungere ogni finestra del castello ed appendervi un lenzuolo bianco. Alla fine, tutti radunati nel cortile, notarono che ben sette finestre non erano contrassegnate. Le ricerche successive non portarono a scoprire le stanze a cui quelle finestre appartenevano.
Una volta tornato a casa e scoperto il gioco della moglie, il conte Strathmore ebbe una reazione a dir poco violenta. Cacciò via in malo modo tutti gli ospiti, e divorziò addirittura dalla moglie.
Qualche anno dopo Strathmore confessò ad un amico particolarmente curioso "Se tu potessi solo sapere, ringrazieresti Dio di non essere al mio posto."
Nel 1904 il conte Claude Bowes-Lyon confessò pubblicamente che il segreto esisteva, e che solo i primogeniti maschi potevano conoscerlo, sebbene dopo averlo saputo decidessero di loro iniziativa di non condividerlo con nessuno.
Il figlio di Claude, tuttavia, non potendo più sopportarlo lo rivelò ad un giardiniere. L' uomo fuggì dal castello e non vi rimise più piede.
L' attuale proprietaria del castello è l' ultima della stirpe Strathmore, e con lei la discendenza maschile si è estinta. Ovviamente, essendo una donna, non è a conoscenza del segreto maledetto, e così tempo fa decise di fare visita all' ormai vecchio giardiniere.
Nonostante le domande insistenti, l' uomo non cedette, e liquidò la proprietaria con un "Siete fortunata a non conoscerlo, e non lo saprete mai, perché sareste altrimenti la più infelice delle donne".
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ilcovodelbikersgrunf · 4 years ago
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LA MORTE TORNA A VISITARE LA CASA DELLE OMBRE. Un giallo al confine tra verità e leggende. Da decenni una splendida villa è al centro di diversi misteri. Una scrittrice vi ha trovato ispirazione per un suo libro.
Una casa infestata dai fantasmi è un grande classico della letteratura al centroanglosassone, assai meno in Italia, dove tuttavia non mancano leggende legate ad alcuni particolari edifici. A una di esse si è ispirata Paola Mizar Paini, che per Fratelli Frilli editore ha pubblicato, il romanzo La casa delle ombre, incentrato su a una vera casa del circondario di Lomello, Villa Cerri. La scrittrice, attraverso ricerche storico-documentali e sopralluoghi, ne è diventata una grande esperta e lattrattiva che il bellissimo edificio, in puro stile liberty, esercita su di lei è tale che appena può va ad ammirarlo.
È vero che tu sei nata un po’ sensitiva come indica il tuo singolare secondo nome Mizar?
Io provengo da una famiglia di sensitivi E in effetti Mizar ha avuto origine da un fatto accaduto durante la mia nascita, ma che preferisco approfondire, se ce ne sarà occasione, unaltra volta.
Veniamo a Villa Cerri. Ci puoi parlare della leggenda che riguarderebbe, secondo una tradizione, il terreno su cui è sorta?
Il mistero della villa, detta anche villa degli amanti maledetti inizia molti anni prima che venisse edificata. Lo dice una storia inedita, raccontatami da un anziano signore conosciuto casualmente nei dintorni della villa. Va detto che di queste vicende di tanti anni fa, mancando una documentazione che attesti la verità storica, esistono varie versioni. Nel 1850 un contadino, sospettando il tradimento della moglie, incinta di quattro mesi, la uccise durante una lite. Di notte trasportò il corpo in un bosco ai margini del paese di Lomello e per spregio conficcò sopra la fossa una croce di ferro. Qualche giorno dopo andò a costituirsi, accompagnando i gendarmi sul luogo. La terra era smossa, la croce capovolta e il corpo non cera più. Gli abitanti del paese pensarono a una maledizione, poiché la donna aveva fama di fattucchiera, così piantarono croci di legno tutto intorno. La notte dopo le trovarono tutte capovolte. Cinquantanni dopo un possidente terriero, sebbene avvertito della maledizione, avrebbe costruito su quel terreno la villa, salvo poi sparire misteriosamente. La casa sarebbe passata a un cugino, il quale venne ad abitarvi con la moglie
Chi sarebbero gli amanti maledetti e quando e come si manifesterebbero?
Come diceva qualcuno: So che i fantasmi non esistono, ma ne ho paura. Dobbiamo parlarne con rispetto. Anche se non esistono, esistono storie che ne parlano. Di questa affascinante dimora si è detto e raccontato di tutto. Basta fare una ricerca su internet per scoprirlo. Alla base cè una storia di tradimento, un marito ingannato e lonore lavato col sangue. Ma la storia va oltre, perché la donna era incinta e il 23 agosto di un anno non ben identificato si compì lorrendo destino di tre persone. Secondo una diffusa tradizione, ogni anno, in quella stessa data, nel buio della notte, si può scorgere la fioca luce di una candela dentro la torretta. Sarebbe lei, linfelice Dama Bianca, che rinnova il segnale convenuto in vita col suo amante per i loro incontri. A quanto se ne sa, non si tratterebbe di uno spettro malefico, ma di unanima che non ha trovato pace per la terribile tragedia che lha portata alla morte.
Secondo il giornalista e scrittore Davide Zardo e i coniugi Magenta, storici locali, non ci sarebbe nessun terreno maledetto, nessun marito geloso, ma solo la sventura accaduta al povero Pietro Cerri (proprietario della villa) caduto mortalmente da una scala a pioli e quella di suo figlio, scomparso in un incidente stradale. Se questa è la vera storia, rimane comunque che gli abitanti della villa non hanno avuto molta fortuna. Parlaci del servizio fotografico che insieme alla tua amica Paola Cariati hai realizzato alla villa. Cosa hai scoperto su una delle foto?
Paola Cariati è la bravissima fotografa delle copertine di tutte le mie pubblicazioni. Ricordo con emozione la giornata di fine gennaio quando abbiamo deciso di fare alcuni scatti a villa Cerri per la promozione del libro. Un anno dopo, osservando meglio le immagini scattate, mi sono accorta che a una delle finestre della torretta si scorgono due visi, di un uomo e di una donna, anche se non tutti riescono a distinguerli…
Il mistero, dunque, prosegue. Di recente hai pubblicato un libro, Emily. Cronache dal passato, in lizza al concorso Provincia in Giallo. Unanticipazione sul contenuto?
Emily è un thriller immerso in unatmosfera angosciosa da storia gotica, scritto a quattro mani con Pier Emilio Castoldi. Narra la storia di due ragazzini: Leo ed Emily, separati dagli eventi dopo essere stati testimoni del ritrovamento di un cadavere. Trentanni dopo Emily torna da Leo per raccontagli una strana storia… La vicenda è ambientata nel paese di Samorello, in provincia di Cuneo. Uno di quei luoghi chiamati “paesi fantasma” perché l’intera popolazione è emigrata….
Rino Casazza
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denny1416 · 4 years ago
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Maria ‘a rossa, ‘a strega ‘e Port’Alba
Tanti anni fa, all'interno delle mura cittadine di Napoli, viveva una donna molto bella che chiamavano Maria la rossa, per via dei suoi capelli. Ella amava ed era amata da un ragazzo di nome Michele, il quale però abitava al fuori delle mura, quindi i due innamorati non si erano mai potuti abbracciare.
Nel momento in cui aprirono Port'Alba, denominata "Sciuscella" dal popolo, i due amanti furono enormemente felici, finalmente potevano vedersi tutti i giorni e fare l’amore. Tuttavia, ogni volta che tentavano di oltrepassare la porta, una forza sovrannaturale impediva loro di ricongiungersi, era come se fossero vittime di una maledizione. Dopo un certo numero di giornate si arresero e Maria cominciò a trascurarsi. Non mangiava e divenne così magra da essere quasi pelle ed ossa, gli occhi le si erano infossati.
Divenne così brutta che la gente credeva che fosse una strega, allora la rinchiuse in una gabbia appesa proprio sotto l’arco di Port’Alba, finché la donna morì di fame e di sete. Il fantasma di Maria la rossa però è rimasto lì, in quella zona che prima si chiamava Largo Mercatiello, oggi Foro Carolino o Piazza Dante. Si dice che al calar della notte, ella vaga ancora furiosamente in cerca del suo innamorato.
Secondo un’altra versione della leggenda, invece, Maria la Rossa sposò Michele quando aveva appena venti anni. Un giorno quando c'era cattivo tempo, mentre stavano camminando per strada, un fulmine colpì il ragazzo che morì sul colpo. Presa dal dolore, la rossa non volle più uscire di casa e la gente pensò che in realtà nascondeva la sua natura di strega e cominciò a pensare che fosse stata lei ad uccidere Michele, con un maleficio. Quando entrarono a casa sua videro che era diventata molto magra, bruttissima, dunque la rinchiusero nella gabbia sotto l'arco di Port'Alba, come nell'altra versione della leggenda.
Adesso, nelle notti nerissime e senza Luna, si sente la voce rabbiosa di Maria, che lancia anatemi a chi passa per il Foro Carolino.
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